Ocupación y explotación de espacios altimontanos pirenaicos en la antigüedad: visiones desde la arqueología del paisaje

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Descripción

Atti del IV Convegno Internazionale di Studi Veleiati Veleia-Lugagnano Val d’Arda, 20-21 Settembre 2013

a cura di Pier Luigi Dall’Aglio, Carlotta Franceschelli, Lauretta Maganzani

ESTRATTO

Atti del IV Convegno Internazionale di Studi Veleiati La pubblicazione di questo volume ha ricevuto, sulla base di una valutazione dei risultati della ricerca in essa espressa, il contributo finanziario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia e di Centrufficio srl (Piacenza).

© 2014 Ante Quem Ante Quem Via Senzanome 10, 40123 Bologna tel. / fax 051 4211109 www.antequem.it ISBN 978-88-7849-093-2

Finito di stampare nel mese di ottobre 2014 da Luoghinteriori, Città di Castello (Pg)

Enti organizzatori Comune di Lugagnano Val d’Arda

Università di Bologna - DiSCi

Università di Padova - dBC

Centro interuniversitario di studi sulla centuriazione “Nereo Alfieri - Luciano Bosio”

Università Cattolica del Sacro Cuore - Istituto Giuridico

Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente Università di Pavia

Centre d’Histoire Espaces et Cultures Université Blaise Pascal - Clermont-Ferrand MiBACT - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

Associazione Culturale “Circolo Culturale Valtolla”

Associazione Culturale “Via dei Monasteri Regi”

In collaborazione con Comune di Piacenza

Comitato scientifico Helena Paula Abreu de Carvalho Departamento de História, Universidade do Minho, Portugal Gino Bandelli Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Trieste Pier Luigi Dall’Aglio Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Università di Bologna Carlotta Franceschelli Centre d’Histoire « Espaces et Cultures », Université Blaise Pascal, Clermont-Ferrand, France Philippe Leveau Centre Camille Jullian, UMR 7299, Université Aix-Marseille, France Lauretta Maganzani Istituto Giuridico, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano Guido Rosada Dipartimento dei Beni Culturali: Archeologia, Storia dell’Arte, del Cinema e della Musica, Università di Padova Domenico Vera Dipartimento di Lettere, Arti, Storia e Società, Università di Parma

Comitato organizzatore Pier Luigi Dall’Aglio Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Università di Bologna Carlotta Franceschelli Centre d’Histoire « Espaces et Cultures », Université Blaise Pascal, Clermont-Ferrand, France Lauretta Maganzani Istituto Giuridico, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano Guido Rosada Dipartimento dei Beni Culturali: Archeologia, Storia dell’Arte, del Cinema e della Musica, Università di Padova Sergio Efosi Presidente Associazione Culturale “Via dei Monasteri Regi” Fausto Ferrari Presidente Circolo Culturale Valtolla

Indice

Intervento dell’Assessore alla Cultura, Istruzione e Turismo del Comune di Lugagnano Val d’Arda

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Saluto dell’Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Piacenza

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Presentazione del Direttore del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

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Saluto del Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

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Il contributo delle associazioni locali di Sergio Efosi, Fausto Ferrari

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Introduzione al volume. Attorno a Veleia romana: la Tabula Alimentaria e altre questioni Pier Luigi Dall’Aglio, Carlotta Franceschelli, Lauretta Maganzani

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Parte prima Antichità veleiati Le prime edizioni critiche dei Monumenta epigrafici di Veleia e di Eraclea. Polemiche culturali e ideologiche, criteri scientifici, formule ermeneutiche ed approcci epistemologici Fabio Martelli, Eleonora Tossani

29

Veleia a Parigi. La collezione di bronzi veleiati della Bibliothèque Nationale de France: un aggiornamento degli studi archeologico-antiquari Marco Cavalieri

41

Un’altra testimonianza su Veleia Augusta Giovanni Mennella

61

Parte seconda Attualità della ricerca archeologica nel territorio veleiate Nuovi dati sull’architettura residenziale a Veleia: lo scavo della domus nel quartiere nord-orientale Monica Miari, Cristian Tassinari, Martina Faedi

69

Dalla cartografia settecentesca alla computer grafica: proposta di rendering del Foro di Veleia Annamaria Carini, Manrico Bissi, Cristian Boiardi

79

La necropoli in località Pallastrelli di Castell’Arquato Roberta Conversi, Cristina Mezzadri

85

Il sepolcreto prediale di Chiavenna Rocchetta (Piacenza) Annamaria Carini

99

Gentes veleiati nella stele di Valeria Nardis da Pianello Val Tidone Elena Grossetti

107

La schedatura elettronica delle iscrizioni veleiati per la banca dati EDR Petra Possidoni, Viviana Pettirossi

121

La produzione laterizia nei pagi veleiati occidentali. Conferme e novità Annamaria Carini

127

Parte terza La Tabula Alimentaria La Tabula Alimentaria veleiate e la sua rilevanza nel campo fisico-territoriale e di uso del suolo Pier Luigi Dall’Aglio, Giuseppe Marchetti

145

L’obligatio praediorum nella Tabula Alimentaria veleiate: profili tecnico-giuridici Lauretta Maganzani

157

Libertas restituta: de la politique agraire à la politique alimentaire de Nerva Ella Hermon

169

Struttura delle dichiarazioni ed evoluzione del territorio e della proprietà fondiaria nella Tavola di Veleia Giorgio Petracco, Giulia Petracco Sicardi

179

Paesaggio ed uso del suolo a Veleia alla luce della Tabula Alimentaria: nuove ipotesi ricostruttive Ilaria Di Cocco

193

Per vada ad alluviones. Gli incrementi fluviali nella Tavola di Veleia Marco P. Pavese

209

Les professiones à l’origine de la Table de Veleia : quelques réflexions sur l’enregistrement des biens-fonds dans le monde romain Béatrice Le Teuff

223

Gli Alimenta di età traianea: un programma per le élites locali? Alessandro Roncaglia

233

Potere politico e infanzia disagiata: dalla Tabula Alimentaria di Veleia alla legislazione tardoantica Chiara Corbo 247 Parte quarta Il confronto con le altre realtà territoriali: l’Italia Dinamiche insediative della romanizzazione in Daunia: fra Dauni, Sanniti e Romani Maria Luisa Marchi

265

Il limes campano-sannita dei Monti Trebulani nella media valle del Volturno. Un esempio di sistema fortificato d’altura di età preromana in Campania settentrionale Claudio Calastri

279

Le aree interne della Basilicata meridionale tra mondo lucano e romanizzazione: l’alta valle dell’Agri Francesco Tarlano

285

Il territorio dei Vestini Cismontani: dagli insediamenti d’altura alle praefecturae Stéphane Bourdin

299

Piceno meridionale e Sannio vestino: gli insediamenti preromani e le opzioni di Roma Luisa Migliorati

313

La ricostruzione del paesaggio antico nell’Appennino centrale. Alcune considerazioni metodologiche Paolo Campagnoli, Enrico Giorgi

