Los papas son 253. el año 1771: Francisco de Goya e l\'elenco dei sommi pontefici, Storia dell\'Arte, 141, 41, 2015, pp. 112-120

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Descripción

Storia dell’arte

141 2015 nuova serie

n. 41

CAM Editrice

T HIS

MAGAZINE IS INDEXED IN

BHA Bibliography of the History of Art A bibliographic service of the Getty Research Institut and the Institut de l'Information Scientifique et Technique of the Centre National de la Recherche Scientifique AND IN

ARTbibliographies Modern A bibliographic service of Cambridge Scientific Abstracts

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2015 Maggio - Agosto

Rivista quadrimestrale Classe A (A.N.V.U.R.) Aut. Tribunale di Roma n. 535/01 del 7/12/2001 Vicedirettore: Alessandro Zuccari Coordinatore: Augusta Monferini Redazione: Fabio Benzi, Lorenzo Canova, Anna Cavallaro, Stefano Colonna, Camilla Fiore, Helen Langdon, Loredana Lorizzo, Stefania Macioce, Arianna Mercanti, Massimo Moretti, Sebastian Schütze, Francesco Solinas, Victor Stoichita, Stefano Valeri, Caterina Volpi Elizabeth Cropper, Dean Center Advanced Study, Washington, National Gallery of Art; Gail Feigenbaum, Associate Director, Los Angeles, The Getty Research Institute; Annick Lemoine, Université de Rennes II, Académie de France à Rome, Villa Medici; Xavier F. Salomon, Chief Curator at The Frick Collection La rivista si avvale di referees Edita da: CAM EDITRICE S.r.l., Via Capodiferro, 4 - 00186 Roma Tel. e Fax: +39 06 683.008.89 www.storiadellarterivista.it E-mail: [email protected] Direttore Responsabile: Maurizio Calvesi Segreteria di Redazione: Valeria Di Lucia Amministrazione e Ufficio Abbonamenti: Giulio Sangiorgio Abbonamento 2015: (spese postali incluse) Italia € 124,00; Europa e Bacino Mediterraneo € 154,00; Paesi Extraeuropei € 193,00 Fascicolo in corso € 38,00 (spese postali escluse) Sono disponibili in pdf i singoli articoli dal n. 100 al numero in corso (€ 5,00 da ordinare sul sito web) Versamenti dall’Italia: C/c postale n° 35166438 intestato a: CAM EDITRICE S.r.l., Via Capodiferro, 4 - 00186 Roma o bonifico bancario intestato a CAM Editrice S.r.l. IBAN: IT 77 J076 0103 2000 0003 5166 438 Versamenti dall’estero: bonifico bancario intestato a CAM Editrice S.r.l. IBAN: IT 77 J076 0103 2000 0003 5166 438 BIC (Swift): BPPIITRRXXX L’abbonamento comprende tre fascicoli e può decorrere da qualsiasi numero. Ogni cambiamento di indirizzo dovrà essere segnalato all’amministrazione della rivista, comunicando anche il vecchio indirizzo. Progetto Grafico: Antonella Mattei Stampa: Arti Grafiche La Moderna - Roma [Ottobre 2015]

Storia dell’arte

fondata da Giulio Carlo Argan

diretta da Maurizio Calvesi

INDICE

Maurizio Calvesi

Adriano Amendola

Editoriale Quod non fecerunt barbari fecit Franceschini

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Un nuovo cantiere di Bramante a Isola Farnese: la rocca Orsini per Giulio II

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Massimo Moretti

Committenti, intermediari e pittori tra Roma e Venezia attorno al 1600. I ritratti di Domenico Tintoretto per il nunzio Graziani e una perduta Pentecoste di Palma il Giovane per Fabio Biondi 21

Cecilia Paolini

Pieter Paul Rubens a Roma tra S. Croce in Gerusalemme e S. Maria in Vallicella. Il rapporto con il cardinal Cesare Baronio

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Giuseppe Porzio

Ancora su Tanzio a Napoli. Nuove acquisizioni documentarie

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Yuri Primarosa

I volti della musica. Cantatrici, musici e buffoni alla corte di Roma nei ritratti di Ottavio Leoni

63

Francesco Paolo Colucci Un vaticinio inascoltato: l’autoritratto criptato di Domenichino al Tesoro di S. Gennaro Tania De Nile

“Fantasmi notturni” dopo Bosch: la nascita di un nuovo canone nelle tentazioni di Cornelis Saftleven e David Teniers II

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Raquel Gallego García «Los papas son 253. el año 1771»: Francisco de Goya e l’elenco dei sommi pontefici

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Lisa Della Volpe

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Note per Domenico e Umberto Mastroianni

RECENSIONI Anna Cavallaro

Il genio conteso. Mito e fortuna di Donato Bramante nel suo territorio di origine, M. Moretti (a cura di), Macerata Feltria (PU) 2014 137

Stefania Macioce

Gherardo delle Notti. Quadri bizzarrissimi e cene allegre, Firenze 2015

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Carlo Dolci, complete catalogue of the paintings, Francesca Baldassari, Firenze 2015

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Caterina Volpi

Marcel Roethlisberger

Lo specchio della corte. Il maestro di casa. Gentiluomini al servizio del collezionismo a Roma nel Seicento, N. Gozzano, Roma 2015 145

Loredana Lorizzo

I colori del bianco e nero. Fotografie storiche nella Fototeca Zeri 1870-1920, A. Bacchi, F. Mambelli, M. Rossini, E. Sambo (a cura di), Bologna 2014

Alberto Dambruoso

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Giorgio De Chirico. Gioco e gioia della Neometafisica, L. Canova (a cura di), Campobasso 2014 148

FIG. 1 Francisco de Goya, Il Taccuino italiano, fol. 3a, 1771. Matita nera, inchiostri ocra, sanguigna, mm 187x130. Madrid, Museo Nacional del Prado (Inv. D 06068/3)

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«Los papas son 253. el año 1771»: Francisco de Goya e l’elenco dei sommi pontefici

