GASTRAPHETES L\'ANTICA BALESTRA GRECA NEL V° SEC. a. C.

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GASTRAPHETES

L'ANTICA BALESTRA GRECA NEL V° SEC. a. C.



Di Massimiliano Visalberghi Wieselberger





ORIGINE E FONTI:



Il nome dell'arma deriva dal greco antico γαστραφέτης, composto da γαστρ-
os, "stomaco, e per sineddoche, pancia; e αφέτης, da ἀφίημι "scagliare,
lanciare, rilasciare".
Il suo significaro è dunque "scagliare o rilasciare mediante la pancia"
significato ambiguo, che pero' viene meglio compreso guardandone la
struttura..



Come si evince dall'immagine, per armarlo, serviva posizionarlo contro
l'addome, mediante un manico a forcella, e premendone la parte superiore
contro il suolo.
Dunque, per meglio vincere la resistenza dell'arco, il balestriere spingeva
il manico della balestra contro la pancia, con tutto il peso del proprio
corpo.


L'origine di questa arma è incerta riguardo al luogo di origine; una
leggenda la vorrebbe inventata dagli ingegneri e carpentieri al sevizio di
Dionisio I di Siracusa nel 399 a.C. Ma possiamo attingere con maggior
sicurezza a quanto riportato da Erone di Alessandria (dal quale ci viene la
descrizione più accurata in nostro possesso di questa balestra), nel
"Belopoeica" (antico greco "Βελοποιικά").

(Fig. 1-2), E la nascita antecedentemente al 420 a.C.

Vediamo come.


L'opera si basa sul precedente lavoro dell'ingegnere greco Ctesibio (circa
285 a.C.-222 a.C.).





Figura 1: ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di Erone.



Figura 2: ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di Erone.

Erone, nel descrivere l'arma, si rifà in realtà agli scritti di Bitone,
ingegnere del III sec. a.C., il quale cita a sua volta l'ingegnere Zopiro.
Il gastraphetes viene accreditato dagli antichi greci come l'antenato della
catapulta (katapeltes in greco, scagliare contro).

Probabilmente venne abbandonato a favore di macchine dalla meccanica piu'
pratica e funzionale

Sostituendo il meccanismo di tensione con un sistema a leve (oxybeles) era
possibile creare archi molto più grandi e in grado di scagliare dardi e
pietre.
Successivamente l'oxybeles venne sostituito dalla più raffinata, e di lungo
successo, balista.



C'è comunque da dire che Diodoro Siculo (I° a.C.), nella sua opera cita il
" katapeltikon" come l'antecedente della catapulta/balista, come
l'oxibeles; ma non fa riferimento al nome riportato da Erone. Pero'
quest'ultimo nomina il katapeltikon come successivo se non discendente dal
gastraphetes.

Ctesibio cita il gastraphetes.

Ctesibio ( 285 a.C. – Alessandria d'Egitto, 222 a.C.) è stato un ingegnere
e inventore greco antico, progettatore della pompa, dell'organo idraulico e
dell'orologio ad acqua; fondatore della pneumatica e iniziatore della
scuola dei meccanici alessandrini. Non abbiamo opere dirette sue, perdute,
tranne qualche raro frammento citato da altri autori.
Il suo nome compare nella "Belopoeica" di Erone.

Ed entrambi citano Bitone.

Bitone è stato un ingegnere greco antico, autore di un trattato di
tecnologia militare, probabilmente attivo nella seconda metà del III secolo
a.C..
La sua opera, venne dedicata ad un Attalo, probabilmente Attalo I° di
Pergamo. (re dal 241 a.C. al 197 a.C.).
Bitone vi descrive tra l'altro, due gastraphetes (γαστραφέτης), ossia
"grandi balestre", costruite da Zopiro di Taranto: una a Mileto e l'altra a
Cuma. (Fig. 3).

Figura 3: ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di Bitone. Ma
costruite da Zophiros



Questo è il nostro terminus ante quem, in quanto Erone e Ctesibio fanno
riferimento a Bitone.

Ma Bitone cita Zophiros...

Zophiros/Zofiro, (Taranto, V secolo a.C. – Taranto, IV secolo a.C.) è stato
un filosofo e scienziato greco antico della scuola pitagorica. Fu anche
meccanico, inventore e perfezionatore di macchine belliche.(Fig.4).

Figura 4: ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di Zophiros.



Gli assedi di Cuma e Mileto sono avvenuti tra il 421 a.C ed il 401 a.C.
Questo è il nostro post quem.

Ora, riprendendo la famosa leggenda che vedeva il Dionigi, tiranno di
Siracusa, il suo primo inventore, forse, sarebbe piu' opportuno definirlo
come tra i primi possibili applicatori di una tale arma bellica.

Sappiamo da Diodoro Siculo ( Diod. XX, 48) che all'assedio siracusano di
Mozia, contro i Cartaginesi, circa nel 399 a.C., Dionigi fa uso di
"macchine per scagliare pietre, ed altre per scagliare frecce/dardi".



Il periodo combacia. Inoltre, l'invenzione viene fatta risalire a Zophiro,
inventore tarantino.

Dunque che durante quegli anni, Dionigi avesse avuto modo di venire a
contatto con ingegneri

che conoscevano la funzionalità meccanica dl gastraphetes, puo' risultare
credibile. (Fig.5)

Ovviamente rimane un'ipotesi; ma plausibile.









