SCALE, TEMPERAMENTO, ACCORDATURA. Un difficile compromesso

September 5, 2017 | Autor: Fabio Galgani | Categoría: Musicologia
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SCALE, TEMPERAMENTO E ACCORDATURA: un difficile compromesso. Qualsiasi sistema musicale antico o moderno ha come punto inalterabile e conclusivo il rapporto di ottava di 2:1 (esempio: se il punto di partenza di una scala è un suono di 500 Hz, il punto di arrivo dovrà essere di 1000 Hz). Per definire meglio l'intervallo di ottava diciamo che esso deve essere il più ampio possibile fra due suoni che abbiano la maggiore affinità. All'interno dell'ottava, in teoria, si potrebbe inserire un numero qualsiasi di suoni, calcolati in progressione matematica o con altri principi fisico-acustici; la larghezza quindi ed il numero degli intervalli dipende solo dal sistema usato per la divisione dell'ottava. Dal punto di vista fisico le scale occidentali, composte di sette note, non sono né diatoniche, né cromatiche, ma sono semplicemente scale. La distinzione in diatoniche e cromatiche dipende dal tipo di semiologia che viene assunto. Le scale arabe, per esempio, pur contenendo sfumature tonali più piccole di quelle del nostro cromatismo, non hanno alcuna alterazione a carico dei vari gradi, ognuno dei quali ha una propria denominazione e una funzione precisa ed immutabile. Diatonica viene classificata la scala composta dalle sette note normali che, nella tonalità di DO, non comportano alcuna alterazione. Con il cromatismo si introducono le alterazioni (diesis o bemolle) che spostano di un certo valore l'altezza dei suoni. I sistemi musicali occidentali antichi, dai quali deriva l'attuale, detto equabile o temperato, sono essenzialmente quello greco (o pitagorico) e quello zarliniano (o naturale). Quello greco forma la scala sulla base di rapporti di quinta perfetta (3:2), costruendo gli altri intervalli in progressione geometrica. Si verifica che per ottenere tutte le alterazioni cromatiche, la scala greca necessita di 20 rapporti di quinta, il cui risultato è una nota "fuori-legge", ossia il SI diesis, la cui altezza supera abbondantemente l'invalicabile rapporto di ottava; in altri casi, dove la progressione delle quinte comporti eccedenze analoghe, si verificherebbe la necessità di introdurre doppie alterazioni cromatiche, che erroneamente sono state attribuite alla musica greca. La scala greca resistette comunque per molti secoli, fin quando il mondo musicale prese coscienza che la durezza delle sue terze e delle sue seste, si opponeva al libero sviluppo dell'armonia e della polifonia. Fu nella metà del secolo XVI che Zarlino, maestro di Cappella della Basilica di San Marco a Venezia, diede vita ad un nuovo sistema musicale che spianò la via alla musica tonale. La scala che porta il suo nome è detta anche "naturale". Alla base di questa scala vi sono i rapporti semplici, cioè armonia di numeri e di suoni, in relazione ai rapporti che intercorrono fra l'altezza dei medesimi e la divisione, in proporzioni semplici, della lunghezza delle corde vibranti e dei tubi sonori. Si generano così accordi maggiori perfetti e un rispetto scrupoloso delle consonanze. Ma il sistema non é immune da difetti: si incontra infatti la presenza di due intervalli di tono di diversa grandezza, con la conseguenza di suoni diversi per le note con i diesis e quelle con i bemolli e quindi l'impossibilità di modulare correttamente da una tonalità all'altra, se non ai toni immediatamente vicini. Gli strumenti a tastiera, con le immaginabili difficoltà pratiche, avrebbero potuto risolvere il problema con i tasti diesis sdoppiati. In realtà clavicembali di questo tipo furono anche effettivamente costruiti, basta ricordare la "sambuca lincea" che aveva 31 tasti per ottava, ma che nessuno è mai stato

