Un compasso a tre punte del fabbricante Blondeau

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Descripción

un compasso a tre punte del fabbricante Blondeau

Edoardo Dotto nel ricchissimo archivio palermitano dei dise-

grande interesse. Molte delle sue opere editoriali

qualche strumento da rilievo, una notevole

ca l'opera Istituzioni Ornamentali sull'antico e sul

gni e degli scritti dell'architetto Giuseppe Damiani Almeyda, si conservano, assieme a

quantità di strumenti da disegno perlopiù otto-

si collocano saldamente nell'alveo della sua lunga e generosa attività didattica. Tra esse spicvero2, di altissima qualità grafica ed editoriale, in

centeschi1. Oltre ad alcune compassiere, quasi

cui in modo originale, prendendo le distanze sia

parte di questi strumenti apparteneva proprio a

e seicentesca3, si rappresentano ordini architetto-

tutte complete, vi si trovano righe di diverso tipo, e parecchie squadre in legno. La maggior

da atteggiamenti storicistici che da deboli giusti-

ficazioni basate sulla trattatistica cinquecentesca

Giuseppe Damiani, il quale, a giudicare dalle

nici ed elementi decorativi applicando con mano

efficienza.

stralmente rese in fase di stampa da esperti lito-

loro condizioni, li ha utilizzati sapientemente

per parecchi decenni, tramandandoli in piena

Giuseppe Damiani Almeyda (Capua 1834 -

Palermo 1911) formatosi in principio agli studi di pittura, abbracciò la carriera di ingegnere ed

architetto raggiungendo precocemente una grande qualità artistica e professionale. Progettista brillante e fecondo, curioso indagatore della

forma ed aggiornato esperto di questioni costrut-

tive, egli realizzò alcune tra le più belle e rappresentative architetture palermitane dell'Ottocento. Fra le altre, le esedre di Villa Giulia ed il Teatro

Politeama mostrano una sincera apertura alle più moderne applicazioni dell'architettura policro-

ma. Scrittore prolifico, talvolta animato da una

vena polemica, fu un teorico dell'architettura di

sapiente la tecnica del disegno a tratto continuo, delle velature compatte e del tratteggio, magi-

grafi. Continuazione e completamento di quest’opera, sarebbe dovuta essere la pubblicazione

delle sessanta tavole delle Istituzioni architettoniche4, purtroppo ancora rimaste inedite (figura 1).

Damiani può essere certamente annoverato tra i

più grandi disegnatori di architettura tra il XIX

ed il XX secolo. I suoi straordinari acquerelli, stesi con velature compatte e leggere, riescono a comunicare con sobria eleganza la matericità delle architetture che rappresentano.

Tra gli strumenti conservati presso l'archivio

Damiani, in una compassiera5 che contiene ele-

menti di diversa provenienza (figure 2 e 3), si trova un compasso a tre punte, uno strumento

1

Dopo i brillanti pionieristici studi di Anna Maria Fundarò, in questi ultimi anni ha assunto la cura dei materiali archivistici l'ingegnere Mario Damiani, il quale, insieme a Paola Barbera, ne sta completando il riordino complessivo . Desidero ringraziare l'ingegnere Damiani, per la disponibilità e la generosità con cui ha accolto il mio interesse per l'opera di Giuseppe Damiani Almeyda e per la considerazione che ha avuto degli strumenti da disegno della famiglia, rendendo possibile una prima catalogazione completa. Ringrazio anche Paola Barbera per il supporto che mi ha fornito nel corso di questo lavoro. Anche la bibliografia sull'opera di Giuseppe Damiani Almeyda prende le mosse dalle acute indagini di Anna Maria Fundarò, cui si aggiungono, negli ultimi tempi, una serie di pregevoli contributi. Si vedano tra gli altri: A. M. FunDARò, Il concorso per il Teatro Massimo di Palermo, Storia e progettazione, Palermo 1974; A. M. FunDARò, Palermo 1860 - 1880. Una analisi urbana attraverso progetti ed architetture di Giuseppe Damiani Almeyda, Palermo 1974; A. M. FunDARò, Giuseppe Damiani Almeyda, supplemento a «Kalós», n. 3, a. IV, Palermo, maggio giugno 1992; A. M. FunDARò, Giuseppe Damiani Almeyda. Tre architetture tra cronaca e storia, Palermo 1999. Si segnala la pubblicazione postuma di

