Football e balonpié tra gentlemen, criollos e xeneises. Acculturazione e sport sulle rive del Plata

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Football e balonpié tra gentlemen, criollos e xeneises. Acculturazione e sport sulle rive del Plata (Miscellanea di Storia delle Esplorazioni XXXI, Genova, 2006 – pp. 210-226)

Il calcio inglese divenne una delle esportazioni di maggior successo della fine del XIX secolo. Richard D. Mandell Se trataba de un espectáculo nuevo para nuestras distracciones, extraño para nuestros hábitos. El Siglo, 27 agosto 1880 Il 30 luglio del 1930, a Montevideo, si giocò tra Uruguay e Argentina la finale della prima Coppa Rimet. È la data della prima assegnazione del titolo di campione mondiale di calcio, ma, ammesso e non concesso sia lecito individuare punti fermi nel divenire storico, può anche essere letta come epilogo di un’altra storia. Una storia iniziata almeno setttanta anni prima, sempre a Montevideo, nel 1860, anno che vide la fondazione del Banco di Londra, la costruzione dell’ospedale britannico, di una chiesa anglicana e la nascita nell’ambito dell’English High School del Montevideo Cricket, primo club sportivo nella regione platense. La coincidenza cronologica degli eventi citati costituisce una valida esemplificazione delle affermazioni di E. J. Hobsbawm, secondo cui nel terzo venticinquennio del XIX secolo, l’America Latina si lanciò con maggior slancio e a volte con maggiore spregiudicatezza di qualunque altra parte del mondo eccetto il Giappone sulla via dell’”occidentalizzazione” nella sua forma borghese-liberale.1 L’imponente movimento migratorio dal vecchio continente e il rimpicciolirsi del mondo, dovuto al progresso delle comunicazioni, hanno portato ad un secondo periodo di acculturazione per il quale i modelli di riferimento non sono più derivati dalla penisola iberica ma dall’Europa industrializzata le navi portavano una corrispondenza nutrita, periodici e pubblicazioni di vario genere a cui ci si poteva abbonare regolarmente, riviste di carattere scientifico, di moda, e altre destinate al comune lettore o al mondo del commercio; portavano libri in quantità a formare grandi biblioteche (specialmente private). Arrivavano compagnie teatrali, drammatiche e operistiche, musicisti, conferenzieri, pittori, disegnatori. La comodità e il comfort dei viaggi crearono, presso molti latinoamericani l’abitudine di andare in Europa e Parigi divenne la loro capitale spirituale. (...) Il progresso scientifico o la tentazione del comfort contribuiranno a fare un mito delle virtù e degli oggetti fatti in Europa.2 Della Gran Bretagna si ammirava il progresso tecnologico e la potenza industriale mentre la Francia esercitava il suo fascino attraverso la moda e gli stili di vita, ad eccezione del fenomeno sportivo dove regnava incontrastata l’influenza britannica. Nell’America Australe, l’estuario del Rio de la Plata, punto di contatto tra la navigazione atlantica e quella interna, grazie anche ai suoi affluenti e subaffluenti, era la testa di ponte di tale fenomeno. Del Montevideo Cricket abbiamo già detto, quattro anni dopo compare la prima associazione sportiva argentina, il Buenos Aires Football Club che poi diventerà Buenos Aires

Cricket & Rugby Club, seguito nel 1867 dal Rosario Athletic e conclude il decennio la fondazione del Montevideo Rowing quale emanazione della British School. Il decennio in questione corrisponde al periodo in cui dal progenitore comune genericamente definito football, tra aspre polemiche e tentativi di ricucitura, si separano il calcio, detto allora dribbling game, ed il rugby. Il gioco della palla ovale in poco tempo diventerà il game per eccellenza della middle class britannica e entro la fine del secolo si trasformerà da gioco del college a gioco dell’Impero. Risale al 1873 la prima partita di rugby giocata in Argentina, protagoniste furono due squadre inglesi, Bancos (Banks) e Ciudad (City), presentatesi in campo a ranghi ridotti: undici contro tredici. Nello stesso anno, sempre a Buenos Aires, si giocò anche un’altro incontro, gli inglesi stanziali, rinforzati da ufficiali della Real Marina di passaggio, sfidarono El Mundo ... composto da scozzesi, gallesi, irlandesi e qualche argentino di ascendenza britannica. All’inizio dell’anno seguente il presidente del Club de Aficionados Gimnasia y Esgrima, mister Coghlan, propose di adottare le regole della Rugby Football Union inglese. La proposta venne accettata, e nel mese di maggio si giocò il primo match secondo il nuovo regolamento tra gli uomini del signor Trench e quelli del signor Hogg. Pare non superassero il centinaio i giocatori che si affrontavano nel corso di una stagione nel periodo pioneristico, però in un lasso di tempo relativamente breve, durante il quale si aggregavano formazioni occasionali per giocare incontri amichevoli, come ad esempio, oltre ai già menzionati, quelli tra Private Firms e Public Companies, si giunse alla formazione dei primi gruppi stabili3. Nel 1886, anno in cui vennero collegate per via ferroviaria Rosario e Buenos Aires si giocò una duplice sfida tra il Buenos Aires Football Club e il Rosario Athletic Club, fu la prima partita tra club giocata sul suolo argentino che diede inizio ad una tradizione ormai più che centenaria, trasposizione sportiva della rivalità che opponeva dal 1883 la Central Argentine Railway per Rosario alla The Great Southern Railway Company, rinforzata dalla London & River Plate Bank per la capitale federale. I due club, insieme al Belgrano Athletic, al Lomas Athletic e al Flores Athletic Club, fondarono nel 1899 la River Plate Rugby Union Championship con lo scopo di organizzare un campionato annuale4. È significativo che al momento dell’adozione delle regole formalizzate in madrepatria non si ritenne necessaria la loro traduzione in castigliano e l’inglese rimase lingua ufficiale anche dopo l’istituzione del campionato. Il rugby restò ancora per anni un affare interno alla comunità britannica, la sola dove potevano trovarsi giovani che per condizione socioeconomica, disponibilità di tempo libero e cultura sarebbero stati disposti a praticare questo sport. Per loro valeva l’equazione sportman uguale a gentleman e il fair play era condizione irrinunciabile per la pratica agonistica5. Ricordiamo, a conferma di ciò, che il primo presidente della neonata federazione, Leslie Corry Smith, dirigente e giocatore del Buenos Aires Football Club giocò con la sua squadra solo le partite amichevoli ma non quelle ufficiali perché nel campionato veniva utilizzato come arbitro. I primi club sorsero nell’ambiente studentesco, formati da studenti e ex allievi delle varie scuole britanniche o nell’ambito delle imprese, come ad esempio il caso del già citato Flores Athletic Club fondata all’inizio degli anni ’90 dagli impiegati della Buenos Aires Western Railway. Si trattava nella maggior parte dei casi di associazioni polisportive in cui non era raro vedere atleti che si cimentavano in diverse discipline. Il Flores, ad esempio, nella sua breve esistenza attivò sezioni di rugby, calcio, polo e atletica leggera. Attività quest’ultima in cui non poteva mancare la figura del rugbista - velocista resistente, quasi un idealtipo della cultura sportiva anglosassone, per non dire un’icona della sua mitologia. Ci riferiamo a George Fleetwood Elliot, più volte vincitore del campionato sul quarto di miglio della Amateur Athletic Association of the River Plate. L’atleta, che fu capitano del club sui campi di rugby dal 1897 al 1899 e detenne anche il record argentino sulle 440 yards, è uno dei primi di quella lunga serie di agonisti di lingua inglese che frequentarono i prati della palla ovale e la zona di confine tra la velocità prolungata e il mezzofondo veloce, tra questi ricordiamo lo scozzese Eric Liddell, immortalato da Hugh Hudson nel film Chariots of Fire (Momenti di Gloria), il neozelandese Peter Snell, vincitore degli 800 metri a Roma e a Tokio, dove

