LA CIRCULACION DE LA LOZA ITALIANA EN EL LEVANTE PENINSULAR EN LA EDAD MODERNA. LA COLECCION DEL MUSEO ARQUEOLOGICO DE ALICANTE

Share Embed


Descripción

ANSER •

I

~NCIL. E ROUfE 'lARIJI \\1 1\\1 DIlI RR.

[

~ ----FEDER

Pr o gr a mm e

FONDO EUROPEO

Int e rr e g 1118

DI SVILUPPO REGIONALE

MEDOCC

REGIONE LAZIO ASS ESSORATO CULTURA, SPETTACO LO , SPORT E TURISMO

ROTTE E PORTI DEL MEDITERRANEO DOPO LA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO D'OCCIDENTE CONTINUITA E INNOVAZIONI TECNOLOGICHE E FUNZIONALI IV SEMINARIO GENOVA, 18- 19 GIUGNO 2004

A CURA DI LORENZA DE MARIA

Rubbettino

e RITA TURCHETTI

Indice

Presentazioni

© 2004 - Progetto ANSER

REGIONE LAZIO

© Regione Lazio

ASSESSORATO CULTURA, SPETTACOLO, SPORT E TURISMO

© 2004 - Rubbettino Edirore 88049 Soveria Mannelli ViaJe Rosario Rubbettino, 10 tel (0968) 662034 www.rubbettino.it

Asssessore Luigi Ciaramelletti

Luigi Ciaramelletti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. VII Alessandro Voglino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. IX Rita Turchetti ............ .. .......... .. ............ . ........... )0./

DIPARTIMENTO SOClALE

Introduzione

Direttore Salvatore Cirignotta

Tiziano Mannoni

ISBN 88-498- 111 7-9

XIX

Entre Antiquité et Moyen-Áge: I'Itinéraire Maritime d'Antonin. DIREZIONE REGIONALE CULTURA, SPORT E TURISMO

Direttore Alessandro Voglino AREA VALORlZZAZIONE DEL TERRITORIO E DEL PATRIMONIO CULTURALE

Dirigente Elina Vercelli RESPONSAB ILI DEL PROGETTO

Rita Turchetti e Lorenza de Maria

Pascal Arnaud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La Geografia di Tolomeo e le rotte marittime mediterranee Nicholas C. Vella . ....... . ......... ..... ..................... .

3 21

Comercio, rutas y navegación en la Hispania meridional tardorromana (ss. III-VII d.C.). Una perspectiva desde la arqueología litoral

Darío Bernal Casasola .........................................

33

Les voies de navigation du Maroc au Moyen - Áge (Xe-XIle.s.)

AREA VALORl ZZAZIONE DEL TERRITORIO E DEL PATRIMONIO CULTURALE

Elarbi Erbati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..

Via del Caravaggio, 99 00147 Roma Te!. 0039 06. 51681 - fax 0039 06 51688172

Rutas y comercio de al-Andalus con las Repúblicas Italianas de Génova, Pisa y Amalfi, durante los siglos XI al XIII

Rafoel Azuar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..

65

77

Finito di stampare iJ mese di ottobre 2004

In copertina: C. de Grassi, Veduta di Genova (particoJare), 1481. Museo Nazionale di Pegli (Genova).

Les points d' abordage en Algérie médiévale a travers les sources entre le XIe et le XIIle siecle ,de pon de Bejaia»

Akila Djellid . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..

107

Malta and the Mediterranean shipping lanes in the Middle Ages

Timothy Gambin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..

115

Une approche archéologique des origines méditerranéennes de la tradition ibéro-atlantique en architecture navale. Le cas des épaves d'o rigine portugaise récemment découvertes.

Francisco Alves, Paulo Rodrigues . . ....... . ......... .. .... ... ......

135

La ville médiévale d'al-Basra et ses deux ports arlantiques (Maroc du Nord)

Ahmed S. Ettahiri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 157 1 resti riemersi del Porto medioevale di Dubrovnik

frena Radic Rossi ................................. .. .... ... . .. 17 1 Représentations cartographiques et iconographiques des principaux ports de I'Algarve post-médiéval. Les premieres expériences archéologiques de sites portuaires dans le territoire portugais

Maria Luísa P Blot, joáo Cachet Alves . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 189 La circulación de loza italiana en el Levante Peninsular en la Edad Moderna. La Colección del Museo Arqueológico Provincial de Alicante

josé Luis Menéndez Fueyo, juan Antonio López Padilla . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217 Le navi della Serenissima, archeologia e restauro (XIII-XVI sec.)

Massimo Capulli, Luigi Fozzati .. ... . . .. . .. . . . .. ..... . ........... 239 La Liguria marittima dopo la caduta dell'Impero, il quadro delle ricerche archeologiche

Ciuseppina Spadea, Ciampiero Martino .......... .. .... ...... ..... . 253 Rapporti tra i porti e la rete stradale in Liguria dall ' eta romana al medioevo

Tiziano Mannoni .... . ................ ......... ..... ... ...... 275 Costa flegrea e attivira bradisismica dall'antichita ad oggi

fvan Varriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 291 11 viaggio di Rutilio Namaziano: una ricostruzione degli approdi tirrenici

Annapaola Mosca ...... . . ..... ............... ......... . ...... 311 Inquadramento geostorico del Mediterraneo occidentale

Massimo Quaini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333 11 portolano: una fonte sto rica medievale trascurata

Michele Castelnovi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343 Arsenali e costruzioni navali nella Toscana dei Medici

Franco Angiolini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 363 I1legno nelle tecniche costruttive del porto medievale e post medievale di Genova

Piera Melli, Valentina Penco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 379 Abstracts .................................................. 397

Il ruolo del Mediterraneo, definito gia dagli autori antichi mare nostrum, come cuila di civilra e crocevia di culture e un dato assodato. Se e yero che gia nella preistoria ci son o prove di uomini coraggiosi che si sp ingevano in mare alla ricerca di nuove terre, a maggior ragione bisogna considerare come I'evoluzione della navigazione abbia prodotto nel tempo ricchezza, ma anche influenze culturali di varia natura. Non e difficile immaginare, nella stagione in cui navigare era piu sicuro, le molte navi commerciali che solcavano il mare trasportando merci tra i vari paesi, indispensabili allo sviluppo di citra e culture diverse; per comprendere cio basta pensare a quanto le fonti letterarie riportano sulle necessita di una citra come Roma in eta tardo-repubblicana ed imperiale. 11 quadro che ne deriva e sicuramente piu vivace di quello attuale, limitato al di porto ed al trasporto di poche merci. Ricordando i titanici interventi , di Claudio prima e di Traiano poi , per la costruzione del sistema portuale di Roma abbiamo un'ulteriore testimonianza di quanto fosse importante ave re porri funzionanti a disposizione, ma anche un monumentale complesso urbanistico-architerronico costituito da magazzini , mercati e servizi dove conservare e distribuire le merci, oltre ché di alloggi e servizi per i marinai. Dunque il Mediterraneo come crocevia di rorre la cui complessira ed importanza non era cerro inferiore aquella della rete stradale, che consentiva lo spostamento di uomini e mezzi via terra. Le ricerche realizzate in questi ultimi anni dall'archeologia subacquea e i rinvenimenti sulle coste italiane, francesi, spagnole e portoghesi, dalla Campania all'Algarve, insieme a quelle algerine, marocchine e maltesi hanno consentito di identificare un'ingente quantira di informazioni proprio sugli scambi intercorsi fra le culture che si sono sviluppate nel bacino del Mediterraneo tra l'antichita e I'era moderna. Limportanza del patrimonio archeologico presente nella nostra regione ha motivato il forte contributo al progetto ANSER - ''Anciennes routes maritimes méditerranéennes", che e forse il piu significativo fra quelli a cui questo Assessorato ha partecipato in quest'uIrimo triennio anche per l'articolazione della partnership e le molteplici attivira realizzate. Tra queste il coordinamento dei seminari , incentrati su! tema generale: "11 patrimonio archeologico sottomarino e i porti antichi", assume un particolare significato. Tali giornate di studio hanno infatti permesso di stabilire un confronto diretto fra specialisti ed operatori che studiano e gestiscono il patrimonio archeologico e di favorire scambi di esperienze sulla costruzione, l' organizzazione e gli scambi dei porti del Mediterraneo occidentale e la loro salvaguardia e valorizzazione. 11 risultato tangibiVII

Ribeiro, O ., Laurensach , H ., D aveau , S. (1 99 1- 199 5), Geografia de Portugal, Lisboa. Ridel , E. (2 002) (ed.), L'héritage maritime des Vikings en Europ e de 1'0 uest, Col/oque international de la Hague (1999), C aen . Rieth , E. ( 1984) , Principe de construction ''charpente premiere" et procédés de construction "bordé premier"

au XVIII' sih le, in N eptunia 153, pp. 2 1-3 l.

la circulación de loza italiana en el levante Peninsular en la Edad Moderna. la Colección del Museo Arqueológico Provincial de Alicante

a

Ri eth , E. ( 1985), La question de la construction navale ftanc-bord au Ponant, in Neptunia 160, pp. 8-2 1.

