Marsilio da Padova filosofo del normativo

July 17, 2017 | Autor: Giuseppe Lorini | Categoría: Philosophy Of Law, Normativity, Deontic Logic, Ontology of Norms
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GIUSEPPE LORINI

MARSILIO DA PADOVA FILOSOFO DEL NORMATIVO «It has made the familiar strange, and the strange familiar». Oliver W. Sacks(1) SOMMARIO: 0. Due contributi di Marsilio da Padova alla filosofia del normativo. – 1. Primo contributo alla filosofia del normativo: la tetracotomía dei sensi di ‘ius dicere’. – 2. Secondo contributo alla filosofia del normativo: la dicotomía dei sensi di ‘praeceptum’.

0.

Due contributi di Marsilio da Padova alla filosofia del normativo 0.1. «Omne praeceptum fieri est permissum fieri, sed e converso non semper». «Tutto ciò che è prescritto fare è permesso fare; ma l’inverso non vale». «Omne prohibitum fieri permissum est non fieri, quamvis non e converso». «Tutto ciò che è proibito fare è permesso non fare, ma l’inverso non vale».

Queste due verità della logica deontica appaiono nel 1342 nel Defensor minor, un’opera (come già dice il titolo) minore di Marsilio Mainardini [Padova, 1284/1287 - Monaco di Baviera, 1343], noto come Marsilio da Padova, autore del celeberrimo Defensor pacis, opera composta e terminata a Parigi, nel vico della Sorbona, nel 1324(2). (1) OLIVER

W. SACKS, Seeing Voices. A Journey into the World of the Deaf, 1990,

p. xxii. (2) Cfr. MARSILIO DA PADOVA, Defensor pacis, 1324, 2001, II.12.4, p. 544. Di verità logiche deontiche, di «logical truths wich are peculiar to deontic concepts» parla Georg Henrik von Wright nel saggio Deontic Logic, 1951. Sulla nozione di «verità logiche specificamente deontiche», cfr. AMEDEO GIOVANNI CONTE, Deontica filosofica in Norberto Bobbio, 1999, 2001, pp. 827-830.

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Questi due frammenti di logica deontica ante litteram, nei quali Marsilio esamina i rapporti logici fra tre modalità deontiche: obbligatorio («praeceptus»), permesso («permissus»), vietato («prohibitus»), rivelano la sensibilità di Marsilio per alcune questioni logiche, semantiche e ontologiche che saranno al centro della filosofia del normativo del XX secolo(3). (Ricordo che l’anno di fondazione della logica deontica è recente: il 1951! È nel 1951 che nasce la logica deontica con l’omonimo saggio Deontic Logic del filosofo e logico finlandese Georg Henrik von Wright.) 0.2. Il presente saggio evidenzia, in particolare, due contributi di Marsilio alla filosofia del normativo: (i) un contributo alla filosofia della lex, (ii) un contributo alla filosofia del preceptum. Sia il contributo alla filosofia della lex, sia il contributo alla filosofia del praeceptum muovono da un’indagine semantica: (i) il primo contributo (il contributo alla filosofia della lex) deriva dall’indagine semantica dell’espressione ‘ius dicere’; (ii) il secondo contributo (il contributo alla filosofia del preceptum) deriva dall’indagine semantica del nomen ‘praeceptum’. Esaminerò il contributo di Marsilio alla filosofia della lex nel § 1; analizzerò il contributo di Marsilio alla filosofia del praeceptum nel § 2. 1.

Primo contributo alla filosofia del normativo: la tetracotomía dei sensi di ‘ius dicere’

1.0. Il primo contributo di Marsilio da Padova alla filosofia del normativo che io esamino nel presente saggio è un contributo alla filosofia della lex: esso consiste nell’elaborazione della tetracotomía dei sensi di ‘ius dicere’. (3) Sempre nel Capitolum XII del Liber II del Defensor pacis, si trova un altro frammento di logica deontica ante litteram: la definizione di ‘licitum’ in termini di «preceptum», «prohibicio», «permissio». Secondo Marsilio, è licitum ogni atto compiuto secondo il precetto o il permesso della legge [iuxta legis preceptum aut permissionem] o omesso secondo la proibizione o il permesso della legge [iuxta legis prohibicionem aut permissionem].