147

1 - G. Damiani Almeyda, Istituzioni Architettoniche, tavola 30, Terme, particolare della piscina, acquerello, da AA.VV., Giuseppe Damiani Almeyda. una vita cit. due scritti di grande interesse: G. DAMIAnI ALMeyDA, I casi della mia vita, a cura di M. Damiani, Palermo 2001; G. DAMIAnI ALMeyDA, Storia dell'Arte Moderna Italiana, a cura di M. Damiani, Palermo 2005. Tra gli studi più recenti si vedano: P. BARBeRA, Monumento e città nella Palermo postunitaria, in AA. VV., L'architettura della memoria in Italia, a cura di M. Giuffrè, F. Mangone, S. Pace, O. Selvafolta, Milano 2007; AA. VV., Giuseppe Damiani Almeyda. Una vita per l'architettura tra insegnamento e professione, a cura di R. Pirajno, M. Damiani, P. Barbera, Palermo 2008. Per una bibliografia degli scritti di Giuseppe Damiani si consulti G. CIAnCIOLO COSenTInO, Percorso Bibliografico, in AA. VV., Giuseppe Damiani Almeyda. Una vita cit., pp. 71 - 75. Per un profilo biografico: A. M. FunDARò, Nota biografica, ivi, pp. 67 - 70. 2

G. DAMIAnI ALMeyDA, Istituzioni Ornamentali sull'antico e sul vero, Torino-Palermo 1890. 3

In modo particolare Damiani Almeyda prendeva le distanze dall'uso generalizzato ed estensivo del trattato di Vignola, ridotto ormai ad un manuale i cui dettami erano assunti in modo acritico. Sull'argomento ha anche pubblicato un opuscolo: G. DAMIAnI ALMeyDA, Giacomo Barozzi da Vignola ed il suo libro dei cinque ordini di architettura, Palermo 1878. 4

M. DAMIAnI, Le Istituzioni Architettoniche, in AA. VV., Giuseppe Damiani Almeyda. Una vita cit., pp. 12 - 20. 5

piuttosto raro che veniva utilizzato come ausilio

proca che le tre punte possono configurare -

collegate da uno snodo che consente loro di ruo-

debbono essere della migliore qualità meccanica

nella copiatura dei disegni.

nel compasso a tre punte, oltre alle due aste

tare muovendosi su di un piano, come avviene in

La compassiera che contiene il compasso a tre punte misura 21,3 x 9,4 x 3,4 centimetri. È in legno, ricoperta di pelle decorata con disegni geometrici. Gli alloggiamenti all'interno sono

re liberamente nello spazio. La posizione reci-

148

edoardo Dotto

ogni normale compasso, si trova una terza asta che, vincolata allo stesso snodo, può però ruota-

ovviamente entro certi limiti - è quella di un triangolo qualsiasi. La frizione degli snodi, che e lubrificati debolmente soltanto con cera d'api, consente di disporre facilmente le tre punte nella posizione voluta e di mantenerla stabilmente, fino a quando serve.

2 - Compassiera del principio del XIX secolo, Archivio Damiani, Palermo

3 - La compassiera aperta, con vari strumenti, Archivio Damiani, Palermo 4 - Compasso a tre punte in ottone e ferro, Archivio Damiani, Palermo. Si noti la marca Blondeau incisa sulla gamba a destra

nove, foderati di velluto marrone, mentre sono soltanto sei gli strumenti, talvolta non adeguati agli spazi che occupano. Se alcuni di essi sono di grande qualità, tra gli altri, ad esempio, il compasso di proporzione, certamente ottocentesco, è di fattura dozzinale. Vi si trovano inoltre tiralinee e una spatola. La compassiera ha il numero di archivio DSD 32, ed il compasso a tre punte il DSD 32.a.

un tale strumento, che può 'ricordare' e trasfe-

rire la posizione reciproca di tre punti disposti su di un piano6, come si può immaginare è particolarmente utile per la copiatura dei disegni. Fissata

la distanza tra due punti di riferimento sul dise-

gno originale, già riportati sul foglio di copia, con la terza punta si individua un altro punto, che può essere trasferito immediatamente.

