Ernesto Biondi. La scultura viva

July 24, 2017 | Autor: T. Sacchi Lodispoto | Categoría: Nineteenth Century Studies, Sculpture, Nineteenth Century Rome
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Descripción

ErnestoBiondi LA SCULTURA VIVA

COMUNE DI MOROLO REGIONE LAZIO

ErnestoBiondi LA SCULTURA VIVA

In copertina Fontana di Cisterna, 1885-1890, particolare © Copyright per i testi degli autori e dell’Archivio dell’Ottocento Romano

A cura di

Teresa Sacchi Lodispoto e Sabrina Spinazzè ARCHIVIO DELL’OTTOCENTO ROMANO

Saturnali, 1888 - 1899, bronzo, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Ernesto Biondi LA SCULTURA VIVA

Comune di Morolo Sindaco Massimo Silvestri Consigliere delegato alla Cultura Gino Molinari

Indice

Presentazione

pag.

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Massimo Silvestri, Gino Molinari

Archivio dell’Ottocento Romano - www.ottocentoromano.it

Introduzione Con il contributo di Regione Lazio Assessore Cultura, Spettacolo e Sport On.le Giulia Rodano Direttore regionale Beni e Attività Culturali e Sport Dott. Enzo Ciarravano Dirigente di Area Dott.ssa Flaminia Santarelli Con il patrocinio di Università degli Studi di Roma “la Sapienza” Con la collaborazione di Mart - Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto Progetto grafico e impaginazione Work - www.work.roma.it Fotografie Domenico Oddi (Baci e carezze, Ascoli Piceno, Pinacoteca civica) Museo di Roma (Presepe Surdi) Giuseppe Schiavinotto (Saturnali, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) Francesco Sponzilli (opere della famiglia Biondi) Giuseppe Ungari (Testa di pastorella, Cagliari, Galleria d’arte moderna) Renato Vitantonio (campagna fotografica) Questa monografia è frutto della collaborazione con gli eredi Ernesta e Costantino Biondi. Alla loro straordinaria disponibilità e alla loro passione nella conservazione della memoria di Ernesto Biondi va la nostra riconoscenza. Un ringraziamento particolare a Francesco Sponzilli per il suo personale contributo. Desideriamo esprimere la nostra gratitudine anche al sindaco Massimo Silvestri e a tutta l’amministrazione comunale di Morolo, che per primi hanno creduto in questo progetto. Le curatrici intendono inoltre ringraziare quanti hanno partecipato alla realizzazione di questo volume, nonchè tutti coloro che, in vario modo, hanno offerto sostegno e collaborazione scientifica: Amministrazione di palazzo Pichi, Roma Amministrazione e Archivio della basilica di San Paolo fuori le mura, Roma Antiquarium comunale, Sezze Archivio centrale dello stato, Roma Archivio storico comunale di Frosinone Biblioteca Giovardiana, Veroli Comune di Cisterna di Latina Comune di Gorga Comune di Montelanico Convento del Beato Angelo, Acri Galleria d’arte moderna, Cagliari Galleria nazionale d’arte moderna, Roma Museo di Roma, Roma Pinacoteca civica, Ascoli Piceno Luca Alteri, Luciana Arbace, Gabriella Belli, Marina Biondi, Giuseppe Bondì, famiglia Buoninsegna, Carla Cesarini, Angelo D’Agostini, Gabriella Del Vecchio, Amedeo di Sora, Giorgio Filippi, Mario Giacomi, Rossella Leone, Padre Giovanni Loria, Maria Paola Maino, Maria Vittoria Marini Clarelli, Adolfo Martini, Mauro Nasi, Mario Neri, Francesco Petrucci, Paola Pettenella, Maria Clelia Pietrandrea, Antonello Pietromarchi, Bartolomeo Pietromarchi, Eugenia Querci, Domenico Ricciotti, Luigi Roberti, Paolo Scaccia Scarafoni, Sara Scala, Aurora Scotti, Nicoletta Serio, Padre Jean-Louis Ska, Angelo Speri, Maria Elisa Tittoni, Francesca Velardita, Franco Viselli.

pag. 11

Teresa Sacchi Lodispoto, Sabrina Spinazzè

Ernesto Biondi e la “scultura viva”

pag. 12

Gianluca Berardi

Vittore Grubicy e l’ ”arte piccina” di Ernesto Biondi

pag. 20

Monica Vinardi

I monumenti funebri

pag. 30

Teresa Sacchi Lodispoto

Le fontane di Cisterna di Latina, Gorga e Montelanico

pag. 36

Teresa Sacchi Lodispoto

I Saturnali o della decadenza

pag. 40

Stefania Frezzotti

Due committenze ufficiali: il Sant’Onesimo del quadriportico della basilica di San Paolo fuori le mura e il Gaio del palazzo di Giustizia

pag. 48

Teresa Sacchi Lodispoto

Il realismo sociale di Ernesto Biondi tra anarchia e socialismo

pag. 54

Sabrina Spinazzè

L’impegno civile e figurativo nella scultura monumentale

pag. 64

Stefano Grandesso

Tavole

pag. 74

Ernesto Biondi a Vittore Grubicy, lettere dal 1885 al 1914

pag. 96

a cura di Monica Vinardi

Note biografiche

pag. 122

Bibliografia

pag. 124

Questa monografia su Ernesto Biondi realizzata grazie al contributo della Regione Lazio è stata fortemente voluta da questa amministrazione comunale; si trattava, infatti, non solo di rendere omaggio al nostro più illustre concittadino, ma, soprattutto, di ricostruire con la dovuta competenza scientifica la figura dell’artista, inserendolo criticamente all’interno dello scenario artistico a cavallo dei due secoli. L’approfondito lavoro di ricerca in archivi e biblioteche pubbliche e private, condotto con scrupoloso rigore dagli studiosi coinvolti nel progetto, e la collaborazione della famiglia Biondi ha dato risultati di cui possiamo dirci orgogliosi: citiamo, in primis, l’eccezionale scoperta del carteggio con l’amico mercante Vittore Grubicy, di cui il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto ha cortesemente autorizzato la pubblicazione integrale. Oltre a costituire una fonte di incredibile valore per la ricostruzione del profilo biografico e artistico di Biondi, queste lettere rappresentano per noi ciociari una commovente testimonianza del fortissimo legame che univa l’artista alla sua terra e del significato importante - non solo affettivo - che rivestiva il paese di Morolo nella sua produzione plastica e pittorica. Straordinario anche il reperimento di lettere di Ernesto Biondi in altri fondi d’archivio (l’Archivio centrale dello stato, il fondo Ojetti della Galleria nazionale d’arte moderna), la scoperta di opere dimenticate ma di fondamentale peso, come il Sant’Onesimo della basilica di San Paolo, il Dies irae, gli Atleti di palazzo Pichi, e tante altre ancora, debitamente illustrate dalla ricca campagna fotografica che accompagna i testi. Attraverso quest’iniziativa che rende finalmente giustizia a questa grande figura di artista, e che accompagna la mostra didattica realizzata con il contributo del Comune di Morolo, della Provincia di Frosinone, e della

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Comunità montana dei Monti Lepini, il nostro piccolo paese intende proiettarsi così in uno

scenario di più ampio respiro, che dialoga con le istituzioni museali e con gli storici dell’arte italiani e stranieri; una strada, questa appena intrapresa, che intendiamo proseguire, certi di contribuire, attraverso la figura di Ernesto Biondi, a gettare nuova luce su quel complesso periodo che è l’arte tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nuovo secolo.

Massimo Silvestri Sindaco di Morolo Gino Molinari Consigliere della Provincia di Frosinone

Ernesto Biondi

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Questo volume su Ernesto Biondi è nato dalla necessità di ridefinire ex novo una delle figure trattate con maggiore superficialità dalla storiografia artistica novecentesca. A partire dalla sua scomparsa, si è moltiplicata infatti, salvo rare eccezioni, una bibliografia di carattere essenzialmente agiografico, centrata su poche opere, con reiterazione di errori e luoghi comuni. Conseguente è stata quindi per noi l’esigenza di ripartire da zero, orientando la ricerca sulle fonti dell’epoca: cataloghi di mostre e relativa rassegna stampa, documenti d’archivio, carteggi inediti. Di importanza veramente straordinaria si sono rivelati, a questo proposito, i ritrovamenti della corrispondenza con Vittore Grubicy - grazie all’incontro con Monica Vinardi -, delle lettere inviate a Ugo Ojetti e a Ettore Ferrari e della documentazione archivistica connessa a molte delle sue realizzazioni pubbliche. È stato così finalmente possibile rettificare date, eliminare inesattezze e, contestualmente, aggiungere alla biografia di Biondi fatti di cui si era persa memoria. Ne è emerso un artista dalla personalità ricca e complessa, fortemente legato alla propria terra d’origine e nel contempo in contatto con gli ambienti più avanzati della ricerca plastica e pittorica europea; un polemista vulcanico e appassionato, politicamente impegnato e refrattario ai compromessi, dotato nella scrittura di un’irresistibile verve, pronto a mettersi in gioco per rinnovare l’ambiente artistico o per difendere i contadini della sua Ciociaria. Le ricerche hanno permesso di aggiungere al catalogo di Biondi opere di eccezionale valore, consentendo così di chiarire finalmente i passaggi chiave del suo percorso artistico: lavori monumentali, come il Sant’Onesimo di San Paolo fuori le mura, gli Atleti di palazzo Pichi a Roma e le Tombe Mengozzi Huber ed Arata Scialdoni al Verano, la Tomba del vescovo Domenico Pietromarchi ad Anagni si accompagnano al bozzetto del Dies irae e a sculture di piccolo formato come Ciccillo e Nennella, conservate in collezioni private. Attraverso la consultazione della stampa d’epoca sono state inoltre reperite preziose immagini di opere disperse. I saggi del catalogo fanno luce su aspetti poco noti della biografia e dell’eclettica produzione di Biondi, dagli esordi più commerciali legati alla fonderia Nelli e all’attività per la fabbrica di ceramiche Schioppa & Cacciapuoti, alla tormentata vicenda dell’album L’arte del Nord, dal Dies irae, opera cardine del suo realismo sociale, fino ai trionfi parigini con il gruppo dei Saturnali, all’impegno nella scultura monumentale e alle Misere recluse, capolavoro della maturità. Questo lavoro, grazie al quale è stato possibile restituire a Ernesto Biondi la corretta collocazione nella storia dell’arte tra i due secoli, non ha comunque la pretesa di essere esaustivo, bensì intende aprire le porte a future ricerche, in primis ad uno studio accurato e definitivo sulla ricchissima, eccezionale produzione grafica.

Teresa Sacchi Lodispoto Sabrina Spinazzè

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Ernesto Biondi e la “scultura viva”

“quando l’artista crea […] Ha una parola da dire e l’esprime con la penna, con lo scalpello o il pennello, senza star molto ad analizzare da qual fonte provenga la sua ispirazione. Così è avvenuto a me. Ho avuto anch’io la mia piccola parola nuova o vecchia che sia e l’ho detta. Ho parlato due volte nella mia vita attraverso l’arte: la prima volta con i Saturnali, la seconda volta adesso con le Misere Recluse”1.

Gianluca Berardi

Le parole di Ernesto Biondi riportate nell’intervista di Aldo Borelli, realizzata in occasione dell’Esposizione internazionale di Roma del 1911, sono quanto mai significative per comprendere la sua personale idea dell’opera d’arte. Ai suoi occhi due lavori meritano tale definizione - tralasciando dunque tutte le opere di genere come le prestigiose commissioni ufficiali di cui è puntellata la sua carriera -, entrambi caratterizzati da una concezione programmatica di impegno sociale da parte dell’artista e di destinazione museale dell’opera. Strettamente connessi a tale concezione la completa libertà espressiva, che andava a infrangere qualsiasi logica di interesse economico, e il talento fuori dall’ordinario dello stile e della tecnica esecutiva. Talento che fu anche precoce, come la presenza di uno spirito indipendente e determinato, elementi che contribuirono a distinguerlo già negli anni dell’adolescenza nella natia Morolo: “ero un testone: non capivo niente di quello che volevano io capissi, non studiavo e vivevo nel mio pensiero tutto per conto mio”2. Da qui l’abbandono della scuola, la prorompente passione per i disegni, di cui riempiva ogni superficie disponibile, l’abilità per le “rappresentazioni” di episodi dedicati alle scene di brigantaggio o alle feste paesane, e una notorietà come “pittore sacro” che presto si diffuse nei paesi vicini. Sino all’episodio della statua lignea del San Cataldo di Supino - dopo un incendio che distrusse il volto del santo il giovanissimo Biondi fu

Ernesto Biondi

l’unico in grado di ricostruirne a memoria la fisionomia in un disegno - che convinse definitivamente i geni-

Nella pagina a fianco: Atleta, particolare, 1887-1897 circa, gesso, Roma, Palazzo Pichi

tori sulla necessità di mandare il figlio a studiare arte a Roma. Ernesto Biondi vi giunse appena sedicenne il 3 maggio del 1870 risiedendo dapprima con il cugino Mariano in una soffitta di palazzo Altieri, e in seguito nel palazzo Doria Pamphili, ospite dello zio don Pietro, cappellano della chiesa di Sant’Agnese a piazza Navona. Ma i primi anni romani furono non privi di difficoltà sia di carattere economico, il padre Angelo Pistolesi era un modesto coltivatore, armaiolo e intagliatore in legno, sia di inserimento, esplicito il caso della difficoltà di accedere all’Accademia di San Luca perché poco più che analfabeta: “Non fui ammesso in quell’anno, perché non riuscii agli esami…letterarii: bisognava saper leggere il regolamento della scuola ed io m’impaperai e non andai fino in fondo”3. Conseguenti i mille lavori svolti nel tentativo di mantenersi: “Ho fatto un poco di tutto: le vignette per i giornali, gl’intarsi in legno, i modelli di cera per metallari; ho graffito sull’avorio; ho inciso sul rame, ho fatto il falsificatore di terrecotte antiche, lavori in galvanoplastica, lavori in legno, in istucco, in pietra; ho dipinto; ho fatto perfino una volta l’appaltatore di arte muraria; ho sorvegliato la sistemazione di una piazza e di un lavatoio pubblico”4. L’entusiasmo e l’energia inesauribile del giovane artista si rivelano ben presto come sue sigle distintive - emblematica la frase “chi viene a cercarmi mentre lavoro è mio nemico” esposta come monito all’esterno dello studio - e nel 1871 Biondi riuscì finalmente a iscriversi all’Accademia, dove nel 1872 si distinse

1 A. Borelli, Conversando con l’autore dei “Saturnalia”, ritaglio di stampa, s.d. (ma 1911). 2 O. Roux, Illustri italiani contemporanei. Memorie giovanili autobiografiche. Artisti, Firenze, Bemporad, 1909, II, p. 227. 3 Ivi, p.238. 4 Ivi, p. 239. 5 Sulla frequenza dell’Accademia di San Luca e sul premio conseguito, si veda il diploma conservato presso l’Archivio della famiglia Biondi. L’alunnato presso Girolamo Masini, ricordato in tutte le fonti bibliografiche su Biondi, dovette avvenire solo dopo il 1874, anno a partire dal quale l’artista toscano risulta tra gli insegnanti della Regia Accademia di Belle Arti (cfr. Archivio Centrale dello Stato, Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti, Istituti di Belle Arti, 1861-1896, b. 199, Concorso per i professori, nomina 31 dicembre 1873).

vincendo il primo premio nella seconda classe di scultura. Sempre all’Accademia, dopo il 1874 Biondi seguì i corsi del toscano Girolamo Masini5; tuttavia l’impeccabile formula tardo-romantica del maestro non dovette avere particolare presa su di lui. Per rintracciare possibili influenze giovanili si deve esaminare il precoce monumento funebre Mengozzi-Huber del 1878 (Roma, cimitero del Verano) dove la figura sovrastante dell’architetto dell’universo rimanda appunto alla plastica masiniana. Biondi negli anni immediatamente successivi iniziò una produzione di piccoli pezzi dal carattere disimpegnato legandosi con un contratto alla fonderia Nelli. Ritengo che l’urgenza economica, al pari delle scel-

Ernesto Biondi

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te non ancora compiute, sia la chiave per comprendere il suo esordio ufficiale, avvenuto all’Esposizione na-

taccare qualche moccolo al tuo indirizzo, che mi hai rivelato questi segreti e mi hai imparato a gustare delle sce-

zionale di Roma del 1883 con Una carovana, lavoro riproposto a Torino l’anno successivo assieme ad Alto Egit-

ne che prima passavano inosservate”13; “il mio paese i miei paesani che prima, sì piena la testa di Titii Livii e di

to. Si tratta di soggetti di genere orientalista, verosimili nel carattere ma di fantasia, che andavano agevol-

Omeri non degnavo neppure d’uno sguardo, ora mi fanno un’effetto tutto nuovo originale vergine, che se non mi

mente ad incontrare i favori di una borghesia emergente grazie al loro indiscutibile charme.

abbandoni spero fra pochi mesi esporre dei lavori che non saranno secondi a quelli di Michetti”14. Negli anni Ottanta Ernesto Biondi, frequentando in parallelo anche i temi di genere, realizzò quindi ope-

All’insegna del medesimo gusto sono le opere inviate all’Esposizione universale di Anversa del 1885: ancora soggetti di genere orientalista, inoltre pompeiani, quali Scena romana, biblici, Nel deserto, di carat-

re molto distanti tra loro. Il monumento del monsignore Domenico Petriconi nel cimitero di Anagni, con la sua-

tere aneddotico, il Campanello della processione, e infine un’opera di particolare impegno e dimensioni, la Mor-

dente figura femminile che lo sovrasta, non è pensabile senza il confronto con la nuova via realista tracciata da

te di Antigono. Nonostante sia incontrovertibile la “terribile efficacia” riscontrata dalla critica coeva6 il grup-

Giulio Monteverde. All’indomani della annessione di Roma, infatti, i seguaci di Pietro Tenerani, esponente princi-

po dell’Antigono lascia il sentore di una sperimentazione, di una veemente e cruda interpretazione di un mo-

pale del linguaggio purista ufficiale, iniziavano a perdere colpi dietro l’incalzare della giovane schiera realista,

tivo già utilizzato da Emilio Franceschi in Eulalia cristiana e da Ettore Ferrari in Cum Spartaco

pugnavit7.

rappresentata più che da Masini, il cui Cola da Rienzo del 1871 (Roma, Campidoglio) è però vicino alla nuova cor-

Ma precisamente ad Anversa avvenne un incontro determinante per la futura carriera di Ernesto Bion-

rente, dal realismo ideologico e d’effetto di Ercole Rosa e di Ettore Ferrari e in particolare di quello più estetiz-

di, quello con il mercante Vittore Grubicy de Dragon, di lì a poco teorico e pittore del divisionismo lombardo.

zante di Monteverde. Già sul finire degli anni Ottanta però Biondi aveva iniziato a lavorare a Morolo, subendo il

Grubicy fu conquistato dall’irruenza di “quel tipo curiosissimo d’artista-nato”: “Fra la gente incivilita, co-

fascino delle indicazioni fornite da Grubicy. I risultati sono visibili più che nella non rintracciabile sperimenta-

smopolita d’una Esposizione universale quel suo parlare e gestire concitato, appassionato, quella sua figura

zione grafica di alcuni “effetti di sole”15, il cui carattere “selvaggio” di matrice michettiana era probabilmente ac-

tipica, lo facevano passare per qualcosa di semiselvaggio, di esotico, che esercitava un fascino su chi lo av-

compagnato da una tecnica divisionista, nella realizzazione di due opere quali Povera gente e Povero Cola, invia-

l’interessamento”.8

Allo stesso tempo il giovane Biondi trovò un interlocu-

te rispettivamente alle mostre di Roma del 1893 e del 1895. L’intenso Povero Cola è senz’altro l’opera più riusci-

tore capace di comprendere le sue “qualità, esuberanti, eccessive”, come le notevoli possibilità del suo ta-

ta. Dialoga a distanza di anni con la denuncia de l’Erede di Teofilo Patini e con Proximus tuus di Achille D’Orsi,

lento, e di indirizzare entrambe finalmente verso obiettivi più definiti: “Per Dio vedere che l’arte questa pro-

entrambi nella Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, saldando in maniera inattesa i convincimenti maturati

stituta si dà in braccio a carrettieri a facchini a canaglie e volge le spalle a colui che lavora, a chi vive per

accanto a Grubicy con il realismo sociale di matrice partenopea. Ritengo sia possibile connettere Proximus tuus a

vicinava, ed in tutti la curiosità e

essa a chi non pensa che ad essa! Tu ne sei la colpa però sai amico mio […] mi hai posto tale fuoco nelle ve-

questo momento di Biondi anche per l’aspro linguaggio verista, privo di compiacimenti tecnici. Povera gente, pur

ne che io non riconosco più me stesso. Che non riposo più, che vorrei che le giornate durassero eterne per

pizzicando le medesime corde della denuncia sociale, ha un quid di ricercato, di meno diretto, rispetto al Povero

potere eternamente lavorare”9. A neppure un anno di distanza Biondi poteva scrivere: “Io ti ricorderei sempre con riconoscenza perché l’80 per 100 dell’arte che possiedo è opera tua e del tuo apostolato!”10. Iniziò in tal modo un intenso sentimento di amicizia, di cui la significativa corrispondenza ne restituisce il carattere duraturo nel tempo, assieme all’interesse per la grafica in bianco e nero. Precisamente al 1885 è databile l’album L’arte del Nord edito da Danesi, una serie di pastelli tratti da maestri della scuola dell’Aia. Ma per comprendere “l’apostolato” dell’amico milanese è necessario rivolgersi soprattutto alla sua figura di teorico. Grubicy, infatti, di lì a poco sarà uno dei protagonisti della nascita del divisionismo sostenendo i lavori di Gaetano Previati e di Giovanni Segantini in occasione della Triennale di Brera del 1891. Una cultura mitteleuropea e aggiornata, dunque, capace di scuotere il panorama artistico milanese, incagliato nell’estenuarsi degli epigoni del movimento scapigliato, e di proiettarlo in un confronto di dimensione europea. A lui si devono la nuova tecnica a puntini di derivazione francese, le teorie simboliste sull’Ideismo, ma anche un’inattesa attenzione per l’obiettivo sociale dell’arte, “portatrice di un messaggio morale nella

collettività”11.

L’artista, dunque, deve essere libero di “sentire”, di percepire le sensazioni provenienti dal reale e di tradurle in un’emozione estetica capace di “commuovere” il pubblico: “Tenete duro, non fate concessioni, fate quello che sentite e come lo sentite, chi lo vuole lo paghi, se no lasci”.12 Previati tradurrà queste esigenze nella ben nota “pittura di idee” - l’impalpabile Maternità presentata nel 1891 non raffigurava una madre con il bambino ma l’idea stessa, assoluta, della maternità - Biondi rivolgerà la sua attenzione alla vita reale: “mi fermo a Morolo nell’inverno, dove vado di giorno in giorno scoprendo delle cose stupende magnifiche, cose che mi fanno fremere e che di tanto in tanto mi costringono ad at-

Ernesto Biondi

La morte di Antigono, 1885, bronzo, opera dispersa, da “L’Illustrazione Italiana” 2 agosto 1885

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“L’Illustrazione Italiana”, XII, 31, 2 agosto 1885, p. 69. L’opera è riprodotta in incisione. Ritengo che l’Antigono, che le fonti più volte citano come opera trafugata in occasione di un’esposizione, sia stato in realtà affidato a un mercante di Londra, probabilmente il titolare della galleria Dowdeswell & Dowdeswell che forse non ha poi provveduto al suo pagamento. Cfr. la corrispondenza di Ernesto Biondi con Vittore Grubicy del 1885 e del 1886 e M. Vinardi, Una raccolta di articoli di Vittore Grubicy per La Riforma tra le carte di Giuseppe Pellizza, in Pellizza e i Grubicy. Il carteggio tra Giuseppe Pellizza da Volpedo e Vittore e Alberto Grubicy De Dragon, a cura di A. Scotti Tosini, con prefazione di S. Rebora, Tortona 2006. 7 È Biondi stesso a confessare in quegli anni l’ammirazione per lo Spartaco di Ferrari in una lettera ad Ettore Ferrari del 10 giugno 1889. Cfr. Archivio centrale dello stato, Archivio Ettore Ferrari, b. 10, f. 468. 8 Cfr. V. Grubicy, Intermezzi. Ricordi d’Anversa, in “La Riforma”, 4 marzo 1891. 9 MART, Archivio del 900, Fondo Grubicy, corrispondenza di Ernesto Biondi, Gru. I. 1. 1. 112 (da ora Mart, Gru.I.1.1.112), lettera del 8 ottobre 1885.

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Román Ribera Cirera, I saltimbanchi, 1873, da “L’Illustrazione Italiana” 23 agosto 1874

Cola. Probabile motivazione è l’esempio fornito non tanto dal Soliloquio del 1886 di Ettore Ximenes, che conferma però l’attenzione dell’epoca per il tema del suonatore ambulante, quanto dal noto gli Acrobati italiani dello spagnolo Román Ribera Cirera, dove ritorna quasi immutata quella mesta processione, con particolari indicativi quali la scimmietta o il cagnolino. Tuttavia è lo stesso Biondi a consegnarci il termine di paragone più diretto per i lavori improntati ai nuovi criteri: più che “quel ruffiano di Barbella”16, appellativo con il quale prendeva le distanze dalle charmant composizioni di folclore di Costantino Barbella, a catalizzare le sue attenzioni era il suo conterraneo Francesco Paolo Michetti. Ed è lecito pensare non al Michetti sfolgorante degli anni Settanta ma all’autore di

Ettore Ximenes, Soliloquio, 1886, da U. Fleres, Ettore Ximenes. Sua vita e sue opere, Bergamo 1928

quel potente e drammatico manifesto neo-caravaggesco del Voto (1883, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), depurato però dall’indole di Biondi da qualsiasi compiacimento voyeuristico, in Michetti inevitabilmente instillato dall’amico Gabriele D’Annunzio. Ritengo sia da attribuire ancora a Grubicy l’attenzione prestata a Michetti nel tentativo di cercare un carattere “originalissimo” e “selvaggio” nei tipi studiati a Morolo. Le energie di Biondi si concentrano su questi nuovi criteri mentre l’attività di plasticatore per la ditta Schioppa e Cacciapuoti in Napoli, nel frattempo compiuta nel 1886, deve essere considerata come necessario tentativo di sollevare le proprie finanze, in quegli anni in costante difficoltà. Tornato da Napoli Ernesto Biondi si dedicò intensamente a una serie di impegni lavorativi. Innanzitutto proseguì l’attività espositiva: alla Mostra nazionale di Bologna del 1888 inviò Studio dal vero, Beoni e il pendant Ciccillo e Mèna, quest’ultima identificabile con Nennella; l’anno successivo agli Amatori e Cultori di Roma espose Soliloquio, Due tamburini e Viva Bacco e nel 1891 a Palermo Baci e carezze. Tra le diverse pre-

Ernesto Biondi

10 Mart, Gru.I.1.1.112, cartolina postale del 9 agosto 1886. 11 Cfr. A. M. Damigella, La pittura simbolista in Italia 1885-1900, Torino, Einaudi, 1981, pp. 85-129. Per questi aspetti si veda inoltre Vittore Grubicy e l’Europa. Alle radici del divisionismo, catalogo della mostra a cura di A. P. Quinsac, Milano, Skira, 2005 (Torino, Galleria Comunale d’Arte Moderna e ContemporaneaTrento, Palazzo delle Albere, 2005-2006). 12 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera di Serafino Macchiati a Ernesto Biondi del 1886. 13 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 8 ottobre 1885. 14 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 1 agosto 1887. 15 Ibidem. 16 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 29 gennaio 1886.

15

senze si devono ricordare quelle del 1893: all’Esposizione nazionale di Roma inviò appunto Povera gente, as-

Ma già sul finire degli anni Ottanta, prima della realizzazione del San Francesco, Biondi scriveva all’a-

sieme a Marchese di Villamarina e una serie di disegni, acquerelli e pastelli della serie Arte del Nord, mentre

mico Grubicy: “Lontano dall’arte, lontano da Vittore. Però vi tornerò presto e ti farò sbalordire!!! Vado cercando

all’Esposizione mondiale colombiana di Chicago presentò alcune teste in bronzo, ancora Nena e Ciccillo, di-

col mio Serafino uno studio dove possa sgravarmi di tutte le fantasticherie che da tre anni vado maturando”27.

versi gruppi, tra i quali Buon tempo!, Triclinium e Famiglia araba in viaggio, e le piccole statue Rimembranze,

Dunque l’attività instancabile di questo periodo è giustificata dal tentativo di ritagliarsi lo spazio per creare un’o-

Il malocchio, Concettella, Gennnarino, Rosetta e Favole orientali. Nello stesso periodo si collocano i lavori ese-

pera capace di “sbalordire” i contemporanei. Questa verrà alla luce, dopo un lunghissimo iter progettuale, nel 1896

guiti per il Presepe

Surdi17,

del 1893, e il Pastorello della Galleria d’arte di Cagliari, esemplari per il vigoroso

con il titolo di Saturnali (o Saturnalia), la scultura che lo consacrerà in maniera inattesa quanto improvvisa su

naturalismo e per il trattamento libero e sprezzato di sapore michettiano.

uno scenario internazionale.

In occasione della mostra di Chicago Biondi conquistò anche un premio che così commentava all’a-

Nei Saturnali un gruppo di figure grandi al vero sembra muoversi nello spazio con una naturalezza e una

mico Grubicy: “Fai bene a non dar peso all’onorificenza di Cicago, poiché non è arte quella che ho esposta

veridicità davvero impressionante, facendo rivivere una tranche de vie storica, incarnazione della decadenza dei

lassù; tengo più alla statua per S. Paolo che hai visto l’altra mattina”18.

costumi dell’antico impero romano. La fonderia Nelli provvide all’utilizzo di diversi acidi, per diversificare la resa della superfici, come alla fusione a parte di alcuni dettagli28.

In sostanza agli occhi di Biondi è evidente lo scopo puramente commerciale dei soggetti di genere, o comunque di semplice divertissement, penso ad esempio a Baci e carezze. L’artista è più interessato al San-

Il gruppo ottenne nel 1899 l’acquisto da parte della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma e nel 1900

t’Onesimo, realizzato per la Basilica di San Paolo, e in particolare a due impegnative opere su cui stava lavo-

trionfò a Parigi vincendo il Gran Prix all‘Esposizione universale. Una seconda redazione, invece, fu inviata in Ame-

rando in quegli anni: Saturnali e Dies Irae.

rica dove però incontrò aspre critiche per la sua supposta oscenità29. Eppure, come evidenziato da Stefania Frezzotti nel suo approfondito saggio dedicato all’argomento, l’i-

Le numerose commissioni pubbliche che Biondi assolse negli anni Novanta, come l’intensa attività espositiva, servivano dunque a trovare i mezzi per finanziare questi nuovi progetti. Favorì questo meccanismo una notorietà emergente, così come l’attività pubblicitaria che andava chiedendo costantemente a Grubicy19. Il forte legame che da sempre lo mantenne legato alla sua

terra20

mento di queste opere. Lo stesso carattere è individuabile nelle belle sculture in gesso per palazzo Pichi in Corso Vittorio a Roma collocabili tra il 1887 e il 189721. Ma la carriera di Biondi deve registrare anche i notevoli ostacoli dovuti alla netta indipendenza, e di conseguenza al controverso rapporto, rispetto al mondo artistico romano. Esemplare l’episodio del San Francesco. Nel 1895 aveva realizzato quattro statue per la chiesa del Beato Angelo ad Acri. La necessità di lavoro lo aveva portato anche a cooperare al programma decorativo degli affreschi in compagnia del pittore napoletano Vincenzo

Montefusco22.

L’opera più sentita e immediata è il San Francesco, che deve registrare dap-

prima il rifiuto del committente padre Giacinto, da qui la realizzazione della seconda versione, più conforme all’iconografia consueta. Lo stesso anno Biondi tentò di esporre la prima versione del San Francesco agli Amatori e Cultori di Roma dove venne ancora una volta rifiutata. Finalmente venne esposta alla Mostra di Torino del 1898 dove sconcertò il critico della rivista “Natura ed Arte” perché “troppo brutto e troppo

squallido”23.

Il San Francesco, infatti, deve ritenersi l’opera dell’avvenuta maturità di Ernesto Biondi sia per concezione che per stile. Lo scultore tentò di imprimere nella materia l’aspetto spirituale e veritiero del santo, il “carattere psichico” come lo definisce Grubicy24, a cui deve aver contribuito anche l’amicizia con il biografo del santo Paul

Sabatier25.

Ciccillo, 1888 circa, bronzo argentato, Milano, collezione privata

Biondi, in sostanza, volle cogliere la verità storica del personaggio, trasgredendo

tutta l’iconografia usuale, e attirandosi di conseguenza le simpatie di Domenico Morelli che aveva così riconosciuto un processo intellettuale non dissimile dalle sue Tentazioni di Sant’Antonio (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna). Ma Biondi va oltre il realismo storico morelliano rasentando un carattere pre-espressionista in quella figura “lunga e gracile di cavaliere disfatto dalle veglie e dalle

visioni”26.

