LO SCOPO ESISTENZIALE

June 13, 2017 | Autor: Claudio Taroppi | Categoría: Filosofía, Antropología, Esoterismo, Crisi Dell Uomo Contemporaneo
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LO SCOPO ESISTENZIALE

Qual è lo scopo dell’uomo? Rispondere non è cosa semplicissima. Se si chiedesse a dieci persone di rispondere a questa domanda, probabilmente darebbero dieci risposte diverse. Risposte in linea con i propri desideri, con i propri bisogni. Qualcuno direbbe che il suo scopo è garantire un futuro ai propri figli, qualcuno che è diventare ricco, qualcun altro di cambiare lavoro oppure sposarsi e fare una famiglia. Sembra quindi non esistere uno scopo da prendere in considerazione oggettivamente e non soggettivamente. Alcuni, ad esempio qualcuno a capo di qualche associazione benefica, potrebbe rispondere che il suo scopo è quello di portare avanti le iniziative della propria associazione, come dare assistenza gratuita agli ammalati oppure occuparsi di persone disabili. Tutte cose lodevoli, ma che a ben guardare nascondono sempre qualcosa che ha a che vedere con la ricerca di essere considerati all’interno della società o addirittura la necessità di sentirsi utili o, peggio, importanti e quindi indispensabili alle persone. Dietro a un tale atteggiamento si intravede far capolino il desiderio di potere sugli altri. Sembra quindi che le risposte per ciò che riguarda lo scopo dell’uomo siano le più disparate e, se ci riferiamo al sistema cognitivo imperante e ci soffermiamo pertanto al lato superficiale, vanno dalla più banale alla più nobile. Se così stanno le cose per l’uomo, diversamente stanno per tutto il resto: mi riferisco agli animali e alle piante, ma il gioco potrebbe estendersi a tutto il mondo inorganico. Tanto per fare un po’ di ironia, ma premetto che con essa, Socrate e Platone hanno costruito addirittura tutto il loro pensiero, anche un tavolino dell’Ikea ha un suo scopo: quello di farci appoggiare delle cose. Facciamo allora un passo indietro e riferiamoci al mondo animale. Ogni animale sulla faccia della terra, pesce, uccello, cane, elefante, leone che sia, ha uno scopo. Anche un bradipo ce ne ha uno! Scopo che, a differenza dell’uomo, è sempre lo stesso. Non sto dicendo che tutti i leoni hanno uno scopo e tutte le scimmie ne hanno un altro diverso da quello dei leoni. Sto dicendo che tutto il regno animale ha un suo scopo: sopravvivere soddisfacendo i propri bisogni di cibo, territorio e riproduzione. Ogni animale attua delle strategie per sopravvivere e sopravvivere significa andare incontro ai bisogni di cui sopra, bisogni primari. L’animale insomma reagisce sempre a degli stimoli che riguardano la sfera dei tre bisogni primari. Nel suo essere animale, nel comportarsi come tale e cercando di soddisfare in tutto e per tutto i suoi bisogni, l’animale porta a compimento il