Raquel Gallego Garcia

Il Taccuino italiano di Francisco de Goya y Lucientes (Fuendetodos, Saragozza, 1746-Bordeaux, 1828),1 realizzato in una delle cartiere di Fabriano e molto probabilmente acquisito in Italia,2 comincia con la frase «los papas son 253. el año 1771» (“i papi sono 253. l’anno 1771”),3 scritta con inchiostro ocra in testa alla prima pagina che si conserva, dato che quella precedente -che in realtà sarebbe stata la prima- fu strappata forse dallo stesso pittore (fol. 3a, 1771-1788, Museo Nacional del Prado, Madrid). La frase é stata annotata sulla pagina in cui Goya disegnò l’immagine dell’allegoria della Prudenza (17311733) di Corrado Giaquinto (Molfetta, 1703Bari, 1765) che ebbe l’opportunità di copiare all’interno della chiesa di S. Nicola dei Lorenesi durante il suo periodo formativo a Roma (17691771),4 un rapido schizzo di un bue nell’angolo inferiore destro della pagina e l’elenco degli strumenti artistici (FIG. 1) probabilmente acquisiti e utilizzati da lui durante il soggiorno in Italia.5 Quasi tutti gli studiosi che si sono confrontati con il taccuino goyesco, determinante per conoscere almeno una fase della permanenza e della formazione dell’artista aragonese in Italia, si sono domandati quale sia il senso di quest’affermazione, manifestando in qualche caso una certa perplessità per la scelta di quello che é stato interpretato come un argomento religioso estraneo alla formazione artistica di un giovane pittore. Tuttavia la scelta di questa frase potrebbe non essere insolita nè tanto meno fortuita, così come non lo sarebbe la sua collocazione all’inizio del

cuaderno che Goya utilizzò durante alcuni dei mesi trascorsi in Italia, forse gli ultimi, e che avrebbe continuato ad usare nostalgicamente o magari come fonte d’ispirazione una volta tornato in Spagna. La maggior parte degli specialisti, che si sono concentrati sull’esattezza o meno del computo dei papi annotato dal pittore, tralasciando domande di maggiore interesse, concludono che Goya avrebbe elaborato un suo elenco aggiungendo anche alcuni antipapi all’oggi noti e nel quale, fino all’anno 1771, i sommi pontefici risultavano essere 249.6 In nessun caso si é considerata la possibilità, a mio parere molto più logica, che nel Settecento avessero potuto circolare computi o liste dei papi, quella che viene denominata cronotassi papale, e che Goya avesse potuto consultare questo tipo di documentazione.7

Guide e giornali Prima di chiedersi il perché dell’annotazione di questa frase nel taccuino goyesco, sarebbe opportuno interrogarsi su dove avrebbe potuto trovare l’artista aragonese un elenco dei papi in cui verificare che il cardinale Lorenzo Ganganelli (Sant’Arcangelo di Romagna, Rimini, 1705Roma, 1774), assurto al soglio di Pietro nel 1769 come Clemente XIV,8 fosse il sommo pontifice numero 253.9 Una delle ipotesi é che Goya avesse avuto tra le mani qualche guida della città eterna, un oggetto che durante il Seicento e il Settecento era fondamentale per chi si formava a Roma o

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semplicemente per coloro che viaggiavano nella capitale del Grand Tour, e in alcune delle quali si usava inserire un elenco dei sommi pontefici. Nel caso degli artisti, la guida doveva essere imprescindibile perché consentiva loro di conoscere il titolo, l’autore, la data e alcune vicissitudini delle opere che attiravano la loro attenzione nei luoghi in cui si esercitavano. Per quanto riguarda gli artisti spagnoli, e in particolar modo nel caso di quelli che studiavano a Roma inviati dalla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando di Madrid, queste esercitazioni erano obbligatore. Così si stabiliva nel punto 28 del regolamento dei pensionati dell’istituzione madrilena che vide la luce il 28 settembre del 1758 e nel quale si consigliava ai giovani di portare con sé un taccuino per annotare rapidi appunti e schizzi di opere e ornamenti visti in chiese, palazzi, giardini e fontane di certo interesse per la loro educazione artistica.10 Senza dubbio Goya avrebbe potuto conoscere la guida di Filippo Titi (Città di Castello, 1639Roma, 1702), 11 Descrizione delle pitture, sculture e architetture esposte al pubblico in Roma, che all’epoca ebbe un’enorme divulgazione e che fu ristampata in sette edizioni tra gli anni 1674 e 1763.12 Tuttavia il riferimento all’elenco dei papi nel taccuino del pittore aragonese ci fa pensare che probabilmente avesse preferito o che qualcuno gli avesse consigliato, o addirittura regalato, una guida da cui estrapolare l’informazione. Ad esempio, avrebbe potuto consultare la guida di Roma di Pietro Martire Felini (Cremona, 1565 ca.-Ratisbona, 1613),13 pubblicata per la prima volta nell’anno 1610 e intitolata Trattato nuovo delle cose maravigliose dell’alma della città di Roma,14 anche se esistevano testi più moderni e molto più aggiornati come avremo occasione di vedere.15 Sebbene sia poco probabile che Goya avesse utilizzato regolarmente questa guida,16 anacronistica per il tempo e troppo essenziale per uno studio delle opere d’arte, conviene ricordare che nel testo di Felini c’erano gli elenchi degli imperatori romani, dei re spagnoli e francesi, dei dogi veneziani, dei nobili di diverse famiglie italiane e dei sommi pontefici, documentazione che contribuisce a creare una cornice cronologica per le opere romane. Nel libro di Felini la lista dei

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papi é composta da 237 nomi, per cui se Goya la avesse utilizzata come riferimento, avrebbe dovuto proseguire lui stesso il computo dei papi fino ad arrivare a Clemente XIV e il risultato sarebbe stato di 253 papi, come scritto nel suo taccuino, dato che i papi tra il 1610 e il 1771 non avevano sollevato particolari questioni che intaccavano l’ortodossia della Chiesa. Un’altra guida di Roma che include un elenco papale é Roma antica e moderna della stamperia di Gregorio Roisecco, attivo tra il 1727 e il 1750, pubblicata in due volumi per la prima volta nel 1727, ristampata nel 1739 senza modifiche.17 Come il suo titolo indica, nel lavoro di Roisecco convergono in un unico testo le opere antiche e quelle moderne che fanno parte di un percorso che si organizza per rioni. Si tratta di un lavoro che non deve essere considerato il frutto della copia di altre guide, ma piuttosto un rigoroso esercizio di compilazione al quale parteciparono anche dei collaboratori del Titi. Non a caso, la guida di Gregorio Roisecco di 1727 supera quella del Titi per quanto riguarda l’informazione sulle opere d’arte che si trovavano nelle chiese e nei palazzi romani, nonostante questa fosse stata una fonte d’ispirazione fondamentale per Roisecco. Addirittura, la guida di Titi del 1763, curata da Giovanni Gaetano Bottari (Firenze, 1689-Roma, 1775), per un lungo periodo fece riferimento al testo di Roisecco.18 Nel 1745 la guida fu pubblicata nuovamente presso la stamperia di Gregorio Roisecco con l’aggiunta di un terzo volume privo di novità topografiche, ma dedicato unicamente alla storia della città, volume che venne ristampato nel 1750 con scarsissime modifiche.19 A queste edizioni si aggiungono quelle di Niccola Roisecco, attivo tra il 1754 e il 1767, degli anni 1762 e 1765,20 di cui l’ultima, la più ricca e completa, ampliata da Bottari e nella quale il computo dei papi coincide con quello del Taccuino italiano, sarebbe stata, molto probabilmente, la versione consultata da Goya.21 Anche se i punti di vendita potrebbero essere stati vari, la guida di Roma dei Roisecco si poteva acquisire nell’omonima libreria conosciuta anche come libreria di S. Agnese in piazza Navona,22 contraddistinta dall’insegna con la figura di san

