Serial/Portable Classic

July 9, 2017 | Autor: L. Nicoletti | Categoría: History of Archeology, Archeologia, Archéologie, Archeologia Classica, Serial classic
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Descripción

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la Biblioteca di via Senato Milano – luglio / agosto 2015

LA MOSTRA/2 SERIAL/PORTABLE CLASSIC A Venezia e a Milano ensare una mostra di arte antica comporta il ricorso a una competenza complessa: è indispensabile misurarsi con la distanza nel tempo e, soprattutto, con la distorsione e il riuso che i secoli hanno fatto della categoria del “Classico”. È una storia “virtuale”, che richiede il ricordo a meccanismi concettuali inaspettatamente affini a quelli messi in campo da certe esperienze artistiche del Novecento, o meglio a certi processi mentali che taluna arte di oggi ha applicato a commento del presente. Ci si accorge infatti che la storia del classico, fuori dai termini di una “storia dell’arte classica”, è l’esempio più tangibile di come ogni società abbia proiettato la propria cultura nel modo

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di guardare e restituire l’antico. Raccontare la storia di questa evoluzione chiama in causa problemi, temi e approcci diversissimi fra loro, ma capaci di rendere visibile una storia avvincente. Ci si deve soprattutto confrontare costantemente, come ricorda Salvatore Settis nella breve guida che accompagna le mostre per la Fondazione Prada nelle sedi di Venezia (Portable classic) c e Milano ((Serial Serial classic) c con lo «smisurato naufragio dell’arte antica», di cui la storiografia recente ha fatto un punto di forza del rovello filologico. Lo sta a indicare con brutale immediatezza una teca messa in apertura della mostra milanese, con frammenti di dita, mani e arti in bronzo: questo è quanto resta di

integro dell’autentica scultura greca; tutto il resto che noi ne sappiamo deriva da copie più o meno fedeli eseguite per le più disparate circostanze. La storia del classico, dunque, è una storia di copie, in cui si parla di originali perduti di cui si ricostruisce virtualmente la originaria conformazione attraverso le tracce che ci lascia il passato: copie integre, riconosciute come repliche di prototipi antichi descritti dalle fonti (ma con che grado di fedeltà agli originali?), come nel caso del Discobolo di Mirone, la cui unica copia non frammentaria fu rinvenuta solo nel 1720 (oggi a Roma, Museo Pio-Clementino) e che si ritrovava anche in fantasiosi rimaneggiamenti (il torso degli Uffizi restaurato nelle forme di un Endimione); e o frammenti di copie che, una volta accostati, possono costituire una scultura verosimilmente coerente, come nel caso della scultura di atleta (probabilmente mironiana) ricostruita

Da sinistra: Veduta della mostra “Portable Classic”, co-curata da Salvatore Settis e Davide Gasparotto, Sezione: “In scala: l’Ercole Farnese”, Fondazione Prada Venezia, 2015, Foto Attilio Maranzano, Courtesy Fondazione Prada; Veduta della mostra “Serial Classic”, L’Apollo di Kassel, co-curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola, Fondazione Prada Milano, 2015, Foto Attilio Maranzano, Courtesy Fondazione Prada

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la Biblioteca di via Senato Milano – luglio / agosto 2015

Dall’alto: Veduta della mostra “Portable Classic”, co-curata da Salvatore Settis e Davide Gasparotto, Sezione: “Emulazione: imitare l’antico nel Rinascimento”, Fondazione Prada Venezia 2015; Veduta della mostra “Serial Classic”, L’atleta di Amelung, co-curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola, Fondazione Prada Milano 2015, entrambe Foto Attilio Maranzano, Courtesy Fondazione Prada

nel 1927 da Walther Amelung. Si tratta di un tema di grande fascino, la cui complessità e difficoltà narrativa non toglie smalto a quell’allure che, in tempi di rinato e ossessivo culto dell’aspetto fisico, accorda un ampio consenso al mito della Grecia classica. Salvatore Settis aveva già messo in luce tutti questi

problemi nel brillante libretto sul Futuro del classico del 2004 (Einaudi), con un percorso a ritroso che dall’uso dei classici nel XXI secolo risaliva a monte alle origini del fenomeno che le due mostre rendono visibile con un percorso espositivo lineare e talvolta auto-evidente, secondo due direttrici portanti: la fortuna dei prototipi greci