JOSÉ LUIS MENÉNDEZ FUEYO , JUAN ANTONIO LÓPEZ PADILLA*

Ri eth , E. (I987a), Les écrits de Fernando Oliveira, in N eptunia 16 5, pp. 16-3 1. Ri eth , E. (I987 b), Un systeme de concep tion des carenes de la seconde moitié du XVI' siecle, in Neptunia 166, pp. 16-3 l. Rie th , E. (1996), Le M aitre-Gabarit, la tablette et le trébuchet. Essai sur la conception non graphique des

carenes d u Moyen Age au XX' siecle, in H istoire des Sciences, Paris. Rodrigues , P. , Alves, E, Rieth, E. , Castro, E (199 8) , L'épave d 'un navire de la deuxieme moitié du XV'"

siecle/début du XVl' siecle, trouvée au Cais do Sodré (Lisbonne), note préliminaire, E Alves (ed. ), Proceedings. International Symposium A rchaeology Medieval and Modern Ships IberianA tlantic Tradition. H uI/ remains, manuscripts and ethnographic sources: a comparative approach, Trabalhos de Arqueología 18 , L isboa, pp. 347-380 .

017

01

01

Silva, AV . da (I 94 0) , A s M uralhas da Ribeira de Lisboa, 3e éd ., Lisboa. Sil va, c.T. , Soares, A. C., Soares, J. (1 987), Nota sobre o material anfórico da Foz do A rade (Portimíio), in SettÍbaLA 8, pp. 203-2 19. Teichn er, F. ( 19 9 7) , N ote sur le flnds numismatique romain de Foz do Rio Arade (Portimíio, Portugal), in

Conimbriga 36, pp. 123- 16 0 .

M.J.E (2 004) , Os sinais dos tempos: para o estudo do clima e do litoral portugues (séculos XlI a XVI) , in Evolu~íio Geohistórica do litoral portugues e ftnómenos correlativos. Actas do Colóquio Uunho de 2004) , Lisboa, pp. 45 1-5 15.

Tava res,

Vasco ncelos, D.A.B. (1 98 9), Notícias H istóricas de Tavira, 1242/1 840, Tav ira.

La realización de este seminario sobre las rutas y puertos del Mediterráneo, bajo el auspicio y organización del Proyecto ANSER 1, nos ofrece la oportunidad de presentar aquí, en la Liguria, una de las regiones productoras de cerámica por excelencia, y aun más, en la ciudad de G énova, uno de los puertos más importantes durante todo el Medioevo europeo, los resultados de una investigación que venimos desarrollando desde hace unos años, sobre la circulación de loza italiana en los puertos mediterráneos del Reino de Valencia, un tema que, de un tiempo a esta parte, está despertando el interés de numerosos investigadores peninsulares. Sin embargo, hemos de precisar que lo que aquí presentamos se trata de una pequeña parte de una investigación en curso, abierta, que cambia, fundamentalmente, gracias a las continuas actuaciones arqueológicas realizadas en los cascos urbanos de los puertos históricos de la costa mediterránea peninsular. La presencia de loza italiana, por la importancia que tienen sus producciones, actúan , en muchos casos, de auténtico fósil director sobre el que gravita la cronología de estratos, niveles, e incluso, actuaciones arqueológicas. Además, profundizar en su estudio nos permite ampliar los datos, de por sí variados aunque nunca extensos, que contamos para completar el conocimiento de las relaciones comerciales entre los puertos mediterráneos entre las décadas finales de un Medioevo en sus estertores y el despegue económico de los inicios de la Edad Moderna. Haciendo un repaso previo, debemos indicar que las primeras piezas de origen italiano localizadas en territorio español fueron identificadas en las excavaciones del Palau Desbrull, en Palma, y publicadas por G. Roselló y J. Camps en 1974. Salvo un plato decorado con el estilo de foglie verdi, del que ya se indicó entonces su acertada procedencia montelupina, del resto de producciones no se señaló co n seguridad ningún taller en concreto, apuntándose genéricamente un origen italiano. Posteriormente, se ha señalado a los alfares pisanos como responsables de la fabricación de las piezas de graffita tarda y jaspeadas del yacimiento (Coll 1998). Los estudios que desde los primeros años de la década de 1970 se han venido publicando en las actas del Convegno Internazionale della Ceramica, celebrados en • MARQ, Museo Arqueológico Provincial de Alicante. l . Agradecemos la invitación a asistir a este seminario a los mi emb ros del Comité Europeo del Proyecto ANSER, por haber aceptado la inclusión de este trabajo entre los temas de sus seminarios y a los miembros del

216

Co mité español del proyecto por haber avalado nuestra presencia aqu f, asf co mo a la Autoridad Portuari a del Co mune de Genova, por la cálida acogida de la que hemos sido objeto , en particular, el trato recibido por el dott. Mauro Darchi . 217

la ciudad de Albisola - y desde mucho antes en la revista Faenza, promovida por G. Ballardini desde el año 1913- sirvieron de marco a una serie de trabajos que han contribuido a ordenar y sistematizar una serie de producciones cerámicas cuya presencia en amplias áreas de Europa y del Mediterráneo - Holanda (Baart 1982-83), Francia (AA. vv. 1993), Inglaterra (Mayet 1972; Blake 1981), Marruecos (Redman 1982)e incluso de América (Lister, Lister 1976) las convierte en una referencia de evidente valor arqueológico, que sólo en los últimos años ha comenzado a verse reflejada en las investigaciones peninsulares (Cerda, Telese 1994; Coll 1997, 1998; Llinás 1997; González 1997). Pero, vayamos más atrás, y hagamos un repaso a la situación que encontramos durante la Edad Media, con un Reino de Valencia erigido como uno de los principales exportadores de loza y cerámica común del Mediterráneo. Las famosas maiólicas valencianas en verde y morado, azul cobalto, loza dorada y azul y dorado de Paterna dominarán el comercio cerámico desde la segunda mitad del siglo XIII hasta finales del siglo XV, casi de forma exclusiva. Este gran momento de la cerámica valenciana, se mantendrá gracias a los numerosos barrios alfareros que se encuentran en las localidad de Paterna y Manises y que han sido sistemáticamente investigados de manera seria y científica, desde la década de los 50 (González Martí 1952-1954) hasta los abundantes trabajos realizados por los servicios municipales de Paterna desde los años 80 hasta la actualidad (Mesquida García, 1987, 1989, 1990, 1996,2001). En esos trabajos, se manifiesta el punto álgido de los talleres paterneros en el siglo xv, donde las obras cumbres de la loza en azul y dorado alcanzan su cenit técnico y decorativo. A partir del siglo XVI, con la creación del estado español, y la pérdida de autonomía de los reinos, la demanda decrece sin desaparecer. Paterna continúa produciendo cerámica, pero con una distribución más localizada al Reino de Valencia 2 . Según M. Mezquida, se han localizado un barrio alfarero en funcionamiento durante este momento (1996), aunque las producciones, en la tradicional variedad de la alfarería paternera, no alcanzan la cantidad y calidad de las anteriores producciones. De esta forma, en los niveles considerados postmedievales de las excavaciones arqueológicas de nuestro territorio, hasta ahora dominadas en exclusividad por las producciones valencianas, vamos a encontrar un elemento nuevo, diferente: las lozas italianas. Es cierto que la presencia de cerámicas italianas durante los siglos XIII y XIV está arqueológicamente documentada en el Reino de Valencia (Novel da, Cocentajna por ejemplo), incluso a través de hallazgos de carácter subacuático (Derelicte de Denia). Pero será a partir del siglo XVI cuando esa presencia se haga más sólida y determinante. Todos conocemos la eterna lucha por el control de las rutas marítimas que han mantenido el Reino de Valencia y las diferentes repúblicas italianas durante

2. En las áreas geográficas que tradicionalmente han sido receptoras de la loza valenciana se aprecia, no sólo un a disminución de los registros, sino una marcada

218

ausencia, co mo ocurre en los barrios aco modados de la ciudad de Murcia durante el siglo XVl (CoU 1998, p.51 ).