Giovanni Battista.23 S. Borsi suggerisce che la libreria dei Roisecco potesse essere stato il luogo in cui Giovan Battista Nolli (Como, 1692-Roma, 1756) s’imbatté nell’antica pianta di Leonardo Bufalini (Udine, fine del XV secolo-Roma, 1552) da lui poi ridisegnata. Della notorietà e della divulgazione della guida di Roma di Niccola Roisecco possiamo essere ben sicuri perché fu citata nella pagina 35 del Diario Ordinario di Ungheria di Chracas dell’anno 1758, in cui si precisava che il prezzo di ogni volume era di uno zecchino. La lista dei papi che troviamo nel terzo volume della guida di Roisecco del 1765 arriva fino a Clemente XIII (Venezia, 1693-Roma, 1769) e fu estrapolata,24 come lo stesso autore precisa, dagli annali del cardinale Cesare Baronio (Sora, 1538-Roma, 1607),25 dalle storie di Alfonso Ciaconio, ovvero Alfonso Chacón (Baeza, Jaén, 1540-Roma, 1599), e dai lavori di altri autori la cui identità non viene svelata. Effettivamente Baronio scrisse una storia dei papi nei primi dodici secoli di vita della Chiesa in dodici volumi che si denominò Annales ecclesiastici (15881607) e che probabilmente si basava sul Liber pontificalis, una compilazione dei sommi pontefici da san Pietro a Stefano V (Roma 891), che a sua volta, e per quanto riguarda i primi 36 papi, prendeva come spunto il Catalogus Liberianus (354). Ciacconio invece fu un domenicano inviato a Roma nell’anno 1575, dove scrisse Vitae et res gestae pontificum romanorum et S.R.E. cardinalium sull’iconografia dei papi, completata da suo nipote e pubblicata in due volumi per la prima volta nel 1601. Nel caso molto probabile che Goya avesse utilizzato l’elenco papale della guida di Roisecco, avrebbe aggiunto soltanto Clemente XIV e il suo computo di 253 papi nell’anno 1771 coinciderebbe con quello dello stampatore. Con questo libro tra le mani, ampio e rigoroso, in cui vengono descritti con dovizia di particolari palazzi e chiese e la maggior parte delle opere ivi conservate, l’aragonese avrebbe potuto visitare la città e fare al contempo delle scoperte. Inoltre bisogna ricordare che nel 1725 Gregorio Roisecco stampò una breve guida di Roma intitolata Roma ampliata e rinovata di poco più di 200 pagine della quale esiste un’edizione del 1762 venduta nella libreria di piazza Navona.26 Essa era

adatta ai visitatori che soggiornavano per un breve periodo nella città e che avevano esigenze culturali e artistiche meno pretenziose. Si trattava di un testo essenziale anche se sufficente per conoscere le principali opere contenute nei palazzi e nelle chiese romane. Alla fine di questo libro si includeva, così come nel terzo volume di Roma antica e moderna, un elenco dei papi che è identico in entrambi casi. Tra l’elenco dei sommi pontefici della guida in tre volumi del 1765 e quella più breve del 1762 non esistono differenze, in quanto tutte e due riportano il numero di pontificato, l’anno di inizio e fine del mandato con brevissimi commenti in cui si specifica i casi in cui i papi vennero eletti in occasione di qualche scisma, morirono prematuramente o rifiutarono l’ incarico. La lista ufficiale dei sommi pontefici viene pubblica dalla Chiesa annualmente dal 1912 nell’Annuario pontificio e presenta alcune differenze significative con quella della guida di Roisecco, divergenze che ci spiegano perche il numero di papi scritto da Goya nel 1771 non coincide con quello dell’elenco che riporta l’odierno annuario.27 Nella lista di Roisecco si includeva Anacleto, papa tra il 76 e il 89, che la Chiesa oggi, basandosi sui testi di Ireneo di Lione, identifica con Cleto, al contrario di quanto tramandato nel Liber pontificalis dove erano riportati come due distinte persone. Nello stesso elenco compare anche papa Stefano II (Roma, 714/715-Roma, 757) che morì tre giorni dopo essere stato eletto senza che si celebrasse la consecratio -come si precisa nella guida di Roiseccoragione per cui la Chiesa non lo considera un sommo pontefice. Cristoforo I é un antipapa che si fece eleggere detronizzando Leone V (Ardea, ?-Roma, 903) regnando tra settembre 903 e gennaio 904 e che all’epoca di Roisecco –probabilmente a seconda dei dettati di Baronio- era considerato uno dei papi ufficiali ma che dalla metà del XX secolo fu eliminato dalla lista. Nell’elenco di Roisecco troviamo anche Dono II, l’antipapa che regnò soltanto alcuni giorni tra gli anni 974 e 975 e che l’Annuario pontificio considerò fino all’anno 1947 uno dei papi. Bonifacio VII, divenuto illecitamente papa in ben due occasioni, la prima nel 974 e la seconda tra 984 e 985, anno in

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cui morì assassinato, viene citato dal Roisecco così come Alessandro V, nato a Candia in Creta, eletto nel 1415 e il cui pontificato durò soltanto 10 mesi, un antipapa incluso nella lista ufficiale fino all’anno 1947. Si menzionano anche Giovanni XVI, papa dal 997, anno in cui fu deposto davanti ad Ottone III, e Gregorio V, rinchiuso in un monastero romano, in seguito portato all’abbazia di Fulda dove morì nel 1001 e che attualmente non è riconosciuto come papa. Rispetto all’elenco attuale, la lista di Roisecco non riporta invece Leone VIII, pontifice in due occasioni, la prima tra il 963 e il 964 e la seconda tra il 964 e il 965 anno in cui morì, un papa discusso che molti elenchi ufficiali non annoverano come legittimo e sul quale si dibatteva ancora nella seconda metà del Settecento.28 Non compaiono neanche Benedetto VII, eletto nel 974 fino alla sua morte nell’anno 983, e Silvestro III (Roma, 1000-Roma, 1062), elevato al soglio pontificio nel mese di gennaio 1045, morto a marzo di quello stesso anno e accusato di aver usato strumenti illeciti per essere eletto. Pensando ad altre eventuali guide che potrebbero aver suscitato l’attenzione di Goya dobbiamo chiederci se ne circolasse in quel periodo qualcuna in lingua spagnola perché, come si capisce dal suo taccuino, l’aragonese aveva una conoscenza molto superficiale dell’italiano. Bisogna precisare che questa appare un’ipotesi più remota dato che le guide in spagnolo erano meno divulgate e se ne stampava un numero inferiore di esemplari rispetto a quelle italiane. Nell’eventualità che il pittore aragonese avesse usato una guida in italiano, si potrebbe indicare come possibile testo di riferimento quello di Giovanni Battista Vaccondio,29 Las cosas maravillosas de la Santa ciudad de Roma. Si precisa però che Roisecco descriveva e identificava le opere d’arte con più dovizia di particolari e più accurate informazioni. La guida di Vaccondio vide la luce nel 1711 e fu ristampata nel 1720,30 nel 1729 e nel 176931 in questo caso presso la stamperia di Michelangelo Barbiellini,32 attivo tra il 1767 e il 1783, nel palazzo Massimo alle Colonne di Roma vicino piazza Navona.33 L’edificio, costruito da Baldassare Peruzzi e decorato da Daniele da Volterra, conobbe una notevole fortuna in quelle che Fi-