suo scopo esistenziale: essere un animale. L’animale non fa mai nulla di giusto o sbagliato, fa semplicemente l’animale. Parimenti anche il regno vegetale ha il suo scopo. Essere di nutrimento per il regno animale. In questo rientra anche il fatto di provvedere all’ossigeno sul nostro pianeta. Comunque sia, anche per un vegetale, lo scopo è essere in tutto e per tutto un vegetale. Abbiamo visto pertanto che lo scopo di un animale è essere un animale, quello di un vegetale, essere un vegetale. Il verbo “essere” sottende chiaramente lo scopo di quella particolare specie. Sembra quindi che per i regni animale e vegetale lo scopo è sempre oggettivo ed indipendente dal periodo storico. A questo punto torniamo alla domanda iniziale. Qual è lo scopo dell’uomo? Anche per l’uomo insomma ci deve essere uno scopo a-temporale, al di là delle circostanze storiche, ambientali, fisiche ecc, ecc. Se come scopo dell’uomo rispondiamo in modo parziale, affermando quindi che per ogni uomo ci può essere uno scopo relativo alla propria vita, non facciamo altro che confermare il fatto che l’uomo è condizionato. Mi spiego meglio: se un uomo dice che il proprio scopo è aprire un negozio di strumenti musicali, significa che è sì uno scopo, ma relativo a un desiderio sorto in un determinato momento storico. Frutto quindi di un condizionamento derivato da chissà dove. Ognuno di noi può prefiggersi degli scopi, ma sono tutti scopi parziali, relativi al nostro io storico. In tutto questo si vuole dire quindi che perseguendo scopi parziali, non si fa altro che rientrare in un ambito più animale che umano. Lo scopo parziale, ad esempio comprarsi una bella macchina o qualunque altro, può essere sempre ricondotto al soddisfacimento o al tentativo di soddisfare uno o più dei bisogni animali: cibo, territorio e riproduzione. Aprire un negozio non è quindi nient’altro che il tentativo, seppur sofisticato, di procurarsi del cibo. Tutto questo non significa che non bisogna avere scopi parziali. Bisogna solo rendersi conto che essi sono scopi relativi a come siamo stati condizionati. Sono scopi soggettivi e non veri a livello oggettivo. Non si può dire infatti che mettere su famiglia sia lo scopo oggettivo dell’umanità. Qualcuno infatti potrebbe non avere questo tipo di scopo. è vero anche che ci sono scopi che sono più perseguiti rispetto ad altri. Beh, questo dipende solo dal sistema cognitivo imperante. Se lo scopo delle maggior parte delle persone è avere un posto fisso, così non si può dire di un abitante della steppa siberiana o di un uomo vissuto anche solo trecento anni fa. Credere allora che uno scopo relativo al periodo storico, sia il proprio, è solo una conseguenza di quanto si è attaccati al sistema imperante. Se nel perseguire scopi parziali, l’uomo risulta allora non diverso da qualunque animale, rimane il fatto di capire in che cosa l’uomo può differenziarsi dall’animale. La facoltà che può affrancare l’uomo dal regno animale è allora il pensiero, la capacità di astrazione, di porsi delle domande di tipo esistenziale. Scopo dell’uomo è pertanto quello di diventare un essere pensante. Ognuno di noi potrebbe esclamare a gran voce: “ehi amico! Guarda che io penso, mica sono imbecille!”. Certo, ognuno di noi pensa, ma bisogna fare una distinzione tra pensiero e Pensiero. Esiste il pensiero indotto dall’istruzione scolastica, dalla famiglia, dalla società in genere, dalle credenze insomma. Opinioni che hanno a che fare più che altro con un “sentito dire”. Tutto ciò che non è oggettivo rientra in questo tipo di pensiero. Una credenza è qualcosa che si modifica, che si modella nel tempo. Anche le

“verità” religiose sono cambiate nel tempo. Tanto per fare un esempio, è molto probabile che un fervente cattolico odierno, o addirittura anche il Papa, non si troverebbe d’accordo se potesse parlare con uomini vissuti secoli fa e riconosciuti santi dalla Chiesa stessa. Si pensi per fare un esempio al dogma dell’esistenza del purgatorio, introdotto nel XV° secolo e di cui i padri della Chiesa del IV° e V° secolo non hanno parlato. Le credenze o se preferiamo, pensieri indotti, sono falsi, perché strettamente connessi al periodo storico di riferimento. Pensare le credenze non è quindi un vero Pensare. Il Pensare che ci porta su di un piano superiore rispetto agli animali è allora un Pensiero libero dai condizionamenti, un pensiero che riguarda l’Essere, inteso questo come forma oggettiva di qualunque cosa. Platone parlava delle Idee. Esse rappresentano per il filosofo ateniese l’essenzialità delle cose. Qual è l’essenza di una sedia? Quale quella di un animale? Quale quella dell’uomo? Ecco allora che piano piano la nebbia sembra dipanarsi. A poco a poco si giunge a comprendere cosa significhi davvero Pensare e come lo sviluppo dell’intelletto sia lo scopo di un uomo vero, un uomo dotato di coscienza. Superare il conformismo, superare il modo di pensare contingente. Trasformarsi da esseri ben-pensanti a Esseri Pensanti. 

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