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1.1. Nel Defensor minor, Marsilio si sofferma sull’espressione ‘ius dicere’. Con il termine ‘ius’ qui Marsilio intende la lex (4) . In particolare, Marsilio si domanda: «Quali sono i significati dell’espressione ‘ius dicere’?» Nella sua analisi semantica dell’espressione ‘ius dicere’, Marsilio distingue quattro sensi di ‘ius dicere’ (espressione che è stata tradotta in italiano: «pronunciare il diritto», in francese: «dire le droit», in inglese: «the pronouncement of right», in castigliano: «pronunciar el derecho»)(5) . (i) Primo senso di ‘ius dicere’: «scoprire [invenire] una regola [regula] o una ragione [ratio] degli atti da compiere nella vita civile». (4) Nel Defensor pacis, 1324, II.12.6 e II.12.10, Marsilio distingue due significata iuris, due sensi del termine ‘ius’. (i) Il primo senso di ‘ius’ («lex») coincide con il concetto di «diritto oggettivo». (ii) Il secondo senso di ‘ius’ è affine al concetto di «diritto soggettivo»: «Dicitur autem ius secundo modo de omni humano actu, potestate vel habitu acquisito, imperato, interiori vel exteriori, tam immanente quam transeunte in rem aliquam exteriorem aut in rei aliquid, puta usum aut usufructum, acquisicionem detencionem seu conservacionem aut commutacionem, et reliqui similia, conformiter iuri dicto secundum priorem significacionem».

Propongo una traduzione di questo criptico passo di Marsilio: «Si parla poi di ius in un secondo modo, a proposito di ogni atto umano comandato, potere o abitudine acquisita, interiore o esteriore, tanto immanente quanto transeunte in una cosa esterna o in qualcosa che le inerisca, come l’uso o l’usufrutto, l’acquisto, la detenzione o la conservazione oppure lo scambio e simili, che siano conformi al ius nel suo primo significato». Secondo Brian Tierney (Marsilius on Rights, 1991, pp. 8-9, e The Idea of Natural Rights, 1997, p. 109), questa distinzione di due sensi del termine ‘ius’ è all’origine del paradigma concettuale: «diritto oggettivo» vs. «diritto soggettivo». Sull’origine della nozione di «diritto soggettivo», cfr. RICHARD TUCK, Natural Rights Theories: Their Origin and Development, 1978. Sulla distinzione tra il concetto di «diritto oggettivo» ed il concetto di «diritto soggettivo», cfr. PAOLO DI LUCIA, Il termine ‘diritto’, 2007; AMEDEO GIOVANNI CONTE, Res ex nomine, 2009. (5) Il

ius dicere indagato da Marsilio non deve essere confuso con la «iurisdictio» del diritto romano. Nel diritto romano, con il termine ‘iurisdictio’ si intende il potere, che hanno i magistrati giusdicenti, di impostare in termini giuridici la controversia.

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(ii) Secondo senso di ‘ius dicere’: «dire [dicere] o esporre [exponere] ad altri una regola». (iii) Terzo senso di ‘ius dicere’: «promulgare [promulgare] una regola sotto forma di un precetto coattivo rivolto universalmente a tutti coloro che debbono sottostare alla legge o sostenerla». (iv) Quarto senso di ‘ius dicere’: «enunciare la legge [legem dicere] nel modo di un precetto coattivo [praeceptum coactivum] che si rivolge specificamente [particulariter] contro un trasgressore della legge». Così scrive Marsilio nel Defensor minor: «Ius dicere sive legem dicere […] quattuor modis convenit: uno siquidem modo inveniendo regulam sive rationem agendorum civilium; secundo modo dicendo sive exponendo aliis; tertio modo promulgando eam per modum praecepti coactivi […] universaliter ad omnes subesse seu legem ferre debentes; quarto modo convenit legem dicere per modum praecepti coactivi particulariter contra unumquemque transgressorem ipsius»(6).

