L\'universo, questo grande calcolatore
Descripción
L’universo, questo grande calcolatore di Roberto Siagri
Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza Dante, Inferno ,Canto XXVI ‐ Ulisse
Un libro può cambiare la vita All’età di 12 anni mi venne regalato un libro che serbo ancora con nostalgia e che mi ricorda sempre quanto ci rimanga da imparare per tanto si studi. Il libro è “Spazio, Tempo e Gravitazione” di Arthur Eddington1, un grande fisico inglese che si batté, ai tempi della stesura da parte di Einstein della teoria della relatività generale (che estende la teoria della gravitazione universale di Newton) quando questi era ad insegnare a Berlino, per dimostrare la correttezza della stessa contro un corpo accademico inglese che rifiutava ostinatamente tutto ciò che proveniva dalla Germania allora in guerra con l’Inghilterra. I conflitti e le ideologie dividono le nazioni anche sulle idee scientifiche, nonostante la neutralità e universalità del sapere. Eddington, di indole pacifista, sfidava questi ostacoli ideologici e cercava di estraniarsi dalle vicende contingenti della guerra per trovare nella scienza una maniera per gettare ponti, mettendo la conoscenza sopra la brutalità degli eventi in corso. In realtà a quell’età non sapevo ancora la storia di Eddington, che ho conosciuto solo più tardi, ma mi sembra importante ricordarla. Quello che mi interessava a quel tempo era riuscire a leggere quel libro, e devo dire che non fui capace di portarmi oltre i primi due capitoli. Poi gli studi e gli interessi presero altre direzioni e il completamento della lettura finì nel dimenticatoio. Ho iniziato con questa storia perché dietro la teoria della relatività generale (a cui si è aggiunta successivamente la meccanica quantistica) si mettono in gioco un po’ tutte le nostre conoscenze di cosmologia (dal Greco κόσμος, kosmos "Universo " e ‐λογία, ‐logia "studio"), che è lo studio dell’origine, dell'evoluzione e del futuro destino dell'universo, inteso come sistema ordinato e complesso in antitesi al caos (dal greco χάος, khaos, che si riferisce a uno stato senza forma che precede la creazione dell’Universo). Non so perché un professore delle medie mi regalò quel libro, anche se immagino fosse perché già in quegli anni avevo un forte interesse per le scienze e per l’astronomia in particolare. Fu un dono prezioso nonostante la difficoltà dell’argomento;si tratta di un libro difficile anche per un laureato in fisica che non abbia seguito un indirizzo teorico. Due cose importanti mi rimasero impresse nella mente: la necessità di sforzarsi di guardare ai problemi da angolature diverse e inusuali, e il fatto che alcuni, andando oltre l’istinto naturale di vivere e sopravvivere, mostrino la propensione a spingersi verso la conoscenza e la comprensione del luogo in cui siamo, ovvero dell’universo. Pur non avendo terminato la lettura del libro mi rafforzai nella convinzione che la comprensione dell’universo fosse una cosa importante per dare un senso alla nostra esistenza, compresa quella quotidiana. Inoltre con il tempo mi sono convinto che la nostra mente ha bisogno di classificare i problemi confinandoli in spazi logici finiti. Senza un confine ci mancano i riferimenti, e si tende a lasciare il campo libero all’irrazionale, al caos e all’insicurezza che tentiamo da sempre di rifuggire. Il bordo o la frontiera ci permettono di non perdere il controllo, perché se da un lato sappiamo bene che non abbiamo 1
Arthur S. Eddington, Spazio, tempo e gravitazione ,Bollati Boringhieri, Torino, 1971, 2 ed.
ancora una risposta per quello che sta aldilà, sappiamo anche che possiamo continuare ad investigare il mondo conosciuto, con l’obiettivo di spostare sempre più in là la frontiera. E' questo che fa la scienza. Rimane dunque da indagare su come sia nato questo universo, su come esso si evolva e su quale sia il nostro posto in esso. Quando un po’ più adulto ho cominciato ad alzare gli occhi al cielo durante una notte serena e a soffermare il pensiero sull’enormità che ci sovrasta, mi sono sentito impotente ed inutile, ed è questo certamente il pensiero che passa per la mente di tutti, che ci blocca e ci paralizza. Si capisce perché fin dall’antichità si sia cercato di porre un limite, di confinare il tutto a un lembo di terra nota, di delimitare perfino la volta celeste a uno schema fatto di più sfere concentriche, per passare poi con il tempo alla visione dell’universo come lo conosciamo ora, in espansione e popolato da tante galassie ed ammassi di galassie simili alla nostra. Pensavamo di esserci messi al riparo confinando il nostro mondo dentro una matriosca di sfere, ci eravamo costruiti il nostro guscio protettivo di cui pensavamo di conoscere le regole, e tutto quello che stava fuori non ci interessava. Oggi abbiamo una nuova visione dell’universo, per ora forse un po’ metafisica: l’universo calcola continuamente il suo stato futuro ed il calcolo sta andando avanti dal big bang ovvero da 14 miliardi di anni. Dal nulla (lo schermo nero del computer) all’universo così come lo conosciamo (lo schermo del computer popolato di finestre, icone e programmi in esecuzione) e tutto questo a partire da un programma basato su algoritmi molto semplici. Programma e algoritmo Abbiamo introdotto nel precedente paragrafo due parole che, pur essendo ormai entrate nel dizionario di tutti, per questioni di leggibilità qui brevemente definiamo. Un programma per computer, o solo un programma, è una sequenza di istruzioni scritte in modo da poter essere lette ed eseguite da un computer. I programmi vengono anche chiamati software per distinguerli dall’hardware che invece si riferisce alle componenti elettroniche. Un computer per funzionare ha bisogno di istruzioni, perché non sa fare altro che eseguire istruzioni di cui è sempre in attesa. I programmi o i software si possono dividere in due grandi filoni: software di sistema e software applicativo. I computer che comunemente usiamo possono eseguire contemporaneamente due o più programmi. In informatica e in matematica, un algoritmo è un metodo efficace, espresso come un insieme finito di istruzioni2 che specificano una sequenza di operazioni da effettuare al fine di risolvere un problema specifico o una classe di problemi. Gli algoritmi vengono utilizzati sia per esigenze di calcolo che di elaborazione dati, e anche per automatizzare ragionamenti logici. Dunque un programma è l'espressione concreta di un algoritmo in un particolare linguaggio di programmazione, pensato per risolvere un problema specifico. Visto da un'altra angolatura potremmo dire che la fase di progettazione produce un algoritmo, la fase di implementazione poi produce un programma che esprime l'algoritmo progettato. A tale proposito un algoritmo si presta molto meglio di una formula a descrivere la realtà. Si pensi all’animazione digitale e ai livelli di 2
Un algoritmo deve possedere le seguenti proprietà. Finitezza: l’algoritmo si deve completare dopo un numero finito di passi. Non ambiguo: ogni passo deve essere chiaramente definito, e avere una sola interpretazione. Sequenza definita: ogni passo deve avere un unico e definito modo di precedere. La prima fase e l'ultimo passo devono essere chiaramente notati. Fattibilità: Deve essere possibile eseguire ogni istruzione. Ingresso/uscita: ci deve essere un numero specificato di valori di input e uno o più valori di risultato.