6

Il compasso a tre punte dell'archivio Damiani

(figura 4) è di dimensioni canoniche e misura

16,7 centimetri di lunghezza. nonostante l'ampia

dimensione del giunto, lo strumento è ben bilan-

ciato e maneggevole. Sia una parte del giunto che

le aste sono in ottone, mentre alcune lamelle del giunto e le tre punte fisse sono realizzate in

ferro7. L'uso dei due materiali nella costruzione

rendeva scorrevoli i delicati meccanismi. Ancora

del ferro acciaioso garantiva una solidità eccezio-

continuo. essendo le estremità delle tre punte

dei giunti permetteva di sfruttare al meglio le loro caratteristiche specifiche. La relativa rigidità

nale, mentre la possibilità di levigare perfettamente ed in modo durevole le superfici di ottone,

oggi, a distanza di secoli dalla costruzione dello

strumento, il movimento delle tre aste è fluido e fisse le parti più sollecitate, era necessario che il

materiale di cui erano costituite fosse duro il più un compasso a tre punte del fabbricante Blondeau

Lo strumento, che veniva anche detto compasso sferico o da mappamondo, era probabilmente utilizzato con profitto pure per la copiatura dei globi, quindi per riportare la posizione reciproca di punti su superfici curve. Cfr. M. HAMBLy, Drawing Instruments 1580-1980, London 1988. In realtà, l'uso dello strumento per questo scopo è ancora da indagare compiutamente. 7

Si ricorda che in realtà per “ferro”, la cui denominazione indica soltanto il materiale puro, nella quasi totalità dei casi ci si riferisce ad una lega ferrosa a basso contenuto di carbonio, quindi tecnicamente ad un acciaio, o meglio ad un “ferro acciaioso”.

149

possibile. Contemporaneamente, nel caso di

cadute accidentali dello strumento o di normale

usura, occorreva ripristinarne facilmente la capacità di forare il foglio. non era raro, tra l'altro, che

tra gli accessori delle compassiere trovasse posto anche una lima per affilare le punte dei compassi e le lamelle dei tiralinee.

Il modo in cui è realizzato il giunto è di grande

interesse (figure 5 e 6). È lo stesso perno che lega le due aste che ruotano sul piano a consentire la rotazione della terza gamba. Lo strumento quindi 5 - Snodo del compasso a tre punte aperto

6 - Snodo del compasso a tre punte con la decorazione a bulino

7 - N. Bion, Compas á trois branches, dal Traité de la construction et principaux usages des instrumens de mathématique, Paris 1709 8 - J. Leupold, Circinum, dal Theatrum arithmetico-geometricum, Leipzig 1723

8

negli strumenti sino alla fine del XIX secolo erano molto diffuse le teste delle viti a due fori. negli astucci degli strumenti si trovavano quasi sempre dei piccoli cacciavite a due perni per regolare l'attrito degli snodi. 9

Si veda il Webster Signature Database, un estensivo archivio di produttori di strumenti da disegno curato dall'Adler Planetarium, disponibile in rete all'indirizzo http://historydb. adlerplanetarium.org/signatures. 10

HAMBLy cit., p. 125. Anche M. SCOTT - SCOTT, Drawing Instruments, London 1980, pp. 14-16. AA. VV., Tools of the Imagination: Drawing Tools and Technologies from the Eighteenth Century to the Present, a cura di S. C. Piedmont-Palladino, new york 2007, pp. 81-89.

150

è concepito come una struttura unica. È possibile

registrarne la frizione agendo su di una sola vite sulla cui testa bombata sono ricavati due fori sul

corpo e otto tacche sul bordo8. Disposto ortogonalmente a questo snodo, si trova il perno della terza gamba, caratterizzata da una doppia testa,

ciascuna decorata con un fiore a sei petali inciso a bulino. Le otto tacche sui bordi circolari consen-

tono di serrare la vite, permettendo eventuali

anche in Italia, a partire dalla metà del Seicento fino alla fine del Settecento9, come produttori

regolazioni dell'attrito in questa direzione. Il col-

perlopiù di orologi solari, quadranti con bussole

nella parte più sollecitata, aumenta la solidità

I compassi a tre punte diffusi compiutamente a

legamento tra il giunto e la gamba è decorato da

un ricciolo in ottone, che inspessendo la struttura dello strumento. Sulla parte superiore di una

delle gambe a movimento piano si trova incisa una decorazione geometrica. Su quella opposta si trova incisa la marca, «Blondeau» (figura 4),

seguita dalla lettera minuscola f. esaminando da vicino la superficie delle parti in ottone si nota

come esse siano rigate da piccoli graffi dovuti alla normale usura. Le estremità delle punte in

acciaio, almeno una volta, hanno subito una lima-

tura. Benché sia stato utilizzato parecchio, le condizioni dello strumento sono ottime.