si aggiudicò anche i 1500, l’italo-sudafricano Marcello Fiasconaro e, in ultimo, l’inglese Roger Black Abbiamo parlato di breve esistenza del Flores perché il sodalizio scompare dalle cronache prima del 1910 e la sua fine si intreccia con i primi passi del Club Atlético Ferrocarril Oeste. Non si tratta solo di una innovazione linguistica, anzi questa rimanda ad un fenomeno più profondo. Nel 1904 partecipò al campionato il Centro de Estudiantes de la Facultad de Ingeniería, primo club fondato da nativi, due anni dopo si affiliò anche la Asociación Atlética de la Facultad de Medicina, che ebbe tra i suoi fondatori e giocatori Bernardo Houssay, premio Nobel per la medicina nel 1947. Su proposta di quest’ultimo, nell’assemblea annuale del 1908, la River Plate Rugby Union Championship mutò la denominazione in Unión Argentina de Rugby, stabilì di tradurre il regolamento e di redigere in castigliano i propri atti. Frattanto continuava la tradizione iniziata nel 1905 dell’incontro annuale tra argentini e britannici, ma dal 1909 questi si sarebbero chiamati extranjeros: il rugby argentino era diventato adulto. Oggi, l’indiscussa supremazia della squadra nazionale argentina nel continente, la posizione dignitosa nel ranking mondiale, la vivacità della federazione, con i suoi circa quarantamila affiliati, la presenza di istituzioni quali il Centro de Estudios en Historia del Rugby (CHER) di Buones Aires e la sua rivista on-line Dias de rugby6 sono spia di quelle lontane vicende, testimonianza di quell’entusiasmo e di quella capacità dialogica che hanno saputo trasformare l’imitazione di una pratica ludica delle élites britanniche in fatto culturale7. In Uruguay la palla ovale non ebbe altrettanta fortuna, restò relegata agli studenti dell’English High School ed ai soci del Montevideo Cricket Club dove fu introdotto nel 1875. Si ha notizia di un incontro giocato nell’agosto del 1880 tra britannici e uruguagi di origine britannica, arbitrato dall’ambasciatore inglese e dell’allargamento al rugby, nel 1890, dei rapporti sportivi tra il Buenos Aires Football Club e il Montevideo Cricket Club che per quanto riguarda il cricket risalivano al 1868. L’anno precedente il club di Montevideo era stato invitato a partecipare al primo campionato istituito dalla River Plate Rugby Union Championship ma aveva declinato l’offerta che avrebbe accettato poi nel 19238. Nel 1889, il 15 agosto, in occasione dei festeggiamenti per il compleanno della Regina Vittoria, una partita di calcio tra rappresentanti della colonia inglese di Buones Aires e di quella di Montevideo aveva preceduto di un anno l’incontro di rugby a cui abbiamo prima accennato. Nel 1890 la Central Uruguay Railway Company, nuova denominazione che assunse la Ferrocarril Central del Uruguay dopo essere divenuta di proprietà inglese, aveva acquistato 17 ettari di terreno a 10 chilometri da Montevideo, sorgeva Villa Peñarol che presto sarebbe diventata una pequeña Manchester. Nel giugno dell’anno seguente, nell’ambito della English High School di Montevideo, vide la luce l’Albion Football Club, primo club calcistico del paese. Pochi mesi dopo, a Villa Peñarol, su proposta di Roland Moore, alto funzionario della società ferroviaria che tempo prima aveva fondato un circolo sportivo aziendale, un’assemblea di impiegati e operai deliberò la fondazione del Central Uruguay Railway Cricket Club (CURCC) e l’adozione di giallo-oro e nerocarbone quali colori sociali: i colori della mitica Rocket, la locomotiva disegnata da George Stephenson. Le discussioni relative alla scelta dello sport da praticare, calcio o rugby, si protrassero sino all’assemblea del 29 maggio del 1892, vinse il calcio per 14 a 6. È interessante notare il carattere interclassista e interetnico dell’assemblea costitutiva cui parteciparono settantadue inglesi, quarantacinque uruguagi e un tedesco. Evento piuttosto singolare in una situazione che vedeva le istituzioni sportive sorgere e svilupparsi all’interno degli ambienti britannici come club esclusivi e solo in un secondo momento aprirsi alle élites locali9. Malgrado ciò per quanto riguarda la commissione direttiva bisogna aspettare il 1904 per trovare un non britannico tra i suoi componenti e sino al 1899 solo sette giocatori indigeni trovarono posto in squadra. Uno di loro però, Julio Negrón, operaio delle officine di Peñarol, per le capacità dimostrate ne divenne capitano nel 1985 e da allora la prestigiosa fascia restò al braccio della componente creola e popolare che nel 1902 era ormai diventata, perlomeno sul campo, nettamente maggioritaria