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lippo Titi nella sua guida definiva «le tanto rare edizioni» e per le quali aveva lavorato Arnold Pannartz (Praga, ?-Roma, 1476),34 che introdusse in Italia la stampa a caratteri mobili.35 Se Goya avesse consultato questa guida - già conosciuta del resto da alcuni giovani artisti spagnoli attivi a Roma- in cui l’elenco dei papi coincide con la guida di Roisecco, avrebbe appreso il tragitto che la Posta effettuava tra Italia e Spagna. L’aragonese avrebbe così potuto organizzare il suo viaggio di ritorno in patria.36 Le tappe previste per il viaggio della Posta che partiva da Roma verso Loreto ed Ancona che si riferiscono nel testo di Vaccondio coincidono con molti dei nomi delle città segnati nella pagina 39a del Taccuino italiano.37 Al di là delle guide di Roma, l’aragonese avrebbe potuto conoscere L’informazione dell’anno, giornale del 1716 anche se di minore divulgazione, da considerarsi probabilmente una prima versione del già menzionato Annuario Pontificio, nel quale si rendevano pubblici gli elenchi dei sommi pontefici ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa. Questo era pubblicato saltuariamente nella stessa stamperia in cui era stampato il Diario Ordinario di Ungheria di Chracas, che in un primo momento si trovava nel palazzo di Montecitorio, sede della Curia Innocenziana, sovvenzionata dallo Stato Pontificio, poi nel 1701 fu spostato nel palazzo Vitelleschi dove rimase fino a gennaio del 1771,38 anno della morte di Caterina Chracas.39

Conclusioni La concisione di questa frase difficile da decifrare e in un certo senso ermetica -come lo sono anche tante altre affermazioni nel Taccuino italianorende difficile capire dove Goya avrebbe potuto trovare questo dato e le motivazioni che lo indussero a indicarlo all’inizio del suo taccuino. Forse si trattava del modo con cui l’aragonese datava il proprio taccuino, che reca traccia di una parte, probabilmente l’ultima, del suo soggiorno in Italia, con l’annotazione non solo delle opere romane anche di quelle incontrate nel suo viaggio di ritorno in Spagna, attraverso l’Italia set-

tentrionale. Sono gli stessi anni in cui l’artista avrebbe eseguito alcuni schizzi che attestano la preparazione del dipinto Annibale che per la prima volta rimirò l’Italia dalle Alpi (1771, Fondazione Selgas-Fagalde, Cudillero, Asturie), dipinto che avrebbe presentato al concorso della Reale Accademia delle Belle Arti di Parma. É probabile che questa frase di Goya avesse la stessa funzione dell’elenco dei sommi pontefici nelle guide di viaggio, cioè la funzione di creare una cornice cronologica in cui inserire le opere d’arte. In questo senso si potrebbe pensare che l’allusione nel Taccuino italiano a Clemente XIV, considerato senza dubbio all’epoca il numero 253 dell’elenco

ufficiale dei sommi pontefici, potrebbe rappresentare un indicazione temporale, ovvero quello di inizio, per le osservazioni e il lavoro di Goya. Inoltre, il giovane pittore sembra manifestare il suo particolare legame con Roma e lo Stato Pontificio, dove decisioni de iniziative dei papi determinavano la vita della città. Non è questo l’unico episodio che sottolinei l’intenso rapporto tra l’aragonese e Roma: nella relazione dei premi conferiti dalla Reale Accademia parmense, il 27 giugno del 1771, si segnalava che il quadro di «Francesco Goja Romano, scolare del Sig. Francesco Bajeu Pittore di Camera di S.M. Cattolica», non fu premiato anche se riportò sei voti.40

Note 1

Questo lavoro fa parte del progetto ACAF/Art III Cartografías analíticas, críticas y selectivas del entorno visual y monumental del área mediterránea en la edad moderna (HAR-2012-32680) finanziato dal Ministerio de Economía y Competitividad.Vorrei ringraziare P. Spinelli e G. Grofi per la revisione del testo in italiano. 2 G. Castagnari, L’arte della carta a Fabriano, Fabriano 1985, pp. 37-39. Agli inizi del Settecento la situazione delle cartiere di Fabriano era abbastanza complessa dato che la Reverenda Camera Apostolica aveva imposto una nuova gabella che fece diventare molto più cara la fabbricazione di questo materiale. Dopo il 1786 si avverte una chiara ripresa grazie alla figura di Monsignor Giovanni Francesco Marazzani (Piacenza, 1755-Roma, 1829) che dispose l’esenzione dai tributi per le attività manifatturiere. 3 C. Monterde, R. Gallego, Las páginas del Cuaderno italiano, in J. Sureda (a cura di), Goya e Italia, cat. della mostra (Saragozza, Museo de Zaragoza, 1 giugno-15 settembre 2008), Madrid 2008, vol. 2, pp. 99-100: «Los papas son 253. el año 1771./ Cuadri…22/ .n ferno y tre rosani/ duy colteli/ 2/ estampas…76/ 30 de puzola fina +/ 24 morbidi (¿) +/ 54 di capreto picoli +/ 18 di cane +/ 8 puzola forte +/ 4 di metalo+/ 15 usati*/ 28. Peneli col manico fra di leone esfumini/ 178». 4 B. Navarrete Prieto, Francisco de Goya en San Nicolas de los Loreneses de Roma en 1771, in “Archivo Español de Arte”, 75, 299, 2002, pp. 293-296. L’immagine della Prudenza si trova in uno dei pennacchi della cupola della piccola chiesa dove Goya copiò anche l’allegoria della Fortezza nel fol. 5a del suo taccuino. 5 Il riferimento ai sommi pontefici non si riscontra in altri taccuini noti di artisti spagnoli che si formavano a Roma in quel periodo, cioè quello di Antonio Primo