vicinanza ccon la realtàà che questaa ha raggiunnto, il tutto o grazie ad a algoritmi e ccalcolatori m molto veloci. Traa i più celebri teorizzato ori che tuttoo è algoritm mo è Gregorry Chaitin, cche così descrive il progresso del pensierro umano: ““L'eredità inntellettuale dell'Occidente, e a queesto propossito permetteteemi di ricorrdare Pitago ora, Platonee, Galileo e James Jean ns, afferma che tutto è numero; Dio è un m matematico. Ora iniziam mo a crederre a qualcossa di leggerm mente diverrso, un perfezionaamento del credo pitaggorico originnale: ogni co osa è softw ware; Dio è uun program mmatore di 3 computer. O forse dovrei dire: Tu utto è algorritmo!” Tutto è diggitalizzabile e Se guardiamo bene il mondo into orno a noi, ppossiamo vedere che è è più discretto che continuo (più rappresenttabile in forrma digitale e che analoggica, contrariamente all’evidenza)), a cominciare dal DNA che èè in fin dei cconti una se equenza, ovvvero un pro ogramma ch he permettee di costruire le strutture vviventi del p pianeta (piante, insetti,, pesci, anim mali e uman ni). Per nonn parlare de elle particelle eelementari, che oltre ad essere disscrete possono presen ntarsi solo coon livelli disscreti delle grandezze fisiche che le caratteriizzano, com me ad esemp pio l'energia a. Anche la musica, che e sembrava il regno deel continuo, è invece diventata il reegno del diggitale. Quassi tutti i riprroduttori ogggi usano il formato MP3 che è un formato o digitale, e lo stesso diicasi per la ffotografia ee i video con i relativi formati diggitali JPEG ee MPEG, tan nto per citarre i più notii. Tutto intorno a noi èè fatto in ulltima istanza di 00 e 1. Chaitiin è anche m molto criticoo sull’esiste enza dei num meri reali, cche aldilà de el nome, di reale semb brano averee ben poco: se la naturaa è discretaa, dunque ra appresentabbile con interi, al massimo eesistono le ffrazioni di in nteri ovveroo i numeri rrazionali, da a cui conseggue che i nu umeri reali inclusivi deegli irrazionali (π pi‐gre eco, e di Eul ero, σ sezio one aurea, e ecc..) derivaano dalla no ostra percezionee e descrizione di un m mondo cont inuo, ma co osì non è. U Un po’ comee a dire che esistono lo 0 e l’1 e i numeri naaturali, men ntre tutti glii altri numeri sono il rissultato di opperazioni dii algoritmo.. Fig. 1: un cerrchio non è alttro che il risultato di un’opeerazione di lim mite. E’ il risultato del contiinuo aumenta are i lati del poligono iscrritto o circoscrritto, un’estra apolazione di uun poligono re egolare con in nfiniti lati
pio, i numeri irrazionali come pi‐grreco, di cui n non conosciamo tutte le cifre e du unque Per esemp riusciamo aa rappresen ntare solo p parzialment e, potrebbe ero invece essere rapppresentati con un programma in tutta laa loro formaa. L’algoritm mo che descrive pi‐greco è molto breve, dunque pur avendo un numero infinito di cifrre la quantittà di inform mazione con ntenuta nel numero è b bassa, visto che è la co omplessità d dell’algoritm mo che definnisce la quaantità di info ormazione ccontenuta n nel numero (complessiità di Kolmo ogorov). A Al contrario un numero o che sia verramente cassuale non h ha un algoritmo per generarrlo e dunque il “suo al goritmo è e esso stesso””, la sua co mplessità è è massima. Un prograamma, che èè basato su un algoritm mo, richiede e un calcola atore per la sua esecuzzione, ed è 3
G. J. Chaitin, Leibniz, Inforrmation, Math aand Physics 21 JJun 2003 http:///arxiv.org/abs//math/03063033
qui che sta il punto di svolta secondo G. O. Longo: questa considerazione infatti promuove il “…computer al grado di “concetto filosofico” rivoluzionario. Probabilmente il risvolto più clamoroso di tale designazione consiste nella scoperta ‐ a dir poco epocale ‐ che esiste un linguaggio (ndr: il linguaggio di programmazione che esprime l’algoritmo) il quale rispecchia la realtà in modo molto più aderente di quanto lo possano fare le parole e i numeri.”4 Non rassegnarsi alla casualità Quando si pensa all’universo o alla nostra vita non si può non pensare al caso, ma l’idea che tutto sia avvenuto per caso non sembra ragionevole dal punto di vista probabilistico. A tale proposito si cita il teorema della scimmia programmatrice instancabile. Questo teorema afferma che una scimmia che prema a caso i tasti di una tastiera per un tempo infinitamente lungo quasi certamente riuscirà a comporre qualsiasi testo prefissato. Ebbene, anche se questa affermazione sembra plausibile, in realtà la probabilità che la scimmia riesca a comporre in modo casuale le prime righe dell'Amleto di Shakespeare è pressoché pari a zero. Il testo dell'Amleto contiene circa 130.000 caratteri, e se anche tutto l'universo fosse pieno di scimmie, una al posto di ogni atomo (1080), ed esse digitassero per un tempo pari a 100 volte la vita dell'universo (~1012 anni), la probabilità di riprodurre l’Amleto sarebbe ancora così infinitesimale da non essere diversa da zero (1/ 10 183800). Se però il testo casuale digitato dalla scimmia lo interpretiamo come codice di un programma, allora le cose cambiano. Infatti la probabilità che una scimmia digiti casualmente un programma che possa spiegare l’universo così come lo vediamo è certamente piccola, ma pur sempre possibile. O come direbbe Jürgen Schmidhuber : “la nostra fondamentale incapacità di percepire lo stato del nostro Universo non implica l’esistenza in esso di casualità”5. Schmidhuber, che si occupa di intelligenza artificiale e di cui è ben noto l'algoritmo che definisce la bellezza, oltre ad essere contrario al caso, come del resto lo sono diventato io, è anche un sostenitore dell'idea che l’Universo che conosciamo è il