I primi incontri vedevano protagonisti, oltre ai due club già menzionati, istituzioni e scuole britanniche magari rinforzate da marinai o altri connazionali di passaggio. In quel periodo sorsero il Montevideo Football Club, l’Uruguay Athletic Club, da una costola dell’Albion Football Club, e nel 1896 anche la colonia tedesca si volle dotare di un proprio circolo, il Deustcher Fussball Klub. Nel 1899 i nativi del Montevideo Cricket Club e dell’Uruguay Athletic Club fondarono il Club Nacional de Football10, sitrattava della prima associazione calcistica creola di tutto il continente latinoamericano. Il nuovo sodalizio ebbe tra i suoi sostenitori Juan Cat, gestore della Empresa Tranviaria, che concesse alcuni locali dell’edificio dell’azienda da utilizzare come spogliatoi, e il rettore dell’Università Alfredo Vázquez Acevedo, che conferì al nuovo club l’identità universitaria rimasta predominante fino al secondo decennio del Novecento. La primavera del 1900 vede la nascita della Uruguay Association Football League composta da Albion Football Club, Uruguay Athletic Club, C.U.R.C.C. e Dustcher Fussball Klub. La richiesta di adesione del Nacional è respinta all’unanimità. Il club, evidentemente troppo nazionale e senza appoggi in seno alla colonia europea, riuscirà però l’anno seguente ad entrare a far parte della League. Il C.U.R.C.C. si aggiudicò i primi due campionati, il Nacional i due successivi: nasceva il derby d’Uruguay. Le ragioni della rivalità viva ancora oggi tra i due maggiori club dell’Uruguay, Nacional e Peñarol (questa la denominazione assunta dalla sezione calcio del CURCC dal 1913), affonda le radici nella genesi e nei primi sviluppi dei due sodalizi: nazionale, elitario e universitario il primo, britannico, popolare e aperto agli emigranti l’altro11. Nel frattempo un gruppo di dissidenti dell’Albion Futbol Club, accusato di dar poco spazio ai giovani, avevano fondato il Montevideo Wanderers Football Club12. Assunsero il nome di vagabondi per sottolineare il proprio spirito libero, ma forse anche per collegarsi idealmente agli omonimi della madre patria, i Bolton Wanderers, vincitori del primo campionato inglese nel 1871. Agli inizi del Novecento, però, il paese era minacciato da rivalità ben più drammatiche di quelle sportive, il campionato del 1904 non venne disputato a causa dell’ultima e sanguinosissima guerra civile13 che opponeva il presidente José Battle y Ordoñez al partito dell’aristocrazia rurale. Sotto la guida di Battle l’Uruguay passò dalla guerriglia al welfare state. Interventismo statale, allargamento del diritto di voto, miglioramenti sul piano sociale, laicità dello stato, opere pubbliche, nuovo sistema previdenziale e pensionistico furono i cardini della politica modernizzatrice che non solo costituì un felice esempio di democrazia politica e ammodernamento sociale ma incise anche profondamente sul sentire dei cittadini tanto che lo spirito di ottimistica fiducia nelle possibilità nazionali divenne qualche cosa di più di una fede politica e si trasformò in un elemento della coscienza nazionale, tanto diversa in questo aspetto, da quella che, nel corso dell’Ottocento, si affliggeva alla vista di un paese che non si decideva a riconciliarsi con se stesso.14 Se tra i fatti più significativi per quel contesto vanno ricordati l’introduzione del divorzio nel 1907 e la separazione tra Stato e Chiesa sancita della costituzione del 1917, non va dimenticata l’istituzione, nel 1911, della Comisión Nacional de Educación Física, con lo scopo di favorire la diffusione della pratica sportiva e la realizzazione di nuovi impianti, che facilitò l’ingresso nel mondo dello sport di gruppi sociali sino a quel momento esclusi. Da allora il pubblico dei nativi iniziò a trovare negli stadi nuovi eroi, provenienti non dall’altra sponda dell’Atlantico ma dai medesimi barrios popolari in cui trascorreva gran parte della propria esistenza. Tra questi ricordiamo Isabelino Gradín e Juan Delgado le cui doti funamboliche e atletiche venivano esaltate dalla tecnica e dal genio tattico dell’oriundo italiano José Antonio Piendibene, detto El maestro. I due furono le prime perle nere della storia del calcio, inoltre Gradín incarnò la versione creola dello sportman anglosassone, ottenne successi nella velocità prolungata, e diventò campione continentale nel 1919 e nel 1920, sui 200 e sui 400 metri, specialità in cui detenne anche il record sudamericano.

Si può parlare di record solo se si utilizzano adeguati strumenti di misurazione, è questo uno dei numerosi aspetti che legano il fenomeno sportivo ai processi di modernizzazione della società come ha sottolineato R. D. Mandell: Questo talismano dello sport moderno probabilmente ha le sue origini in svariate condizioni preesistenti, che sono state individuate da molti storici nel tentativo di stabilire quali fattori particolari dell’esperienza inglese abbiano portato alla fase di “decollo” dell’industrializzazione in quella nazione. I primati sportivi presuppongono una valutazione del risultato misurabile e, necessariamente, una misurazione precisa del tempo e dello spazio – indicando così ulteriori novità che si manifestarono per prime nel modo più vivido in Inghilterra.15 Abbiamo visto la duplice importanza, nella nascita e nella diffusione dello sport, dello sviluppo della rete ferroviaria, sia per quanto riguarda le associazioni sportive aziendali sia per la relativa facilità di spostamento tra una città e l’altra, ricordiamo ancora come l’assiduità dei rapporti sportivi tra i club di Buenos Aires e Montevideo sia stata facilitata dalla posa del primo cavo telefonico subacqueo al mondo, che dal primo novembre del 1889 collega le due capitali. Non è certo un caso se tra le opere di Juan Parra del Riego, il più noto esponente del futurismo sudamericano, troviamo oltre a poesie dedicate alla motocicletta ed alla città meccanizzata, gli Himnos del cielo y de los ferrocarriles e un Polirritmo al jugador de fútbol dedicato proprio a Isabelino Gradín. La progressiva sostituzione della navigazione fluviale con il trasporto su ferro, comportava non solo notevoli ricadute in campo economico e sociale, ad esempio l’introduzione di esperienze e tecnologia inglese a scapito di quelle americane, ma anche non meno importanti mutamenti sul piano delle mentalità. Come in Europa la locomotiva è simbolo di progresso, le stazioni diventano punto di riferimento per il territorio circostante e, soprattutto, compaiono con connotazione positiva concetti nuovi o sino ad allora quasi ignorati: In un mondo troppo attaccato alle vecchie usanze, poco attivo, dove la puntualità e il rispetto dei termini assegnati non era d’importanza decisiva, la ferrovia introdusse un ritmo nuovo. Il lavoro delle ferrovie era organizzato all’europea, il tempo era un fattore economico da tenere in conto, l’efficienza dell’impresa era proporzionale alla sua buona organizzazione e alla selezione del suo personale. Per tutti questi elementi, è ancora proverbiale in molte località l’espressione “puntualità all’inglese” e l’esempio della ferrovia è spesso adoperato come immagine di buon funzionamento di un’impresa.16 Non va dimenticato nelle relazioni tra sport e modernità come il sorgere di federazioni e la codificazione di regolamenti siano l’aspetto, sul versante del loisir, dell’esigenza di uniformità e certezza del diritto e di istituzioni garanti delle stesse, anche sotto questo aspetto non si può non riconoscere che lo sport non solo facilitò, ma in realtà favorì l’adattamento mentale di tutta la popolazione alle esigenze del mondo moderno.17 Il giovane movimento sportivo è stato quindi non solo parte ma anche agente del mutamento di atteggiamenti mentali che, permeando le popolazioni urbane, ha contribuito al formarsi dei blocchi elettorali a sostegno delle esperienze di modernizzazione e democratizzazione dei due paesi portate avanti da José Battle y Ordoñez, come abbiamo già visto, in Uruguay e dall’Union Civica Radical in Argentina18. La storia della nascita e degli anni pionieristici del calcio argentino19, per le dimensioni del fenomeno, in senso sia geografico sia sociale, ben più ampie di quelle assunte dal rugby, può essere