Conseguente il tratta-

mento stilistico audace che rimanda non tanto alle sprezzature scapigliate di Leonardo Bazzaro, quanto a una

casticità della rappresentazione era nelle intenzioni di Biondi un chiaro ammonimento alla società moderna. I Saturnali rappresentavano, pur paludato nella storia, un “momento umano […] universale, eterno che a distanza si riflette e si ripercuote nel nostro spirito”30. Si trattava di un’opera figlia della mentalità positivista dell’epoca, da

è alla base della realizzazione del-

le tre fontane di Cisterna, di Gorga e di Montelanico. Evidente il carattere leggero, di puro e colto diverti-

17

Cfr. Immagini del Natale nelle collezioni comunali d’arte, catalogo della mostra a cura di G. Borghini, L. Cavazzi Palladini, E. Tittoni Monti, Roma, 1974 (Roma, Galleria di Palazzo Braschi, 1974-1975), pp. 31, 32, n. 46. 18 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 23 agosto 1893. 19 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 24 febbraio 1891, n. 24. 20 Al medesimo legame si deve riferire il progetto mai realizzato di una scultura monumentale sita nei Monti Lepini e raffigurante Leone XIII, originario di quei luoghi. Cfr. F. Sapori, Lettere dello scultore Ernesto Biondi, in “La Tribuna”, 24 febbraio 1921. 21 La porzione del palazzo Pichi rivolta verso Corso Vittorio è ricostruita dopo lo sventramento che aveva interessato la zona. Nel 1887 è concessa una licenza per alcuni restauri del palazzo alla ditta fratelli Maggiorana, che fallisce nel 1897. È dunque possibile collocare in questo lasso di tempo i due Atleti realizzati da Biondi. Cfr. Archivio storico capitolino, Titolo 54, Corso Vittorio Emanuele, 154 - via del Paradiso - via dei Bovari, protocollo 15118. 22 E. Biondi, Ricordi d’arte. Vincenzo Montefusco, in “Rivista d’Italia”, VI, 1903, 12, pp.1050-1054. 23 D. Mantovani, All’Esposizione di Torino. La scultura. III, in “Natura ed Arte”, VII, 22 ottobre 1898, pp. 795-801. 24 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 17 settembre 1893. 25 R. Artioli, Saturnalia e il Poverello d’Assisi di Ernesto Biondi, in “The foreigner in Italy”, 2 gennaio 1904, n. 1. 26 G. Terracciano, Francesco d’Assisi nell’arte, in “Ariel”, I, 1898, 21-22.

cui derivavano “i tipi scientificamente veri” e la fedeltà filologica della ricostruzione storica. L’ardore creativo di Biondi portò poi a farne una “scultura viva”, che sfidava apertamente la verosimiglianza della stessa pittura31. Il tema ispirato con rigore filologico all’antica Roma, in realtà, non era di certo una novità, ma Ernesto Biondi, nel riprendere il ben frequentato filone, lo portò al culmine delle sue possibilità espressive e semantiche, esaurendolo definitivamente e giungendo realmente a qualcosa di mai visto. La testimonianza dei contemporanei ne testimonia l’effetto spiazzante. Il capolavoro di Biondi era audace, fuori dalle regole - forse “opera di un pazzo” scrisse poi l’autore32 - ma colpì davvero nel segno: “Dopo 30 anni solo, solo, senza alcun aiuto, senza alcun incoraggiamento riesco a Parigi il demonio più importante del secolo, forse, ed ottengo, straniero a 45 anni, il gran premio a voti completi. Ottengo quell’alta onorificenza che il grande Jerome ha avuto a 56 anni, Bartholomé anche più tardi e che diecine e diecine di artisti più vecchi di me non hanno avuto. Ottengo quel premio che no”33. Il clamore e il successo conseguiti nel 1900, dunque, avevano una valenza molteplice per Biondi. Significavano il prevalere su quella Parigi mercantile che lui disdegnava34, e allo stesso tempo aver finalmente eguagliato ed anche superato Michetti. Non dimentichiamo, infatti, che l’abruzzese proprio in occasione della Mostra universale di Parigi, pur avendo ottenuto con gli Storpi e le Serpi la legione d’oro, venne duramente criticato per il brutale realismo delle sue composizioni. Ma, come sottolinea Biondi, era innanzitutto la rivincita sulla schiera dei maestri romani, dopo oltre due decenni di disagio con la cultura ufficiale. Scriveva all’amico Grubicy nel marzo del 1890: “I miei lavori invece sono stati rifiutati dall’Esposizione di Roma da Monteverde e da Ferrari […] È la prima volta che mi avviene da più di dieci anni che espongo questi tipi se la sentono dietro le spalle la mia scultura e mi vanno facendo una guerra vergognosa”35. In una lettera successiva del 25 marzo Biondi disapprova duramente i vari Monteverde, Ferrari, Macca-

meditazione personale sugli esempi antichi, in primis la Maddalena di Donatello. D’altronde l’appassionante

gnani, Rosa, tutti scultori che “vivono splendidamente e sono ricolmi d’onore e di protezioni” rispondendo spesso in maniera superficiale alle numerose commissioni statali e private36.

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Testa di pastore, 1890-1900 circa, bronzo, Cagliari, Galleria comunale d’arte, collezione Ingrao

Monteverde, Ferrari, Gallori, D’Orsi, più innanzi di me negli studi, aspettano ancora e forse aspetteranno inva-

interesse per il tema ritorna ad inizio secolo nei vibranti disegni degli Amori francescani.

Ernesto Biondi

Nennella, 1888 circa, bronzo argentato, Roma, collezione privata

Ernesto Biondi

27

Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 10 gennaio 1887. Cfr. R. Artioli, Saturnalia, in “Cosmos Catholicus”, 1900, 7. 29 Cfr. The Saturnalia case, in “Bulletin of the Metropolitan Museum of Art”, I, 1905, pp. 6-9. 30 Fondo Ojetti, Galleria nazionale d’arte moderna, Carteggio Biondi, lettera di Ernesto Biondi a Ugo Ojetti, dicembre 1899. 31 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 10 aprile 1891. 32 O. Roux, Illustri italiani contemporanei. Memorie giovanili autobiografiche. Artisti, cit., p.239. 33 G. B. Pompi, La figura e le opere di Ernesto Biondi, in “La Gazzetta Ciociara”, 20 giugno 1954. 34 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 15 marzo 1890. 35 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 15 marzo 1890. 36 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 25 marzo 1890. 28

17

smo milanese46, costituendo una straordinaria liason non solo con il realismo impegnato di Angelo Morbelli e di

Poco dopo, come si è già anticipato, spettò anche al San Francesco subire la bocciatura in una sede espositiva a

Roma37,

ratificando di fatto la distanza incolmabile tra quelli che possono essere considerati, pur nelle

Emilio Longoni, ma in particolare con il capolavoro di Pellizza da Volpedo: il Quarto Stato. Il Dies irae, pensato

diverse declinazioni, come i fortunati rappresentanti del realismo romano, e l’intenso impegno etico della sua ispi-

come polittico in parallelo a quanto andava facendo Previati, rivela nei filamenti di colore puro l’elaborazione di

razione. Biondi stesso interverrà per ribadire l’inconciliabilità tra l’arte vera, che è “una emozione intima”, e “l’Ar-

una cifra stilistica divisionista personale e nell’utilizzo della luce dal basso una carica deformante che ricorda l’Ed-

te collettiva”, inevitabilmente inaridita dall’unità progettuale delle “grosse macchine”, quali il monumento a Vit-

gar Degas più sperimentale. Opera quanto mai sorprendente, dunque, che anticipava la stagione del divisionismo

torio

Emanuele38.

romano con una carica ideologica prorompente. Sotto quest’ottica di attivo impegno politico, una volta sottoli-

Ma l’incompatibilità con l’ambiente romano viene ribadita anche nei confronti del gruppo In Arte Liber-

Studio per le Marie al sepolcro, 1903 circa, carboncino su carta, Roma, famiglia Biondi

tas, di ispirazione costiana. L’estetismo neo-rinascimentale di Nino Costa e dei suoi seguaci ai suoi occhi è inac-

neato il ruolo delle idee socialiste in ambito risorgimentale47, vanno letti anche il Monumento a Nicola Ricciotti in

Frosinone48

e quello a Menotti Garibaldi ad Albano.

cettabile e vuoto di significati39. D’altronde già nel lontano 1885 si era definito un “Sartorio male riuscito”, agli

Ma nel 1908 Ernesto Biondi aveva già iniziato a lavorare a quello che può essere considerato il capola-

antipodi della “calma e serenità da monachella” con la quale lavorava Giulio Aristide Sartorio, dapprima figura di

voro della sua estrema maturità: le Misere recluse. Il gesso, andato perduto, venne presentato all’Esposizione in-

spicco dell’estetismo romano e quindi il miglior interprete del linguaggio storico ufficiale40.

ternazionale di Belle Arti di Roma del 1911 ma l’imminente malattia dell’autore ne impedì la fusione in bronzo.

Senza dubbio Biondi sentiva più vicino a sé Domenico Morelli, il cui modo di intendere la ricostruzione

Significativamente nelle pagine de “Il Popolano” l’autore in un articolo del 25 novembre 1907 ne ripor-

storica in maniera realista era stata in un certo senso alla base dei Saturnali. Infatti dimostrò di apprezzare più

ta il motivo ispiratore: una visita al reclusorio femminile di Perugia. La visione delle carcerate - “pallide, disfat-

il suo giudizio sul gruppo - il pittore napoletano fu davvero sorpreso dall’ “effetto terribile” - che i complimenti

te, mortificate, dolenti” - vestite con “una rozza veste oscura a larghe ed ineguali fasce grigie” e tutte contrad-

della regina in visita al suo studio41. Non è un caso poi ritrovare agli Amatori e Cultori del 1902 la presenza di un

distinte dalle “stimmate del dolore” lo portano a riflettere sui sistemi punitivi vigenti. La “catena del dolore”,

suo Ritratto di Morelli.

rappresentata dalle donne disposte in fila per ricevere delle focacce dolci da una visitatrice caritatevole, ribadisce l’ingiustizia sociale dell’era moderna che, incapace di educare, punisce in maniera fredda e spietata49. Dunque

In ogni modo la fama conquistata a Parigi gli permise di ottenere una serie di incarichi e di prestigiose commissioni. Nel 1901 partecipò alla riforma dell’Associazione artistica internazionale, dalla quale nacque l’Unio-

ancora una volta, dopo i Saturnali, Ernesto Biondi affronta un gruppo a grandezza naturale, ribadendo la sua idea

ne degli artisti, e fu tra i commissari per l’accettazione delle opere della Società degli amatori e cultori di belle

di una “scultura viva”, che sfidava apertamente la verisomiglianza della stessa pittura. La denuncia sociale si ren-

arti42.

L’anno seguente era già attivo al Gaio per il palazzo di Giustizia a Roma, dove la notevole sintesi formale

Nudo disteso, 1900-1910 circa, bronzo, Roma, famiglia Biondi

raggiunta deve essere letta anche alla luce delle esigenze decorative dell’intera struttura43. Tuttavia l’essenzialità di questo nuovo linguaggio ritorna, congiunto a un accentuato patetismo di matrice secessionista, nel rilievo le Marie al sepolcro del 1903, poi rielaborato nel 1910 nella tomba Guglielmo Brenna e nel Mausoleo Campanari a Veroli, che conferma l’orientamento stilistico intrapreso nel nuovo secolo. Da qui deriva la serie straordinaria di bronzi, terrecotte e gessi di piccolo formato dove il vigoroso naturalismo degli anni Novanta viene consumato in maniera definitiva in figure che sembrano lottare con la materia in un gioco irrisolto tra finito e non finito. Il 1904 registrò quindi l’inaugurazione del suo Monumento a Manuel Montt e Antonio Varas in Santiago del Cile. Ma è l’attività grafica che contribuisce a svelare tutto il fervore creativo del periodo. Accanto a brani tratti dal vero e ai temi religiosi è necessario segnalare la serie di studi per le acqueforti dedicate alle diverse classi sociali: l’Anarchia, i Padroni delle terre, Gente onesta, i Banditi, Preti poveri, il Sermone sulla montagna. Sono lavori che tradiscono esplicitamente le convinzioni anarco-socialiste dell’artista44. Ernesto Biondi, infatti, fu anche impegnato attivamente nella politica schierandosi a difesa delle classi più deboli, leit motiv che è facile riscontrare contestualmente nella sua produzione artistica. Nel 1904, nel 1906 e nel 1909 si candidò per le elezioni in Ciociaria e nel 1907 realizzò il disegno per la testata del giornale socialista “Il Popolano”. Il tema della folla in movimento ricordava il quadro Dies irae, di cui è conservato il bozzetto, opera forse mai terminata a cui pensava sin dal 1890. Così lo descrive all’amico Grubicy dopo aver accennato a i Saturnali: “Una rivolta di contadini un quadro profetico fortissimo […] dovrebbe essere la mic-

Adamo ed Eva, 1900-1910 circa, bronzo, Roma, famiglia Biondi

de però drammaticamente esplicita nel soggetto contemporaneo. Il tema dell’arte educatrice e il conseguente utilizzo di un soggetto sgradevole, con intenzioni dichiaratamente umanitarie, era stato già affrontato dal realismo ciechi)50.

Pos-

37

ottocentesco, si pensi a La cieca di Salvatore Grita (1869, Roma, Ospizio Margherita di Savoia per i

38

sibile anche la suggestione tratta dalle Vecchie di una casa di ricovero, inviata da Giovanni Prini agli Amatori e

Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 17 ottobre 1893. E. Biondi, Il collettivismo nell’arte in “Arte e Sport”, ritaglio stampa s.d. 39 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 9 aprile 1894. 40 Cfr. V. Grubicy, Intermezzi. Ricordi d’Anversa, cit. 41 Mart, Gru.I.1.1.112, lettere del 24 febbraio 1891 e dell’aprile 1893. 42 Continuano comunque i dissidi con gli esponenti della cultura romana ufficiale. Cfr. All’Associazione Artistica, in “Capitan Fracassa”, 29 aprile 1901. 43 Tali esigenze sono statue individuate dall’intervento di C. Zappia, Gli artisti di Calderini: arte e architettura in età umbertina, in Guglielmo Calderini. La costruzione di un’architettura nel progetto di una Capitale, atti del convegno, Perugia, Guerra, 1996 (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 23 settembre 1995), pp. 75-82. 44 In proposito cfr. A. di Sora, Il socialismo umanitario di Ernesto Biondi, in Ernesto Biondi, Comitato “Ernesto Biondi”, Morolo 2005, pp. 39-60. 45 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 15 marzo 1890. 46 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera dell’aprile 1893.

Le misere recluse, 1908-1911, gesso, opera dispersa

Cultori del 1904, dalla quale Biondi però si distacca per l’inusitata severità formale. L’accoglienza che la critica coeva riservò alla scultura nella mostra romana del 1911 è quanto mai significativa. In un panorama espositivo che vedeva quasi assenti gli scultori, impegnati nei numerosi cantieri della capitale, L’animo in alto! di Monteverde e il giovane Amleto Cataldi si distinsero assieme a Biondi. Sebbene “La forma serrata, più semplice, quasi troppo rigida” del suo gruppo, agli occhi dei critici, “non è sintesi, ma contraffazione del vero”51. Ma Biondi non è più interessato a rappresentare il “vero”, con la tecnica mimetica che ne derivava, bensì a materializzarne il fantasma52. In sostanza nei piani larghi, potentemente sfaccettati, quasi a colpi di accetta, in quei volti “assenti”, fissi nel vuoto e freddi nelle espressioni, non si deve cogliere una mancata mimesi del reale, che gli rimproverava parte della critica, né una sintesi del linguaggio di matrice secessionista, ma l’intuitiva elaborazione di una personale cifra stilistica che lo metteva in sintonia con le ricerche dell’avanguardia espressionista europea - si pensi alle sculture lignee di Ernst Barlach - che negli stessi anni manifestava il disagio esistenziale del secolo nascente, presto lacerato dai terribili e imminenti eventi bellici.

47

Cfr. A. di Sora, Il socialismo umanitario di Ernesto Biondi, cit. pp. 40-42. 48 Cfr. il recente intervento di Antonella Sbrilli Eletti: I “Martiri della Libertà” di Enrico Biondi nel panorama della scultura italiana del primo Novecento, in corso di pubblicazione. 49 E. Biondi, Vita vissuta, in “Il Popolano”, 25 novembre 1907. 50 Cfr. A. M. Damigella, Salvatore Grita (1828-1912) e il Realismo nella scultura, Roma, Lithos, 1998, pp. 48-51. 51 Cfr. M. De Benedetti, L’Esposizione Internazionale di Belle Arti in Roma nel 1911, Roma, “Nuova Antologia”, 1911, p. 66; A. Severi, Esposizione Internazionale di Belle Arti. L’Arte Italiana, in “L’Arte”, XIV, 1911, 3, pp. 225-232. 52 Terminando la risposta in merito alle Misere recluse riportata all’inizio di questo saggio, Ernesto Biondi poneva una barriera invalicabile tra critici e artisti: “Estetica, problema sociale… sono i ricami di parole che fanno loro poi, e possono avere ragione. Noi materializziamo un fantasma senza richiedergli le carte di provenienza. Cfr. A. Borelli, Conversando con l’autore dei “Saturnalia”, cit.

cia d’una sanguinosa rivoluzione che si accenderà fra i selvaggi affamati della mia Cioceria, e come il gruppo ci presenterà l’ultimo periodo della corruzione antica, il quadro dovrebbe mostrarci i vendicatori dell’avarizia e dell’egoismo moderno”45. La redazione finale, nelle intenzioni dell’autore, doveva essere aggiornata anche nello stile al divisioni-

Ernesto Biondi

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Ernesto Biondi

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Un’amicizia nata “lassù nell’Anversa felice”

Vittore Grubicy e l’ ”arte piccina” di Ernesto Biondi

Vittore Grubicy tra il 1883 e il 1885 risiedè quasi continuativamente nelle Fiandre. Egli si era rivelato un agente particolarmente valido nella sua attività di intermediario tra la casa di vendita parigina Arnold & Tripp e gli artisti olandesi al centro degli interessi commerciali della importante firma francese, tanto da essere considerato “imperdibile” da messieur Giraud1. Aveva poco più di trenta anni e già da dieci aveva avuto modo di conoscere ed esplorare le capitali del

Monica Vinardi

mercato artistico, Londra e Parigi, di frequentare i luoghi deputati alla valutazione di quella particolare merce che è l’opera d’arte, acquisendo una sensibilità sempre più compiuta e matura del valore estetico non disgiunto dal valore economico. Aveva iniziato commercializzando sul mercato inglese per la Pedro Nessi & C. di Milano disegni e acquerelli della scapigliatura lombarda, circa tra il 1874 e il 1879, quando rilevò l’attività grazie alla partecipazione economica del fratello Alberto, con lui a capo della Galleria Grubicy sino al 1889; poi, per inconciliabili divergenze nella gestione, le loro strade si separarono. In quei primi anni Ottanta fu attivo come mediatore per case di vendita straniere, ma cercava anche di promuovere gli interessi della propria, attraverso l’inserimento dell’artista considerato il campione della scuderia sui mercati da lui stesso battuti come agente. Nel 1883 si era assicurato un serrato contratto di esclusiva con un giovane artista dalle grandi potenzialità, Giovanni Segantini, che affiancherà, stimolandolo ad un continuo raffinamento su modelli europei di moderno naturalismo. Nel 1883 Segantini vinse la medaglia d’oro all’Esposizione universale di Amsterdam. In Olanda Grubicy aveva frequentato assiduamente alcuni artisti della scuola dell’Aia, lasciando in loro un ricordo vivo e nostalgico dopo il suo ritorno in Italia; nelle terre del nord aveva iniziato a disegnare e dipingere dal vero, rivelandosi agli occhi di Jozef Israëls un amante della natura dotato di “sentimento” e “finesse”; anche Anton Mauve, in una lettera del dicembre 1885, lo ringraziava del dono di un quadro lodandone la sincerità del sentimento, valore da lui ritenuto superiore alla fattura2. Singolare la sintonia tra le aspettative estetiche di Grubicy e la pittura olandese contemporanea: entrambe aspiravano a registrare l’ “impressione” del fenomeno

Vittore Grubicy ventenne, 1872-1875, Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Archivio del ‘900 - Fondo Grubicy Nella pagina a fianco: Portatrici d’acqua del Presepe di Baldassarre Surdi, 1893, terracotta, Roma, Museo di Roma

naturale, attraverso la presa diretta del segno grafico e la sensibilità per le variazioni tonali della luce, traducendo originalmente le emozioni provate a contatto con il paesaggio o con la realtà umana affiancata, ciò che Grubicy chiamava il “risveglio della sensibilità personale dell’artista” a contatto con la “vergine natura”, e che in Italia riscontrava primieramente nell’opera di Francesco Paolo Michetti3. Il 1885 fu l’anno di un riconoscimento ufficiale da parte del regio governo. Vittore venne nominato, insieme ad Augusto Stagni, delegato presso l’ufficio vendite della sezione italiana di belle arti dell’Esposizione universale di Anversa. E, proprio ad Anversa, conobbe Ernesto Biondi. Nacque un’amicizia che attraversò trenta anni di vita artistica, dal 1885 al 1914, come testimonia il carteggio conservato nel Fondo Grubicy del Mart, anche se il periodo più intenso della relazione fu proprio quello immediatamente successivo all’esposizione belga. Biondi, nel 1887, ricordava i “tanti belli momenti passati ad Anversa in tua compagnia, il nostro incontro il mio entusiasmo per te, le tue premure per me che non si cancelleranno giammai dal mio cuore, e quando mi facevi da confortatore, e le tue escursioni in campagna, e i miei almanacchi che tu con quel sorriso simpatico e bonario disfacevi in un istante, e le tue traversate di notte all’Esco e le cene consumate in quelle osteriole ed i ritornelli nell’estaminet […] ed i miei ed i tuoi progetti e la tua castità e le tue teorie artistiche confrontate colla mia passione per Plutarco Strabone Polibio e simili nojosi”4. L’immagine della grande galleria della sezione italiana dell’Esposizione universale sarà rievocata da Biondi, al ritorno da Anversa, in associazione con il “grande e simpatico studio” da lui abbandonato per recarsi a Napoli, dove avrebbe lavorato nella fabbrica di ceramiche Schioppa & Cacciapuoti: “tre camere grandissime nella più

Ernesto Biondi

1 Nel dicembre 1883 Vittore Grubicy riceveva dalla Arnold & Tripp una lettera di ringraziamento per gli acquerelli di Anton Mauve e di Willem Maris da lui precedentemente inviati alla sede della casa di vendite parigina. MART, Archivio del 900, Fondo Grubicy, corrispondenza di Ernesto Biondi, Gru. I. 1. 1. 112 (da ora Mart, Gru., I.1.1.112), lettera del 20 dicembre 1883. 2 Mart, Gru. I.1.1.587, lettera del 18 dicembre 1885. 3 “Tranquillo Cremona, Morelli, Palizzi, Carcano, e sovra tutti Michetti, seppero rivelare colle loro opere: che la fonte più diretta e più sicura per attingere le ispirazioni, ed il miglior studio dei mezzi per estrinsecarle, stavano nella vergine natura […] L’artista non deve ormai aver altro di mira che il risveglio costante della sua sensibilità personale, per afferrare le più fugaci impressioni prodotte sul suo animo dalla natura che lo circonda: e considerare i poderosi predecessori non altrimenti che come eccitanti dell’entusiasmo, dal quale zampillano le vere originalità”. V. Grubicy, Ritorno all’antico II Obiezioni e proposte, in “La Riforma”, 24 giugno 1886. 4 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 1 agosto 1887.

21

piccola delle quali avevo modellato l’ultimo re di giuda e la più grande era quasi come la grande galleria della sezione italiana la su nell’Anversa felice dove tu ti

trovi” 5.

uno degli stabilimenti più importanti della capitale, godè di ampi onori da parte di una pubblicazione ufficiale:

Una similitudine che nasceva dall’idea della vastità de-

Théophile Fumière nella relazione sulla sezione italiana ad Anversa dedicava nel suo intervento sul “Bronze d’Art”

gli spazi, ma che avvicinava il luogo della creazione artistica alla sede espositiva ove si concentravano opere, mer-

un particolare rilievo alla fonderia, in virtù delle capacità tecniche, del prestigio delle commissioni ricevute, del

ci, macchine e ritrovati utili al progresso produttivo; lo studio di un artista che si rivelerà fortemente coinvolto

recente sviluppo dello stabilimento11. In questa ottica, il risalto di cui godé Biondi sulla pubblicistica, sin dall’e-

dai procedimenti seriali, attratto dalla commistione dei generi, e incline alle sperimentazioni permesse dalla me-

sposizione romana del 188312, andrebbe letto in concomitanza con il rilievo assurto dallo stabilimento Nelli, cui

diazione del processo industriale.

Biondi sarà poco più avanti legato formalmente da contratto, ma con cui già intratteneva una stretta collaborazione. Come sottolineato da Philip Ward-Jackson, la distinzione tra belle arti e alcuni settori di arte decorativa di

Nelle parole con cui lo scultore rievocherà la sua infaticabile giovinezza sembra di ravvisare la figura delBitard6,

testo che illustra l’operatività arti-

produzione industriale veniva mantenuta nel corso del XIX secolo nelle discussioni critiche e nella classificazione

gianale e pre-industriale di fine Ottocento, nelle sue multiformi applicazioni: “Ho fatto un poco di tutto: le vi-

dei prodotti nella sede delle esposizioni internazionali; ma i fatti non giustificavano tale netta separazione. Gli

l’operaio che si ritrova nelle pagine de Le arti e i mestieri di Adolphe

gnette per i giornali, gl’intarsi in legno, i modelli di cera per metallari; ho graffito sull’avorio; ho inciso sul rame,

scultori dipendevano da teams di esecutori, e la realizzazione di molti dei così detti prodotti industriali compor-

ho fatto il falsificatore di terrecotte antiche, lavori in galvanoplastica, lavori in legno, in istucco, in pietra; ho

tava abilità e capacità esecutive di natura tradizionale13. La corrispondenza scambiata con Grubicy permette di

dipinto”7. Tra il 1885 e il 1886, come è dato ripercorrere attraverso le lettere inviate a Grubicy, Biondi porterà

apprezzare il rapporto che legava Biondi a Nelli. Alessandro Nelli rappresenterà a tutti gli effetti una sorta di “dop-

avanti o progetterà realizzazioni legate a sistemi produttivi distinti, ma dai procedimenti tecnici raggiati l’uno

pio” dello scultore. Le lettere affrontano la questione della proprietà artistica dei bronzi, l’autorialità all’interno

nell’altro: grafica riprodotta in fototipia in bianco e nero, fototipie a colori tirate su tela, su smalto ceramico, mo-

di un processo che preveda repliche seriali dei bronzi, l’accuratezza del procedimento di fusione in relazione al

dellazione ceramica e pittura su ceramica, scultura di edizione.

valore economico della scultura. Il fonditore si configura poi come l’imprenditore che, grazie al suo impegno eco-

Ad Anversa la sezione di belle arti nasceva come settore annesso della Esposizione universale, il cui principale scopo era la promozione delle produzioni e dei traffici in un’area strategica di sviluppo ancora del tutto in-

Ernesto Biondi, “Il feroce Ernesto al carissimo Vittore” Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Archivio del ‘900 - Fondo Grubicy

In una sua relazione al ministero d’Agricoltura industria e commercio il console del regio governo affermava la grande importanza dell’occasione, sottolineando la scarsa competitività commerciale italiana in Belgio, in un’area di interesse assai rilevante per l’espansione dei commerci e dei trasporti marittimi connessi alla recente crescita del porto di Anversa, il primo porto del continente. Rimarcava poi la necessità che il governo italiano si facesse carico della complessa orchestrazione dell’evento, per sostenere la lotta con la rappresentanza delle altre espositivi8.

Se si segue lo scambio di informative e circolari che il ministero dell’Agricoltura industria e commercio e il ministero della Pubblica istruzione si scambiarono tra l’ottobre 1884 e il febbraio 1885, quasi a ridosso del termine del mese di marzo stabilito dal regolamento belga per poter comunicare l’effettiva compagine della partecipazione artistica italiana, e contemporaneamente si scorre la concitata serie di lettere e telegrammi che le principali accademie e gli istituti d’arte del regno inviarono al ministero della Pubblica istruzione per ricevere più dettagliate informazioni, onde avviare una selezione e convogliare il concorso degli artisti, emerge il desolante ritardo con cui tali direttive vennero emanate, e, soprattutto, l’assenza di una qualsiasi intenzione di vaglio, la vacanza di un organismo di controllo. Guglielmo De Sanctis, rappresentante ufficiale dell’Italia nel gran giurì di pittura, nella sua relazione finale non lasciava spazio a celebrazioni incondizionate, registrando la natura frammentaria del fronte

artistico9.

In Francia l’industria dei piccoli bronzi e della scultura di edizione era in grande crescita; il settore era fortemente concorrenziale e il monopolio era detenuto dagli atelier statali del Louvre e dell’École des beaux-arts

violata dal sistema economico nazionale.

nazioni; e deprecava che la mancanza di una strategia organizzativa potesse rendere vani gli sforzi

nomico, sarà determinante nel sostenere la grande avventura dei Saturnali14.

Come avrebbe rilevato Grubicy, il successo della sezione italiana di belle arti era da

ascriversi al contributo privato della galleria Luigi Pisani di Firenze, e non a quello del Regio governo10. Ben più agguerrite e concorrenziali le partecipazioni di imprese commerciali ed industriali in cui erano impegnate a vario titolo competenze artistiche. Osservarne gli allestimenti e le vendite, leggerne la fortuna pubblicitaria sulla stampa d’epoca, vorrà dire riconoscere in tali iniziative private la capacità di una struttura organizzativa e comunicativa negata all’arte. Ernesto Biondi esponeva opere che vennero notate dalla stampa e a cui fu concesso il privilegio dell’illustrazione, ma è da tener presente come nella stessa esposizione il suo fonditore, Alessandro Nelli, titolare di

Ernesto Biondi

5

Mart, Gru.I.1.1.112, lettera s. d. (ma 1885). A. Bitard, Le arti e i mestieri illustrati, II voll., Milano, Sonzogno 1885-1886. 7 O. Roux, Illustri italiani contemporanei. Memorie giovanili autobiografiche. Artisti, II, Firenze, Bemporad, 1909, p. 239. 8 Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti (da ora ACS, PI, Antichità e Belle Arti), Esposizioni e Congressi di Belle Arti in Italia e all’Estero (18601892), Anversa Esposizione Universale 1885, Ministero d’Agricoltura, Industria e Commercio. Divisione Industrie e Commerci. Bollettino di Notizie Commerciali, Serie II, Vol. I, n. 2, 15 giugno 1884, p. 32, e n. 9, 3 agosto 1884, p. 283. 9 “Piuttosto che avere l’aspetto d’un esercito compatto e ben ordinato noi figurammo, mi si conceda la metafora, quasi schiera di volontari composta di giovani audaci e valorosi […]. ACS, PI, Antichità e Belle Arti, Esposizioni e Congressi di Belle Arti in Italia e all’Estero (1860-1892), Anversa Esposizione Universale 1885, Relazione di Guglielmo De Sanctis; poi pubbl. in G. De Sanctis, Esposizione Internazionale di belle arti in Anversa, 1885: Relazione, Roma, Tip. Forzani & C., 1897. 10 V. Grubicy, L’Italia all’Esposizione di Anversa, in “La Riforma”, 5 luglio 1886. 11 T. Fumière, La Section Italienne a L’Exposition d’Anvers 1885, Bruxelles, Typographie et Lytographie E. Guyot, 1885, pp. 54-55. 12 Si veda “Roma. Giornale illustrato della Esposizione di Belle Arti 1883”, 1 aprile 1883, 10, pp. 73, 75. 6

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e da grandi bronzisti come Susse, Barbedienne, Thiébaut. In Italia il settore era vivo in quanto legato alle riproduzioni dell’antico, particolarmente nelle città di Roma e Napoli, e, a capo di atelier o laboratori di fonderia a conduzione familiare si poteva trovare il genere di impresa commerciale all’epoca più direttamente implicata con l’edizione e la diffusione di prodotti seriali: lo dimostra l’attività del noto fotografo Giorgio Sommer che a Napoli, avvalendosi delle fonderie Laganà, offriva repliche dall’antico in bronzo e in terracotta15. Gli archivi, i cataloghi, la gipsoteca storica, ancora esistenti, della fonderia Chiurazzi & Fils di Napoli gettano luce sul contesto sociale, artigianale e imprenditoriale delle fonderie artistiche a cavallo del secolo, altrimenti poco conosciute per la perdita cospicua di testimonianze16. Ernesto Biondi giungeva ad Anversa con un gruppo, la Morte di Antigono, che rappresentava la fine dell’ultimo re di Gerusalemme, tradito e venduto da Antonio ad Erode. L’”Illustrazione Italiana” lo ritraeva in fotoincisione e rilevava la “terribile efficacia” del “misero Antigono decapitato e sospeso al palo infame, come uno spauracchio che Roma appendeva sui campi dell’Asia Minore”17. Come si apprende dalle lettere piene di riconoscenza inoltrate da Biondi a Grubicy, l’opera fu inviata da Vittore ad un gallerista londinese, che, per contratto, l’avrebbe esposta per un anno, collocandola con molta cura all’interno di una piccola galleria, con drappi neri sullo sfondo e una fonte di illuminazione dall’alto18. Dalla corrispondenza tra Grubicy e la casa di vendita londinese Dowdeswell & Dowdeswell19, in una lettera dell’11 dicembre 1885, si viene a conoscenza dell’invio da parte di Vittore di alcune opere di Ernesto Biondi, insieme a dipinti della scuola veneta del secondo Ottocento, nella sede della prestigiosa galleria20. È assai probabile che l’Antigono, di difficile acquisto, fosse stato affidato da Grubicy alla Dowdeswell & Dowdeswell, dove, convenientemente esposto, avrebbe potuto arrecare notorietà al giovane scultore. Temi di sacrificio eroico e di martirio, attinti dalla storia romana antica o dai primordi cristiani, erano stati rappresentati nella recente mostra nazionale di Torino dallo schiavo crocifisso del Cum Spartaco pugnavit di Ettore Ferrari, e dalla Eulalia cristiana di Emilio Franceschi, opere premiate dal comitato per la sezione di scultu-

Ernesto Biondi

Alessandro Nelli, Candelabro originale di puro Stile 500, 1885, da T. Fumière, La Section italienne à l’Exposition d’Anverse, Bruxelles, 1885 13

P. Ward-Jackson, Sculpture colouring and the industries of art in the 19th century, in The colour of Sculpture 1840-1910, catalogo della mostra a cura di A. Blühm, Zwolle, Waanders Printers, 1996, p. 73. 14 Mart, Gru.I.1.1.112, lettere dell’8 agosto 1889 e del 12 giugno 1890. 15 Cfr. M. Miraglia, Giorgio Sommer. Un tedesco in Italia, in Un viaggio fra mito e realtà. Giorgio Sommer fotografo in Italia 1857-1891, catalogo della mostra a cura di M. Miraglia e U. Pohlmann, Roma, Edizioni Carte Segrete, 1992, pp. 28-29. 16 Si veda L. Fucito, Fonderia artistica Chiurazzi: la forma dell’arte, con prefaz. di M. Picone, Napoli, Altrastampa, 2001. 17 “L’Illustrazione Italiana”, XII, 31, 2 agosto 1885, pp. 78-79. 18 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 29 gennaio 1886; si vedano gli altri riferimenti al gruppo nelle lettere del 25 settembre 1885, 6 febbraio 1886, 2 luglio 1886, 12 aprile 1887, 11 maggio 1887. 19 La firma londinese Dowdeswell & Dowdeswell, apparteneva a Charles William Dowdeswell e ai figli Walter e Charles. La galleria ebbe vita tra il 1878 e il 1912. Nel 1883 si era tenuta presso la sede situata al 133 di New Bond Street la prima mostra a Londra degli Impressionisti; e nel maggio del 1884 la mostra evento “Notes-Harmonies-Nocturnes” di J. M. Whistler. 20 Mart, Gru. I.1.1.341, lettera dell’11 dicembre 1885; Il documento è pubblicato in M. Vinardi, Una raccolta di articoli di Vittore Grubicy per La Riforma tra le carte di Giuseppe Pellizza, in Pellizza e i Grubicy. Il carteggio di Giuseppe Pellizza da Volpedo con Vittore e Alberto Grubicy De Dragon, a cura di A. Scotti, con prefazione di S. Rebora, Tortona 2006, pp. 81-100.

