La musica afroamericana: tre esempi, in Enciclopedia Archeologica, vol. Africa, Roma 2005, pp. 748-757

October 16, 2017 | Autor: Alessandro Campus | Categoría: African Diaspora Studies, African American Studies, Blues
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enciclopedia archeologica

AFRICA

AFRICA

meno di 2000 2001 - 6000 6001 - 10.000 più di 10.000

Washington Jefferson City

Saint Louis

WEST VIRGINIA

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VIRGINIA NORTH CAROLINA

Nashville TENNESSEE

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ALABAMA

GEORGIA

Montgomery

1257 Presenza degli schiavi nel Sud degli Stati Uniti nel 1860 ca.

Savannah OCEANO ATLANTICO

New Orleans FLORIDA

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Richmond Norfolk

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500 km

indietro; e proprio per questo il motto scelto per l’African Burial Ground è “Return to the past in order to built the future”, ritornare al passato per costruire il futuro. Bibl.: Olaudah Equiano, The Interesting Narrative of the Life of Olaudah Equiano, or Gustavus Vassa, the African, Written by Himself, London 1789; Ch. Ball, Slavery in the United States. A Narrative of the Life and Adventures of Charles Ball, a Black Man, Who Lived Forty Years in Maryland, South Carolina and Georgia, as a Slave under Various Masters, and Was One Year in the Navy with Commodore Barney, during the Late War, New York 1837; F. Douglass, Narrative of the Life of Frederick Douglass, an American Slave. Written by Himself, Boston 1845 (trad. it. Roma 1992); P. Neilson, The Life and Adventures of Zamba, an African Negro King; and His Experience of Slavery in South Carolina. Written by Himself. Corrected and Arranged by Peter Neilson, London 1847; H. Bibb, Narrative of the Life and Adventures of Henry Bibb, an American Slave, Written by Himself, New York 1849; F. Douglass, My Bondage and My Freedom, New York - Auburn 1855; H.A. Jacobs, Incidents in the Life of a Slave Girl. Written by Herself, Boston 1861; W.F. Allen - Ch.P. Ware - L. McKim Garrison, Slave Songs of the United States, New York 1867; Th.W. Higginson, Negro Spirituals, in Atlantic Monthly, 19 (June 1867), pp. 685-94; S.H. Bradford, Scenes in the Life of Harriet Tubman, Auburn 1869; Th.L. Johnson, Africa for Christ. Twenty-Eight Years a Slave, London 18926; G.G. Johnson, Ante-Bellum North Carolina: a Social History, Chapel Hill 1937; L. Turner, Africanisms in the Gullah Dialect, Chicago 1949; F. Spiegl, A Small Book of Grave Humour, London 1971; B. Armellin (ed.), La condizione dello schiavo. Autobiografie degli schiavi neri negli Stati Uniti, Torino 1975; M.C. Emerson, Decorated Clay Tobacco Pipes from Chesapeake, Ann Arbor 1988; P. Garrow - Th. Wheaton, Colonoware Ceramics: the Evidence from Yaughan and Curriboo Plantations, in A. Goodyear III - G.T. Hanson (edd.), Studies in South Carolina Archaeology. Essays in Honor of Robert L. Stephenson, Columbia 1989, pp. 175-84; J.M. Vlach, The Afro-American Tradition in Decorative Arts, Athens - London 1990; E.C. Brown, Florida’s Peace River Frontier, Gainesville 1991; J.E. Holloway (ed.), Africanisms in American Culture, Bloomington - Indianapolis 1991; Th.A. Singleton, The Archaeology of Slave Life, in D.C. Campbell (ed.), Before Freedom Came: African-American Life in Antebellum South, Charlottesville 1991, pp. 155-75; J.S. Handler, Determining African Birth from Skeletal Remains: a Note on Tooth Mutilation, in Historical Archaeology, 28, 3 (1994), pp. 113-19; K.L. Brown, Material Culture and Community Structure: the Slave and Tenant Community at Levi Jordan’s Plantation, 1848-1892, in Jr.L.E. Hudson (ed.), Working Toward Freedom: Slave Society and Domestic Economy in the American South, Rochester 1995, pp. 95-118; M.L. Blakey, The New York African Burial Ground Project: an Examination of Enslaved Lives, a Construction of Ancestral Ties, in Transforming Anthropology, 7, 1 (1998), pp. 53-58; M.H. Cottman, The Wreck of the Henrietta Marie: an African American’s Spiritual Journey to Uncover a Sunken Slave Ship’s Past, New York 1999; D. Eltis, The Rise of African Slavery in the Americas, Cambridge - New York 2000; S.A. Kallen, Life on the Underground Railroad, San Diego 2000; M.P. Leone, L’archeologia storica nelle terre dei colonizzatori, in N. Terrenato (ed.), Archeologia teorica. X ciclo di lezioni sulla ricerca applicata in archeologia (Certosa di Pontignano, Siena, 9-14 agosto 1999), Firenze 2000, pp. 267-80; M.J. Pulice, The Log Outbuilding at Solitude: an Architectural and Archaeological Investigation of Virginia Tech’s Second

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LA MUSICA AFROAMERICANA: TRE ESEMPI Solitamente si dà come data di nascita del blues il 1903, secondo la testimonianza di William Christopher Handy: una notte di quell’anno, mentre si trovava nella stazione di Tutwiler, nel Mississippi, egli sentì un cantante che suonava una canzone in uno stile mai sentito prima. Il brano si intitolava Going where the Southern Crosses the Yellow Dog, “Andando dove il Southern incrocia lo Yellow Dog” (il Southern e lo Yellow Dog sono due linee ferroviarie). Il musicista suonava la chitarra senza premere le corde sulla tastiera, ma sfregandole con la lama di un coltello. Handy rimase stupito e trascrisse il brano, che poi pubblicò a proprio nome. Da allora, è stato definito come blues uno stile musicale del popolo afroamericano che, come caratteristiche musicali, ha “una progressione armonica in cui la prima frase era alla tonica, la seconda alla sottodominante e la terza alla dominante, con la formula seguente: I-I-I-I7-IVIV-I-I-V7-V7-I-I” (Venturini 1984, p. 159).