vista come lo specchio delle dinamiche e delle tensioni che attraversavano il paese nel periodo corrispondente alla crescita del reddito pro capite più elevata della sua storia20. Come per molti altre nazioni furono le città portuali, in quanto centri di ricezione delle mode europee, la prime ad essere coinvolte dal nuovo gioco, Buenos Aires e Rosario svolsero in tale contesto la funzione svolta da Le Havre in Francia o da Genova in l’Italia. Nelle due città e nel loro bacino d’influenza sorsero le prime associazioni calcistiche ed a partire da queste iniziò un rapido processo di diffusione le cui direttrici coincidevano con quelle dell’altrettanto rapido sviluppo della rete ferroviaria. Nel 1880 erano stati realizzati 2.516 chilometri di strada ferrata, dopo un decennio vennero superati i 9.000 e all’alba del nuovo secolo i 16.000. Nel frattempo diversi circoli sportivi, filiazioni delle compagnie ferroviarie, avevano inserito il football tra le loro attività, come il Central Argentine Railway Athletic Club (1889) a Rosario e il Buenos Aires al Rosario Railway (1891) nella capitale federale, per citare i più importanti. I legami tra compagnia e club erano talmente stretti che la fusione tra le prime portava all’accorpamento dei secondi, come avvenne per le due realtà appena nominate che si unirono nel Club Atlético Rosario Central un anno dopo la fusione delle compagnie di riferimento avvenuta nel 190321 Quando nel 1914 la rete ferroviaria raggiungse i 33.550 chilometri e copriva buona parte del paese, esistevano già da diversi anni il Club Ferro Carril Oeste di Buenos Aires (1904), il Cordoba and Rosario Athletic Club (1906) e il Club Ferrocarril Sud (1910), emanazioni rispettivamente della Buenos Aires Westwrn Railway, della Cordoba and Rosario Railway e della Southern Railway. Il fenomeno continuò ad estendersi progressivamente, tanto che, procedendo verso nord, registriamo la fondazione, ad opera di membri del Central Cordoba Railway, dell'Instituto Ferrocarril Central Cordoba nel 1918 e, l’anno seguente, del Club Atlletico Central Cordoba a Santiago del Estero e infine a Salta, ancora più a settentrione, nel 1921 del Club Atletico Central Norte dalla Central Norte Railway. In ultimo ricordiamo il Club Atletico Ferro Carril Oeste fondato a General Pico nel 1934. Se il ferrocarril ne fu l’agente di diffusione la vera e propria culla del calcio argentino furono le istituzioni educative britanniche22, in particolare una delle più antiche: la Saint Andrew’s Scotch School, fondata nel 1838, ed una sua emanazione, la Buenos Aires English High School (BAEHS, poi nel 1895 prenderà il nome di English High School). Quei lontani eventi ruotano intorno alla figura di Alejandro Watson Hutton, un professore di Glascow giunto in Sud America nel 1882 come direttore della Saint Andrew’s Scotch School, che lasciò nel 1884 per fondare la Buenos Aires English High School. Convinto sostenitore delle valenze formative della pratica agonistica, il professore scozzese importò dalla madre patria i palloni con cui si giocò la prima partita di calcio il 20 giugno 1887, nel distretto Palermo tra gli sguardi inorriditi delle signore del Buenos Aires Cricket Club, scandalizzate a tal punto per quegli adulti in pantaloncini corti che alcune di loro presentarono una denuncia per atti osceni23. Negli anni successivi a Lomas de Zamora un ex insegnante del Saint Andrew’s Scotch School fondò la Lomas Academy (1891) da cui, nello stesso anno, nacque il Lomas Athletic Club, mentre un gruppo studenti della BAEHS residenti a Lobos fondarono il Lobos Athletic Club (1892). Nel 1891 si giocò il primo torneo ufficiale cui parteciparono, oltre ai vincitori del Saint Andrew’s, l’Old Caledonians, il Buenos Aires al Rosario Railway e il Belgrano y Buenos Aires. Il campionato era organizzato dalla Argentine Association Football League (AAFL), l’istituzione ebbe vita breve, ma fu rifondata due anni dopo ad opera del solito A. W. Hutton che fu nominato presidente. Da allora si svolse regolarmente il campionato nazionale, dominato fino al 1898 dal Lomas Athletic Club che l’anno seguente si aggiudicò il primo campionato argentino di rugby, disciplina destinata a diventare ben presto l’attività principale del sodalizio. Il 1900 vide il successo dell’English High School Atlethic Club, in cui era da poco confluito il Lobos Athletic Club in quanto la società si era trovata nell’impossibilità di rispettare il nuovo regolamento che prevedeva per essa l’obbligo di avere un campo da gioco nella capitale24. Sempre nel 1900 venne istituito un

