Viajar en dictadura: una huida de Buenos Aires a los Andes

June 14, 2017 | Autor: Elisa Alegre Agís | Categoría: Photography, Etnography
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Descripción

america LATINA Dinamiche territoriali A CURA DI Camillo Robertini E Francesca Correr Elisa Alegre Agís Olivia Casagrande Michele de Laurentiis paride bollettin chiara scardozzi Laura Mugnani Andrés Ruggeri Marco Semenzin Giovanna Vettraino Annaclaudia Martini

COMITATO SCIENTIFICO

Patricia Ali (Universidad Nacional Arturo Jauretche, Buenos Aires, Argentina) Gustavo Castagnola (Universidad Nacional de Tres de Febrero, Buenos Aires, Argentina) Carlos Raúl Etulain (Universidade Estadual de Campinas, Campisinas, Brasil) Antonio Paolillo (Centro Studi Ricerche Latinoamericano, Crocetta del Montello, Italia) Donatella Schmidt (Università degli Studi di Padova, Padova, Italia)

Redazione

Angela Zanetti Camillo Robertini Mattia Di Miscia Francesca Correr [email protected]

COPERTINA

Alessandro Squatrito

PUBBLICAZIONE

Il presente volume è stato impaginato e illustrato da Michele Elia durante il tirocinio in Computer Art del prof. Antonio Rollo, Accademia di Belle Arti di Bari. I caratteri utilizzati sono Abadi MT Condensed / Condensed Light / Condensed Extra Bold

EDIZIONE

Tutti i diritti riservati da Oistros Edizioni, Aprile 2015 Pubblicazione elettronica ISBN 9788890674587 Il volume è stato sottoposto a un processo di peer review, secondo criteri di scientificità e obiettività www.oistros.it

america LATINA Dinamiche territoriali A CURA DI Camillo Robertini E Francesca Correr Elisa Alegre Agís Olivia Casagrande Michele de Laurentiis paride bollettin chiara scardozzi Laura Mugnani Andrés Ruggeri Marco Semenzin Giovanna Vettraino Annaclaudia Martini

Sommario

Introduzione7 Camillo Robertini e Francesca Correr

Viajar en dictadura: una huida de Buenos Aires a los Andes

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Elisa Alegre Agís

«COMO TRABAJAR LA PIEDRA» STORIA DI MARTA E CARLOS TRA GOLPE, ESILIO E MEMORIA DEL TEMPO ANTICO

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Olivia Casagrande

Oro e organizzazioni indigene nella Bolivia Plurinacional Processi decisionali di un ayllu del Nord Potosí 33 Michele de Laurentiis

Inhokikré: reflexões a partir de narrativas mebengokré sobre o território

43

paride bollettin

hontat53 chiara scardozzi

La Comunità di Paraisópolis a São Paulo Dinamiche sociali di cambiamento urbano fra esclusione e identità

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Laura Mugnani

Las empresas recuperadas en la Argentina: ocupar, resistir, producir

81

Andrés Ruggeri / Marco Semenzin

La Primavera Tropicale

93

Giovanna Vettraino

TURISMO E PAESAGGIO NEL SALAR DI UYUNI, BOLIVIA

105

Annaclaudia Martini

BIOGRAFIE DEGLI AUTORI

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Introduzione

Il progetto di questo testo inizia a prendere forma dopo l’esperienza di Questa terra è la mia terra (Toletta Ed.); che aveva seguito un percorso di formazione e di organizzazione simile nell’approccio e nello strutturarsi. Si era lanciato un call for papers con l’intento di raccontare delle storie in modo rigoroso ma semplice, accessibile, liberandole dall’apparato di note che spesso imbriglia i testi accademici e li rende poco fruibili fuori dall’accademia stessa. Il valore esperienziale di Questa terra è la mia terra è stato rappresentato dal lavoro collettivo (e volontario) di un gruppo di studenti che ha curato, seguendo le specificità di ognuno, ogni aspetto della pubblicazione; dalla scrittura alla selezione dei testi, alla correzione di bozze, dall’impaginazione alle impostazioni grafiche, ai rapporti con la casa editrice fino al processo di diffusione e promozione del libro. Un processo virtuoso che ha visto costantemente l’interazione tra aspetto intellettuale e teorico delle scelte adottate con quello pragmatico e organizzativo, se non quando artigianale. La buona riuscita dell’esperimento ci ha stimolato a proporne uno nuovo, seguendo alcune delle stesse linee direttrici. Un gruppo di studenti e ricercatori (anche le nostre età si stanno alzando e si inizia a uscire dall’università o a viverla attraverso altri ruoli) ha curato la pubblicazione nei suoi vari aspetti; questa volta il progetto intendeva dialogare con l’Accademia pur senza perdere l’impostazione teorica di base volta alla possibile fruibilità e divulgazione dei testi e senza cessare di proporre forme di sperimentazione. L’unione di varie discipline senza divisioni a com-