(1761-1764, Meadows Museum, Southern Methodist University, Dallas), di Mariano Salvador Maella (17581765, 1765-1790, Museo Nacional del Prado, Madrid), di Domingo Álvarez Enciso (1758-1762, 1773-1789, Museu Nacional d’Art de Catalunya, Barcellona) e i tre taccuini di José del Castillo (1762, Museo Nacional del Prado, Madrid). 6 F. Calvo Serraller, M. B. Mena Marqués, J. Urrea, El cuaderno italiano 1770-1786: los orígenes del arte de Goya, cat. della mostra (Madrid, Museo Nacional del Prado, 2 marzo-30 aprile 1994), Madrid 1994, p. 74, nota 2; J. M. Matilla (a cura di), Roma en el bolsillo. Cuadernos de dibujo y aprendizaje artístico en el siglo XVIII, cat. della mostra (Madrid, Museo Nacional del Prado, 15 ottobre 2013-9 febbraio 2014), Madrid 2013, p. 9; M. Manrique Ara, Goya a vuelapluma. Los escritos del Cuaderno italiano, Zaragoza 2014, pp. 52-53; M. B. Mena, Goya: El Cuaderno italiano 1771-1788. Fragmentos de un viaje de estudio y “apuntaciones sueltas” de vida y trabajo, in M. B. Mena, J. M. Matilla, L. Zolle, Cuadernos italianos en el Museo del Prado. Francisco de Goya, José del Castillo, Mariano Salvador Maella. Catalogo razonado, catalogo online, 2013, pp. 600, 610-611; A. Reuter, El Cuaderno italiano de Goya, in Sureda, cit. (nota 3), vol. 2, p. 91; J. Wilson-Bareau, M. B. Mena Marqués, Goya, Truth and Fantasy. The Small Paintings, cat. della mostra (Londra, Royal Academy of Arts, 17 marzo-12 giugno 1996; Chicago, Art Institute of Chicago, 16 luglio-16 ottobre 1994), New Haven 1994, p. 92. 7 Enciclopedia cattolica, vol. IX, Città del Vaticano 1952, pp. 757-767. I primi tentativi di cronotassi papale risalgono alla seconda metà del II secolo e furono realizzati da Egesippo (Palestina?, 110-180) e da Ireneo (Smirne, 130-Lione, 202) che viaggiarono a Roma per

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attingere direttamente alle fonti che si conservavano nella città. La lista elaborata da Ireneo é quella più autorevole, quella a cui la Chiesa si é rivolta più frequentemente per creare degli elenchi ufficiali. In qualsiasi caso, la fonte essenziale per stabilire la cronotassi papale nei primi secoli della Chiesa é stato il Liber Pontificalis. 8 Enciclopedia cattolica..., cit. (nota 7), vol. III, pp. 1836-1841. Clemente XIV passò alla storia come un papa liberale e benevolente che ebbe a che fare durante il suo pontificato con la spinosa vicenda dell’espulsione dei Gesuiti, una questione che pesò molto nella sua nomina. Nel conclave in cui fu eletto papa, ci furono dei maneggi da parte delle corti borboniche interessate ad avere un papa favorevole ai loro pretesi diritti regi, lesi secondo loro durante il pontificato di Clemente XIII. Così si impegnarono d’accordo il cardinale Domenico Orsini d’Aragona (Napoli, 1719-Roma, 1789), il marchese di Aubeterre (Parigi, 1714-Parigi, 1788), ambasciatore di Luigi XV, Tomás Azpuru (Saragozza, 1713Roma, 1772), rappresentante di Carlo III, ed insieme a lui José Nicolás de Azara (Barbuñales, Huesca, 1730-Parigi, 1804) che all’epoca era agente generale e confidente dell’ex ambasciatore generale Manuel de Roda y Arrieta (Saragozza, 1708-La Granja de San Ildefonso, Segovia, 1782), grande nemico dei Gesuiti. Sul finire del conclave ricomparve a Roma anche il marchese de Almada e Mendoça, ambasciatore del Portogallo. Clemente XIV iniziò il lavoro per la sistemazione del Museo Vaticano che finì il suo successore Pio VI Braschi (Cesena, 1717Valence-sur-Rhone, 1799) nel 1775. 9 Vorrei segnalare che nello Stato delle anime del 1769 della parrocchia di S. Nicola dei Prefetti dove abitava Clemente XIV prima di essere diventato papa, documento che si conserva presso l’Archivio Storico del Vicariato di Roma, si fa riferimento a questo sommo pontefice nei seguenti termini: «a.19.Mag.o 1769/ É stato dichiarato Pontefice il P. M./ Lorenzo Ganganelli de Minori Conven/ :tuali Prete Cardinale, ed ha preso/ il nome di Clemente XIIII. Il/ sud.o era l’unico Frate nel sac-/ Collegio de Card.i/a. 28. Mag.o fú consacrato vescovo./ a 4. Giug.o fú incoronato./ a. 5 é andato in fiocchi a Montecavallo./ a. 26. 9bre, prese il posesso». 10 Madrid, Archivo de la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando (ARABSF), Instrucciones para el director y los pensionados del Rey en Roma de pintura y escultura, Leg. 1-50-3. La normativa che gli artisti spagnoli mandati a Roma dalla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando dovevano seguire scrupolosamente fu pensata e redatta da diversi accademici, ma soprattutto da Felipe de Castro (Noia, La Coruña, 1711 ca.-Madrid, 1775) che tra il 1733 e il 1747 si formò a Roma in compagnia di Francisco Preciado de la Vega (Siviglia, 1712-Roma, 1789) che a sua volta diventò nel 1758 tutore dei pensionados in questa città. Felipe de

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Castro durante la sua lunga permanenza a Roma ebbe l’opportunità di riflettere sui termini in cui era opportuno che si sviluppase la formazione di un giovane artista, su quali dovevano essere gli artisti di riferimento così come sui luoghi che essi dovevano visitare. 11 Filippo Titi fu un abate ed erudito che in giovane età si sentì attratto dal disegno. Dopo un periodo di formazione in Umbria, Titi si trasferì a Roma dedicandosi alla realizzazione della guida della città che fu aggiornata successivamente fino all’ultima edizione dell’anno 1763. 12 Sureda, cit. (nota 3), vol. 2, pp. 199-200, cat. 68. 13 M. Ceresa in Dizionario biografico degli italiani, vol. 46, Roma 1996, pp. 92-94. Pietro Martire Felini nacque nella diocesi di Cremona, fu membro dei Servi di Maria e passò un breve periodo come eremita nel monte Senario a Firenze nel 1596. Più tardi fu mandato dai suoi superiori a Roma per insegnare canto e fu lì che cominciò ad interessarsi delle antichità e dell’arte. Nel 1604 fu nominato priore del convento servita di S. Maria in Via e nel 1611 viaggiò nella corte di Baviera e morì a Ratisbona probabilmente a causa di un’epidemia di peste nel 1613. 14 Sureda, cit. (nota 3), vol. 2, p. 199, cat. 67. Il titolo completo dell’opera é Trattato nuovo delle cose maravigliose dell’alma della città di Roma, ornate de molte figure, nel quale si discorre di 300, e più chiese. Composta da f. Pietro Martire Felini….; et tutte le antichita figurate d’essa città già Prospero Parisio aumentate. Et hora in questa ultima impressione con diligenza corrette, e con belissimo ordine disposte, &liate fino al pontificato di N. S. Urbano. In Roma per Andrea Fei ad istanza del Franzini, alla fontana d’argento nel Pellegrino. 15 Felini fa uso della denominazione trattato nuovo nel titolo della sua guida con la volontà di stabilire una netta distanza tra il suo lavoro e quelli pubblicati durante il Quattrocento e il Cinquecento in cui i viaggi a Roma erano fondamentalmente di pellegrinaggio e determinati da una dimensione spirituale ancorata nella mentalità medioevale. Invece, durante il Seicento e il Settecento la città diventò uno spazio di riferimento per gli artisti, specialmente per quelli che si trovavano ancora ai primordi della loro carriera. Non é complesso ammettere che Felini fosse stato consapevole della necessità di creare una guida che permettesse agli artisti di visitare chiese e palazzi romani identificando le opere presenti in essi per poter copiarle. 16 L. Schudt, Le guide di Roma. Materialen zu einer Geschichte de römischen Topographie, Vienna 1930, p. 235, nn. 178, 179. Si pubblicarono delle edizioni in spagnolo della guida di Felini negli anni 1610 e 1619. Vorrei ringraziare Barbara Steindl la traduzione del testo di Schudt dal tedesco all’italiano. 17 Schudt, cit. (nota 16), pp. 56-60. 18 Ceresa, cit. (nota 13), vol. 46, pp. 407-418. 19 Nella lista dei papi della guida di Gregorio Roisecco di 1750 ci sono due sommi pontefici in meno rispetto agli