1258 Il compositore William Christopher Handy.

L’AFRICA OLTRE L’AFRICA

LEADBELLY

1259 Frontespizio dello spartito di Yellow Dog Blues di W.Ch. Handy.

Ma prima del blues il popolo afroamericano aveva altre forme musicali. Sin dalla metà del XIX secolo si è cominciato a raccogliere i canti degli schiavi afroamericani. Nel 1856 F.L. Olmsted pubblicava la sua opera A Journey in the Seaboard Slave States; with Remarks on their Economy, nella quale parlava anche dei canti che gli schiavi del Sud degli Stati Uniti intonavano, sia quando lavoravano, sia quando pregavano, sia durante le feste. Addirittura, in una parte del suo volume, intitolata The Musical Talent of Negroes, Olmsted scrive: “L’amore per la musica che caratterizza il negro, la prontezza con la quale acquisisce l’abilità in questa arte, la sua capacità di memorizzare e improvvisare la musica sono molto marcati e costanti. (...) I negri delle piantagioni, o i marinai delle navi a vapore – le cui menti sono così poco istruite che non sanno contare sino a venti – spesso, caricando balle di cotone, o trasportando legname a bordo, iniziano a cantare, ognuno con una parte diversa, e la portano avanti con grande energia e indipendenza e in perfetta armonia come non ho mai sentito da parte di cantanti, che non sono stati particolarmente educati, al Nord ” (pp. 552-53). Qualche anno dopo, nel 1867, W.F. Allen, Ch.P. Ware e L. McKim Garrison pubblicarono una raccolta di canti: Slave Songs of the United States. Come aveva fatto Olmsted, anche Allen, Ware e McKim Garrison attribuirono la capacità di cantare dei neri a una caratteristica “razziale”; così comincia la loro opera: “La capacità musicale della razza negra è stata riconosciuta da così tanti anni che è difficile spiegare perché fino a oggi non è stato fatto alcun tentativo sistematico di raccogliere e conservare le loro melodie. Più di trent’anni fa hanno fatto la loro comparsa quelle plantation songs” (p. I). Bisogna però attendere gli anni Trenta del Novecento per sentire direttamente dalla voce di un cantante questi brani. Nel 1934 John Lomax e Alan Lomax fecero un viaggio nel Sud degli Stati Uniti, allo scopo di documentare la musica afroamericana; durante questo viaggio registrarono circa 25 ore di musica e più di 300 musicisti, tra i quali Huddie Ledbetter, noto col soprannome di Leadbelly.

Leadbelly nacque intorno al 1885 nella zona di Caddo Lake, vicino a Mooringsport, in Louisiana. Nel 1901 fuggì di casa, per sottrarsi alla rigida educazione del padre, e si trasferì a Dallas, in Texas, dove incontrò il bluesman Blind Lemon Jefferson, uno dei più famosi musicisti texani. Rimase con Blind Lemon Jefferson fino al 1917, quando fu condannato a trent’anni di lavori forzati per omicidio e rinchiuso nel penitenziario di Huntsville; nel 1924 il governatore del Texas Pat Neff si recò in visita proprio nella prigione in cui era rinchiuso Leadbelly, il quale cantò durante il pranzo del governatore; grazie alle sue abilità di cantante e chitarrista, il governatore gli concesse la grazia e fu così liberato il 15 gennaio 1925. Ma cinque anni dopo, Leadbelly fu nuovamente condannato per tentato omicidio e rinchiuso nel Louisiana State Penitentiary di Angola, forse la prigione più dura di tutti gli Stati Uniti. Proprio ad Angola i Lomax incontrarono Leadbelly, che raccontò loro la propria vita. Tra le molte canzoni che i Lomax registrarono, vi era anche Governor O.K. Allen, con la quale il cantante chiedeva la grazia al governatore della Louisiana del tempo. I Lomax mandarono questa registrazione al governatore: arrivò così la seconda grazia e da quell’anno visse da uomo libero – fatto salvo un anno di carcere per rissa; si trasferì a New York, dove morì il 6 dicembre 1949. Sia nelle registrazioni che i Lomax fecero nella prigione di Angola, sia in quelle successive, Leadbelly ci offre un panorama della musica afroamericana che sino a quel momento era nota solamente attraverso descrizioni: blues, work songs, gospels, ballate, nessuno stile musicale gli era ignoto; il suo im-

origine:

africa

1260 Principali stili musicali afroamericani e loro derivazioni.

europa

nuovo mondo colonie dell’America Settentrionale (evangelizzazione)

musiche militari pifferi, tamburi, ecc. XVII-XVIII sec.

salmi XVII sec.

musica africana canti, percussioni, ecc. XVII-XVIII sec.

inni XVIII sec.

work songs/field hollers ring games dal XVII sec. stile vocale, a cappella spirituals XIX sec.

plantation songs XVII sec. cakewalks XIX sec. ballo

fanfare strumenti a fiato XIX sec.

ragtime piano; fine XIX sec.

negro spirituals ca. 1865 stile vocale, a cappella blues ca. 1880 stile vocale con strumenti

gospel songs ca. 1895 stile vocale con strumenti

jazz ca. 1895 stile strumentale

(country music) rhythm & blues rock & roll rockabilly

soul music disco music soul moderno dal 1960

jazz moderno jazz free

musica rock

soul moderno

musica occidentale di varietà

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AFRICA

Oh boy, can’t you line ‘em See Eloise goin’ linin’ track

1261 Ritratto di Leadbelly.

Moses stood on the Red Sea shore He was battin’ at the waves with a two-by-four Oh boy, can’t you line ‘em Oh boy, can’t you line ‘em Oh boy, can’t you line ‘em See Eloise goin’ linin’ track. Buon giorno, Eloise, vai ad allineare il binario Tutto quello che odio dell’allineare il binario È che queste sbarre stanno per rompermi la schiena Oh ragazzo, non puoi allinearle? Oh ragazzo, non puoi allinearle? Oh ragazzo, non puoi allinearle? Guarda Eloise che sta per allinearle Se potessi sicuramente vorrei Stare sulla roccia su cui stava Mosè Oh ragazzo, non puoi allinearle? Oh ragazzo, non puoi allinearle? Oh ragazzo, non puoi allinearle? Guarda Eloise che sta per allinearle Mosè stava sulle rive del Mar Rosso Stava colpendo le onde con un bastone

menso repertorio – comprendente più di 600 brani – ci offre uno spaccato della musica nera americana come nessun altro cantante è mai riuscito a dare. Di particolare interesse sono le work songs che egli ha inciso: nato durante il periodo della schiavitù, questo tipo di brani aveva vari scopi, il principale dei quali era quello di sincronizzare il lavoro dei vari componenti della squadra. Un esempio di work song è Lining Track, cantata durante la messa in opera dei binari: Good morning, Eloise, Go linin’ track All I hate about linin’ track These ol’ bars ‘bout to break my back

1262 Condannati ai lavori forzati mentre intonano una work song, 1930 ca.

Oh boy, can’t you line ‘em Oh boy, can’t you line ‘em Oh boy, can’t you line ‘em See Eloise goin’ linin’ track If I could I surely would Stand on rock where Moses stood Oh boy, can’t you line ‘em Oh boy, can’t you line ‘em

Oh ragazzo, non puoi allinearle? Oh ragazzo, non puoi allinearle? Oh ragazzo, non puoi allinearle? Guarda Eloise che sta per allinearle.