los siglos medievales, sobre todo con Pisa, Venecia y Génova. A veces, la fina línea que marcaba el equilibrio mediterráneo se inclinaba a favor de los aragoneses y, otras, la balanza caía del lado italiano. Será partir de finales del siglo XV cuando los barcos italianos, mantenidos por el poderío económico y militar de genoveses, venecianos y pisanos, comienzan a dejarse ver por las costas valencianas, persiguiendo tanto objetivos militares como comerciales. Además, la política expansiva de Alfonso V el Magnánimo ayuda a ampliar los contactos con Italia, con la creación del Reino de Nápoles facilita el establecimiento valenciano en tierra italiana con claros fines comerciales. La burguesía valenciana será la verdadera beneficiada con la política expansionista aragonesa, y entrará en contacto con los apreciados productos italianos y, también, con la cerámica. El continuo contacto con los comerciantes genoveses, pisanos o venecianos, va desarrollando progresivamente un gusto por las lozas italianas en las clases elevadas de la sociedad valenciana. Poco a poco, lo italiano se pone de moda. Poseer loza italiana en la vajilla de mesa da prestigio y denota buen gusto. Comienza a demandarse cada vez más asiduamente cerámicas de los talleres más importantes: Montelupo, Savona, Albisola o Pisa empiezan a ser habituales, sin excesos, eso sí. Las excavaciones arqueológicas de los últimos 20 años avalan esta impresión. Por poner algunos ejemplos, en la ciudad de Valencia son numerosos los solares con materiales de este tipo. 3 Mismamente, las excavaciones realizadas en el solar del Palacio del Marqués de Dos Aguas, sede del actual Museo Nacional de Cerámica "González Martí" , permitió documentar un gran número de fragmentos de procedencia italiana4 (Coll 2001 , pp. 41-73). De la misma manera podemos hablar de lo que sucede en el resto de puertos y embarcaderos de la costa levantina. Denia, por ejemplo, conserva una importante colección de loza italiana 5 - cercana a las 300 piezas - procedentes de las excavaciones en el Raval antiguo de la ciudad, en la zona más cercana al antiguo puerto de la villa (Gisberr, Bolufer 1992, pp. 7-40). La villa de Jávea es otra de las que ofrece materiales de este tipo, en un número significativo, en la espera de su estudio y publicación que, esperemos que se produzca pronto. 6 Además, tenemos noticia de que han aparecido cerámicas italianas en otros puntos del antiguo Reino de Valencia como en Elda (Coll 1997, pp. 51-64) o en el Convento de los Mercedarios de Elche, cuyo estudio tuvimos la oportunidad de pre3. Agradecemos a Xavier Martí, Director del Museu d ' Hi storia de Valencia (MHV) y a Da Josefa Pascual, mi embro del Servicio de In vestigació n Arqueológica del Ayunta miento de Valencia, los co mentari os realizados sobre este tipo de materiales en referencia a los so lares excavados en la ciudad. 4. En co ncreto, se hace referencia a la cata 5200 , dond e en la cimentació n de uno de los pilares aparecieron fragmentos de lozas ligures en azul y blanco, de la serie decorada Il pllesaggio sji,mlltto (Co lI 1997, p. 59). 5. Señalar como o rientación que ex isten piezas de azul berettino del taller de Mo ntelupo, algunas, co n decora-

ció n Il qUllrtieri; lozas po lícromas de es tilo Iznik, procedentes del tall er de Venecia; fragmentos de esgrafi ada polícroma y cerámicas co n la d eco ració n a tapezzeria de Liguria, jas peadas, así co mo piezas del tall er de Savo na. 6. En visita cursada al Museo Muni cipal y en come ntarios con su director D . Joaquín Bolufer, a quien agradecemos desde aquí las facilid ad es para la co nsulta, he mos podido comprobar la impo rtancia de la colecció n co nfo rmada en su mayoría po r produccio nes de azul beretti170, platos del taller de Montelupo y algunas cerá mi cas jaspeadas de la Liguria, entre otras piezas .

219

sentar en e! merecido homenaje científico que recibió e! Dr. L10bregat Conesa, director de! Museo Arqueológico Provincial de Alicante hasta e! año 1995 (López, Menéndez, Azuar 2000, pp. 547-563). Pero los registros - la mayoría, inéditos, lamentablemente - se multiplican. Tortosa, Barce!ona, Onda, Palma de Mallorca ... (Cerdá, Te!ese 1994, pp. 293-353; Coll1997, p. 56) dan buena prueba de la presencia italiana en nuestras costas durante este momento. Pero, y Alicante? La verdadera historia, en cuanto a la investigación que nos ocupa, hay que situarla a los siglos XIV y XV cuando barcos pisanos y genoveses tocan puerto en la villa de manera habitual para establecer, bien contactos comerciales; bien dedicarse al "honroso" trabajo de! corso legal, apoyado por las poblaciones costeras, desprovistas de flota y defensas con qué proteger sus mercancías y personas una vez se adentraban en e! mar. Alicante, en ese momento, está saliendo de una fuerte crisis económica producida por la peste y la pertinaz sequía - en lo conocido como e! mal any primer de 1333 -. La sociedad burguesa alicantina, asentada como oligarquía municipal en e! Ayuntamiento alicantino y poseedora de tierras y dinero junto a una nobleza que aun conserva tierras pero pierde peso específico en e! poder local y de! Reino, revierte sus beneficios en la propia ciudad, iniciando una remode!ación que afectará a edificios públicos - Lonja de Caballeros, Casa de! Alfolí de la Sal, Casa de! Rey, La Aseguraday privados - diversos palacios y residencias, ampliación de las viviendas a extramuros de la villa murada - e incluso eclesiásticos - Iglesia de Santa María -, teniendo su culminación con la proclamación de! título de ciudad por parte de! rey don Fernando e! Católico en e! año 1490. Desde ese momento, una vez convertida en ciudad, Alicante comienza su verdadero despegue económico, convirtiéndose en e! segundo puerto en tráfico de mercancías de! Reino de Valencia (Giménez 1981; Pradells 1992, pp. 97-118) (fig. 1). De esta manera, e! puerto de Alicante se convierte en un exportador de primera línea, apoyado en dos líneas de acción. Una, e! control portuario de productos de primera necesidad como la barrilla -planta con la que se conseguía la sosa, e! jabón de la época- y la sal de las ricas salinas de! Sur de! Reino, junto a los productos que ofrece la rica huerta que perimetra la ciudad. Dos, e! convertirse en uno de los puertos redistribuidores de los productos que vienen de América y que, una vez desembarcados en Sevilla, hacen e! trayecto en carro hasta alcanzar Alicante donde son embarcados hacia los principales puertos del mediterráneo. La travesía del Estrecho no solía ser vía segura, por sus fuertes corrientes, pero sobre todo por la cercanía con la costa argelina y sus piratas berberiscos que en esos momentos asolaban las costas peninsulares. Alicante, ofrecía un puerto seguro, por su rada cerrada, sus murallas y su inexpugable castillo. Además, allí se habían instalado las principales casas comerciales - francesas, inglesas, holandesas y, sobre todo, italianas 7 - para hacer e! tránsito de los productos, lo

7. Y no sólo en Alicante se producen estos asentamientos. Jaume C olI nos info rma en su estudio sobre el mate-

220

rial cerámico post-medieval del solar de la el Platerías de la ciudad de Murcia (1998 , pp. 5 1-64) de la presencia de

que le convertía en un lugar perfecto para hacer balance de! viaje, a medio camino de los lugares de destino. Esta idea de puerto redistribuidor la conocemos bien gracias a la abundante documentación que los archivos nos han aportado sobre la circulación comercial del puerto de Alicante y, sobre todo, debido al tema que nos ocupa, los registros genoveses - tenía que ser aquí, en Génova - de la GabeLla Caratorum Sexaginta Maris, la conocida como La Gabella dei Carati, estudiada en e! pasado espléndidamente por Danilo Presotto y presentada hace más de 30 años en las reuniones científicas mantenidas en Albisola y organizadas por e! Centro Ligure per la Storia della ceramica (1971, pp. 33-50). Pero últimamente, también la arqueología tiene algo que decir en cuanto al tema que nos ocupa. Pruebas arqueológicas de esa presencia italiana en la ciudad de Alicante son las que presentamos en este trabajo, una visión general, un estado de la cuestión sobre el material que se encuentra depositado en los fondos de! MARQ, producto de la frenética actividad arqueológica que se ha llevado a cabo en la ciudad de Alicante en los úl timos 15 años. Gran responsable de todo este trabajo ha sido el equipo de! Servicio Municipal de Arqueología de! Ayuntamiento de Alicante (Cophiam), con P. Rosser, su responsable a la cabeza, los cuales han llevado a cabo todas las actuaciones arqueológicas en los solares urbanos de la ciudad. Entre ellos, hemos podido registrar algunos que ofrecían materiales de procedencia italiana. Es e! caso de la excavación de la Rambla Méndez Núñez, donde se sondearon siete sectores con e! objetivo de buscar la muralla medieval de la ciudad, con resultado negativo. Eso sí, la excavación permitió recuperar un buen lote de cerámicas fechadas entre los siglos XVI al XVIII, donde una decena de piezas son de importación italiana (Rosser 1993, pp. 38-41). Uno de los lugares que más interés arqueológico despertaba, en cuanto a la información que pudiera aportar, era e! Macho de! Castillo de Santa Bárbara, cuyo sondeo de urgencia también permitió descubrir fragmentos de loza italiana entre los diversos niveles que pudieron registrarse y que han ofrecido importante datos sobre la evolución de la fortaleza alicantina (Rosser 1991, 1993, pp. 24-26). Otro de los yacimientos que ofrecen piezas italianas es e! conocido como El Sotanillo, dividido en dos solares colindantes situados en la Plaza de la Virgen de! Remedio, y excavado entre los años 1989-1992 (Rosser 1993, pp. 50-54). La excavación, aparte de ofrecer los restos de una vivienda de época almohade, nos ha ofrecido un importante vertedero, reutilizado en época moderna, donde hemos podido registrar un conjunto superior a la veintena de piezas de procedencia italiana. Otros dos solares que han ofrecido materiales son e! número 4 de la calle Abad Nájera y e! conocido como Lonja de Caballeros, situado muy cerca de la calle Mayor, famili as genovesas, en co ncreto de Varazze, en el barrio murciano de San Barrolo mé, probado po r la documentació n notarial de mediados del siglo XVI que existe en los archivos locales y po r la presencia de numerosa vaji-

lIa genovesa que el autor analiza en un interesante trabajo, uno de los últimos publicados sobre ce rámica italiana en la ve rti ente mediterránea peninsula r.