campionato under 17 per le istituzioni scolastiche. Tutto questo, unito alla nuova situazione creata dalla presenza nel gruppo della prima squadra di sette elementi provenienti dal Lobos, comportava l’esigenza di una nuova denominazione. Visto che i membri erano tutti alunni o ex alunni dell’English High School di Buenos Aires, venne proposto e subito approvato dal presidente Hutton il nome Alumni Athletic Club. L’episodio è un’ulteriore conferma di quanto sostenuto dal già citato E. J. Hobsbawm a proposito della rete di rapporti imperniata sulle associazioni di ex allievi delle scuole più rinomate e sul ruolo svolto dallo sport in tale fenomeno: La creazione di organizzazioni di ex allievi (Old Boys, Alte Herren, Alumni), che si sviluppò rapidamente dal 1870-80 in poi, dimostrò che i prodotti dell’istituzione scolastica potevano formare una rete nazionale e anche internazionale; e servì anche a legare le nuove alle vecchie generazioni. In breve, essa dava coesione sociale a un insieme di reclute eterogenee. Anche qui lo sport forniva in buona parte il cemento formale.25 Queste reti di rapporti non solo tenevano insieme non solo studenti e ex studenti di una determinata scuola, ma mettevano in relazione anche le diverse istituzioni educative dato che frequenti erano i rapporti sportivi, magari in occasione delle feste annuali delle stesse, durante le quali si svolgevano gare tra i genitori oltre che tra i ragazzi, come accadeva, ad esempio, tra il Saint Andrew’s e la Lomas Academy26. Il fenomeno ovviamente non era limitato solo alla capitale ed al suo bacino di influenza, nel 1903 a Rosario dal Colegio Mercantil e Internado Anglo Argentino nacque il Newell's Old Boys, in onore del direttore Isaac Newell. El juego de los ingleses locos incontrò molto rapidamente i favori dei nativi. Gli studenti britannici vennero ben presto imitati dai loro colleghi creoli tanto che nei primi anni del secolo si formarono in varie città club denominati Estudiantes, quasi un segno della vivacità intellettuale e della capacità organizzativa che nel 1918 animeranno il movimento studentesco di Reforma Universitaria e la sua rapida diffusione27. Nello stesso periodo gli esclusivi Club de Gimnasia y Esgrima aprirono una sezione calcio. Tali esperienze seguono la fondazione del primo club criollo a Quilmes nel 1889 dovuta ad un gruppo di studenti argentini del Colegio Nacional de Quilmes che, in quanto tali, si sentivano discriminati nel Quilmes Athlétic Club. Decisero quindi di costituire il Club Atlético Argentino de Quilmes, aperto ai giovani della città, e rivendicarono con orgoglio la propria identità creola28. Per questo nel tradizionale rinfresco offerto alle squadre ospitate, il cosiddetto terzo tempo sopravvissuto sino ad oggi e istituzionalizzato solo nel rugby29, sostituirono il té con il mate cocido. Fu su proposta di un rappresentante del nuovo club che, nel 1907, la AAFL, divenuta frattanto Argentine Football Association, abbandonò l’inglese come lingua ufficiale optando per il castigliano e prese la denominazione di Asociación Argentina de Football. Anche l’Independiente deve la sua esistenza ad un caso analogo, questa volta a reagire all’ingiustizia, nel 1905, furono i dipendenti nativi dell’impresa commerciale Ciudad de Londres che non erano ammessi nella squadra sociale30. La passione per il calcio aveva ormai permeato la società argentina e, dopo aver coinvolto alta società e borghesia creola, nella prima decade del Novecento raggiunse i settori popolari e i figli degli emigranti, soprattutto spagnoli e italiani31. Punta di diamante del fenomeno è, ovviamente, la capitale, dove la linea tramviaria, la cui elettrificazione fu completata nel 1910, agevolò contatti e spostamenti assumendo un ruolo parallelo a quello svolto dalla rete ferroviaria su scala nazionale. Da una ricerca relativa al periodo 1900 – 1915 apprendiamo che nel 1907, in Buenos Aires si contavano 104 campi da gioco e nel paese erano presenti non meno di trecento club che partecipavano a singole sfide, ai vari tornei ed ai campionati istituiti dalle leghe indipendenti, ma che ambivano a partecipare alla liga major32. L’avvento di club di matrice popolare, favorita anche dalla diminuzione delle ore della giornata lavorativa, portò una mutazione antropologica nell’ambiente del calcio evidente già nella scelta dei nomi dei nuovi club, a cominciare dall’indicazione della località nella denominazione

sociale33. Mentre nel caso dei sodalizi della comunità britannica o dell’élite locale troviamo il nome della città, Buenos Aires, La Plata, Quilmes, Rosario e così via, nella prima decade del secolo assistiamo al proliferare di identificazioni identitarie con il quartiere, con il piccolo spazio locale. Nel raro caso di riferimento alla capitale veniva utilizzato il termine Porteño, che indica tutt’ora l’identità profonda e popolare boarense. Sempre nel campo dei meccanismi identitari troviamo la duplice funzione del termine Argentino o, al plurale, Argentinos: se inizialmente serviva per differenziarsi dai britannici, come nel caso dell’Argentinos de Quilmes, in un secondo tempo, verrà utilizzato, magari da figli di emigranti nati in Sud America, per marcare la differenza con gli ultimi arrivati, considerati ancora stranieri. È il caso ad esempio del Club Atlético Argentinos de Vélez Sarsfield, fondato nel 1910 dagli abitanti dell’omonimo quartiere. In altre parole il calcio divenne un veicolo del concetto di opposizione noi/gli altri, visti questi ultimi come una minaccia. In tali condizioni era inevitabile che la rivalità sportiva, intimamente connessa al concetto di fair play, si trasformasse in inimicizia34. Come abbiamo già visto, il concetto del noi era comunque legato alla realtà territoriale, non a quella etnica, e quindi questi club ebbero importanza notevole nella costituzione di una nuova socialità e una nuova cultura popolare in cui si integravano giovani creoli e figli di emigranti italiani e spagnoli35. A riprova di quanto affermato riportiamo l’elenco dei giocatori più significativi del Racing Club nel periodo 1913 – 1919 in cui il club divenne campione nazionale per sette volte consecutive: Ardunio, Saturnino, Ochoa, Reyes, Comaschi, Olazar, Pepe, Canaveri, Ohaco, Marcovecchio, Hospital e Juan Perinetti36. Mentre i club della colonia britannica e quelli dell’aristocrazia creola erano rigidamente esclusivi, quota di adesione alta e cooptazione degli eventuali nuovi soci, club di derivazione popolare cercavano di allargare il più possibile la loro base sociale al fine di procurarsi i mezzi di sussistenza. In essi molti giovani dei settori popolari, per rispondere alle necessità di divisione dei compiti, distribuzione delle cariche sociali, confronti con esponenti delle altre associazioni nelle varie leghe, trovarono un apprendistato all’assunzione di responsabilità ed alle regole della partecipazione democratica37. Proprio nel 1913, anno del primo trionfo di un club di estrazione popolare, La Nacion, uno dei quotidiani più importanti dell’epoca, lamentava la volgarizzazione del football e l’emergere di un nuovo modello di giocatore, definito el crack, lontanissimo dal gentleman di ascendenza britannica e dai suoi valori, primo tra tutti il fair play 38. L’élite argentina percepiva la diffusione del gioco nei settori popolari come decadenza della tradizione anglosassone a cui essa si era orgogliosamente uniformata, e attraverso i suoi organi di informazione offriva del crack un’immagine stereotipata, somma di tutto ciò che un buon sportivo non dovrebbe essere: pigro, irresponsabile, egoista, pretenzioso e attaccabrighe. No es éste un excelente jugador. No es un Rithner o un Jorge Brown, (...) el crack es un jugador de renombre entre cierto público afecto a las piruetas de éste, ineficaces siempre, que no pasa la pelota (...) Se hace rogar, impone condiciones, (...) los días de match es necesario ir a la casa a buscarlo para que juegue (...) y una vez en el field o es un negligente o riñe con el contrario.39 Due mesi dopo ad essere nel mirino era la supposta mancanza di responsabilità nella scelta delle denominazioni sociali: ... se habrá notado más de una vez la despreocupación y la falta de criterio que rigen al denominar las nuevas asociaciones (...) Llamar a un club 'Los hijos del sol', por ejemplo, sería sencillamente ridículo. Más que denominación para un club de esa clase, sería un buen nombre para una institución recreativa o carnavalesca40. In questa diatriba la stampa sportiva si dimostrò sul piano del fair play non all’altezza dei propri idoli della vecchia guardia britannica, che sapevano comportarsi da gentleman sia in campo