La marca che talvolta si trova incisa sugli stru-

menti può in genere dare indicazioni utili per la datazione. In questo caso, però, restano alcune

incertezze dovute al fatto che artigiani di nome

Blondeau sono stati attivi in Francia, e talvolta edoardo Dotto

e calibri, tutti strumenti di una certa complessità

per i quali è necessaria molta perizia e precisione. partire dalla metà del Seicento10, non furono mai strumenti di largo uso e trovarono posto solita-

9 - J. F. Penther, Drenfuessigter Circul, in Praxis Geometriae, Augsburg 1723 10 - G. Adams the Younger, Triangular compasses, in Geometrical and graphical essays, London 1791

11 - J. Farey, Triangular compasses, in A. Rees, The new Cyclopaedia or Universal Dictionary of Arts & Sciences, London 1802 - 19

12 - J. Farey, Triangular compasses, in D. Brewster, The Edinburgh Encyclopaedia, edinburgh 1808 - 30

mente in corredi di grande valore. non esiste di

Farey, sia per la Rees' Cyclopedia del 1808-19

Alcune indicazioni 'indiziarie' sulla datazione

prima descritte, raramente presenti negli stru-

conseguenza una letteratura estensiva che consente di datare lo strumento con precisione.

del compasso possono derivare da un esame comparato dello strumento con le immagini illustrative pubblicate nei trattati sugli strumenti da

disegno pubblicati tra il Settecento e l'Ottocento.

Il compasso dell'archivio Damiani non mostra

analogie sostanziali - se non macroscopiche - con la forma dello strumento riportato sul Theatrum arithmetico-geometricum di Jacob Leupold del

1723 (figura 7), né con quello rappresentato nel Traité di nicolas Bion, la cui prima edizione risa-

le al 1709 (figura 8). esso ha delle forme chiara11

mente più moderne, analoghe ad esempio a quelle disegnate da Johann Friedrich Penther per

il suo Praxis Geometriae del 173212 (figura 9). Lo snodo è compatibile con la tecnologia rappresen-

tata nella famosa opera di George Adams,

Geometrical and Graphical Essays del 1791 (figura 13

10), con la soluzione pubblicata da John Barrow nel 1792

14

e con le immagini realizzate da John

(figura 11) che della Edinburgh Cyclopedia del

1808-3015(figura 12). Le decorazioni nello snodo menti inglesi coevi, più che retrodatare lo stru-

mento, vanno intese come dei tipici 'francesismi'.

In questo senso è possibile ipotizzare che il compasso a tre punte dell'archivio Damiani sia stato

costruito in Francia negli ultimi decenni del Settecento.

In quel periodo non erano nati né Giuseppe

Damiani Almeyda né il fratello Francesco16, più grande di oltre vent'anni, anch'egli ingegnere. Lo

strumento probabilmente sarà stato acquistato usato o ricevuto in dono.

La necessità di realizzare copie dei disegni di

architettura crebbe in modo esponenziale a partire dalla fine del Cinquecento sino alla metà del

novecento, di pari passo con la drastica diminu-

zione del costo della carta e con lo strutturarsi di nuove tipologie di cantiere edilizio. La pratica

della copia dei disegni è sostegno indispensabile per un'organizzazione del cantiere in cui diverse un compasso a tre punte del fabbricante Blondeau

11

J. LeuPOLD, Theatrum arithmetico-geometricum, Leipzig 1723. n. BIOn, Traité de la construction et principaux usages des instrumens de mathématique, Paris 1709. Il trattato ha avuto diverse edizioni in lingua originale ed è stato tradotto in tedesco nel 1717 ed in inglese nel 1723. 12

J. F. PenTHeR, Praxis Geometriae, Augsburg 1723. L'opera ha avuto altre edizioni, tra le quali spicca quella parzialmente rivisitata del 1788. 13

G. ADAMS THe yOunGeR, Geometrical and Graphical Essays, London 1791. Altre edizioni dell'opera sono state pubblicate nel 1797, nel 1813 e nel 1823. 14

J. BARROw, Description of Pocket Magazine Cases of Tecnical Drawing Instruments, London 1792. 15

A. ReeS, The new Cyclopaedia or Universal Dictionary of Arts & Sciences, London 1802 - 19. D. Brewster, The Edinburgh Encyclopaedia, edinburgh 1808 - 30. 16

Sulla figura dell'ingegnere Francesco Damiani Almeyda, fratello di Giuseppe, cfr. G. DAMIAnI ALMeyDA, I casi della mia vita cit., pp. 31-33.