In questo brano si trovano le caratteristiche delle work songs: il leader canta il primo verso (Good morning, Eloise) e il gruppo risponde col secondo (Go linin’ track); ricomincia il leader che canta i due versi successivi (All I hate about linin’ track / These ol’ bars ‘bout to break my back), i compagni rispondono con il ritornello (Oh boy, can’t you line ‘em, ecc.). Un’altra caratteristica dei canti afroamericani è la costante identificazione della propria vicenda con quella del popolo di Israele, sia durante il periodo in Egitto che con quello della “cattività babilonese”. Nel brano appena riportato il cantante vuole essere come Mosè, che conduce attraverso il Mar Rosso gli Ebrei verso la libertà, la Terra Promessa. Ma l’identificazione del bluesman è anche con alcuni animali, considerati dall’uomo (il “bianco”) come prede, ma che invece riescono sempre a salvarsi. Si veda, ad esempio, The Grey Goose, interpretata da Leadbelly con il Golden Gate Jubilee Quartet nel 1940 (testo e trad. in Venturini 1984, pp. 64-65): It was one Sunday mornin’, Lawd, Lawd, Lawd, The preacher went a-huntin’. He carried along his shotgun. Well, along come a grey goose Well, he throwed it to his shoulder, The gun went off: boo lum! And down come a grey goose. He was six weeks a-fallin’ He was six weeks a-findin’ And my wife and yo’ wife, They give him feather pickin’ They was six weeks a-pickin’ An’ they put him on to parboil He was six months a-parboil’, And they put him on the table, And the knife couldn’t cut him And the fork couldn’ stick him, An’ they throwed him in the hog-pen, And the hog couldn’t eat him Aw, he broke the hog’s teeth out They tak’n him to the saw mill, And the saw wouldn’t cut him

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L’AFRICA OLTRE L’AFRICA

1263 Ritratto di John A. Lomax.

An’ de last time I seed him, Well, he was flyin’ cross the ocean, With a long string o’ goslin’s, An’ they all goin’ “quack quack”. Era una domenica mattina Signore, Signore, Signore Il predicatore se ne andò a caccia, Col fucile Arrivò un’oca grigia se lo mise sulla spalla e il fucile fece boo lum! cadde un’oca grigia E ci mise sei settimane a cadere e ci mise sei settimane a trovarla Mia moglie e tua moglie Si misero a spennarla E impiegarono sei settimane La misero a bollire E bollì per sei settimane La portarono a tavola E il coltello non la tagliava La forchetta non si conficcava E allora la buttarono ai porci Ma il maiale non poté mangiarla Perché gli ruppe i denti La portarono alla segheria Ma la sega non la tagliava Perché ruppe i denti alla sega E l’ultima volta che l’ho vista Volava sull’oceano Con una lunga fila di ochette Che facevano “quack quack”.

È facile leggere in questo brano l’identificazione del nero con l’oca che il predicatore (il “bianco”) non riesce comunque a sconfiggere. Allo stesso modo vanno letti i racconti del folklore afroamericano, che riportano le storie di Brer Rabbit, il Fratel Coniglietto di disneyana memoria, che lotta costantemente con Brer Fox (Comare Volpe) e Brer Bear (Compare Orso): il coniglio, più piccolo e meno forte degli altri due, è comunque più furbo e con le proprie astuzie riesce non solo a sconfiggerli, ma anche a metterli in ridicolo. Un altro tipo di brani nel repertorio di Leadbelly sono i cosiddetti field hollers, i richiami che i lavoratori dei campi intonavano per comunicare tra loro. È ancora Douglass (1845) che ci dà una idea dei canti degli schiavi nelle piantagioni: „Gli schiavi scelti per andare alla Great Farm House per la assegnazione mensile loro e dei loro compagni erano particolarmente entusiasti. Mentre andavano, facevano riverberare i boschi, per miglia, con i loro canti selvaggi, che rivelavano la più grande gioia e la più profonda tristezza. Componevano le canzoni mentre camminavano, senza mettersi d’accordo né sul tempo né sulla melodia. I loro pensieri erano espressi se non con la parola col suono, e frequentemente sia nell’una che nell’altro. A volte cantavano il sentimento più toccante nella melodia più entusiastica e il sentimento più entusiastico nella melodia più toccante. In tutte le loro canzoni riuscivano a parlare delle Great House Farm, specialmente quando partivano. Cantavano allora in maniera molto allegra le seguenti parole: ‘Sto andando alla Great House Farm!’ (I am going away to the Great House Farm!). (...) Quando ero schiavo, non capivo il profondo significato di quelle canzoni rozze e apparentemente incoerenti. Io stesso ero nell’ambiente; (...) Raccontavano una storia di dolore che a quel tempo era al di là della mia scarsa comprensione; mormoravano la preghiera e il lamento degli animi che traboccavano della più dolorosa angoscia. Erano melodie alte, lunghe e profonde. Ogni melodia era una testimonianza contro la schiavitù. (...) Se qualcuno vuole essere colpito dagli effetti che uccidono l’anima della schiavitù, vada alla piantagione del Colonnello Lloyd il giorno della assegnazione, vada nel

bosco di pini e lì ascolti in silenzio i suoni che arriveranno nel profondo della sua anima, e se non rimarrà impressionato, sarà perché ‘non c’è carne nel suo cuore indurito’” (pp. 13-14). Leggendo queste descrizioni, non si può non pensare a brani di Leadbelly quali Cotton Fields, “Campi di cotone”: Oh when the cotton bolls get rotten You can’t pick very much cotton In them old cotton fields at home Quando la capsula di cotone marcisce non puoi raccogliere molto cotone in quei campi di cotone a casa.