sia fuori. Ricordiamo Jorge Brown, stella dell’Alumni e leader della nazionale argentina, che dopo una partita con l’Uruguay persa per tre a zero, al secondo gol di Piendibene, oriundo italiano e quindi potenziale crack, si complimentò con lui dicendogli eres un maestro muchacho! Da allora l’oriundo sarà per tutti El Maestro. In principio, la crescente popolarità del calcio, considerata una pericolosa fonte di distrazione per i militanti, preoccupava non poco socialisti e anarchici41 le cui fila erano rafforzate numericamente e culturalmente dagli emigranti e dai numerosi esuli provenienti dal Vecchio Continente. Ben presto però riconobbero le potenzialità aggregative, solidaristiche e identitarie dello sport ed ecco allora sorgere nei primi anni del Novecento, in particolare nei barrios popolari e nel circondario della capitale, nuove aggregazioni dal nome inequivocabile come Los Mártires de Chicago, in onore degli operai caduti durante gli scontri del maggio 1886, El Porvenir, Sol de la Victoria, Libertad Juniors, Club Social y Deportivo Progresista, Libertarios Unidos, Pimero de Mayo, Sol Libertario, 1 de Mayo, Club Atletico Republicano, Unión Cívica Intransigente, e il Liberal Argentino emanazione dell’Union Civica Radical a cui va aggiunto il Chacarita Junior, fondato il primo maggio del 1906 nell’ambito della biblioteca libertaria di Villa Crespo42. Poco dopo anche il mondo cattolico cominciò a guardare ai campi di gioco e nella seconda decade del secolo scesero in campo il Club Atlético San Lorenzo de Almagro di Buenos Aires, così chiamato in onore di padre Lorenzo Massa che mise a disposizione il terreno di gioco, il Club Atlético Patronato de la Juventud Católica di Paranà e il Club Juventud Antoniana di Salta43. Il solco tra il sistema di valori dell’agonismo di matrice britannica, a cui si erano uniformate le élites creole, e quello dei ceti popolari si faceva sempre più profondo. Quest’ultimo, specialmente nelle leghe indipendenti, era caratterizzato da estrema litigiosità, scontri violenti tra giocatori e tifoserie, ricerca del risultato ad ogni costo, tanto che alla fine del 1907, il periodico La Argentina, che era stato un punto di riferimento per il calcio amatoriale pubblicando comunicati dei club, inviti a tornei minori e tutto quanto potesse facilitare la diffusione della pratica, cambiò linea e da allora seguì solo le vicende della lega ufficiale. Il direttore della sezione sportiva concludeva con queste parole un articolo che assomiglia ad una dichiarazione di resa: No tenemos cultura sportiva (...) nos hallamos en un plano inferior por eso. En el football que hemos dado en llamar nuestro juego nacional en atención a la cantidad de gente que lo practica - suceden casos de falta de educación, casos que repugnan el presenciarlos.44 Poco per volta i vecchi club che avevano fatto la storia del calcio argentino abbandonarono la lega, l’ultimo fu il Belgrano Athletic Club nel 1916. I gentlemen e l’élite creola si ritirarono sui campi della palla ovale lasciando uno sport ormai uniformato alla scala di valori del gaucho: culto del coraggio sconfinante nella temerarietà, fierezza, gagliardia e gusto della sfida per cui el fútbol constituye una pequeña guerra, una batalla caliente, dura45, e la nuova interpretazione del gioco divenne, insieme al tango, uno dei caratteri distintivi dell’identità porteña46. Questa separazione, per la quale ancor oggi il rugby è segno caratterizzante dell’offerta formativa delle più rinomate scuole private47, favorì nel calcio l’emergere di nuove realtà, in particolar modo due associazioni sorte in uno dei quartieri più malfamati della capitale. La distribuzione della popolazione italiana in Buenos Aires, era allora abbastanza omogenea con valori intorno al 20% salvo che a la Boca, dove si erano insediati i previous migrants liguri già nella prima metà dell’Ottocento. Lì, nel 1887, gli italiani erano il 53% ed ancora il 29% nel 191448. Il quartiere, nato intorno all’estuario del Riacheulo nel Rio de la Plata, prediletto dai pittori, è uno dei luoghi mitici del tango e, come tutti gli angiporti, godeva di pessima fama essendo considerato covo di prostitute e contrabbandieri. Era anche una roccaforte del dissenso, mazziniano prima, socialista e anarchico poi, riunito nella Società Ligure di Mutuo Soccorso 49, fondata nel 1885 tutt’ora esistente come Associacion Ligure de Socurros Mutuos. È stato evidenziato come l’emigrazione italiana in Argentina sia stata capace di uno sforzo di auto-organizzazione che non ebbe uguali in nessun altro paese d’immigrazione al Nuovo Mondo50,