risultato di un programma. E’ anche vero che l’universo è stato descritto dall’uomo in funzione delle conoscenze storicamente disponibili, passando nel tempo dal descriverlo come un complesso organismo, al vederlo come un complesso di orologi oscillatori, per arrivare alla descrizione di oggi fatta nell’era digitale: l’universo come un grande computer. C’è da domandarsi se questo modo di procedere non derivi semplicemente dal fatto che noi descriviamo il mondo di volta in volta con gli strumenti che abbiamo a disposizione, ma forse c'è qualche cosa d’altro dietro a questo, ovvero che i nostri strumenti, essendo sempre più raffinati, ci permettono di comprendere sempre di più e meglio il nostro mondo ed il nostro universo. Per dirla come Slavoj Žižeck : “la tecnologia non imita più semplicemente la Natura, piuttosto rivela il meccanismo sotterraneo che la genera.”6 Se esaminiamo la vita e la carriera di John Archibald Wheeler7, uno dei grandi fisici del secolo scorso, possiamo avere un esempio di questa evoluzione. Fino al 1950, ci fu una fase che lui stesso chiamò "Tutto è particella", un periodo in cui egli era alla ricerca di modi per costruire tutte le entità di base, come neutroni e protoni, a partire dalle particelle più leggere e fondamentali quali 4
G.O. Longo, A. Vaccaro, Bit Bang La nascita della filosofa digitale, Apogeo, 2014 Jürgen Schmidhuber, A computer Scientist’s View of Life, the Universe and everything , in C. Freksa (editor), Lecture Notes in Computer Science, Springer, 1337, 1997 6 Slavoj Žižeck, L’epidemia dell’immaginario, Boringhieri, Torino 2003 7 http://robward.org/john‐wheeler‐summarises‐his‐life‐in‐physics/ 5
i quark. Nella seconda fase, che egli definì "Tutto è campo", cominciò a vedere il mondo come fatto di campi di forza, in cui le particelle erano semplici manifestazioni dei campi elettrici, magnetici, gravitazionali e dello stesso spazio‐tempo. La terza fase, che è anche la più recente e che lui ha chiamato "Tutto è informazione", è iniziata quando si è concentrato sull'idea che la logica e l’informazione sono alle fondamenta della teoria fisica. Da queste considerazioni si comincia a intuire che il calcolatore non è solo una macchina complessa, ma è qualche cosa di più, e non solo, come si è visto, dal punto di vista del ragionamento filosofico che sottende. Il calcolatore abilita una nuova matematica e dunque un nuovo pensiero. Questo è importante perché molte difficoltà incontrate in passato nel pensare che tutto sia deterministico derivavano dalla mancanza di modelli matematici che, pur nel determinismo, lasciassero spazio all’umana imprevedibilità del futuro e dunque al libero arbitrio. Contrariamente a quelli che ritengono che il determinismo e il libero arbitrio si escludano a vicenda, io credo come tanti altri che le due idee possano coesistere, a patto di intenderci sulla definizione di libero arbitrio, vista la non univocità del termine. Se per libero arbitrio definiamo semplicemente la percezione di essere “attore” che ogni essere umano ha mentre agisce, allora i due concetti possono coesistere. Ovvero anche se gli esseri umani non possono formare indipendentemente dal contesto i propri desideri e convinzioni, l'importante è che l’interpretazione di "libero arbitrio" sia collegata alla possibilità di tradurre quei desideri e quelle convinzioni in azioni volontarie. Con questa premessa andiamo ora alla ricerca della matematica che sia in grado di coniugare determinismo e libero arbitrio. L’avvento dei calcolatori e le formule ricorsive Con il calcolatore possiamo finalmente vedere all’opera e vedere il risultato della matematica ricorsiva, che è una matematica difficile da comprendere senza il calcolatore stesso, e dunque non era mai stata presa in considerazione come descrittrice dei modelli fisici fino agli anni ’60 dello scorso secolo. Si tratta di una matematica che ha formule molto semplici ma che necessita di un calcolatore per arrivare ai risultati, perché nella maggior parte dei casi i risultati si vedono solo dopo che si sono eseguite tantissime iterazioni. Le due tipologie di ricorsive più note sono quella dei frattali e quella degli automi cellulari. Partiamo dai frattali di cui credo un po’ tutti abbiamo visto delle immagini, magari senza sapere cosa rappresentassero (vedi figura 2) . Si tratta di oggetti tra i più complessi della matematica, anche se la loro formula è spesso in apparenza molto semplice. Ad esempio nel caso dei frattali tipo Mandelbrot, studiati da Benoît Mandelbrot8 dal quale prendono il nome, la formula è del tipo: Zn+1=Zn 2 + A (dove n è un numero intero che va da 0 a infinito mentre Z e A sono numeri complessi 9) Nella formula, le A rappresentano dei punti del piano (piano complesso). Per sapere se le Z fanno parte dell’insieme di Mandelbrot, la successione degli Zn per un dato A deve convergere a un numero finito. Se la serie converge viene attribuito al punto il colore nero. Se la serie diverge (cioè 8
Benoît B. Mandelbrot, Gli oggetti frattali, Torino, Einaudi 1987 Un Numero Complesso Z è composto da una coppia di numeri reali X e Y, dunque rappresentabili come un punto nel piano. Il primo numero è chiamato parte reale, il secondo parte immaginaria e si scrive anche come (X, iY). L’unica “magia” che hanno queste coppie è di essere dotate di una regola di scambio tra parte reale e parte immaginaria che si materializza con la moltiplicazione tra coppie, ovvero: il prodotto di due parti immaginarie dà luogo a una parte reale, il prodotto di due parti reali dà ancora luogo a una parte reale, il prodotto di una parte reale e una immaginaria dà luogo a una parte immaginaria.