A una melodia apparentemente allegra, si abbina un testo che nasconde una tragicità profonda. Se la pianta del cotone era rovinata, i braccianti avrebbero raccolto una minore quantità di prodotto, per essere quindi pagati meno. Questo problema è descritto in un blues di Leadbelly, The Boll Weevil. Boll weevil è un termine prettamente afroamericano che indica un curculionide, che, annidandosi nelle gemme della pianta del cotone, rovina irrimediabilmente il raccolto. You can talk about the latest, the latest of your home, These devilish boll weevils, they gonna rob you of a home, They’re a-looking for a home, they’re a-looking for a home. The first time I seen him, he was sitting on the square, Next time I seen him, he was spreadin’ ev’rywhere, He was looking for a home, He was looking for a home. Farmer taken the boll weevil, put him in the sand, Boll weevil said to the farmer, “This is treating me like a man. I have a home, I have a home”. Farmer taken the boll weevil, put him on the ice, Boll weevil said to the farmer, “You is treating me mighty nice. I’ll have a home, I’ll have a home”. The farmer and his went out ‘cross the field, The farmer said to the old lady “I found a lotta meat and meal, I’ll have a home, I’ll have a home”. Ol’ lady said to the ol’ man “I’m tryin’ my level best To keep these devilish boll weevils outa my ol’ cotton dress It’s full of holes, and it’s full of holes”. Farmer said to the ol’ lady, “What do you think of that? I got some devilish boll weevils out of ol’ Stetson hat And it’s full of holes, and it’s full of holes”.

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AFRICA

Al di là della prima interpretazione – la cattiveria del boll weevil che rovina il raccolto dell’agricoltore – è possibile anche un’altra chiave di lettura: a ben vedere, il boll weevil non fa altro che cercare una casa – condizione classica del nero povero – e cerca in ogni modo un luogo in cui vivere, ma anche l’agricoltore è rovinato dalla situazione. Alla fine, sia il boll weevil che l’agricoltore sono sconfitti di fronte al mercante: “Prima che ti lasci questa ultima, soffrirò e morirò in prigione” dice il secondo verso dell’ultima strofa. Alla fine, la prigione è l’unico luogo in cui il contadino potrà andare. La sofferenza del nero afroamericano trova la sua massima espressione nel blues. Cosa sia il blues lo spiega Leadbelly nella introduzione parlata al suo Good Morning Blues:

1264 Ritratto di Robert Johnson.

Now, this is Good Morning Blues. And I’ll tell you about the blues. All negroes like blues. Why? Because they are born with the blues. And now, everybody has the blues. Sometimes they don’t know what it is, but when you lay down at night, turning from one side to the bed all night to the other and can’t sleep, what’s the matter? Blues got you. (...) You say “Lord, have mercy. I can’t eat and I can’t sleep”. What’s the matter? Blues still got you. They want to talk to you. You got to tell them something. Bene, questa è Good Morning Blues. Vi parlerò dei blues. A tutti i negri piace il blues. Perché? Perché sono nati con i blues. E ora, tutti hanno i blues. Talvolta non sanno che cosa sia, ma quando di notte sei coricato, e ti giri tutta la notte da una parte all’altra del letto e non puoi dormire, che cosa succede? I blues ti hanno preso. (...) Dici: “Signore, abbi pietà. Non posso mangiare e non posso dormire”. Che cosa succede? I blues ti hanno preso ancora. Vogliono parlare con te. Devi dir loro qualcosa.

Farmer told to the merchant, “I didn’t make but one bale, Before I’ll let you have that last one, I’ll suffer and die in jail, I will have a home, I will have a home”. Puoi parlare dell’ultima, l’ultima novità di casa, Questi boll weevils infernali, ti deruberanno della casa, Stanno cercando casa, stanno cercando casa. La prima volta in cui lo vidi, era seduto nella gemma del cotone, La volta successiva in cui lo vidi si stava espandendo ovunque Stava cercando casa, stava cercando casa. L’agricoltore prese il boll weevil, e lo mise nella sabbia, Il boll weevil disse all’agricoltore “Questo è trattarmi come un uomo. Ho una casa, ho una casa”. L’agricoltore prese il boll weevil, e lo mise nel ghiaccio, Il boll weevil disse all’agricoltore “Mi stai trattando proprio bene Avrò una casa, avrò una casa”. L’agricoltore e il boll weevil uscirono nel campo, L’agricoltore disse alla moglie “Ho trovato molta carne e cibo, Avrò una casa, avrò una casa”. La moglie disse al marito “Sto facendo del mio meglio Per mandar via questo boll weevil infernale dal mio vestito di cotone È pieno di buchi, è pieno di buchi”. L’agricoltore disse alla moglie “Cosa pensi di questo? Ho alcuni boll weevils infernali sul mio cappello Ed è pieno di buchi, è pieno di buchi”. L’agricoltore disse al mercante “Ho fatto solo una balla, Prima che ti lasci questa ultima, soffrirò e morirò in prigione, Avrò una casa, avrò una casa”.

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È evidente, in questo testo, la polivalenza semantica della parola “blues”: Leadbelly si riferisce sia allo stile musicale, sia al sentimento di profonda tristezza sia alla personificazione di tale sentimento. Da una parte il cantante dice all negroes like blues, dall’altra dice everybody has the blues. Ma, ancora, alla fine della lunga introduzione, si dice They want to talk to you. You got to tell them something: i blues sono personificati, sono esseri con i quali ognuno deve fare i conti. L’angoscia che prende il nero arriva a essere definita come qualcosa di altro da sé, qualcosa di ineludibile, che lo prende quando nasce e lo abbandona quando muore. D’altronde, dice sempre Leadbelly in una strofa di De Kalb Blues (“Blues di De Kalb”): Blues was whisky stay drunk all time Blues was whisky stay drunk all time Stay drunk, baby, got you off my mind. Se il blues fosse stato whisky sarei stato ubriaco tutto il tempo Se il blues fosse stato whisky sarei stato ubriaco tutto il tempo Ubriaco, ragazza, saresti stata fuori dai miei pensieri.