331

Popolamento e geografia fisica nell’Appennino marchigiano: le valli di Misa e Cesano Pier Luigi Dall’Aglio, Enrico Giorgi, Michele Silani

345

Monumentalizzazione degli spazi pubblici e partecipazione alla vita politica nel municipium romano di Ostra (Ostra Vetere, Ancona) Pier Luigi Dall’Aglio, Carlotta Franceschelli, Cristian Tassinari

355

Transizioni. Aspetti delle campagne dell’entroterra maceratese tra tardoantico e altomedioevo Umberto Moscatelli

379

Economia e popolamento nelle aree montane di Umbria e Marche tra antichità e Medioevo Marco Destro

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Parte quinta Il confronto con le altre realtà territoriali: le Province El proceso previo a la fundación de las ciudades romanas en el NE de la Hispania Citerior: los ejemplos de Can Tacó y Puig Castellar Esther Rodrigo, Joaquim Pera, Cèsar Carreras, Núria Padrós, Núria Romaní, Josep Ros, Josep Guitart

405

Il processo di dissoluzione delle società iberiche nell’ambito della municipalizzazione romana nell’Indigezia (Hispania Citerior) Josep Burch, Alba Varenna, Jordi Vivo

419

Quel modèle de développement régional pour le Massif Central à l’époque romaine ? Essai d’application du modèle « centre/périphérie » au cas de la cité des Arvernes Frédéric Trément

433

Ocupación y explotación de espacios altimontanos pirenaicos en la antigüedad: visiones desde la arqueología del paisaje Josep M. Palet, Arnau Garcia, Hèctor A. Orengo, Santiago Riera, Yannick Miras, Ramon Julià

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Occupation et modes d’exploitation de la montagne dans les cités romaines de Gaule Narbonnaise orientale Philippe Leveau

471

Peuplement et organisation du paysage dans la partie occidentale du Conventus Bracarensis Helena Paula A. Carvalho, Mário da Cruz

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Elenco degli autori

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Il confronto con le altre realtà territoriali: le Province

Ocupación

y explotación de espacios altimontanos pirenaicos en la antigüedad:

visiones desde la arqueología del paisaje

Josep M. Palet, Arnau Garcia, Hèctor A. Orengo, Santiago Riera, Yannick Miras, Ramon Julià

Introducción La historia de la ocupación y explotación de los espacios de montaña ha sido tradicionalmente una temática poco abordada desde la arqueología, en buena medida como consecuencia de la dificultad que caracteriza la investigación arqueológica en estos medios. La topografía, la intensidad de los procesos geomorfológicos, la alteración del registro arqueológico, la cobertura forestal o la meteorología extrema, son factores que dificultan su investigación. La falta de estudios arqueológicos ha influido fuertemente la historiografía, formando una percepción de los espacios montanos como áreas marginales, poco habitadas y, a menudo, de frontera. De este modo, la montaña y, sobre todo, la alta montaña, ha sido tradicionalmente percibida como un medio natural, poco socializado y marginal de las actividades humanas. Esta visión ha ido cambiando en las últimas décadas. En los Pirineos los resultados de varios proyectos de investigación en el marco de la Arqueología del Paisaje demuestran que los espacios montanos han sido antropizados desde muy antiguo y que constituyen entornos humanizados, paisajes culturales, moldeados a lo largo del tiempo1. En este sentido, se ha ido definiendo una Arqueología de la Montaña, estrechamente relacionada con la Arqueología del Paisaje, que demuestra que los espacios montanos constituyen también paisajes culturales que son una expresión de las sociedades y procesos históricos que los han configurado. Su estudio requiere de planteamientos pluridisciplinares y diacrónicos, centrados en el análisis integrado del registro arqueológico y paleoambiental. Además, los sistemas altimontanos, por sus características medioambientales extremas, constituyen entornos idóneos para el análisis de las interacciones socio-ambientales a lo largo del tiempo, es decir, para estudiar las formas de adaptación de las sociedades humanas a la variabilidad natural, principalmente climática. Estos planteamientos han tenido especial incidencia en el estudio de los Pirineos en época romana, entorno al debate sobre su supuesta marginalidad, su condición de límite o frontera y sobre la función y gestión del territorio de la ciudad antigua en entornos de montaña2. Por todo ello, la arqueología del paisaje se ha revelado como una disciplina esencial en la caracterización de los paisajes culturales de montaña y los estudios sobre evolución histórica del territorio resultan especialmente innovadores3. Así, se ha puesto de manifiesto la profunda antigüedad de los paisajes culturales altimontanos con unas primeras transformaciones ya de época Neolítica y transformaciones más intensas vinculadas a procesos de conquista y transformación cultural, como la romanización o la época carolingia y medieval4. Por otra parte, la posibilidad de preservar este tipo de paisaje pasa necesariamente por la valorización de sus elementos más significativos, que incluyan valores patrimoniales y culturales añadidos que apoyen un desarrollo de las comunidades locales. En este sentido, la valorización de estos paisajes puede constituir una herramienta para la gestión de los territorios a la vez que contribuye a su desarrollo sostenible. Las posibilidades de transferencia del conocimiento son amplias al tratarse de áreas con diferentes figuras de protección del medio, que disponen de órganos de gestión y difusión de su patrimonio natural e histórico. Los resultados pueden, por ejemplo, ser incorporados en planes de divulgación social y ambiental y contribuir al desarrollo de futuras políticas de gestión y dinamización territorial. Galop 1998; Pelachs et alii 2009; Miras et alii 2010; Gassiot et alii 2010; Palet et alii 2007; Palet et alii 2013; Orengo 2010; Orengo et alii 2014; Ejarque 2013; Ejarque et alii 2009; Ejarque et alii 2010. 2 Leveau, Palet 2010. 3 Ejarque, Orengo 2009; Orengo et alii en prensa. 4 Ejarque 2009; Id. 2013; Orengo 2010; Orengo et alii 2013; Iid. 2014 y en prensa. 1

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Atti del IV Convegno Internazionale di Studi Veleiati

En este contexto, desde el Institut Català d’Arqueologia Clàssica (ICAC) se puso en marcha en 2004 un ambicioso proyecto de investigación sobre la ocupación y antropización de los espacios de alta montaña con el objetivo de conocer las formas de gestión de estos medios en el pasado y cómo éstas han contribuido a generar paisajes culturales (Fig. 1). Así, entre el 2004 y el 2009, el Grup d’Investigació en Arqueologia del Paisatge (GIAP) llevó a cabo dos proyectos centrados en la ocupación y explotación de los espacios altimontanos en dos sectores pirenaicos de la cuenca del alto Segre: los valles del Madriu, Perafita y Claror, en el Pirineo axial andorrano, y el valle de la Vansa en la Sierra del Cadí, en la orla pirenaica calcárea del Alt Urgell5. En Andorra, los estudios se llevaron a cabo en el marco de la declaración de la UNESCO de 2004 los valles del Madriu, Perafita y Claror como paisaje cultural Patrimonio de la Humanidad. En la Sierra del Cadí, la zona de estudio se sitúa en el extremo occidental de la Sierra y en el valle de la Vansa (cuenca del Segre, Lleida). En 2010 se inició un nuevo proyecto en espacios altimontanos pirenaicos, actualmente en curso, en las cabeceras de los valles del Ter y del Freser, en el valle de Núria y en el valle de Coma de Vaca (Queralbs, Ripollès)6. El presente trabajo plantea analizar la contribución de la arqueología del paisaje a la caracterización de los espacios de montaña como paisajes culturales. Se presentan sintéticamente los resultados de los estudios llevados a cabo por el GIAP en los espacios altimontanos pirenaicos anteriormente mencionados en relación con la antigüedad. Los resultados muestran la importancia de estudiar las interacciones entre las sociedades y el medio para caracterizar la dinámica de los paisajes antiguos.