elenchi delle altre edizioni per cui, tra tutte le edizioni questa sarebbe l’unica che Goya non avrebbe utilizzato. 20 A. Aletta, M. Monticelli, Volumi antichi. Libro aperto sulla città, Roma 2002, n. 145; G. Scano, Guide e descrizioni di Roma dal XVI al XX secolo nella biblioteca della fondazione, Collana della Fondazione Marco Besso, Roma 2001, pp. 78-83, 85, nn. 111, 112, 117; Schudt, cit. (nota 16), pp. 242-244, nn. 202-208. Il titolo completo della guida dell’anno 1765 é Roma antica, e moderna ossia nuova descrizione, di tutti gl’edifizij antichi, e moderni sagri, e profani della Città di Roma: co’ gli nomi degl’autori di tutte le opere di architettura, scultura, e pittura colla notizia degl’Acquedotti, strade, costumi, riti, magistrati, e famiglie antiche Romane. Una relazione dela presente corte di Roma de’ suoi ministri, congregazioni, e tribunali, e la cronologia de’ re, consoli, imperadori e pontefici romani con duecento e piu figure in rame. Il tutto vacato dal Baronio, Bosio, Nardini, Grevio, ed altri classici autori. 21 Schudt, cit. (nota 16), p. 60. L’elenco dei papi fu incluso nel terzo volume a richiesta del pubblico, come precisa L. Schudt, probabilmente perché, in tanti casi, quando nella guida di Roisecco si parla delle opere d’arte, i riferimenti cronologici sono i pontefici che incaricarono la loro realizzazione. 22 Il libro romano del Settecento, Roma 1959, p. 13. La maggior parte dei librai si trovavano in piazza Navona, piazza Pasquino, piazza Montecitorio e Pie’di Marmo mentre quelli più raffinati si stabilivano nel Corso come i francesi Bouchard&Gravier. Tanti di loro non erano romani, in realtà i più importanti venivano da fuori città come i Pagliarini che erano toscani, i Rossi d’origine milanese o i Zempel e i Komarek d’origine boema. 23 S. Borsi, Roma di Benedetto XIV. La pianta di Giovan Battista Nolli, 1748, Roma 1993, pp. 215-216. La piazza Navona non solo fu uno spazio in cui ebbe luogo la vita quotidiana della città, ma anche un’enorme scenografia in cui le diverse nazioni presenti a Roma festeggiarono alcuni dei momenti più rilevanti della loro storia. Ad esempio, nel 1729 la piazza fu lo scenario in cui ebbero luogo le feste organizzate dal cardinale Melchior de Polignac (Le Puy, 1661-París, 1742) per celebrare la nascita del Delfino di Francia. Proprio in quell’anno Gregorio Roisecco pubblicò l’opera intitolata Circo Agonale di Roma restituito all’antica forma con illuminazioni, e macchine artificiali dell’E.mo cardinale Polignac (…) per celebrare il felice nascimiento del Delfino. 24 Nell’edizione della guida di Niccola Roisecco del 1765 su Clemente XIII si può leggere il seguente testo nella pagina 565: «252 Clemente XIII. Veneto, creato l’anno 1758. Allí 6. di Luglio, felicemente regnante». 25 Ceresa, cit. (nota 13), vol. 46, pp. 470-478. 26 Il titolo completo della breve guida in un solo volume di Gregorio Roisecco dell’anno 1762 é Roma ampliata, e rinovata o sia nuova descrizione dell’antica, e mo-

derna città di Roma, e di tutti gli edifici notabili che sono in essa cioè basiliche, chiese, monasteri, conventi, spedali, collegi, seminari, palazzi, curie, ville, giardini, fontane, obelischi, archi, teatri, anfiteatri, ponti, fori, biblioteche, musei, pitture, sculture e altro, colla noticia delle S. Reliquie che si conservono ne’ Santuaria della Medesima: coll’aggiunta delle nuove fabbriche erette fino al presente accresciuta in questa nuova edizione ed della cronologia di tutti li Sommi Pontefici. 27 Enciclopedia cattolica, cit. (nota 7), vol. IX, pp. 764765. Dopo il pontificato di Martino V (Genazzano, 1368-Roma, 1431) non esistono dubbi per quanto riguarda la cronotassi papale. I principali problemi, come si può capire analizzando le discordanze tra la lista odierna e quelle delle guide che Goya avrebbe potuto consultare, sorgono intorno ai binomi come quello di Cleto e Anacleto, agli antipapi, alle elezioni rimaste senza effetto perche poi non é avvenuta la ordinatio o consacrazione episcopale dell’eletto, alle elezioni papali avvenute alla fine del IX secolo, alla deposizione di Giovanni XII per volontà di Ottone I, all’inserzione nei cataloghi di papi inesistenti come Dono II e, per ultimo, intorno alla situazione creatasi in seguito all’esistenza di tre obbedienze agli inizi del XV secolo che ebbero poi termine col Concilio di Costanza (1414-1418). 28 P. M. Felini, Trattato nuovo delle cose maravigliose dell’alma città di Roma…, [1610], ediz. crit. a cura di S. Waetzoldt, P. Parisio, Berlino 1969, p. 232. Nella guida di Felini il pontefice che ha il numero 134 é Leone VIII invece Roisecco riconosce la legittimità papale di Benedetto V che Felini cita senza assegnargli una numerazione precisando che fu creato nello scisma contro Leone VIII. 29 A. Anselmi, Sebastiano Cipriani. La cappella Altieri e “I pregi dell’architettura oda di Giambattista Vaccondio, in E. Debenedetti, Alessandro Albani patrono delle arti. Architettura, pittura e collezionismo nella Roma del ‘700, Roma 1993, pp. 203-226. La prima notizia di Vaccondio é in qualità di curatore di Lettera scritta da D. Carlo Antonio Tortoni all’Illustrissimo F. Girolamo Ambrogio de Langmantel…di nuovo data in luce da Gio. Battista Vacondio Dottore nell’una e l’altra legge nella quale si accennano le prerogative del detto microscopio e sua composizione con molte sperienze fatte (1687). Posteriormente scrisse L’Ossequio del Tebro. In occassione dell’Ingresso fatto in Roma dall’eminentissimo príncipe Cardinal Rinaldo d’Este per ricevere il cappello cardenalizio. Canzone (1689), Della Poetica di Q. Orazio Flacco Poeta Venusino. Traduzione in verso Toscano (1698), Le notizie istoriche delle Quattro basiliche di Roma (1700) editate con l’aggiunta di una lettera di Vaccondio ad un suo amico che abitava in Germania sotto il titolo di San Matteo in Merulana e sulla villa Nerlia (1703), il Distinto Raguaglio del Tumulo Onorario fatto inalzare in Roma nella Chiesa di S.