23

ra torinese21. Ma, ad Anversa, accanto al gruppo, Biondi esponeva bronzi dichiaratamente commerciali, di sog-

mento di Alessandro Nelli a Roma, ai piedi del Gianicolo, in cui lavoravano ben 120 operai, e che aveva annesso

getto orientale e pompeiano, insieme ad altre più piccole nugae.

anche un reparto per la lavorazione del ferro per le produzioni industriali, non ci siano pervenute molte notizie. Ma era un punto di riferimento tra le fonderie della capitale se riceveva nel 1885 l’incarico dal principe Don Ma-

La tendenza al prevalere di questa produzione scultorea minore nei circuiti espositivi, al cospetto della 188022,

poi confermato dall’e-

rio Chigi di trarre copie della lampada nella cappella Chigi in S. Maria del Popolo, che si riteneva di disegno del

sposizione di Milano del 1881. “ ‘Arte piccina!‘ esclamava un critico passando davanti alle statue dei fanciulli di

“Lorenzetto scolaro di Raffaello”, e che in realtà era di Gian Lorenzo Bernini31; e se Carlo Dossi, autore molto ama-

statuaria monumentale, era stato già un tratto saliente della mostra di Torino del cotta”23.

Sul giornale illustrato che ricorda l’Esposizione Naziona-

to da Grubicy, ne inseriva il riferimento in uno dei passaggi del suo Note azzurre, come laboratorio di fiducia cui

le di Milano del 1881 C. Romussi si interrogava sul proliferare della scultura di piccole dimensioni e sul suo ef-

Clemente Maraini avrebbe fatto fondere in bronzo il modello in cera di un anello antico, ritrovato nel 1885 nei

fettivo valore. Il soggetto aggraziato, i costi contenuti spiegavano il largo successo presso il pubblico che avreb-

pressi del Tevere, e che l’archeologo Giuseppe Fiorelli stimava “bellissimo e singolarissimo e sincero”32. La “pub-

be destinato l’oggetto all’intimità dello spazio domestico; per l’artista tale interesse si sarebbe tradotto in un uti-

blica e privata considerazione” del cavalier Nelli, secondo le parole di Stopiti, può essere ripercorsa enumerando

le sostentamento: “Queste statuette e questi gruppettini son arte commerciale perché si vendono, perché son

alcune delle realizzazioni a noi note: per la committenza ecclesiastica si ricordano tra il 1870 e il 1871 i cande-

molti che li vogliono possedere, perché son molti che li possono comperare: è questo un merito di tali opere e

lieri dell’Altare della Madonna per il Duomo di Pisa, improntati ancora allo stile tardo-impero33; in occasione del

marmo, ai gessi bronzati, ai gruppetti di terra

l’espressione di commerciale non può aversi come un biasimo da infliggere a loro. […] Il soggettino va, cammi-

cinquantenario della celebrazione della prima messa di Papa Leone

na, si converte in danaro col quale l’artista può vivere: la grande statua, salvo rarissime eccezioni gli ritorna in

Rosa da Viterbo, che la Diocesi di Tarquinia e Tuscania volle donare al Santo Padre, e che venne esposta all’Espo-

studio e, dopo averci rimesse le spese, deve pagare anche la pigione per l’inquilino costosa”24. Nel 1881 a Milano Eugenio Maccagnani, che solo l’anno prima a Torino aveva esposto l’opera colossale il Mirmillone e il Reziario, nel genere della ricostruzione storico antiquaria alla Gérôme, presentava un Arabo a cavallo che l’estensore del-

Carovana, 1883, bronzo, opera dispersa, da “Roma. Giornale illustrato della Esposizione di Belle Arti 1883”, 1 aprile 1883

l’articolo diceva “alto pochi palmi, ma… opera forse ancor più perfetta della prima”25.

una statuetta in argento dorato di santa

sizione mondiale vaticana. Negli stabilimenti Nelli vennero fusi i monumenti di Arnaldo da Brescia del 1882 dello scultore Edoardo Tabacchi, di Vittorio Emanuele II di Venezia, compiuto nel 1887, di Ettore Ferrari, e di Vittorio Emanuele II di Torino, dello scultore Pietro Costa, in lavorazione nel 1885 e messo in opera nel 1899; la fonderia aveva inoltre realizzato tra il 1884 e il 1886 il busto in bronzo di Alfonso La Marmora di Riccardo Grifoni che

Le riproduzioni in fotografia e in fotoincisione di Goupil rappresentarono un veicolo straordinario di trasmissione per l’orientamento e il condizionamento del gusto; il mercato, ad esempio, si impadronì letteralmente dei soggetti orientalisti, tanto che è ben documentata da parte di Gérôme l’attività di repliche pittoriche di dimensioni ridotte rispetto agli originali - particolarmente di tali soggetti - destinate ad esser più accuratamente riprodotte attraverso i processi fotomeccanici26. La diffusione di soggetti esotici o attinenti alla ricostruzione storico-archeologica, trattati con realismo descrittivo, da parte degli artisti che parteciparono già alla mostra di Napoli del 1877 sino a quella di Torino del 1880, rivela quanto l’influsso di questo sostrato di cultura visiva francese, mediato dall’industria editoriale, fosse ormai entrato a pieno diritto nell’immaginario comune. Il gruppo romano di Maccagnani nell’Ottanta fu prontamente assimilato dalla critica a consimili creazioni di Gérôme, che nel 1878 all’Esposizione universale di Parigi aveva esposto il gruppo Il Gladiatore, che a sua volta riproduceva una porzione del suo quadro Pollice verso del 1874, già noto tramite le riproduzioni di Goupil. In una lettera inviata a Vittore Grubicy nel 189527, quando Vittore era impegnato nella stesura del saggio L’acquaforte nell’arte moderna28, Ernesto Biondi descriveva per l’amico gli esperimenti da lui stesso tentati nella tecnica dell’incisione indiretta, dall’impiego del metodo tradizionale di morsura con l’acido sino alla galvanoplastica, riproducendo, con un certo successo nella realizzazione delle mezzetinte, opere di Fortuny; ricordava poi come si sentisse sconfitto dalla visione in una vetrina del Corso delle magnifiche fotoincisioni di Goupil, di gran lunga superiori alle sue

XIII,

prove29.

Anche Ernesto Biondi attingeva per i soggetti della sua prima produzione plastica al genere esotico, traducendo in versione esornativa il realismo etnografico dei modelli di riferimento. Nel 1885 ad Anversa, aveva presentato due soggetti orientali, di cui uno, la Carovana, già esposto a Roma; e, dal repertorio antico-romano, un Legionario poi consegnato da Grubicy alla “vedova Stalis di Rue Leopoli”, e un Gladiatore. Dalla corrispondenza intercorsa con Grubicy sappiamo che i bronzi vennero fusi nello stabilimento del

21 Cfr. M. M. Lamberti, L’Esposizione Nazionale del 1880 a Torino, in “Ricerche di Storia dell’Arte”, 1982, 18, p. 44. 22 Ivi, p. 40. 23 L’Esposizione di Belle Arti. La Scultura, in “L’Esposizione italiana del 1881 in Milano”, 1881, 17, p. 129. 24 Ibidem. 25 Ibidem. 26 Cfr. Gérôme & Goupil. Art et Entreprise, catalogo della mostra, Paris, Éditions de la Réunion des musées nationaux, 2000 (Bordeaux, Musée Goupil - New York, Dahesh Museum of Art - Pittsburgh, The Frick Art and Historical Center, 2000-2001), p. 21. 27 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 18 giugno 1895. 28 Pubbl. in Vittore Grubicy e l’Europa. Alle radici del divisionismo, catalogo della mostra a cura di A. P. Quinsac, Milano, Skira, 2005 (Torino, Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea - Trento, Palazzo delle Albere, 2005-2006), pp. 124-125. 29 Cfr. Gérôme & Goupil…, cit., pp. 25, 111. 30 Giuseppe Stopiti, Nelli cav. Alessandro, in Galleria biografica d’Italia, Roma 188? Secondo quanto scrive Stopiti Alessandro Nelli nacque a Roma il 28 gennaio del 1842, da Giuseppe Nelli, “argentiere abilissimo”, e da Eleonora Silli. Rivelando un precoce talento, fu per quattro anni allievo dell’artista Antonio Messina. Si formò attraverso la riproduzione di opere antiche. Il cammeo di Giuseppe Stopiti delineava la crescita di un artefice eletto che, “nell’animare i bronzi, e nel

l’Associazione degli ex ufficiali dei bersaglieri aveva donato alla città di Roma perché venisse collocato lungo la passeggiata del Gianicolo34. Nelli prese poi parte alle principali esposizioni nazionali e internazionali: Parigi 1878, Melbourne e Torino 1880, Milano 1881, Anversa 1885, Esposizione di oggetti artistici di metallo organizzata dal Museo artistico industriale a Roma 1886, Londra 1888. Nel 1881 aveva esposto anche oggetti di arredamento, come vasi e lucerne pompeiane, ma ad Anversa nel 1885 aveva presentato solo statue, eseguite con quella particolare perizia nel combinare la tecnica di fusione alla sabbia con il procedimento a cera persa, e che gli permetteva di “eseguire i lavori di fusione più colossali”. Una linea produttiva di statue di soggetto antico-romano era presente presso Nelli sin dal 1883; faceva parte del catalogo un Reziario, esposto nel 1886 a Roma, di cui era autore il polacco Pius Robil Welonsky, di cui si è conservata l’immagine. Dalla metà di gennaio 1885 sino all’autunno del 1886 Ernesto Biondi lavorò presso la fabbrica napoletana di ceramiche Schioppa & Cacciapuoti35. Era in cerca di un lavoro che lo sostenesse economicamente, e si propose a quella manifattura che ad Anversa aveva riscosso enormi favori da parte del pubblico, e che esponeva, tra le minuterie e le statuine giocattolo che ne caratterizzavano la produzione, anche articoli dovuti alla mano di artisti interessati alla pittura su ceramica, come Attilio Pratella, di cui valorizzava la firma36. Il carteggio con Grubicy restituisce l’entusiasmo iniziale per la nuova attività seguito dall’abbrutimento per la stanca ripetitività del lavoro. Ma Biondi era ormai divenuto esperto nella “malinconica arte” del “ceramicaro” e scriveva a Vittore: “ho avuto il campo di segretamente entrare in tutti i misteri dello Schioppa e compagnia, tanto che ora potrei fare, come farò, delle ceramiche meglio di loro. Conosco la maniera di preparare la terra, il modo di dipingerla a fresco o a secco sotto vernice o sopra vernice, ed il modo di applicarvi lo smalto ecc. … Il solo smalto non ho provato a comporre ma questo non è difficile quando si conosce, come conosco, le materie che lo compongono”37, chiedendo a Grubicy di recarsi nel negozio di un certo Carlo Belloni di Milano, per procurarsi dello stannato di piom-

riprodurre de’marmi le opere d’illustri artisti, e nel compiere lavori di metallica tempra, tale una eccellenza in breve rivelò che di leggieri saliva in altezza di pubblica e di privata considerazione, e tra la eletta schiera dei più insigni scultori in bronzo prendeva posto eminente”. 31 F. Petrucci, Gian Lorenzo Bernini per casa Chigi, in “Storia dell’arte”, 1997, 90, pp. 195-197; cit. in E. Colle, A. Griseri, R. Valeriani, Bronzi decorativi in Italia: bronzisti e fonditori italiani dal Seicento all’Ottocento, Milano, Electa, 2001, p. 42; su Nelli si veda in particolare E. Colle, ivi, p. 323, ill. pp. 320-321. 32 C. Dossi, Note azzurre, a cura di D. Isella, Milano, Adelphi, 1964, 1988, nota n. 5219. 33 Cfr. E. Colle, A. Griseri, R. Valeriani, Bronzi decorativi in Italia cit., p. 386. 34 A. Tosti, I busti degli eroi della Repubblica Romana nella passeggiata del Gianicolo, in A. Cremona, S. Gnisci, A. Ponente, Il giardino della memoria. I Busti dei Grandi Italiani al Pincio, Roma, Artemide Edizioni, 1999, p. 203. 35 Si veda Le ceramiche Cacciapuoti da Napoli a Milano 1870-1953, catalogo della mostra a cura di L. Arbace, N. Stringa, G. Anversa, F. Buranelli, Faenza, Editoriale Olimpia, 2000 (Faenza, Palazzo delle Esposizioni, 2000), pp. 13-17. 36 A. Schettini, Attilio Pratella, 1954, cit. in Le ceramiche Cacciapuoti, cit., p. 11. 37 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 15 aprile 1886.

bo, l’agente responsabile della smagliante pittura ottenuta da Cacciapuoti.

romano cavalier Alessandro Nelli, “una delle insigni individualità artistiche, che grandemente onorano Roma e Italia”, come lo celebrava nella sua Galleria biografica d’Italia Giuseppe Stopiti30. È significativo che dello stabili-

Ernesto Biondi

Pius Robil Welonsky - Fonderia Alessandro Nelli, Reziario, da “L’Italia periodico artistico”, 1886

A Napoli, presso la fabbrica di ceramiche artistiche in via Ponte della Maddalena, Biondi studiò delle

24

Ernesto Biondi

25

forme particolari che gli avrebbero permesso di realizzare piccole sculture da riprodursi in bronzo, ceramica,

sioni44. Un’eco di tale produzione è possibile ravvisare nelle statuette in terracotta realizzate all’inizio degli an-

terracotta: alludeva misteriosamente nelle lettere indirizzate a Grubicy a quel “genere di forme io ho trovato

ni Novanta per il Presepe Surdi45.

per fare che le cere escano ritoccate e ti manderò i primi pupazzetti che stò modellando come saggio e per sentire il tuo

parere”38.

Biondi esponeva tali progetti a Vittore Grubicy, che durante la permanenza ad Anversa lo aveva entu-

E proponeva a Nelli di dar vita, attraverso quelle forme da lui originalmente elaborate, ad

siasmato con l’esempio di un’arte lontana dall’impostazione accademica, un’arte niente affatto intrisa di riferi-

una linea di produzione seriale: “Io ho portato a Nelli una dozzina di figurine in bronzo ottenute con quelle

menti letterari, ma capace di far nascere il coinvolgimento percettivo ed emotivo dell’artista dalla realtà natura-

forme di cui ti scrissi da Napoli, non son certo capolavori, ma ti assicuro che con un poco di calma con queste

le ed umana ritratta: “A proposito dei tuoi toni io ne vado già sperimentando i vantaggi, il mio paese i miei pae-

nuove forme che ora vengono benissimo, si possono fare delle cose splendide e se non schiatto le farò presto.

sani che prima, ripiena la testa di Titi Livi e di Omeri non degnavo neppure d’uno sguardo, ora mi fanno un’ef-

Ora stò modellando una testa dal vero che manderò in bronzo a Venezia ed insieme a Nelli esporrò nella sezio-

fetto tutto nuovo originale vergine, che se non mi viene meno l’entusiasmo, e se tu non mi abbandoni spero frà

ne industriale una ventina di pupazzetti in bronzo, nello stesso tempo conto di mandare a Milano a Torino ed

pochi mesi esporre dei lavori che non saranno secondi a quelli di Michetti”46.

Barcellona”39.

Ribadiva: “Tutti questi lavori dovrebbero essere posti in commercio in bronzo in terracotta ed

Le ricerche luministiche avviate da Biondi sulla scorta degli stimoli ricevuti da Grubicy, lasciano il se-

in ceramica e tutte figurine, tanto fine e tanto piccole alle quali sarebbe impossibile falsificarle con cavarne

gno nelle pagine del carteggio: “Ho incominciato una serie di effetti di sole che penso di pubblicare subito dopo

delle forme finchè non trovano quel sistema che io ho studiato, e che in breve tu stesso giudicherai se vi so-

l’album d’Anversa, saranno tipi di ragazzi giovani vecchi donne che s’incontrano tanto spesso in Ciocieria che trat-

no riuscito. Per me sarebbe un lavoro d’un anno appena per fare i modelli, perché il fare le ceramiche o fare le

tati con una certa sicurezza riusciranno qualche cosa di originalissimo e di selvaggio, da incontrare il tuo favore,

terrecotte o cavare le cere per i bronzi, è un lavoro da affidarsi a ragazze del mio paese che guadagnano 10

ed il tuo favore per me vuol dire la buona riuscita del lavoro”47.

a

soldi al giorno per lavorare 12 ore. Nelli al quale ho espresso la mia idea mi ha scritto che è pronto ad appog-

L’album di Anversa, o L’arte del Nord, non fu proprio il frutto di una commissione da parte di Vittore48,

giarmi in qualunque modo. Riguardo poi a trovare la persona che si occupi della vendita, o combino collo Schiop-

ma nacque sotto la spinta dell’ammirazione che legava Grubicy alla pittura nordica. Biondi aveva riprodotto at-

pa operosissimo, o trovo io, o tu persona adatta. Come potrò portare con me un saggio di due o tre figurine

traverso undici disegni a pastello altrettante opere di maestri olandesi, belgi e scandinavi. L’idea di farne un al-

vado in Roma da Nelli e vedrò in che modo crede appoggiarmi. Certo è che se il lavoro mi sfila un pupazzetto

bum, tramite la traduzione dei disegni in fototipie da parte dei fratelli Danesi di Roma, incontrò la convinzione

di bronzo della grandezza del chierichetto col cambanello che tu conosci, e che esposi ad Anversa non mi co-

di Vittore, che dimostrò di ben comprendere l’utilizzo delle tecniche di riproduzione seriale come strumento di

sta più di 15 lire di fusione. il medesimo di terracotta mi costa quattro soldi, lo stesso di ceramica mi costa

diffusione pubblicitaria delle opere degli artisti della propria galleria: basti ricordare il catalogo realizzato all’e-

mezza lira, e senza nessun dolor di capo, perché fatto il modello, posso dimenticarmene colle forme che io adotterò per questo

lavoro”40.

Pastorello del Presepe di Baldassarre Surdi, 1893, terracotta, Roma, Museo di Roma

Costretto a sfornare “pupazzi a tutta pasta e conditi in tutte le salse”41, Biondi valorizzava le qualità 38

che egli abbia sperimentato l’utilizzo di un rivestimento ceramico finissimo, altamente refrattario, nel processo

39

liquido, e la ceramica una volta cristallizzata, avrebbe prodotto una forma dotata di maggiore precisione e finezza nel modellato. Il procedimento basato sull’impiego del refrattario ceramico, e utilizzato nei moderni processi di fusione, in particolare per le produzioni seriali, potrebbe essere stato artigianalmente approntato da Biondi per le proprie esigenze. Un anno dopo annunciava a Grubicy, coinvolgendolo idealmente nel suo progetto: “ti farò tenere le fotografie di questi nuovi bronzi che vado facendo, sono sicuro che ti piaceranno per finezza e novità, hanno già incominciato la loro sfilata ed in meno di 15 giorni ne abbiamo venduti due - La mala Jurnata - ed i Racconti orientali -. Tu ne farai la scelta ed io te ne manderò per la permanente di Milano, e se hai circostanza anche per l’estero. I nostri bronzi non sono per ora inferiori a quelli dell’Abruzzese, ma presto verranno in modo che nessuno potrà farli così e nessuno, facendoli, potrà produrne delle centinaja come ne produco io colle nuove forme. […] Stiamo preparando con Nelli 300 bronzi per Melbourne e

Barcellona”42.

Lo scopo commerciale si univa al desiderio di creare una scultura che avrebbe superato, per finezza e capacità di resa documentaria, la produzione plastica con cui Michetti aveva affiancato i suoi celebri dipinti. Bion-

Mart, Gru. I.1.1.112, lettera Pasqua 1886. Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 6 febbraio 1886. 40 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera Pasqua 1886. 41 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 14 febbraio 1886. 42 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 12 aprile 1887. 43 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera Pasqua 1886. 44“Fare de costumini ciociari presi a volo con quel carattere ancora selvaggio che conservano, percorrere la bellissima Calabria e rendere il carattere di quei paesi che io conosco ed è immensamente artistico, andare in Sicilia, e forse anche negli Abbruzzi che io non conosco ma credo vi rimarrà sempre da fare anche dopo tutto quello che ha saputo produrre il suo nume. Io parlo di Michetti e non di Barbella […]”, ibidem. 45 Cfr. Immagini del Natale nelle collezioni comunali d’arte, catalogo della mostra a cura di G. Borghini, L. Cavazzi Palladini, E. Tittoni Monti, Roma, 1974 (Roma, Galleria di Palazzo Braschi, 1974-1975), pp. 31-32 n. 46. 46 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 1 agosto 1887.

apprezzato da chi lo esaminò, non si rivelò quello strumento di immediato guadagno in cui Biondi sperava. Riassumiamo alcuni dati. Lo scultore, al ritorno da Anversa, è ospite a Milano di Alberto Grubicy, ove conosce e frequenta Segantini; Luigi Archinti visiona i disegni trovandoli caratteristici e promette di scriverne una presentazione se pubblicati49. Ernesto invia i pastelli presso i fratelli Danesi a Roma. Con l’avvio del rapporto con i fotografi stampatori sperimenta degli studi per eseguire delle fototipie a colori da stamparsi su tela50; il progetto nasce sicuramente dalla frequentazione con Camillo e Cesare Danesi, di cui apprezza perizia tecnica e serietà51, ma è evidente come il procedimento seriale - che abbassa i costi di produzione e punta alla più larga diffusione dei contenuti - costituisca un innesco ideativo, occupando un posto centrale nel suo modo di operare e di pensare l’esperienza artistica. I primi cento esemplari dell’album sono disponibili sin dai primi di settembre del 188552. Seguono i contatti in ottobre tra Grubicy e il mercante olandese Elbert Jan Van Wisselingh, per tentare la vendita. Biondi a novembre è costretto a programmare il trasferimento a Napoli; avviandosi a lavorare presso la fabbrica di ceramiche Schioppa & Cacciapuoti immagina di poter estendere gli studi delle fototipie a colori alla decorazione dei piatti53; mesi dopo dichiara di star facendo dei ritratti dipinti su tavolette di ceramica e su piatti, avvalendosi, per esporli, della collaborazione di un fotografo54. Alla fine di novembre vende venti esemplari dell’album al Ministero dell’Istruzione55. All’inizio di dicembre discute con Vittore sul prezzo da trasmettersi a Van Wisselingh, accon-

di si proponeva di realizzare “una serie di studi, un centinajo, per esempio, di figurine e gruppetti, e che abbiaE

sentendo a rilasciare all’olandese il diritto di vendita per l’ Olanda, il Belgio e l’Inghilterra56; poi si rivolge a Gru-

desiderava percorrere le terre della sua Ciociaria, d’Abruzzo, della Calabria, della Sicilia, per catturarne le impres-

bicy, pregandolo di voler intervenire: si sta effettuando la ristampa ad un costo sensibilmente inferiore a quello

no il vero carattere dei costumi popolari napolitani, che nessuno gli ha resi fino ad ora nel suo vero

colore”43.

tori della Galleria Grubicy: The Illustrated Catalogue of A. Grubicy’s Picture Gallery in the italian exhibition in Lon-

Ernesto Biondi

L’arte del Nord, particolare de La carica degli Ussari o Cavalleria da George Hendrik Breitner, 1885, pastello su carta, Roma, famiglia Biondi

don, London 1888, contenente brevi profili degli artisti. Ma l’album di Anversa, nonostante fosse enormemente

specifiche della materia ceramica trattata, applicandole alla tecnica tradizionale di fusione. È infatti ipotizzabile di preparazione delle forme per la fusione a cera persa; le cere sarebbero state immerse nella ceramica allo stato

poca dell’Esposizione di Londra del 1888, illustrato da fototipie che presentarono al pubblico londinese i reper-

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Ernesto Biondi

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Ibidem. Tra il 1883 e il 1885 erano divenuti assidui i contatti tra Vittore e i pittori della scuola dell’Aia. Nel corso del 1884 egli acquistava per conto della Arnold & Tripp, tra i mesi di gennaio e agosto, tredici quadri e diciannove acquerelli di Anton Mauve, sette acquerelli di Jozef Israëls e uno di Maris. Tra settembre e ottobre 11 quadri e cinque acquerelli di Mauve, un quadro e due acquerelli di Israëls, come risulta dagli elenchi inseriti nella corrispondenza scambiata con la casa di vendite parigina. 49 Mart, Gru. I.1.1.112, cartolina postale del 19 luglio1885. 50 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 25 settembre 1885. 51 Ibidem. 52 Ibidem. 53 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 8 novembre 1885. 54 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 2 luglio 1886. 55 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 27 novembre 1885. Le ricerche dell’album sinora non hanno dato esito positivo. Un esemplare dell’albun L’arte del Nord era originariamente depositato presso la biblioteca del Ministero dell’Agricoltura e del Commercio, esemplare purtroppo disperso. 56 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 3 dicembre 1885. 48

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della prima tiratura, e ne vorrebbe far stampare addirittura 1000 copie, suggerendo: “ci sarebbe del panno da tagliare”57. Nel gennaio 1886, mentre Van Wisselingh non da’ notizie e non invia denaro, Biondi ha in sospeso un debito con i Danesi di 1.100 Lire, da solversi entro il prossimo maggio. Si pensa di far intervenire Alberto. Ne seguirà una estenuante trattativa che porterà Alberto Grubicy a farsi carico di tutte le spese - attraverso un sistema di cambiali che desterà non poche ansie in Biondi - rivendicando diritti assoluti in merito di proprietà artistica, e tentando di incamerare gli originali, restituiti a Biondi presumibilmente nel 189258. Alberto dichiarerà, in una fredda lettera del 1891, che l’intera produzione dell’album L’arte del Nord gli era “rimasta in corpo”, non essendo riuscito a trarne benefici economici59. Il mercante van Wisselingh, dal canto suo, nell’ottobre del 1885 scriveva a Grubicy che le riproduzioni erano davvero molto ben riuscite e che se lui avesse conosciuto Biondi gli avrebbe fatto i suoi complimenti, ma

L’arte del Nord, Il ritorno del gregge da Anton Mauve, 1885, pastello su carta, Roma, famiglia Biondi

non avrebbe potuto acquistare tutti i cento esemplari stampati da Danesi, bensì solo una ventina, per cercare di mostrato a George Hendrik Breitner e a Marius Van der Maarel, due degli artisti di cui Biondi aveva eseguito i d’après, ed entrambi ne dicevano assai bene60. Per Vittore quei disegni furono la prova di un talento fuori del comune; Biondi non aveva semplicemente riprodotto le opere dei pittori nordici, ne aveva amato e condiviso il mondo interiore, manifestando nelle sue tavole la distinzione “fra la semplice destrezza calligrafica dell’esecutore materiale e l’illuminata interpretazione […] dell’artista che prova di comprendere e sentire quello che fa61. I pastelli originali furono esposti da Biondi a Roma nel 1893 alla Esposizione nazionale di belle arti, e la volontà dell’artista, in sintonia con quella di Grubicy di esporre l’intera serie senza dividere i singoli quadri, si scontrò con quella della giuria di accettazione della mostra, che ne escluse il “cavallone di battaglia”, come lo aveva chiamato Vittore, Il ritorno del gregge di Anton Mauve, “perché stonato”62. Restano oggi della impresa dell’album di Anversa quattro pastelli, i d’après con cui Biondi aveva riprodotto Il ritorno del gregge, di Anton Mauve (Philadelphia, The Philadelphia Museum of Art); Diventando vecchi, di Jozef Israëls (The Hague, Haags Gemeentemuseum); Pescatore di Scheveningen, di Philippe Zilcken (L’Aia, Museum Mesdag); e un particolare di Cavalleria, o La carica degli Ussari, di George Hendrik Breitner (L’Aia, Collection Gemeentemuseum Den Haag) che stupiscono per l’alta qualità grafica rivelata nella interpretazione degli originali e per la capacità prensile del linguaggio di Biondi nel far propria la cifra espressiva di ogni autore. Vittore ne parlava come di “trascrizioni”, termine dalla valenza musicale che restituiva il senso complesso del rispecchiamento di Ernesto Biondi nell’arte del nord: “Nessuno poteva capacitarsi come questo tipo esaltato di scultore, che ebbe il coraggio di eseguire e di trasportare da Roma ad Anversa in un gruppo colossale il raccapricciante spettacolo d’un appiccato ad un albero, fosse poi riuscito a comprendere in tutte le sue de-

L’arte del Nord, Diventando vecchi o Vecchia al focolare da Jozef Israëls, 1885, pastello su carta, Roma, famiglia Biondi

licate finezze di toni, di intimità, di semplicità serena e calma i quadri più interessanti dei pittori olandesi, fiam57

minghi e scandinavi che figuravano all’Esposizione. E non solo comprenderli, ma innamorarsene al punto da indursi a trascriverne una dozzina in fedelissimi disegni (quasi un metro di grandezza) a chiaro-scuro, che furono poi riprodotti dalla fototipia Danesi, col titolo L’arte del Nord. Tutti lo vedevan lavorare entusiasmato dinanzi a quei prodotti d’un indole così agli antipodi colla sua arte, e tutti se ne interessavano: sì che ebbe occasione di eseguire un certo numero di ritratti a pastello in grandezza naturale ed anche a figura intiera, ottenendo dei risultati che gli furono invidiati da pittori di primissimo ordine e che resteranno opere di reale valore artistico.”63

Ernesto Biondi

Mart, Gru. I.1.1.112, cartolina postale del 9 dicembre 1885. 58 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 11 gennaio 1892. 59 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 25 gennaio 1891. 60 Mart, Gru. I.1.1.941, lettera del 2 ottobre 1885. 61 V. Grubicy, Il disegno nelle scuole secondarie. Gli esami attuali per l’abilitazione all’insegnamento, in “La Riforma”, 29 aprile 1889. 62 Mart, Gru. I.1.1.112, lettera del 14 aprile 1893. 63 V. Grugicy, Intermezzi. Ricordi d’Anversa, in “ La Riforma”, 4 marzo 1891.

