Leonardo Paterna Baldizzi: Villino Ximenes, 1902

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Descripción

legno di testa è Alla Fontana, esibito, forse una prova di stampa, nel 1913, in occasione della Mostra di Bianco e Nero a Pistoia e probabilmente anche a quella di Firenze nel 1914 (in catalogo: Alla fonte). Il disegno di Pasqui, sebbene influenzato da quel tratto fluente e michelangiolesco che De Carolis esemplificava così bene nelle sue xilografie, si fa in questa incisione più gremito di linee, perdendo in alcuni casi l’identità xilografica originaria. Il tema di tradizione classica, descritto con una poetica cupa e decadente, ben si riallaccia agli interessi comuni della cerchia di xilografi, Moroni, Barbieri e Nonni tra gli altri, con i quali aveva stretto un forte sodalizio. L’esemplare qui mostrato è estratto dalla rivista “Per l’Arte” (1913, tav. 44). Edoardo Fontana Italo Amerigo Passani (Carrara, 1882 - ?) 225. Nudo femminile, circa 1910 sanguigna su carta, 312 x 170 mm collezione privata Scultore, incisore e disegnatore caricaturista, il carrarese Italo Amerigo Passani è attento alle novità artistiche del momento, come mostra in particolare la statuetta in bronzo Satirino freddoloso, presentata al Salon di Parigi nel 1909, che tratta un tema frequentemente rappresentato dagli artisti secessionisti, a partire da Arnold Böcklin. Anche nelle sensuali rotondità di questo nudo femminile, databile intorno al 1910, è possibile riscontrare significativi motivi liberty. Con tratto deciso l’artista disegna un sinuoso corpo dalle forme abbondanti: la giovane donna, simbolo di femminilità, si abbandona, senza celare la propria nudità, languida e innocente al tempo stesso. Federica Tiripelli Leonardo Paterna Baldizzi (Palermo, 1868 - Roma, 1942) 226. Villino Ximenes, progetto: 1897-1901, realizzazione: 1901-1902 china e acquarello su carta lucida Roma, Archivio Storico Capitolino Bibliografia: Paterna-Baldizzi 1905;Tafuri 1970; De Fusco 1994; Damigella 2006, pp. 205-214; Savorra 2014. Nel 1897 l’architetto Ernesto Basile presenta all’amico scultore Ettore Ximenes un giovane architetto del prestigioso Pensionato Ar tistico: Leonardo Paterna Baldizzi (1868-1942). Ximenes è in cerca di un architetto con cui collaborare per il progetto della sua casa-studio e Paterna Baldizzi si mostra da subito come il candidato ideale: ha dalla sua non solo umiltà e talento, ma con Basile e Ximenes condivide anche la stessa città d’origine, Palermo. Ispirato allo stile di Basile, villino Ximenes prende forma da una contaminatio di storicismo eclettico con elementi moderni di derivazione europea, come l’apparato decorativo che rimanda all’Art Nouveau o alla Wagnerschule. La volumetria a L è resa solida da un basamento in peperino e dal paramento in mattoni di tufo siciliano a vista che lega l’edificio alla tradizione normanna. Lo sviluppo orizzontale è sottolineato da un fregio a bassorilievo in stucco bianco lungo lo spazio di interpiano e da un coronamento composto da una cornice di ceramica sormontata da un elaborato parapetto in pietra bianca. L’orizzontalità si equilibra con una loggia centrale, in asse con due parafulmini svettanti in ferro e un comignolo che funge da torretta. La policromia e la multimatericità delle finestre contribuisce a rendere i prospetti ariosi e vivaci: le aper ture si alleggeriscono verso l’alto, passando da un arco a sesto ribassato al primo piano ad uno a tutto sesto al secondo. Ogni arco è concluso da una cornice in maioliche smaltate con decorazioni floreali sempre diverse. Balaustre e cornici in ferro o in pietra completano la composizione. Il villino Ximenes è un chiaro esempio di opera d’ar te totale, tema caro al liber ty: rappresenta infatti sia la perfetta fusione di architettura, ar te e ar tigianato, sia la piena collaborazione tra architetto e committente, al fine di raggiungere un equilibrio espressivo tra l’individualità del proprietario e la sensibilità culturale dell’architetto, unico interprete dello spirito di un’epoca. Rosa Sessa