Figura 5: possibile ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di
Bitone e Zophiros, riprendendo Diodoro Siculo, che narra delel amcchine
d'assedio a Mozia, 39-397 a.C.



Descrizione:



"Era un arco troppo potente (la potenza di un arco, chiamata altresì
libbraggio, indica lo sforzo necessario a tenderlo), per essere usato a
mani nude; e dunque veniva montato su di un supporto ligneo, syrigx ,
(Fig. 6), e dotato di una guida di scorrimento e di denti di arresto
intagliati nella (o applicati ai lati della) parte terminale, che,
contrariamente a qualsiasi altra balestra di epoche successive, terminava
con una sorta di manico a forma di ampia forcella. Nella guida dell'arma,
veniva mesa una listella di legno, provvista di una lieve scanalatura, e
avente un meccanismo di arresto sulla parte inferiore, per ottenere
l'azione del bloccaggio e sbloccaggio mediante i denti di arresto del
supporto; inoltre vi era un gancetto, sulla parte superiore, con un piccolo
meccanismo di blocco, che permetteva di agganciare e sganciare la corda
dell'arco, durante le operazioni di lancio e ricarica.

Figura 6: ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di Erone.



Al momento di caricare l'arma, la listella veniva spinta in avanti lungo la
guida, di modo che la listella giungesse ad agganciare la corda dell'arco
mediante l'apposito gancetto sopra menzionato. Da quel punto in poi, era
solo una questione di tendere l'arco, tenendo appoggiata la listella contro
il suolo, ed afferrando il manico a forcella con entrambe le mani, e
spingere verso il basso, finché la listella non si fosse messa in posizione
assieme alla corda aggnciata ad essa mediante il gancetto..

"Una volta che fosse stato teso l'arco, il procedimento di carica
diventata uguale a quello di ogni altra balestra: si allocava il proiettile
nella apposita scanalatura, di modo che fosse a contatto con la corda; si
puntava, si mirava, e si scoccava, o meglio, sganciava!

Dopo che il dardo fosse stato scagliato, si procedeva nuovamente alla
preparazione per la ricarica.

Si liberava la listella, la si faceva scorrere, si agganciava la corda al
preposto gancetto, la listella scorreva trascinandosi appresso la corda
agganciata, e si iniziava a ricaricare.
Come velocità di ricarica, è stato ipotizzato, dato il meccanismo di
riarmo, che doveva essere quantomeno pari, se non superiore, alla balestra
a staffa; ovvero, un tipo di arma che prevede una ricarica, da parte del
balestriere, mediante azione manuale, cioè tendendo la corda a mano,
mentre con un piede tiene fissa la balestra a terra, grazie all'apposita
staffa di metallo posta sulla parte superiore.Era certamente più rapida
delle balestre più tarde dove la ricarica viene effettuata tramite congegni
meccanici come leve, ruote ecc.
Per quanto riguarda la potenza e la gittata bisogna anche considerare che
tra i tipi di archi con cui i Greci vennero a contatto, vi erano anche
erano archi compositi provenienti dalle steppe delle popolazioni
indoiraniche, quali Sciti e Sarmati, che spesso militavano come reparti tra
le file degli eserciti persiani.. Come, del resto, facevano di frequente i
Greci stessi... Che i Greci dunque conoscessero tali archi ricurvi, ne
abbiamo un'ulteriore certezza, vedendo, ad esempio, alcune serie di monete
greche; ma basti pensare alla continuità di raffigurazioni su ceramica
attica a pittura rossa, di Sciti ed Amazzoni, armati d'arco a doppia curva,
nella migliore tradizioni di questi popoli. Tali archi, come quello
ricurvo, erano formati da uno strato interno di osso, uno mediano di legno
(a volte lamine di diversi legni), e uno esterno di tendini. Gli archi
compositi, a parità di dimensioni, sviluppano maggiore potenza degli archi
di solo legno.

Se, per aumentsrne la resistenza alla trazione, il libbraggio,, e dunque la
potenza di tiro, i Greci adottarono tale struttura polimaterica dell'arco,
si puo' solo immaginare quanto temibile il gastraphetes dovesse essere
come arma. (Fig. 7-9)

Figura 7: ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di
Erone._Saalburg-Museum, Salisburgo, Austria.





Figura 8: ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di
Erone._Saalburg-Museum, Salisburgo, Austria.

Figura 9: ricostruzione del gastraphetes dalle descrizioni di
Erone._Saalburg-Museum, Salisburgo, Austria.



Fonti:



Fonti classiche:

Bitone Costruzione di macchine da guerra e catapulte
(Κατασκευαὶ πολεμικῶν ὀργάνων καὶ καταπαλτικῶν) 65.1–67.4 & 61.12–65.1

Diodoro Siculo Bibliotheca historica 14.42.1

Diodoro Siculo, XX, 48

Erone di Alessandria (I° d.C.) Belopoeica



fonti storiche:



Campbell, Duncan (2003), Greek and Roman Artillery 399 BC-AD 363, Oxford:
Osprey Publishing



Di Blasi Giovanni E. e Gambacorta, Storia del regno di Sicilia dell'epoca
oscura e favolosa sino al 1774: seguita da un'appendice sino alla fine del
secolo XVIII, Volume 1, Stamperia Oretea, 1844.



Marsden, E. W. (1969), Greek and Roman artillery. Historical development,
Oxford: Clarendon
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