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Ceramiche Cacciapuoti, fotografia databile al 1890, da Le ceramiche Cacciapuoti da Napoli a Milano 1870-1953, Faenza 2000

venderne in Olanda e in Inghilterra, dato il marasma generale in cui versavano gli affari. L’arte del Nord era stato

I monumenti funebri

La scultura funeraria costituisce un momento di insostituibile sperimentazione, ma anche un’imprescindibile fonte di sostentamento per gli artisti dell’Ottocento e del primo Novecento, la cui attività è inesorabilmente vincolata agli alti prezzi di materiali come marmo e bronzo e alle alterne vicende della committenza pubblica. Le tombe e i monumenti funebri realizzati da Biondi permettono di seguire gli sviluppi tecnici e stilistici

Teresa Sacchi Lodispoto

della sua produzione, ma anche di ricostruirne le numerose amicizie e relazioni. Nel corso delle mie ricerche ho rinvenuto diverse tombe inedite - molte altre probabilmente attendono ancora di essere scoperte - che hanno permesso di ricostruire l’attività dell’artista in questo settore. Lavorando su questo ed altri temi sono emersi numerosi membri della massoneria tra le persone che hanno avuto contatti con Biondi, che, tuttavia, non risulta iscritto a nessuna delle logge ufficiali1. È probabile che l’artista, benché la massoneria fosse presente nel frusinate dall’età napoleonica, avesse avuto modo di prendere contatti con esponenti della sinistra massonica durante il periodo della sua formazione romana2. La sua prima opera nota, realizzata a ventiquattro anni nel 1878, è, non a caso, la grande scultura che corona la tomba Mengozzi Huber nel cimitero del Verano a Roma, eretta da Giovanni Ettore Mengozzi, rinomatissimo medico omeopata dell’epoca, nonché fondatore in Italia della Società promotrice della Alleanza monoteistica con presidenti onorari Mazzini, Sbarbaro e Garibaldi, le cui teorie aveva raccolte nel 1870 nel volume Alleanza monoteistica universale3. Il primo agosto 1877 era scomparsa a Micali, in provincia di Livorno, Eugenia Angiola Huber, la moglie appena ventenne del committente. La defunta, appassionata studiosa di archeologia e principessa della corona sovrana massona e sovrana principessa rosa croce, era stata iniziata giovanissima alle dottrine massoniche ed aveva praticato una costante opera di proselitismo femminile. Alla sua morte, lo sconsolato consorte costruì un mausoleo, in cui il 26 maggio 1878 fu tumulato il corpo della moglie con un originale rito massonico che attirò una gran folla di curiosi. La salma, trasportata da Livorno con un treno speciale trasformato in camera ardente, fu accolta a Roma dai massoni e dalle dame della Loggia Damo Or., fondata dalla stessa Huber. Il mausoleo, eretto nel cimitero del Verano a poca distanza da quello del massone Maurizio Quadrio, si presenta oggi parzialmente privato dei suoi simboli. La porta di ferro a raggi era in origine decorata con l’occhio veggente dell’Eterno, la squadra e il compasso. La camera superiore, un tem-

Sopra e nella pagina a fianco: Tomba Mengozzi Huber, 1878, Roma, Cimitero del Verano

po dominata da un ritratto dell’estinta, conduce ad un ambiente sottostante, secondo le descrizioni dell’epoca, decorato alla pompeiana e predisposto per accogliere le spoglie dell’intera famiglia. Accanto ai busti di Huber, Mengozzi e della piccola Ettorina Eugenia, unica figlia della coppia, erano collocati quelli di Mazzini e Garibaldi. Nella tomba era anche conservata la biblioteca della defunta, che spaziava dalla Bibbia a Mazzini, da testi massoni agli scritti di Darwin4. La prima opera nota di Biondi è, quindi, probabilmente ottenuta grazie alle frequentazioni degli ambienti della sinistra romana al tempo prossimi alla massoneria, che appoggeranno l’ascesa dello scultore anche attraverso pubbliche commissioni come il Gaio del palazzo di Giustizia5. All’esterno del mausoleo l’architetto dell’universo, seduto sul globo terrestre, domina ed ordina il moto perpetuo degli astri con gesto imperioso. L’elegante figura, ispirata alle iconografie tradizionali del Dio creatore, si innalza leggera; i panneggi, ancora legati agli insegnamenti accademici, e il volto, reso in maniera realistica dimostrano una già completa padronanza della tecnica da parte del giovane artista, che ha ormai pienamente superato il suo periodo formativo. Negli anni successivi, che lo vedono impegnato nella realizzazione della fontana di Cisterna di Latina, nella produzione in società con la fonderia Nelli di Roma di bronzetti da presentarsi ad importanti esposizioni, nell’impiego come ceramista presso la ditta Schioppa e Cacciapuoti di Napoli e nell’esecuzione dell’album L’arte del Nord edito da Danesi, lo scultore non si dedica alla scultura funeraria, probabilmente per mancanza di nuove commissioni. È possibile collocare, infatti, solo alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento la tomba di monsignor Domenico Petriconi, nato a Montelanico nel 1812 e scomparso nel 1886. Il prelato, presidente degli Scavi di

Ernesto Biondi

1 Le informazioni relative alla massoneria sono tratte dall’Archivio di Alfredo Spaccamonti e mi sono state cortesemente fornite da Domenico Ricciotti. 2 G. Mariotti, Presenze massoniche in Ciociaria, in Massoneria e società, atti del convegno, www.freemasonsfreemasonry.com/presenze_ciociaria.html (Frosinone 27 settembre 2003). 3 G. E. Mengozzi, Alleanza monoteistica universale, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 1870. Sui coniugi Mengozzi-Huber e sulla tomba cfr. In morte di Eugenia Angela Mengozzi nata Huber il suo consorte inconsolabile Giovanni Ettore e suoi fratelli massoni sparsi sui due emisferi il dì del trasporto della sala dalla Valle dell’Arno alla Valle del Tevere, Roma, Tipografia Artero e comp., 1877; Belle Arti. La morte di Antigono, in “L’Illustrazione Italiana”, XII, 31, 2 agosto 1885, pp. 78-79; O. Montenovesi, Il Campo Santo di Roma, Roma, L’Universelle, 1915, p. 82. 4 In morte di Eugenia Angela Mengozzi…, cit., p. 160h. 5 Sui rapporti in Italia tra politica e massoneria cfr. A. A. Mola, Storia della massoneria italiana. Dalle origini ai nostri giorni, Milano, Bompiani, 1976.

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Anagni, latinista e dotto autore di una storia di Anagni, nonché Vicario generale della diocesi anagnina, faceva parte del gruppo dei prelati originari di Montelanico, che nel 1890 avrebbero favorito la commissione a Biondi della fontana della piazza del paese lepino6. La tomba, voluta da un nipote del defunto, era originariamente composta dalla sola figura seduta e dalla stele con l’iscrizione dedicatoria. Passata per via ereditaria alla famiglia Acquista Del Vecchio fu ristrutturata nel 1935 su disegno del professore Nestore Davoli7. L’artista si accosta con interesse al linguaggio estetizzante e simbolico di Giulio Monteverde, realizzando un’immagine dal volto levigatissimo e dai grandi occhi magnetici. Un’analisi iconografica della figura femminile, generalmente identificata come la Teologia, materia impartita da Petriconi nel seminario di Anagni, permette di supporre ancora una volta un rapporto dello scultore con ambienti massonici ed esoterici, cui poteva essersi accostato segretamente il monsignore. Il libro sapienziale, la cui dottrina deve essere offerta a tutti i fedeli, è curiosamente chiuso. La donna seduta, che rappresenta l’animo del defunto, ha raggiunto la conoscenza attraverso un’illuminazione personale e conquistato la perfezione prima di ricongiungersi al creatore come indicato dall’occhio aperto sulla sua fronte. Le croci, che decorano la stola, sono certamente un simbolo cristiano, ma l’intero monumento sembra voler alludere ad una conoscenza acquisita non attraverso lo studio dei testi, ma per via irrazionale ed

iniziatica8.

La tomba di monsignor Domenico Petriconi non è l’unica opera lasciata da Biondi ad Anagni. Il 7 febbraio 1894 scompare il vescovo della cittadina laziale Domenico Pietromarchi, sepolto in una cappella della chiesa di San Lorenzo9. Nel rispetto dell’iconografia funeraria tradizionale, il prelato, dal 1875 vescovo di Anagni amatissimo per le sue opere di carità, è raffigurato disteso con il crocifisso tra le mani. La figura e la veste sono rese in maniera accurata e realistica, quasi ad eternare l’ultima immagine del defunto. L’artista indugia sui ricami degli abiti liturgici, sui guanti ricamati, sulle scarpe di foggia moderna e sul volto dai lineamenti sereni e distesi. Rispetto alla grandiosa figura dell’architetto dell’universo, che corona icasticamente la tomba Mengozzi Huber, il monumento Pietromarchi è caratterizzato da un elegante connubio tra realismo borghese e dignitosa compostezza, che ben si addice al soggetto. Nella stessa cappella si trova anche una stele, firmata da Biondi, dedicata al vescovo Clemente Pagliaro, scomparso nel 1875. Con gusto estremamente moderno, lo scultore compone un elegante pastiche con due semplici croci, alcuni volumi, la mitria, la stola, la pianeta e il pastorale vescovili. Entrambe le opere potrebbero essere state eseguite tra il 1894 e il 1895, anno in cui Biondi risulta presente ad Anagni, come documentato da una cartolina indirizzata a Vittore Grubicy10. Il rilievo delle Marie al sepolcro, realizzato per un committente argentino e replicato nella tomba di Guglielmo Brenna del cimitero del Verano di Roma e nel mausoleo Campanari del cimitero di Veroli, è generalmente datato 190311. Già all’inizio del nuovo secolo è ormai evidente una decisa geometrizzazione delle forme e l’uso di pochi elementi essenziali, ancor più marcata in uno studio a carboncino dell’opera conservato presso gli eredi dell’artista. Il dolore delle pie donne, chine sul corpo nudo del Cristo, è reso attraverso i gesti e l’espressività dei

Tomba Brenna, da “Emporium”, XXXI, 1910, 183, 1910, Roma, Cimitero del Verano

Le Marie al sepolcro, 1903 circa, attuale collocazione sconosciuta

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G. Ronzoni, Don Vincenzo Ronzoni mezzo secolo di storia civile e religiosa nel Lazio dell’Ottocento, Roma, Ed. “Lazio ieri e oggi”, 1974, pp. 81-83; L. Roberti, “Sia vostra, montelanichesi: i migliori amici”!, in Montelanico e la fontana del Biondi (1891-1991), in “Documenti di storia lepina”, 9, 1991, cit., pp. 17-19. 7 La notizia mi è stata cortesemente fornita dall’attuale proprietaria della tomba. 8 Ringrazio per i suggerimenti sull’interpretazione del monumento Maria Clelia Pietrandrea e Domenico Ricciotti. 9 Archivio Pietromarchi, Memorie del conte Bartolomeo Pietromarchi. Il monumento funebre del vescovo Domenico Pietromarchi (1820-1894), non firmato, è ricordato come opera di Ernesto Biondi nelle Memorie. 10 MART, Archivio del 900, Fondo Grubicy, corrispondenza di Ernesto Biondi, Gru. I. 1. 1. 112, cartolina del 25 settembre 1895. 11 A. Biondi, Ernesto Biondi. Vita e opere, Frosinone, Tipografia dell’Abbazia di Casamari, 1985, p. 53. 12 Cfr. A. M. Damigella, La pittura simbolista in Italia 1885-1900, Torino, Einaudi, 1981, pp. 178-180. 13 O. Montenovesi, Il Campo Santo…, cit., p. 75; ruscus, Un monumento funebre di Ernesto Biondi, in “Emporium”, XXXI, 1910, 183, pp. 239-240. 14 Archivio Centrale dello Stato, Archivio Ettore Ferrari, b. 10, f. 468.

volti. I temi religiosi, sviluppati in molta produzione grafica, rispondono alle esigenze della contemporanea scultura funeraria, in cui il tema della vita oltre la morte è affrontato con immagini di immediato valore simbolico12. Tomba di Domenico Petriconi, 1886-1890 circa, Anagni, Cimitero

Nel 1910 Biondi realizza per il cimitero del Verano di Roma il monumento funebre di Guglielmo Brenna, cui era legato da uno stretto rapporto di amicizia13. Brenna, prematuramente scomparso dopo cinque anni di malattia, nell’ambito della sua professione legale aveva curato gli interessi dell’Associazione tra gli artisti italiani, attiva sostenitrice dello scultore nel duro contenzioso legale contro il Metropolitan Museum di New York, che aveva rifiutato l’acquisto della seconda versione dei Saturnali contravvenendo ad accordi intercorsi con l’artista14. Il monumento funebre dell’avvocato sviluppava il tema delle Marie al sepolcro accostando al rilievo, inserito in

Stele del vescovo Clemente Pagliaro, 1894-1895, Anagni, Chiesa di San Lorenzo

un’edicola decorata con tralci di vite di gusto medievaleggiante e con l’iscrizione evangelica: “Chi segue mi non

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camminerà nelle tenebre anzi avrà lumi della vita”, una figura in piedi dal volto dolorosamente chinato verso il basso, oggi scomparsa o forse mai collocata per questioni di spazio e documentata da una riproduzione fotografica d’epoca15. L’intensa geometrizzazione di queste figure permette di seguire gli sviluppi del linguaggio di Biondi in prossimità della realizzazione del gruppo delle Misere recluse, che sarà presentato all’Esposizione internazionale di Roma del 1911. Un analogo rilievo raffigurante le Marie al sepolcro è inserito anche nella decorazione dell’interno del mausoleo Campanari del cimitero di Veroli, fatto erigere dalla marchesa Isabella, estrosa esponente della nobiltà ciociara, nata a Veroli nel 1864 dal marchese Giovanni Campanari, influente uomo politico dell’epoca16. Dopo un breve matrimonio, la nobildonna trascorse gran parte della sua vita a Napoli. Il suo lussuoso appartamento di viale Elena fu frequentato dalla migliore aristocrazia partenopea, ma anche da giornalisti ed intellettuali come la sua intima amica Matilde Serao. Rientrata a Veroli alla morte del padre, nel 1910 chiese al Comune la concessione per costruire la tomba di famiglia, di cui si conserva un modellino in gesso donato dalla famiglia Campanari alla Biblioteca Giovardiana di Veroli. La massiccia struttura a gradoni, probabilmente progettata da Biondi, è una divertita creazione ricca di riferimenti all’archeologia del vicino oriente, il cui interesse da parte dello scultore è attestato anche da alcuni disegni del 1902 tratti dall’Album egizio di Salvatore Castellani, in linea con il monumentalismo orientaleggiante di molta architettura funeraria contemporanea. Ai piedi della porta d’ingresso è raffigurato lo stemma della famiglia Campanari, due leoni che si inchinano a una campana con il motto Honor et Virtus. L’essenzialità dell’esterno si riflette nell’interno, che accoglie le sepolture della marchesa e dei suoi congiunti, decorato con i rilievi le Marie al sepolcro, collocato sull’altare della cappella, e il Sonno dei giusti e la Mar-

Mausoleo Campanari, 1910 circa, Veroli, Cimitero

chesa Isabella, posti sulle pareti laterali. Ispirato ai biblici Cantico del giusto (“il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano”) e Cantico dei Cantici (“fu soave la sua voce, bello il suo aspetto”), il mausoleo celebra il marchese Giovanni e sua moglie Luigia Forti, teneramente congiunti nell’ultimo sonno, e la sensuale bellezza di Isabella, che volle essere ritratta nuda nella sua tomba. Il mausoleo Campanari, forse proprio in virtù della committenza, modera le asprezze della tomba Brenna attraverso qualche concessione al decorativismo liberty, come nella snella figura della marchesa Isabella ricoperta di fiori. La bellezza fisica come il tenero affetto dei coniugi Campanari, eternati nella scultura, divengono materializzazione dell’immortalità, secondo un innovativo uso dei simboli funerari, che fondevano terreno e ultraterreno in immagini di esplicita sensualità, indi-

Album Egizio di Salvatore Castellani, 1902, matita su carta, Roma, famiglia Biondi

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ruscus, Un monumento funebre…, cit. G. Trulli, I segreti di Veroli in 300 iscrizioni, Isola del Liri, Trulli, 1998, pp. 131-134. 17 A. M. Damigella, La pittura simbolista…, cit., pp. 178180, nota 17. In particolare Giovanni Cena dedica a Bistolfi e i “simboli nuovi” un articolo comparso su “Nuova Antologia”, 1 maggio 1905, pp. 1-20. 18 O. Montenovesi, Il Campo Santo…, cit., p. 94. 16

viduato già dalla critica contemporanea nei monumenti sepolcrali di Leonardo Bistolfi17. Intorno al 1913 Biondi realizza la tomba di Elena Arata Scialdoni per il cimitero del Verano, in collaborazione con Enrico Tadolini, che esegue il tondo ritratto della defunta. Rispetto alla stilizzazione estrema della tomba Brenna e del mausoleo Campanari, l’opera presenta un’elegante mediazione tra semplificazione formale e concessioni realistiche18. La figura a grandezza naturale della defunta giace sul sarcofago chiusa in una lunga veste dagli orli ricamati. All’essenzialità del corpo si contrappone il realismo del volto, dai lineamenti distesi e sereni.

La Marchesa Isabella particolare del Mausoleo Campanari, 1910 circa, Veroli, Cimitero

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Le fontane di Cisterna di Latina, Gorga e Montelanico

I monumenti e le fontane si susseguono nella produzione di Ernesto Biondi, pressato dalla necessità di finanziare progetti di impegno, anche economico, come l’imponente gruppo in bronzo dei Saturnali. La crescente notorietà, che contribuisce ad incrementare le committenze pubbliche, è attestata da un articolo dedicato all’artista da “L’Illustrazione italiana” in occasione dell’Esposizione di Anversa del 18851. Lo scultore, noto per i sog-

Teresa Sacchi Lodispoto

getti di genere, orientali e pompeiani già diverse volte presentati al pubblico, a questa data risulta aver realizzato la statua dell’Eterno per la cappella funeraria Mengozzi Huber del Verano, probabilmente la sua prima opera monumentale, ed aver ottenuto per concorso la commissione della fontana di Cisterna di Latina. Le notizie relative a questa prima committenza pubblica assolta da Biondi sono, tuttavia, scarse e frammentarie a causa dei bombardamenti che nel 1944 hanno completamente raso al suolo la cittadina laziale, distruggendo anche ogni documentazione archivistica. Dato certo è che la fontana, commissionata nel 1885, fu inaugurata con grande successo nel 18902. Cisterna, che era sin dall’età romana l’ultimo abitato prima di entrare nelle malariche e desolate Paludi Pontine e costituiva una tappa obbligata per quanti transitavano lungo la via Appia, all’epoca era appena stata dotata di acqua potabile, proveniente dal complesso di bonifica di Carano promossa da Menotti Garibaldi. Su una massiccia roccia in granito e stalattiti trentine si innalza la dea Feronia, soprannominata dagli abitanti della cittadina la Bella Ninfa, un’antica divinità latina protettrice degli schiavi e di tutto ciò che sorge dalla terra. La dea, che stringe nella mano destra un ramoscello d’ulivo e trionfa sulla palude prosciugata da cui emerge la massa rocciosa e sulla figura allegorica della malaria incatenata ai suoi piedi, è chiaramente un simbolo del progresso dell’Italia post-unitaria. La fontana, ampiamente danneggiata dai bombardamenti e ricostruita nel dopoguerra, oggi è priva dei gruppi di pastori e bestiame in origine collocati nella vasca alla base della roccia. Una serie di disegni preparatori, conservati presso gli eredi Biondi, permettono di seguire lo sviluppo della fase progettuale della fontana. La figura della dea Feronia, inizialmente accovacciata sullo sperone roccio-

Studio per la Fontana di Cisterna, 1885 circa, inchiostro su carta, Roma, famiglia Biondi Nella pagina a fianco: Fontana di Montelanico, particolare, 1891

so, si innalza progressivamente fino ad alzarsi protesa in avanti con il braccio alzato, secondo un’iconografia ispirata a nobili modelli, dalla Libertà guida il popolo (Parigi, Musée du Louvre) di Eugène Delacroix alla Statua della libertà di Frédéric Auguste Bartholdi, donata dalla Francia agli Stati Uniti ed inaugurata nel 1886 in occasione del centenario dell’indipendenza americana. Il celebre monumento, ufficialmente presentato al pubblico a Parigi nel 1884, era stato collocato su un alto basamento sulla Bedloe’s Island anche grazie all’intervento della Gran loggia massonica dello Stato di New York. Lo stesso Bartholdi era stato, d’altronde, iniziato nel 1875 all’Unione francoamericana della massoneria3. Biondi, che aveva già lavorato nel 1878 alla tomba massonica Mengozzi Huber del cimitero del Verano a Roma e che nel corso della sua carriera avrà sovente contatti con esponenti della massoneria, si dimostra quindi sensibile, nell’ideare la fontana di Cisterna, a suggestioni libertarie, che provenivano dagli ambienti massonici d’oltralpe. La fortunata struttura naturalistica della fontana di Cisterna è riproposta da Biondi nel 1890 nella fontana commissionatagli dal Comune di Gorga, un paesino arroccato sui monti Lepini. L’archivio locale conserva la documentazione relativa alla conduttura che portò nel piccolo centro l’acqua potabile della sorgente San Marino solo nel 18894. Simultaneamente alla costruzione della conduttura, la comunità montana volle realizzare una fontana da collocarsi ai piedi del palazzo Doria Pamphilj, che domina l’abitato. Il 26 settembre 1890 il Comune procede all’esproprio del terreno destinato all’edificazione, probabilmente indicato dallo stesso Biondi, che concepi-

1 Belle Arti. La morte di Antigono, in “L’Illustrazione Italiana”, XII, 31, 2 agosto 1885, pp. 78-79. 2 Ibidem; U. Mariotti, Storia di Cisterna, Tivoli, Tipografia San Paolo, 1968, p. 118; A. Biondi, Ernesto Biondi. Vita e opere, Frosinone, Tipografia dell’Abbazia di Casamari, 1985, pp. 68-71; Centenario della fontana di Biondi 1890-1990, Cisterna di Latina, Alfio Boschi & figlio, 1990. 3 R. Hueber, Mistère d’Isis: une sculpture maçonnique d’Auguste Bartholdi (1834-1904) au musée Bartholdi de Colmar, in “Revue du Louvre”, 52, 2002, 4, pp. 70-75. 4 Comune di Gorga, 1886, categoria VII, 1891-1894: Conduttura acqua potabile sorgente San Marino-Gorga. 5 Comune di Gorga, 1886, categoria VII, Costruzione della fontana e inaugurazione della stessa (1890); Comune di Gorga, 1941, categoria IX, Lettera della Soprintendenza ai monumenti del Lazio su “Monumento dedicato ad una pastorella”; MART, Archivio del 900, Fondo Grubicy, corrispondenza di Ernesto Biondi, Gru. I. 1. 1. 112 (da ora Mart, Gru.I.1.1.112), lettera del 25 agosto 1890; lettera del 16 settembre 1890.

sce la struttura monumentale risiedendo durante la stagione estiva a Gorga, le cui montagne confinano con quelle di Morolo, come attestato da due cartoline inviate a Vittore Grubicy il 25 agosto e il 16 settembre dello stesso anno5. Approvato il progetto, la raccolta dei fondi fu complessa e laboriosa. Le 9509,96 lire stanziate dal Comune e il contributo dei circa mille abitanti del paese, per lo più dediti alla pastorizia, non bastavano a rag-

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giungere le 25.000 lire richieste dall’artista6. Il denaro mancante fu integrato da papa Leone

originario del

struire dal suo primo sindaco don Francesco Raimondi e resa inservibile da alcune gelate. L’amministrazione co-

vicino Carpineto Romano. La fontana è realizzata a partire dalla fine del 1890 e certamente inaugurata entro l’e-

munale, guidata dal sindaco Camillo Valenti, trattò la costruzione di una nuova fontana con lo scultore, formal-

state del 1891. In una lettera a Grubicy del 12 gennaio 1892 Biondi appare, infatti, estremamente soddisfatto del

mente invitato a presentare un bozzetto e un progetto il 30 novembre 1890. L’archivio del Comune di Montelani-

lavoro compiuto: “Una cosa veramente simpatica è la fontana di Gorga. L’acqua scaturisce da uno scoglio artifi-

co conserva una copia della lettera di risposta, che illustra il progetto: “la sagoma elegante della piazza, la posi-

ciale che è un’opera d’arte ed una pastorella grande al vero, il ritratto d’una bella fanciulla del paese, con due ca-

zione topografica del paese e l’umore gioviale dei Montelanichesi mi hanno suggerito di presentare una fattura di

sorgente”7.

XIII,

Lo scultore, benché avesse ricevuto l’ultima tranche del pagamento il 28 di-

carattere leggero e spigliato. Infatti quattro grossi e nutriti putti coronati di foglie e fiori, prendono allegramen-

cembre dello stesso anno, ritorna ancora nel paesino nell’estate successiva, forse per dare qualche ritocco alla

te d’assalto la fontana delle Faune. Uno di essi già ritto sul cerchio innalza trionfante il calice da dove scaturisce

prette ad abbeverare alla

fontana o solo per godere della piacevole compagnia degli abitanti del borgo e dell’ “ombra dei

faggi”8.

l’acqua spumante, l’altro beve nella tazza ricolma, il terzo si arrampica faticosamente sull’orlo della coppa, men-

Una cinquantina d’anni dopo l’inaugurazione della fontana, il 22 agosto 1941 la Presidenza del Consiglio

tre l’ultimo corre in suo aiuto”11. Seguono nel documento indicazioni di carattere tecnico relative alla fontana da

con parere favorevole del ministero dell’Educazione nazionale autorizzava la consegna della Pastorella in bronzo del-

costruirsi in pietra del monte Radicino, particolarmente resistente alle gelate che spesso colpiscono Montelanico,

la fontana all’Ente distribuzione rottami per la realizzazione e il completamento dei monumenti e delle lapidi ai caduti della prima guerra

mondiale9.

Immediata fu la reazione dell’amministrazione comunale, che attraverso una se-

Fontana di Cisterna, 1885-1890, foto d’epoca

e in travertino di Tivoli. Per la coppa cesellata decorata con putti e fauni in bronzo giallo rosso era previsto l’uso di un ferro inossidabile fuso dallo stabilimento Nelli, cui l’artista era legato da strettissimi vincoli professio-

rie di lettere dai toni sempre più ansiosi ed angosciati variamente indirizzate alla Regia Prefettura di Roma, alla Pre-

nali. Conscio delle difficoltà economiche in cui versavano i piccoli centri Biondi richiede, anche in virtù dei lega-

sidenza del Consiglio e alla Soprintendenza ai monumenti del Lazio, riuscì a bloccare la rimozione della scultura.

mi di amicizia con molti degli abitanti del paese, un compenso di sole 8.000 lire, pagabile in cinque rate tra il

Come descritto da Biondi la fontana, chiaramente ispirata nella struttura a quella di Cisterna di Latina

1891 e il 20 dicembre 1893.

e perfettamente integrata nella struttura rocciosa del borgo, è coronata da un pastorella e da due caprette in bron-

Nel corso dell’estate del 1891 lo scultore si divide tra Morolo, Gorga, dove sta lavorando alla fontana del-

zo a grandezza naturale, simbolo dell’operosità degli abitanti di Gorga. La giovane modella, che indossa il costu-

la Pastorella, e Montelanico, dove credeva, come scrive il 6 settembre a Grubicy, “di fare mari e monti”, ma non

me tradizionale della zona, e gli animali sono ritratti con un accurato realismo. I moderni miti di prosperità e svi-

riuscendo in realtà “a fare altro che mangiare bere e bere, con questi simpatici e grossi canonici”12, cioè gli espo-

luppo della fontana di Cisterna cedono ora il passo a un’esaltazione della nobile ed incorrotta fierezza degli abi-

nenti dell’anticonformista clero locale, cui era legato da una lunga e fraterna amicizia. Don Paolo Evangelisti era

tanti delle montagne lepine. In sintonia con il pensiero del suo amico Grubicy lo scultore, certamente attento in

poeta satirico di orientamento liberali, l’arciprete don Angelo Ciminelli fu per cinquantotto anni parroco di Mon-

questi anni alle prove pittoriche di Francesco Paolo Michetti, cerca ispirazione direttamente nella natura vergine.

telanico, l’arciprete don Clemente Fabrizi era poeta satirico e latinista, monsignor Domenico Petriconi, all’epoca

Una lettera indirizzata al teorico e mercante milanese da Napoli il giorno di Pasqua del 1886 è un interessantis-

già scomparso e sepolto nella tomba realizzata dallo stesso Biondi nel cimitero di Anagni, era stato poeta, lati-

simo documento relativo all’interesse dell’artista per i costumi popolari: “[…]mi sono prefisso di fare una serie

nista, archeologo e Vicario generale della diocesi anagnina, don Luigi Galanti era poeta e don Francesco Raimon-

di studi, un centinajo, per esempio, di figurine e gruppetti, e che abbiano il vero carattere dei costumi popolari

di aveva idee liberali e progressiste che gli erano costate dodici anni di reclusione nelle carceri di Tarquinia13.

napolitani, che nessuno gli ha resi fino ad ora nel suo vero colore, ne Dal Bono [sic] ne Caprile ne Matania ne Zo-

La fontana, detta delle Faune, dai puttini in bronzo, è ufficialmente commissionata il 12 gennaio 1891

naro, e fatta eccezione di Caprile che in piccole proporzioni potrebbe fare qualche cosa il rimanente degli artisti

ed inaugurata già nel novembre dello stesso anno alla presenza del complesso bandistico di Valmontone, al tem-

napolitani sono in una via falsa e non potranno farne giammai. Fare de costumini ciociari presi a volo con quel

po rinomatissimo, con un gran banchetto, cui prese parte tutta la popolazione. L’iscrizione “quod artis monu-

carattere ancora selvaggio che conservano, percorrere la bellissima Calabria e rendere il carattere di quei paesi

mentum ignorantia et malus astus Laurentii Bizzarri syndaci morelensis erigi intra natalis oppidi moenia prohibue-

che io conosco ed è immensamente artistico, andare in Sicilia, e forse anche negli Abbruzzi che io non conosco

re hoc vestrum siet metellanicenses amicorum optimi”14, rinvenuta nel 1922 sulle lettere S.P.Q.M. che decorano il

ma credo vi rimarrà sempre da fare anche dopo tutto quello che ha saputo produrre il suo nume. Io parlo di Mi-

blocco centrale della fontana, permette di supporre che i tempi estremamente veloci di realizzazione siano dovu-

chetti e non di Barbella, perché egli quel cavaliere è punto produttivo, in otto anni di gloria e d’incoraggiamen-

ti a un cambio di destinazione dell’opera. L’artista, in rotta con il sindaco di Morolo Lorenzo Bizzarri, che rappre-

to non ha fatto che quelle sei o sette figurine che tu conosci, e che sono buone non vi è dubbio, e specialmente

sentava i notabili locali, destina a Montelanico la fontana già progettata per il suo paese natale.

alcune, ma ora non ne farà più perché Michetti non ha tempo d’occuparsene […]10”. La monumentale pastorella,

Fontana di Gorga, 1890-1891

che si erge isolata sullo sperone roccioso, è concepibile solo in relazione con le dieci figure dei Saturnali, cui Biondi andava lavorando dal 1888, e alla volontà di realizzare una scultura viva e scientificamente esatta oltre ogni canone accademico. La testa di leone in bronzo posta sulla vasca alla base dello sperone di roccia commemora papa Leone

XIII

finanziatore della fontana. Una targa, inserita nella roccia, reca, invece, l’iscrizione latina “Ordo

decur. Gurgen. ducto e proximis scatebris rivo acquae penuriam sustulit sumptu publico collata que liberalitate Leonis XIII P.M. AN MDCCCXXXIX”, che ricorda l’inaugurazione della conduttura d’acqua avvenuta nel 1889. L’ultima delle fontane di Biondi è realizzata nel 1891 per Montelanico, piccolo centro dei monti Lepini. Il paese, tradizionalmente ricco d’acqua a differenza di molti centri circostanti, si serviva di una fontana fatta co-

Ernesto Biondi

Fontana di Montelanico, 1891, foto d’epoca

11 Archivio comunale di Montelanico, Registro delle deliberazioni, 1890, n. 108, cit. in G. Ronzoni, L’artistica fontana di Ernesto Biondi nella piazza di Montelanico, in “Lazio ieri e oggi”, aprile 1977, pp. 77-81; A. Biondi, Ernesto Biondi…, cit., pp. 73-85; M. Carrozzi, Montelanico. Quadri di costume e di vita di un borgo dei Lepini dall’Unità d’Italia a oggi, Colleferro, Ferrazza, 1990, pp. 112-113; G. Ronzoni, La storia dell’artistica fontana di Ernesto Biondi, in Montelanico e la fontana del Biondi (1891-1991), in “Documenti di storia lepina”, 9, 1991, pp. 13-16. 12 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 6 settembre 1891. 13 G. Ronzoni, L’artistica fontana…, cit.; L. Roberti, “Sia vostra, montelanichesi: i migliori amici”!, in Montelanico e la fontana del Biondi…, cit., pp. 17-19. 14 “Poiché l’ignoranza e la perversa astuzia di Lorenzo Bizzarri Sindaco di Morolo impedirono l’erezione dell’opera d’arte entro le mura del paese natio, questa sia vostra, o montelanichesi, i più cari degli amici. E. Biondi”. 15 Archivio comunale di Montelanico, Registro delle deliberazioni, 1890, n. 108, cit. in G. Ronzoni, L’artistica fontana di Ernesto Biondi…, cit.

Posta al centro della caratteristica piazza Vittorio Emanuele, la fontana unisce la struttura tradizionale della vasca quadrilobata con una resa del tutto antiaccademica e realista delle figure. I puttini alati e il fauno po-

6

Comune di Gorga, 1886, categoria VII, Costruzione della fontana e inaugurazione della stessa (1890); A. Biondi, Ernesto Biondi…, cit., pp. 63-64. 7 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 12 gennaio 1892. 8 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 23 agosto 1893. 9 Tutta la vicenda è ampiamente documentata da un fitto carteggio conservato presso l’archivio del Comune di Gorga, 1941, categoria IX. 10 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera di Pasqua 1886.