Análisis integrado del paisaje Dado que el objetivo principal de estos proyectos es determinar el proceso histórico de modelación, ocupación y explotación de los paisajes culturales de montaña, y el papel de las sociedades en su configuración, su estudio se enfoca desde una perspectiva interdisciplinaria, basada en la integración de datos obtenidos a partir principalmente de planteamientos teóricos y metodológicos de la Arqueología del Paisaje. Este enfoque permite determinar los cambios en el paisaje causados por la acción antrópica. En consecuencia, la metodología utilizada pretende ser sistémica en tanto que se fundamenta en el cruce de datos obtenidos por las disciplinas paleoecológicas, arqueológicas e históricas utilizadas para obtener una visión global de la relación entre la sociedad y su entorno. La investigación arqueológica en medios de alta montaña requiere un tipo de trabajo arqueológico específico y especializado. Los medios altimontanos presentan condicionantes naturales propios derivados sobretodo de la pronunciada verticalidad y elevación, con la consecuente reducción de las zonas susceptibles de ocupación. A ello deben añadirse problemáticas técnicas específicas. Así por ejemplo, las prospecciones arqueológicas, se caracterizan por las dificultades de identificación de los yacimientos debido a los procesos erosivo-sedimentarios y a la baja visibilidad del terreno debido a la cobertura de la vegetación alpina y forestal subalpina. Los establecimientos se localizan preferentemente en cubetas o en zonas llanas y a menudo presentan diversas fases de ocupación con períodos de abandono. Estos yacimientos se caracterizan, sin embargo, por una escasa sedimentación y la falta de materiales arqueológicos, factor que dificulta la datación de los niveles de ocupación. Todo ello, ha propiciado el desarrollo de una metodología pluridisciplinar específica para una arqueología de los paisajes de montaña. La investigación arqueológica ha comportado la integración de información extraída con técnicas diversas: fotointerpretación y fotogrametría, prospecciones, arqueomorfología y topografía de estructuras, excavaciones arqueológicas (sondeos de diagnóstico y excavaciones en extensión), análisis documental y, finalmente, la integración de esta información en una base de datos geográficos y el análisis con sistemas de información geográfica (SIG). Las prospecciones y el estudio arqueomorfológico son precedidos por trabajos de fotointerpretación y fotogrametría que permiten realizar un primer diagnóstico de la potenEjarque 2009; 2013; Euba 2009a; Orengo 2010; Palet et alii 2007 y 2013. Este estudio forma parte de dos proyectos de I+D financiados por el MINECO titulado: MINECO: HAR201239087-C02-02 y CGL2009-12676-C02-02 dirgidos por Josep Maria Palet.

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Il confronto con le altre realtà territoriali: le Province

1. Mapa general de situación de las zonas de estudio, con indicación de la ciudad romana de Iulia Lybica (Llívia)

cialidad arqueológica de las zonas de estudio, planificar los trabajos de prospección y realizar planimetrías previas de las estructuras arqueológicas visibles desde el aire. Para ello resulta necesaria la creación de una base cartográfica en un entorno SIG georeferenciado que facilite el desarrollo de los trabajos de fotointerpretación y, posteriormente prospección y sondeo arqueológico. La fotointerpretación se realizó en un entorno SIG, en el que una capa de polilíneas se empleaba para dibujar sobre ortofotomapas georefenciados todas las posibles estructuras antrópicas. Ésta capa se encontraba asociada a una base de datos en la que información referente a las estructuras podía ser almacenada y filtrada. Los planos preliminares obtenidos de las estructuras, escalados y con referencias absolutas, facilitaron enormemente la labor sobre el terreno donde en la mayoría de casos sólo fue necesario realizar pequeñas correcciones a los planos. Los trabajos de prospección fueron de tipo extensivo para cubrir la totalidad del territorio maximizando así la posibilidad de encontrar estructuras de origen antrópico y para adaptarse a la variabilidad altitudinal y el predominio de vegetación herbácea, arbustiva y forestal que limitaban la fotointerpretación. La catalogación de estructuras en el campo se realizó en base a la utilización de fichas en las que se anotó la información relativa a las estructuras y su relación con el entorno, su funcionalidad y posible cronología. La ubicación de aquellas estructuras que no pudieron ser previamente localizadas en la fotografía aérea se reseñó, en primer lugar, en el mapa topográfico 1: 5.000. También se utilizó un receptor GPS de mano con una variabilidad de 5 metros. La utilización de un GPS fue de gran utilidad para la ubicación de aquellas estructuras no localizadas en la fotografía aérea y a las que no podían aplicarse referentes topográficos claros para su ubicación en los mapas. Las prospecciones arqueológicas permitieron realizar una evaluación arqueológica de las distintas estructuras documentadas y proponer aquellas favorables a una mejor caracterización mediante su diagnóstico arqueológico con sondeos o la excavación en extensión. Los sondeos de diagnóstico han consistido en la excavación manual de catas en las estructuras, a fin de obtener una estratigrafía que refleje las secuencias de construcción – ocupación y abandono. Los sondeos proporcionaron además sedimento para el análisis paleobotánico (estudios antracológicos y de macrorestos vegetales) y micromorfológico. Se han obtenido dataciones radiocarbónicas para todas las estructuras excavadas, realizadas, en su mayor parte, en el laboratorio de radiocarbono de Poznań (Polonia)7. Durante los trabajos de excavación se 7