in grado di suonare, espediente in ogni caso impraticabile per quasi tutti gli altri strumenti. Le possibilità che comunque furono aperte dal sistema zarliniano, finirono per imprimere all'evoluzione della musica un andamento sempre più esigente, che riportò ben presto all'attualità il desiderio di una nuova riforma delle scale musicali, che concedesse libertà più ampia ai compositori. Come già avvenuto per la riforma di Zarlino, la cui idea ebbe radici molto antiche, così fu anche per la nuova scala la quale, pur avendo trovato nel Werckmeister il teorizzatore e in J. S .Bach il divulgatore, doveva riconoscere ai greci e ad altri precursori la paternità teorica. Questa nuova riforma, che tuttora è alla base del nostro sistema musicale è nota come "scala temperata" o "a temperamento equabile". Si tratta della divisione proporzionale del rapporto di ottava (2:1) in 12 particelle equivalenti, chiamate semitoni, il cui valore matematico corrisponde alla radice dodicesima di 2, cioè 1,05946, che si pone a sua volta uguale a 100 cent. (Il cent si definisce la centesima parte del semitono e si assume come valore di riferimento per qualsiasi calcolo). Il sistema temperato, dal punto di vista della sola melodia, non genera apprezzabili conseguenze negative. Più critica la situazione armonica in quanto negli accordi consonanti che contengono il 3° e 6° grado, é riscontrabile una certa durezza, inferiore però alle durezze riscontrate nel sistema pitagorico. Il buon uso della armonia e della strumentazione può ridurre l'inconveniente. Un danno veramente rilevante lo si ha quando si eseguono con il sistema temperato le opere dei maestri che vissero durante il secolo aureo del sistema naturale (Palestrina, Gabrielli, Monteverdi, ecc.) e ciò si verifica essenzialmente nella musica strumentale, poiché in quella vocale, o prevalentemente tale, il richiamo dei rapporti perfetti è tale da invitare gli esecutori, che, con molta spontaneità, rispondono verso questo tipo di intonazione. Riuscendo a realizzare una esecuzione strumentale con i rapporti del sistema naturale, si possono apprezzare bellezze non riproducibili suonando la stessa musica con la scala temperata. Altro difetto della scala temperata (se il temperamento é mantenuto rigorosamente costante) é l'appiattimento del carattere delle tonalità, fra le quali non può essere rimasta alcuna differenza, se non quella dovuta alla tecnica esecutiva. Caso particolare è il metodo usato negli archi sia per l'accordatura che per l'esecuzione. L'accordatura è fatta per quinte o quarte perfette (sistema naturale), ma tutti i suoni, eccetto quelli a corda vuota, vengono regolati dalla diteggiatura secondo i rapporti temperati. In pratica però avviene che questa situazione contraddittoria è regolata istintivamente dagli esecutori in rapporto all'andamento del testo, che, se in tempo lento, richiamerà prevalentemente i rapporti naturali, mentre in altri casi, dove è la tecnica a prevalere, la situazione inviterà all'osservanza dei rapporti temperati. C'è poi da osservare il caso degli ottoni, la cui intonazione è basata solo sui rapporti armonici e quella dei legni che hanno invece i canneggi ed i fori rispondenti solo all'intonazione temperata. Alcuni strumenti come i flauti dolci, i clarinetti, ecc., dispongono di posizioni alternative che gli consentono, volendo, di adattare buona parte dei suoi (specie alcune alterazioni cromatiche critiche come SOL diesis - La bemolle, Re diesis - Mi bemolle, ecc.) ai due sistemi; non solo, ma il flauto dolce avendo l'intonazione molto sensibile alle variazioni della pressione di insufflazione, può anche effettuare le opportune correzioni che talvolta, specie negli adagi, sono necessarie. Sono esclusi dal gioco gli strumenti a tastiera (pianoforte, clavicembalo, ecc.) che non hanno

alcuna possibilità di adattamento. Solo l'esperienza e l'abilità dell'accordatore potranno suggerire piccole variazioni al rigoroso temperamento equabile, per rendere meno sterili le modulazioni ed i cromatismi. Problema nel problema è l'effetto psico-acustico delle ottave che, se mantenute matematicamente esatte, vengono percepite calanti. L'accordatura del pianoforte, con oltre sette ottave, dovendo adattarsi anche alla "legge dell'orecchio", comporterà una differenza di 25 - 30 cent fra le note più gravi e quelle più acute, valore che pur sembrando elevato, rientra nella tolleranza media di un'orchestra di alto livello. Esaminiamo un altro caso: la chitarra. Le sue sei corde si accordano allo stesso modo degli archi, ma, essendo dotata di tastatura fissa a temperamento equabile, che non consente alcun adattamento da parte dell'esecutore, non sarà mai possibile un'accordatura perfetta, migliorabile solo accordando di volta in volta, secondo la tonalità, sull'accordo tonale. Questo, all'epoca, fu anche il più grande problema del liuto che disponendo di un numero di corde assai superiore a quello della chitarra, risultava difficilissimo da accordare in modo soddisfacente. Per piccole formazioni cameristiche di musica antica, si suole accordare il clavicembalo in modo non rigidamente temperato, facendo riferimento a qualche accordatura dell'epoca (Kirnberger, Young, Werckmeister, Vallotti, ecc.), o semplicemente privilegiando la consonanza delle tonalità più usate. Stesso discorso vale per gli organi storici. Una nota su Johann Sebastian Bach e l'accordatura. Egli fu fermamente convinto che nessuna tonalità si dovesse evitare e neppure alcuna modulazione. Anche da testimonianze da suoi contemporanei si è potuto stabilire che egli usasse un sistema temperato sottilmente inequabile (molto probabilmente con tutte le terza maggiori appena crescenti), anziché uno equabile che avrebbe comportato tonalità "dure" nella sua musica. Il lettore sa sarà reso conto della complessità della situazione, che nessun compromesso sarà mai in grado da ricondurre in un ambito da rigore matematico, che comunque, qualora sa verificasse, sarebbe ancora lontano da un'ideale perfezione. Ma al quadro caotico che sa delinea appare ricondotto dalla pratica quasi in un ambito da astrazione teoretica. La musica è fatta per essere ascoltata e l'uomo, suo fruitore, é dotato da capacità percettiva che in alcuni casi gli fa distinguere differenze sottilissime, mentre in altri lo rende soggetto all'inganno, all'illusione o del tutto sordo. Il pensiero, i sensi, la mente, giocano anch'essi un ruolo fondamentale nella percezione della musica. L'abitudine, la cultura, l'ambiente, sono altre componenti che influenzano l'ascolto. Ecco che tutte le dissonanze, le durezze, i temperamenti, gli errori di fondo vengono assimilati e non percepita come tali, riconducendo la musica a mera sensazione uditiva che, a dispetto del rigore matematico e dell'armonia delle sfere, ci indurrà sensazioni da quiete, da piacere, da allegria, di tristezza.... secondo la verità per cui l'uomo è misura di se stesso.

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