Ma se da una parte Leadbelly fu il più grande testimone non solo di una musica, ma anche di una cultura che ormai andavano tramontando, suo contemporaneo fu uno dei maggiori bluesmen della storia, colui che ha definitivamente cambiato la storia della musica nera: Robert Johnson. ROBERT JOHNSON

La storia di Robert Johnson è avvolta nel mistero: le sue origini, le date della sua vita, tutto è incerto e dubbio, fatta salva la sua musica. Tra il 1936 e il 1937 in due sedute di incisione registrò appena 29 canzoni; ma tra queste c’erano brani come Dust my Broom, Sweet Home Chicago, Preaching Blues, If I Had Possession over Judgment Day. Da quei giorni degli anni Trenta, il blues sarebbe stato completamente diverso. Le ricerche degli studiosi di musica afroamericana sono riuscite a ricostruire alcune tappe della vita di questo bluesman; nacque, illegittimo, forse l’8 maggio 1911 da Julia Major Dodds. Il suo nome completo era Robert Leroy Dodds Spencer

L’AFRICA OLTRE L’AFRICA

(quest’ultimo cognome era stato adottato dal marito della madre quando si trasferì da Hazlehusrt, Mississippi, a Memphis), ma prese quello di Johnson quando scoprì chi era il suo vero padre. Negli anni Trenta viaggiò attraverso lo Stato del Mississippi e nel 1936 andò in un negozio di musica a Jackson; era il negozio di H.C. Speir, un bianco che faceva incidere i musicisti della zona. Fu lui, ad esempio, che portò in sala di incisione bluesmen quali Charley Patton, Son House, Skip James. A quel tempo Speir collaborava con la ARC e, dopo l’audizione, passò il nome al talent scout di quella casa discografica. Fu così che Robert Johnson andò a San Antonio, Texas, a registrare, il 23 e il 26 novembre 1936; tra le 16 canzoni incise, ci sono alcuni tra i più importanti brani della musica afroamericana, come Preaching Blues e Cross Road Blues. L’anno successivo, nel 1937, tornò in sala di registrazione, questa volta a Dallas, sempre in Texas: il 19 e il 20 giugno incise le sue ultime 13 canzoni. Morì nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1938. La leggenda di Robert Johnson nacque immediatamente: addirittura, nel 1939 Alan Lomax, durante il suo viaggio di ricerca sulla musica afroamericana, si recò proprio nelle zone frequentate dal musicista chiedendo sue notizie. Proprio gli amici che il musicista frequentava negli anni del vagabondaggio da una città all’altra hanno alimentato l’alone di leggenda intorno a lui. Ad esempio, Son House, che fu anche uno dei maestri di Johnson, raccontò che il giovane Robert voleva imparare a suonare, ma non ci riusciva. Nonostante ciò, seguiva Son House e Willie Brown ovunque suonassero; durante le pause delle esibizioni prendeva la chitarra e cercava di suonare, ma veniva fermato subito perché suonava malissimo; dopo un po’, sparì per ricomparire circa un anno dopo. Ecco le parole di Son House: “Io e Will [scil. Brown] stavamo suonando in un paesino chiamato Banks, a est di Robinsonville. Era un sabato sera e a un tratto entrò qualcuno. Era proprio lui, e con una chitarra che gli pendeva dalla spalla! Io dissi: ‘Bill! Hai visto chi c’è?’ Lui alzò lo sguardo: ‘Ah sì, il piccolo Robert’. E io: ‘Ha una chitarra!’ La cosa ci fece ridere. Poi Robert riuscì a farsi largo tra la gente e ad arrivare tra noi. Disse qualcosa e io gli risposi: ‘Be’ ragazzo, ancora con la chitarra? E che cosa vuoi fare? È inutile, non sei capace’. E lui: ‘Aspetta e vedrai. Lasciami il tuo posto solo per un minuto’. ‘Va bene,’ gli dissi ‘ma cerca di combinare qualcosa di buono’ e schiacciai l’occhio in direzione di Willie. Robert si sedette e iniziò a suonare. Diavolo se era diventato bravo! Quando ebbe finito eravamo tutti a bocca aperta. Io pensai: ‘Ce l’ha fatta. E anche in fretta’” (cit. in Guralnick 1991, pp. 26-27). Son House – e non solo lui, ma anche molti altri bluesmen del Mississippi – pensava che Johnson, per riuscire a imparare a suonare la chitarra in così breve tempo avesse venduto l’anima al diavolo. D’altro canto, sono gli stessi testi delle canzoni di Robert Johnson che trattano argomenti del genere. Questo è il testo di Me and the Devil Blues (“Blues di me e del diavolo”): Early this mornin’ when you knocked upon my door Early this mornin’, ooh, when you knocked upon my door And I said, “Hello, Satan, I believe it’s time to go”. Me and the Devil was walkin’ side by side Me and the Devil, ooh, was walkin’ side by side And I’m goin’ to beat my woman until I get satisfied. She say you don’t see why that you will dog me ‘round (spoken) Now, babe, you know you ain’t doin’ me right, don’cha She say you don’t see why, ooh, that you will dog me ‘round It must-a be that old evil spirit so deep down in the ground. You may bury my body down by the highway side (spoken) Baby, I don’t care where you bury my body when I’m dead and gone You may bury my body, ooh, down by the highway side So my old evil spirit can catch a Greyhound bus and ride.

48. – Africa

1265 La madre di Robert Johnson.

Questa mattina presto quando hai bussato alla mia porta Questa mattina presto, ooh, quando hai bussato alla mia porta E io ho detto “Ciao, Satana, credo che sia il momento di andare”. Io e il Diavolo stavamo camminando fianco a fianco Io e il Diavolo, ooh, stavamo camminando fianco a fianco E picchierò la mia donna sino a che non sarò soddisfatto. Lei dice “Non vedi che mi stai picchiando qua e là” (parlato) Lo sai, bambina, che mi stai trattando male, vero? Lei dice “Non vedi che mi stai picchiando qua e là” Deve essere quel vecchio spirito cattivo che abita nella terra profonda. Mi puoi seppellire al lato dell’autostrada (parlato) Bambina, non mi importa dove seppellisci il mio corpo quando sono morto Mi puoi seppellire, ooh, al lato dell’autostrada Così il mio vecchio spirito cattivo può prendere un pullman e andarsene.

Anche qui, l’angoscia esistenziale del cantante si personifica nel diavolo: è il diavolo che lo va a prendere a casa; è il diavolo, con il quale Robert Johnson cammina fianco a fianco, che lo spinge a picchiare la propria donna. Anche in altri brani Robert Johnson personifica il proprio disagio di vivere; si veda, ad esempio, il testo della prima strofa di Hellhound on my Trail (“Un cerbero sulle mie tracce”): I got to keep movin’, I’ve got to keep movin’ Blues fallin’ down like hail, Blues fallin’ down like hail. Umm Blues fallin’ down like hail, Blues fallin’ down like hail. And the days keeps on worryin’ me, There’s a hellhound on my trail hellhound on my trail hellhound on my trail.