38

sto al centro della coppa sono studiati dal vero in pose diverse. I corpi snelli e scattanti sono ricchi di suggestioni, dall’eleganza rinascimentale della romana fontana delle Tartarughe al realismo napoletano di Vincenzo Gemito riletto da Biondi in chiave scanzonata e leggera nel rispetto dell’ “umore gioviale dei montelanicesi”15. Secondo una tradizione locale i tre puttini rappresenterebbero Carpineto, Segni e Gavignano, all’epoca ancora privi d’acqua e costretti a dissetarsi alla fonte dei montelanicesi.

Ernesto Biondi

39

I Saturnali o della decadenza

Nel 1885 Ernesto Biondi aveva esordito sulla scena internazionale presentando all’Esposizione universale di Anversa alcune sculture di soggetto orientaleggiante e pompeiano, secondo il gusto del mercato artistico, e il bronzo L’ultimo re di Gerusalemme (La morte di Antigono), che aveva suscitato accese polemiche fra gli espositori perché rappresentava un uomo decapitato. Il macabro soggetto, tratto da un oscuro episodio della storia ro-

Stefania Frezzotti

mana, raffigurava Antigono, ultimo re di Gerusalemme, il quale, fatto prigioniero da Antonio, fu da questi, per ambizione di potere, fatto decapitare e, così mutilato, esposto sul patibolo1. Contro ogni regola di naturalismo accademico fondato sul vero, sul bello, sul buono, contro il panorama della scultura internazionale che in occasione delle grandi esposizioni proponeva prevalentemente piacevoli soggetti di genere anedottico, leziosaggini infantili o elaborate allegorie, con quest’opera provocatoria e scandalosa Biondi intendeva sollecitare una forte impressione sul pubblico e, con gesto anticonvenzionale, puntava sul brutto, sullo sgradevole non temperato da finalità edificanti o da patetismo sentimentale. Inoltre, la scelta del fosco dramma metteva già in luce l’interesse dell’artista per i momenti non esemplari della storia di Roma e delle sue istituzioni: non il trionfo o l’episodio

I Saturnali all’Esposizione universale di Parigi, da “Figaro Illustré”, novembre 1900

eroico, ma l’azione scellerata, l’inizio di una corruzione del costume morale perché, mentre Cesare aveva vinto i re e i condottieri, il suo emulo Antonio aveva consegnato Antigono al carnefice, non seguendo in ciò la consuetudine di esibire i prigionieri in trionfo come emblema della superiorità e della forza romana, bensì il sanguinario dispotismo orientale.

Nella pagina a fianco: I Saturnali, particolare, 18881899, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Se il neoclassicismo e il romanticismo avevano codificato l’idea di un rinnovamento politico e morale della società attraverso l’arte e un’interpretazione del mondo classico come repertorio di exempla da cui attingere, negli ultimi decenni dell’Ottocento si ricerca nelle virtù e nei vizi (soprattutto nei vizi) un rispecchiamento della situazione presente, un riflesso delle inquietudini contemporanee. I soggetti, che di antico spesso hanno solo un pretesto ambientativo o qualche citazione erudita senza un reale intento conoscitivo, possono trarre ispirazione tanto dalla letteratura e storiografia classiche quanto dalla contemporanea popolare narrativa di argomento romano, secondo un procedimento per cui si proiettava sul passato una coscienza moderna2. Un certo storicismo, l’indagine socio-antropologica tardo ottocentesca hanno inoltre agito in senso antiromano, negando l’u-

1

cfr. Belle Arti. La morte di Antigono, in “L’Illustrazione Italiana”, XII, 31, 2 agosto 1885, pp. 78-79, ripr. p. 79; A. Lauria, I funerali di Roma, in “Natura e Arte”, XI, 1899-900, 9, p. 720. 2 cfr. C. Sisi, Umbertini in toga, in “Artista”, 5, 1993, pp. 174-189; S. Settis, Futuro del classico, Torino, Einaudi, 2004, p. 54. 3 cfr. A. M. Damigella, Salvatore Grita e il Realismo nella scultura, Roma, Lithos, 1998, pp. 85, 90.

manistica idea di Roma universale ed eterna. Nel panorama italiano, l’Esposizione Nazionale di Napoli del 1877 aveva rappresentato il momento in cui i temi romani si erano saldati con l’affermazione dei principi del realismo, inteso come spirito di verità scientifica e metodo di indagine applicabile anche contro le false ideologizzazioni del mondo antico. Sul vivace ambiente napoletano aveva agito l’influenza del pensiero di Francesco De Sanctis, espresso nello scritto I principi del realismo e in particolare nella conferenza Il darwinismo nell’arte3, in cui si affermava la possibilità per l’artista di affrontare anche tematiche con personaggi “negativi”, come peculiare conseguenza del senso del vero. Il dibattito critico si era accentrato in particolare su due opere piuttosto innovative nei loro soggetti “negativi” che costituiscono un precendente formale e tematico per i Saturnali di Biondi: il Nerone di Emilio Gallori, in cui predomina il tono grottesco e I Parassiti di D’Orsi, per la cruda raffigurazione di degrado morale. La rivisitazione moderna dei temi romani trova il suo apice alla Esposizione nazionale di Torino del 1880, dove le sculture premiate hanno prevalentemente una vena politica con allusioni all’attualità storica, quali Il Trionfo di Germanico e Victa di Francesco Jerace, I gladiatori e Aspasia di Eugenio Maccagnani, Cum Spartaco pugnavit di Ettore Ferrari, Rebecca di Gerolamo Masini, Eulalia cristiana di Emilio Franceschi. Nel 1883, all’Esposizione internazionale di Roma, tale processo appare già in fase conclusiva, mentre si conferma una sostanziale involuzione nella ricerca di effetti sensazionali, di cui è esemplare Ad bestias di Emilio Franceschi, raffigurazione di un cristiano terrorizzato che sta per essere sbranato da un leone.

Ernesto Biondi

41

In tale contesto culturale Ernesto Biondi matura l’ambizioso progetto dei Saturnali, al quale l’artista de-

to nel 1889 scrive a Ettore Ferrari, autore del Cum Spartaco pugnavit, nonché influentissimo membro della mas-

dicherà circa dieci anni di lavoro, dal 1888 al 1899, nella convinzione di esprimere con quest’opera l’espressione

soneria e della Giunta superiore di belle arti, invitandolo nel suo studio per vedere il gruppo che stava modellan-

più compiuta del suo pensiero, sentendola, fin dal primo momento, come il suo capolavoro. La scultura, di note-

do e per mostrargli un suo bozzetto per il monumento a Cossa (morto nel 1881): “Roma 10 giugno 89 / Onore-

voli dimensioni, doveva raffigurare una scena di vita romana durante i Saturnali, le feste in onore di Saturno ce-

vole Sig. Ferrari, non vengo personalmente a seccarla, né scopo della presente è di far pressione al suo fine spi-

lebrate tra il 20 e il 23 dicembre con grande coinvolgimento popolare. Durante i Saturnali le istituzioni taceva-

rito d’artista di primissimo ordine, non è nell’indole mia il farlo né nella sua, sono certo, il riceverla, ma solo ar-

no, ogni sfrenatezza era consentita, ogni gerarchia rovesciata, schiavi e padroni confondevano e invertivano i pro-

disco pregarla di guardare benevolente il mio bozzetto a Pietro Cossa e di gradire la fotografia ed alcuni fram-

pri ruoli. Nel gruppo di personaggi discinti e barcollanti in preda all’ebbrezza (due sacerdoti, un patrizio, un bam-

menti d’un gruppo grande al vero che sto modellando in Via Luciano Manara 44-45. Mi riterrei molto onorato se

bino, una donna patrizia, un gladiatore, una prostituta, uno schiavo, un soldato pretoriano, un suonatore di flau-

volesse un giorno venire a vederlo, a fare tutte quelle osservazioni che credesse opportune per la buona riuscita

to4) Biondi intendeva mostrare uno spaccato delle diverse classi sociali in una fase di decadenza storica e mora-

del lavoro, osservazioni che fatte dall’autore del Compagno di Spartaco avrei molto a onorare […]. Ho creduto fa-

le dell’Impero romano.

re di Pietro Cossa quel tipo buono e semplice quale era, e come sono tutti gli uomini riscaldati dalla potente fiamma dell’arte”11.

Le iscrizioni poste sul retro dell’opera integrano la lettura dell’opera offrendone una più complessa chiave interpretativa basata sullo stridente contrasto tra l’eterogenea e gaudente compagnia e il senso di un mondo

In un articolo pubblicato sul “Giorno” nel novembre 1899, il critico Ugo Ojetti aveva posto in evidenza

pagano giunto al termine dei suoi giorni. “Saevior armis luxuria incubuit victumque ulciscitur orbem” 5: i versi del-

la connessione dei Saturnali con la popolarissima narrativa di argomento romano: “Confesso che dubitavo della

la sesta satira di Giovenale sono un amaro commento contro la dissolutezza e la corruzione dei costumi che, più forti delle armi, hanno disgregato l’antica gravitas, vendicando il mondo che gli stessi romani avevano assogget-

I Saturnali, particolare, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

tato. Dalla Pharsalia di Lucano è tratta la frase “Invida fatorum series summisque negatum stare diu nimioque graves sub pondere lapsus nec se Roma ferens” 6, cupa previsione della caduta della potenza di Roma sotto i colpi della guerra civile e del Fato avverso. Infine nelle parole di San Girolamo dall’Epistola a Elidoro, “Totius orbis mortuos plango[…] romanus orbis ruit”7 si avverte la meditazione sul crollo dell’Impero Romano, non solo per l’avanzata dei barbari, ma per il diffondersi della nuova spiritualità cristiana. È noto che le figure dei due sacerdoti sono derivate dai Parassiti di D’Orsi, a sua volta ispirato al Triclinio dopo l’orgia di Domenico Morelli (1861-63, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna). Nelle acconciature e negli abiti dei personaggi dei Saturnali si rileva una conoscenza dei costumi dei romani 8, con la probabile mediazione di fonti illustrate ottocentesche. I volti sono piuttosto caratterizzati, ai limiti del caricaturale, sono tipizzazioni antropologiche, individualità riferibili a categorie psicologiche e sociali. Sarebbe riduttivo circoscrivere l’argomento ad una operazione di archeologismo erudito, perché si tratta di una rivisitazione dell’antico attraverso un linguaggio plastico moderno d’impronta realistica. La potente scena dei Saturnali appare maturata da un confronto con ambiti pittorici e letterari, nutrita dalla diffusione, attraverso le esposizioni universali, della pittura pompeiana e antichizzante dei quadri da Salon, quali I romani della decadenza di Thomas Couture (1847, Parigi, musèe d’Orsay), o le numerose opere di Gérôme, o Le fiaccole di Nerone del polacco Henryk Siemiradzki, dipinto che aveva suscitato un enorme successo pubblico durante la sua esposizione a Roma nel

18819.

Parte integrante dell’affermazione della pittura ‘letteraria’ è dovuta

bellezza del lavoro: primo perché aveva entusiasmato troppi burocrati; secondo perché temevo di vederci un qualche ultimo influsso della retorica cossiana; terzo, perché la stuatuaria grande al vivo non la concepisco se non fusa monumentalmente con l’architettura. Ora in quel colossale gruppo di dieci figure, certo v’è molta retorica, e

4

Originariamente Biondi aveva ideato un gruppo di nove figure; la decima, il suonatore di flauto, venne aggiunta successivamente, probabilmente dopo le osservazioni di Grubicy. 5 D. Giunio Giovenale, Le Satire, introduzione e versione di G. Ceronetti, Torino, Einaudi, 1971, libro II, satira VI, vv. 292-293. 6 M. Anneo Lucano, La Guerra civile o Farsaglia, introduzione e versione di L. Canali, Milano, Rizzoli, 1981, libro I, vv. 70-71. 7 Ad Heliodorum, Epitaphium Nepotiani. 8 Vedi l’acconciatura a riccioli della donna patrizia e la testa di Vibia Matidia dei Musei Capitolini, cfr. R. Bianchi Bandinelli, Roma. L’arte romana nel centro del potere, Milano, Rizzoli, 1999, ripr. n. 110 p. 102 e F. Leoni, Busto di donna romana, in Espisodi di scultura in Italia, catalogo della mostra a cura di S. Grandesso, Roma, 2002 (Roma, Galleria Carlo Virgilio 2002), p. 56. 9 Siemiradzi. Le fiaccole di Nerone, in “L’Illustrazione Italiana”, 1881, I, pp. 375-377. 10 cfr. C. Sisi, Umbertini in toga, cit., p. 184, cita questi versi in un contesto riferito ai Parassiti di D’Orsi.

alla vasta fortuna popolare di romanzi quali Fabiola del cardinale Nicolas Patrick Wieseman (1854), il Nerone di

precisamente una tardiva eco di “Messalina” di “Fabiola” e, mettiamoci pure di “Quo vadis” - la solita romanità mal definita, vista attraverso i pregiudizi di diciotto secoli di cristianesimo e di “pulvis es”, sfigurata dal romanticismo di quaranta o cinquanta anni fa. Ma v’è anche l’Arte. E l’Arte v’è perché v’è l’espressione”12. Ojetti loda poi la composizione del gruppo, sinuoso, ondeggiante, ricadente ai lati. Seguendo una dinamica centripeta che ha il suo perno nella figura del gladiatore, i dieci personaggi avanzano, arretrano, balzano in avanti sbilanciati, mentre l’effetto espressionistico del gruppo è accentuato dal piano di appoggio, che simula il selciato di una strada, volutamente inclinato. Biondi infatti intendeva presentare l’opera su un basamento bassissimo per produrre l’effetto illusionistico di personaggi vivi tra il pubblico degli spettatori13. La disposizione frontale delle figure è stata acutamente interpretata da Ugo Fleres come una scena eminentemente teatrale in cui gli attori, anziché essere famosi personaggi storici, sono anonimi, scelti dall’artista in

11 Archivio Centrale di Stato, Fondo Ettore Ferrari, b. 10, f. 468. 12 “Il Giorno”, 19 novembre 1899; pubblicato in A. Biondi, Ernesto Biondi. Vita e opere, Frosinone, Tipografia dell’Abbazia di Casamari 1985, pp. 114-115. 13 Effetto che riprodurrà esattamente durante l’Esposizione universale di Parigi, cfr. C. Mauclair, La sculpture étrangère. Les Beaux-Arts et les Arts décoratif à l’exposition universelle de 1900, in “Gazette des Beaux- Arts”, 1900, p. 418. 14 U. Fleres, All’Esposizione Universale di Parigi. Saturnalia, in “L’Illustrazione Italiana”, 1900, I, pp. 439-440; nell’articolo Fleres analizza la scultura in rapporto con Le fiaccole di Nerone di Siemiradzki e con il Quo vadis? di Sienkiewicz.

modo che rappresentino l’intera Roma avviata sulla precipitosa china della decadenza, così che, il pendio sul quale quei personaggi si inoltrano, il piano inclinato, sembra indicare appunto quella stessa ineluttabile discesa14. Fleres rileva proprio nella composizione il massimo pregio e nello stesso tempo il massimo difetto, avendo lo scultore concepito l’opera pittoricamente e non come gruppo plastico. Citando come esempio compositivo di un gruppo scultoreo il Toro Farnese (Napoli, Museo Archeologico Nazionale), per Fleres le figure dei Saturnali non sono tra loro coese in un unico agglomerato, collocando in secondo piano i personaggi minori con alternanza di pieni e di vuoti; lo scultore invece aveva rifiutato l’accentramento della scena, articolando una disposizione a schiera

Robert Hamerling (1872), Quo vadis? di Henryk Sienkiewicz (1894-96), in cui gli intrecci narrativi, gli episodi di

che ha come immediato precedente, in questo affacciarsi alla ribalta, Gli scolari del Cuore di Ettore Ximenes (1888,

passioni, depravazioni, persecuzioni e martiri cristiani offrivano un inesauribile repertorio alle arti figurative. La

Ascoli Piceno, Museo civico, proprietà Galleria nazionale d’arte moderna); ma, rispetto all’opera di Ximenes, il

fonte letteraria più vicina ai Saturnali di Biondi sembra da indentificare negli scritti teatrali di Pietro Cossa; la

gruppo di Biondi ha una audacissima dinamica lineare.

sua opera più nota, Nerone (1871) era stata all’origine del Nerone travestito da donna di Emilio Gallori, accusato

Un’interessante testimonianza delle riflessioni dell’artista durante l’esecuzione dell’opera è costituita dal

di oscenità e mancanza di pudore in occasione dell’esposizione nel 1877. La scena di un ubriaco nell’atto II del-

fitto scambio di lettere con Vittore Grubicy, conosciuto in occasione dell’Esposizione universale di Anversa nel

la Messalina di Cossa (1876) è una descrizione che si adatta al sacerdote riverso a terra di Biondi: “Russava un

1885, divenuto ben presto amico e mercante di Biondi, punto di riferimento e di appoggio nei momenti difficili

ubriaco, e a braccia aperte / ingombrava la strada ai cittadini, / sdraiato sotto un portico: mi parve / in quell’i-

nonostante il diverso temperamento artistico. Biondi mette al corrente Grubicy del procedere del lavoro solleci-

nerte corpo ravvisare / l’immagine di Roma” 10. Biondi aveva una conoscenza diretta delle opere di Cossa in quan-

tando spesso il suo parere: “Roma 9 8bre 88 / Carissimo Vittore, […] Ti scrissi d’un gruppo di nove figure grandi

Ernesto Biondi

Ettore Ximenes, Gli scolari del Cuore, 1888, Ascoli Piceno, Museo civico, proprietà Galleria nazionale d’arte moderna

42

Ernesto Biondi

43

al vero che sto modellando. Come sarei contento se tu potessi vederlo prima che m’inoltri di più nel lavoro! Se venissi per le feste dell’Imperatore quali ore deliziose mi faresti

solo perché lo trovi - eminentemente pittorico - Neanche capisco come tu senta la necessità di vederci il fondo

passare![…]”15.

per accorgerti d’essere dinanzi ad una scena dei Saturnali. L’Angelus di Millet è una delle poche cose che m’im-

Grubicy cerca di coinvolgere Biondi nel progetto di una esposizione americana, ma lo scultore non si

pressionano, appunto perché è eminentemente scultorio quel quadro, e non è il fondo che produce in me quel-

sente pronto e non è disposto ad abbandonare o ritardare il lavoro dei Saturnali, nei quali è totalmente coinvol-

l’effetto, ma sono quelle due statue diritte e mute una incontro l’altra, tanto che se invece di quella linea di pae-

to: “Roma 8 gennaio 1889 / Mio caro Vittore, Ho riletto con calma la tua lettera e te ne rispondo in proposito. Il

se, mi ci mettessi dietro una baracca di burattini, purchè questi non turbano le linee delle due figure, scommet-

progetto d’andare in America mi piace e per la fiducia che ho in te partirei domani stesso, ma tu sai il lavoro che

to che resterei inchiodato lo stesso, dinanzi a quel lavoro. Non è una scultura il S. Antonio di Morelli? Sono for-

ho per le mani sul quale vado mettendo tutta l’anima mia. I Saturnali - questa sfilata di sacerdoti meretrici gla-

se quelle apparizioni di donne che impressionano in quel quadro e non è una pittura il Proximus tuus d’Achille

diatori ecc. … rappresentano tutta la mia forza intellettuale (se ne ho) ma artisti non sospetti che l’hanno già

d’Orsi? Non vedi tu forse la lunga distesa di terreno che ha vangato quel contadino? eppure l’artista te ne ha pre-

visto, vi hanno trovato dentro un movimento ed un fremito di vita sorprendente. Per terminare il modello di que-

sentati solo 50 centimetri quadrati…. è quel petto affannato che te lo lascia vedere… Molto meno capisco come

sto lavoro ci vogliono non meno di tre mesi, e se a te piace e decido di fonderlo in bronzo ci vogliono altri tre

tu chiami colossali delle figure grandi al vero - precisamente grandi al vero - la scultura più piccola del vero non

mesi per preparare le cere. Per cui non potrei partire prima di 6 o sette mesi altri. Oltre all’impegno morale di ter-

so spiegarla, ma grande al vero sì, l’illusione rimane giusta amico mio, e giusta e completa è l’illusione di questo

minare il lavoro ho anche un contratto stipulato con Alessandro Nelli che mi fornisce i mezzi non indifferenti per

gruppo (almeno così lo sento anche dopo tre anni) e per renderla più sana, metterò il gruppo in terra e farò cam-

andare innanzi col modello e di fonderlo in bronzo azzardando 25000 lire circa. Del resto a te non è difficile tro-

minare le figure tra bastoni di peperino che ruberò qui in Roma nell’antica via trionfale. Tornando al fondo a me

vare il modo di conciliare questo ritardo colla partenza per l’America. [….] Tutto tuo

Ernesto”16.

pare che legando al gruppo il tuo alto e basso rilievo acquisterebbe d’importanza il lavoro e di mole, diventereb-

Da buon mercante Grubicy si preoccupa evidentemente della futura difficile vendita dell’opera, ma Bion-

be più scultura ma meno arte, quell’arte che scaturisce di getto dal cuore e dalla quale si può ricostruire il tem-

di punta fin dall’inizio ad una collocazione pubblica, tra cui la Galleria nazionale d’arte moderna da poco istitui-

peramento, l’indole, e le passioni dell’artista. Io sarei costretto a fare una composizione prospettica là dietro con

ta, per la quale il Ministero stava procedendo con acquisti mirati alla formazione della collezione: “Roma 15 mar-

figure lontane piccole piatte e naturalmente false, illusione in questo caso sarebbe perduta oltre a perdere il sol-

zo 90 / Caro Vittore, Fare della scoltura viva giovane colorita, della gente che ride che parla, che cammina, fare

letico di vedere il lavoro ai fianchi e di dietro che fa molto meglio che dinanzi. Circa il numero, io ne ho fatte 9

un’opera unica e sola nella storia dell’arte, che nè i greci, nè i Romani, e molto meno i moderni l’hanno mai ten-

ne una di più ne una di meno, poiché 9 soltanto me ne uscirono dall’anima, ed anche con questo numero limita-

tata, dare un’addio alla scultura, che non si presta a vendere tuttavia che mi bolle nel cuore, e dedicarmi intera-

to mi pare giusta, ed aggiungo completa, l’immagine della corruzione romana, la crapula l’orgoglio la libidine dei

mente alla pittura… Questo è lo scopo del gruppo che tu duri fatica a concepire circa il modo di collocarlo che

sacerdoti, la lussuria della patrizia che si dà al gladiatore, la meretrice, la schiava della carne e lo schiavo dello Testa di schiavo (da I Saturnali), Sezze, Antiquarium

rata… ma io ci tengo molto a quelle cianfrusaglie che chiamano il concetto filosofico dell’arte: lo scopo principale è di fare della gente che vive che palpita che sospira; e far girare il mondo a questi lavori”17. L’opera assorbe le più intime energie dell’artista, lo colpisce emotivamente: “…Tu mi fai piacere amico mio a parlarmi in quel modo del tuo bosco. Tu hai una potentissima anima d’artista ed hai il vantaggio di saperlo esprimere con parole. Quello che tu senti pel bosco, lo sento io nel gruppo; io sto delle settimane intere a girargli intorno come un matto, quelle figure, che mi saltano addosso, mi fanno paura in certi momenti, e nei gior-

ma a me pare che anche senza il fondo questo gruppo possa rendere ciò che ho sentito nel fondo. Del resto la mia

15

MART, Archivio del 900, Fondo Grubicy, corrispondenza di Ernesto Biondi, Gru. I. 1. 1. 112 (da ora Mart, Gru., I.1.112), lettera del 9 ottobre 1888. 16 Mart, Gru., I.1.112, lettera del 8 gennaio 1889. 17 Mart, Gru., I.1.112, lettera del 16 marzo 1890. 18 Mart, Gru., I.1.112, foglio senza data, ma databile tra il 1890 e il 1893 perché nel testo si dice che Giulio Aristide Sartorio sta lavorando al Trittico delle vergini savie e delle vergini stolte per il conte Primoli.

te veri, dare al gruppo una linea nuova, un carattere originale, ed assestare l’ultimo calcio alle pastoje accademiche - Dio voglia che non mi sia ingannato”19. Nel gennaio 1897 il modello originale è finito, pronto per essere fuso da Nelli: “finalmente, dopo più di otto anni di fatiche, di dolori, di preoccupazioni, ho finito il gruppo, quel demonio che mi ha strappato quasi 50.000 lire di sudato metallo, tante ne ho dovuto guadagnare in otto anni lavorando, a tempo perduto. Ho finito quell’infame ed ora da due giorni si sta imbiancando di gesso, mentre l’avv. Commendator Lanzi, un vecchietto rugginoso e cattivo mi sta vendendo all’asta pubblica quelle quattro bancarelle che facevano da mobili in mia casa… Ho fat-

ni di sconforto e di miseria, ho pianto dinanzi a quei demoni! Immagina tu che cosa buffa, vedere quel faccione

to bene a gettare su quei 40 quintali di terra 8 anni di gioventù? Ho fatto male? Non mi curo d’investigarlo, quel-

che piange!”18.

lo che m’interessa, è quello che mi mette di buon umore, è che mi sento liberato da un grande guaio” 20.

Grubicy aveva nel frattempo avanzato alcune perplessità sul modello, presumibilmente ritenendolo ope-

Fin dall’inizio del suo lavoro, Biondi si era molto adoperato per far acquistare i Saturnali dalla Galleria

ra di illustrazione pittorica più che plastica, suggerendo di posizionare le figure su uno sfondo a rilievo; Biondi

nazionale d’arte moderna e con tale obiettivo aveva cercato di volta in volta di coinvolgere influenti personalità

difende le sue scelte esprimendo con determinazione la sua concezione dell’opera: “Roma 10 aprile 91 / Mio ca-

degli ambienti governativi: in primo luogo, come si è detto, Ettore Ferrari, che dal 1883 faceva parte della com-

ro Vittore. La tua lettera mi fece perdere un poco l’equilibrio, ed io ho voluto aspettare qualche giorno prima di

missione che affiancava il Ministero negli acquisti per la Galleria e membo della Giunta superiore di belle arti; cer-

risponderti, tanto per aver campo di ripensarci sopra. Seguirò la tua traccia, se mi riesce di tenermi in riga. Tie-

ca di ottenere una visita al suo studio dell’allora ministro Pasquale Villari (“molto bene disposto al mio riguar-

ni duro adunque e stammi a sentire… tu pure. Per me la pittura è scultura, la scultura è pittura, e tutte e due

do”21); è lusingato dagli apprezzamenti di Domenico Morelli (“il Nume”22); riceve concrete promesse di appoggio

queste cose debbono essere musica, e più un’opera possiede queste tre qualità riunite e più entra nel campo del-

da Ferdinando Martini, letterato e uomo politico, ministro dell’Istruzione dal 1892 al 1894, sostenitore della scuo-

la grande arte, dell’arte completa. Ora non capisco come tu possa chiamare sbagliato il concetto del mio gruppo

la napoletana23.

Ernesto Biondi

Mart, Gru., I.1.112, lettera del 10 aprile 1891. Mart, Gru., I.1.112, lettera del 26 gennaio 1897. 21 Mart, Gru., I.1.112, lettera del 24 febbraio 1891. 22 Mart, Gru., I.1.112, lettera del 6 settembre 1891. 23 Mart, Gru., I.1.112, lettera dell’aprile 1893. 20

preoccupazione è stata quella di fare della scultura viva, che non somiglia alle altre, fare dei tipi scentificamen-

quistarlo alla casa reale, se non vogliono mostrarsi quello che veramente sono, dei cretini, o alla disperata vi è sempre un museo estero, una sala d’inverno, un teatro [….] Tu così buono e così tollerante riderai a questa spa-

19

spirito, questo uomo reso ebete dalla fatica e dalla catena, il soldato rotto al saccheggio ed alla rapina, insom-

per me è stata una cosa secondaria è presto detto. Se riesco a finirlo come lo sento dovrà essere un’opera d’arte di primissimo ordine, ed allora debbono comperarlo per la Galleria Nazionale, se non sono dei vili, o debbono ac-

I Saturnali all’Esposizione universale di Parigi, disegno di G. Amato, da “L’Illustrazione Italiana”, 29 luglio 1900

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Ernesto Biondi

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Nonostante le reciproche incomprensioni con l’ambiente dell’estetismo romano intorno a Giulio Aristide

mero del - Giorno - dove mi è dato leggere un brano di prosa elegante che Ella dedica al mio gruppo - Saturna-

Sartorio, a Nino Costa e alla società In Arte Libertas, la strategia di ricerca del consenso nei circoli artistici e uf-

lia - esprimo i sensi della mia viva gratitudine per quanto Ella dice di cortese a mio riguardo, ma nel tempo stes-

ficiali romani produce concreti risultati: “Basile, quanta vita! Calandra, quanta armonia, come tutto è armonico!

so in ossequio alle ragioni dell’Arte sento il bisogno di replicare a qualcune delle sue osservazioni. Creda, egre-

D’Orsi, che coraggio! Morelli si fece girare il gruppo palmo a palmo e vi trovò delle bellezze meravigliose. Faldi vi

gio signore, l’opera mia non si ispira ad una delle solite interpretazioni della vita romana, sulle quali troppo si

girava intorno sbalordito bestemmiando ostie, e tutti in coro = bisogna averlo a Parigi nel 900 sarà la nota più

è fermata la scultura antica e moderna, ho cercato invece di comprendere nel meraviglioso movimento di una

originale e più forte della

mostra”24.

storia che riassume in sè parte della esistenza dell’umanità un momento umano che vorrei quasi chiamare uni-

Finalmente, nel 1898 i Saturnali sono acquistati dal Ministero, inventariati nei registri della Galleria na-

versale, eterno che a distanza si riflette e si ripercuote nel nostro spirito. È il momento in cui lo spirito cristia-

zionale d’arte moderna nel 1899, in tempo per partecipare come proprietà dello Stato all’Esposizione universale

no (tanto diverso da cristianesimo) posto al contatto colla società antica vacillante, la decompone, la precipi-

di Parigi del 1900, mentre una folla straordinaria accorreva alla fonderia Nelli, attratta dalla curiosità dell’argo-

ta. Nella figura del gladiatore è l’avvenire conscio di sè, nella patrizia, il sentimento intuitivo della donna che

mento25.