9
il numero d diventa sem mpre più graande), alloraa in funzion ne della velo ocità con cuui diverge (d di quanto incrementaa tra un passsaggio e l’aaltro) le vienne assegnatto un colore e. Dunque lee parti colo orate non fanno partte dell’insiem me di Mand delbrot.
Figura 2: a) frattale di Mandelbrot; 10 b) sviluppo o tridimensionnale di un fratttale11
Vediamo ill cambio di paradigma che si cela dietro a questa appare ente sempli cità. L’indicce n nella formula staa ad indicarre che ogni risultato vieene calcolatto a partire dal risultatto preceden nte. Se vogliamo ssapere qual è il centesimo risultatoo bisogna m mettere nellla formula i l 99esimo rrisultato, ma per sap pere questo o bisogna avver messo pprima nella fformula il 9 98esimo risuultato, e cossì via. Ecco che allora ssi capisce che per ottenere un quaalsiasi risulttato devo a aver calcola to o devo ccalcolare tutti i valorri precedenti. Prima dell’avvento dei calcolatori queste funzioni rim manevano inesplorate perché, come si può intuire, lo svvolgimento manuale richiede tanttissimo tem po. La figurra 2.b mostra unaa rappresen ntazione trid dimensionaale di un frattale. In na atura non trroviamo il se et di punti del frattalee di Mandellbrot. Tuttavia, i mode lli matemattici che prod ducono l'inssieme di Maandelbrot si presentaano in un ceerto numero o di sistemi naturali. A tale propossito le immaagini sotto riportate sono esem mpi di conneessioni tra laa periodicitàà del set di Mandelbrot e le perioddicità che troviamo in natura: cosste marine, vegetali, de elta di fium mi ecc.
ure frattali in natura: a) proofilo di una co osta 12; b) brroccolo romannesco 13; c) alberi14 Figura 3: Eseempi di struttu
10
11 12 13
Phil Reeed https://www w.flickr.com/ph hotos/master‐pphillip/ Mandellbrot Exploratio on Tai Le https://www.fflickr.com/photos/taile/ 3D fr actal Ken Douglas, https://www.flickr.com m/photos/goodd_day/ Karen B Booth, https://w www.flickr.com m/photos/frenc htart/
Dai frattali agli autom mi cellulari La formulaa di un frattaale è dunqu ue un primoo esempio d di formula riicorsiva dovve la ricorsiività serve per calcolaare il risultatto in un datto punto. Si è anche vissto che non n è una form mula risolvib bile per via analitica. P Per la soluzione di quessto tipo di foormule si deve ricorrerre a un proccedimento formale composto dal ripeterssi di un dete erminato nuumero finito o di passi, o ovvero quelllo che prima abbiamo chiamato aalgoritmo. EEsso viene p poi trasform mato con un n linguaggio di program mmazione in n un programma, il quale vviene infine eseguito daa un calcolaatore. In ge enerale noi risolviamo o ogni problema ggeometrico o o matematico, anche se istintivamente e senza accorgeercene, in m maniera algoritmicaa ma con un n numero limitato di paassi. Ci sono o poi formu ule come quuella del fratttale che richiedono o così tante iterazioni (rripetizione di una sequ uenza di passsi) che prim ma dell’avve ento del calcolatoree risultavano umaname ente pressooché incalco olabili. Grazzie ai calcolaatori si è po otuto dunque iniiziare ad esp plorare que este aree deella matemaatica, portando alla lucce un nuovo o filone di ricerca chee non riguarrda solo ogggetti matem matici dellaa tipologia d dei frattali m ma anche ogggetti logico/mattematici co ome gli auto omi cellularii. Gli automi cellulari so ono modellii matematicci che si evo olvono in fu unzione di uuna regola logica e: il termine “automa”, perché si anche molto semplicee. Il nome ggià ci svela aalcune cose comportan no (evolvono nel tempo) seguendoo automaticamente un na regola; i l termine “ccellulare” perché la loro natura è discreta e e si raffigurrano per l’ap ppunto grafficamente ccome piccolle celle può assume ere solo duee valori, vuo oto o pieno, cioè di soli to bianco o o nero (nel quadrate. Ogni cella p di evoluzionne, applicata al colore d della cella ssotto esame e, è mondo diggitale 0 o 1). La regola d funzione dello stato (ccolore) delle celle vicinne e detta il risultato ( ccolore) futuuro della cella. Per ù compiutam mente il fun nzionamentto prendiam mo il caso dii un automaa cellulare capirne più monodimeensionale, o ovvero una rriga di quaddratini: poicché il colore e dipende daai vicini e dato che ogni cella h ha due vicin ni, il numero o possibile ddi stati in cu ui si possono trovare raaggruppate tre celle è 8 (per la reegola delle combinazio oni: 2 stati__cella1*2 staati_cella2*2 2 stati_cellaa3 = 23 =8). Ognuno di questi statti raggruppaati ammette ancora duue possibili futuri, dunq que le possiibili regole di evoluzionee sono 256, ovvero tuttte le combinnazioni deggli otto possibili stati deelle tre celle e (per la regola delle combinazzioni e aven ndo 8 configgurazioni: 2sstati futuri cconfig.1 * 22stati futuri config.2 8 256) . Ogni A Automa è id dentificato ccon il numeero della reggola , e qui *... * 2stati futuri conffig.8= 2 =2 sotto in figgura 4 possiamo vedere e la regola ddi comportaamento dell’automa ceellulare num mero 90 con la sua evoluzione. La prima iimmagine rrappresentaa la regola, la seconda lle prime evoluzioni in cui appaiono pattern regolari che e si susseguuono nel tem mpo.
