P. Clastres Anarchia selvaggia - recensione

July 7, 2017 | Autor: Claudia Santi | Categoría: Anthopology
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Descripción

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STORIA, ANTROPOLOGIA E SCIENZE DEL

P. Clnsrnps, L'anarchia

Ll\cL IGGIO

Anno XXIX -fdscicolo L

-

2014

selvaggia. Le soc'ietà senza stato, senza .fede, senza

legge,.senza re. Introduzionedi R. Marchionatti, Elèuthera, Milano, 2013,

pp.7-116.

Nel volume L'anarchia selvaggia, appare ora, in traduzione italiana, la seconda edizione di Recherches d'anthropologie politiEre (Seuil, Paris 2012; ed. or. Seuil, Paris 1980) dello studioso francese Pierre Clastres, allievo di Claude Lévi-Strauss, prematuramente scomparso nel 1977. Si trovano qui riuniti quattro saggi (La questione del potere nelle società primitive, 1976' Archeologia della

violenza:

la guerra nelle società primitive,

1977, Liberta, malencontre,

innominabile, 1916; Età della pietra, età dell'abbondanza, 1976) che integrano

e

idealmente completano le riflessioni contenute nella precedente opera dello stesso autore, La Société contre I'Etat. Recherches d'anthropologie politique (Minuit,

Pans 1974,20112, tr. it. La società contro lo Stato. Ricerche di antropologia politica, Feltrinelli, Milano I 977). Atffaverso il contatto diretto con le popolazioni tribali della Foresta Tropicale sudamericana e il confronto critico con il pensiero di filosofi e antropologi di diverso orientamento metodologico, P. Clastres aÍftonta il tema dei caratteri distintivi e del sistema di funzionamento di società che non presentano al loro

intemo un centro di potere politico coercitivo separato dal corpo della comunità. Tali sistemi sociali possono dunque definirsi anarchici in considerazione del fatto che non hanno espresso nel corso della loro storia e non esprimono nell'attualità alcuna forma di segmentazione gerarchica. Si tratta di demi esogamici patri

matrilineari

-

o

-

formati da un insieme di famiglie estese, da un minimo di quattro a un massimo di venti famiglie (La soc'ietà conh"o lo Stato, pp. 45-52); queste

collettività, sostanzialmente omogenee e indivise, sono disposte a delegare la propria sovranità a un loro membro solo quando si manifesta I'esigenza di rappresentare all'estemo I'identità

del gnrppo, la sua autonomia e la

sua

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RECENSIONI

indipendenza rispetto alle altre comunità, esclusivamente

il

che equivale a dire che

le funzioni di stringere alleanze e di

guerra (ma mai di dichiararla). In tale contesto,

il

il 'capo'ha

guidare le operazioni di

'capo' viene individuato sulla

base del suo prestigio personale, della sua auforcvolezza, ma non detiene né esercita alcuna autorità, non è arbitro né signore, non impone le sue opinioni, ma agisce in nome e per conto della collettivitr cui appartiene e della quale deve limitarsi ad applicare scrupolosamente le decisioni. L'idea di un assetto verticistico

del potere si dimostra del tutto estranea a queste comunità al punto tale che nei loro idiomi non si rinviene alcun termine specifico che definisca il 'capo'; di conseguenza, per indicarne il ruolo, in antropologia si ricorre per lo più al francese

'chffirie' o anche - ma meno usato - all'inglese 'chieftainship'. Listinrto della 'chffirie' risponde ad un'esigenza pratica e contingente, e la società nel suo

i limiti così chiaramente definiti, e autocratico. Non si tratta di sovraordinato un organismo

complesso vigila affrnché esso non travalichi

trasformandosi in precauzioni puramente teoriche, ma di reazioni che si sono verificate nel passato e che si possono veriflcare ancora nella loro drammatica realtà. Ne Ia società contro lo ,S/a/o, Clastres riporta il caso di un 'capo' Fusiwe che dichiarò unilateralmente una guena che nessuno voleva combattere: venne lasciato solo ad affrontare il nemico e morì durante il primo scontro (pp. 152-153). La figura del

'capo', in quanto guida guerriera, richiama un altro tema assai controverso, quello della natura e dell'incidenza della violenza nelle società 'primitive'. Su questo terreno si affrontano da tempo tre ipotesi: una che analizza la violenza sul piano puramente naturalistico; un'altra che ne riconduce le origini all'interno del sistema

economico di produzione, e I'ultima che la inserisce nella più ampia teoria dello scambio. La prima eredita dalla visione classica del mondo dei selvaggi come

mondo di natura I'idea della violenza come componente biologica dell'uomo. Non regolamentata dall'autorità della legge né sublimata in forme rituali compensatrici, la violenza caraltet'rzzerebbe I'esistenza quotidiana dei selvaggi in una sorta di perenne stato di guena di tutti contro tutti. La seconda, sostenuta

orientamento marxista, considera la violenza come una conseguenza della precarietà esistenziale di queste popolazioni dovuta alla debolezza delle loro forze produttive, proiettando sulle società arcaiche

principalmente dagli studiosi

di

I'immagine di un'inintenotta lotta per la sopravvivenza, struggle .for life, per assicurarsi le risorse necessarie in un ambiente natr.rrale inospitale e ostile, sul quale i gruppi umani sarebbero incapaci di incidere. L'ultima rimanda alle