Paradossalmente, nel 1901, al rientro dell’opera a Roma da Parigi, i Saturnali saranno collocati nella se-

sente per istinto l’idea vitale, e per legge misteriosa vi muove incontro, l’etera, poi lo schiavo ebbro, il soldato

de della Galleria al palazzo delle Esposizioni, nella sala degli artisti dell’ambiente romano accanto al dittico di

abbrutito poco hanno in vero di antico, sono tipi eterni della deformazione psichica professionale che passano

Sartorio Diana di Efeso e gli schiavi e la Gorgone e gli eroi, accostati per il soggetto

“antichizzante”26.

per il mondo come meteore e sono la plebe dei Saturnali, come i cenciosi delle crociate, la canaglia del S.Bar-

Anche per l’esposizione di Parigi Biondi aveva pregato Ettore Ferrari di adoperarsi presso i giurati itapremi27.

tolomeo ecc. Queste figure vivono e palpitano nelle nostre strade, per le nostre vie, sono gli attori delle nostre

All’interno di una sezione italiana che comprendeva anche le opere più

ebrezze, gli strumenti tragici delle rivoluzioni, vittime dello sfruttamento sociale, diventano ad un tempo i car-

avanzate di Medardo Rosso e le Vittime del lavoro di Vincenzo Vela, le tre medaglie d’oro per la scultura furono as-

nefici della società che li opprime, per piegarsi poi sotto il giogo di nuove oppressioni. I Sacerdoti poi formano

liani che dovevano assegnare i

segnate a Leonardo Bazzaro (Senectus), Biondi e Vincenzo Gemito, premiando un gusto che incontrava il favore del pubblico internazionale e la percezione dell’arte italiana dall’esterno. Non c’è alcun dubbio sul fatto che i Saturnali avessero suscitato grande risonanza, ma l’opera aveva nettamente diviso la critica sia italiana che france-

il gruppo degenerato della religione pagana ufficiale, nella quale s’impersonava ormai l’impero cadente. Se veTesta di donna patrizia (I Saturnali), gesso, Roma, famiglia Biondi

se: osannata per la sua spettacolarità, per l’arditezza del concetto, per l’abilità esecutiva fuori dal comune e la

dendo quel mondo attraverso questo prisma io ho potuto in qualche punto trovarmi a contatto coll’autore del Quo-vadis- (il di cui libro in verità non ho ancora letto) la colpa non è certo mia, ma però essere la conseguenza di fatti eterni che esaminati con criterio coscienziosamente sincero hanno prodotto in due artisti diversi, im-

24

singolare forza espressiva, per la capacità di aggregare intorno ad un’unica idea compositiva dieci diversi personaggi, seconda in ciò solo ai Borghesi di Calais di Auguste Rodin; criticata per le dimensioni esagerate, per il soggetto brutale e volgare, per la composizione “scucita”, per un senso di artificiosità che ricorda la facilità della maniera “spagnola”28. A New York, pochi anni dopo, i Saturnali continuavano ancora a sollevare accesi contrasti. Biondi infatti aveva eseguito la fusione di un secondo esemplare per l’esposizione panamericana di Buffalo del 1902. Al termine della mostra il direttore del Metropolitan Museum di New York aveva proposto all’artista di esporre l’opera nella sala centrale del museo per un anno, alla fine del quale sarebbe stata definitivamente acquistata; ciò non avvenne perché la scultura fu attaccata dalla stampa perché considerata volgare, dal soggetto non appropriato ad un museo pubblico; amareggiato per la rottura dell’accordo, Biondi tentò una dispendiosissima causa contro il museo

americano29. In realtà, la scena orgiastica dei Saturnali non era propriamente uno scandalo, perché, nonostante lo

scultore ostentasse un atteggiamento dissacrante, l’opera aveva goduto del largo favore del pubblico e del concreto appoggio degli ambienti governativi che più contavano nell’orientare gli indirizzi ufficiali della politica culturale, sia nelle esposizioni che negli acquisti pubblici. In una lettera a Ugo Ojetti, in risposta al già citato articolo sul “Giorno”, Biondi si difende dall’accusa di eccessiva familiarità con i consueti romanzi storici, ribadendo l’originalità da “ribelle” della sua visione; nel far questo, esprime una inedita lettura più ideologica della propria opera, non limitandosi alla scontata interpretazione moralistica sull’irreversibile fine del mondo pagano romano e l’avvento salvifico del cristianesimo, ma affermando di aver realizzato un’opera attuale, di aver mostrato l’eterna ed universale plebe senza scampo,

Mart, Gru., I.1.112, lettera 31 dicembre 1897. 25 “dietro proposta della Giunta di B.A. il ministero ha comperato il mio gruppo per essere fuso in bronzo portato all’esposizione di Parigi, e conservato di poi alla galleria di arte moderna” Mart, Gru., I, 1.112, lettera del 22 ottobre 1898; sul successo di pubblico a Roma cfr. U. Fleres, All’Esposizione Universale…, cit., p. 439. 26 Notizie, in “Arte e Storia”, XX, 1 luglio 1901, p. 84. Nel 1911, in occasione dell’Esposizione Internazionale di Roma, l’opera fu spostata nella nuova sede della Galleria nazionale d’arte moderna a Valle Giulia nella collocazione attuale. 27 A Ettore Ferrari: “Basile, Monteverde, Morelli, ecco i giurati scelti per Parigi. Ora come sai Morelli è malato e non potrà certo andarci, sarebbe questo il momento di muoversi perché al posto di Morelli possa entrare te o Jacovacci”. Archivio Centrale dello Stato, Fondo Ettore Ferrari, b. 10 f. 468. 28 G. Berri, C. Hanau, L’esposizione mondiale del 1900 a Parigi, Milano, Vallardi, 1900, pp. 136-137; R. Paralupi, L’arte italiana a Parigi 1900, Firenze, Bemporad, 1901, pp. 180-181; R. Pantini, L’arte a Parigi, Firenze 1901, pp. 239240; per la critica francese cfr. A. Pingeot, La scultura italiana vista da Parigi, in Italie. 1880-1910. Arte alla prova della modernità, catalogo della mostra a cura di G. Piantoni e A. Pingeot, Torino, Allemandi 2000 (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, 2000-2001; Parigi, Musée d’Orsay, 2002), pp. 60-61.

pressioni somiglianti. Rievoco nella fantasia tutti i Cesari gli Spartachi i Claudi i Neroni dell’arte nuova, riflesso pallido delle coturnate tradizioni degli scrittori apologisti, e nulla vi trovo che possa richiamare alla memoria il mio gruppo che me pare abbia rotto la tradizione. Se io abbia fatto bene o male sta alla critica il giudicarlo, ma solo io tengo a rimanere al mio posto avanzato di ribelle dal quale Ella con intelligenza sottile, voleva, non so

I Saturnali, particolare, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

perché, rimuovermi”30. In contrasto con la retorica del progresso e l’ottimistica fiducia nel positivismo, i Saturnali sono un’immagine cupa e pessimistica del secolo che muore con altra e assai simile decadenza: “Queste le scaturigini dell’opera nella quale ho cercato di trasfondere la psicologia di un momento che ha tanti termini di somiglianza con quello che noi attraversiamo; dar vita a tipi umani meglio che far risogere forme e costumi di un solo e grande periodo della storia del mondo”31. La sua ispirazione è nel verismo sociale, nella visione di una lotta senza riscatto tra patrizi e plebei, tra oppressi e oppressori, entrambi ciecamente abbrutiti e inebetiti, senza possibilità di incidere sul corso della storia. Questo elemento è stato evidenziato da Fleres per spiegare la “democraticità”, non demagogica, della scultura di Biondi32: per Fleres infatti la particolarità dei Saturnali è proprio in quella opposizione di due classi sociali, i patrizi e i diseredati, entrambi condannati; togliendo questo elemento la scena si sarebbe ridotta ad una semplice scena di crapula, e questa è la differenza con i Parassiti. Solo che, al confronto con opere più legate all’attualità quali Proximus tuus di D’Orsi o il già citato le Vittime del lavoro di Vela, emerge con chiarezza che l’ambientazione romana è un retaggio ottocentesco, che si assiste ad una sorta di “fraintendimento del vero” (per usare la categoria critica di Adriano Cecioni), che il vero ha ancora bisogno di essere occultato dietro l’apologo storico-morale, e che l’amara visione di Biondi, di cui l’artista era consapevole, chiu-

29 Cfr. The Saturnalia case, in “Bulletin of the Metropolitan Museum of Art”, 1, 1905, pp. 6-7; il secondo esemplare dei Saturnali è attualmente collocato nel Giardino Botanico di Buenos Aires, cfr. F. Leoni, Busto di donna romana, cit. 30 Fondo Ojetti, Galleria nazionale d’arte moderna, Carteggio Biondi, lettera del Natale 1899; le sottolineature sono di Biondi. 31 Ritaglio di stampa, s.d., Archivio Biondi; il testo è certamente successivo al 1899 perché nella prima parte riproduce quasi integralmente la lettera a Ugo Ojetti. 32 Cfr. U. Fleres, L’Esposizione Universale, cit., p. 432. 33 “Ho fatto opera d’arte o opera mancata? […] E per continuare ad essere sincero debbo aggiungere che ora, rivedendo il mio gruppo dopo venti anni dal tempo che l’incominciai, mi pare di stare dinanzi all’opera di un pazzo… Non sarà, forse; ma questa è la mia impressione che ne ricevo, per quanto voi, caro amico, vogliate, per bontà vostra, asserire che è il mio capolavoro” in O. Roux, Illustri italiani contemporanei..., cit. p. 239.

de definitivamente il secolo33.

travolta dalla storia e dai conflitti sociali: “Morolo Natale 99 / Illustre Amico, Ho ricevuto qui in questa falda dei monti Lepini, che nell’attuale stagione potrebbe meglio chiamarsi una delle culle spinose dei poveri, il nu-

Ernesto Biondi

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Ernesto Biondi

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Due committenze ufficiali: il Sant’Onesimo del quadriportico della basilica di San Paolo fuori le mura e il Gaio del palazzo di Giustizia

Il Sant’Onesimo1

Il cantiere della basilica di San Paolo fuori le mura, distrutta da un tragico

incendio la notte del 15 luglio 1823, coinvolge alcuni tra i più interessanti artisti romani Pio

IX

dell’Ottocento2.

Papa

aveva affidato la decorazione del nuovo tempio, consacrato nel 1854, ad artisti di sua fiducia. Dopo il 20

settembre 1870 il cantiere della basilica, ancora priva del quadriportico, procede piuttosto a rilento fino alla completa sospensione dei lavori3. Trascorsi diversi anni di inattività, nel 1889 il ministro della Pubblica istruzione Paolo Boselli interviene a favore della basilica, coinvolgendo i ministri di Grazia e Giustizia Giuseppe Zanardelli e

Teresa Sacchi Lodispoto

Nella pagina a fianco: Gaio, particolare, 1902-1904

dei Lavori pubblici Gaspare Finali4. Con il suo tipico decisionismo, Zanardelli, che già come ministro dei Lavori pubblici si era distinto per attivismo nella convinzione che lo sviluppo del nuovo Stato passasse anche per le opere pubbliche e il potenziamento dei trasporti, incarica senza concorso Guglielmo Calderini e Giuseppe Sacconi di progettare un nuovo quadriportico5. I due architetti elaborano una struttura monumentale di 70 metri di lato in stile con quanto già eretto dai loro predecessori. Il prospetto principale è chiuso da due propilei monumentali coronati ciascuno da tre statue. Anche in questa fase il cantiere di San Paolo fuori le mura si rivela una ricca fonte di sostentamento per gli artisti e in particolare per gli scultori, tradizionalmente sempre alla ricerca di commissioni ufficiali. Già nel 1882 si era tenuto un concorso per le statue dei dodici apostoli, che dovevano coronare il quadriportico e successivamente collocate all’interno della basilica ad eccezione di quelle raffiguranti i santi Pietro e Paolo. La commissione nell’indicare i vincitori si era raccomandata di assegnare ulteriori lavori da eseguirsi nella basilica all’undicesimo e al dodicesimo classificato, ovvero ad Enrico Simonetti e Cesare Aureli, rimasti privi di lavoro a causa di una precedentemente commissione a Francesco Fabi Altini e Leopoldo Ansiglioni6. I due esclusi rivolgono insistenti richieste al ministero della Pubblica istruzione per ottenere la commissione delle sei statue previste per il coronamento dei propilei dell’ingresso principale del quadriportico. La notizia di un’imminente ripresa dei lavori deve circolare negli ambienti artistici romani alla fine del 1891, quando si offrono di realizzare le statue anche Nicola Cantalamessa Papotti, Ernesto Biondi, Arnaldo Zocchi e Giovan Battista Francesco Fasce. Gli ultimi tre scultori indirizzano al ministro Pasquale Villari una lettera di gruppo. Il 6 marzo 1892 Biondi, forse colto da scrupoli, scrive nuovamente al ministro: “Io non so se questa domanda sia pervenuta all’E.V. ma nel caso affermativo, non si preoccupi punto della mia firma. Se il lavoro può regolarmente essere affidato, benissimo; sarebbe per noi la manna nel deserto, ed il Ministero potrebbe esser certo d’avere delle buone cose, altrimenti l’E.V. rimanga libera come sempre”. Il pentimento deve essere stato, tuttavia, piuttosto breve. Il 21 maggio Biondi firma un’ulteriore lettera di gruppo insieme agli stessi Fasce e Zocchi e a Filippo Cifariello. A fronte di tanta insistenza, il 21 luglio 1892 Calderini invia al ministero una nota in cui propone che il costo complessivo delle sei statue eseguite a grandezza naturale in travertino non debba superare le 30.000 lire. L’architetto, sottoposto a continue pressioni da parte degli artisti, il 10 marzo 1893 domanda che venga istituita una commissione per giudicare per economia e merito i dodici artisti ammessi in gara. Ernesto Biondi, Giovan Battista Fasce, Ubaldo Pizzichelli, Giuseppe Salvi, Enrico Simonetti ed Arnaldo Zocchi richiedono un compenso

1 Ringrazio il dottor Giorgio Filippi dei Musei Vaticani per tutte le preziosissime informazioni che ha voluto fornirmi nel corso delle mie ricerche sul Sant’Onesimo. 2 Sulle vicende della basilica, ricostruita dal 1825 dagli architetti Pasquale Belli e Luigi Poletti e dopo il 1869 da Virginio Vespignani, cfr. C. Pietrangeli (a cura di), San Paolo fuori le mura a Roma, Firenze, Nardini, 1988; E. Pallottino, La nuova architettura paleocristiana nella ricostruzione della basilica di S. Paolo fuori le mura a Roma (1823-1847), in “Ricerche di Storia dell’arte”, 56, 1995, pp. 31-59. 3 La Bozza di relazione sul compimento dei lavori del quadriportico di San Paolo proposta dall’Ing.re G. Calderini al Ministero della Istruzione per essere inviata al Consiglio di Stato del 6 febbraio 1899 conservata in Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Antichità e Belle Arti, divisione I, 1908-12, b. 147, f. 2785, ricostruisce le vicende del quadriportico dal 1870. I lavori, portati avanti lentamente da Virginio Vespignani con i fondi e il personale tecnico dell’amministrazione dell’Asse ecclesiastico, furono sospesi nel 1882 alla morte dell’architetto. Fino al 1884 fu completata la trabeazione del portico della facciata, la struttura dei lacunari del soffitto del portico e portata a termine l’esecuzione delle statue dei dodici apostoli commissionate due anni prima. 4 A Sua Eccellenza Paolo Boselli Ministro della Pubblica Istruzione nella occasione del collocamento della prima pietra per la costruzione del quadriportico dinanzi la basilica di San Paolo fuori le mura di Roma. XIV marzo MDCCXC, pp. 14-15. 5 Sulla politica di Giuseppe Zanardelli cfr. C. Vallari, La politica liberale di Giuseppe Zanardelli dal 1876 al 1878, Milano, Giuffrè, 1967; Giuseppe Zanardelli, atti del convegno a cura di R. Chiarini, Milano, Franco Angeli, 1985 (Brescia, Pavia, 1983); C. Pedrazzini, Il pensiero politico e l’opera di Giuseppe Zanardelli Ministro dei lavori pubblici 1876-1877, Brescia, Campedelli, 2002. 6 Tutti i documenti relativi alla vicenda sono conservati in Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Antichità e Belle Arti 18911897, II versamento, 2a serie, (da ora ACS, PI, Antichità e Belle Arti, 1891-1897, II versamento, 2a serie), b. 417, f. 4626.

tra le 3.000 e le 3.200 lire, Filippo Cifariello e Innocenzo Orlandi di 3.500 lire, Nicola Cantalamessa Papotti, Luigi Guglielmi e Giulio Tadolini di 4.000 lire e Cesare Aureli di 5.000 lire. Il 20 marzo l’architetto inoltra al ministro i soggetti delle sculture, proposti dall’abate della basilica Leopoldo Zelli Iacobuzzi. Si tratta di seguaci e discepoli di san Paolo: Barnaba, Luca, poi sostituito con Sostene, Trofimo arcivescovo di Arles, Epafra vescovo di Colossi, Anania ed Onesimo vescovo di Efeso. Un documento ufficiale del 30 marzo fissa il prezzo delle statue a 3.500 lire e stabilisce le condizioni del concorso. Tadolini ed Aureli rifiutano la proposta economica ed abbandonano la

Ernesto Biondi

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competizione. I temi del concorso risultano piuttosto ostici ad artisti per la maggior parte di orientamento laico.

ra sia realmente quella realizzata da Biondi, anche se una superficiale analisi tecnica e stilistica lascerebbe pre-

Il primo aprile Calderini domanda all’abate “un cenno sugli attributi di questi santi, e sulle ragioni della santifi-

sumere che l’opera in situ sia stata eseguita negli stessi anni delle altre cinque.

cazione”7. Una commissione composta da Giulio Monteverde, Eugenio Maccagnani e Scipione Vannutelli il 7 agoIl Gaio

sto decreta vincitori Biondi, Cifariello, Fasce, Pizzichelli, Salvi e Simonetti, rispettivamente incaricati di realizza-

Il palazzo di Giustizia è una delle prime realizzazioni di Roma capitale. L’edificio nella strut-

re le statue di sant’Onesimo, san Barnaba, sant’Epafra, sant’Anania, san Sostene e san Trofimo. L’8 marzo 1894

tura e nel progetto iconografico può considerarsi una creatura del ministro di Grazia e Giustizia Giuseppe Zanar-

l’architetto redige il contratto sottoscritto dagli scultori, fissando il 31 luglio 1895 come data della consegna, che

delli12. Il giurista, autore di un codice penale estremamente innovativo entrato in vigore il primo gennaio 1890,

sarà posticipata alla fine dell’anno a causa del ritardo di Salvi e Simonetti.

promuove apertamente la costruzione di una sede centrale per i principali organi giudiziari nell’ambito di un più

Fatta eccezione per il San Barnaba, fastosamente vestito da Cifariello da patriarca della chiesa d’orien-

vasto progetto di unificazione nazionale13. L’edificio e la sua decorazione dovevano esprimere i valori e i miti del-

te, le statue dei santi, abbigliate all’antica, rispettano in linea di massima le indicazioni dall’abate trasmesse da

la Roma dei Cesari da contrapporre alla Roma dei Papi. Nel 1882 Zanardelli, all’epoca ministro dei Lavori pubbli-

Calderini agli artisti il 9 aprile 1893: “S. Anania Apostolo (assegnata in sorte al Sig.r Pizzichelli) che battezzò S.

ci, individua come luogo per costruire il palazzo i Prati di Castello proprio in virtù della loro prossimità alla basi-

Paolo Martire, Giudeo di Damasco di cui fu anche Vescovo. Il fatto più importante di sua vita è appunto il batte-

lica di San Pietro14. Il programma di concorso è redatto dal ministro e dai capi degli uffici giudiziari romani. L’e-

simo di S. Paolo, e può scolpirsi tenendo in una mano la palma di Martire e nell’altra una conchiglia nell’atto di

dificio, con i suoi 300 ambienti, doveva presentare “un carattere, direi quasi monumentale, […] un aspetto gran-

versare l’acqua battezzando. S. Barnaba Apostolo (assegnata in sorte ai Sig.ri Zocchi e Ciffariello) Compagno di

dioso e severo, come si conviene al tempio della Giustizia”15. Delle lunghe e complesse prove selettive consento-

S. Paolo e Martire. Siccome il di lui corpo fu trovato col Vangelo di S. Matteo sul petto, scritto dalle mani stesse

no alla giuria di mettere a fuoco gli obiettivi da raggiungere. Dopo ben tre selezioni si giunge il 19 ottobre 1887

del santo, si potrebbe scolpire in tal modo mettendo l’iscrizione “Evangelium secundum Mattheum”. S. Onesimo

a uno scontro decisivo tra il più anziano Guglielmo Calderini e il più giovane Ernesto Basile. Calderini, forte del-

(assegnata in sorte ai Sig.ri Biondi ed Orlandi) Convertito da S. Paolo prigioniero in Roma, era schiavo, più tardi

la sua esperienza didattica nelle università di Pisa e Roma e della sua attività di saggista, mette a punto un edi-

fu fatto Vescovo da lui e subì il martirio lapidato. Potrebbe scolpirsi tenendo in mano le catene e sotto i piedi

ficio neocinquecentesco apprezzato come modello di linguaggio nazionale. Il 14 marzo 1889 viene solennemen-

delle pietre. S. Trofimo (assegnata in sorte al Sigr Simonetti) Fu ordinato vescovo da S. Paolo e mandato ad Arles

te posta la prima pietra. Zanardelli nel suo discorso inaugurale presenta il tema di fondo della decorazione del pa-

a predicare il Vangelo. La sua predicazione fu sì feconda che tutta la Gallia si risentì il frutto. Il bastone di pellegrino potrebbe esserne il distintivo col libro dei Vangeli. S. Epafra (assegnata in sorte ai sigr Fasce e Salvi) Vescovo e Martire, fu prigioniero insieme a S. Paolo, e da lui mandato a Colossi, ove molto lavorò e subì il martirio; il Vangelo in una mano e la croce nell’altra potrebbero servir di distintivi. S. Sostene (assegnata in sorte ai Sigri Cantalamessa e Guglielmi) Discepolo di S. Paolo e da lui convertito; fu principe della Sinagoga, confessò la fede avanti il Proconsole Gallione, flagellato subì il Martirio. La pala di Martire e gli strumenti del Martirio potrebbero servire di distintivi”8. Il Sant’Onesimo, che segue le fontane di Cisterna di Latina e Montelanico e le statue per la chiesa del Beato Angelo ad Acri, costituisce la prima commissione pubblica di Biondi nella capitale. Le lettere di candidatura inviate al ministro assieme a Cifariello, Fasce e Zocchi sono indice della fitta rete di rapporti creati nella capitale dall’artista, che, peraltro, vi risiedeva saltuariamente diviso tra Morolo, Napoli e le altre località, dove erano richieste le sue prestazioni professionali. Le committenze ufficiali, pur non lasciando spazio alle sperimentazioni, oltre che costituire una sicura fonte di reddito, forniscono agli scultori una notevole visibilità. Presentando la sua domanda in occasione del concorso del 1898 per le statue dei giuristi del palazzo di Giustizia, Biondi non manca di inserire orgogliosamente il Sant’Onesimo nel suo curriculum9. La documentazione archivistica, divisa tra l’Archivio centrale dello Stato e la basilica di San Paolo fuori le mura, non indica la data della messa in opere delle sei statue, cui gli scultori si erano impegnati a prestare assistenza nonostante l’avvenuto saldo delle opere. I lavori del quadriportico proseguono ancora per molti anni, fino all’inaugurazione ufficiale nel 1913. Il Sant’Onesimo, chiaramente visibile in una fotografia pubblicata in questa occasione da “L’Illustrazione

Italiana”10,

non compare più in due fotografie, la prima scattata tra il 1929 e il

lazzo: “Roma non fu il mondo della religione, delle scienze astratte, delle lettere, delle arti belle, perché in ciaStudio per il Gaio, 1902 circa, inchiostro su carta, Roma, famiglia Biondi

7

Archivio di San Paolo fuori le mura, scaffale 30 ripiano C n. 7, Basilica 1845-1901. Ricostruzione e rapporti con la S. Sede e Governo Italiano - Documenti vari. 8 ACS, PI, Antichità e Belle Arti, 1891-1897, II versamento, 2a serie, b. 417, f. 4626. 9 Archivio Centrale dello Stato, Ministero dei Lavori Pubblici, Opere governative ed edilizie per Roma (da ora ACS, LLPP, OGE), b. 218, f. 555. 10 Il completamento della Basilica di San Paolo a Roma, in “L’Illustrazione Italiana”, XL, 4, 26 gennaio 1913, pp. 86-89. 11 Fototeca Nazionale (ICCD), serie E n. 14828, campagna fotografica del 1929-32; Fototeca Nazionale (ICCD), serie G n. 857, campagna fotografica del 1966-69. 12 T. Rossi Kirk, Church, State and Architecture. The Palazzo di Giustizia of Nineteenth-Century Rome, tesi di dottorato, New York, Columbia University, 1997, p. 11; C. Vallari, L’Italia al passaggio del secolo. Il dibattito sul “Palazzaccio” nella stampa e nel Parlamento, in Il Palazzo di Giustizia di Roma, Roma, Gangemi, 1997, p. 19. 13 P. Nuvolose, Giuseppe Zanardelli e il codice penale del 1889, in Giuseppe Zanardelli, cit., pp. 163-182.

scuno di que’ campi altre genti la vincono; Roma fu il mondo del diritto”16. Il piano iconografico, cui devono attenersi gli scultori e i pittori, affonda le sue radici nell’impero romano e, dunque, in una tradizione più antica del cristianesimo, che permette di mettere sullo stesso piano il potere spirituale del pontefice e il potere giuridico dello Stato. Nel 1898 si tiene il primo concorso per le statue e i gruppi decorativi del palazzo, la cui costruzione era ormai abbastanza avanzata. La competizione è limitata ad artisti italiani, che, secondo la volontà di Zanardelli, devono rappresentare le varie regioni italiane17. Il bando di concorso suggerisce che le sculture devono avere “larghezza e robustezza di forma in modo che armonizzi con lo stile dell’edificio”18. Risultano vincitori i giovani scultori di area laica provenienti dalle più lontane province del regno. Il siciliano Michele Tripisciano realizza Paolo e Ortensio, il toscano Mauro Benini Ulpiano e Librone e l’umbro Enrico Quattrini la Legge per il cortile d’onore, il pugliese Eugenio Maccagnani la Legge e il Diritto per la facciata. L’anno successivo un nuovo concorso assegna i restanti gruppi. Il Cicerone va ad Ubaldo Pizzichelli, il Papiniano a Silvio Sbricoli e lo stemma sabaudo della facciata verso piazza Cavour a Paolo Bartolini. Ettore Ximenes è incaricato di realizzare la Quadriga in bronzo che corona il palazzo. Zanardelli, deciso a dare un nuovo impulso al cantiere, nel 1901 affida direttamente e senza concorso le statue dei giuristi Modestino e Gaio ad Ernesto Biondi e Licinio Crasso e Salvio Giuliano ad Emilio Gallori19. I due scultori erano certamente noti a Calderini. Entrambi avevano, infatti, partecipato sotto la direzione dell’architetto alla decorazione di San Paolo fuori le mura, realizzando il primo il Sant’Onesimo per il coronamento del quadriportico e il secondo il San Giacomo apostolo della serie dei dodici apostoli collocati all’interno della basilica. Certamente in questa occasione, come accadde probabilmente anche in altre commissioni asserapporti di committenti ed artefici con la massoneria. Zanardelli, membro del Consiglio dei 33 del Rito scozzese

ne l’opera sarebbe stata rimossa e ricollocata solo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta del

antico accettato e della Gran loggia riservata Propaganda, che faceva capo direttamente al Gran maestro del Gran-

Novecento. Allo stato attuale delle ricerche non è possibile, dunque, affermare che la statua attualmente in ope-

de Oriente Ernesto Nathan, aveva già affidato direttamente e senza concorso il cantiere della basilica di san Pao-

50

14 P. Marconi, Il “Palazzaccio”: storia e architettura, in Il Palazzo di Giustizia di Roma, Roma, Gangemi, 1997, pp. 25-40. 15 Ivi, p. 25. 16 G. Zanardelli, Pel collocamento della prima pietra del Palazzo di Giustizia in Roma. Discorso pronunciato dal Ministro Guardasigilli G. Zanardelli il XIV Marzo MDCCCLXXXIX, Roma, Senato, 1889, p. x. 17 D. Pagliai, Le vicende della decorazione del palazzo di Giustizia, in Roma capitale 1870-1911. Architettura e urbanistica. Uso e trasformazione della città storica, catalogo della mostra a cura di G. Ciucci, V. Fraticelli, Marsilio, Venezia, 1984 (Roma, Mercati di Traiano), pp. 255-261; C. Zappia, Gli artisti di Calderini: arte e architettura in età umbertina, in Guglielmo Calderini. La costruzione di un’architettura nel progetto di una Capitale, atti del convegno a cura di G. Muratore, Perugia, Guerra, 1996 (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 1995), pp. 75-82; T. Rossi Kirk, Church, State and Architecture…, cit., pp. 328-329. 18 T. Rossi Kirk, Church, State and Architecture…, cit., p. 329. 19 La documentazione relativa al Gaio di Ernesto Biondi è conservata in ACS, LLPP, OGE, b. 221, f. 558.

gnate ad architetti e scultori nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, estremamente importanti dovettero essere i

1932 e l’altra tra il 1966 e il 1969, conservate presso la Fototeca Nazionale11. Attenendosi a tale documentazio-

Ernesto Biondi

Studio per il Gaio, 1902 circa, carboncino su carta, Roma, famiglia Biondi

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lo fuori le mura a Calderini, figlio di un massone perugino, e al massone Giuseppe Sacconi, impegnato anche nella realizzazione del Vittoriano20. Gallori, chiamato senza concorso assieme al più giovane Biondi, aveva appena realizzato al Gianicolo il monumento a Garibaldi, considerato dai massoni dell’epoca una sorta di padre spirituale. Lo scultore, non a caso, era membro della romana Loggia Rienzi e del Consiglio dei 33 del Rito scozzese antico accettato21. Questi ed altri indizi permettono di supporre un rapporto con la massoneria di Biondi, che tuttavia non risulta affiliato a nessuna delle logge ufficiali, a partire dalla sua prima opera realizzata nel 1878 per il massone Ettore Mengozzi fino alla fontana di Cisterna di Latina e al Monumento a Nicola Ricciotti, entrambi ricchi di riferimenti e simboli esoterici. Lo scultore, che fin dai suoi primi anni romani era evidentemente in contatto con ambienti della sinistra massonica, deve, tuttavia, essere venuto in contatto con il vero e proprio establishement solo nel corso degli anni Novanta. Estremamente duro è, infatti, l’attacco mosso in una lettera a Vittore Grubicy del 25 marzo 1890 ad Ettore Ferrari, scultore ed influente membro della massoneria: “Ferrari si spense col compagno di Spartaco nel 80, ed anche questo fabbrica case è pieno di commissioni, tiene il monopolio di tutti i monumenti ed ingrassa coi quattrini del governo e della Massoneria”22. Risale al 10 giugno dell’anno precedente una lettera, piuttosto formale, inviata all’artista23. Nel 1900, dopo l’acquisto da parte della Galleria nazionale d’arte moderna del gruppo dei Saturnali, Biondi indirizzava Ferrari alcune lettere relative le giurie dell’E-

20

Tutte le informazioni relative alle adesioni alla massoneria sono tratte dall’Archivio di Alfredo Spaccamonti e mi sono state cortesemente fornite da Domenico Ricciotti. 21 Ibidem. 22 MART, Archivio del 900, Fondo Grubicy, corrispondenza di Ernesto Biondi, Gru. I. 1. 1. 112, lettera del 25 marzo 1890. 23 Archivio Centrale dello Stato, Archivio Ettore Ferrari, b. 10, f. 468. 24 Ibidem. Per l’attività di Ettore Ferrari nel primo decennio del Novecento cfr. E. Passalupi Ferrari, Ettore Ferrari tra le Muse e la politica, Edimond, Città di Castello, 2005, pp. 231-308. 25 Notizie, in “Arte e Storia”, XXI, 31 luglio 1901, p. 92. 26 ACS, LLPP, OGE, b. 221, f. 558. 27 C. Vallari, L’Italia al passaggio…, cit., pp. 21-24; R. Rossi, Il Palazzo di Giustizia, Roma, Enrico Voghera, 1908; R. Rossi, Un anno dopo al Palazzo di Giustizia, Roma, Enrico Voghera, 1909.

sposizione universale di Parigi caratterizzate da un tono più intimo, che attestano l’ormai stretta amicizia con l’allora Gran maestro aggiunto del Grande Oriente24. Biondi in questi anni è certamente bisognoso delle 15.000 lire di compenso previste per ogni statua, ma è, anche, estremamente interessato a presentare negli Stati Uniti la seconda versione del gruppo dei Saturnali. A causa di questi pressanti impegni cede il Modestino ad Augusto Rivalta, autore di numerosi monumenti risorgimentali e del gruppo della Forza del Vittoriano25. Secondo il contratto del 12 marzo 1902 le opere devono essere completate il 14 aprile 190426. Biondi consegna, in realtà, il 19 novembre 1904 il Gaio, messo in opera solo l’8 giugno dell’anno successivo. L’Archivio centrale dello Stato conserva due lettere inviate da Biondi al direttore del Genio civile relative alla penale inflittagli a causa del ritardo nella consegna della scultura. Lo scultore, a differenza dei suoi colleghi, non aveva, infatti, inoltrato domanda di proroga in seguito alle difficoltà nel reperire un blocco di marmo botticino delle dimensioni richieste perché impegnato negli Stati Uniti. Calderini nel giugno 1905, dopo la morte di Zanardelli avvenuta due anni prima, colloca le sculture raffiguranti i quattro giuristi, già destinate al cortile d’onore del palazzo, davanti alla facciata rivolta verso il Tevere. Le figure, dignitosamente panneggiate nelle loro toghe, presentano una stilizzazione nuova ed inedita per artisti vicini alle istanze del realismo, come Biondi, Gallori e Rivalta, certamente rispondenti alle richieste dell’architetto e all’ufficialità della committenza. Gli elementi decorativi del palazzo, eretto per competere con le analoghe realizzazioni europee, dovevano stagliarsi semplici e riconoscibili sulla complessa struttura architettonica, Ernesto Biondi lavora al Gaio, 1904

apprezzata per la sua carica innovativa al momento della progettazione e ormai invecchiata all’inaugurazione nel 1911, più di vent’anni dopo la posa della prima pietra. La decisione di Zanardelli di commissionare questa serie di sculture senza concorso non tardò a scatenare polemiche sulla conduzione dei lavori, che dovettero essere fronteggiate dai suoi successori. A seguito della pubblicazione di tre pamphlet dedicati tra il 1908 e il 1910 da Renzo Rossi al palazzo di Giustizia, il procuratore generale della Cassazione Lodovico Mortara fu incaricato di fare luce sulla vicenda. Dall’inchiesta, resa difficile dalla scomparsa dei libri contabili, risultarono sovrapprezzi, accordi ed irregolarità amministrative, che coinvolsero la classe politica dell’epoca27.