Poznań Radiocarbon Laboratory, dirigido por Tomasz Goslar. 457

Atti del IV Convegno Internazionale di Studi Veleiati

2. Trabajos de fotogrametría en el terreno y modelo 3D de cabaña pastoral en proceso de excavación

realizaron topografías de detalle de las estructuras a excavar. En determinados casos se realizó una reconstrucción volumétrica del proceso de excavación arqueológica mediante una combinación de estereofotogrametría digital, DGPS y modelado 3D a partir de vóxels. Para el dibujo en detalle de las estructuras se utilizaron técnicas de estereofotogrametría digital combinadas con mediciones DGPS (Fig. 2)8. Los datos arqueológicos obtenidos se han cruzado con los resultados de los estudios paleoambientales multi-proxy, con una alta resolución temporal y espacial que integran descriptores paleoambientales como polen, microcarbones, sedimentología, esporas de hongos y otros microfósiles no polínicos9. Éstos, se han llevado a cabo sobre secuencias sedimentarias naturales localizadas en las próximidades de los yacimientos arqueológicos, con el fin de garantizar una óptima correlación de datos paleoambientales y arqueológicos. En el valle del Madriu-Perafita-Claror se estudiaron 7 testigos sedimentarios procedentes de turberas y lagos, distribuidos en diferentes sectores de las zonas estudiadas con el fin de caracterizar la diversidad paleopaisajística a escala microrregional. En la Sierra del Cadí se trabajó únicamente en base al registro de la turbera de Pradell (La Vansa-Fórnols). En el valle de Núria y Coma de Vaca se han obtenido un total de 9 testigos sedimentarios, repartidos a lo largo del área de estudio, de los cuáles 4 han sido ya objeto de estudio paleoambiental.

resultAdos. unA ArqueologíA de esPAcIos AltImontAnos En el conjunto de los valles del Madriu, Perafita y Claror los trabajos de prospección permitieron catalogar un total de 421 estructuras (Fig. 3). de cronologías y tipologías muy diversas que incluyen abrigos, cabañas, cercados, muñidoras, cavas, hornos, carboneras, túmulos y una cista funeraria. Estas estructuras se relacionan con actividades ganaderas, y con una menor presencia, de estructuras de explotación forestal10. Las estructuras localizadas en el valle de Perafita-Claror se relacionaban en su mayor parte con la explotación ganadera, en contraste con la cabecera del valle de Madriu, donde las estrategias de explotación del entorno desarrollaron un espectro más amplio que incluyen el pastoreo y la explotación forestal. Por otra parte, fueron realizados un total de 57 sondeos arqueológicos en 55 estructuras, 17 del valle de Perafita-Claror y 38 del valle del Madriu. Estos sondeos han permitido recuperar material orgánico bien relacionado estratigráficamente a partir del cual se han obtenido un conjunto de 61 dataciones radiocarbónicas. Estas dataciones muestran la ocupación pastoral de este sector desde el Neolítico antiguo hasta época contemporánea, a excepción de los períodos del Bronce medio y final y la Edad del Hierro, que constituyen la única discontinuidad en la secuencia de dataciones radiocarbónicas11. En la Sierra del

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orengo 2013. eJarque 2009; id. 2013; eJarque et alii 2009; miras et alii 2007; miras et alii 2010. orengo 2010, p. 108-112. orengo 2010, p. 212-213.

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Il confronto con le altre realtà territoriali: le Province

3. Mapa tipológico de las estructuras arqueológicas documentadas en los valles de Madriu-Perafita-Claror (Andorra)

Cadí, se han documentado 139 estructuras y se ha obtenido un total de 29 dataciones radiocarbónicas que muestran una ocupación desde el Neolítico final hasta época contemporánea asociadas a actividades pastorales y metalúrgicas12. En el valle de Núria y de Coma de Vaca, las prospecciones arqueológicas han permitido inventariar hasta la actualidad un total de 343 estructuras, en su mayoría relacionadas con actividades ganaderas y en menor medida con actividades mineras (fosas y zanjas de extracción) que cronológicamente abarcan del Neolítico medio al período contemporáneo. Toda esta investigación arqueológica ha permitido desarrollar una historia de las actividades realizadas en alta montaña a lo largo del tiempo. Los resultados permiten dibujar un medio intensamente explotado, así como la profunda y antigua antropización de los espacios altimontanos. En todas las áreas de estudio el período romano se revela como una fase importante con características propias diferenciadas, que modela un paisaje largamente antropizado desde el Neolítico, que a su vez se verá nuevamente transformado con posterioridad durante la Antigüedad tardía y la alta edad media (siglos IX-XI).

lAs PrImerAs evIdencIAs de ImPActo AntróPIco en el PAIsAje. del neolítIco AntIguo A lA edAd del Bronce En los valles andorranos, las primeras evidencias del uso e impacto en sectores altimontanos se fechan en el Neolítico antiguo, hacia mediados del V milenio a.C., relacionadas con actividades ganaderas itinerantes y con la explotación de recursos diversificados (caza, pesca y recolección). La evidencia arqueológica es más abundante durante el Neolítico medio en que diversos yacimientos registran una ocupación asociada a actividades de pastoreo importantes en la cabecera del valle a finales

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Palet et alii 2013. 459

Atti del IV Convegno Internazionale di Studi Veleiati

del IV milenio a.C. y durante el III milenio a.C.13. Durante este período la intensificación de la ocupación en el valle de Perafita es especialmente significativa. En este sentido, el registro arqueológico presenta una interesante correlación con los datos paleoambientales obtenidos en los estadios alpino y subalpino (entre 2.185 y 2.540 m) en los valles de Perafita y del Madriu, que ponen de manifiesto procesos de deforestación del pinar, la extensión de pastos supraforestales en el valle de Perafita y un incremento progresivo de los indicadores asociados a prácticas pastorales locales en ambos valles durante el Neolítico antiguo y medio que se intensifican durante en el Neolítico final14. El registro arqueológico del Neolítico final documenta nuevas evidencias de ocupación, algunas de cierta entidad, que incluyen cabañas, cercados y estructuras de delimitación, junto a abundante material cerámico doméstico15. El ejemplo más paradigmático de este tipo de yacimiento de altura es el de Els Estanys, situado en la cabecera del Madriu a 2.530 m. Las dataciones de los niveles de ocupación de las diferentes estructuras sondeadas en el yacimiento han proporcionado unas fechas que documentan una ocupación uniforme situada en el período final del Neolítico reciente. Destaca la coherencia cronológica de las dataciones obtenidas que muestran una ocupación continuada con una horquilla cronológica que cubre aproximadamente del 2.400 al 2.100 cal. a.C. La ocupación del yacimiento debe ser considerada como continuada durante este lapso temporal16 . En este contexto de ocupación del espacio altimontano, los registros polínicos del Madriu evidencian la culminación del proceso de apertura del medio altimontano, documentándose paralelamente una intensificación de las actividades ganaderas17. En la Sierra del Cadí, en el yacimiento del Goleró (La Vansa-Fórnols) se han documentado también evidencias de ocupación durante este período. Este yacimiento destaca por su emplazamiento topográfico, en el extremo occidental de la Sierra, a unos 2.030 m de altitud, en un puerto o zona de tránsito en sentido norte-sur entre las cuencas de los ríos Segre y Llobregat. El registro más antiguo documentado en este yacimiento corresponde a un nivel de ocupación sin una estructura asociada pero con abundante presencia de carbones y fragmentos cerámicos de tipo campaniforme datado en el 2.650 cal. a.C.18. Las evidencias paleoambientales obtenidas en el valle del Madriu constatan que durante el Neolítico final la acción antrópica fue, por primera vez, lo suficientemente intensa para provocar un cambio paisajístico perdurable en el tiempo19. El incremento de indicadores antrópicos durante esta fase indica la fuerte orientación ganadera de estas deforestaciones. Así, la explotación en esta área durante el Neolítico final resulta intensa, permanente y continuada de forma que, por primera vez, no permite la regeneración forestal y da lugar a la configuración de un estadio alpino de prados y pastos en el valle del Madriu, por encima de los 2500 m20. Con respecto a este episodio de deforestación, resulta interesante constatar que el 90% de los carbones identificados en los sondeos arqueológicos corresponden a Pinus tipo uncinata21, corroborando la explotación del pino a nivel local. En el valle de Núria la ocupación más antigua documentada corresponde a un hábitat en cueva con una ocupación inicial fechada en el Neolítico medio (Poz-50657, 3360-3098 cal. BC). La explotación ganadera de estos valles queda también documentada en el Neolítico final en dos cercados situados en el valle de Núria y en Coma de Vaca, cuya ocupación se fecha también en el Neolítico final, durante el IIIer milenio a.C.22. En el valle de Coma de Vaca esta ocupación culmina con un asentamiento documentado en el Bronce antiguo (Poz-57886, 2029-1779 cal. BC), muy arrasado, pero caracterizado por la presencia de abundante material cerámico de cocina que denota la presencia de un asentamiento doméstico de cierta entidad. Orengo 2010. Miras et alii 2007 y 2010; Ejarque 2013; Ejarque et alii 2009; Ejarque et alii 2010; Orengo et alii 2014. 15 Palet et alii 2013. 16 Se realizó un total de 5 dataciones en niveles de ocupación de estructuras distintas (dos cabañas, un abrigo y dos cercados (Orengo 2010, pp. 205-208). 17 Ejarque 2013; Ejarque et alii 2010; Miras et alii 2007. 18 Palet et alii 2013. 19 Ejarque 2009; Id. 2013; Ejarque et alii 2010; Miras et alii 2007; 2010. 20 Ejarque 2009, pp. 253-260. 21 Euba 2009a. 22 Se trata del cercado 313 en Aigols Podrits (Poz-50657, 2.876-2.627 aC) y del cercado 287 en el Forat de l’Embut (Poz43816, 2.205-2.019 a.C.). 13