1266 Etichette di dischi di Robert Johnson: Terraplane Blues, 32-20 Blues, Hellhound on my Trail.

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AFRICA

È così che ho imparato a suonare tutto quello che ti pare” (cit. in Guralnick 1991, p. 28). Canta Robert Johnson:

1267 Spartito di Hellhound on my Trail di Robert Johnson.

I went to the crossroad, fell down on my knee I went to the crossroad, fell down on my knee Asked the Lord above “Have mercy, save poor Bob, if you please”. Sono andato al crocicchio, sono caduto in ginocchio Sono andato al crocicchio, sono caduto in ginocchio Ho chiesto al Signore lassù “Abbi pietà, salva il povero Bob, se vuoi”.

È questo il mondo in cui si muoveva Robert Johnson, un mondo cupo, oscuro, nel quale la magia aveva una larga parte. È ancora Hellhound on my Trail che riporta la testimonianza di una fattura: You sprinkled hot foot powder, mm, around my door All around my door You sprinkled hot foot powder, mm, around my door All around your daddy’s door, mm It keep me with ramblin’ mind, rider Every old place where I go Every old place where I go. Hai sparso la “polvere del piede” calda intorno alla mia porta, mm, intorno alla mia porta Tutto intorno alla mia porta Hai sparso la “polvere del piede” calda intorno alla mia porta, mm, intorno alla porta del tuo caro, mm Mi ha fatto uscire di testa, ragazza In ogni luogo in cui vado In ogni luogo in cui vado. Mi devo muovere, mi devo muovere, I blues stanno cadendo come grandine, I blues stanno cadendo come grandine. Umm I blues stanno cadendo come grandine, I blues stanno cadendo come grandine. I giorni continuano a preoccuparmi, C’è un cerbero sulle mie tracce Un cerbero sulle mie tracce Un cerbero sulle mie tracce.

1268 Raccolta del cotone in una piantagione a Memphis, 1926.

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Ma il brano nel quale si è visto maggiormente il rapporto tra Robert Johnson e il diavolo è Crossroad Blues (“Blues dell’incrocio”). Questo brano rimanda a una tradizione raccontata da un altro bluesman, Tommy Johnson: “Se vuoi imparare a suonare qualunque strumento ti passi per la testa e a scrivere canzoni, devi prendere la chitarra e andare dove c’è un crocicchio. Per essere sicuro, devi arrivarci prima di mezzanotte. Poi prendi la chitarra e ti metti a suonare qualcosa. (...) Allora vedrai arrivare un grande uomo nero che ti prenderà la chitarra, la accorderà, suonerà una canzone e te la restituirà.

Non si può non ricordare, a proposito della hot foot powder, quanto già detto prima a proposito dei riti magici: si tratta di un preparato che doveva servire a far cambiare le persone con le quali veniva usato. Anche le tradizioni sulla sua morte sono legate al soprannaturale: sebbene appaia probabile che egli sia stato avvelenato, alcuni suoi amici dell’epoca raccontano che era stato il diavolo a portarlo via; nel crocicchio in cui egli si era recato aveva venduto l’anima al diavolo in cambio del successo. Una volta raggiuntolo, il diavolo sarebbe andato a prendersi ciò che gli era stato promesso. Se da una parte Son House fu il maestro di Robert Johnson, dall’altra moltissimi furono i suoi allievi: McKinley Morganfield – poi noto come Muddy Waters –, Robert Jr. Lockwood, Elmore James, solo per citare quelli che poi avrebbero avuto un grande successo nel blues dello stile di Chicago. ELMORE JAMES

Elmore James imparò a suonare la chitarra da Robert Johnson; da lui apprese la tecnica cosiddetta slide, o bottleneck, consistente nel suonare la chitarra sfregando sulle corde una barretta metallica o un cilindro di vetro. Nato il 27 gennaio 1918 a Richland, nel Mississippi, nel 1937, durante i suoi viaggi nel Delta – l’area compresa tra il Mississippi e il suo affluente Yazoo – frequentò i più importanti musicisti del tempo: Sonny Boy Williamson II, Robert Jr. Lockwood e Robert Johnson. Da quest’ultimo Elmore James imparò non soltanto la tecnica della chitarra slide, ma anche parte del repertorio. Dopo la morte del suo maestro, andò via dal Mississippi (pare per paura di subire la stessa fine) e, dopo il servizio militare tra il 1943 e il 1945, si unì con Sonny Boy Williamson e il cugino Homesick James; proprio con Sonny Boy Williamson incise nel 1951 la prima versione postbellica dell’ormai classico brano di Robert Johnson Dust my Broom. Trasferitosi prima a Helena, in Arkansas, poi a Chicago, visse sempre una sorta di scissione: da una parte la paura di morire a causa di un problema cardiaco congenito – e la necessità quindi di evitare fatiche –, dall’altra l’incapacità di

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stare lontano dalle campagne del Sud in cui era nato e vissuto. La morte lo colse a Chicago il 24 maggio 1963, all’età di 45 anni, proprio a causa dei problemi cardiaci che tanto temeva. Elmore James, seguendo la lezione del maestro, fu forse il musicista che più di tutti seppe approfondire gli aspetti più cupi e introversi della “musica del diavolo”, come veniva chiamato il blues. Unendo ai testi delle sue canzoni una insuperata abilità nell’uso della tecnica slide trasposta nelle sonorità della chitarra elettrica, egli rappresenta il punto di unione tra il blues rurale del Mississippi e il nuovo – per i tempi – stile di Chicago. Ecco il testo di It Hurts Me Too (“Fa male anche a me”):

1269 Fittavolo in una piantagione nei pressi di Clarksdale, Mississippi, 1939.

You said you was hurtin’, you almost lost your mind Now, the man you love, he hurt you all the time But, when things go wrong, ooh, wrong with you, it hurts me too. You’ll love him more when you should love him less Why lick up behind him and take his mess But when things go wrong, whoa, wrong with you, it hurts me too. He love another woman, yes, I love you But, you love him and stick to him like glue When things go wrong, ooh, wrong with you, it hurts me too. Now, he better leave you or you better put him down No, I won’t stand to see you pushed around But, when things go wrong, ooh, wrong with you, it hurts me too. Dicevi che ti faceva male, avevi quasi perso la testa Ora, l’uomo che ami ti fa male tutto il tempo Ma quando le cose vanno male, ooh, vanno male con te Fa male anche a me. Lo amerai di più quando dovresti amarlo di meno Perché gli stai appresso e ti fai carico dei suoi problemi? Ma quando le cose vanno male, ooh, vanno male con te Fa male anche a me. Egli ama un’altra donna, sì, io amo te Ma tu ami lui e gli sei attaccata come la colla Ma quando le cose vanno male, ooh, vanno male con te Fa male anche a me.