Figura 4: a)) Automa Cellulare Regola 90; b) evoluzione nel tempo dell’Autooma Cellularee R.90 14
Paulo V Valdivieso, httpss://www.flickr.ccom/photos/p__valdivieso/
mbiamo rego ola e prendiamo l’automaa della regolaa 30 (figura 5 5), osservanddolo su scale e temporali Se però cam più lunghe, ecco che appaiono delle e irregolarità , ovvero un ccomportame ento del tuttto imprevedibile rispetto mpo. all’automa 990 che invecce mantiene la sua regolaarità nel tem
Figura 5: a a) Automa cellulare Regola a 30; b) evoluzione nel tem mpo dell’Autooma Cellulare R.30
Stephen W Wolfram15 neel libro “A n new kind of science” paarla diffusam mente di quuesto tipo d di automi monodimeensionali, e racconta dii come sia r iuscito a tro ovarne anch he alcuni chhe riproduce endosi soddisfano o a molte leeggi della fissica, mentree altri sono totalmente e sterili o daanno luogo indefinitam mente agli sstessi patterrn. Questi m modelli matematici si riiscontrano aanche in naatura e qui di seguito vvediamo un n esempio d di un patter n simile all’’automa della regola 300 in conchigglie che non hanno o mai visto la luce del sole e che si trovano nelle profond dità oceanicche.
Figura 6 : Co onus textile (a))16 mostra il p pattern di un aautoma cellullare del tipo 3 30 (b) sul suo gguscio
Un automaa cellulare altrettanto famoso è qquello bidim mensionale iinventato dda John Conway 17 e chiamato ““il gioco della vita”. Ne el suo insiem me non diffferisce molto dal frattaale monodimeensionale, se non per ill fatto che i quadrati su uddividono un piano cche diventa una sorta di scacchieera. Anche qui ogni quadrato puòò avere solo due stati, ““vivo” o “moorto”, rappresentati dai colori b bianco e nero (0 o 1). SSi definisco no a caso un certo num mero di caseelle “vive” e e si osserva come si evvolvono nel tempo, statto dopo staato, in funzio one di una regola per il cambio di colore dipendentee dallo stato o delle celle e vicine, chee in un pian no sono 8 mentre nel caaso monodimeensionale errano 2. La re egola per viivere è averre almeno 2 2 o 3 celle vvicine “vive””. Se ce ne 15
Stephen Woolfram, A new kind of science,, Wolfram Meddia, 2002
16
Richard Lingg https://www w.flickr.com/photos/rling/ Texxtile Cone
17
Gardner, Martin "Mathem matical Games – – The fantastic ccombinations of of John Conway's new solitaire e game "life"", Scientific A American 223, O October 1970.
sono di meeno si muorre per solitu udine, se ce ne sono di più si muorre per sovraaffollamento. Vale anche la reegola che see una cella ““morta“ si ttrova vicino a 2 o 3 celle “vive”, quuesta ritorn na in vita. 18 Da quando o il gioco deella vita è staato inventa to nel 1970 0 , sono sta ate identificcate molte interessanti "creaturee" viventi in questo uniiverso. Esse includono modelli chee rimangono o invariati, oscillano p periodicameente, scivolaano attrave rso lo spazio mentre oscillano, o m modelli che emettono forme che partono veerso l'estern no, chiamatee astronavi. Utilizzand do tali compportamenti è possibile implementtare dei mo odelli che traasportano i nformazion ni o che fann no operaziooni logiche. Ma se il gioco dellaa vita permeette di fare operazioni logiche, allo ora esso è a a sua volta uun compute er, ed è a 19 questa con nclusione ch he arriva Paaul Rendell nel 2000 .
Figura 7. : Gioco della vitaa:, 9 passi di evoluzione deel pattern 1 se econdo la rego ola descritta nnel testo
Formule non ricorsive e e complesssità irriduccibile Abbiamo finora visto i frattali e ggli automi ceellulari , che e sono due esempi di fo formule rico orsive. Vediamo o ora le formu ule non rico orsive, che ssono quelle più comun nemente ussate e che tu utti abbiamo im mparato a sscuola. Di qu uesto grupppo fanno paarte anche le funzioni cche descrivvono i fenomeni ffisici. Prend diamo per esempio unaa delle form mule più sem mplici, ovverro y=a*x
ppresentazion ne nel piano di una retta ((in questo ese empio a=2) Figura 8: rap
che è la forrmula di un na retta passsante per l’ origine in un piano carrtesiano (figgura 8). La sstessa forma assu ume anche la formula d del moto di un corpo aa velocità co ostante: s==v*t . Posso sapere quanto spaazio ho perccorso al tem mpo t senza sapere quaal era lo spa azio percorsso al tempo t‐1, ovvero perr conosceree un risultato non devoo conoscere il risultato precedentee. Queste fo ormule sono chiam mate anche funzioni . C Come ulteriiore esempio prendiam mo la traietttoria di un p pallone colpito con n un calcio. Essa è facilmente desccrivibile dalla formula d della parabbola del tipo o: y= 2 a*x +b*x+ c.