1.2. Riproduco, ora, in ordine cronologico, cinque traduzioni del seguente passo (la traduzione italiana di Cesare Vasoli, la traduzione francese di Colette Jeudy e Jeannine Quillet, la traduzione inglese di Cary J. Nederman, la traduzione castigliana di Bernardo Bayona Aznar y Pedro Roche Arnas, la mia traduzione italiana). 1.2.1. Ecco la traduzione italiana di Cesare Vasoli: «La frase «pronunziare il diritto» [ius dicere] può essere […] congruente in quattro modi diversi. Nel primo modo, nel senso, cioè, di «scoprire [invenire] una regola o ragione» degli atti da compiere nella vita civile; nel secondo modo, nel senso di dirla o esporla ad altri; nel terzo modo, nel senso di promulgarla […] sotto forma di un precetto coattivo rivolto universalmente a tutti coloro che debbono sottostare alla legge o sostenerla; nel quarto modo, significa «pronunciare la legge» nel modo di un precetto coattivo contro un uomo qualsiasi che la trasgredisca»(7). (6) Marsilio

da Padova, Defensor minor, 1342, 1979, p. 174.

(7) Marsilio

da Padova, Il difensore minore, 1975, p. 85.

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1.2.2. Ecco la traduzione francese di Colette Jeudy e Jeannine Quillet: «Dire le droit ou dire la loi […] a quatre significations: 1° la découverte de la règle ou raison des actes civils; 2° la dire ou l’exposer à autrui; 3° la promulguer assortie d’un précepte coercitif […] applicable publiquement à tous ceux qui doivent, soit y être soumis, soit l’appliquer; 4° il convient de dire la loi au moyen d’un précepte coercitif, par promulgation particulière contre un transgresseur individuel»(8).

1.2.3. Ecco la traduzione inglese di Cary J. Nederman: «The pronouncement of right or law […] may be approached in four ways: first, ascertaining the standards or rules for civil actions; second, pronouncing or explaining them to other people; third, promulgating them in the manner of coercive precepts […] which are without exception binding upon all who make and are subject to the laws; and fourth, pronouncing law may be approached by means of specific coercive sanctions against each and every transgressor himself»(9).

1.2.4. Ecco la traduzione castigliana di Bernardo Bayona Aznar y Pedro Roche Arnas: «Pronunciar el derecho o decir la ley tiene […] cuatro significados: primero, el de descubrir la norma o razón de los actos civiles; segundo, decirla o exponerla a otro; tercero, promulgarla en formas de precepto coactivo […] con carácter general para todos los que deban someterse a ella o aplicarla; en el cuarto significado la formulación de la ley se entiende bajo la forma de un precepto coactivo dirigido en particolar a cada uno de sus transgresores»(10).

1.2.5. Ecco la mia traduzione italiana: «L’espressione ‘pronunciare il diritto’ [ius dicere] (l’espressione ‘pronunciare la legge’ [legem dicere]) […] ha quattro sensi. (8) Marsile de Padue, Œuvres mineurs. Defensor minor. De translatione Imperii, 1979, p. 175. (9) MARSIGLIO OF

PADUA, Writings on the Empire. Defensor minor and De translatione Imperii, 1993, p. 2. (10) MARSILIO DE PADUA, Sobre el poder del imperio y del papa. El defensor menor. La transferencia del imperio, 2004, pp. 89-90.

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(i)

Il primo senso è quello di scoprire una regola [regula] o una ragione degli atti da compiere nella vita civile. (ii) Il secondo senso è quello di dire o esporre ad altri una regola. (iii) Il terzo senso è quello di promulgare una regola sotto forma di un precetto coattivo [praeceptum coactivum] rivolto universalmente [universaliter] a tutti coloro che debbono sottostare alla legge o sostenerla. (iv) Il quarto senso è quello di enunciare la legge [legem dicere] nel modo di un precetto coattivo [praeceptum coactivum] che si rivolge specificamente [particulariter] contro un trasgressore della legge». 1.3. Attraverso la tetracotomía dei sensi di ‘ius dicere’, Marsilio distingue, sul piano pragmatico, quattro distinte operazioni che vengono compiute mediante l’enunciazione del ius. Secondo Marsilio, quando si pronuncia il ius si possono compiere quattro differenti operazioni che hanno ad oggetto la lex(11) : (i) (ii) (iii) (iv)

la scoperta [inventio] della lex, la comunicazione (esposizione) della lex, la promulgazione della lex, l’applicazione della lex(12) .