di una simile affermazione troviamo evidenti conferme a La Boca dove operano ancor oggi anche altre associazioni più che centenarie quali le cattoliche La Madonna della Misericordia (1865) e la Squadra dei Porta-Cristo (1870). Spirito libertario e forti sentimenti identitari e comunitari alimentavano sin dagli anni Settanta del secolo XIX propositi scissionistici che culminarono nel 1882, in seguito ad uno sciopero generale, nella proclamazione della Repubblica Indipendente de La Boca, con adozione della bandiera genovese. Solo l’intervento del presidente, il Generale Roca, riuscì a far rientrare la rivolta51. Alla foce del Riauchelo gli argentini e gli altri emigranti parlavano genovese52 e questo favorì l’integrazione e la solidarietà tra i vari gruppi. La seconda generazione si sentiva già argentina, senza che ciò comportasse il disconoscimento delle proprie radici, e, per tutti, La Boca costituiva un importante punto di riferimento identitario, fenomeno alimentato anche dalla consapevolezza della sua cattiva nomea. Nel marzo del 1901, quando i venditori al dettaglio di legna e carbone liguri si associarono a scopo di mutuo soccorso cercarono di coinvolgere anche gli altri loro colleghi, tra cui numerosi spagnoli, e scelsero quindi un nome che univa un riferimento universale al marchio di origine: Associacion Genovesa-Argentina Carboneros Unidos de Socorros Mutuos53 Anche l’associazionismo sportivo era molto vivace tanto più che sovente i ragazzi del rione vedevano i marinai inglesi giocare al football nello spiazzo della Darsena Sud. Sorsero numerosi club due dei quali sarebbero diventati protagonisti della storia mondiale del calcio. Nel 1901, dalla fusione tra il Santa Rosa Football Club e La Rosales, prese vita il Club Atlético River Plate. Nella sua prima formazione compaiono cognomi genovesi, anglosassoni e spagnoli, testimoniandone l’aspetto cosmopolita: Moltedo, Ratto, Cevallos, Peralta, Carrega, Bard (che fu anche il primo presidente), Kitzler, Martínez, Flores, Zanni e Messina54. Pare che la denominazione sia dovuta alla scritta notata dai fondatori su di un cassone vicino al quale stavano giocando alcuni marinai inglesi, ma è significativo che tra le varie proposte ci fosse anche quella di Juventud Boquense a riprova del sentimento di nuova appartenenza che travalicava le diversità etniche. Quattro anni dopo, alcuni giovani che si riunivano in casa della famiglia Baglietto a adottarono il nome Boca per il loro club, cui affiancheranno il temine inglese Juniors per ribadire la volontà di rappresentare tutti coloro che vivevano nel barrio e non solo i genovesi o gli italiani come sarebbe avvenuto se fossero state accettate altre proposte quali Hijos de Italia o Estrella de Italia. La denominazione Defensor de La Boca a cui fu preferita, in omaggio alla moda anglofila, quella di Boca Juniors palesa chiaramente l’orgoglio e le intenzioni di riscatto sociale e culturale dei fondatori55. Data però la fama di quartiere genovese e la presenza di molti liguri sia tra i fondatori sia tra i giocatori, la squadra fu subito definita la Xeneize e il termine venne adottato come soprannome ufficiale. Gli Xeneises iniziarono nei tornei minori delle leghe indipendenti, in campi occupati quasi abusivamente, solo nel 1912 riuscirono ad affittare un terreno di gioco56 e l’anno seguente raggiunsero la prima divisione. Nel 1916 si dotarono di una sede sociale fissa, prima le riunioni si tenevano nelle case dei vari dirigenti, e nel 1919 diventarono campioni nazionali. Iniziava il periodo del grande Boca, trascinato dai vari Tesorieri, Canaveri, Garassino, Calomino, che la tifoseria incitava in dialetto ligure: Daghele Calumin daghele. In quegli anni erano relativamente frequenti le tournées sudamericane di titolate squadre europee, specialmente britanniche ma non solo. Ricordiamo quella del Torino nel 1914 in Brasile e Argentina, su invito dell’Esperia, una società sportiva brasiliana formata tutta da emigranti italiani, e quella del Genoa nel 1923 in Argentina e Uruguay. Fu invece il Boca Juniors la prima squadra di club a varcare l’Atlantico da ovest a est per un ciclo di incontri organizzato nel 1925 da tre esponenti della comunità spagnola di Buenos Aires, diciannove partite in tutto tra Spagna, Francia e Germania e curiosamente nessuna in Italia. Al suo ritorno la Xeneise fu proclamata Campéon de Honor per aver mostrato al mondo il valore del calcio Argentino57. Parallelamente allo sviluppo ed alla popolarizzazione del gioco cresceva anche la rivalità tra le due rive del Plata, alimentata anche dai risultati raggiunti, dalla consapevolezza del proprio valore e

dal sentimento di appartenenza ad un’unica realtà sportiva per la quale fu coniata la definizione di fútbol rioplatense. Risale al 1910 il primo torneo internazionale sudamericano, un triangolare giocato in Argentina nell’ambito dei festeggiamenti per il centenario della revolución de mayo cui parteciparono, oltre ai padroni di casa, Cile e Uruguay, che risultò vincitore. L’Uruguay si aggiudicò la prima edizione del Campeonato Sudamericano istituito nel 1916 dalla neonata Confederación Sudamericana de Futbol, e in seguito i tornei olimpici del 1924 a Parigi e del 1928 ad Amsterdam dove in finale sconfisse proprio l’Argentina. Il migliore degli argentini, Mumo Orsi, venne comprato dalla Juventus per 8.000 lire più alloggio e auto Fiat con autista. Segno anche questo che l’era amatoriale e pioneristica era ormai al tramonto, sul Plata terminò ufficialmente con l’istituzione del professionismo nel 1930 sulla riva occidentale e due anni più tardi su quella orientale. Nello stesso periodo, nei due paesi, i dittatori José F. Uriburu e Gabriel Terra ponevano termine alle esperienze democratico-liberali. Siamo giunti alla partita di cui parlavamo all’inizio, l’ennesima sfida tra uruguagy e argentini, per i quali avrebbe potuto essere la rivincita della finale olimpica, ma non fu così: vinsero di nuovo gli orientales, quattro a due. Ancora una volta l’estuario del grande fiume si trovò a dividere due stati d’animo, musi lunghi da una parte e festa nelle strade dall’altra. A Montevideo tra la gente in festa c’era anche un bambino di origine ligure, camoglina per l’esattezza. Aveva compiuto cinque anni solo da due giorni, forse era già orgoglioso del suo jopo, il ciuffo spettinato, e, come quasi tutti i suoi coetanei, giocava e sognava correndo dietro ad un pallone. Avrebbe continuato a sognare anche mentre lavorava come garzone in una fabbrica di allumino. Poi avrebbe iniziato a far sognare, sarebbe diventato Pepe el Diablo, ma allora era conosciuto solo come Juan Alberto. Juan Alberto Schiaffino.

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E. J. HOBSBAWM, Il trionfo della borghesia. 1848 – 1875, Gius. Laterza & Figli, Roma – Bari, 1976, p.175. G. BEYHAUT, America Centrale e Meridionale dall’indipendenza alla crisi attuale, Feltrinelli, Milano, 1968, pp. 153-154. 3 Cfr.: www.geocities.com/floresathletic. 4 Una riproduzione dell’atto è consultabile su www.geocities.com/diasderugby/acta1899.html. 5 Cfr.: S. SABBADINI, Ascesa e caduta del gentleman, in AAVV, Sapere di sport, Guanda, Milano, 1983, pp. 151-165. 6 www.geocities.com/diasderugby. 7 Anche se, va riconosciuto, il rugby resterà per lungo tempo patrimonio delle fasce medio alte della società argentina. 8 Per la storia del rugby in Uruguay si veda www.geocities.com/diasderugby/uruguay.html dove è consultabile anche l’articolo comparso su El Siglo da cui è tratta una delle citazioni iniziali. 9 Per la storia del CURRC, dal 1913 Club Atletico Peñarol, si vedano www.zonacharrua.com/futbol e www.manya.org/historia/1891. 10 Per la storia del Club Nacional de Football si vedano bolsilludo.com/historia.htm e www.nacionaldigital.com. 11 Cfr. J. C. LUZURIAGA, La forja de la rivalidad clásica: Nacional-Peñarol en el Montevideo del 900, in “Lecturas Educación Fisica y Deportes”, anno X, n° 88, Buenos Aires, Settembre 2005; tutti gli articoli pubblicati dalla rivista sono consultabili al sito www.efdeportes.com. 12 www.mwfc.com.uy. 13 T. HALPERIN DONGHI, Storia dell’America Latina, Einaudi, Torino, 1972, p. 298. 14 IBIDEM, p. 299. 15 R. D. MANDELL, Storia culturale dello sport, Laterza, Bari, 1989, p 132. 16 G. BEYHAUT, cit., p. 62. 17 R. D. MANDELL, cit., p. 145. 18 Sui rapporti tra sport, società e istituzioni cfr. N. ELIAS – E. DUNNING, Sport e aggressività, introduzione, Il Mulino, Bologna, 1989 (molto più significativo in proposito il titolo originale: Quest for Excitement. Sport and Leisure in the Civilizing Process); e C. EISENBERG, Classe media e concorrenza. Riflessioni sugli esordi dello sport in Inghilterra e Germania, in“Italia Contemporanea”, anno XXXXIII, n° 183, Giugno 1991, pp. 227- 243. 19 Per la storia del calcio argentino si veda: O. BAYER, Fútbol Argentino, Editorial Sudamericana, Buenos Aires, 1990; www.afa.org.ar, sito della Associación de Fútbol Argentino; www.rsssf.com, sito della Rec. Sport Soccer Statistics Foundation; www.expofutbolatino.com.ar, oltre ai siti delle principali società calcistiche. 20 Cfr. M. FLORES, Il secolo-mondo. Storia del Novecento, Il Mulino, Bologna, 2002. 2