19
http://rendell‐attic.org/gool/tm.htm
Figura 9: a) p parabola in un n quadrante d del piano carteesiano b)traie ettoria ideale di un pallone e lanciato con un calcio
Il moto è d descritto da una funzione risolvibille per via an nalitica e se enza far ricoorso a formu ule ricorsive, o ovvero ogni punto può ò essere calccolato senza tener con nto dell’evolluzione storrica dei punti preceedenti. Chiamerem mo i fenomeeni che possono esseree descritti d dalle funzion ni fenomenni “riducibilii”, poiché essi posson no essere descritti (ridotti), anchee se complessi, con una a formula chhe è una funzione. Chiamerem mo invece feenomeni “irrriducibili” qquei fenom meni che non n possono eessere ricon ndotti a formule caalcolabili per via analitica con una funzione, e e che dunqu ue continua no a celare la loro complessittà. Faremo o ora due ese empi che sppiegano la d differenza trra i due cas i. Come prim mo caso preendiamo un orologio e lo apriamo: vediamo che per quaanto complicato sia il suo meccanismo interrno, il movimento com mplessivo pu uò essere se empre scom mposto in taanti e in questo movimentii elementarri, la sommaa dei quali rricostruirà iil movimentto complesssivo. Anche caso il funzzionamento o del sistema è indipenndente dallaa storia del sistema steesso, vale a dire che per calcolaarne il funzio onamento, ammesso cche si conossca la formu ula che lo deescrive, si p può partire da un qualunque istan nte nel tempo, trascuraando il com mportamento nel tempoo antecedente.
Figura 10: a)un orologio è un sistema co omplicato; 20, b) una manife estazione è un n sistema com mplesso. 21
Se prendiaamo invece in considerazione una manifestazzione di piazzza, vediam mo che, in qu uesto caso, non è posssibile scomp porre il siste ema in tantii sottosistem mi descrivib bili con funzzioni, e non è possibile disporre dii una funzio one analiticaa che descriiva il fenom meno. Le varrie componeenti del sisttema, oltre a essere diipendenti trra di loro co ome nel cas o dell’orolo ogio, dipend dono anchee dal loro passato, c’è una dipend denza tra co osa succede e al tempo tt e cosa succederà al te empo t+1. Q Queste situaazioni, per le quali non disponiam mo di formu ule analitichhe, vengono o definite “ccomplesse”,, e la loro co omplessità 20
21
Ben Graantham https://www.flickr.com/photos//ijammin/ Steve Kaaiser https://w www.flickr.com/photos/djbbones/
“irriducibile”. Se la complessità è riducibile, ci troviamo solo di fronte ad un meccanismo complicato. Le formule degli automi cellulari, di qualunque dimensione essi siano, sembrano conciliarsi di più con i fenomeni complessi che si sviluppano in maniera consequenziale. Queste formule rappresentano dunque un vero e proprio cambio di paradigma: mentre nelle formule non ricorsive un risultato futuro può essere calcolato, una volta nota la formula, indipendentemente dal risultato passato, nelle formule ricorsive invece un risultato futuro può essere previsto solo se sono stati calcolati tutti, e ripeto tutti, i valori passati. Insomma dobbiamo ripercorrere la storia dall’inizio per conoscere il futuro, la qual cosa dal punto di vista della nostra esperienza di umani non dovrebbe stupire più di tanto. L’universo: un calcolatore che computa in maniera ricorsiva il suo stato futuro In un primo momento la scoperta di queste “strane” formule ricorsive mi aveva incuriosito, per la loro soluzione per via algoritmica e la vicinanza ai calcolatori, e anche per la loro facilità di programmazione. Leggendo qua e là avevo intravisto un collegamento con alcune strutture del mondo fisico, ma non avevo notato alcun nesso con l’evoluzione dell’universo finché non mi sono imbattuto nel libro di Stephen Wolfram citato in precedenza22. Devo dire che questa lettura mi ha riordinato le idee, almeno dal punto di vita logico, lungi dal dire di aver compreso la questione. Sto cercando di spiegare perché la cosa ha un senso logico, e parto dalla formazione che ho avuto e che mi ha portato ad avere una visione deterministica del mondo e dell’universo. Dentro questa visione non c’è spazio per il caso e tutto è causalità. Il problema nasceva dal fatto che le uniche formule che conoscevo e che servivano a descrivere i fenomeni e dunque l’universo erano del tipo non ricorsivo, provenienti da una visione “riducibile” dell’universo che risaliva a Cartesio e Leibnitz. Una formula risolvibile per via analitica che descrivesse l’universo mi preoccupava un po’. Era difficile accettare un determinismo che permettesse di ridurre l’universo a una formula calcolabile per via analitica, perché per tanto complessa essa fosse, sarebbe stata pur sempre calcolabile, anche se con delle approssimazioni, e ciò avrebbe messo nelle mani di chi avesse avuto la formula (e strumenti di calcolo sufficientemente potenti) il futuro! Questo ovviamente avrebbe tolto a ciascuno di noi la possibilità, almeno in principio, di autodeterminarsi ovvero di poter disporre del libero arbitrio. Il primo problema che mi si poneva era quindi come coniugare determinismo e libero arbitrio. La scoperta delle formule ricorsive, come quelle del tipo dell'automa cellulare, può dare un'ottima risposta alla domanda. Se infatti la formula dell’universo fosse una formula ricorsiva, allora potremmo far convivere determinismo e libero arbitrio senza paura che qualcuno possa “rubarci” il futuro, perché una formula di tipo ricorsivo non permetterebbe a chi la possiede di avvantaggiarsi di essa per scrutare nel futuro. Per fare ciò, questi dovrebbe disporre di un calcolatore così potente da riuscire a eseguire la formula dalla sua prima iterazione (il momento della nascita dell’universo) all’iterazione che porta allo stato attuale, il tutto in un tempo decisamente inferiore ai 14 miliardi di anni. Tuttavia, sappiamo da considerazioni logiche e fisiche che è impossibile costruire un sistema più efficiente del sistema che lo contiene, in altre parole, è impossibile costruire un calcolatore che sia più efficiente del 22
Vedi nota 15