221

y que debe su nombre a la existencia de la antigua lonj a gótica de la ciudad (Rosser 1993, pp. 68-70). Efectivamente, la excavación ofreció ab undantes restos del edificio, destacando un espléndido pavimento de cantos rodados m-que actualmente se co nserva en el MARQ - así como fragmentos de pilastras, ménsulas y un arranque de escudo. Como parte de los estratos de colmatación del edificio, una vez, abandonado, hemos documentado una veintena de piezas de procedencia italiana. Por tanto, este trabajo que aquí presentamos, -con un fondo aproximado de 80 piezas-, es una primera aproximación a un tema que poco a poco, va despertando un creciente interés en la Península, demostrado en el incremento en la publicación de los mismos, aunque no permite ocultar el hecho de que estamos aún lejos de contar con información suficiente para afrontar con garantías un análisis serio de la dinámica socioeconómica implicada en su demanda, circulación y consumo en la Península. Este trabajo pretende presentar un conj unto inédito y confirmar a la ciudad de Alicante como uno de los destinos importantes de las cerámicas italianas en la vertiente mediterránea.

1.

Las producciones ligures

Como las define H. Blake en sus trabajos sobre loza italiana (1981), las cerámicas producidas en el ampli a área de Liguria pueden agruparse en tres grandes talleres: Savona, Albisola y Génova. En la Península Ibérica, existen una serie de tipos decorativos y estilos que suelen definirse por parte de la mayoría de autores, como cerámicas ligures en general, al desconocer la exacta procedencia de las piezas, dado que no se suelen encontrar comp letas y no cuenta con sellos que permitan identificar su alfar. La producción ligur más antigua que hemos podido documentar en la colección del MARQ, se fecha en los finales del siglo XV y principios del siglo XVI, tratándose de un plato hondo, procedente de la Lonja de Caballeros, con repié simple, cuerpo troncocónico invertido moldurado y borde recto simple decorado con la técnica de la graffita monocroma, con las características incisiones en espiral bajo una cubierta melada ubicadas en el solero de la pieza. De segu nda mitad del siglo XVI , documentamos varios fragmentos de platos de la Lonja de Caballeros, con decoración en azul sobre blanco, con las típicas decoraciones a ramajes y las cenefas de hojas-ala como principales temas de su repertorio, ubicadas en las alas yen los soleros. Este tipo de motivo , principal representante de esta técnica en Italia, será muy imitado en toda la Península Ibérica durante las dos centurias siguientes, sob re todo en las producciones aragonesas y andal uzas. Pero de todas las producciones ligures existentes, la más clásica de todas es, seguramente, el azul berettino, una producción de claras influencias orientalizantes, caracterizada por el empleo de dos tonos diferentes de azul en sus decoraciones. La colección arqueológica del MARQ co nserva en sus fondos varios ejemplares de esta técnica decorativa correspondientes a varios yacimientos. El principal yacimiento es 222

la Lonja de Caballeros, que nos ofrece un fragmento de plato 8 con la típica decoración "a quartieri", fechable en la Península Ibérica entre los años 1575-1625 procedente de las excavaciones de la Lonja de Caballeros. Del mismo yacimiento y datación, también encontramos un fragmento de plato con decoración "a fiori sparsi" . Por otra parte, en las excavaciones realizadas en el Macho del Castillo de Santa Bárbara, encontramos un más que posible fragmento de plato con la decoración al estilo JUI, de clara vocación oriental, como la mayor parte de los motivos de esta producción. Por último, y del yacimiento vecino a la Lonja de Caballeros, El Sotanillo, el MARQ conserva un fragmento de plato, con una decoración "a paese" con un perro a la carrera representado en el centro del solero como figura principal 9, fechable entre el último tercio del siglo XVI y la mitad del siglo XVII, por el contexto arqueológico documentado. También localizamos un jarro o bucchero, de boca trebolada, con base de repié macizo, y asa de cinta vertical, presentando una decoración "a foglie e raggere" y fechable en la vertiente mediterránea peninsular entre los años 1575-1625 (Telese 1994, p. 295). Esta pieza, que creemos plenamente italiana, aparece muy repertoriada en las producciones peninsulares, lo que nos ha llevado a dudar de su origen, que aquí defendemos como plenamente ligur. Entrando en el siglo XVII , no volvemos a documentar materiales ligures en Alicante, hasta la segunda mitad de la centuria, con las producciones de estilo polícromo. En este sentido, es la Lonja de Caballeros, una vez más, la que ofrece un esp léndido plato con la decoración cali gráfica-naturalística, con un pájaro en el centro del so lero, y una decoración metopada en las alas del plato rellenadas con motivos de ramajes. Este mismo tipo decorativo también se localiza en un fragmento de borde procedente de la Plaza del Puente, en pleno Casco Viejo de la ciudad, y del Castillo de Santa Bárbara. Con la misma datación encontramos uno de los conjuntos más importantes de la colección, procedente de El Sotanillo, y repertoriado por una veintena de cuencos, platos y alguna jícara, decorados con el estilo "a tapezzeria" (fig. 2). Estas piezas presentan una decoración que asemeja un tapiz por la calidad de sus difuminados y la constante presencia de paisajes en sus motivos. En principio, y sin poder concretar más, dada la enorme cantidad de piezas que se fabr ican con esta técnica, son atribuibIes, de forma genérica, a los talleres de Savona y Albisola. Todas ellas, presentan marcas de fabricación en las bases. En una primera exploración , hemos podido comprobar que presentan las mismas marcas que las documentadas en piezas de la ciudad de Denia (Gisbert, Bolufer 1992, pp. 7-40) , lo que podría probar el hecho de que un mismo taller abasteciera la demanda de piezas de esta zona. Siguiendo nuestro recorrido crono lógico, y ya situados a final es del siglo XVII , encontramos en la Lonja de Caballeros, varios fragmentos de platos decorados con el estilo "a paesaggio", caracterizado por una decoración naturalística, con difuminados 8. Responde al número de Catálogo Sistemáti co 9425 y por signatura LO-II-93/2015/ 8.

9. Presenta co mo núm ero de Catálogo 8280 y de signatura LO- II -93/2004/ 1.

223

F IG .

I - Vi sta del puerro de Alicante en el siglo XVlll. Grabado de Labo rde.

muy similares a la técnica del "paesaggio sfumato" que tanto se produce en Liguria en estos momentos. Viendo los fragmentos que se conservan en la colección, da toda la impresión de encontrarnos antes series menores del "paesaggio sfumato", con motivos son de baja calidad, en comparación con otras series, y que deben de tener una salida por circuitos comerciales menores. Por último, para terminar con las producciones ligures, y ya en pleno siglo XVIII, alcanzando incluso las primeras décadas del siglo XIX, encontramos algunas posibles cerámicas de la famosa "terraglia nera", conocida en circuitos franceses como "tache noir", una producción de difícil origen ya que ha sido constantemente imitada por los talleres franceses , sobre todo, los cercanos al área marsellesa. Las piezas que encontramos responden a pequeños platos y jícaras para el servicio del café o el chocolate, y proceden de la Rambla Mendez Núñez y de la Lonja de Caballeros. La dificultad en identificarlas como auténticas producciones ligures, nos impide confirmar su origen, ya que pueden tratarse perfectamente de producciones francesas, por lo que sólo nos limitamos en este trabajo a realizar su presentación, señalando las posibles variantes de estudio que actualmente manejamos y que, esperemos tengan confirmación en futuros trabajos.

2.

FIG .

224

2 - Plato de estilo tappezzería procedente de Liguria. Siglo XV1II.

Las producciones toscanas

Entre las producciones cerámicas procedentes de la Toscana, tienen un sitio preferente las fabricadas en el taller de Montelupo, uno de los centros alfareros italianos más importantes de toda la Edad Moderna. Sus fábricas se abrieron camino en el Mediterráneo a partir del siglo XVI, proporcionando un amplio repertorio de formas y decoraciones durante prácticamente tres centurias (Berti 1986). Desde el 1500 hasta finales del siglo XVIII salieron de sus talleres un amplio abanico formal con una pasta muy compacta y depurada, sin apenas desgrasantes , de textura arenosa y con coloraciones variadas, que van desde el blanco amarillento o amarillo cremoso a tonos rosados y rojizos. Montelupo ofrece una enorme variedad de registros decorativos, donde dominan las policromías y la abundancia de temas, destacando los geométricos - como los estilos spiralli aranci, alla porcellana, o el polícromo-geométrico -, los naturalísticos - foglie verdi - y los figurativos - a mostacci -. La producción más antigua documentada en el MARQ, corresponde a varios fragmentos de plato, en cuyo alero se aprecia la decoración de tipo "nas tri intrecciati" con lóbulos en verde y naranja en las intersecciones, producción típicamente montelupina que se fecha a partir de finales del siglo XV Del mismo contexto estratigráfico proceden también varios fragmentos de platos del estilo "a losanges", con los típicos ajedrezados polícromos en el solero y decoración con motivos vegetales en las alas. El mayor número de fragmentos nos lo ofrece la excavación del Castillo de Santa Bárbara, con tres ejemplares, todos ellos fechables en la primera mitad del siglo XVI. Junto a ellos encontramos algunos fragmentos de producciones en azul sobre blanco "alla porcellana", como dos platos de la Lonja de Caballeros (fig. 3) y un frag225