tramite le loro repliche antiche, con la conseguente ricaduta sull’uso di queste c e la fortuna sculture (Serial classic); degli stessi in età moderna, passando per il collezionismo di antichità e, soprattutto, per il problema delle copie in piccolo formato rispetto agli originali (Portable classic). c È un approccio che porta molti concetti moderni nello studio dell’antico: è figlio dell’età industriale, in fondo, pensare che anche in antico, prima della catena di montaggio, potesse esistere una produzione in serie; ed è una salutare desacralizzazione, al contempo, evidenziare che modelli spesso avvolti di un’aura ineffabile potessero essere, in origine, complementi da giardino. Un altro colpo inferto a quell’immagine aulica e irraggiungibile, memore della soave grandezza cantata da Winckelmann, sta nel ricordare che quella scultura di cui oggi si ama il diafano candore erano in realtà marmi vistosamente colorati, con effetti che, in ricostruzione, abbassano la percezione alla sensibilità “pop”. Resta da chiedersi, tuttavia, se davvero la scultura antica fosse colorata in maniera così pacchiana come la propongono le ricostruzioni più moderne, o se quelle tracce di pigmento superstiti sugli originali non fossero una preparazione di base per una pittura più elaborata, fatta di velature mimetiche di cui non resta più nemmeno l’ombra. Il discorso, però, si complica ulteriormente quando la replica non è più una copia fedele dell’originale, ma diventa un oggetto di scala ridotta (Portable classic). c La mostra di Venezia gioca proprio su questo, e lo rende

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Dall’alto: Veduta della mostra “Portable Classic”, co-curata da Salvatore Settis e Davide Gasparotto, Sezione: “Collezionisti: l’antico in casa”, Fondazione Prada Venezia 2015; Veduta della mostra “Serial Classic”, Venere accovacciata, co-curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola, Fondazione Prada Milano 2015, entrambe Foto Attilio Maranzano, Courtesy Fondazione Prada

immediatamente visibile con un suggestivo allestimento nel portego di Ca’ Corner della regina intorno al gigantesco Ercole Farnese, per decenni una delle sculture più famose, più guardate e più studiate dagli artisti, con una fortuna che si traduce in un gran numero di copie e calchi, ma soprattutto repliche di formato contenuto, qui proposte una di fila all’altra in scala decrescente: la fama e la fortuna di un modello, in fondo, si misura sia sulla quantità sia sulla tipologia delle repliche; e nel momento in cui il monumento arriva alla misura di un gadget, seppur di lusso e di indiscussa qualità artigianale, ha raggiunto il massimo della sua possibile diffusione. Ecco quindi i modelli antichi migrare dal bronzetto rinascimentale alle ceramiche di Capodimonte del Settecento, senza dimenticare il collezionismo antiquario, che letteralmente impazziva per le copie in piccolo formato, piacevoli al tatto e tutte da godere nel chiuso degli studioli. La copia, oltretutto, non offre solo variazioni epidermiche dovute al materiale, ma porta varianti indicative delle convenzioni che il copista ha acquisito durante la sua formazione accademica. Le repliche dal Laocoonte,

caso quasi da manuale di restauro virtuale e di opera con una sterminata fortuna moderna, ne sono un caso

SERIAL CLASSIC MILANO, FONDAZIONE PRADA 9 maggio-24 agosto 2015 PORTABLE CLASSIC VENEZIA, FONDAZIONE PRADA 9 maggio-13 settembre 2015 A cura di Salvatore Settis http://www.fondazioneprada.org

esemplare: viste di tergo più repliche, infatti, ci si rende conto che sulla groppa muscolosa del sacerdote troiano si esercitano le rimodulazioni dell’anatomia esterna, fra tensione dello sforzo e ipertrofia delle membra. Cambiando le epoche cambia il gusto, e cambia anche il modo di tradurre il classico e di declinarlo nella vita quotidiana quando il capolavoro diventa un centrotavola, il passo successivo, giunti al Novecento, aprirà la grande epopea, fuori da qualsiasi possibile aura, del kitsch.

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