calcolatore che lo contiene. Dunque possedere la formula ricorsiva dell’universo avrebbe unicamente uno scopo estetico e scientifico. Essa permetterebbe di conoscere le prime fasi dell’universo, e forse di capire l’evolversi di alcuni fenomeni locali, visto che i pattern dentro le formule ricorsive tendono a ripetersi, anzi la ripetizione è prevalente, il che spiega perché sia possibile costruire delle teorie scientifiche e avere delle leggi che all’interno di certe scale dimensionali danno degli ottimi risultati.. Inoltre c’è una ragione secondo me ancora più profonda per cui l’algoritmo dell’universo non può che essere ricorsivo, ed è legata alla contraddizione che porta con sé una descrizione dell’universo basata su una formula non ricorsiva, la quale per quanto complessa è pur sempre calcolabile in un tempo ragionevolmente finito, almeno entro i primi ordini di grandezza. Ecco il ragionamento: se conosco la formula posso calcolare (predire) il futuro, se conosco il futuro potrei cercare di cambiarlo modificando il corso degli eventi presenti, il che contraddice però il fatto di avere una formula che predice il futuro. Se invece la formula è ricorsiva, se cioè l’universo non è riducibile ad una formula risolvibile per via analitica, allora esco dalla contraddizione poiché per quanto visto prima non potrei mai essere in condizione di poter calcolare il futuro, visto che il calcolatore ipotetico della formula universo avrebbe uno svantaggio temporale di 14 miliardi di anni. Da queste considerazioni si può concludere che l’universo potrebbe essere una sorta di automa cellulare, immune a qualsiasi possibilità di manipolazione del futuro a medio o lungo periodo da parte di chi ci sta dentro. Che l’universo possa avere un meccanismo evolutivo sul modello dell’automa cellulare è un'ipotesi sostenuta da parecchi studiosi, tra i quali, come abbiamo già visto, Stephen Wolfram e prima ancora Konrad Zuse, uno dei padri del calcolatore così come lo conosciamo oggi, il quale ne teorizzò l’idea nel testo “Rechnender Raum”23 (“lo spazio calcolante”) nel 1967. Questo ragionamento sottende che l’universo è un calcolatore e che la sua evoluzione è da attribuirsi all'esecuzione di un programma, peraltro molto semplice, alla stregua di una regola di riproduzione di un automa cellulare. Partendo da un pattern semplicissimo, con il tempo lo stesso si complicherebbe così tanto da produrre gli imponenti fenomeni che osserviamo nell’universo. A tale proposito vale la pena di citare Richard Feynman, uno dei più grandi fisici di sempre, che disse: “Mi lascia sempre perplesso il fatto che, secondo le leggi come le comprendiamo oggi, ci vogliano una macchina calcolatrice e un infinito numero di operazioni logiche per calcolare quello che accade in una regione dello spazio e del tempo, per quanto piccola sia. Come può accadere così tanto in quel piccolissimo spazio? Perché c'è bisogno di una quantità infinita di logica per calcolare ciò che accadrà in un piccolissimo frammento di spazio tempo? Così ho spesso ipotizzato che alla fine la fisica non avrà più bisogno di un'enunciazione matematica, che alla fine il meccanismo sarà svelato e le leggi appariranno semplici, come una scacchiera con tutte le sue difficoltà solo apparenti”24 L’informazione Eseguendo i programmi, un calcolatore non fa altro che elaborare informazioni e crearne di nuove. L’informazione è una grandezza che proprio Zuse porta in primo piano nel suo scritto 23
Konrad Zuse, Rechnender Raum, Elektronische Datenverarbeitung, vol. 8, 1967. In inglese : Calculating Space, MIT Technical Translation AZT‐70‐164‐GEMIT, Cambridge, Mass., 1970 24 Richard Feynman, La legge fisica , Bollati Boringhieri, 1971
“Rechnender Raum”, e ad essa dà lo stesso valore che si dà alla massa e all’energia, una vera e
propria grandezza fisica. Zuse ipotizza che questa ulteriore grandezza potrebbe forse permetterci di spiegare leggi come quella della conservazione dell’energia. Questa convinzione sussiste tutt’oggi ed alcuni fisici come Seth Lloyd25 pensano che comprendendo meglio il ruolo dell’informazione si possa arrivare a conciliare la teoria della relatività generale con la meccanica quantistica. Visto che l’informazione comincia a fare capolino come grandezza fisica, proviamo a darne una definizione come la diede Bateson26, ovvero una differenza che genera una differenza. Contrariamente alla massa e all’energia, l'informazione non è collocabile nello spazio tempo e non si conserva. Potremmo anche dire che l’informazione non si divide ma si moltiplica. Inoltre per l’informazione vale una sorta di principio di non ulteriorità: non occorre ricorrere ad altri concetti per spiegare cosa sia. Parafrasando Edward Fredkin 27, uno dei grandi sostenitori dell’idea che l’universo sia un calcolatore e padre della filosofia digitale28: di tutte le cose al mondo per le quali ci si domanda di cosa siano fatte, di una sola si riesce a rispondere senza tirare in ballo qualcos’altro, e questa è l’informazione. Parlare di informazione ci porta a parlare di bit, ovvero della sua unità elementare, che possiamo rappresentare come una cella vuota o piena, bianca o nera, e se assegniamo un numero al vuoto e al pieno ritroviamo lo 0 e l’1. Se abbiamo dei bit e un calcolatore che li elabora con degli algoritmi, il risultato è informazione. L'informazione sarà tanta o poca in funzione di quanto cambiamento questa produrrà, e non dipenderà dalla quantità di 0 o 1 prodotti ma dal loro grado di prevedibilità. Una sequenza infinita di 0 e 1 che si ripetono con regolarità (0,1,0,1,0,1,01…) contiene pochissima informazione perché possiamo scrivere una regola molto semplice per descriverla. Dunque più casuale è la sequenza più questa contiene informazione, fino al limite di infinita informazione per una sequenza casuale infinita. Chi invece si è occupato di misurare la quantità di informazione è stato Claude E. Shannon, e la teoria è descritta nel trattato “A Mathematical Theory of Communication” del 1948. Questo è a tutt’oggi uno dei pilastri della teoria dell’informazione ed è alla base di tutti i ragionamenti che legano energia, entropia, informazione.