Ernesto Biondi

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“a me le leggi, le così dette istituzioni, come tutte quelle altre macchine colle quali si fanno

Il realismo sociale di Ernesto Biondi tra anarchia e socialismo

muovere i popoli, hanno sempre fatto una impressione penosa” “Un quadro profetico fortissimo”: il Dies irae

Nel 1890 Biondi iniziava a lavorare al Dies

irae, “un quadro che dovranno prendermi a revolverate quando lo esporrò”1. Dell’opera si conserva presso gli eredi uno studio a pastello e carboncino di qualità notevole: un dittico in cui, nella parte superiore, a monocromo,

Sabrina Spinazzè

con pochi, rapidi tratti è accennata un’aristocratica passeggiata di carrozze con il Vaticano sullo sfondo, mentre la parte inferiore, a colori, raffigura in presa ravvicinata un corteo di lavoratori. Mai realizzato nella sua redazione definitiva, il Dies irae ricopre un’importanza centrale nel percorso dell’artista: è infatti il primo lavoro in cui si manifesta scopertamente l’esigenza di investire l’arte di un contenuto politico e protestatario, la prima vera opera di impegno sociale. Ignorato da tutta la bibliografia, si tratta invece del lavoro al quale Biondi, al pari dei Saturnali, affidava il suo impatto nella scena artistica nazionale e internazionale: “vorrei possedere un milione per la sola voluttà di spenderlo in un mese, e del resto mi contenterei del necessario per terminare il gruppo ed andarmene alla montagna a fare il Dies irae”, scriveva a Vittore Grubicy il 15 marzo 1890, “Una rivolta di contadini un quadro profetico fortissimo, forte come le profezie d’Isaja di Geremia di Baruch di Daniele; dovrebbe essere la miccia d’una sanguinosa rivoluzione che si accenderà fra i selvaggi affamati della mia Cioceria, e come il gruppo ci presenterà l’ultimo periodo della corruzione antica, il quadro dovrebbe mostrarci i vendicatori dell’avarizia e

Studio per il Dies irae, matita su carta, Roma, famiglia Biondi Nella pagina a fianco: le Misere recluse, particolare, 1908-1911, opera dispersa

dell’egoismo moderno”2. Pur nella diversità dei soggetti, si trattava quindi tanto nel caso dei Saturnali quanto di quello del Dies irae, di opere che, lontano dagli scopi commerciali della sua produzione di “pupazzetti” in bronzo e in ceramica, erano concepite con una destinazione espositiva, dovevano veicolare concetti e provocare risonanze: “io ci tengo molto a quelle cianfrusaglie che chiamano il concetto filosofico dell’arte: lo scopo principale è di fare della gente che vive che palpita che sospira; e far girare il mondo a questi lavori, se è difficile trovare un tipo che spenda delle migliaja di lire per avere in casa questi due demoni, e facile trovare molte migliaja di persone, che spendono una lira per vederli quando fossero bene presentati […]. I miei lavori poi se avrò la buona ventura di condurli a termine, e condurli come gli sento, oltre all’importanza artistica potrebbero suscitare delle polemiche anche nel mondo politico (quando fossero bene presentati) e forse il Dies irae esser proscritto da qualche stato e questo vorrebbe dire semplicemente la fortuna dell’artista” 3. Alcuni disegni attualmente conservati presso la famiglia Biondi testimoniano un’ulteriore e più complessa versione dell’opera, con il dittico inserito in un’ampia cornice dipinta: la parte superiore sarebbe rimasta inalterata, mentre per la parte inferiore Biondi aveva pensato a un quadro raffigurante dei contadini al lavoro nei campi, e in basso, nella cornice dipinta a mò di predella, avrebbe trovato luogo il corteo dei lavoratori.4 Evidente in questa versione il richiamo a Jean-François Millet, che nella figura della contadina con la schiena curva aveva identificato il simbolo della fatica e dello sfruttamento sociale, fissando un prototipo sfruttatissimo da innumerevoli artisti italiani e stranieri 5. “L’angelus di Millet è una delle poche cose che m’impressionano”6, scriveva

1 MART, Archivio del 900, Fondo Grubicy, corrispondenza di Ernesto Biondi, Gru. I. 1. 1. 112 (da ora Mart, Gru.I.1.1.112), lettera dell’aprile 1893. 2 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 15 marzo 1890. 3 Ibidem. 4 Presso la famiglia Biondi si conserva anche un altro studio a matita per un polittico simile al Dies irae come concezione, con al centro un dipinto raffigurante i contadini chini al lavoro nei campi, in basso, nella predella, tre pannelli con l’operaio, gli aratori e lo studioso, mentre non sono leggibili i soggetti del coronamento. 5 Cfr. R. Bossaglia, Dal realismo sociale al simbolismo populista, in Arte e socialità in Italia dal realismo al simbolismo: 1865 - 1915, catalogo della mostra, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, 1979 (Milano, Palazzo della Permanente), p. 21. 6 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 10 aprile 1891. 7 Si tratta di opere conservate presso la famiglia Biondi. 8 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 15 marzo 1890.

Biondi a Grubicy il 10 aprile 1891, testimoniando una passione confermata dai diversi disegni di contadini al lavoro - probabili studi per il Dies irae - realizzati negli ultimi anni del secolo7. Nei propositi di Biondi il Dies irae nasceva quindi come opera ambiziosa tanto nel formato (il polittico era la formula più adatta alla “pittura di idee” nelle grandi esposizioni) quanto nella scelta del mezzo: la pittura, con la quale l’artista possedeva scarsa familiarità, nonostante gli eccellenti saggi a pastello dell’Arte del Nord. “Dare un’addio alla scultura, che non si presta a vendere tuttavia che mi bolle nel cuore, e dedicarmi interamente alla pittura”8, questo l’obiettivo da raggiungere attraverso un’attenta preparazione: ”verrò a passare a Milano

Ernesto Biondi

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una stagione per prepararmi alla tecnica pittorica pel prossimo Dies irae”9. La tecnica doveva essere quella divi-

periodo che va dal 1880 ai primi anni del nuovo secolo costituisce in arte il momento di massima attenzione al-

sionista, a giudicare dal bozzetto conservato dagli eredi, dove i tratti sfilacciati che definiscono le figure testi-

le tematiche sociali15: l’Erede di Teofilo Patini, il Proximus tuus di Achille D’Orsi, entrambi del 1880, le Vittime del

moniano una personale elaborazione della maniera a colori divisi, mediata ovviamente da Grubicy e approfondita

lavoro di Vincenzo Vela, del 1883, sono in Italia tra le prime alte testimonianze di quella produzione che, con un

nell’ambiente milanese probabilmente anche a contatto con Giovanni Segantini, di cui, come testimonia il car-

occhio ai grandi maestri della tradizione realista francese (Courbet, Millet, ma anche Jules Bastien Lepage e Ju-

teggio con Grubicy, Biondi era amico e attento ammiratore. L’opera ha un’elaborazione lunghissima: c’è bisogno

les Breton), è impegnata a tradurre in immagini miserie e soprusi delle classi subalterne. Sullo sfondo di un pae-

di tempo per lo studio (“Io me ne sto quassù frà i faggi ad un migliajo di metri d’altezza a studiare l’ambiente pel

se dove la diffusione delle idee socialiste e anarchiche accompagna l’intensificarsi delle agitazioni agrarie e ope-

mio Dies irae”10), c’è bisogno di denaro per pagare il tempo: “Trovami tu una mezza dozzina di carte da 1000 li-

raie, il verismo sociale avrà il suo momento di punta alle Triennali di Milano del 1891 e del 1894, fino a declinarsi

re per terminare il gruppo e fare il Dies irae. Ne restituisco a quel porco di signore 20 000 e per giunta appicche-

in vera e propria maniera all’Esposizione del 1906 (“L’arte sociale, dopo le internazionali di Venezia, è diventata

rò la sua testa nel mio quadro, e ne farò un capolavoro”11; “io debbo terminare il gruppo e fare subito il Dies irae

una moda”, commentava in quell’occasione Guido Marangoni16). In questo contesto il Dies irae sembra prendere

ho bisogno di protezioni e

…denaro”12.

Difficile dire perché non sia stata portata a termine un’opera sulla quale

le distanze tanto dagli schemi dolcificati e pietistici di tanti saggi di arte sociale, dal linguaggio levigato e com-

Biondi lavora per almeno tredici anni: probabilmente, incisero le difficoltà tecniche sicuramente incontrate nel

posto, quanto dall’allegorismo eroico, sostanziato da recuperi formali classici e michelangioleschi, che, nel primo

misurarsi con la pittura e con le grandi dimensioni. Di fatto, come testimoniano numerosi disegni datati, noti so-

decennio del secolo, nel clima di ottimismo e di fiducia nel progresso proprio del governo giolittiano, caratteriz-

lo attraverso foto conservate presso gli eredi, nel 1903 il dipinto è ancora in fieri. Su uno dei fogli che accompagnano le foto, di centrale importanza è uno scritto di Biondi datato 8 settembre 1902 che descrive il soggetto

Studio per il Dies irae, china su carta, Roma, famiglia Biondi

dell’opera: “aprono la marcia i vangatori, poi i muratori, appresso pastori e marinai, poi fabbri e meccanici, inventori scienziati studiosi sacerdoti e poeti, chiudono la marcia le donne tradite, giovani incinte che passano vergognose o coi bambini attaccati ai loro seni smunti, colle mani si coprono il viso. Al di sopra del quadro una passeggiata vespertina al Pincio, una prima fila di automobili e carrozze di lusso e la mostra della aristocrazia orizontale, maschi e femmine in fondo il vaticano e la carrozza reale che passa”13. In un altro foglio, sotto diverse categorie sociali (i lavoratori della terra; i pescatori e i pastori; i minatori e i costruttori; i preti; le donne tradite; i talenti sfruttati a bellezza; i peccatori), Biondi aveva annotato i nomi di personaggi che intendeva ritrarre nel

dipinto14:

tra i lavoratori della terra abbiamo Leone Tolstoi, Henrik Ibsen, Louise Michel, Emil Zola, Max Nord-

au, Massimo Gorky; tra i pescatori e pastori Paul Sabatier, Anton Cekov e Georges Sorel; tra i minatori e i costruttori Piotr Kropotkin, Andrea Costa, Michail Bakunin, Errico Malatesta, Pietro Gori, Enrico Ferri, Filippo Turati, Antonio Labriola, Leonida Bissolati, Anna Kuliscioff, Cesare Lombroso, Ugo Ojetti, Amilcare Cipriani, Carlo Malato; tra i preti Leone

XIII

compare accompagnato dal punto interrogativo; tra le donne tradite la moglie di Ga-

briele D’Annunzio; tra i talenti sfruttati a bellezza Pietro Mascagni, Eleonora Duse, Gabriele D’Annunzio, Matilde Serao, Auguste Rodin, Anatole France, Jean-Léon Gérôme, Ruggero Leoncavallo, Giacomo Puccini, Georges Bizet, Lawrence Alma-Tadema, di nuovo Ugo Ojetti; tra i peccatori la principessa di Monaco, l’imperatore d’Austria, il re di Spagna, la contessa di Santa Fiora, l’onorevole Raggio, la regina di Serbia, la regina d’Olanda, il re d’Italia, l’imperatore di Germania, l’imperatore del Belgio, il barone Rotschield. Il Dies irae voleva essere quindi un grande affresco dedicato alla lotta di classe, in cui, suddivisi in oppressori e oppressi, dovevano figurare i più noti protagonisti della storia del tempo. Significativa la presenza, tra il popolo dei minatori e dei costruttori, dei maggio-

zerà molte opere dedicate ai temi del lavoro operaio e contadino. Il bozzetto conservato presso gli eredi testimonia infatti una strada assolutamente inedita nell’ambito del contesto artistico italiano: se la tecnica pittorica evidenzia la riflessione condotta sul divisionismo milanese, il processo di scarnificazione delle figure, tracciate da

9

Mart, Gru.I.1.1.112, lettera dell’aprile 1893. Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 25 agosto 1890. 11 Ibidem. “Quel porco di signore” è forse il fonditore Alessandro Nelli, che nei Saturnali aveva investito 25.000 lire (cfr. Mart, Gru.I.1.1.112, lettera dell’8 gennaio 1889) e con il quale Biondi stava attraversando una fase problematica, incerta nella continuazione o nella risoluzione del contratto. 12 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 24 febbraio 1891. 13 Un altro appunto, scritto due giorni dopo, presenta una descrizione leggermente diversa: “aprono la marcia i lavoratori della terra, vanghe zappe […] appresso i muratori paletti [...] squadre regoli […] appresso pastori e pescatori colle reti appresso minatori fucinatori, fabbri e meccanici, appresso gruppo delle tradite, una bella giovane contadina incinta si copre la faccia per vergogna, altre già madri portano i loro gracili bambini attaccati alle poppe smunte i bambini non debbono avere il carattere della madre - appresso inventori, pittori scienziati, poeti fra i quali si deve trovare il prete povero e il coscritto” (Archivio della famiglia Biondi, Roma). 14 Sempre presso l’Archivio della famiglia Biondi troviamo una raccolta di foto dei personaggi citati, ritagliate da libri e giornali. 10

linee spigolose, taglienti, la loro riduzione a maschere grottesche, a parvenze fantasmatiche, il loro compattarsi tutte insieme in un’unica massa non può non evocare l’arte di James Ensor, con particolare riferimento all’Ingresso di Cristo a Bruxelles (Anversa, Musée Royal des Beaux-Arts, 1888). A suggerirgli il carattere spettrale da dare alle figure in primo piano contribuirono forse anche alcune foto di contadini di Morolo conservate presso gli eredi, dove l’effetto di luce intensa, dal basso, rende ancora più allucinate le fattezze dei volti smagriti dalla miseria. È possibile inoltre che non fossero estranee a Biondi le aspre e drammatiche figurazioni di Käthe Kollwitz, radicate in un vissuto di impegno politico, vicino alle problematiche della cultura contadina. Per la coralità dell’azione, per il dispiegarsi della folla avanzante come un unico organismo, per i volti definiti da piani larghi e squadrati, non si può infatti non rilevare una marcata sintonia tra il Dies irae e la serie di stampe Una rivolta di tessitori, ispirata alla disperata condizione dei tessitori in Slesia, realizzate tra il 1893 e il 1898, ed esposte nel 1898 alla Grande mostra d’arte di Berlino: opere che crearono scandalo e che furono allo stesso tempo un modello per molti contemporanei. Al tema della marcia dei lavoratori il belga Eugène Laermans aveva poi nel 1893 dedicato un’importante dipinto, Sera di sciopero. La bandiera rossa (Bruxelles, Musées royaux des beaux-arts de Belgique), che, per il suo potente sintetismo, è probabile abbia costituito per Biondi un altro decisivo termine di riferimento iconografico e stilistico. Nel suo linguaggio aspro, sintetico, volutamente plebeo, il Dies irae preannunciava così quelcompagine milanese, Biondi doveva comunque certamente essere al corrente del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, la cui lunga elaborazione copre all’incirca lo stesso arco di tempo del Dies irae (Pellizza ci lavora dal 1890 al 1901). Ma, se nel Quarto stato la dimensione simbolica che la marcia dei lavoratori assume è rivesti-

ficazione della nuova società da loro compiuto, mentre tra i lavoratori della terra troviamo soprattutto figure di

ta di una valenza positiva, di riscatto, avvalorata dal riferimento al classicismo rinascimentale, e sostenuta dalla

“maestri”, il cui ruolo era agli occhi di Biondi probabilmente assimilabile a quello di educatori che preparano i

fiducia sull’inarrestabile progresso della classe lavoratrice, nel Dies irae l’affermazione della forza dei lavoratori si

popoli della terra ad una futura era di giustizia. Se, pur dissimili per soggetto e tecnica, i Saturnali e il Dies irae

accompagna all’aspra condanna degli sfruttatori, alla drammatica denuncia della miseria contadina. Supra dorsum

erano accumunati da un’identica volontà di denuncia delle vittime dello sfruttamento sociale, il Dies irae mostra-

nostrum edificaverunt peccatores era l’iscrizione, tratta dal salmo 128, che doveva correre nella cornice del dipin-

va però allo stesso tempo la forza del popolo nutrita dalle idee socialiste e anarchiche; la critica sociale diventa-

to e che avrebbe reso esplicito il significato dell’opera. L’iscrizione è spiegata dall’artista stesso alcuni anni più

va così un’aspra condanna scritta a chiare lettere, con nomi e cognomi di “peccatori” immediatamente indivi-

tardi, quando il motivo della marcia dei lavoratori è ripreso, accompagnato dallo stesso passo del salmo, nel fron-

duabili, il cui impatto, se l’opera fosse stata realizzata, sarebbe stato veramente dirompente. Va ricordato che il

tespizio della testata del giornale socialista frusinate “Il Popolano17: “nessuno può ripetere la parola di Gesù, me-

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Contadini di Morolo, foto scattata da Ernesto Biondi, Roma, famiglia Biondi

l’evoluzione in termini espressionisti che sarà propria delle Misere recluse. Attraverso i suoi stretti rapporti con la

ri nomi del socialismo e dell’anarchia, possibile allusione, come suggerito da Domenico Ricciotti, al lavoro di edi-

Ernesto Biondi

Studio per la testata del giornale “Il Popolano”, 1907, matita e carboncino su carta, Roma, famiglia Biondi

Ernesto Biondi

15 Sull’argomento, cfr. soprattutto Arte e socialità in Italia dal realismo al simbolismo: 1865 - 1915, cit. 16 G. Marangoni, L’arte sociale all’esposizione, in E. Marescotti, E. Ximenes, Milano e l’Esposizione internazionale del Sempione, Milano, Treves, 1906, p. 288. 17 E. Biondi, Il Simbolo, in “Il Popolano. Giornale di Frosinone”, 15 gennaio 1907.

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glio del figlio del popolo, che tanto a lui somiglia […]. Egli era la vita, e la vita era la luce degli uomini. Egli pas-

fonderanno il periodico bimestrale “Il Popolano”, che, l’anno seguente, si farà promotore a Frosinone di un Cir-

sò beneficando…si dice di Gesù. Eppure, fu dai sacerdoti, dai ricchi, dai tiranni del suo tempo calunniato, perse-

colo democratico operaio. Poco tempo dopo l’esempio sarà seguito da Ferentino, che intitolerà il proprio circolo

guitato, tormentato, ucciso. Così il figlio del popolo che lavora, produce, soffre e fornisce alla società il benes-

a Ernesto Biondi: un chiaro segno della vasta popolarità dell’artista presso i socialisti locali. Nel 1903 Biondi lan-

sere e la vita, viene calunniato, perseguitato, spogliato dai ricchi e dai tiranni dell’oggi: quando non viene deci-

ciava sulle pagine della “Nuova Gazzetta Latina” un accoratissimo appello ai contadini, agli operai, i lavoratori tut-

samente incarcerato ed ucciso […]. Però, come il sangue del grande martire alimentò la fiamma purificatrice che

ti di Morolo: “è l’amore che nutro per voi, o miei conterranei, che mi spinge a rivolgervi queste brevi, modeste e

distrusse la tirannide pagana, e l’idea di fratellanza e di amore trionfò sulla terra; così la stessa luce, che per se-

forse anche disadorne parole, ma che hanno il pregio di essere sincere, e di uscire dalla coscienza di un lavorato-

coli e secoli venne da tiranni oscurata e soppressa, torna ora fulgida sull’orizzonte ad illuminare la nuova coscienza

re onesto, che deve tutto a se sesso, alla propria energia, al proprio talento, alle proprie fatiche: e di uscire dal-

umana, ed a combattere il pregiudizio, la superstizione, la tirannide borghese”. Il riferimento biblico era parte di

la coscienza di un uomo che ha lottato e vinto, come lottate e vincerete anche voi […]. Solo Morolo viene am-

un sincretismo molto diffuso tra i socialisti del tempo, in cui la delusione nei confronti della chiesa ufficiale si

ministrato e tenuto come un villaggio nell’interno dell’Africa…come una tribù di selvaggi della Patagonia! Voi da

accompagnava al richiamo del cristianesimo primitivo, alla dignità dell’uomo sancita dalla parola di Cristo, nel so-

più di venti anni pagate imposte gravosissime, sovrimposte eccessive, e nessun vantaggio avete mai ricavato dai

gno di una nuova fratellanza tra gli uomini18. Biondi si definiva un anarchico (“come sa, io sono anarchico….pre-

vostri sacrifici […]. Tutto questo danno, tutto questo sfacelo, avviene (lasciate che ve lo dica) per colpa vostra

bombardiere”19,

confessava in un intervista del 1911 ad Aldo Borelli),

[...]. La colpa è vostra perché non sapete scegliere gli amministratori delle vostre fatiche; la colpa è vostra per-

a Parigi nel 1900 aveva frequentato Amilcare Cipriani e Charles Malato20 e all’anarchia pensava di dedicare un im-

ché non sapete invadere voi stessi la casa del Comune ed amministrare da voi il vostro denaro […] la colpa è vo-

portante dipinto, anche questo, come il Dies Irae, non realizzato, ma testimoniato da numerosi disegni conser-

stra, che andate a cercare gli amministratori del comune nelle osterie, invece di cercarli nei campi e nelle offici-

vati presso gli eredi e datati al 189721; il suo anarchismo si traduceva in un appassionato anelito alla libertà as-

ne… […]. Svegliatevi adunque, o lavoratori compaesani, sappiate pesare gli uomini, sappiate conoscere la vo-

go, non abbia paura, non sono anarchico

nuova”22,

nella tensione utopistica verso l’emancipazione da ogni au-

stra forza, la vostra virtù; siate cauti, siate oculati nello scegliere i consiglieri del comune, e la maggioranza sia

torità politica, economica, sociale, verso l’“abolizione assoluta del denaro” e “il dovere alla produzione per tut-

composta di compagni lavoratori, perché la loro vita è onorata, la loro coscienza è netta, il lavoro li rende degli

ti23.

In sostanza, egualitarismo e autogoverno: “E verrà tempo in cui non vi saranno più re, né principi, né im-

altri migliori”29. Nel 1904 Biondi decideva di partecipare con i socialisti alle elezioni politiche, ma, successiva-

peratori, non vi saranno più frontiere, e gli uomini non si uccideranno a milioni sol perché un altro uomo grida

mente, rinunciava alla candidatura per il venire a mancare, a causa della debolezza del movimento locale, delle

soluta, “desiderio ardente d’ogni coscienza

loro “uccidetevi!”. Ma la patria sarà una sola, la terra: e questa sarà dei lavoratori. E tutti produrranno, e tutti godranno largamente dei prodotti del lavoro”24. Pronto a mettersi in gioco con coraggio e generosità, a partire dal-

Studio per l’Anarchia, china su carta, Roma, famiglia Biondi

l’inizio del secolo l’artista prenderà parte attiva alla vita politica in difesa dei contadini della sua Ciociaria, nel tentativo di risvegliarne le coscienze e rafforzarne l’identità, l’emancipazione, lontano da ogni atteggiamento paternalistico, ponendosi, da indipendente, a fianco dei socialisti locali del movimento

socialista-democratico25.

Va

ricordato che sono anni particolarmente difficili per i contadini ciociari, come ricorda Antonio Esta nel suo studio dedicato al socialismo in Ciociaria: “Analfabetismo quasi totale, precarie condizioni igieniche, di abitazione, di mezzi di comunicazione, la privazione di qualunque diritto politico e di vita associata, fanno delle masse contadine un vastissimo strato completamente al di sotto di ogni livello di vita

civile”26.

In questo contesto di mal-

contento che, dalla fine del secolo, sfocierà in diversi comuni agricoli in vere e proprie rivolte (a Sgurgola nel 1898, a Castro dei Volsci e a Villa Santo Stefano nel 1903, a Morolo nel 1905), la figura di Ernesto Biondi giocherà in più occasioni un ruolo di primo piano: la sua fama di artista ne faceva per il popolo ciociaro l’emblema per eccellenza del riscatto e della vittoria, della battaglia contro le ingiustizie sociali. Fedele ai suoi “ideali purissimi”27 di libertà e di indipendenza, e, quindi, poco incline ai compromessi e al venire a patti con le nefandezze della politica, Biondi riuscirà comunque a mantenere una posizione autonoma, entrando e uscendo dalla politica organizzata ogni volta che questa entrava in attrito con la sua identità morale. In occasione del primo maggio 1901 l’artista, reduce dal trionfo dei Saturnali, decideva di donare 3000 lire alla giunta municipale di Morolo, per “una cassa rurale dei piccoli prestiti, possibilmente gratuiti, da farsi ai lavoratori poveri che spesso sono costretti a lasciare negli artigli dell’usuraio o del fisco inesorabile, il loro campicello o la misera casetta per poche decine di lire di cui abbisognano”28. Un gesto di grande generosità e di grande affetto in anni in cui il socialismo in Ciociaria è ancora molto debole, con pochi gruppi di militanti collegati a l’“Avanti!” che a fatica tentano un’opera di propaganda, osteggiati dal clero e dalle autorità politiche locali. Poi, nel 1901, alcuni socialisti

Ernesto Biondi

Povera gente, 1893, bronzo, attuale collocazione sconosciuta

condizioni per una lotta “chiara e intransigente in nome e nell’interesse del Partito socialista”30, e tornava in America dove era impegnato nella causa per i Saturnali. Ma, dopo il successo dei socialisti, questa volta maggiormente

Povera gente, china su carta, Roma, famiglia Biondi

organizzati, alle elezioni amministrative di Frosinone nel 1905, seguito dall’inaugurazione a Frosinone di una se18

Cfr. G. Arfé, Storia del socialismo italiano, Torino, Einaudi, 1965. Si veda anche E. Biondi, Vita vissuta. Perugia - Assisi - Intermezzo malinconico, in “Il Popolano. Giornale di Frosinone”, 25 novembre 1907, in cui l’artista cita Ernesto Renan che “trova tanta somiglianza fra i propagandisti e martiri cristiani co’ moderni anarchici”. 19 A. Borelli, Conversando con l’autore dei “Saturnalia”, ritaglio stampa s.d. (ma 1911). 20 E. Biondi, Amilcare Cipriani e Carlo Malato. Ricordi di Parigi, in “Il Messaggero”, 21 ottobre 1909. 21 Nell’intervista rilasciata ad Aldo Borelli nel 1911, Biondi parla di una serie di acqueforti di impegno sociale di prossima realizzazione: L’Anarchia, I padroni delle terre, Gente onesta, I banditi, Preti poveri, Il sermone sulla montagna (A. Borelli, Conversando con l’autore dei “Saturnalia”, cit.). In realtà a questi temi l’artista lavorava già dalla fine del secolo, (“come ella sa, lavoro con lentezza”), come documentano una serie di disegni conservati presso gli eredi. L’Anarchia doveva inizialmente essere un dipinto di taglio allegorico, con figure di uomini e donne abbracciati e, al centro, un angelo con ampie ali nere (colore caro all’anarchismo) cosparse di stelle, mentre sulla cornice in legno, a bassorilievo, doveva figurare una mannaia intrecciata ad una corona macchiata di sangue.

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zione del Partito socialista italiano, e successivamente all’assalto dato al comune dalla popolazione di Morolo, concluso con la cacciata del sindaco, nelle elezioni comunali del 4 marzo 1906 Biondi capeggiava a Morolo una lista democratica che sarebbe risultata vincente. Biondi si candiderà con i socialisti anche nel 1909, ma la candidatura verrà successivamente ritirata a causa delle scorrette manovre politiche della parte avversa. In questa occasione, Biondi incoraggerà i suoi elettori a “votare altro nome, ma sia questo di uomo nato fra noi e fra noi cresciuto, e che divida i nostri ideali. Non è difficile trovarlo, più meritevole forse di me, e più adatto alla vita politica”31. Intanto, per “Il Popolano”, che accoglierà diversi suoi interventi politici nonché Un racconto del 2000, straordinaria visione utopistica di una società senza padroni, gravemente accusatoria nei confronti dell’avida società statunitense, nel 1907 Biondi creava una nuova testata dove riprendeva il motivo del Dies irae della marcia dei lavoratori con una significativa mutazione di segno: in sintonia con le posizioni di un socialismo ormai affermato, la massa dei lavoratori come forza consapevole di sé che avanza verso la luce (“il sole dell’avvenire”). Apologo della povertà: Povero Cola e Povera gente

Non hanno lo stesso respiro del Dies irae

le pur importanti opere comunemente indicate quali momenti chiave del realismo sociale di Biondi: Povera gente e Povero Cola, sempre datati in bibliografia al 1888, ma in realtà eseguiti posteriormente. Esposto agli Amatori e Cultori del 1893 è il gruppo Povera gente, che Biondi in una lettera a Grubicy dello stesso anno definisce una “cosuccia”, (“frà un gladiatore e l’altro trovo sempre il tempo di fare qualche cosuccia, ho fatto questo - povera gente - che ne dici? Credi che valga la pena buttarvi su tre o quattrocento lire per farlo in bronzo?”32), ma la cui elaborazione non dovette poi essere così priva di impegno, come testimoniano i diversi studi a matita e i bozzetti

Ernesto Biondi

22 La parola di Ernesto Biondi, in Nella inaugurazione del monumento a Nicola Ricciotti Martiri e Patrioti della Regione, in Numero Unico della “Nuova Gazzetta Latina”, 9 ottobre 1910. 23 W. Pocino, Lettera di Ernesto Biondi ad Anton Giulio Bragaglia, in “Terra nostra”, febbraio 1963. 24 E. Biondi, Il Simbolo…, cit. 25 Per un’ampia ricostruzione dei rapporti di Biondi con i socialisti ciociari si veda A. di Sora, Il socialismo umanitario di Ernesto Biondi, in Ernesto Biondi, atti del convegno a cura del Comitato Ernesto Biondi, Morolo 2005. 26 A. Esta, Le origini del movimento socialista in Ciociaria, Roma, IGM, 1968, p.17. 27 E. Biondi, Agli elettori del collegio di Frosinone ,in “Il Popolano. Giornale di Frosinone”, 9 febbraio 1909. 28 Come lo scultore Biondi ha festeggiato il Primo Maggio, in “Avanti!”, 5 maggio 1901, p. 1. 29 E. Biondi, Appello ai contadini, agli operai, ai lavoratori tutti di Morolo, in “Nuova Gazzetta Latina”, suppl. n. 763, 15 settembre 1903. 30 In A. Esta, Le origini del movimento socialista in Ciociaria, cit. p. 100. 31 E. Biondi, Agli elettori del collegio di Frosinone, cit. 32 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 21 dicembre 1893.

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conservati presso gli eredi33. Attualmente la sua collocazione è sconosciuta, forse è ancora in Argentina: stando

studiarla più lungamente. Feci il bozzetto [...]. Il sacerdote che mi aveva commissionato i quattro santi venne a

a Onorato Roux, all’inizio del secolo si trovava infatti presso la galleria Gomez di Buenos Aires insieme ad uno de-

vederli. Gli altri tre andavano bene, ma questo lo fece quasi inorridire: ‘Non è certo il mio’ esclamò. Compresi na-

gli esemplari del San Francesco34. L’opera raffigurava un gruppo di suonatori ambulanti, motivo molto diffuso nel-

turalmente il significato delle sue parole e risposi: ragione non è il suo, perché questo è il mio! Il suo sarà pron-

la produzione sociale del tempo per la possibilità di immettere nel tema della povertà e dell’emarginazione delle

to la settimana ventura”41. Fu così che l’artista realizzò una seconda versione, più conforme all’iconografia cor-

note malinconiche e poetiche (si vedano, ad esempio, Giuseppe Costa, Suonatori ambulanti, Napoli, Municipio,

rente, con le mani incrociate sul petto e accademicamente innocuo, e tenne per se la prima versione con la qua-

1891, e Gaetano Esposito, La famiglia del suonatore ambulante, Piacenza, Galleria d’arte moderna Ricci-Oddi). Co-

le rompeva decisamente con la tradizione devozionale42.

me nei Saturnali il gruppo delle figure è distribuito su una scena secondo una linea convergente ai lati e ascen-

“Quella mia creatura rappresenta forse il migliore periodo della mia vita di artista”43, scriveva nel 1915,

dente al centro, in corrispondenza del suonatore di trombone. Una mesta processione che, nel modellato scabro,

ormai anziano e minato dalla paralisi incombente, ad Ettore Ferrari. L’opera gli fu infatti particolarmente cara,

ruvido, antigrazioso, riscattava la composizione dal facile pietismo di alcune note di colore (il cagnolino che, solitario, apre la processione; la bimba infreddolita; l’uomo con la scimmietta) per conferirgli il carattere forte di un lento, vacillante, incerto incedere senza speranza. Era il linguaggio pittorico e luministico che Biondi, sensibile alla lezione del realismo napoletano ma aperto anche alla linea milanese di ascendenza scapigliata (Grandi-

Baci e carezze, 1890, bronzo, Ascoli Piceno,Museo civico, proprietà Galleria nazionale d’arte moderna. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

gurante un contadino ciociaro che, coprendosi il viso con le mani, piange la morte del suo asino. Efficace il realismo nella resa dell’animale, dal corpo abbandonato e la bocca semi aperta, mentre il significato politico dell’opera è reso esplicito dalla dedica - nella base - a Sante Caserio, l’anarchico italiano giustiziato il 16 agosto 1894 dopo aver pugnalato il presidente della repubblica francese Marie François Sadi

Carnot35.