151

13 - Punta per ricalco con lente da ingrandimento, produzione della fabbrica Haff, Pfronten, Germania, circa 1970

squadre di prestatori d'opera assumono le istru-

zioni in modo preponderante attraverso il linguaggio grafico che, a partire dal XVI secolo, ini-

zierà ad espungere, lentamente e faticosamente, ogni rischio di ambiguità.

Anche dopo l'invenzione e la diffusione della

stampa, la riproduzione manuale dei disegni

occupava un ruolo di primo piano nella pratica professionale. Se la stampa di disegni incisi pote-

va soddisfare facilmente la necessità di disporre di un gran numero di esemplari praticamente

identici tra loro, essa richiedeva ovviamente

tempi lunghi e costi non sostenibili, eccessivi rispetto alla necessità di avere poche copie di un

due archi di circonferenza misurati sull'originale,

cazione dei progetti, la copiatura dei disegni

bianco, era possibile trasferire i punti con altri

disegno - quasi sempre una soltanto - in tempi

ragionevoli. Oltre all'ambito legato alla comunioccupava un ruolo centrale anche nella pratica

progettuale. Quando le diverse ipotesi si affastellavano sul foglio ed i tratti più importanti finiva-

no col confondersi, diventava necessario traccia-

re l'immagine su di un nuovo supporto, riportando il disegno al suo nitore. La copiatura dei

disegni delle architetture dei maestri, inoltre, era

una attività indispensabile e molto diffusa per la formazione degli architetti.

A seconda della complessità del disegno, si

17

Lo strumento aveva le dimensioni di un tiralinee e talvolta era possibile montare la punta su di una normale cannuccia. La lingua inglese, per quanto riguarda la nomenclatura degli strumenti da disegno, è molto più precisa dell'italiano. In inglese questo strumento prendeva il nome di slider. 18

Il nome di questo strumento in inglese è pricker. I modelli più aggiornati sono ancora oggi realizzati dalla fabbrica tedesca Haff, dotati di un'ampia lente di ingrandimento fissata alla cannuccia.

152

potevano scegliere diverse tecniche di copiatura. In primo luogo, era possibile semplicemente rifa-

re il disegno, trasferendo le misure con l'aiuto di

un regolo graduato o di un compasso a due

punte. Per rendere più rapido il lavoro, si poteva

anche affiancare il disegno da copiare al foglio bianco, prolungando le linee orizzontali principali da un foglio all'altro, riportando in questo modo

almeno i riferimenti verticali. Si poteva anche tra-

sferire il disegno servendosi di un compasso con

il lapis, situando sul nuovo supporto ciascun

punto con l'uso della trilaterazione. In questa maniera, fissati due punti sul foglio, tracciando edoardo Dotto

si poteva collocare con precisione un terzo punto.

Sovrapponendo il disegno da copiare al foglio

procedimenti, in maniera piu 'meccanica'. Si

poteva incidere leggermente il disegno con uno stilo dotato di punta metallica o di pietra d'aga-

ta17, fino a lasciare un leggero solco sul foglio sottostante. Bastava poi ricalcare il solco con la matita o la penna ad inchiostro per ottenere una copia del disegno. Questa tecnica non garantiva una

grande precisione e non era adatta alla realizza-

zione di più copie. Analoga ma più precisa era la tecnica con cui si trasferivano i punti notevoli dell'immagine perforando il disegno con una punta acuminata. Queste punte metalliche18 in tempi recenti sono state dotate anche di una lente

di ingrandimento per potere collocare il foro con la massima precisione (figura 13). Collegando

opportunamente i punti che costituivano l'ossatura dell'immagine si poteva ricostruire con esat-

tezza il disegno. Con questa tecnica, se non si usavano carte troppo spesse, era possibile ottenere contemporaneamente sino a tre o quattro copie dell'originale.