(11) CARLO

PINCIN, Marsilio, 1967, p. 207, scrive: «Ius dicere o legem dicere […] ha quattro accezioni: 1) invenire la regola; 2) comunicarla agli altri; 3) promulgarla come precetto; 4) promulgarla come precetto in particolare contro il trasgressore».

(12) Secondo Marsilio, la scoperta della lex spetta ai prudentes, la comunicazione della lex spetta ai doctores, la promulgazione della lex spetta al lator legis, l’applicazione della lex spetta al iudex. Scrive Marsilio: «Primo autem modo dicere legem convenit prudentibus inventoribus ipsius; secundo modo doctoribus ipsius sive habentibus auctoritatem docendi; tertio modo et quarto cum auctoritate coercendi propria et prima simpliciter transgressiones ipsius, convenit latori legis eiusdem; quarto vero modo convenit ius dicere sive legem dicere iudici seu principi auctoritate legislatoris iam dicti, cum potestate cogendi transgressores, non propria simpliciter, sed ab altero sibi data et ab eodem possibili revocari».

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Questa distinzione di quattro operazioni che vengono compiute mediante l’enunciazione del ius evoca due domande: una domanda di pragmatica (§ 1.3.1.), una domanda di ontologia (§ 1.3.2.). 1.3.1. Domanda di pragmatica. La prima domanda è una domanda di pragmatica sul «ius dicere»: «Quali atti si possono compiere, enunciando il ius?»

Questa domanda potrebbe essere riformulata (nel lessico del sociologo tedesco Theodor Geiger) in termini di «enunciato normativo» [«Normsatz»](13) : «Quali atti si possono compiere, pronunciando un enunciato normativo (un «Normsatz»)?»

1.3.2. Domanda di ontologia. La seconda domanda è una domanda di ontologia sullo statuto ontologico della lex(14) : Ecco la traduzione italiana: «(i) Nel primo senso, pronunciare la legge spetta ai prudentes che scoprono la legge. (ii) Nel secondo senso, pronunciare la legge spetta i dottori [doctores] della legge o a coloro che possiedono l’autorità d’insegnare. (iii) Nel terzo e quarto senso, e insieme con l’autorità propria ed originaria di coercire assolutamente i suoi trasgressori, pronunciare la legge spetta al legislatore [lator legis] della legge. (iv) Ma nel quarto senso, pronunciare il diritto o pronunciare la legge spetta al giudice [iudex] oppure a chi governa per l’autorità del suddetto legislatore, sempre però con la potestà di costringere i trasgressori che non gli è però assolutamente propria, ma gli è stata, invece, concessa da un altro che può revocarla». (13) Cfr.

THEODOR GEIGER, Vorstudien zu einer Soziologie des Rechtes, 1947.

(14) All’analisi

semantica del nomen ‘lex’, Marsilio dedica il Capitulum X del Liber I del Defensor pacis. A proposito dell’analisi semantica del termine ‘lex’ in Marsilio, Felice Battaglia (nel libro Marsilio da Padova e la filosofia politica del Medio Evo, 1928, p. 78) scrive: «Abbiamo qui abbozzata una distinzione tutta moderna tra la legge, in quanto oggetto di una particolare scienza, la giurisprudenza, che fissa il giusto e l’ingiusto, e la legge in quanto norma vivendi, che, munita di coattività, impera non tanto in virtù di un’intima giustizia, quanto per il semplice fato che promana dallo Stato». Sui sensi di ‘lex’ in Marsilio, inoltre, cfr. CARLO PINCIN, Marsilio, 1967, pp. 71-75; PIERO DI VONA, I principi del Defensor Pacis, 1974, pp. 66-68.

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«Che tipo di entità è la lex?»(15) .

Marsilio distingue quattro operazioni aventi ad oggetto la lex che possono essere compiute enunciando il ius: la scoperta [inventio] della lex, la comunicazione (esposizione) della lex, la promulgazione della lex, l’applicazione della lex. Ma (ripeto la domanda) che tipo di entità è quella lex che è oggetto delle quattro operazioni? Si tratta sempre della stessa entità? Ad esempio, la lex oggetto di scoperta e la lex oggetto di promulgazione sono la stessa entità?(16) . 2.