Sto camminando in lacrime in cerca della mia ragazza E mi chiedo: “Dove può essere?” Una mattina ho visto la mia ragazza, stava passeggiando lungo la strada Una mattina ho visto la mia ragazza, stava passeggiando lungo la strada Mi ha fatto sentire bene Sino a che il mio cuore non ha avuto un sobbalzo Ho un cattivo presentimento, la mia ragazza, la mia ragazza non mi ama più Ho un cattivo presentimento, la mia ragazza non mi ama più Ora, il cielo sta piangendo, Le lacrime stanno scorrendo sul mio naso.

1270 Lightnin’ Hopkins durante un concerto nel 1964.

Ora, è meglio che egli ti lasci o meglio che tu lo pianti No, non starò a guardarti sbattuta via Ma quando le cose vanno male, ooh, vanno male con te Fa male anche a me.

Tutta l’angoscia di una situazione sentimentale irrisolvibile diventa angoscia esistenziale in The Sky is Cryin’ (“Il cielo sta piangendo”): The sky is cryin’, look at the tears roll down the street The sky is cryin’, look at the tears roll down the street I’m wadin’ in tears lookin’ for my baby, and I wonder, where can she be? I saw my baby one mornin’, and she was walkin’ on down the street I saw my baby one mornin’, and she was walkin’ on down the street Made me feel so good, until my poor heart would skip a beat. I got a bad feelin’, my baby, my baby don’t love me no more I got a bad feelin’, my baby don’t love me no more Now, the sky’s been cryin’, the tears rollin’ down my nose. Il cielo sta piangendo, guarda le lacrime che scorrono lungo la strada Il cielo sta piangendo, guarda le lacrime che scorrono lungo la strada

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Well now, look for me baby, you know I’m comin’ home Well now, look for me baby, because you know I’m comin’ home Well now, the reason why I left you down, You know you’d done me wrong. Well now, I’m comin’ home to you baby and I ain’t gonna leave no more Yes, I’m comin’ home to you baby and I ain’t gonna leave no more Yes, you know I done you wrong, darlin’, The last time I’m walkin’ out your door. Well now, I’ll tell you, baby, just before I leave this town Yes, I’m gonna tell you, baby, just before I leave this town Well, I’m comin’ home to you, baby, And won’t stand no pushin’ around.

1271 Muddy Waters in uno studio di registrazione a Chicago, 1969.

Con l’uso della sua tecnica chitarristica, Elmore James in questo brano è riuscito a far perdere all’ascoltatore le prospettive, confondendo il sé con l’universo: se da una parte il cantante è disperato per la perdita della propria donna, dall’altro il dolore pervade tutto, in una visione totalizzante della realtà. Profondamente superstizioso, incapace di star fermo in un luogo per molto tempo, nella sua versione di Dust my Broom ripropone quasi testualmente i versi di Robert Johnson, ma cambia l’ultima strofa. Johnson cantava: I believe, I believe I’ll go back home I believe, I believe I’ll go back home You can mistreat me here, babe, but you can’t when I go home. Credo, credo che tornerò a casa Credo, credo che tornerò a casa Qui mi puoi trattare male, ma non puoi quando vado a casa.

Significativamente diverso, invece, è ciò che cantava Elmore James: I believe, I believe my time ain’t long I believe, I believe my time ain’t long I gotta leave my baby and break up my happy home. Credo, credo che il mio tempo non sia lungo Credo, credo che il mio tempo non sia lungo Sto per lasciare la mia ragazza e rovinare la mia casa felice. 1272 Una scena del film The Blues Brothers di John Landis, 1980: da sinistra, Dan Aykroyd, Ray Charles e John Belushi.

Con Elmore James i blues sono cambiati: non sono più (solo) i blues del cotone, i blues della siccità o delle alluvioni, i blues del lavoro nei campi del Sud, sono ormai qualcosa di diverso. Sono i blues della lontananza dalla propria terra, senza aver trovato una nuova terra, i blues della incapacità di vivere nel Nord e della impossibilità di vivere nel Sud. Ormai, sono (soprattutto) i blues della città. Questa è Coming Home (“Tornando a casa”):

Bene, ora, cercami, ragazza, lo sai che sto tornando a casa Bene, ora, cercami, ragazza, lo sai che sto tornando a casa Bene, ora, la ragione per la quale ti ho lasciato giù Lo sai che mi hai trattato male. Bene, ora, sto tornando a casa da te, ragazza, e non ti lascerò più Sì, sto tornando a casa da te, ragazza, e non ti lascerò più Sì, lo sai che ti ho trattato male L’ultima volta che sono uscito dalla tua porta. Bene, ora, ti dirò, ragazza, appena prima di lasciare questa città Sì, ti dirò, ragazza, appena prima di lasciare questa città Bene, sto tornando a casa da te, ragazza, E smetterò di fare il prepotente. PER UNA CONCLUSIONE

Quanto detto sin qui non può, e non vuole, essere che una presentazione quanto mai generale di un argomento che ha ormai alle spalle almeno un secolo di storia. Anche la scelta di presentare solamente tre esponenti della musica afroamericana è sicuramente riduttiva, ma sono probabilmente i musicisti che hanno maggiormente segnato la storia del blues: Leadbelly – la tradizione; Robert Johnson – l’innovazione; Elmore James – il blues nelle città del Nord. Il blues, soprattutto a partire dalla metà degli anni Cinquanta, è uscito dai luoghi in cui tradizionalmente veniva suonato; il rock and roll, in fondo, non è stato che una riproposizione da parte di musicisti bianchi per un pubblico di bianchi di schemi e motivi caratteristici del blues. Non è un caso, infatti, che Elvis Presley, all’inizio della propria carriera, incise That’s All Right, un brano del bluesman Big Boy Crudup; e lo stesso Presley incise altri brani presi dal repertorio del blues: Mistery Train, Heartbreak Hotel, Hound Dog non sono altro che riprese dall’enorme patrimonio dei bluesmen. Più avanti nel tempo, troviamo i Rolling Stones, che presero il loro nome proprio da un blues e che incisero Love in Vain, una versione di un omonimo pezzo di Robert Johnson; i Beatles, d’altro canto, non hanno mai nascosto la loro ammirazione per Chuck Berry, del quale hanno inciso brani come Roll over Beethoven, o Johnny B. Goode. Il movimento del cosiddetto blues revival, poi, durante gli anni Sessanta ha avuto il grande merito di riportare all’attenzione del grande pubblico musicisti come Lightnin’ Hopkins, Sonny Boy Williamson II, Muddy Waters, Fred McDowell. In quegli anni si sono avute anche collaborazioni – non sempre con risultati felici – tra bluesmen neri e artisti rock bianchi. Ma una volta, durante una intervista, disse Muddy Waters, riferito ai musicisti rock che incidevano pezzi presi dal suo repertorio: “Possono suonare come me, ma non possono cantare come me”. Well, I woke up soon one morning, I had the blues all ‘round my bed Well, I woke up soon one morning, I had the blues all ‘round my bed Well I reach for my baby, and I got these blues instead.