L’entropia e una nuova prospettiva per il futuro dell’universo Sin dalle scuole primarie ci hanno fatto credere che l’entropia sia disordine e che l’Universo si stia evolvendo verso un aumento dell’entropia e un livellamento della temperatura, fino a raggiungere una specie di morte termica in un universo freddo. Innanzitutto sfatiamo il concetto che l’entropia sia disordine: l'entropia non è disordine29! Questa confusione su disordine ed entropia risale al 1895, cioè a prima che ci fosse un'adeguata comprensione dei dettagli sui livelli di energia in atomi e molecole. A quel tempo l'esistenza delle molecole non era nota neanche ai più eminenti scienziati. Chi ha proposto ed elaborato la seconda legge della termodinamica non aveva nessuna frase migliore per descrivere ciò che credeva accadesse nelle sostanze. Solo più tardi, a partire dal 25
Seth Lloyd, Programming the Universe, Alfred A. Knopf, 2006
26
Gregory Bateson, Verso una ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976
27
Edward Fredkin, citato nell’articolo di Richard Wright, "The On‐Off Universe, The Sciences (January‐February 1985) 28 http://www.digitalphilosophy.org/ 29
Frank L. Lambert, Professor Emeritus (Chemistry), http://entropysite.oxy.edu/
primo Novecento, si è capita l’esistenza dei livelli di energia quantizzata, e ordine/disordine sono diventati termini sempre più obsoleti. La seconda legge della termodinamica è un potente aiuto per capire perché il mondo funziona così com'è, perché le pentole calde si raffreddano, perché si sta caldi anche al freddo, perché la benzina fa funzionare un motore. Essa ci dice che nel nostro mondo materiale l’energia di qualunque genere si dissolve o si disperde se essa non è ostacolata nel farlo. L'entropia è la misura quantitativa di questo processo spontaneo: quanta energia è passata dal sistema nello stato ristretto o concentrato al nuovo sistema nello stato più ampiamente sparso (alla temperatura del processo). Dal 1860 fino ad oggi, in fisica e chimica l’entropia è stata applicata solo alle situazioni che coinvolgono il flusso di energia che può essere misurata in forma di calore. L’entropia non è disordine, non una misura del caos, non una forza trainante. La diffusione dell’energia, o la dispersione in più micro‐stati, è la forza trainante della chimica. L'entropia è la misura o l'indice di tale dispersione. In termodinamica, l'entropia di una sostanza aumenta quando viene riscaldata perché più energia termica significa più micro‐stati all'interno della sostanza. Al contrario, quando i gas o i liquidi si lasciano espandere o mescolare in un volume più grande, l'aumento di entropia è dovuto ad una maggiore dispersione della loro invariata energia termica originale. Da un punto di vista molecolare tutti questi aumenti di entropia comportano la dispersione dell'energia su un numero maggiore, o su un set più facilmente accessibile, di micro‐stati. A tale proposito facciamo un esempio. Prendiamo un bidone di benzina: si sa che essa è altamente infiammabile, o per meglio dire instabile, perché non ama rimanere in uno stato con così elevata concentrazione di energia. Per questo basta una piccola scintilla per farla esplodere. Ora il bidone di benzina può essere visto come un sistema che contiene tutte le molecole di benzina, ed è descrivibile con un certo numero di informazioni visto che le molecole non possono che stare all’interno del bidone, e che la loro velocità dipende solo dalla temperatura, secondo la distribuzione di Boltzman. Miliardi e miliardi di molecole tutte facilmente descrivibili, se accettiamo un piccolo errore. In presenza della fiamma il bidone esplode, e il risultato è che il sistema finale ha aumentato notevolmente l’informazione e ha distribuito l’energia. Gli eventi che avvengono spontaneamente tendono a distribuire equamente l’energia e ad aumentare l’informazione, infatti adesso per descrivere tutte le molecole ci servono molti più dati. Si può fare la stessa analogia con l’aria costretta nel pneumatico e la foratura del pneumatico. Prendendo spunto dall’entropia di Shannon30 , viene spontaneo associare l’entropia alla quantità di informazione. La conclusione è che l’universo stia andando verso stati a più alto contenuto di informazione. Quello che a noi sembra disordine non sarebbe altro che informazione non ancora compresa. Un Universo antropomorfo o infomorfo Questa prospettiva dell’entropia intesa come informazione cambia un po’ il nostro modo di guardare all’universo. Si può ipotizzare un principio infomorfico e non antropomorfico, si può cioè pensare che l’universo è così non tanto per permettere a noi di osservarlo ma perché esso tende all’emersione di strutture intelligenti che lo possano anche osservare. Se l’universo si evolve verso 30
Sriram Vajapeyam, Understanding Shannon's Entropy metric for Information, http://arxiv.org/abs/1405.2061
stati di info ormazione ccrescente, sse cioè sta ddiventando sempre più ù intelligentte e se la no ostra presenza n ne è una pro ova, allora d dovremmo ttrovare nell’evoluzione e universalee strutture iin grado di gestire den nsità di energia crescen nte. Infatti, come vedremo nel pro ossimo paraagrafo, è prroprio questa cap pacità che aumenta la q quantità di informazion ne gestibile, in quanto esiste un le egame diretto tra l’energia lib bera e l’enttropia (legatta ai micro‐‐stati del sistema). A taale riguardo sono interessanti gli studi d di Eric Chaissson31 che ddimostrano come l’univverso si stiaa evolvendo o verso strutture cche hanno laa capacità d di sosteneree sempre maggiori densità di enerrgia. Il graficco seguente illustra prop prio questa tendenza nnel corso delle ere che ccontraddisttinguono la storia dell’univerrso.
Figura 11: i flussi di den nsità di energgia delle struutture che si sono via via sviluppate nnel nostro un niverso
Da questi sstudi si ricavva la consid derazione chhe più complesse ed o organizzate sono le strutture, più flussi energgetici sono in grado di gestire. Noon sorprend de allora, an nche se in reealtà è conttro‐ intuitivo, cche una fogllia d’erba ge estisca una densità di e energia (103 erg/sec/g)) maggiore circa 100 volte rispetto a quellaa di una stellla come il ssole (
Lihat lebih banyak...
Comentarios