mento del Castillo de Santa Bárbara, con ausencia de repie y con base cóncava, también de clara adscripción a los talleres de Montelupo o, en cualquier caso, del Valle del Amo, y que en Alicante se fechan en las primeras décadas del siglo XVI. Con este horizonte cronológico y análogo yacimiento - Lonja de Caballeros-, también encontramos varios platos del conocido estilo faentino lO , con cenefas en negativo sobre fondo azul , y espirales polícromas en el centro del solero, como motivo principal (fig. 4). Entrando ya en los finales de la centuria, encontramos un espléndido ejemplar 11 de las denominadas "girando le" (Llinás 1997) o "spirali aranci" (Cerda, Telese 1994), procedente de las excavaciones del solar conocido como el Sotanillo, a espaldas del actual Consistorio de la ciudad. Se trata de un plato de base cóncava -lo que delata su modernidad - borde saliente, engrosado recto exterior y el cuerpo con acentuadas marcas de los atifles en su parte inferior. En el solero muestra la típica decoración de estos platos, con un centro de forma radial en el que se alternan filetes de color amarillo, anaranjado y azul de los que parte una serie de trazos lineales en color ocre o anaranjado que se curvan en su parte superior, entre los que aparecen trazos más cortos de color azul de distinto grosor (fig. 5). Hasta el momento, este tipo de producción montelupina tan sólo se había señalado en la Península en localidades catalanas y mallorquinas. J. A. Cerda y A. Telese (1994) publicaron varios fragmentos de un plato de este tipo procedente de una actuación realizada en el jardín de Can Bartra, en Sant Feliu de Guíxols, acompañado de gran cantidad de cerámicas de reflejo metálico catalán fechable entre los siglos XVI y XVII, Y en Barcelona, estos autores indicaron igualmente la presencia de otro plato de estas características en el Monasterio de Sant Pau del Campo Por su parte, M. Llinás (1997) localiza varios fragmentos en un relleno depositado en el siglo XIX junto a la puerta de la muralla de la calle de La Almudaina, en Palma de Mallorca. Por nuestra parte, ya tuvimos ocasión de presentar algunos fragmentos de está cerámica entre los materiales encontrados en el Convento Mercedario de Elche (López, Menéndez, Azuar 2000, p. 550). Cabe anotar que el enorme éxito comercial de este tipo de loza justificó, al parecer, su copia en otros centros alfareros del centro de Italia, tal y como recientemente ha señalado S. Panuzzi (2003, p. 106) con respecto a las producciones romanas de este estilo localizadas en el Castillo de Ostia Antica. Aparte de estos estilos, también encontramos otra de las series más destacadas de las producciones montelupinas, como son los platos decorados "a mostacci", fechables por contextos arqueológicos de la ciudad en la segunda mitad del siglo XVI. En concreto, varios fragmentos procedentes del yacimiento de El Sotanillo (fig. 6), muestran los famosos caballeros armados a veces con espadas desnudas, con los típicos mostachos en el rostro y rodeados de una decoración paisajística, muy difuminada. A diferencia de lo que observábamos en las producciones ligures, en la primera mitad del siglo XVII, Montelupo sigue suministrando material a la ciudad de Ali-

10. También localizarnos un fragmento de este estilo en los materi ales del Macho del Casrillo de Sama Bárbara.

226

11. Responde al núm ero de Catálogo Sistemáti co 1 13 16 y a la signarura S-89/2056-20 59-sb.

FI G.

3 - Plato co n decoración al/a porce/lana en azul sobre blanco de Mo melupo. Siglo XVl .

FI G .

4 - Plato con decoración polírcroma de estilo "faenrino" con cenefas en negari vo. Siglo XV1.

227

F IG . 5 - Pl ato co n decoració n polícroma a spirali arancio. Finales del siglo XVl.

6 - Pl ato con decoració n po lícrom a de estilo "mostacci". Siglo XVII. F I G.

cante, y esta vez con las producciones en azul sobre blanco a paes i con la caracrerística cenefa "a la porcellana" y sus tÍpicas y reconocibles decoraciones de paisajes y casas en el centro del solero (fig. 7). Dos ejemplares de este estilo y fechables en la primera mitad del siglo XVII, los localizamos en el yacimiento de la Lonj a de Caballeros. En cambio, apreciamos una sensible ausencia de producciones montelupinas durante la segunda mitad del siglo XVII. No será hasta bien entrado en el siglo XVIII, cuando volvamos a recuperar en el repertorio cerámicas de este importante taller. Y serán las producciones conocidas como Foglie verdi 12. El MARQ posee tres ejemplares 13 , dos de ellos procedentes de la excavación de El Sotanillo, a la que hemos hecho referencia anteriormente, y un tercero, perteneciente a la antigua Lonja medieval, conocida actualmente como la el Lonja de Caballeros en la que hemos podido documentar algunos fragmentos de solero de un plato. Todos ellos corresponden a formas abierta, de ala ancha, sin transición ni moldura entre la base cóncava y el borde, siendo éste ligeramente exvasado hacia al exterior, y decorados con las cuatro hojas de color verde silueteadas en manganeso dispuestas en cruz, enmarcando un disco central de color amarillo sobre el que aparece una espiral en naranja. Se trata de un tipo de pieza bastante frecuente en los conjuntos de loza italiana del área mediterránea española. Los primeros en señalar su presencia fueron G. Rosselló y J. Camps (1974) , quienes localizaron un ejemplar en los sondeos realizados en el Palau Desbrull, en Palma de Mallorca. Desde entonces en la isla se ha documentado con cierta abundancia, no sólo en Palma sino también en Sóller (Coll1998). Entre el conjunto de piezas italianas de Can Bordils resulta ser también el tipo m ás abundante (Llinás Riera 1997), mientras que en el resto de la Península sólo se han publicado fragmentos en Dénia (Gisbert, Bolufer 1992) - procedentes de niveles superficiales de la Vila Vella datables con anterioridad a 1708 - , Barcelona (Cerda, Telese 1994) - donde se ha localizado un plato en la Plac;:a Comercial - y Can Puig (Mataró) - fragmentos formando parte de un relleno de nivelación a la entrada de una estructura subterránea datado por un hallazgo de monedas de vellón de inicios del siglo XVIII -. En nuestro caso, ya dimos cuenta de los fragmentos aparecidos en las excavaciones del Convento de los Mercedarios de Elche, donde pudimos documentar varios platos con este estilo decorativo (López, Menéndez, Azuar 2000, p. 551) .

3.

Las producciones pisanas

Prácticamente, desde la segunda mitad del siglo XV, se tiene registrado que la ciudad de Pisa exporta piezas de loza que se caracterizan fundamentalmente por los motivos decorativos esgrafiados bajo cubierta y por las pastas compactas, finas y de color rojizo (Berti, Tongiorgi 1982). Siendo una producción importante, las referencias pisa12. Ta mbién hemos de señal ar la existencia de un pequeño fragmento de plato con el estilo de "spirali ve rdi ", procedente de las excavaciones de la Plaza del Puente. 13. So n los ejempl ares con núm eros de Ca tálogo

228

Sistemático 8309, 83 10 con signaturas S-1I -89/l 00 5/SA y S-89/4614 / 101 3 para los pertenecientes al Sotani lla y 9463 con sign atura LO -9 1/1 070/5 para el ej emplar procedente de la Lo nja de Caballeros.