Secondo contributo alla filosofia del normativo: la dicotomía dei sensi di ‘praeceptum’

2.0. Il primo contributo di Marsilio da Padova alla filosofia del normativo consiste nell’elaborazione della tetracotomía dei sensi di ‘ius dicere’. Il secondo contributo di Marsilio da Padova alla filosofia del normativo riguarda, invece, specificamente la filosofia del ‘praeceptum’: esso consiste nella dicotomía dei sensi del termine ‘praeceptum’(17). Questa distinzione di due sensi del nomen ‘praeceptum’ viene operata da Marsilio sia nel Defensor pacis, 1324, sia nel Defensor minor, 1342. (15) Si

può estendere alla lex, l’indagine ontologica svolta da Amedeo Giovanni Conte per la norma. Nel saggio Norma: cinque referenti, 2007, Conte, indagando lo statuto ontologico della norma, distingue cinque specie di referenti del termine ‘norma’: (i) enunciati deontici, (ii) proposizioni deontiche, (iii) enunciazioni deontiche, (iv) status deontici, (v) noemi deontici. (16) Nel saggio Die Norm als Gedanke und Realität, 1970, il filosofo ceco Ota Weinberger distingue due possibili status ontologici del diritto: (i) «sistema ideale normativo», (ii) «realtà sociale». (17) Marsilio

a volte scrive ‘preceptum’, a volte scrive ‘praeceptum’. Ricordo che ‘precetto’ è un termine caro a Giovanni Tarello.

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2.1. Nel Defensor pacis, Marsilio scrive: «Dicitur […] preceptum dupliciter: uno quidem modo active, de actu scilicet precipientis, quomodo solemus dicere, velle aliquod imperantis expressum esse preceptum, ut regis aut alterius principantis. Alio modo dicitur preceptum de ipso volito per actum precipientis, quo modo solemus dicere, servum fecisse preceptum domini, non quidem quod actum domini, qui est precipere aut imperare, fecerit servus, sed quoniam volitum fieri per actum seu imperium domini fecit servus»(18).

In questo passo, Marsilio distingue due accezioni del termine ‘preceptum’: (i) prima accezione (accezione attiva): l’atto [actus] di chi emana il precetto (l’actus precipientis); (ii) seconda accezione (accezione passiva): l’oggetto di volizione dell’atto di chi emana il precetto (il volitum per actum precipientis). Per illuminare la disemía del termine ‘preceptum’, Marsilio esamina due enunciati, nei quali appare il termine ‘preceptum’. Quando si dice: ‘Velle aliquod imperantis expressum esse preceptum, ut regis aut alterius principantis’,

con il termine ‘preceptum’ si intende l’atto di emanazione di un precetto (l’actus precipientis). Quando, invece, si dice: ‘Servum fecisse preceptum domini’,

chiaramente con il termine ‘preceptum’ si intende, come dice Marsilio, non l’atto di prescrizione (il quale è stato compiuto non dal servo, ma (18) MARSILIO DA

PADOVA, Defensor pacis, 1324, 2001, II.12.3, p. 540 (tr. it. di Mario Conetti: p. 541). Ecco la traduzione italiana di Mario Conetti: «‘Precetto’ [preceptum] ha una duplice accezione: innanzitutto, secondo l’accezione attiva, indica l’atto di chi lo emana, quando diciamo che la volontà stessa di chi detiene il potere, come il re o un altro governante, è di per sé un precetto. In altra accezione, ‘precetto’ si dice del contenuto dell’atto di chi lo emana, quando diciamo che il servo ha compiuto il precetto del padrone, non perché il servo abbia compiuto l’atto che spetta al padrone, emanare il precetto o comandare, ma perché il servo ha eseguito ciò che era contenuto nell’azione del padrone, cioè il comando».

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dal padrone), ma l’oggetto dell’atto di prescrizione, ossia ciò che viene comandato dal padrone (il volitum per actum precipientis) al servo. 2.2. La distinzione di due sensi del termine ‘praeceptum’ riappare, come ho detto, nel Defensor minor. Nel Defensor minor, Marsilio esamina i significati dei due termini [nomina] ‘praeceptum’ e ‘prohibitum’ e afferma che i termini ‘praeceptum’ e ‘prohibitum’ possono avere due significati [intentiones sive significationes]: «Nomina praecepti et prohibiti duas intentiones sive significationes habere possunt»(19).