Gino Piccioni (Foligno, 1873 - Biella, 1941) 227. Sogni di primavera, circa 1895 pastello su carta, 44 x 95 cm Roma, Galleria Berardi Bibliografia: inedito. Pittore ingiustamente caduto nell’oblio, l’umbro Gino Piccioni fu attivo tra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento in mostre di assoluto rilievo, in particolare a Roma, dove si era formato sotto la guida di Achille Vertunni, e persino all’estero (è infatti documentata la sua attività in Germania). L’artista partecipa nel 1901 alla mostra dell’associazione In Arte Libertas, avvenuta in seno all’esposizione annuale della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma. È a tale ambiente culturale che si lega il pastello Sogni di primavera, databile agli ultimi anni novanta dell’Ottocento per via della sua affinità stilistica con opere di analogo soggetto dell’ambiente romano, di Alessandro Battaglia in primis, realizzate nello stesso periodo. Il tema del nudo e della bellezza femminile, esaltata con l’accostamento a elementi decorativi come i fiori, torna in voga a Roma a cavallo tra i due secoli, parallelamente a una riscoperta della tecnica del pastello, lanciata in quegli stessi anni da Giulio Aristide Sartorio. Manuel Carrera Umberto Prencipe (Napoli, 1879 - Roma, 1962) 228. La veglia delle streghe, 1909 acquaforte, acquatinta e roulette su carta, 114 x 114 mm; 120 x 147 mm Roma, Archivio Umberto Prencipe Bibliografia: LXXX Esposizione 1910, p. 52 n. 466; Spinazzè 2008, p. 56 fig. 54, p. 254 n. 53; Umberto Prencipe 2009, p. 76 n. 21. Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, Umberto Prencipe si afferma agli Amatori e Cultori del 1905 con il dipinto Clausura, acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. In seguito soggiorna per cinque anni a Orvieto, mettendo a punto una personale poetica basata sulle teorie del “paesaggio stato d’animo” e su stimoli culturali e visivi del simbolismo. Risalgono a questo periodo visionarie acqueforti e acquetinte che gli varranno successivamente la nomina a professore di incisione all’Istituto di Belle Arti di Lucca e alle Accademie di Napoli e Roma. In tali opere la città umbra è il motivo ispiratore privilegiato: immersa nella nebbia, nella notte o nel crepuscolo, diviene il simbolo della condizione solitaria dell’artista. In La veglia delle streghe una luce misteriosa proveniente dal basso rompe l’oscurità che avvolge i tetti del quartiere della Cava di Orvieto, irradiando bagliori sulle pareti delle case. Il taglio dell’immagine con prospettiva dall’alto evidenzia la sintonia con contemporanee esperienze dell’ambiente romano, in particolare Balla e Cambellotti. Sabrina Spinazzè Gaetano Previati (Ferrara, 1852 - Lavagna, Genova, 1920) 229. Studio per il Trittico dell’Assunzione, 1901-1903 tempera su tela, 75 x 35 cm collezione privata Bibliografia: Dante Gabriel Rossetti 2011, pp. 286, 287 n. 105. Nelle sue cronache alla Biennale veneziana del 1903, Mario Maria Martini descrive così il Trittico dell’Assunzione di Gaetano Previati: “[tutto] ha un solo effetto: l’elevazione […] una turba di angioli reca in alto, in un’ascesa di fede e di amore la Madre di Dio […] un movimento ritmico e unico [… ] E tu vedi la apparente legge della carne e del sangue, trasmutarsi gradatamente nell’osservazione di un sogno di puro amore, e le forme umanamente dipinte, mutarsi poco a poco in forme irradianti e irradiate di mistica luce” (Martini 1903). Protagonista del divisionismo italiano, di cui fu anche uno dei maggiori teorici, Previati espone il monumentale Trittico dell’Assunzione, oggi nella cattedrale di San Lorenzo a Genova (acquisito alla grande asta delle opere dell’artista organizzata da Alberto