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Lorenzo in Lucina de R.R.P.P. Chierici regolari in occasione dell’esequie celebrate à Giacomo II…(1702), sei melodrammi editi tra gli anni 1704 e 1708 conservati presso la Biblioteca Casanatense di Roma, Le Rime Pellegrine (1705), I Pregi dell’Architettura (1706), Las cosas maravillosas de la Santa Ciudad de Roma (1711), la Relazione del Funebre Apparato e magnifico Mausoleo Eretto nella Chiesa di S. Luigi della Congrazione dei Signori Nazionali Francesi per la morte del Real Delfino di Francia seguita li 14 di Aprile 1711, con spiegazione di tutti gli emblemi, Imprese e Motti (1711) altre notizie antiche e moderne alla terza edizione del libro di G. Pinaroli, Antichità di Roma con le cose piú memorabili tanto tantiche che moderne (1713). 30 Immagini di Roma. Libri e incisioni della collezione Kissner, cat. della mostra (Roma, Biblioteca della Camera dei Deputati, febbraio-marzo 1996), Roma 1996, p. 24, cat. 34. 31 Schudt, cit. (nota 16), p. 232, num. 1769. Il titolo completo dell’edizione di Vaccondio dell’anno 1769 é Compedio de las cosas mas particulares de la santa ciudad de Roma con la noticia de sus iglesias, estaciones, reliquias, cuerpos de santos, i dotes para donzellas que ai en ella. Guia puntual para que los forasteros hallen con facilidad sus mas notables maravillas, nombre de Sumos Pontifices, emperadores, i Reyes Christianos de la Europa. De noevo corregido i aumentado de laminas, i los Dias de las Postas de Roma para España, Roma, Presso Miguel Ángel Barbiellini al Palacio Massimi. 32 Il libro romano del Settecento, cit. (nota 22), p. 11. Michelangelo Barbiellini era uno dei tipografi più conosciuti di Roma che morì nell’anno 1793 lasciando la stamperia ai figli Carlo e Filippo. 33 Schudt, cit. (nota 16), pp. 231-232. 34 P. Farenga, Le vie della stampa. Da Subiaco a Roma, in Subiaco culla della stampa, atti dei convegni (abbazia di Santa Scolastica, 2006-2007), Subiaco 2010, pp. 39-51. 35 Titi, cit. (nota 11), p. 142. 36 La guida in spagnolo di Vaccondio era in un solo volume, nessuna delle sue edizioni arrivava alle 300 pagine ed era molto meno precisa che quella della stamperia di Roisecco. Addirittura si potrebbe considerare il testo di Vaccondio un tanto superficiale, troppo scarno dal punto di vista dell’informazione sulle opere

delle chiese e dei palazzi romani, piuttosto insufficente per l’artista che passò circa due anni nella città. 37 Monterde, Gallego, cit. (nota 3), pp. 101-102. «Genova/ Civitavecchia/ Roma/ Terni/ Macherata/ Narni/ Ancona/ Loreto/ Utricoli/ Pesaro/ Cinigallia/ Venecia/ Ferrara/ Volonia/ Modena/ Parma/ Plasencia/ Cibitacastellana/ Tortona/ Tolentino/ Padua/ Recanati (columna de la derecha)/ pero las mejores son/ Roma/ Venecia/ Bolonia/ Plasencia/ Modena/ Macherata/ ciudades que e bisto por fuera/ Mantua/ Turin/ Pabia, Milan/ y otras muchas que no me acuerdo/ Tolon Abila Marsella». M. B. Mena, Goya: El Cuaderno italiano 1771-1788. Fragmentos de un viaje de estudio y “apuntaciones sueltas” de vida y trabajo, in Mena, Matilla, Zolle, cit. (nota 6), p. 670. M. B. Mena segnala che nella pagina 57a del Taccuino italiano di Goya si può leggere la parola Liorna, nome spagnolo di Livorno, appartenente al Granducato di Toscana del quale l’aragonese non menziona nessuna città nel suo taccuino. La studiosa suggerisce un possibile viaggio di Goya al suo arrivo in Italia al porto livornese ma nei registri dei passaporti dell’Archivio di Stato di Firenze tra il 1769 e 1771 non si trova il nome del pittore aragonese (Segreteria e Ministero degli Esteri, 2741). In realtà, la parola scritta nel Taccuino italiano potrebbe essere una menzione a Liborna, nell’attualità Libourne, che compare nella lista della guida di Vaccondio delle città francesi dalle quali si passava nel viaggio per terra da Roma fino a Madrid. A Libourne, nella regione d’Aquitania, si trova la torre del Porto Grande che fa pensare al disegno di un’architettura che si vede ai piedi della crocifissione della suddetta pagina del taccuino goyesco, una specie di schizzo che avrebbe potuto fare osservando quest’edificio in lontananza. 38 F. Luccichenti, I Chracas, stampatori in Roma (17191771), in “L’urbe”, 47, 1984, pp. 136-142. 39 Anche se é passato alla storia come Chracas il nome originario di questo giornale era Diario Ordinario dell’Ungeria perché si dedicava ad informare sulla guerra tra questo paese e la Turchia tra gli anni 1716 e 1718. Una volta finita la guerra, diventò il Diario Ordinario di Roma nel quale si dava informazione dei fatti più rilevanti della città. 40 M. Pellegri, Concorsi dell’accademia reale di Belle Arti di Parma dal 1757 al 1796, Parma 1988, pp. 95-96.

COMPENDIO Francisco de Goya’s Cuaderno italiano that is preserved at the Museo Nacional del Prado of Madrid is one of the few means for our knowledge of the young painter’s training in Italy (1769-1771). This important source, which still requires a proper interpretation, starts with an enigmatic phrase referring to the number of popes reigning until the 1771. In this article we will first focus on the possible source, where the young artist studying in Rome could consult the official list of popes; then, we will investigate the reasons that brought Goya to insert such a list as the incipit of his Taccuino.