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RECENSIONI

riflessioni di Claude Levi-Strauss,

il

quale, anche sotto I'influenza dell'opera di

Marcel Mauss sul dono, e portato ad interpretare la guerra e il commercio come due facce della stessa medaglia: la guena sarebbe una transazione sfortunata' lo scambio, una guerra pacificamente risolta. Di ognuna di queste ipotesi, clastres rileva i limiti, mettendo in luce le aporie logiche cui ciascuna di esse conduce. Nel primo caso, la guena viene semplicisticamente assimilata alla caccia, il che -

-

vero, comporterebbe necessariamente I'ammissione dell'antropofagia come principale causa e scopo dei conflitti intertribali. In realtà, il consr.rmo del nemico sconfitto in guerra ha in generale una limitata diffirsione e'

osserva ClaStres

Se fosse

anche quando e praticato, non sembra mai imposto da ragioni alimentari, ma

contesti festivi e rituali, ossia in contesti culhrralmente connotati ben lontani dal piano della pura naturalilà, cui questa teoria vorrebbe assegnarli. La seconda proposta, come si e detto, fa derivare il ricorso diftrso alla violenza dal regime di vita precario che affliggerebbe queste popolazioni a causa dell'assenza di un sistema produttivo. Sarebbe quindi la

piuttosto

si trova inscritto in

a determinare i comportamenti aggressivi e lo stato di continuo conflitto registrati dai primi occidentali che toccarono il Nuovo strutnrra economica

Continente. Questa interpretazione che fa derivare dal sistema economico come struttura ogni manifestazione culturale, in quanto sovrash:ìltttrale, si basa su un assunto ben poco dimostrato, quello della necessitàr quasi metafisica

di

un

e di un'inarrestabile espansione delle forze produttive. Le Tropicale, con la loro economia di sussistenza, Foresta della popolazioni darebbero piena dimostrazione di un'intrinseca incapacità di potenziare la loro strutn[a economica e di affrancarsi da una condizione di esistenza giudicata misera e miserabile. A questa visione Clastres contesta la pretesa miseria della incessante sviluppo

vita di queste società, società che al conffario sembrano in grado di fomire a tutti gli appartenenti alla collettività quanto è necessario per soddisfare appieno i propri bisogni, coniugando stabilità ed armonia, abbondanza e tempo di non-lavoro. Riprendendo anche arcaiche (Stone

vorrebbe

le

i risultati

Age Economics, London

popolazioni

'primitivi' della

delle ricerche di Marshall Sahlins sulle economie 1972), Clastres rigetta lo stereotipo che

di cacciatori e raccoglitori, o

anche

di agricoltori

Foresta Tropicale, costantemente afflitti dalla penuria alimentare,

dalla carestia, dalla denutrizione, perennemente costretti a migrarc o ad affrontare le tribù vicine per sottrane loro con laforza il cibo e le donne. In queste società, in realtà, si registra un'estesa diffirsione di quello che Sahlins ha definito

ll modo di

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RECENSIONI

produzione domestico (MPD), caratteristica di tale modo sarebbe I'assoluta polivalenza e interscambiabilità di ogni membro del gruppo, in un sistema che

ignora qualsiasi forma di divisione del lavoro, a parte la specializzazione complementare del lavoro maschile e femminile. In tal senso, la sltssistenza piuttosto che come limite andrebbe intesa come un valore positivo all'intemo di un sistema di produzione mirante ad assicurare I'autarchia di ogni gruppo familiare e la totale indipendenza economica e politica di ogni insieme di gruppi. L'indifferenza verso ogni forma di vtrplus o di accumulo sarebbe quindi da

vedersi come

il

riflesso del rifiuto dello scambio: se la natura offre tutto il

sociali autarchici e autocratici, allora lo scambio, pacifica del commercio o violenta della guerra, viene a nella sua espressione segnalare che qualcosa nel sistema non ha funzionato in modo conetto. Il commercio e la guerra, in una società che nfiuta la scambio, sarebbero quindi

necessario, rendendo

i gruppi

situazioni anomale, innanzitutto perche in gfado di incrinare e mettere in crisi I'ideale autarchico che sostiene queste comunità. In realtà, nota Clastres, commercio e guera non si collocano esattamente sullo stesso piano. La guerra avrebbe origine, secondo Clastres, nelle forze centrifughe che agiscono all'intemo

della comunità, forze sempre presenti, che rappresentano I'agente dinamico di questo tipo di società che, per mantenere la propria autonomia, tende a cristallizzarsi e a prevenire I'insorgere di forme di organizzazione ultra-tribali e statali lato sensu. La forte connotazione identitaria delle comunità indivise le pone di continuo in uno stato d'allerta nei confronti dell' altro, ed e appunto questo

stato d'allerta

-

che talora sfocia

in conflitto aperto - che ha dato ai primi

colonizzatori I'impressione di trovarsi di fronte a società sempre in stato di guerra. Osserva a proposito Clastres: "La guerra serve a mantenere I'indipendenza politica di ogni comunità. Finché c'è guerra, c'è autonomia. (...) La guerra è il modo di esistenza privilegiato della società primitiva proprio perché articolata

in unità

p. 69). socio-politiche eguali, libere e Indivisione al proprio intemo e dispersione nel territorio: questi sarebbero i fattori che assicurerebbero alle popolazioni della Foresta Tropicale il delicato equilibrio indipendenti" (L'anarchia selvaggia,

politico di una società "senza stato, senza legge, senza re".

CLALIDIA SANTì

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