Grubicy alla Galleria Pesaro nel 1927 dal municipio di Genova e donato alla chiesa), alla Biennale veneziana del 1903. L’elaborazione dell’opera fu complessa, come dimostrano i numerosi studi, di cui questo sembra uno dei più efficaci per qualità pittorica e organizzazione della composizione. Rispetto al pannello centrale del trittico, in cui il gruppo composto dalle figure angeliche e dalla Madonna assunta si staglia contro un cielo cosparso di nubi, Previati qui si concentra quasi esclusivamente sulla figura della Vergine innalzata al cielo dagli angeli, il cui slancio ascensionale è accentuato dal taglio verticale del formato della tela e dalla cornice riccamente ornata da stilemi floreali – realizzata dall’ebanista Ettore Zaccari, più volte collaboratore del pittore – che fa diventare il dipinto una sorta di tabernacolo devozionale in stile modernista. A partire dal suo capolavoro Maternità (1890), tutta l’opera di Previati è pervasa da una potente tensione mistica, in cui il soggetto sacro viene reinterpretato mediante un’assimilazione dei modi e dell’iconografia del simbolismo europeo; il tema religioso assume forme iconografiche nuove, come nuovo è il linguaggio pittorico, tutto fondato sulla luce, che smaterializza le figure rendendole puro spirito: “È possibile nell’arte un nuovo idealismo, che non sia il greco, una nuova bellezza che tenda a parlare più agli occhi dello spirito che a quelli del corpo; alle passioni dell’anima, più che al piacere dei sensi? I suoi occhi di pittore dettero la risposta alla domanda dell’anima: la Luce. Egli palpitò, gioì e si addolorò nelle variazioni della luce; la sentì tutta come elemento lirico, supremo mezzo ideale della pittura” (Tumiati 1901, p. 5). Chiara Stefani Giovanni Prini (Genova, 1877 - Roma, 1958) 230. Soggetto allegorico, 1903 china su carta, 194 x 118 mm Roma, collezione privata Iscrizioni: firmato angolo in basso a destra, “Prini”. Bibliografia: D. Durbè, in Aspetti dell’arte 1972 p. 59, n. 359; M. Quesada, in Tra Simbolismo1986, pp. 45, 55 n. 24. Il soggetto del disegno è di difficile identificazione iconografica, tuttavia è riconoscibile una figura femminile avvolta in lunghe vesti, nell’atto di suonare un’arpa, a bordo di un’imbarcazione. L’artista adotta originali soluzioni grafiche, caratterizzate da linee guizzanti e macchie, con le quali restituisce effetti decorativi quasi astratti. Allo stesso tempo, la resa filamentosa del disegno di matrice divisionista rimanda alle esperienze di Plinio Nomellini e più in generale alle peculiarità del disegno a Roma nei primi anni del Novecento. L’opera è ricondotta per la tematica e lo stile alla copertina di Poemetto giocondo del 1903, inserendosi nel clima appassionato che coinvolse numerosi artisti nel rinnovamento estetico dell’arte grafica in senso liberty, prendendo come modello l’esperienza internazionale di “Ver Sacrum”. Nel 1902 Prini compare tra gli artisti romani di “Novissima”: lo scultore aveva esordito nel campo della grafica con alcuni disegni pubblicati su “Fantasio” nel 1902 e sull’“Avanti della Domenica”, esperienza che lo coinvolge anche nel 1908 con “Elettra” di Hugo von Hofmannsthal (F.lli Treves, Milano 1908). Giancarlo Brocca Giovanni Prini (Genova, 1877 - Roma, 1958) 231. Disegno preparatorio per la scultura Gli amanti, 1908-1909 matita su carta, 130 x 90 mm collezione privata Bibliografia: Cozzani 1909, p. 419; Matitti 1998, pp. 84, 87, 94. Il disegno è uno studio preparatorio per l’opera Gli amanti, presentata e premiata alla Biennale di Venezia del 1909. Nonostante le dimensioni ridotte, appaiono già definiti i caratteri salienti della scultura. Il tema degli amanti era già stato affrontato dall’autore in grafica, con la copertina della partitura La mort des amants di Alberto Gasco e in scultura con Supremo rifugio del 1901, opera ispirata al poemetto In morte di due piccoli innamorati di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi. Il disegno in esame sembra rimandare al bassorilievo Il canto d’amore di Leonardo Bistolfi, il cui rapporto di stima per Prini è documentato e risulta inoltre nella giuria di accettazione delle opere della Biennale

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