229

nas en la ciudad de Alicante, son sensiblemente menores que las aportadas por los talleres ligures y monte!upinos. Eso sí, se registran en una época muy temprana en la ciudad de Alicante, exactamente desde finales de! siglo XV, con las producciones pisanas denominadas a stecca, que abren e! mercado para que, producciones como la graffita tarda, y las cerámicas jaspeadas y marmoleadas inunden de piezas la vertiente mediterránea peninsular. Un ejemplar decorado a stecca se conserva en la colección arqueológica de! MARQ, procedente de las excavaciones realizadas en la Rambla Méndez N úñez, aunque se localizó dentro de un vertedero donde convivía con materiales de cronología sensiblemente más moderna. Sin embargo, y aunque no permita fechar estratos o contextos arqueológicos, es indudable su técnica, su cronología y su origen pisano. Después de esta producción, nada sabemos sobre cerámicas pisanas hasta bien entrado e! siglo XVII, donde encontramos en e! registro la presencia de producciones jaspeadas y marmoreadas. La cerámica denominada jaspeada (Rosselló,Camps 1974; Abe! 1993) o marmoleada (Gisbert, Bolufer 1992) es otra de las producciones cerámicas típicas de Pisa que será también imitada en talleres ligures y de! Sur de Francia. Esta técnica decorativa, aplicada sobretodo a escudillas, cuencos y platos, consiste en una mezcla de engobes que, agitados en su interior, conforman un motivo de aguas característico. Se encuentran distintas combinaciones de colores, empleándose e! ocre y e! marrón, o también añadiéndoles otros colores, como e! verde y e! negro. En la colección de! MARQ, encontramos varios fragmentos de platos con la combinación en verde y marrón, procedentes de la e/ Abad Nájera, y también de las series en amarillo y marrón , esta vez, de la Lonja de Caballeros. En la Península, este tipo se halla bastante bien documentado, aunque hemos de indicar que son producciones tremendamente imitadas por los talleres franceses. Tantas es la intensidad de su imitación que es realmente imposible determinar las producciones pisanas de las francesas. Siendo Alicante un puerto de una enorme intensidad comercial, se nos hace difícil establecer e! origen de la producción. Baste, de momento, que señalemos su posible adscripción pisana, a falta de estudios más concluyentes y de un mayor número de registros. A modo informativo, indiquemos que se han localizado piezas de este tipo en Barce!ona - Sant Pau de! Camp y Pla¡;:a Comercial, con decoraciones en verde y ocreyen e! monasterio de Sant Fe!iu de Guíxols (Cerda, Te!ese 1994). Aparte de la ciudad de Alicante, hemos podido documentarlas en la vecina ciudad de Elche, con fragmentos aparecidos en las excavaciones de los Baños Árabes de Elche, en su transformación postmedieval de ermita a bodega de! Convento de Mercedarios (Azuar, López, Menéndez 2000). En Palma de Mallorca, a las piezas publicadas por G. Rosselló y J. Camps (1974) procedentes de! Palau Desbrull se añaden hallazgos posteriores como los de! Pozo nO 3 de Santa Catalina de Sena, también en Palma (Coll 1998), mientras que en Murcia]. Coll (1997) localizó otro fragmento entre los materiales procedentes de la e/Platería. Las piezas más próximas a nuestro ejemplar ilicitano, sin embargo, se encuentran en Denia, en donde P. Gisbert y]. Bolufer (1992) documentaron seis piezas procedentes de la Vila Vella entre las que predominan cla230

ramente las decoraciones bícromas - marrón y amarillo - sobre las polícromas - amarillo , marrón, verde y negro -. Prácticamente todos los hallazgos se presentan en contextos que pueden fecharse entre mediados de! siglo XVII e inicios de! siglo XVIII. Por último, y de las mismas fechas que las jaspeadas encontramos la denominada como graffita tarda, considerada como una de las producciones pisanas más características. En e! MARQ disponemos de un espléndido ejemplar de escudilla, procedente de las excavaciones de El Sotanillo, con la base plana, e! cuerpo troncocónico invertido moldurado, y e! borde recto. En su decoración y, sobre un espeso engobe blanco amarillento se esgrafía la decoración mediante un punzón o stecca - generalmente filetes enmarcando motivos geométricos simples en e! ala y un sencillo tema floral en e! fondo de! plato -. Posteriormente se cubre de vedrío, realzándose ligeramente la decoración con pinceladas de color verde y naranja. Se trata de un tipo de loza de cuyo origen italiano ya hicieron anotación G. Rosselló y J. Camps (1974) a propósito de la presencia de tres platos entre los materiales de! Palau Desbrull, en Palma de Mallorca. Su aparición frente a las costas de Mataró y su hallazgo en e! Monasterio de Sant Fe!iu de GuÍxols y en Can Bartra (Cerda, Te!ese 1994) y en un pozo ciego de una vivienda de! arrabal de Denia (Gisbert, Bolufer 1992) nos habla claramente de su distribución costera y de su carácter de producto comercial, atestiguado ya con anterioridad dada su localización en un pecio hundido frente a las costas de Cannes (Berti, Tongiorgi 1982). Se ha señalado la existencia de talleres de Provenza en los que se imitaban este tipo de piezas, por lo que algunos de los ejemplares repertoriados hasta ahora podrían no tener un origen pisano (Abe! 1993). Sin embargo, no es e! caso de nuestro ejemplar, cuya pasta cerámica y aspecto formal parece ajustarse claramente a los prototipos italianos.

4.

las producciones faentinas

Por último, y de modo anecdótico, por la escasez de registros, apuntemos la posible existencia cerámicas de! taller de Faenza, con un repertorio muy escaso entre los materiales estudiados, pero muy singulares que merecen un comentario. Por ejemplo, destaquemos un fragmento de crespina l4 , procedente de la Lonja de Caballeros, y fechables en los finales de! siglo XVI. Indiquemos también aquí algunos fragmentos documentados en la colección de! estilo compendiario, claramente faentino, pero muy imitado por los talleres franceses en las dos centurias siguientes lo que nos complica su origen. Se trata de dos fragmentos de El Sotanillo, uno, correspondiente al solero de un plato, y otro, procedente de un jarro I o bucchero, que muestra un motivo figurado con un personaje con barba y coronado 5.

14 . La co nsideramos co mo pos ible pieza del taller de Faenza, aunque tambi én podrían tratarse de producciones del taller de Montelupo, ya que la deco ración de es te fragmento se incluye igualmente en los repertorios esti-

lísticos del taller roscano. 15 . Este ejemplar ha sido fechado en la mitad del siglo XV, por los responsables del servicio arqueológico municipal de Ali cante (Aa.Vv. 200 1, p. 60) , aunque creemos

231

Conclusiones Aunque no son los primeros ejemplares de lozas italianas de época moderna dados a conocer en la provincia de Alicante, sí constituyen un notable conjunto de piezas que proceden de excavaciones arqueológicas sistemáticas, lo cual permite asociar contextos estratigráficos precisos, asociando las piezas a estructuras y fases concretas del yacimiento, en este caso, de los diferentes solares que ofrecen este tipo de materiales. Es evidente que los hallazgos se han localizado en cuatro puntos muy evidentes de la trama urbana de la ciudad medieval, situados todos ellos en las zonas más cercanas a los puntos económicos principales de la ciudad. Tanto el Sotanillo como la propia Lonja de Caballeros, son parcelas muy cercanas a la muralla de la ciudad, como a sus puertas y, sobre todo, en las cercanías de los almacenes donde se guardaban las mercancías que llegaban al puerto. La presencia de estas cerámicas italianas, apoya aun más la posibilidad de que en estos solares existiera alguna vivienda u oficina de los comerciantes italianos que se asientan en la ciudad y de la que hablan tanto las fuentes documentales. Un segundo aspecto que conviene destacar es enorme variedad de producciones y estilos que se produce a lo largo de más de trescientos años de circulación comercial en el puerto de Alicante. Este conjunto confirma una vez más que la entrada de estos materiales se produce desde los puertos marítimos con salida y entrada de productos de importación-exportación, caso de Barcelona, Valencia, Denia o la misma Alicante y desde allí, se produce una redistribución hacia las zonas de interior tanto del Reino como del resto de la Península l 6. Ya citó J. ColI, en un reciente estudio sobre las importaciones italianas en la ciudad de Murcia (1997, pp. 51-64) la confirmación textual de que el puerto de Alicante es un redistribuidor de las producciones cerámicas que entran desde Italia hacia España. Además de la clara distribución litoral de los hallazgos, el trasiego por vía marítima de este tipo de vajilla queda atestiguado por la existencia de varios pecios en los que las lozas aparecen formando parte de la carga (Berti, Tongiorgi 1982; Thirion 1993) y también por documentos como la Gabella dei Carati de Génova (Presotto 1971). Basta remitirse a los estudios publicados sobre el comercio marítimo de Alicante en los siglos XVI y XVII (Pradells 1992) para comprobar la estrecha relación que hasta el segundo tercio del siglo XVII se tuvo desde su puerto con Italia y el Mediterráneo central. El tráfico de cerámicas, sin embargo, no parece haberse reflejado en la escasa documentación conservada, al contrario de lo que ocurre con otro

que más bien debe corresponder con las fechas que muestra la presencia del estilo compendiario en Alicante y que son entre finales d el siglo XV1 y primera mitad del siglo XV1I. 16 . En primer lugar, un breve repaso a las localizacio nes de este tipo de piezas en el litoral español permite rápidamente comptobar su íntima rel ación con los circuitos co merciales que conectaban nuestro país con el Medi-

232

terráneo Central. Desde Barcelona o Mataró, al na rre, hasta Elche y Murcia, al sur, pasando por Palma, Sóller, Tortosa, Valencia, Dénia y Alicante, se conforma una horquilla que desde el Golfo de León alcanza, por el momento, la ciudad de Murcia como núcleo más meridional, peto que sin duda nuevos hallazgos extenderán al menos hasta Cádiz y Sevilla.