partimenti stagni, la presenza di alcuni saggi composti per la maggior parte della loro estensione da fotografie, l’auto-organizzazione e la struttura collettiva della stessa continuano a rappresentare elementi che si muovono in senso tendenzialmente sperimentale e in coerenza con l’esperienza precedente. Il tema proposto dal call for papers voleva quindi aprire un varco su ciò che risulta immenso e che abbiamo voluto sintetizzare con America latina. Dinamiche territoriali ; un’indicazione di un grande spazio geografico e la possibilità, per studenti e ricercatori, di applicarvi le loro chiavi di lettura, distinte ma costantemente in relazione flessibile e dialogica. Diversi fili si dipanano seguendo un macro-tema; quello, come suggerisce lo stesso titolo, delle relazioni con il territorio, letto in senso ampio e olistico. Si è creato, quindi, un gruppo virtuale di studenti e giovani ricercatori italiani e sudamericani che hanno proposto i loro scritti e i loro approcci al tema, e che, senza essersi mai incontrati di persona, hanno costituito una sorta di comunità immaginata, multisituata e che parla diverse lingue. Il testo vuole proporre un percorso frastagliato fra i vari stati del continente, ma anche tra le varie esperienze, gli incontri di ricerca e gli approcci distinti alla stessa. Questi si caratterizzano attraverso chiavi di lettura più vicine alla storia, all’antropologia, alle scienze politiche: si mostrano allo stesso tempo sempre in dialogo, discipline porose difficilmente imbrigliabili in categorie analitiche o metolo7

sionale riguardo a un progetto estrattivo in un ayllu: la relazione con le risorse naturali e la loro gestione sottolinea equilibri e squilibri di potere, scelte contestuali e partecipazione politica. L’approcciarsi criticamente, svelando retoriche e stereotipi, all’indigenità e alla relazionalità con il proprio territorio ci permette di spostarci in Brasile (Inhokikré: reflexões a partir de narrativas mebengokré sobre o território) e di concentrarci sui modi di pensare e vivere il proprio ambiente, agito e caratterizzato da molteplici piani di relazioni. Approccio ai luoghi che, attraverso un racconto fotografico fatto di impressioni di viaggio e di incontri, diviene invece evocativo con il reportage fotografico nel Chaco argentino (Honhat); in primo piano il modo di vivere lo spazio proprio di ogni incontro, esistenziale e di ricerca; lo sguardo della fotografa e della studiosa, che si avvicina intimamente e intreccia la sua esperienza, sensibilità e stupore con quelli dell’altro ritratto. La riflessione si sposta sullo spazio della città, che introduce tematiche connesse all’urbanistica, alle geografie e agli spazi che si legano a relazioni sociali e agli immaginari (da qui l’analisi della favela di Paraisópolis di La Comunità di Paraisópolis a São Paulo. Dinamiche sociali di cambiamento urbano fra esclusione e identità) e si indirizza poi sul macro-tema del lavoro con Las empresas recuperadas en la Argentina: ocupar, resistir, producir. Il tema è approcciato attraverso un’analisi del fenomeno delle fabbriche recuperate dagli operai in Argentina; forme di autogestione e di creazione di un’alternativa nel vivere e gestire gli spazi, fisici, organizzativi e intrinsecamente politici. Un’analisi che pone in dialogo il tema dell’abitare, del vivere un luogo, con quello dell’organizzazione (alternativa) del lavoro. La raccolta continua seguendo la tematica delle sperimentazioni politiche in Sud America attraverso un’analisi politologica della Primavera Tropicale in Brasile, delle manifestazioni di piazza legate al disegio urbano del giugno 2013: una lettura della discorsività e delle nuove forme di comunicazione e