Per forme molto complesse, soprattutto se non

era necessaria una precisione millimetrica, come

14 - Anonimo, veduta di Eboli, circa 1590, matita su carta, particolare. In E. Dotto, Disegni di città. Rappresentazione e modelli nelle immagini raccolte da Angelo Rocca alla fine del Cinquecento, Siracusa 2004.

nel caso di vedute o ritratti che potevano essere

partire dalle prime cianografie si sono evolute

Si cospargeva il verso del foglio da copiare con

seguito alla rivoluzione del disegno informatico,

corrette in un secondo tempo sul foglio di tra-

sferimento, si usava anche la tecnica del ricalco. grafite, magari sfregando la superficie con una matita grassa e se ne ripassava il disegno con una punta o anche con una matita dura, realiz-

zando una sorta di copia alla “carta carbone” (figure 14 e 15).

Ovviamente era possibile trasferire il disegno

anche “lucidandolo”. Bastava dotarsi di carta traslucida, tale da consentire la chiara visione del

foglio sottostante. un foglio di carta sufficientemente sottile da essere quasi trasparente era di solito troppo fragile. Trovare l'equilibrio tra la

necessaria sottigliezza della carta e la sua robustezza non era compito semplice. Talvolta si utilizzava una carta bianca, anche piuttosto robusta,

che veniva imbibita di alcol, e che così diventava

temporaneamente trasparente. era possibile ricalcare il disegno sottostante, divenuto visibile

finché, una volta evaporato l'alcol, il supporto

non ritrovava la propria opacità. La soluzione risolutiva fu quella di mescolare della paraffina all'impasto della carta, ottenendo un supporto

spesso, solido e stabilmente traslucido, come i

lucidi vegetali tuttora in uso, sostituiti solo di

recente dalle superfici in poliestere.

Le moderne tecniche di riproduzione

19

che a

15 - Verso dell’immagine adiacente, Biblioteca Angelica, Roma. Si noti la fitta campitura con grafite, che serviva a riprodurre l’immagine su un altro supporto ricalcando le linee principali

fino alle riproduzioni digitali di grande formato,

hanno reso il compito molto più semplice. In

che ha messo in crisi l'idea stessa di supporto grafico, la copia dei disegni riguarda in primo luogo questioni archivistiche o editoriali, ma

sempre meno si pone come un problema per la pratica del progetto o del cantiere.

Rispetto ai metodi di copiatura descritti, l'uso

del compasso a tre punte offre alcuni vantaggi.

Se concettualmente il procedimento è simile alla trilaterazione col normale compasso con il lapis, con il compasso a tre punte si evita di tracciare

segni di matita sul foglio di copia e si trasferisce

ciascun punto con un solo passaggio, piuttosto che con due. Il disegno resta più pulito, la copia

è più rapida e se il disegnatore si muove con

mano sicura ed esperta, la copia è molto precisa. Occorre programmare con intelligenza la

sequenza dei punti da spostare, tessendo e veri-

19

punte e riga parallela, si possono ottenere copie

Per informazioni sulla storia della riproduzione cianografica si veda e. DOTTO, Tecnica e linguaggio nei disegni per l'espansione della città di Siracusa, in AA. VV., Siracusa 18802000. Città, storia, piani, a cura di S. Adorno, Venezia 2005, pp. 171 - 177. Anche: F. BeRTAn, Strumenti e metodi per il disegno (1750-1900), in AA. VV., Teorie e metodi del disegno, a cura di M. Borgherini, Milano 1994, pp. 14 - 42.

un compasso a tre punte del fabbricante Blondeau

153

ficando con attenzione una rete di punti di rife-

rimento ad una distanza piuttosto ampia l'uno dall'altro. In questo modo si evita che gli errori di trasferimento, benché minimi, si sommino tra

di loro. Con un sistema di controllo complessivo, dato per esempio da una serie di linee orizzontali, fissate con l'ausilio di compasso a due

16 - Compasso a tre punte, della fabbrica inglese Stanley, circa 1890. Da M. Hambly, Drawing Instruments cit.