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Il confronto con le altre realtà territoriali: le Province

En los sectores trabajados del Pirineo axial, entre la edad del Bronce y la edad del Hierro no se documentan evidencias arqueológicas de ocupación. Seguramente ello no es consecuencia de un abandono de las actividades humanas durante este período sino que se podrían relacionar con un cambio en las formas de hábitat23. De hecho, los registros paleoambientales del área sugieren la continuidad de las actividades antrópicas24. La posibilidad de un cambio en las técnicas constructivas en esta fase es sugerida por el registro arqueológico del yacimiento del Goleró (Sierra del Cadí, Alt Urgell), donde ha sido documentada la presencia de grandes recintos circulares. Éstos han sido interpretados como cercados ganaderos, aunque no puede descartarse completamente su uso como espacio de hábitat o también simbólico, fechado en torno a los siglos VII-VI a.C.25. A nivel tipológico, la baja sedimentación del área en la que se encuentra el yacimiento, permitió tan sólo la identificación de los taludes perimetrales de los cercados, realizados con tierra compactada sobre la que probablemente se levantaba una valla construida con materiales perecederos. Este tipo de estructuras presenta una escasa visibilidad arqueológica. En este sentido, la falta de evidencias arqueológicas en los valles pirenaicos puede explicarse por un cambio en los patrones constructivos, principalmente con una preferencia de las construcciones en materiales perecederos.

El período romano y la Antigüedad tardía La explotación y ocupación de estos espacios altimontanos pirenaicos en época romana se inscribe en una dinámica de antropización de larga duración. Durante la Antigüedad, se observa en líneas generales, un incremento de las actividades humanas, con una explotación más diversificada y especializada del medio. Así, se mantienen las actividades ganaderas estacionales, pero se incorpora la explotación de nuevos recursos como la resina y el carbón de pino, así como las actividades metalúrgicas asociadas a la producción del hierro y plomo. En la explotación de nuevos recursos destaca un primer grupo de estructuras de época romana y tardoantigua asociada a actividades relacionadas con la explotación forestal. En efecto, en los yacimientos de Pla de l’Ingla y de Riu dels Orris III en la cabecera del valle del Madriu en Andorra, se han documentado seis hornos para la explotación de resina de pino negro26. Estas estructuras se localizan entre los 2.200 m y 2.350 m de altitud, en una zona de suave pendiente orientada al sur, junto al camino principal del valle. La tipología de estos hornos ha sido bien documentada en una de las estructuras (M157), excavada en extensión (Fig. 4). Este horno presenta una cámara de cocción de forma circular de aproximadamente 1,5 m de diámetro, parcialmente arrasada, con paredes de tierra arcillosa cocida de unos 10 cm de grosor. La base es de tierra arcillosa termoalterada sobre la que se asienta un pavimento refractario de piedras planas. Este pavimento tiende a formar una cubeta ligeramente inclinada hacia una obertura de evacuación de unos 18 cm de diámetro, que conduce, a través de una canalización a una cubeta. La existencia del orificio de evacuación y de la cubeta atestiguan que el horno está dirigido a la obtención de un elemento licuable mediante acción térmica como podría ser la resina. El orificio de evacuación del horno contenía el sedimento original del último uso de la estructura, donde se conservaban restos de madera parcialmente carbonizada, resultado de una exposición poco intensa a la acción del fuego que permitiría la extracción de la resina sin exponer la madera a una carbonización excesiva. Además tanto el interior de la estructura de evacuación como los restos de madera recuperados en ella presentan adiciones de resina documentados a escala macroscópica y microscópica27. En el horno M052, localizado en el área del Pla de l’Ingla, se documenta la presencia de leña o troncos de pino de gran grosor parcialmente carbonizados apilados al lado de la estructura, probablemente preparados para realizar una actividad derivada de la extracción de pega, como podría ser la producción de carbón vegetal. El conjunto de dataciones radiocarbónicas obtenidas en los hornos de pega del Madriu y su correlación con las evidencias paleoambientales permiten fechar el inicio de esta explotación hacia la 2ª ½ del Orengo 2010. Ejarque 2009; Id. 2013. 25 Palet et alii 2013. 26 Orengo et alii 2013; Palet et alii 2013. 27 Euba 2009b. 23