gie fisse. Ma anche un’altra caratteristica emerge dalla lettura dei saggi proposti; il loro essere lavori flessibili, aperti al dialogo e in una certa maniera “non finiti”, parte di processi di studio e di approfondimento in itinere e in costante evoluzione. Il testo inizia con un racconto di viaggio e di memoria (Viajar en dictadura: una huida de Buenos Aires a los Andes), nell’Argentina della dittatura dei generali: la relazione con il territorio si esprime nella materialità di una raccolta di fotografie che ci permette di seguire il percorso (fisico e del ricordo) sia del protagonista che della ricercatrice, che sinteticamente propone il suo approccio al viaggio, alla memoria politica. Il territorio non rappresenta solo uno sfondo, ma un vero e proprio protagonista del narrare attraverso le immagini. La testimonianza fotografica di un giovane che viaggia attraverso il Paese per sfuggire alla leva durante la guerra delle Falkland-Malvinas tratteggia alcuni spunti, profondamente personali, riguardo alla storia recente e alla memoria collettiva argentina. Il legame con la terra declinato attraverso la lotta politica e la memoria si ritrova nel secondo articolo proposto (Como trabajar la piedra. Storia di Marta e Carlos tra golpe, esilio e memoria del tempo antico), che racconta la storia di una coppia di mapuche cileni, dell’esilio in Europa, della decostruzione e ricostruzione della loro identità e dei loro saperi. Così la storia intima di due persone, ri-costruita e costruita nell’incontro con la ricercatrice, ci permette di seguire anche alcuni avvenimenti macro del passato cileno; dalla costruzione dell’identità mapuche al golpe di Pinochet, dall’esilio in Europa al ritorno. Filo rosso che collega la narrazione risultano le memorie, la soggettività, la rilettura esperienziale del passato e del presente. Il percorso del libro continua seguendo la traccia dell’indigenismo e dei discorsi su di esso (Oro e organizzazioni indigene nella Bolivia plurinacional. Processi decisionali di un ayllu del Nord Potosí): siamo nella Bolivia andina e seguiamo un processo deci8

dello strutturarsi della protesta ci conduce attraverso un’analisi di natura post-colonialista. Abbiamo voluto chiudere questa raccolta eterogenea con un testo che avvicinasse qualsiasi lettore che volesse porsi criticamente di fronte al suo ruolo di turista e di viaggiatore: Turismo e Paesaggio nel Salar di Uyuni si concentra sul ruolo e sullo sguardo del turista verso il paesaggio che non costituisce un elemento fisso ma viene costantemente e strategicamente agito, narrato, essenzializzato. Quello che traspare ad una complessiva rilettura di questo testo, che come si è detto presenta per scelta consapevole caratteristiche di frammentarietà, è un’immagine non stereotipata del continente latino-americano. In questo senso sia laddove si sia trattato di America Latina con riferimento ai “nuovi” movimenti sociali, sia laddove il tema della memoria abbia toccato quello delle dittature militari nel Cono sur (e due anni fa cadeva per esempio il quarantesimo anniversario del golpe cileno) o dove la relazione con l’ambiente si sia declinata attraverso lo spazio urbano, l’immagine che traspare è anche quella di una nuova generazione di ricercatori, che si esprime attraverso la propria individualità e che lo esplicita. La strada discontinua attraverso i Paesi sudamericani ha costituito quindi per noi un viaggio che propone alcune pennellate riguardo a cosa si possa intendere per “dinamiche territoriali”: i testi raccolti non vogliono esaurire le tematiche proposte ma ci propongono approcci dinamici e vari, intrecciati e discontinui al tempo stesso.

Camillo Robertini e Francesca Correr

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Viajar en dictadura: una huida de Buenos Aires a los Andes Elisa Alegre Agís

Estas imágenes construyen el relato personal y etnográfico de un viaje durante la dictadura militar argentina que toma el nombre de “Proceso de Reorganización Nacional” (1976-1983), en contexto de guerra por la Islas Malvinas-Falkland. Las instantáneas reflejan la cotidianidad, trans-mitiendo las experiencias vividas de Marcos, un joven de 17 años que abandonó Buenos Aires pretendiendo llegar a Chile por la cordillera de los Andes. Su viaje comenzó el 1 de junio de 1982, un día después de que se hiciera el sorteo que indicaría sí tenía que hacer el Servicio Militar Obligatorio (SMO). Marcos no deseaba conocer el resultado, y sabía que no estaría dispuesto a hacer la “colimba” (SMO) en las condiciones políticas del país. Ya tenía conformada una ideología antimilitar y estaba en contra de la guerra, habiendo organizado incluso una manifestación por la paz, y siendo partícipe de una revista underground de inclinación de izquierda llamada «Identidad». La desesperación de pensar en un servicio militar en ese contexto lo animó a coger su mochila y dirigirse hacia la cordillera para no ser ubicado. Por el camino, la curiosidad era más fuerte, y preguntaba en cada pueblo si había llegado el diario con los resultados del sorteo; pero el periódico, que viajaba desde Buenos Aires, llegaba siempre unas horas detrás de él. A mitad de camino, en Laboulaye, (Córdoba) y a través del periódico «El Puntal», se entera de que no le tocaba hacer la “colimba”. Con alivio, Marcos decidió continuar su viaje; seguir explorándose a sí mismo en circunstancias nuevas, y reencontrarse con su infancia en el barrio donde