17 - W. F. Stanley, Triangular beam compasses, compasso a verga triangolare, in Descriptive Treatise on Mathematical Drawing Instruments, New York 1878 20

Il pantografo, inventato dall'astronomo e matematico gesuita Christoph Scheiner attorno al 1603, si diffuse a partire dal 1650 circa. Versioni simili a quella di Scheiner sono tuttora realizzate dalla fabbrica Haff. L'eidografo, più preciso del pantografo fu inventato da william wallace nel 1821. Vista la complessità d'uso e soprattutto il costo elevato di questo strumento, la sua diffusione fu piuttosto limitata. I listini di vendita degli eidografi prevedevano anche una tariffa di affitto giornaliera, per chi ne avesse bisogno ma non potesse permettersene l'acquisto.

esso, benché fosse disponibile in commercio anche

22

Attualmente non esiste uno studio esaustivo sugli ellissografi e sulla loro costruzione. Spunti di riflessione si possono trarre da: G. M. CATALAnO, Il compasso conico. Uno strumento per tracciare qualsiasi conica con moto continuo, in «Disegnare idee immagini», a. I, n. 1, Roma ottobre 1990, pp. 77 - 80; HAMBLy cit. pp. 89 - 96; O. ZeRLenGA, La «forma ovata» in architettura, napoli 1997, passim ma in particolare pp. 36 45. Sul compasso ellittico si può consultare una pagina del mirabile sito del Museo di Storia della Scienza di Firenze, all'indirizzo http:// www.imss.fi.it/masaccio/08/indice.html. 23

B. DeLLA VOLPAIA, LIBRO DI MACCHIne DIVeRSe, 1520-24. Si veda anche il sito http://www.imss.fi.it/masaccio/08/appro/ 1_21.html.

154

L.

e

specie

tra

la

fine

dell'Ottocento e gli anni Trenta del novecento

(figura 16), compariva sopratutto in grandi com-

passiere, estese e complete21, anche nella forma di un compasso a verga , con due aste incernierate tra loro (figura 17).

non è raro che si attribuisca al compasso a tre

punte la funzione di ellissografo22. Lo strumen-

to, così come è stato descritto finora, ovviamente non è in grado di tracciare alcuna figura,

essendo tra l'altro privo di una punta scrivente.

Anche se nei modelli della seconda metà

21

Lo strumento, ad esempio, era incluso in una straordinaria compassiera della fabbrica tedesca e. O. Richter & Co. commercializzata in pochi esemplari attorno al 1920, che conteneva ben 63 strumenti diversi.

singolarmente,

precisissime. L'uso del compasso a tre punte può integrarsi benissimo con gli altri metodi di

copiatura diventando un sostegno continuo, benché non esclusivo, nelle operazioni più complesse.

Sia il pantografo, che si diffonde a partire dal

Seicento, che l'eidografo, inventato nella prima

metà dell'Ottocento , benché progettati per 20

dell'Ottocento, in cui per facilitare il posiziona-

mento reciproco delle tre punte una di esse può scorrere lungo la direzione dell'asta, talvolta la

punta scorrevole è stata sostituita con una punta

scrivente, lo strumento così costruito non può

disegnare ellissi e serve sempre soltanto a tracciare un punto su un piano o su di una superficie curva ad una distanza assegnata da altri due. un disegno di Leonardo (figura 18), sulle

pagine del Codice Atlantico, di cui esiste una

ingrandire o ridurre i disegni, consentivano di

rilettura anche di Lorenzo e Benvenuto della

canici dedicati esplicitamente alla copiatura dei

possa ruotare attorno ad una gamba. Con la sua

realizzare copie “al vero” e spesso venivano uti-

lizzati per questo scopo. Tra gli strumenti mec-

disegni, però il compasso a tre punte è decisa-

mente il più semplice ed il più economico. Ciò nonostante non ha avuto la diffusione estensiva

che si sarebbe potuta immaginare ed è rimasto

confinato ad un uso estremamente specialistico. edoardo Dotto

Volpaia23, mostra un compasso a tre punte con uno stilo scrivente agganciato, in modo che esso

rotazione, lo stilo descrive nello spazio una superficie cilindrica o conica, a seconda della

sua inclinazione. Dato che il foglio si trova in posizione tale da costituire una sezione del

cilindro o del cono non perpendicolare al suo

asse, il segno che lo stilo traccia sul foglio risulta essere un'ellisse . La punta scrivente, nel suo 24

percorso, deve sollevarsi ed abbassarsi, modificando l'attrito sulla carta e dando origine ad un tratto incerto. In questa applicazione il compas-

so a tre punte ha solamente la funzione di tene-

re nella posizione voluta lo stilo ed il suo snodo, semplicemente come un treppiedi. La posizione

delle tre punte sul foglio non ha una relazione diretta con la forma dell'ellisse . Questo stru25