24

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4. Mapa de situación de los hornos en el valle del Madriu (Andorra)

siglo I aC. Esta actividad se mantiene en funcionamiento con diversas fases de abandono, regeneración del bosque y nueva construcción de hornos, hasta la alta edad media (siglos VII-IX)28. Los datos paleoambientales corroboran esta explotación forestal, ya que reflejan a partir del siglo I dC una mayor presión humana sobre el bosque, que causa una apertura del pinar subalpino acompañada de la extensión de formaciones herbáceas en el área29, coetánea al inicio de la actividad de los hornos. Por otra parte, la alta resolución temporal del estudio paleoambiental ha permitido delimitar durante el período de funcionamiento de los hornos, hasta tres fases de retracción forestal del pinar. La primera fase coincidente con el período romano altoimperial (2 ½ s. I aC-½ s. II d.C.), la segunda con el período bajoimperial (siglos IV-inicios VI dC), y la tercera se produce ya en la alta edad media (siglos VII-IX)30. Cada una de las fases de apertura forestal queda delimitada por períodos de regeneración del pinar de 150 años de duración. En este sentido, resulta revelador observar como el descenso de polen de Pinus coincide con las distintas etapas de actividad de los hornos31. Cabe destacar que, en períodos anteriores al siglo I a.C., el descenso de la masa forestal causada por las actividades antrópicas estaba vinculado a la existencia de incendios, probablemente provocados por el hombre como mecanismo de apertura. Sin embargo, durante la fase de producción de pega, los reducidos valores de macrocarbones indican una escasa frecuencia de incendios locales, hecho que indica que la apertura forestal pudo realizarse principalmente mediante la tala de árboles32. Esta evidencia paleoambiental es coherente con los restos de madera de pino documentados en el sondeo de la estructura M052, en los que se distinguieron marcas características de hacha33.

28 29 30 31 32 33

orengo et alii 2013. miras et alii 2007; eJarque 2009; id. 2013. eJarque 2009, pp. 271-272. orengo 2010, pp. 270-271. eJarque et alii 2010. euBa 2009a, pp. 87-95.

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Constituye ésta la primera evidencia arqueológica de este tipo de explotación forestal en los Pirineos en época romana. Recientemente se ha señalado la importancia de la explotación de resinas de pino silvestre en la antigüedad, actividad que por otra parte, aparece arqueológicamente bien documentada en contextos similares en áreas del Macizo Central en Francia34. Otro tipo de actividad documentada en época romana es la de extracción y primera reducción del hierro. Destacan en la Sierra del Cadí, los yacimientos del Goleró y de Pradell, ambos situados en la dorsal principal de la Sierra, a unos 2.000 m de altitud. En el yacimiento 5. Ortofotografía de horno metalúrgico romano en el Goleró (Sierra del Goleró concretamente han sido exdel Cadí, La Vansa-Fórnols) cavados tres hornos que estuvieron en funcionamiento entre los siglos I-III d.C., destinados a realizar una primera reducción del mineral de hierro a fin de poder facilitar su transporte a cotas inferiores donde era transformado35. Los hornos se caracterizan por estructuras sencillas, en un caso de planta circular de 1,5 m de diámetro con levantamiento de la cámara de cocción en cuba, en los otros dos de planta ovoide de unos 2 m de longitud máxima con un pavimento refractario bien conservado (Fig. 5). Los análisis arqueométricos en escorias confirman la explotación de mineral de hierro. Los niveles de uso de los hornos han proporcionado material cerámico formado por TS Hispánica (Drag. 29, Drag. 27, Drag. 29/37, Drag. 37), cerámica común reducida y cerámica común reducida ibérica, material que proporciona una datación bastante precisa entorno a la 2ª mitad del siglo I d.C. Las dataciones radiocarbónicas obtenidas apuntan a la posibilidad de un inicio de la explotación metalúrgica ligeramente anterior, hacia inicios del siglo I a.C. Las excavaciones evidencian diversas fases de uso de los hornos, la más reciente de las cuales puede fecharse por material arqueológico de superficie entorno al siglo II d.C. (cerámica común africana, Africana A). Aparte de los hornos, han podido ser identificadas también en este sector de la Sierra del Cadí diversas zanjas mineras para la extracción de mineral. Estas han sido localizadas en el yacimiento de Pradell, situado a una distancia inferior a un kilómetro del Goleró. Sin embargo, al tratarse de estructuras negativas no han podido ser datadas. Además en la zona resulta sintomática la presencia de mineral explotable, en concreto de limonitas, que todavía son apreciables en superficie en las cercanías de los hornos romanos del yacimiento de Goleró. El impacto de estas actividades en el paisaje puede deducirse a partir de los análisis paleoambientales procedentes de la turbera de Pradell (1.915 m), cercana a los yacimientos comentados. La base del registro documenta entre los siglos VI-IX un paisaje relativamente abierto, que puede relacionarse con las actividades mineras y ganaderas que podrían tener su origen en el período romano36. En efecto, el diagrama polínico muestra una retracción del bosque de pino y una presencia de indicadores polínicos asociados a actividades ganaderas locales, junto a la concurrencia de incendios. En esta fase además, el contenido de metales en la turbera sugiere la presencia de actividades minero-metalúrgicas antiguas. La actividad minero-metalúrgica aparece también documentada en las cabeceras del Ter. En efecto, los análisis geoquímicos realizados en la cabecera del valle del Fresser en Coma de Vaca, en la turbera de Aigols Podrits, situada a unos 2.440 m de altitud, indican una intensa actividad minero-metalúrgica en 34 35 36

trintignac 2003; orengo et alii 2013. Palet et alii 2007; Palet et alii 2013. eJarque et alii 2009. 463