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Cfr.: www.orocanalla.com.ar. Sui rapporti tra il sistema educativo britannico e la nascita e la diffusione dello sport moderno cfr. R: HOLT, Dilettantismo e élite britannica: l’emergere degli sport moderni nel sistema delle Public School vittoriane, in “Ricerche Storiche”, anno XIX, 1989 – 2, pp. 281-296. 23 Cfr.: www.redargentina.com/DeportesArgentinos. 24 Cfr.: www.infolobos.com.ar. 25 E. J. HOBSBAWM, L’età degli imperi. 1875 – 1914, Gius. Laterza & Figli, Roma – Bari, 1987, p.256. 26 Cfr.: La Union, settimana dal 12 al 18 ottobre 1903. 27 Cfr. G. BEYHAUT, cit., pp. 237-240. 28 Cfr.: www.argentinodequilmes.es.vg. 29 Cfr.: M. PASTONESI – E PESSINA, Il terzo tempo, Libreria dello sport, Bologna, 1997 30 Cfr.: www.independiente.com e www.expofutbolatino.com.ar. 31 Cfr.: R. DI GIANO, El fenomeno immigratorio y el futbol, in “Lecturas Educación Fisica y Deportes”, anno IV, nº 13, Buenos Aires, Marzo 1999. 32 J. D. FRYDENBERG, Nuevos aportes en torno a la historia del futbol argentino, in “Lecturas Educación Física y Deportes” anno I, nº 1, Buenos Aires. Maggio 1996; e IDEM, Espacio urbano y pratica del futbol. Buenos Aires 1900 – 1915, in “Lecturas Educacion fisica y deportes”, anno 4, nº 13, Buenos Aires, Marzo 1999. 33 J. D. FRYDENBERG, Los nombres de los clubes de futbol. Buenos Aires 1880-1930, in “Lecturas Educación Física y Deportes”, anno I, nº 2, Buenos Aires, Settembre 1996. 34 J. D. FRYDENBERG, Praticas y valores en el proceso de popularizacion del futbol del fútbol, Buenos Aires 19001910, in “Entrepasados”, 1997, anno VI, nº 12, Buenos Aires. 35 Cfr. M. E. GARCIA SOTTILE, Deporte en el centenario. Inmigrantes y criollos, in “Lecturas Educación Física y Deportes”, anno V, nº 26, Buenos Aires, Ottobre 2000. 36 Cfr.: www.racing.com.ar. 37 J. D. FRYDENBERG, Praticas ..., cit.. 38 R. DI GIANO, cit. 39 La Nacion, 27-01-1913, desunto da R. DI GIANO, cit.. 40 Ibidem, 20-03-1913. 41 Sui rapporti tra il nascente fenomeno sportivo e il movimento socialista in Europa si veda: S. PIVATO, La bicicletta e il sol dell’avvenire. Sport e tempo libero nel socialismo della Belle-Epoque, Ponte delle Grazie, Firenre, 1992. 42 Cfr. O. BAYER, Fútbol Argentino, cit.; J. D. FRYDENBERG, Los nombre ..., cit.; e www.rsssf.com.. 43 IBIDEM. 44 La Argentina, 9 febbraio 1908, riportato in J. D. FRYDENBERG, Praticas ..., cit.. 45 F MORALE,:100 Años de fútbol uruguayo, fascicoli settimanali, Montevideo 1969-70, nº 1 del 27.11.69, riportato in F. GRAÑA, Fútbol y mitos inútiles: la garra charrúa nunca sirvió para nada, in www.henciclopedia.org.uy/autores/Grana/Futbolgarra. 46 Cfr.: M. MASSARINO, "El Hombre que está solo y espera" y la cultura futbolística de los argentinos, in “Lecturas Educación Física y Deportes”, anno v, nº 18, Buenos Aires, Febbraio 2000. 47 K. V. KAPLAN – D. KAPLAN, Deportes y distinciones de clase. Fútbol para las escuelas de los pobres y rugby para las escuelas de los ricos, in “Lecturas Educación Física y Deportes”, anno I, nº 2, Buenos Aires, Settembre 1996. 48 Cfr. E. FRANZINA, Gli italiani al nuovo mondo, Mondadori, Milano, 1955. 49 Cfr. E. GUANO, La Boca: nostalgia di Genova a Buenos Aires, su www.liguri.org; H. M. PORTELA, Mítico barrio de la Boca, su www.leedor.com/lugares/laboca.shtml, sull’emigrazione politica ligure in Sud America si veda anche M. BOCCI, Emigranti e pionieri, in “La Casana”, anno XLVI, n° 3 lug/set 2004, pp. 14-21. 50 E. FRANZINA, cit., p. 351. 51 Cfr. E. FRANZINA, cit.. 52 Cfr. F. G. DEVOTO, Liguri nell’America Australe, in Liguria, a cura di A. GIBELLI e P. RUGAFIORI, Einaudi, Torino, 1994, pp. 651-688. 53 I. GARIBALDI, Associacion Genovesa-Argentina Carboneros Unidos de Socorros Mutuos, in “La Casana”, anno XLVI, n° 3 lug/set 2004, pp. 23-27. 54 Cfr.: www.cariverplare.com.ar e www.carp.org.ar/html/reportaje.php3. 55 Cfr. www.bocajuniors.com e geocities.com/boca_tri/periodos. 56 J. D. FRYDENBERG, Espacio ..., cit.. 57 Cfr. www.bocajuniors.com. 22

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