mento ha più un valore dimostrativo che prati-

co. Le ellissi che è possibile tracciare hanno un

pus di strumenti da disegno, costituisce l'occa-

sione per una ricerca in cui siano presi in considerazione i diversi aspetti della fervida attività di Giuseppe Damiani Almeyda. In particolare è possibile esplorare in maniera inedita gli aspetti

che riguardano in modo proprio il “mestiere del

disegno” di questo grande architetto. una produzione grafica di tale vastità e qualità non può che essere intimamente correlata a capacità teori-

che e manuali di livello elevatissimo. Oggi, in un

rapporto piuttosto ridotto tra gli assi e risultano

quindi di forma tondeggiante. Per ottenere ellis-

19 - W. F. Stanley, elliptical additions to Triangular Compasses, , in Descriptive Treatise cit.

si più allungate si dovrebbe ridurre di molto l'inclinazione della punta scrivente rispetto al foglio, e si otterrebbe un tratto incoerente.

un secondo ordine di problemi riguarda l'im-

20 - Guidubaldo del Monte, ellisografo, in Planispheriorum universalium Theorica, libro secondo, Pesaro 1579

postazione dell'inclinazione della gamba che regge la punta scrivente in relazione agli assi

dell'ellisse che si vuole disegnare. Ovviamente tra la posizione e l'inclinazione della punta, l'estensione dello stilo e le misure degli assi esiste

24

I casi in cui il cono determinato dalla rotazione dello stilo, sezionato da un piano rappresentato dal foglio di carta, ha sezioni che sono un'iperbole ed una parabola non sono compatibili con la meccanica dello strumento.

una corrispondenza diretta che è semplice calcolare graficamente. La registrazione manuale

dello strumento, però, è molto complessa da gestire e deve essere affidata perlopiù a reitera-

ti quanto estenuanti tentativi, dall'esito comun-

25

eccettuata ovviamente la posizione della punta che regge lo stilo e che occupa un punto sull'asse maggiore dell'ellisse. esso è l’intersezione del piano di sezione con l'asse del cono o del cilindro. In quest'ultimo caso questo punto si trova all'intersezione dei due assi della figura.

que impreciso. Benché su parecchi testi speciali-

stici si trovino immagini di questo ellissografo basato sul compasso a tre punte e benché esso

sia stato talvolta commercializzato26, specie come accessorio da applicarsi sullo strumento

di copiatura (figura 19), gli ellissografi più uti-

26

lizzati erano di altri tipi, tra i quali spicca per

w. F. STAnLey, Descriptive Treatise on Mathematical Drawing Instruments, new york 1878, pp. 74-75. La prima edizione è del 1866. Il volume è stato ristampato almeno sino al 1925.

'longevità' e semplicità l'ellissografo meccanico descritto

alla

fine

del

Cinquecento

Guidobaldo del Monte (figura 20). 27

da

27

La fortunata compresenza, presso l'archivio

Damiani, di disegni, schizzi appunti, testi a stampa e manoscritti, assieme ad un sostanzioso cor-

18 - Leonardo Da Vinci, compasso ellittico, in Codice Atlantico, Biblioteca Ambrosiana Milano

un compasso a tre punte del fabbricante Blondeau

G. DeL MOnTe, Planispheriorum Universalium Theorica. Liber secundus, Pesaro 1579, p. 101. Cfr. anche ZeRLenGA cit. pp. 36 - 41.

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periodo che segna finalmente un nuovo coinvol-

gimento della critica di architettura nelle vicende

dell'Ottocento, al riparo dalle perplessità che sino a pochi decenni fa offuscavano lo studio dei

'bei disegni', negli ultimi anni si è schiuso un rinnovato interesse nei confronti dell'”arte del disegno” di architettura.

In questo mutato panorama di interessi la figu-

ra di Damiani Almeyda è tra le più adatte a

mostrare l'intreccio virtuoso che si determinava nei casi più fortunati tra sapere tecnico, architet-

tura ed accademia. Con i mezzi della Storia della rappresentazione si potrà studiare in modo pun-

tuale il ruolo del disegno come veicolo e stru-

mento del pensiero progettuale per Damiani Almeyda, nonché il modo in cui mestiere e sape-

re abbiano concorso a costruire la solida figura di

uno dei massimi disegnatori del periodo. In questo ambito, la storia, l'uso e l'analisi degli strumenti da disegno costituisce uno dei pilastri che sostengono l'indagine.

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edoardo Dotto

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