tipo de mercancías lujosas -brocados, terciopelos, telas de oro y sedas- que mayoritariamente se descargaban en la ciudad con destino al interior de la Península. Un fenómeno similar parece detectarse en el caso de Denia, ciudad en la que se ha registrado un reducido pero amplio repertorio de producciones de loza italiana que abarca desde inicios del siglo XVI hasta el XVIII, lo que implica la existencia de un comercio continuado que sin embargo tampoco parece reflejarse con claridad en la documentación estudiada. J. A. Gisbert y J. Bolufer (1992) ya señalaron la posibilidad de que lo reducido de las partidas de vajilla embarcadas y la concentración del interés fiscal en otro tipo de cargas de mayor valor impositivo pudieran explicar ese hecho. En diversos trabajos se ha señalado el déficit crónico de cereales en la Corona de Aragón y la dependencia del comercio exterior para paliar dicho déficit. J. Pradells (1992) señala, en referencia al comercio de importación de cereales, las dificultades que entrañaba su circulación desde el interior peninsular hacia la periferia costera frente a las ventajas del comercio marítimo, y la vinculación del puerro de Alicante a dos tipos de circuitos comerciales: uno realizado por buques de alto bordo, principalmente holandeses, ingleses y franceses, con gran capacidad de carga y en los que se concentraba el grueso del comercio triguero mediterráneo; y otro vinculado a una navegación de cabotaje que conformaba una amplia red comercial extendida por todo el litoral mediterráneo peninsular, en la que se desarrollaba un activo comercio de mercancías. Hasta el siglo XVIII, por otra parte, Italia y el sur de Francia proporcionaron la mayor parte del trigo consumido en tierras valencianas. Relacionar la distribución de ciertas cantidades de loza de calidad en los puertos del Mediterráneo español -llegadas al calor de la circulación de cereales y de otros productos de consumo- con la red comercial de navegación de cabotaje que interconectaba los distintos puertos del litoral oriental peninsular, es un ejercicio para el que creemos oportuno observar detenidamente el mapa que presentamos en la lámina adjunta (fig. 8). De hecho, el hallazgo de lozas italianas de Montelupo entre la carga del buque genovés hundido frente a la rada de Villefranche-sur-Mer, junto a fragmentos de tinajas destinadas al transporte de alimentos (Thirion 1993) vendría a apoyar con más argumentos esta hipótesis, en la que por el momento encontraría explicación tanto el escaso reflejo de este tráfico en la documentación conservada como los reducidos porcentajes de este tipo de lozas entre los materiales de los yacimientos arqueológicos. También conviene señalar que no estamos ante una circulación masiva que inunda el mercado peninsular. Hay que señalar la existencia de una gradación comercial en las demandas de cerámicas de lujo en el área valenciana. Sin duda, si echáramos mano de un recuento estadístico después de haber estudiado todos los lotes cerámicos hallados en excavaciones arqueológicas de la Comunidad Valenciana; observaríamos que la cerámica predominante de forma indiscutible es la cerámica valenciana en todas sus acepciones -Alcora, Manises, Paterna aunque ésta menos documentada en los siglos XVII y XVIII-. En grado de presencia en los yacimientos le seguiría sin duda, las cerámicas de ámbito catalano-aragonés, sobre todo las cerámicas de 233

FI G . 7 - P!a w co n deco ración en azu l sobre blanco con moti vo paisajístico en el solero)' cenefa con deco ració n de estilo ca ligráfi ca. Siglo XV II.

8 - Mapa de las rutas de com ercio)' transferencia de prod ucw s cerámicos en la costa med iterránea occidental europea. Siglos XVI - XVI II . FI G .

234

Muel e Inca l 7 (Mallorca); mientras que la cerámica italiana, de gran demanda desde que el reino posee propiedades en la península Itáli ca, estaría situada en un grado de demanda más residual aunque no por ello menos importante. Por ejemplo , los investigadores J. Cerda y A. Telese cifran la cantidad de loza italiana entorno a un 2 ó 3% del total de cerámica hallada en los yacimientos catalanes, donde predominan ampliamente las lozas autóctonas. Fenómeno similar se señala en el caso del yacimiento mallorquín de Can Bordils, en el que las produccio nes importadas - italianas, catalanas y valencianas - se hallan en franca minoría respecto de las lozas con decoraciones en verde y manganeso de producción local (Llinás 1997) . Finalmente hay que señalar el hecho, ya comentado por diversos autores (Cerda, Telese 1994) de que la mayor parte de las lozas exportadas desde Italia hacia las costas occidentales del Mediterráneo no perten ece a las series más lujosas fabricadas en sus alfares, sino a producciones dentro de una gama alta de vajilla: un luj o accesibl e que estaba al alcance de consumidores con cierto poder adquisi tivo. En el mismo sentido se expresan V. Abel y G. Démians d'Archimbaud (1993) al respecto de las pi ezas de grafflta tarda halladas en la Abadía de Saint-Victor, en Marsella, en un contextO que a nuestro entender resul ta perfectamente extrapolable al caso de la ciudad de Alicante y a las producciones de estilo paesaggio sfum ato que hemos co mentado anteriormente. Nos hallaríamos, pues, ante un producto del que raramente entrarían partidas importantes, puesto que no era un objeto al alcance de amplias capas de la sociedad y no ocupaba, por tanto, el grueso de la carga en los buques que las transportaban a lo largo del litOral mediterráneo. A partir del siglo XVI en todas las ciudades portuarias importantes, no obstante, creció el interés por esta vaj illa entre una burguesía en pleno desarrollo que en mayor o menor medida podía acceder a piezas de loza que implicaban cierto luj o. En el Reino de Valencia, este progres ivo interés fue en detrimento de la loza de Paterna y Manises, talleres que siguieron produciendo y abasteciendo mayoritariamente la demanda local de vajilla durante los siglos XVI y XVII. Es te hecho es patente en la mayor parte de los registros arqueológicos de las principales ciudades del Reino, en donde aparecen en gran número las lozas de reflejo metálico de los tall eres valencianos. Sin embargo , la cerámica de sus alfares ya no alcanza la cal idad de las produccio nes precedentes del siglo xv, y sus motivos decorativos decae n hacia form as repetitivas apli cadas a piezas de ejecución más descuidada, con señales evidentes del torneado en las que las decoraciones ofrecen un aspecto más pesado y oscuro contrap uesto a la blancura de las pastas. La loza valenciana de este momento ha dejado de ser un producto demandado por los estamentos más altos de una sociedad que, alejada del nuevo centro de poder - cada vez más basculado hacia Castilla - pone sus ojos en otro tipo de productos

17. Quedaría al margen un pequeño grupo de materiales procedemes del área murcian a, y siemp re asociados con cerám ica de uso doméstico - lebrill os, escudill as, etc ... -

así como talleres locales como los il icitanos en azul cobalw pero cuyo desarrollo real se produce ya bi en entrado el siglo XVII I.

235

como la vajilla de metal importado de las minas americanas y la porcelana china (Soler 1997, p. 167) Y que además también ha de co mpetir en el mercado urbano co n las producciones de loza, tanto italianas y francesas como de otros talleres peninsulares, tale~ como Teru~l o Talavera. Sólo la ausencia de m ayores registros y estudios sobre este tipO de matenales nos impide profundizar en el ejemplo que aquí hemos ~rese.~tado s~bre la ciudad de Alicante. C omo hem os indicado al principi o, la investl gaCI~n ~ontInua , y ~sperem os que nuevos registros nos ayuden a profundizar en el co nocImIento de la CIrculación cerámica italiana en nuestras costas.

BIBLIOGRAFÍA

Aa.Yv. (200 1), De las Colecciones Municipales, Catálogo de la E'(posición, Al ica nre. Abel, V. (1993), A la mode de Pisa, en Un gortt d'Italie. Céramiques et céramistes italiens en Provence du Moyen Age au xV"" sitele, Aubagne. Abel ,

v.,

Demi ans D'Archimbaud , G. (1993), L'umilité selon Saint Victor, en Un gOltt d 'ftalie. Céramiques et céramistes italiens en Provence du Moyen Age au xx""" siecle, Aubagne

Alva ro Za mora, M .1. (1 978), Cerámica aragonesa decorada: Desde la expulsión de los moriscos a la extinción de los alfares (Siglos XVII- Fines XIX/Com. XX), Zaragoza. Alvaro Za mora, M .1. (1997a), La cerámica aragonesa, en Summa Artis 42, pp. 223-288 . Alvaro Zamo ra, M .l. (l 997b) , La penetración de la moda cerámica ligur en los alfares peninsulares de los siglos XVl!-XVlll: El caso de Aragón, en Transftrencies i comerf de cera mica a l'Europa mediterrania (segles XIV-XVII), XV Jomades d'Estudis Histories Locals (Palma de Mallorca, 1997), Palma de Mallorca, pp. 185-2 13. Amigues, F. (1998), Les importations de céramiques espagnoles et italiennes en Languedoc-Rousillon (XVXVll siecles): L'exemple de Narbonne, en Atti XXX-XXXi Convegno 1ntemazionale della Ceramica (Albisola, 1997), pp. 207-22 1. Azua r, A., López, J.A., Menénd ez, J.L. (1 998), Los Baños Arabes de Elche, Colección Bimilenario, Elche. Baart, J .M .(l 982-1 983), Ceramiche italiane rinvenute in Olanda e le prime imitazioni olandesi, en Atti XV1l1 Convegno Internazionale della ceramica (Albisola, 1982- 1983), pp. 16 1- 187 . Berri , F. (1986), La maiolica di Montelupo. Secoli XIV-XVIII. Mi lán. Berti, G ., To ngiorgi, E. (1982), Aspetti della produzione pisana di ceramica ingobbiata, en AMediev 9 , pp. 14 1-174. Blake, H . (1981) , Pottery exported from Northwest Italy between 1450 and 1830: Savona, Albisola, Genoa, Pisa and Montelupo, British Archaeological Reports, i.s. 102, Oxford , pp. 99- 124. Cerdá Mellado, J.A., Telese Co mpre, A. (1 994), Cerámica de procedencia italiana aparecida en Cataluña, en Laietania 9, pp. 293-353. C icilior, F. ( 1986) , Questa comune a tempi quieti spera, Commercio maritimo di ceramica di Albisola tra Sette e Ottocento, en Atti Convegno Internazionale della Ceramica (Albisola, 1986), pp. 295-303. Coll Co nesa, J. (1997), Cerámica moderna, en Platería 14. Sobre cuatro casas andalusíes y su evolución (siglos X-XIII). Excavaciones arqueológicas en la ciudad de Murcia 1, Murcia, pp. 5 1-64 . CoU Co nesa, J. (1998), Mallorca, moviments i corrents comercials a través de la ceramica, en Mallorca i el comerf de la Ceramica a la Mediterrania, Palma de Mallorca. Giménez López, E. (J 981), Alicante en el siglo XVIII. Economía de una ciudad portuaria en el Antiguo Régimen, Va lencia. G isbert, j .A., Bolu fe r, J. (1992), Maio/ica italiana en el registro arqueológico de la ciudad de Denia (Alacant). Catálogo y algunas consideraciones en tomo a su contexto material, en Atti XXV Convegno Internazionale della ceramica (Albisola, 1992), pp. 7-40. Go nzález Gonzalo, E. (1 997), Cerámica medieval (ss. XIV-xv,J y postmedieval (ss. XVI-XVIII) de importación en Mallorca en su contexto arqueológico urbano, en Mallorca i el comerf de la Ceramica a la Mediterrania, Palma de Ma llorca. Go nzález Go nzalo, E. (1997), Un conjunto de platos catala.nes e italianos del tipo azul sobre blanco de época post-