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época romana, en la que la explotación de Cobre y Plomo es la actividad principal37. Sin embargo, en esta secuencia paleoambiental, la actividad ganadera parece ser poco intensa durante este periodo, hecho que sugiere usos complementarios del medio según los sectores pirenaicos. Sin duda, otra actividad documentada ampliamente en el registro arqueológico para la época romana es la ganadería y el pastoreo, especialmente a partir del período bajoimperial y durante la tardoantigüedad (siglos IV-VII). En este sentido, en los valles del Madriu-Perafita-Claror en Andorra, los datos indican que la actividad ganadera experimenta un aumento en intensidad, especialmente a partir de los siglos III-IV d.C. Así, en el valle del Madriu se han documentado diversas estructuras ganaderas como cercados en los yacimientos de Basses de Setut III y de Riu dels Orris I, con niveles de ocupación fechados a inicios del siglo I d.C. Un corredor o munyidora en el yacimiento de Pleta de Claror I en Perafita-Claror, con dataciones radiocarbonicas del siglo IV dC. en su nivel de uso. Se han documentado también diversas cabañas pastorales: una del siglo III d.C. en Planells de Perafita I y otra abandonada en el siglo V en el yacimiento de Pleta de les Bacives I (valle de Madriu)38. Las evidencias arqueológicas, por tanto, muestran una actividad ganadera en el conjunto de estos valles andorranos de cierta entidad en época romana y tardoantigua. Destaca por su singularidad la documentación del corredor o munyidora, es decir de una explotación dedicada al ordeño de ovejas para la producción de leche y queso, que habían sido hasta este momento consideradas de cronología bajomedieval y moderna39, y cuyo empleo continuado ha sido documentado en estos valles a partir de época altomedieval (siglos IX-X)40. La actividad ganadera ha sido también bien documentada en las cabeceras del Ter, en el yacimiento de Fontalba, en el Valle de Núria, y en diversas estructuras del valle de Coma de Vaca. Las recientes intervenciones en el sector de Fontalba, situado a unos 2.100 m de altitud, han documentado la presencia de una cabaña y de un cercado que corresponden a ocupaciones pastorales fechadas entre los siglos II y V d.C.41. En estas estructuras sorprende la presencia notable y excepcional de cerámica doméstica y de importación (cerámica común africana), relacionada con niveles de circulación y de ocupación, hecho que sugiere una actividad comercial y, por tanto, la inclusión de estas zonas altimontanas en redes comerciales regionales antiguas. Esta situación se ve reafirmada por el registro arqueológico del valle de Coma de Vaca con la excavación en extensión de la cabaña 11442. Se trata de una gran cabaña, de forma rectangular (Fig. 6), de unos 20 m2, construida en piedra seca con bloques trabajados, situada a unos 2.100 m de altitud, cuya ocupación se fecha entre los siglos I-III d.C. a partir del material cerámico recuperado. Entre el material cerámico documentado cabe destacar la abundante presencia de cerámica de cocina, cerámica común africana y vajilla fina (TSH y Africana A). Los materiales documentados y la tipología de la cabaña permiten proponer que corresponde a algún tipo de granja de explotación en el valle. Se trata de un establecimiento estacional pero estable, que cronológicamente parece tener continuidad con otras estructuras documentadas en Coma de Vaca, en el yacimiento de Jaça del Mig, situado a escasos 400 m al este de la cabaña 114. En este nuevo espacio de explotación ganadera se han documentado una cabaña semiexcavada en el terreno y un cercado poligonal, ambos de cronología tardoromana (siglos IV-VII d.C.). Así, el conjunto de estructuras documentadas en Coma de Vaca apuntan a una ocupación importante del valle durante todo el período romano (Fig. 7). Los datos paleoambientales de las secuencias turbosas y lacustres estudiadas en el valle del Madriu documentan un aumento general de las actividades pastorales a partir del siglo III a.C. y durante toda la Antigüedad. El aumento de la actividad ganadera se documenta a partir de un proceso de apertura forestal acompañado de la expansión de los pastos supraforestales según indica el incremento de indicadores antrópicos de pastoreo43. A partir del siglo I d.C. y durante todo el período romano, las actividades gana-

Palet et alii 2012. Orengo 2010, pp. 263-279; Palet et alii 2013, p. 329. 39 Rendu 2003, p. 345-348. 40 Palet et alii 2011; 2013. 41 Palet, Orengo, Garcia 2013a. 42 Palet, Orengo, Garcia 2013b. 43 Ejarque et alii 2010; Ejarque 2013. 37 38

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deras se generalizan en los sectores de mayor altitud estudiados, marcando el inicio de una fase de mayor presión pastoral. Las secuencias estudiadas indican la existencia de un paisaje mosaico durante este período. Así, los espacios supraforestales ocupados por prados alpinos pastoreados se complementarán con un sector subalpino donde incendios regulares de carácter local darán lugar a un pinar abierto que será, asimismo, objeto de pastoreo44. En la Sierra del Cadí, en el yacimiento de Pradell, la actividad ganadera aparece también indirectamente documentada en época bajoimperial (siglos III-IV). Las excavaciones arqueológicas evidencian niveles de abandono de las estructuras y de sedimentación natural con esta cronología. Estos niveles sedimentarios son muy ricos en macrocarbones, y pueden asociarse probablemente a actividades ganaderas. Así, el análisis antracológico ha permitido identificar elementos de construcción de madera de pino carbonizados que pueden corresponder a postes para cercados. Los restos se relacionan con una caba-

6. Ortofotografia de la cabaña 114 en Coma de Vaca (Queralbs), con los niveles de ocupación de epoca romana

7. Mapa de situación de las estructuras de cronología neolítica, romana y altomedieval excavadas en los valles de Núria y Coma de Vaca (Queralbs) 44

eJarque 2009; id. 2013. 465

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ña ganadera que podría ser de cronología romana, aunque su estado de arrasamiento impide verificar esta cronología45. Finalmente, los análisis paleoambientales realizados en los valles de Núria y en Coma de Vaca, documentan diversas fases de deforestación entre los siglos VI y VIII, relacionados con el aprovechamiento de pastos y la extensión de actividades de pastoreo, así como con actividades mineras.

La “romanización” y la montaña Los datos expuestos indican que en los valles altimontanos estudiados de la cabecera del Segre y del Ter, la Antigüedad aparece como un período de gran intensidad en la dinámica de ocupación del territorio. En este sentido, se constata el valor de la arqueología del paisaje en la reflexión sobre la organización del espacio, sobre la ciudad antigua y su implantación territorial. Los resultados obtenidos contrastan con la imagen que, para los espacios altimontanos del territorio de Iulia Lybica, había sido propuesta a partir de los estudios realizados al sur del macizo del Carlit, en la montaña de Enveig, en la parte francesa de la Cerdanya, al oeste del enclave de Llívia. En este sector el período romano se caracteriza por un retroceso de las actividades ganaderas estacionales, con trazas difusas de ocupación pastoral y evidencia de reforestación local visible en el diagrama polínico de Pla de l’Orri (2150 m)46. Ello había sido interpretado como reflejo de una cierta marginalidad del espacio montano en favor de la expansión agrícola en el llano entorno a la ciudad de Iulia Lybica47, área que habría sido objeto de una centuriación cuyas trazas habían sido identificadas en los estudios morfológicos48. Estudios en los sectores pirenaicos atlánticos (valle de Ossau)49 o en los Alpes occidentales50 han señalado también que el período romano no corresponde precisamente a una fase de incremento de la actividad ganadera. Este contraste, incluso entre sectores próximos, es indicativo de una espacialización y una especialización y diversificación de las actividades y de las formas de ocupación del territorio, no sólo a escala regional, sino también microrregional. Una heterogeneidad espacial que se pone de manifiesto a partir de la proliferación de estudios microrregionales51. Desde esta perspectiva, el período romano no correspondería a una fase de repliegue de las actividades económicas, sino de especialización y diversificación en el uso del medio, tal como se deduce de los datos aportados por la arqueología del paisaje al estudio de los espacios altimontanos52. En realidad, los sectores presentados constituían espacios bien comunicados a través de una red viaria pirenaica que enlazaba la Gallia Narbonense y la Hispania Tarraconense. En el centro de la zona de estudio destaca el llano de la Cerdanya y la presencia de la ciudad romana de Iulia Lybica (Llívia), fundada en época cesariana, principal núcleo urbano en la región en época altoimperial. La Cerdanya constituye un amplio altiplano orientado este-oeste atravesado por un eje viario, conocido como strata ceretana en la documentación medieval, que comunicaba Ilerda con Ruscino a través del valle del Segre. Sobre este eje, diversas vías secundarias con orientación norte-sur comunicaban ambas vertientes pirenaicas. En Andorra, el valle del Valira cumpliría esta función en la red viaria regional, entre el llano de Urgell y el Ariège. A su vez el valle del Madriu constituiría, en este contexto, un eje viario secundario, complementario de la vía principal del Segre53. Una vía similar podría proponerse en sentido este-oeste entre la Cerdanya, el macizo del Puigmal y las cabeceras del Ter, a través de los valles de Núria y Coma de Vaca, y su conexión con el llano litoral del Empordà. Es importante indicar que la documentación arqueológica y paleoambiental coincide en señalar que durante la época bajoimperial y especialmente en la Antigüedad tardía se intensifica la antropización de