In particolare, secondo Marsilio, il termine ‘praeceptum’ può significare: (i) sia l’atto di prescrizione (l’actus praecipiendi); (ii) sia l’atto prescritto (l’actus aut opus eius, cui praecipitur). Per chiarezza, riproduco l’intero passo del Defensor minor, nel quale Marsilio indaga i due sensi del nomen ‘praeceptum’: «Nomina praecepti et prohibiti duas intentiones sive significationes habere possunt: unam videlicet, quod nomine praecepti sive prohibiti intelligatur actus praecipiendi, sive praeceptio a praecipiente procedens, quasi active sumpta; reliquo vero modo, ut intelligatur per praedicta nomina non actus praecipiendi eius, qui praecipit seu imperat, sed potius actus aut opus eius, cui praecipitur, quasi passive; quomodo dicitur ex usu, servum fecisse praeceptum domini, cum id egit aut agere omisit, quod sibi per dominum suum praecipiebatur fieri vel omitti, verbi gratia, ut equum parare, vinum propinare et reliqua servitia talia; et isto modo significat sive sonat praeceptum et prohibitum, idem quod imperatum, non imperium sive actum praecipiendi, sumptum active, quoniam huiusmodi non facit servus in quantum servus, sed solummodo dominus»(20). (19) MARSILIO DA (20) MARSILIO DA

PADOVA, Defensor minor, 1342, 1979, p. 270.

PADOVA, Defensor minor, 1342, 1979, p. 270 (tr. it. di Cesare Vasoli: p. 160). Ecco la traduzione di Cesare Vasoli: «I termini ‘precetto’ e ‘proibizione’ possono avere due intenzioni o significati, cioè a seconda che con il termine ‘precetto’ o ‘proibizione’ s’intendano gli «atti di prescrivere» (ossia il precetto proveniente da chi prescrive quasi inteso in

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2.3. Attraverso la distinzione di due intentiones sive significationes (nel lessico di Frege: due Sinne) di ‘praeceptum’, Marsilio distingue due specie di referenti (nel lessico di Frege: due tipi di Bedeutung) del termine ‘preceptum’, cioè due specie di entità alle quali il termine ‘praeceptum’ può riferirsi. 2.3.1. La prima entità che può fungere da Bedeutung del termine ‘praeceptum’ è l’atto della prescrizione (l’actus precipientis, l’actus imperandi). 2.3.2. La seconda entità che può fungere da Bedeutung del termine ‘praeceptum’ è l’oggetto dell’atto di prescrizione (il volitum per actum precipientis). Il termine ‘praeceptum’ può, infatti, designare (in quanto atti che sono oggetto di una prescrizione): (i) l’atto di bardare un cavallo [equum parare], (ii) l’atto di versare il vino [vinum propinare]. Questa seconda specie di Bedeutung del termine ‘praeceptum’ può essere definita (nel lessico del filosofo inglese Richard Mervin Hare) il «frastico» («phrastic») del comando(21). Riferimenti bibliografici ANCONA, ELVIO - TODESCAN, FRANCESCO (eds.), Marsilio da Padova, Padova, Cedam, 2007. BATTAGLIA, FELICE, Marsilio da Padova e la filosofia politica del Medio Evo, Firenze, Le Monnier, 1928. Ristampa anastatica: Bologna, Clueb, 1987. senso attivo) o, si intendano con i termini predetti non l’«atto di prescrivere» di colui che prescrive o comanda, ma piuttosto l’atto o l’opera di colui al quale viene impartito il precetto, quasi in senso passivo; in quel modo, insomma, per cui diciamo, nell’uso comune, che il servo ha eseguito il precetto del padrone quando ha fatto od omesso ciò che il suo padrone gli aveva prescritto di fare o di omettere, come, ad esempio, bardare un cavallo, versare il vino ed altri simili servizi. In questo senso ‘precetto’ o ‘proibizione’ significa o indica «cosa comandata» e non «comando» o «atto di prescrivere», in senso attivo, perché ciò non può fare il servo in quanto servo, ma soltanto il padrone». (21) Cfr.

2008.

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MARSILIO DA PADOVA FILOSOFO DEL NORMATIVO 2009

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