medieval hallados en Can Bordils (Palma), Transftrencies i comerr de ceramica a l'Europa mediterrania (segles XIV-XVIII), en XVJornades d'Estudis Histories Locals (Palma de Mallorca, 199 7), pp. 269-290. 236 237

Lisrer, EC , Lister, R.H . (1976) , Ligurian maiolica in Spanish America, en Atti del )(jI Convegno /nternazionale della Ceramica (Albisola, 1976), pp. 3 11 -320. L1inás Riera, M. (I997), Ceramica d'importació a Gutat de Mallorca, s. XVI-XVI/!- Can Bordils, en Transflrencies i comerf de ceramica a l'Europa mediterrania (segles XIV-XVII) , XV j ornades d 'Estudis Histories Locals (Palma de Mallorca, 1997), Pal ma de Mal lorca, pp. 303-3 19.

Le navi della Serenissima, archeologia e restauro (XIII-XVI sec.) MASSIMO CAPULLI*, LUIGI FOZZATI * *

L1u biá MlI nné, L. M. (196 1), La cerámica de Teruel, en Faenza 4, pp. 75-83. López, ) .A., Menénd ez, J.L., Azua r, R. (2000), importación de loza italiana en el Convento de Santa Lucia (Elche, Alicante). Siglos XV/ al XVI/i, en Seripta in Honorem Enrique A. Llobregat Conesa, Tomo 1, Al icante, pp. 547-563. Maller, ) .V.G. (1972), L'importazione della maiofica italiana in /nghfiterra, en Atti del V!/! Convegno internazionale della Ceramica (Albisola, 1972), pp. 25 1-264.

Introduzione

Mesqllid a Garda, M. (1987), Una terrisseria deIs segles )(j// i XlV, Pare rn a. Mesquida Garda, M. (I989) , La cerámica de Paterna al segle XlJJ, Pa tern a. Mesqllida Ga rda, M . (I 990), Candelers i cresols medievals, Parerna. Mesq uida Ga rda, M. (1996), Paterna en el Renacimiento. Resultado de las excavaciones de un barrio burgués, Parern a. Mesq uida Ga rda, M. (200 1), Las Ollerías de Paterna, Teeonología y producción, Siglos Xl! y XlJJ, 1, Parerna. Pan uzzi, S. (2003) , Le ceramiche tardomedievali e rinascimentali del Castello di Ostia Antica, Ro ma. Pleguezuelo, A., Sanchez, ) .M. (1997), La exportación a América de cerámicas europeas (1492- 1650), en Transferencies i comerf de ceramica a l'Europa mediterrania (segles X/V-XVIi), XVJornades d 'Estudis Histories Locals (Palma de Mallorca, 1997), PaJma de Mallorca, pp. 333-363. Pradells Nadal, J. (I992) , Función comercial y manufocturas, Historia de Alicante, t. 3, Edad Moderna, Al ica nte, pp.97- 11 8. Presorro, D. (197 1), Notizie sul traffico della ceramica attraverso i registri della Cabella dei Carati (15861636), en Atti del VI/ Convegno /nternazionale della Ceramica (Albisola, i 971), pp. 33-5 1. Redman, CL. (1982) The role o[ /tafian tradeware in an early 16th century North Afi-ican Colony, en AMediev 9, pp. 227-236. Rosselló Bordoy, G ., Camps, J. ( 1974), Excavaciones arqueológicas en Palma de Mallorca. Sondeos practicados en la antigua Casa Desbrull, en NotAHisp2. Rosser Limi ñana, P (1990) , Origen y Evolución de las murallas de la ciudad de Alicante, Al ica nte. Rosser Limiñana, P ( 1991), Excavación arqueológica de urgencia en el Macho del Castillo de Santa Bárbara, en / Congreso sobre Fortificaciones y Castillos en la Provincia de Alicante, Alicante. Rosser Limi ñana, P (1993) , El

e o. P.H. I.A.M.: Seis años de actividad arqueológica, en LQNT 1, pp. 9-74.

Rosser, P., Q lIiles, 1. (1994) , Sistema defonsivo bajomedieval de la villa cristiana de Alicante, en Patrimonio Cultural de la Ciudad de Alicante, vol. 1, Alica nte. Soler Fe rrer, M .P (1997), Cerámica valenciana, en Summa Artis42, pp. 137-178. T hi rion , G. (1993), L'epaveé de la Lomellina, en Un gout d '/talie. Céramiques et céramistes italiens en Pro vence du Moyen Age au XX"" sihle, Au bagne. Varaldo, C (1 972), L'esportazione di ceramica savonese nella documentazione archivistica del XVIi secolo, en Atti V Convegno /nternazionale della Ceramica (Albisola, 1972), pp. 337-347.

Per convenzione la periodizzazione basata sugli avvenimenti politici fissa nella caduta dell'Impero Romano d'O ccidente I' inizio di un nuovo aevum, quello medio. Connotato per secoli e fin o ad anni recenti in maniera negativa, soprattutto nelle sua prima fase, i cosiddetti secoli bui, il medioevo rappresenta oggi un fertile settore di studi l . Se per scandire la storia dell'uom o si prendesse come punto di vista I'evoluzione della costtuzione navale e della nautica, ci si renderebbe addirittura conto, pero, che la vetero visione del medioevo andrebbe letteralmente ribaltata. In ques t' epoca si sono infatti raggiunti risultati importanti per le novita introdotte in ambito navale, sia per quanto concerne i principi , sia per i metodi costruttivi . Tra le innovazioni primeggiano il passaggio dal sistema costruttivo a fasciame portante, al sistem a a scheletro portante e l' adozione del timone unico centrale incernierato a poppa, in sostituzione dei govern ali laterali 2 • Altrettanto positivi sono stati al tri cambiamenti , soprattutto per quanto co ncerne l' attrezzatura velica e i sistemi di navigazione, quali la bussola ad esempi0 3 . In questo scenario in Italia nasce e si sviluppa il fenomeno delle Repubbliche M arinare e, tra esse, quella di Venezia. Primario e il ruolo che la Serenissima ricopre nella sto ria dell' evoluzione navale, cio sia per la longevita del proprio potere marittimo, sia per la grandezza e capacita produttiva dell'Arsenale, sia per la qualita stessa delle proprie navi. Per quest' ultime, tuttavia, le nostre conoscenze sono ancora assai limitate, nonostante sia disponibile un buon corpus iconografi c0 4. Le info rmazioni ricavate dall'analisi di miniature, affreschi e graffiti hanno infatti un valore puramente indicativo, in quanto gli autori avevano la tendenza a stilizzare le forme. Essi non si prefi ggevano lo scopo di descrivere particolari costruttivi, fondam entali per gli studi d' archeologia navale, ma di rappresentarle simbolicamente. A cio si aggiunga l' oggettiva diffi colta di rappresentare, con una certa fedelta, un'imm agin e complessa in un ridotto spazio bidimensionale. • ISTlAEN, Isciruto Iral iano d i Archeologia e Emologia Navale. .. Sopri mendenza per i Ben i Archeologici del Ven eto. l . Su q uesr'argomemo si segnala il rece nte volu me d i Azza ra 2004 e ¡nolere Zanin i 1998; per un breve rias-

238

su nto della sroria dell'archeologia med ievale in Itali a si veda Gelichi 1997. 2. Dell 'Amico 2002 , pp. 71-77 . 3. Bo rghesi 1976, pp. 1-3. 4. Vill ain Gandoss i 1985.

239

Lihat lebih banyak...

Comentarios

Copyright © 2017 DATOSPDF Inc.