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I walked the streets late at night, till my feet turned soaking wet Yes, I walked the streets late at night, till my feet turned soaking wet Well, I asked all my friends, haven’t heard talk of my baby yet. Just wrote a letter back home to the boys, asking them “Please pray for my sins” Yes, I wrote a letter back home to the boys, asking them “Please pray for my sins” Well, I’m headed down toward the ocean, I believe that this is the end. Mi sono svegliato presto una mattina, avevo i blues tutto intorno il mio letto Sì, mi sono svegliato presto una mattina, avevo i blues tutto intorno il mio letto Bene, cerco la mia ragazza, e invece presi questi blues. Ho camminato tardi la notte per le strade, sino ad avere i piedi inzuppati Ho camminato tardi la notte per le strade, sino ad avere i piedi inzuppati Ho chiesto a tutti i miei amici se avevano sentito parlare della mia ragazza. Ho appena scritto una lettera a casa ai ragazzi, chiedendo loro “Per piacere, pregate per i miei peccati” Sì, ho appena scritto una lettera a casa ai ragazzi, chiedendo loro “Per piacere, pregate per i miei peccati” Bene, mi sono avviato verso l’oceano, credo che questa sia la fine. (James Reed, The End) Bibl.: È praticamente impossibile dare una bibliografia seppur generica sul blues e la musica afroamericana; si indicano di seguito solo alcuni titoli di riferimento, in particolare in italiano, e le opere citate nel testo: F. Douglass, Narrative of the Life of Frederick Douglass, an American Slave. Written by Himself, Boston 1845; F.L. Olmsted, A Journey in the Seaboard Slave States; with Remarks on their Economy, New York 1856; W.F. Allen Ch.P. Ware - L. McKim Garrison, Slave Songs of the United States, New York 1867; A. Roffeni (ed.), Blues, ballate e canti di lavoro afroamericani, Roma 1976; G. Oakley, La musica del diavolo: storia del blues, Milano 1978 (trad. it.); A. Roffeni (ed.), Il blues: saggio critico e raccolta di liriche della più importante forma di canto afro-americana, Milano 19782; A. Portelli (ed.), Saggi sulla cultura afro-americana, Roma 1979; L. Federighi, Blues nel mio animo: temi e poesia del blues, Milano 1981; F. Venturini, Sulle strade del blues, Milano 1984; M.L. Hart - BM. Eagles - L.N. Howorth, The Blues: a Bibliographic Guide, New York - London, 1989; P. Guralnick, Robert Johnson. In cerca del re del blues, Milano 1991 (ed. or. Searching for Robert Johnson, New York 1989); L. Cohn (ed.), Nothing But the Blues: the Music and the Musicians, New York 1993; M. Cotto (ed.), Enciclopedia del blues e della musica nera, Milano 1994; L. Federighi, Blues on my mind: temi e poesie del blues, Palermo 2001. Per la discografia, si vedano: M. Leadbitter - N. Slaven, Blues Records, January 1943 to December 1966, New York 1968; R.M.W. Dixon - J. Godrich, Blues and Gospel Records, 1902-1943, Essex 19823; M. Leadbitter - N. Slaven, Blues Records, 19431970: a Selective Discography, I-II, London 1987-94; R.M.W. Dixon - J. Godrich - H. Rye, Blues and Gospel Records, 1890-1943, Essex 19824. Per Leadbelly, sono fondamentali i sei CD The Library of Congress Recordings, Rounder CD 1044-1046, 1097-1099; per Robert Johnson tutte le incisioni sono pubblicate nei CD The Complete Recordings, Columbia 467246 2; per Elmore James le prime incisioni sono pubblicate nei CD Classic Early Recordings, Ace ABOXCD 4-1-3.

Cuba, molto varia e costante sin dagli albori dell’epoca coloniale. Un proverbio assai diffuso oggi in tutta l’isola dice che “Quien no tiene de Congo, tiene de Carabalí”, come a significare che nessuno nell’isola può escludere con estrema sicurezza che nelle sue vene non scorra una parte di sangue africano.

1273 Piantagione di tabacco a Cuba, in una incisione del 1840 ca.

LA SCHIAVITÙ: I PRECEDENTI

Già nel XV secolo, al tempo dei loro primi contatti con le popolazioni negre della Guinea, i Portoghesi avevano dato inizio a una forma di tratta per così dire europea, in quanto gli schiavi catturati in Africa andavano a incrementare il mercato del lavoro servile nelle città lusitane. Nel 1441 Antam Gonçalves, spintosi con la sua “piccola nave” fin sulla costa sud dell’attuale Marocco (la colonia spagnola di Río de Oro), per compiacere il suo regale padrone – il principe Enrico del Portogallo, il Navigatore –, catturò, con l’aiuto di un altro avventuriero portoghese, Nuño Tristão, 12 abitanti di quella terra e li portò schiavi a Lisbona. Solamente due anni dopo il fenomeno cominciò ad assumere però connotati e proporzioni che ne andarono prefigurando il tragico epilogo: dopo che le Isole Canarie ebbero fatto da trampolino di lancio, nel 1443, grazie alle sistematiche spedizioni dell’italiano Lanzarotto Marocello e dei portoghesi Gil Eannes, Alfonso Gonçalves de Baldaja e Nuño Tristão verso quelle stesse terre, ben 235 Africani

1274 Schiavi in una fabbrica di zucchero a Cuba, in una incisione del 1830 ca.

Alessandro Campus

L’AFRICA CARIBEÑA: CUBA Yoruba soy, lloro en Yoruba / Lucumí. / Como soy un Yoruba de Cuba, / quiero que hasta Cuba suba / mi llanto Yoruba: / que suba el alegre llanto Yoruba: / que sale de mi. / Yoruba soy, / cantando voy, / llorando estoy, / y cuando no soy Yoruba, / soy Congo, Mandinga, Carabalí (N. Guillén, Son número 6 ).

È noto quanto le culture nazionali delle Americhe e dei Caraibi debbano, nel loro processo di formazione storica, alle popolazioni africane tratte schiave durante i secoli che vanno dal XVI al XIX. La presenza africana è stata, per quanto riguarda 757

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