se crió (Mendoza) y al que no había vuelto desde los cinco años. El aire frío, la nieve y las montañas acompañan un relato implícito, convidándonos la geografía mendocina, a la vez que encontrando a Marcos en lo que acabó siendo un viaje introspectivo, y sobre todo, pudiendo volver a casa. La movilidad de Marcos, el abandono del hogar, la decisión adolescente y apresurada, representa y dota de significado la historia de muchas personas que no pudieron contarla. * Las siguientes fotografías fueron tomadas con una Ferrania-Condor I por el protagonista del diario de viaje, acompañadas de sus palabras.

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Guaymallen.

“Vías del ferrocarril de carga, al lado de la casa de mi abuelo. No había vuelto desde 1971. Era reconocer otra vez el barrio, ver la calle donde jugaba a la rayuela con los vecinos…de chico siempre escuchaba algún tren por la noche. Era sacarle una foto a los recuerdos…”

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Uspallata.

“Este es un camino que no es el principal, sino uno que se habría por un costado, hacía un monumento a San Martín, el prócer que cruzó los Andes cuando fue a liberar a Chile y a Perú. Él había cruzado por este territorio, y pasó también por el Puente del Inca.”

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Uspallata.

“Esta era mi casa por esos días. Llevaba mi morral de cuero con algún salamín, un vino, pan, y los documentos, que en esa época era obligatorio llevarlos. La ropa que llevabas encima, algo de abrigo… se sentía soledad a la noche, te agarraba angustia de pensar que estabas solo en la nada”.

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Uspallata.

“Con mi aspecto hippie y melenudo siempre estabas pendiente de que no te agarraran los milicos (militares), así que esquivabas los controles policiales. Si no les gustaba tu cara, o tu pelo, te detenían y te llevaban a comisaría para raparte la cabeza.”

Uspallata.

“Con mi aspecto hippie y melenudo siempre estabas pendiente de que no te agarraran los milicos (militares), así que esquivabas los controles policiales. Si no les gustaba tu cara, o tu pelo, te detenían y te llevaban a comisaría para raparte la cabeza.”

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Camino hacia la carretera principal. “A mitad de camino entre la ciudad de Mendoza, y la localidad fronteriza de Las Cuevas donde está la aduana para pasar a Chile. Yo viajé siempre solo, a dedo, así que la foto la debe haber sacado alguien que conocí por el camino…Acá todavía no había nieve, estaba más arriba.” 16

Ruta Nacional nº7. Camino a Las Cuevas.

“Esto es desde uno delos vehículos que me levantaron. Lo que se ve abajo es el río Mendoza, que no llevaba mucha agua porque arriba estaba todo congelado, lleva más agua en la época de deshielo. Esto es llegando al puente del Inca.”

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Puente del Inca.

“Central del Correos y Telecomunicaciones tapada de nieve, frente a la estación de ferrocarril del puente del Inca. Yo llevaba unas botas de cuero de montar, y recuerdo tener los pies empapados y helados… ahí arriba hacía frío, había más de dos metro y medio de nieve.”

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Baños termales de Puente del Inca.

“Esto formaba parte de un hotel que se destruyó con un alud de nieve en 1964. Contaban los lugareños que sólo se salvó un matrimonio que iba por los túneles que comunicaban el hotel con los baños termales. Ahora sólo es una atracción turística.”

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Puente del Inca.

“Armé la carpa en la parte de atrás de una hostería, frente a un regimiento militar… unos trabajadores que hacían mantenimiento de la carretera me avisaron de una tormenta de nieve, y esa noche me dejaron dormir en un pasillo del campamento de vialidad donde ellos trabajaban.”

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Estación de Ferrocarril de Puente del Inca.

“Mi viaje acabó en aventura, volviendo a mi orígenes, reencontrándome con mi padre y mi abuelo. Fue una época de rebeldía y enfado contra todo un régimen y creías que te ibas a comer el mundo, y con los años, te das cuenta que ese mundo te había comido a vos.”

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