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NORME REDAZIONALI Storia dell’arte pubblica esclusivamente testi inediti e firmati dai rispettivi autori. I testi dovranno essere inviati alla direzione nella loro redazione definitiva, su supporto informatico (CD, o e– mail) in formato Word, accompagnato da una conforme redazione a stampa. I testi, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Gli autori rivedranno le prime bozze di stampa, rendendole alla direzione della rivista con le adeguate correzioni (la cui entità non dovrà superare il 5% dell’intero testo) entro il termine di 10 giorni dalla consegna. La redazione potrà apportare modifiche non sostanziali al fine di aumentare la chiarezza e l’accuratezza del testo, informandone l’autore quando i tempi lo consentano. STESURA DEL TESTO: Le parole, le locuzioni e le citazioni in lingua straniera devono essere in corsivo, così come i titoli di opere d’arte e di opere letterarie. Tutte le citazioni sono racchiuse tra caporali (« »). Parti di testo mancante o aggiunte dell’autore, all’interno delle citazioni vanno segnalate con 3 punti di sospensione tra parentesi quadre. Es.: I due si erano impegnati a realizzare «il paliotto d’altare nella cappella e più una cartella che fra mezzo li doi frontespizi dove hoggi sta il modello di stucco et anche rifare le lettere dell’epitaffio [...] il qual paliotto farlo conforme al modello disegno di Pietro Paolo pittore». Le parentesi quadre con i 3 punti all’interno non vanno mai adoperate all’inizio e/o alla fine delle citazioni. L’uso delle virgolette doppie alte (“ ”) è riservato a parole e a locuzioni in lingua italiana che si intende sottolineare (es.: la carica di “idealità” nella pittura di Poussin), oppure alle citazioni all’interno di brani riportati (es.: «disse a Giosuè: “Ecco io do in tuo potere Gerico”»). I nomi dei santi sono preceduti da una maiuscola puntata quando denominano una chiesa, secondo le seguenti modalità: la chiesa di S. Giovanni; la chiesa dei Ss. Apostoli; la chiesa del SS. Nome di Gesù. Viceversa, “santo/santa” vanno scritti per esteso in minuscolo quando si tratta della persona (es.: i miracoli di san Nicola), con la sola eccezione dei titoli delle opere, laddove rappresentino l’inizio del titolo stesso (es.: la pala raffigurante San Nicola di Bari). I nomi dei musei e degli enti stranieri vanno mantenuti nella grafia originale (es.: Musée du Louvre, Alte Pinakothek, Kunsthistorisches Museum, ecc.). I riferimenti alle note vanno indicati in apice con numeri arabi dopo la punteggiatura (es.: Sovrastato dall’imponente figura di Gian Lorenzo Bernini [...] l’inalterabile ossequio, e filiale amore»,2). I segni di punteggiatura sono sempre successivi a caporali, virgolette alte e parentesi. CITAZIONI BIBLIOGRAFICHE: LIBRI E SAGGI A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, Milano 1927, pp. 312314 – E. Waterhouse, Italian Baroque Painting, II ediz., London 1962, p. 48 – R. Wittkower, Gian Lorenzo Bernini. The Sculptor of the Roman Baroque, London 1955, ediz. it. con il titolo Bernini. Lo scultore del Barocco romano, Milano 1990, p. 123 – G. B. Mola, Breve racconto delle miglior opere d’Architettura, Scultura et Pittura fatte in Roma et alcuni fuor di Roma, Roma 1663, ediz. crit. a cura di K. Noehles, Berlin 1966, p. 12. ARTICOLO SU RIVISTA M. Rothlisberger, Additions to Claude, in “The Burlington Magazine”, CX, 1968, 780, pp.115-119, in part. p. 117.

CONTRIBUTO PRESENTE IN UNA MISCELLANEA P. Rusconi, Renato Birolli: Eldorado, in A. Negri (a cura di), Esercizi di lettura, Ginevra-Milano 2002, pp. 130-141. CONTRIBUTO PRESENTE IN ATTI DI CONVEGNO L. Puppi, Un racconto di morte e di immortalità: “S. Girolamo nello studio” di Antonello da Messina, in G. Ferroni (a cura di), Modi del raccontare, atti del convegno, Palermo 1985, p. 34. SCHEDA DI CATALOGO A. Barsanti, Cecco Bravo: “San Giorgio e il drago”, in A. Barsanti, R. Contini (a cura di), Cecco Bravo, pittore senza regola. Firenze 1601-Innsbruck 1661, cat. della mostra di Firenze (Casa Buonarroti, 23 giugno-30 settembre 1999), Milano 1999, pp. 76-77, cat. 18. Qualora si indichino di seguito due contributi dello stesso autore, nel secondo riferimento bibliografico il nome dell’autore deve essere sostituito con “Idem/Eadem”: M. Calvesi, Nuovi affreschi ferraresi dell’Oratorio della Concezione, in “Bollettino d’Arte”, 43, 1958, pp. 309-328; Idem, Sacri paradossi del Lotto: “I mungitori bendati” e “Amore nella bilancia”, in “Storia dell’arte”, 115, 2006, pp. 9-16 Qualora si indichino di seguito due contributi di diverso autore contenuti in un identico volume, nel secondo riferimento bibliografico il testo di riferimento deve essere sostituito con “Ibidem”: L. Testa, Tra maniera e natura: il Cavalier d’Arpino e Caravaggio in casa Aldobrandini, in M. Calvesi, A. Zuccari (a cura di), Da Caravaggio ai Caravaggeschi, “Storia dell’arte. Collana di Studi”, 1, Roma 2009, pp. 289-328; M. Pulini, Il grandangolo gentileschiano, in Ibidem, pp. 365-372. Dopo la prima citazione, quelle successive si daranno in forma abbreviata, seguita dall’indicazione della nota in cui l’opera è stata citata per la prima volta: Rothlisberger, cit. (nota 5), p. 116. Qualora siano stati menzionati all’interno della stessa nota più di un contributo ad opera dello stesso autore: Rothlisberger, cit. (nota 5), 1968, p. 116. Per i testi senza una specifica curatele, dopo la prima citazione si citerà l’inizio del titolo seguito da 3 punti, la dicitura “cit.” e l’indicazione della nota di riferimento: La regola e la fama. San Filippo Neri e l’arte, cat. della mostra di Roma (Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, ottobre-dicembre 1995), Roma 1995 = La regola e la fama... cit. (nota 6), p. 3. CITAZIONI ARCHIVISTICHE Le citazioni da codici o documenti d’archivio dovranno comprendere: luogo, denominazione dell’archivio o della biblioteca, indicazione dell’eventuale fondo e del documento in corsivo secondo i seguenti esempi: Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), Vat. lat. 13650, c. 36v Roma, Archivio di Stato (ASR), Trenta Notai Capitolini, uff. 11, Angelus Justinianus, vol. 8, c. 15r. DIDASCALIE Le didascalie dovranno essere redatte in base ai seguenti esempi: - G. Cavedoni, Adorazione dei Magi, 1614. Bologna, S. Paolo Maggiore - C. Bravo, Figura virile, ca. 1650. Matita rossa e gessetto bianco, mm 414×270. Firenze,Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Inv. 10595 F – U. Boccioni, Ritratto femminile. Roma, coll. priv. (o semplicemente Coll. priv.).

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