Euba 2009a; Euba, Palet 2010. Rendu 2003, p. 247, 428. 47 Rendu 2003, p. 520. 48 Olesti 1999. 49 Rendu et alii 2013. 50 Segard 2009. 51 Ejarque et alii 2010; Galop 2005. 52 Leveau 2009. 53 Orengo 2010; Leveau, Palet 2010. 45 46

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estas zonas de montaña a causa del incremento de las actividades ganaderas. En las zonas estudiadas ello es especialmente visible en el pre-Pirineo (Sierra del Cadí) y en las cabeceras del Ter y constituye una configuración paisajística que tendrá continuidad en la alta edad Media (siglos IX-XI), período en el cual todos los sectores documentan una fase de ruptura de mayor homogeneidad caracterizada por la expansión de pastos asociada a una ganadería extensiva trashumante. Es probable que este incremento de las actividades ganaderas implicara una movilidad del ganado a mayor o menor distancia, aunque a nuestro entender ésta debió restringirse a zonas complementarias relativamente cercanas. En este sentido, los estudios paleoambientales realizados en el marco del proyecto a nivel de cuenca y en el llano del Empordà, muestran una explotación diversificada pero complementaria de los recursos en el llano y la montaña durante la antigüedad tardía (siglos VI-VII), en el contexto de una economía más autosuficiente54. Por otra parte, la expansión de actividades ganaderas extensivas ha sido también documentada en diversos llanos costeros del nordeste peninsular (llano de Barcelona, Penedès)55. Así, los estudios desarrollados en los llanos litorales han caracterizado la Antigüedad tardía como un período con características diferenciadas, durante el cual se producen importantes transformaciones relacionadas con cambios económicos, culturales y políticos, a su vez relacionados con un período de “crisis” en la dinámica medioambiental56. Resulta difícil caracterizar la organización de estas actividades. Se propone, en este sentido, una trashumancia organizada a través de desplazamientos cortos o medios entre zonas complementarias, que constituiría la base sobre la cual se estructuró la “gran” trashumancia histórica que en la Cataluña central se organizó a partir de los siglos X-XI a través de las “carrerades” de la Segarra y de la Cerdaña que enlazaban la costa mediterránea y los Pirineos.

Conclusiones Los resultados obtenidos proporcionan importante información arqueológica que permite reflexionar sobre la potencialidad de la investigación en zonas de montaña y el uso social de todo este patrimonio como recurso cultural. Los resultados ponen en evidencia el interés de correlacionar información arqueológica y paleoambiental para caracterizar la dinámica de los paisajes culturales de alta montaña. En los valles estudiados se documenta una profunda y antigua antropización de la alta montaña, con evidencias de una transformación del paisaje por la actividad humana desde el Neolítico antiguo, que se manifiesta en forma de una apertura del medio relacionada con prácticas ganaderas. Esta antropización del paisaje es notable en el Neolítico final y Bronce antiguo. Se observa en este sentido que la correlación de datos arqueológicos y paleoambientales resulta de gran coherencia. Los datos presentan una heterogeneidad espacial y temporal indicativa de la complejidad de los sistemas de uso y gestión del entorno, así como de su integración en el sistema romano de ocupación del territorio. Los resultados permiten caracterizar la ocupación de los espacios altimontanos e identificar en el tiempo y en el espacio diferencias entre valles o entre sectores de un mismo valle. Se subraya así el interés de la Arqueología del Paisaje y la necesidad de desarrollar estudios microregionales para comprender la explotación de recursos naturales y las formas de ocupación de los espacios altimontanos en época romana, evitando explicaciones a partir de modelos unívocos. Los estudios arqueológicos y paleoambientales destacan la importante actividad antrópica en época romana tanto en las cabeceras del Ter como en el Alt Segre, con importantes deforestaciones que relacionamos con actividades minero-metalúrgicas y la explotación del bosque en forma de tala para la explotación de resinas. La actividad ganadera mantiene en este contexto una relación de continuidad respecto períodos anteriores, aunque se detecta un incremento especialmente significativo en la zona del Ter, y una mayor especialización con la aparición de estructuras para la explotación lechera y de quesos. Se perfila una configuración del paisaje en mosaico, caracterizado por una variabilidad en las dinámicas de explotación de época antigua en medios de montaña relativamente cercanos. El registro paleoambien Palet et alii 2012. Riera 1995; Riera et alii 2009; Palet 1997. 56 Leveau et alii 2002. 54

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tal y arqueológico evidencian una diversificación de las actividades económicas, especialmente en los valles del Madriu, Perafita y Claror, con la explotación de recursos forestales, ganaderos y a menor altitud, agrícolas. Entre los usos forestales destaca durante el período romano la explotación del pino para la obtención de resina y, de manera subsidiaria, como combustible. El período romano evidencia, por tanto, una diversificación, especialización y espacialización de las actividades económicas con la explotación de recursos forestales (obtención de resina y madera, carboneo), metalúrgicos, ganaderos y, a menor altitud, agrícolas. Se documenta pues una heterogeneidad y variabilidad geográfica durante la Antigüedad. El estudio realizado en los valles del Madriu, Perafita y Claror, además, contribuye a demostrar que esta variabilidad no únicamente se formula a nivel regional en el marco pirenaico, sino que también se da de una manera destacada a escala microregional, entre los diferentes sectores de un mismo valle57. La alta montaña pirenaica en época romana constituye un espacio accesible y bien comunicado totalmente integrado en el complejo sociocultural romano58. Así pues, en época romana, los Pirineos y la alta montaña en particular, deben considerarse, más que como una frontera o área marginal, como un espacio complementario de las zonas de media montaña, llano y litorales, que, por las especiales características de su medio puede ofrecer recursos de gran importancia, la pega, el carbón, la madera, los metales o la ganadería. Todos estos recursos esenciales y característicos de la montaña definen estas áreas en época romana como lugares accesibles y bien comunicados totalmente integrados en una economía y una sociedad que, en parte, dependía de ellos59. En resumen, los resultados demuestran, por tanto, la potencialidad de la investigación arqueológica y ambiental en zonas de montaña y su interés también como útil de gestión y como recurso cultural en zonas protegidas por la legislación relativa a los paisajes culturales como patrimonio histórico.

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Il confronto con le altre realtà territoriali: le Province

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Atti del IV Convegno Internazionale di Studi Veleiati

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