Il facile pietismo insito

nel soggetto è così negato dal significato protestatario: come suggerito da Domenico Ricciotti, Biondi si serve di un soggetto apparentemente innocuo per dare un’immagine al dolore e al lutto del proletariato e per sferrare una nuova accusa alla classe governativa: il somaro - unica fonte di sostentamento per la povera gente - è Caserio giustiziato, il popolo è il solo che lo può piangere. Da considerare poco più che divertissement sono invece il gruppo Baci e carezze del 1890 (Ascoli Piceno, Museo civico, proprietà Galleria nazionale d’arte moderna) e il Maiale (Roma, famiglia Biondi), notevoli per la realistica resa formale ma realizzati più per svago e per fini commerciali che per autentica ricerca, come sottolinea lo stesso artista in una lettera a Ugo Ojetti: “Di squisiti studi di animali non ne ho fatti, ero a passare il Natale in campagna alcuni anni indietro, e feci in due o tre giorni, un gruppetto di porci per bizzarria, senza preoccupazione di fare dei studi e senza pensare che quelli umili e succosi animali avrebbero per delle stagioni intere provveduto al mio pane quotidiano”36. Un santo socialista

Ad essere interpretato in chiave politica era anche il San Francesco realiz-

zato da Biondi nel 1895: “un santo socialista”, scriveva Giacinto Stiavelli nel 1896 nelle pagine del “Fanfulla della Domenica”37. Nel 1896 gli faceva eco Gennaro Terracciano38 e nel 1909 Onorato Roux39, sottolineando così il valore che la figura del santo aveva assunto per il socialismo di fine secolo, così nutrito di ideali religiosi: l’emblema per eccellenza della fraterna condivisione dei beni, della sacralità del lavoro e della povertà. Va ricordata la genesi dell’opera, sulla quale la bibliografia ha spesso indugiato riportando - in maniera ovviamente sempre diversa e piuttosto fantasiosa - dialoghi e particolari curiosi40: nel 1895 padre Giacinto da Belmonte, superiore della chiesa francescana del Beato Angelo in costruzione ad Acri, alle falde della Sila, aveva commissionato a Biondi quattro statue da collocare nelle nicchie della facciata: il Beato Angelo, la Vergine, Sant’ Antonio e San Francesco. Se le prime tre vennero realizzate rapidamente, il San Francesco aveva richiesto un tempo più lungo: come ricorda Biondi in un intervista a “Sicilia magistrale”, “mi interessava di più, e la lasciai per ultima perché volevo

Ernesto Biondi

lizzata in più versioni44; nel 1915 stava anche per essere acquistata dal Consiglio superiore antichità e belle arti per essere destinata alla Galleria nazionale d’arte moderna quando la caduta del ministro Salandra fermò definitivamente la pratica. Dopo il rifiuto di padre Giacinto, appena realizzata in realtà la scultura aveva dovuto subire un secondo più pesante rifiuto, quello della commissione di accettazione delle opere della mostra della Società

Bazzaro-Troubetzkoy), contemporaneamente metteva a punto nei Saturnali e nelle altre opere del periodo. Lontano da ogni compiacimento bozzettistico è anche il Povero Cola, esposto agli Amatori e Cultori del 1895, raffi-

venne esposta in diverse occasioni (a Torino nel 1898, a Milano nel 1906 e a San Francisco nel 1915) e venne rea-

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Alcuni disegni, datati 1901, testimoniano come l’interesse sul soggetto proseguì anche negli anni successivi. 34 O. Roux, Illustri italiani contemporanei. Memorie giovanili autobiografiche. Artisti, II, Bemporard, Firenze 1909, p.224. 35 Così recita l’iscrizione: Opus Ernesto […] Morolo Anno anarchiae mense mortis Caserii. 36 Fondo Ojetti, Galleria nazionale d’arte moderna, carteggio Biondi, lettera del 17 marzo 1900. Biondi si riferisce certamente a Baci e carezze, esposto nel 1891 all’Esposizione nazionale di Palermo e realizzato nel natale del 1890, come si evince da una lettera inviata a Grubicy: “Io me ne stò qui a Morolo ho fatto un gruppetto di porci, ma presto spero tornare in Roma e tentare di rimettermi al gruppo, che dorme da più d’un anno”( Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 28 dicembre 1890). 37 G. Stiavelli, Arte per San Francesco d’Assisi, in “Fanfulla della Domenica”, 13, 29 marzo 1896. 38 G. Terracciano, Francesco d’Assisi nell’arte, in “Ariel”, I, 21-22, 15 maggio 1898. 39 O. Roux, Illustri italiani contemporanei, cit., p. 223. 40 T. Guazzaroni, San Francesco dello scultore Biondi, in “Sicilia Magistrale”, 1906; Goliardo, San Francesco per uso dei francescani, in “L’Asino”, XIV, 17, 23 aprile 1905; A. Biondi, Ernesto Biondi. Vita e opere, Frosinone, Tipografia dell’Abbazia di Casamari, 1985, pp. 87-95; A. Lancellotti, Ricordo di Ernesto Biondi, in “Realtà politica”, 10 aprile 1954. 41 T. Guazzaroni, San Francesco dello scultore Biondi, cit. 42 Successivamente, nel 1897, Biondi si recherà ad Acri per dipingere sui muri della chiesa i miracoli del Beato Angelo insieme a Vincenzo Montefusco, Giovanni Lessi e il fratello Costantino, cfr. E. Biondi, Ricordi d’arte. Vincenzo Montefusco, in “Rivista d’Italia”, VI, 1903, 12, pp. 1050-1054. 43 Archivio Centrale dello Stato, Fondo Ettore Ferrari, b.10, f. 468, lettera del 1 marzo 1915.

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degli amatori e cultori di belle arti del 1895: “Ridi se ne hai voglia, e fa le boccacce se più ti piace.. Frà tre giorni dovrò disporre, per riprendere il mio S. Francesco dal Palazzo dell’Esposizione, perché rifiutato! È la prima volta, che mi avviene questo, e mi succede proprio a 40 anni! Una lettera confidenziale m’informa, che per tre volte quel povero santo è stato messo al posto, e per tre volte lo hanno fatto scendere dal piedestallo; il dubbio si era impossessato dei signori componenti il giury di accettazione e quel non so che di nuovo, che si scorge in quella scoltura aveva disorientato i loro cervelli di falegnami; tanto, che per indurli decisamente al rifiuto ci volle che intervenisse il giury di pittura a guidare il crucifige. Scommetto, che è stato l’infame carattere psichico, come tu lo chiami, che ha fatto perdere la bussola ai barbacani dell’Arte Romana”45 Quel “non so che di nuovo” era proprio la capacità di suggerire, attraverso uno sconcertante naturalismo di timbro plebeo, “l’infame carattere psi-

San Francesco, 1895, marmo, Acri, Chiesa del Beato Angelo

chico”, il rapimento ascetico del poverello d’Assisi, colto nell’estasi del cantico a Padre Sole (alcuni versetti sono incisi alla base della statua). Il saio lacero e pesante che lasciava intravedere la magrezza del petto, le esili mani aperte verso l’alto in segno di preghiera, la capacità di suggerire il rapimento estatico nel volto scarno, emaciato, nei grandi occhi volti al cielo, nella bocca sorridente che scopriva i denti, ne facevano un tipo “scientificamente vero”, secondo quell’attenzione ai dati puramente fisici, quella ricerca di verità che aveva animato Biondi nella creazione dei Saturnali, in sintonia con il naturalismo napoletano di impronta darwiniana (D’Orsi, Belliazzi, Amendola), a cui rimandava anche il modellato scabro e impressionistico. “Non tutti, certamente anche tra gli artisti, possono intendere una cultura così originale e sentita, perché per intenderla […] bisogna aver fatto l’abitudine all’osservazione scientifica”46, scriveva giustamente Stiavelli nel 1896. Se il San Francesco sconcertò il critico di “Natura ed Arte” perché “troppo brutto e troppo squallido”47, numerosissimi furono i consensi, per essere riuscito Biondi a rendere “la vera essenza del poverello d’Assisi”48. Vincente, in particolare, il confronto con il purismo astrattivo del San Francesco di Giovanni Duprè (Assisi, chiesa di San Francesco, 1880), che vicino all’opera di Biondi pareva “un grasso borghese, un placido buon capo ufficio […] un padre guardiano, paffuto, ben portante, con la tunica nuova di zecca”49; “Non è il solito frate, non è il solito santo, quale lo ritrasse il Duprè, ma è lui, e propriamente lui, […] il poverello di Assisi, il santo poeta, il santo estatico”50. Il Guillaume, direttore dell’Accademia di Francia, scrivendo a Biondi nel 1895 ammirava “l’intensité pénétrante” con cui era resa la vita ascetica51, mentre l’artista ricorda come l’amico Gugliemo Brenna, avvocato e critico della “Tribuna” “vide il mio S. Francesco, e mi disse fra le tante belle cose, che quella figura avrebbe ucciso tutta la scoltura all’Esposizione di Venezia se io l’avessi mandata”52. In realtà a Venezia l’opera non andò mai: Biondi tentò di esporla nel

Ernesto Biondi

44 L’esemplare che andò a San Francisco è quello che oggi si trova presso gli eredi, mentre dal bozzetto in gesso di proprietà di Antonio Biondi nel 1971 venne realizzata la fusione in bronzo attualmente collocata nella chiesa della Beata Vergine Maria a Morolo. Secondo Lancellotti, l’esemplare esposto a Torino fu venduto a Buenos Aires, mentre una copia in marmo si trova in Germania (cfr. A. Lancellotti, Ricordo di Ernesto Biondi, cit.). Nell’articolo di I. C. Falbo, La scultura a Valle Giulia. I nostri artisti: Ernesto Biondi, in “Il Messaggero”, 2 luglio 1911, sono citate copie in Argentina, Cile, Monaco di Baviera, Londra. Alcune versioni di dimensioni ridotte si trovano presso gli eredi. 45 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 17 settembre 1893. 46 G. Stiavelli, Arte per San Francesco d’Assisi, cit. 47 D. Mantovani, All’Esposizione di Torino. La scultura. III, in “Natura ed Arte”, VII, 22, ottobre 1898, p. 800 48 R. Artioli, Saturnalia e il Poverello d’Assisi di Ernesto Biondi, in “The Foreigner in Italy - L’Étrangèr en Italie”, 2 gennaio 1904. 49 Ibidem. 50 G. Stiavelli, Arte per San Francesco d’Assisi, cit. 51 cfr. dattiloscritto San Francesco d’Assisi statua in bronzo di Ernesto Biondi, Archivio della famiglia Biondi. 52 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 17 settembre 1893.

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1897 ma, come spiega in una lettera a Grubicy, non fece in tempo a fare la domanda53. La passione per la vita del santo, nutrita dall’amicizia con il biografo Paul Sabatier, portò poi Biondi alla creazione di quelle “arboree forme contemplative e adoranti”54 che sono gli Amori francescani, di una stilizzazione audace, assolutamente in sintonia con le migliori formulazioni della grafica simbolista italiana ed europea. “un’opera onesta e pietosa d’intendimenti, ma potente e voluminosa di forma”: Le misere recluse “A proposito d’arte, prepari una buona mostra nel 1911?” scriveva Biondi a Grubicy nel 1909 “Io vado seminando la mia energia ad un opera onesta e pietosa d’intendimenti, ma potente e voluminosa di forma, come la grande ingiustizia e il grande dolore che pesa da secoli sulla umanità e che essa vuole rappresentare”55. Si trattava delle Misere recluse, un gesso di rilevanti dimensioni (sei metri di base), con dodici figure a grandezza naturale: una nuova opera di impegno, non solo nella mole, quanto nella ricerca stilistica e nell’idea da veicolare. “‘Deus resistit superbos’ tu scrivesti un giorno, ed io mentre sono un umile nella finalità sono un superbo nella esplicazione della Idea”56, precisava Biondi nella stessa lettera a Grubicy. Quale fosse il concetto da esplicare,

Amori francescani, 1902, acquerello su carta, Roma, famiglia Biondi

ad un disturbo qualunque che potrebbe venire a te”63. Nel panorama trionfalistico delle mostre del cinquantena-

Biondi lo indicava chiaramente: “Forse perché nato e cresciuto nella campagna, alimentato da quella specie di libertà luminosa che si assorbe allo spettacolo della montagna, della valle, dei vasti orizzonti, a me le leggi, le così dette istituzioni, come tutte quelle altre macchine colle quali si fanno muovere i popoli, hanno sempre fatto una impressione penosa […]. Ma le leggi che da secoli puniscono e sopprimono i degenerati, le povere creature umane che le tendenze ataviche, o la mancanza di educazione, o dei mezzi di vita o anche la stessa educazione omicida che si impartisce nelle scuole dei diversi stati o tutti insieme questi coefficenti del male, le rende colpevoli, mi hanno fatto sempre l’impressione di un delitto che si compie da

secoli”57.

La riflessione sulle contempo-

ranee, popolarissime teorie del criminologo Cesare Lombroso si accompagnava così all’esigenza di condannare “la vergogna della reclusione”, la barbara crudeltà del sistema carcerario, la società che incarcera senza educare e che punisce senza prevenire, esprimendo il suo “sentimento di pietà infinita verso tutte le reiette della società, quelle che comunemente si chiamano colpevoli, e non sono che poveri esseri ammalati, cui i loro padri e noi abbiamo inoculati i germi della corruzione”58; “ho scelto la donna per dar forma al mio sentimento perché essa più dell’uomo soffre e piange senza ribellione ed è più degna dell’interessamento e della pietà dei

buoni”59.

Come ricor-

dato dall’artista in un articolo su “Il Popolano” del 190760, l’ispirazione era nata da una visita al reclusorio femminile di Perugia. Biondi aveva assistito ad una “misera festicciola” in cui una benefattrice aveva radunato un gruppo di detenute per rivolgergli parole di conforto e distribuire loro una focaccia dolce. Stridente era apparso il contrasto con un’altra festa che si andava svolgendo contemporaneamente nella cittadina umbra, quella per la visita della regina Margherita, e conseguente era stata la riflessione di natura politica e morale: “Povere creature, ree di essere nate col germe del delitto nel sangue, ma che sono formate dagli stessi atomi dei quali è formato l’involucro materiale dell’augusta signora, che, come lei, hanno un’anima immortale, che avrebbero avuto gli stessi diritti all’educazione, alla luce, alla libertà, all’amore, alla

Le Misere recluse, 1908-1911, gesso, opera dispersa

53

rio, le Misere recluse crearono comunque sconcerto, dividendo la critica tra chi ne rilevava l’alto significato so-

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ciale e apprezzava la novità di una “violenta espressività nella rappresentazione”64, e chi condannava il “dispre-

Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 28 giugno 1897. F. Sapori, Ernesto Biondi, Torino, Edizioni d’arte E. Celanza, 1920. 55 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 31 dicembre 1909. 56 Ibidem. 57 L’esposizione di Roma. La sezione scultura. Le recluse di Biondi, in “La Patria degli Italiani”, 6 maggio 1911 58 A. Borelli, Conversando con l’autore dei “Saturnalia”,cit. 59 L’esposizione di Roma. La sezione scultura. Le recluse di Biondi, in “La Patria degli Italiani”, cit. 60 E. Biondi, Vita vissuta. Perugia - Assisi - Intermezzo malinconico, in “Il Popolano. Giornale di Frosinone”, 25 novembre 1907. 61 Ibidem. 62 In questa occasione Biondi era stato coinvolto anche nell’ideazione degli scenografici apparati della manifestazione: insieme all’architetto Ferrante aveva ideato la Nave romana, una grande nave di cento metri di lunghezza che sorgeva all’interno di un bacino d’acqua appositamente costruito, dove erano stati ricreati ambienti di epoca imperiale per accogliere spettacoli e ristoranti. La nave era ornata da decorazioni in stucco e bronzo e da statue eseguite da Biondi. Si veda Cose italiche. Una nave romana, in “Natura ed Arte”, XX, 1911, 8, p. 556.

vita”61.

gio della forma”65. Particolarmente audace doveva apparire infatti l’avanzata sintesi formale raggiunta attraverso piani larghi e spigolosi, linee taglienti e squadrate, che rendeva la desolata processione di donne potente nella sua elementare e concentrata resa plastica. Spogliando le figure dei loro tratti identificativi, Biondi le univa nel dolore attraverso il medesimo sguardo assente, perché, in opposizione alle teorie lombrosiane, “quelle diverse colpe che sono o dovrebbero essere la risultanza di differenti istinti, di differenti conformazioni organiche, e che dovrebbero rivelare all’osservatore differenti tipi, qui non si distinguono più: tutte portano impresse sul volto le stimmate del dolore”66. Il linguaggio volutamente disadorno, plebeo, era perfettamente in sintonia col soggetto rappresentato, e rendeva la figurazione priva di retorica e di ogni compiacimento pietistico: “Gli accademici urleranno allo scandalo di fronte a questa nuova gagliarda manifestazione di un’arte rappresentativa”67. Di nuovo, come nel Dies irae, non siamo lontani dalle formulazioni espressioniste d’oltralpe: pensiamo a Käthe Kollwitz, ma anche a Ernst Barlach, entrambi, peraltro, borsisti a Firenze, a Villa romana, rispettivamente nel 1907 e nel 1909. Biondi entrava così, naturalmente, a far parte di quella corrente di estetica dell’antigrazioso che verso la fine degli anni dieci toccava diversi epicentri della vita artistica italiana, dal Veneto, con Arturo Martini, Gino Rossi, Tul-

Studio per le Misere recluse, carboncino su carta, Roma, famiglia Biondi

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ACS, Fondo Ettore Ferrari, b. 10, f. 468, lettera del 7 marzo 1912. 64 B. Castelli, All’Esposizione di Belle Arti. Le sculture, in “L’Avanti!”, 7 maggio 1911. 65 A. Severi, Esposizione Internazionale di Belle Arti. L’arte italiana, in “L’Arte”, XIV, 1911, III, p. 232. 66 E. Biondi, Vita vissuta. Perugia - Assisi - Intermezzo malinconico, cit. 67 E. Cecchi, Le “Misere recluse” di Ernesto Biondi alla Mostra artistica di Vigna Cartoni, in “Vita”, 2 aprile 1911. 68 A. Bragaglia, Ricordo di Ernesto Biondi, in “Il Meridiano di Roma”, 1942, 16, p. 3. Nel 1913 Biondi aveva indirizzato a Bragaglia una lettera in cui testimoniava la sua sintonia nei confronti di alcuni concetti filosofici e sociali alla base del futurismo, intendendo per futurismo “anarchismo largo, profondo, completo”, mentre prendeva le distanze dagli indirizzi marinettiani (Lettera di Ernesto Biondi ad Anton Giulio Bragaglia, cit.).

lio Garbari, alla Toscana con Alberto Magri, Ardengo Soffici, Lorenzo Viani (impossibile non vedere una comunanza di intenti tra le Misere recluse e La benedizione dei morti del mare, Comune di Viareggio, 1913-1915), a Roma con Duilio Cambellotti e Roberto Melli. In tutti questi artisti si assiste infatti a un lavoro sul linguaggio artistico che, pur nelle rispettive differenze, ha le sue radici in una riflessione sul primitivo, dove per primitivo si intende tanto un colto recupero dell’antico, da quello etrusco-romano al Quattrocento, quanto il mondo espressivo della clas-

Presentato nel 1911 all’Esposizione internazionale di Roma62, il gruppo ritornò in pezzi allo studio, pro-

se contadina e proletaria, sul quale si innestano talvolta echi dell’espressionismo francese e tedesco, o della sin-

babilmente a causa dell’assenza dell’artista, convalescente da una bronchite, durante la fase dello smontaggio,

tassi cubo-futurista.

come lascia intuire una lettera indirizzata ad Ettore Ferrari: “ieri ricevei dall’Esposizione una raccomandata nella

La malattia e la morte di Biondi non hanno purtroppo permesso di vedere il seguito di questa ricerca. A

quale mi si prega di lasciare libera la sala delle Recluse al più presto. Ora io vorrei sapere da te se è possibile ri-

distanza di anni, nel 1942, Anton Giulio Bragaglia ne sottolineava con acume la modernità, rilevando la conso-

mandare ancora di due settimane questo lavoro, perché allora lo farei eseguire sotto mia assistenza e certamen-

nanza tra i contemporanei indirizzi espressivi e i “piani intagliati e tettonici” delle Misere recluse: una visione ca-

te potrà venire bene. Se non è possibile, io non voglio […] ulteriori imbarazzi, e disporrò, senz’altro […] che il

pace di allacciare “pregevolmente il Biondi con la più estrema modernità d’intenti, imponendone lo studio amo-

taglio delle figure ed il trasporto siano eseguiti senza di me. Verrà forse fuori un lavoraccio ma preferisco questo

roso da parte delle generazioni ultime”68.

Ernesto Biondi

62

Ernesto Biondi

63

L’impegno civile e figurativo nella scultura monumentale

La tematica della scultura a destinazione pubblica non costituì l’elemento centrale dell’opera di Ernesto Biondi come invece era avvenuto per molti artisti contemporanei, che più spesso di lui si misurarono con quelle opere monumentali che, celebrando nella rievocazione storica o nella dimensione allegorica quegli uomini, quei fatti, quelle idee che avevano consentito la nascita dello stato unitario e la creazione di nuovi assetti istituzio-

Stefano Grandesso

nali, assolvevano alla necessità di costruire un’identità nazionale italiana. E ciò sia nella forma del monumento isolato e autonomo che in quella del corredo plastico dei nuovi edifici pubblici, che proprio attraverso l’apparato scultoreo, nel suo contenuto rappresentativo e didascalico, affermavano la propria funzione e ribadivano l’autorità e la legittimità dei nuovi poteri. Come altra parte del suo lavoro, dall’iniziale attività di ceramista nella manifattura napoletana Schioppa alla scultura funeraria, dalla realizzazione di piccoli bronzi alla ritrattistica, coltivata non troppo spesso1, può sembrare a un primo esame che anche la scultura monumentale potesse essere considerata da Biondi un campo della professione non strategico per l’affermazione della sua identità artistica, ma un mezzo invece per reperire le risorse economiche necessarie per finanziare le imprese ritenute maggiori, come i gruppi dei Saturnali e delle Misere recluse, alle quali intendeva soprattutto legare la sua fama. Ciò sembrerebbe confermato da sporadici riferimenti nei suoi carteggi e dal dato numerico relativo a questi lavori, effettivamente ridotto. Si trattava infatti nei casi dei gruppi citati di opere molto impegnative in termini di tempo di realizzazione e di costi, eseguite senza commissione e in qualche modo dimostrative. La volontà di emanciparsi dai limiti oggettivi che la scultura imponeva, legati agli oneri delle materie prime e dei complessi procedimenti esecutivi, finanziando da sé i lavori autonomi, lo mostrava artista moderno e libero, in grado di sfruttare le possibilità che offriva l’attuale sistema dell’arte, fondato sulle esposizioni e su un mecenatismo pubblico che ora, anche in Italia con lo stato unitario, poteva sostituirsi al collezionismo privato per le opere più ambiziose. D’altra parte gli obiettivi programmatici dei Saturnali, ad esempio, come il superamento delle convenzioni della scultura per

Sopra Monumento a Manuel Montt e Antonio Varas, particolare, 1900-1904, Santiago del Cile, da “Emporium”, XVIII, 1903 Nella pagina: a fianco Monumento a Nicola Ricciotti, particolare, 1906-1910, Frosinone

un linguaggio nuovo e, proprio attraverso questo impegno figurativo, il trasferimento su un piano più generale e alto del loro significato etico e sociale, mal si conciliavano con la destinazione collezionistica privata, mentre convenivano a quella pubblica per cui originariamente il gruppo era pensato. L’acquisto da parte dello stato e il successo dei Saturnali a Parigi ne erano la verifica e inserivano a buon diritto l’opera-manifesto di Biondi all’interno di una tradizione solo moderna di opere emancipate dalla committenza e concepite direttamente per la collocazione museale: vaste composizioni emblematiche, come qui, per linguaggio innovativo e comunicazione di un messaggio elevato, a partire dai casi francesi di Géricault e Delacroix, che, con le Scene dei massacri di Scio, secondo Francis Haskell, concepiva “il primo capolavoro a essere creato avendo in mente un pubblico museo come sua destinazione iniziale e non finale”2. Queste riflessioni sul significato in qualche modo pubblico delle opere maggiori di Biondi e insieme la considerazione dell’ispirazione sociale che più in generale era universalmente riconosciuta al suo lavoro suggeriscono di ripensare la sua attività di scultore in campo monumentale. Essendo coerente con questi indirizzi e con la volontà di parlare ai contemporanei, anche la vera e propria scultura pubblica non doveva essere praticata per scopi unicamente strumentali, ma al contrario interessarlo profondamente laddove portatrice di significati civili, morali e politici. In realtà dunque si può scorgere un’identità tra tema sociale e monumenti in Biondi3 e l’appro-

1 Scriveva a Ugo Ojetti il 17 marzo 1900: “di busti io non ne ho fatto che uno e brutto, perché mi fanno ribrezzo gli uomini tagliati sotto le spalle, e se avessi dovuto farne molti, non avrei certo chiesto a questi monchi la - sonora fama” (Fondo Ojetti, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Carteggio Biondi). Desidero ringraziare per avermi favorito nella ricerca Angelo D’Agostini, Francesco Petrucci, Domenico Ricciotti, Franco Viselli e in particolare Gianluca Berardi, Teresa Sacchi Lodispoto e Sabrina Spinazzè per la generosità con la quale hanno messo a mia disposizione le loro ricerche e conoscenze. 2F. Haskell, La metamorfosi del gusto. Studi su arte e pubblico nel XVIII e XIX secolo, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, p. 156. 3Come notava anche A. Bragaglia, Ricordo di Ernesto Biondi, “Il Meridiano di Roma”, 1942, 16, p. 3. 4A. Biondi, Ernesto Biondi. Vita ed opere, Casamari, Tipografia dell’Abbazia di Casamari, 1985, p. 51.

fondimento della sua vicenda indica come il loro numero esiguo non sia il frutto dell’ostilità dell’artista per il genere - anzi partecipò a numerosi concorsi pubblici e al limite, da repubblicano, si astenne dal cimentarsi con opere celebrative della casa regnante4 -, quanto piuttosto il frutto di circostanze sfortunate o della mancanza di appoggi determinanti, oltre a quelli che seppe trovare tra i conterranei, i socialisti e gli aderenti alla massoneria.

Ernesto Biondi

65

Forse al temperamento di Biondi potevano spiacere i condizionamenti imposti dalle regole dei concorsi,

razione alla tradizione italiana, legata al retaggio classico. Così aveva unito alla dignità dell’iconografia antica e

dalla volontà dei committenti e anche dalle convenzioni formali legate al genere della scultura pubblica. Nello

alla sua nobile compostezza una semplificazione del modellato tutta moderna, derivata dallo studio del reale, co-

stesso tempo però l’analisi degli aspetti figurativi che di volta in volta si trovava ad affrontare, alle prese con

me mostra un pastello dove il dato naturale era già stato sottoposto a un procedimento di elezione, ed espressa

opere plastiche destinate alla collocazione all’aperto, indicano, nella varietà delle soluzioni elaborate, la volontà

dalle ampie superfici e dalla chiarezza grafica delle linee. La sintesi plastica del Gaio era in linea con l’economia

di cimentarsi con i problemi imposti da questo tipo di lavori, come la necessità di un effetto che fosse monu-

figurativa, pur nella diversità della cifra, di esiti originali ben altrimenti sentiti da Biondi, come l’ascetico reali-

mentale al di là del soggetto e delle dimensioni o l’adeguamento, risolto in termini di originalità, a un linguag-

smo del San Francesco o il modellato gotico ed espressionista delle Misere recluse.

gio elevato che poteva richiedere l’adozione di un retaggio del passato, ma ancora considerato vitale, come quel-

Contemporanea all’impegno per palazzo di Giustizia era anche la prima realizzazione di un autonomo mo-

lo allegorico, ovvero imporre un confronto vincolante con l’iconografia tradizionale.

numento pubblico, quello agli statisti cileni Manuel Montt e Antonio Varas, destinato a Santiago del Cile. I car-

Veri e propri monumenti celebrativi autonomi, di significato civile e politico, sarebbero stati realizzati

teggi testimoniano di come questo incarico fosse stato preceduto da numerosi tentativi di aggiudicarsi commis-

da Biondi solo a partire dal nuovo secolo, anche se il confronto con il tema della scultura pubblica era legato ai

sioni pubbliche.

suoi esordi, nelle fontane eseguite per Cisterna (per concorso), Gorga e Montelanico (su commissione diretta) tra

Nel 1886 si colloca il primo esempio: lo scultore chiedeva a Grubicy il programma del concorso per il Mo-

1885 e 1891, e proseguito con le opere funerarie e quelle destinate a una collocazione architettonica, come le

numento a Garibaldi a Milano6, poi vinto da Ettore Ximenes che dieci anni più tardi metteva in opera la sua sta-

sculture religiose per la facciata della chiesa del Beato Angelo ad Acri, scolpite nel 1895, e il Sant’Onesimo per il

tua equestre in largo Cairoli. Il 10 giugno 1889 scriveva la prima lettera oggi nota a Ettore Ferrari - artista che

complesso della ricostruita basilica di San Paolo fuori le mura, incarico vinto sempre nel 1895.

due anni dopo criticava ferocemente con Grubicy (“Ferrari si spense col compagno di Spartaco, ed anche questo

Di questi lavori si occupano ampiamente in questo stesso volume i documentati saggi di Teresa Sacchi

fabbrica case è pieno di commissioni, tiene il monopolio di tutti i monumenti ed ingrassa coi quattrini del go-

Lodispoto, ai quali rimando. Basti qui soffermarsi su alcuni aspetti istruttivi da un lato del libero eclettismo di

verno e della Massoneria”7), più tardi amico e comunque sempre fondamentale punto di riferimento figurativo -,

Biondi nel sapersi giovare delle fonti figurative del passato, dall’altro della sua capacità di adeguare le invenzio-

invitando il più anziano collega a recarsi nel suo studio per valutare il bozzetto di Pietro Cossa, rappresentato co-

ni al tipo di incarico e destinazione, dimostrando piena consapevolezza della necessità di un rapporto con il con-

me “quel tipo buono e semplice quale era, e come sono tutti gli uomini riscaldati dalla potente fiamma dell’arte”8. Proprio allora si stava svolgendo un concorso per il monumento al poeta e drammaturgo Pietro Cossa, da

testo che costituisce anche tema specifico della scultura pubblica. Le tre fontane, realizzate in uno stretto giro di anni, verificano l’efficacia dei suoi interventi urbani che

erigersi in Roma (ora in Piazza della Libertà). Entro il mese di maggio di quell’anno i concorrenti avevano pre-

recuperavano soprattutto la tradizione cinque e seicentesca. Nei casi di Cisterna e Gorga Biondi approntava degli

sentato i bozzetti, ma la competizione non si era risolta e la giuria aveva invitato sei dei partecipanti a produr-

apparati di natura artificiale e pittoresca, sul modello delle grotte dei giardini rinascimentali, sui quali imposta-

re nuovi progetti e modelli della testa di Cossa grandi al vero entro la fine di luglio. Proprio Ferrari era uno dei

va le parti di figura con effetti di illusionismo, cromatismo e meraviglia che ben illustrano la sua considerazione

componenti della giuria, che tra gli scultori contava anche Giulio Monteverde e Luigi Amici. Biondi evidentemen-

della scultura manierista e barocca, accanto all’istanza realista. Nella prima, la figura della Dea Feronia costituiva un primo confronto con il registro aulico della scultura allegorica, mentre nell’altra il piacevole tema pastora-

Beato Angelo, 1895, marmo, Acri, Chiesa del Beato Angelo

5

Più tardi, con la statua del giureconsulto antico Gaio eseguito tra 1902 e 1904 per il palazzo di Giustizia di Roma, Biondi sviluppava in qualche modo soluzioni elaborate in opere precedenti, come le quattro statue di santi per la citata chiesa di Acri, dove si trovava un modellato semplificato in funzione della collocazione ar-

finale, toccata invece ad Adolfo Sanguinetti, autore della statua in bronzo inaugurata nel 1895, venticinquennale dell’annessione di Roma9.

le e verista, una scena di vita quotidiana rurale, assumeva una nuova dignità scultorea divenendo protagonista dell’intervento monumentale.

te era tra i sei alle prese con la seconda fase del concorso e tentava di assicurarsi il suo appoggio per la vittoria

Sulla decorazione scultorea del palazzo di Giustizia e le sue problematiche si veda T. R. Kirk, Church, state and architecture: the Palazzo di Giustizia of Nineteenth Century Rom, New York, Columbia University, 1997, pp. 327-341.

Alcuni studi grafici sono da mettere in relazione al concorso per il Monumento a Cristoforo Colombo di New York, bandito nel 1890 per celebrare il quarto centenario della scoperta dell’America e sponsorizzato da Carlo Barsotti, fondatore del periodico quotidiano “Il Progresso Italo-Americano” che avviava la raccolta di fondi attraverso una sottoscrizione pubblica. La commissione andò allo scultore messinese Gaetano Russo10, anch’egli co-

chitettonica e della conseguente osservazione a distanza. Le espressioni erano amplificate e approfonditi i parti-

me Biondi allievo a Roma di Masini, che innalzava la statua del grande navigatore su di una colonna rostrata e

ti lineari e di chiaroscuro, parallelamente all’eliminazione dei dettagli.

ornata, alla base, del Genio della Geografia e di rilievi bronzei di illustrazione storica. Il progetto di Biondi pre-

Anche nel Gaio era la sollecitazione del tema di un dialogo serrato con l’organismo architettonico, pre-

sentava le due varianti della statua su ampio basamento e dell’elemento verticale di un pilastro a lesene, sor-

scritto dalla committenza e comune alle altre opere plastiche, a richiedere coerenza di soluzioni formali tra edi-

montato da statue e collocato contro un emiciclo ornato di rilevi e figure a tutto tondo. Era più complesso ico-

ficio e scultura5. L’opera di Biondi attingeva all’effetto monumentale non solo per la mole grandiosa, ma anche

nograficamente e concettualmente di quello di Russo, illustrando, come si desume dagli appunti in margine agli

per la capacità di reggere, sulla base di scelte stilistiche, il confronto con il gigantismo e la magnificenza del-

schizzi, il Genio italiano che presenta Cristoforo Colombo al cospetto delle nazioni europee, accorse ad abbeve-

l’architettura neoromana e neobarocca approntata da Calderini. Da un lato Biondi aveva saputo interpretare le fi-

rarsi alla fonte americana, e delle personificazioni dell’America del passato e dell’America del presente.

nalità simboliche dell’edificio come testimonianza visiva del potere laico dello stato unitario, mantenendosi su

Nel 1894 si interessava dell’iniziativa milanese per la porta centrale del Duomo, dichiarando “che que-

un registro aulico, dall’altro aveva dovuto condividere l’istanza della committenza per il superamento delle scuo-

sto concorso lo farei con passione”11. Non è noto se vi partecipasse, in ogni caso la competizione era vinta da

le artistiche locali italiane in favore di un unico linguaggio scultoreo nazionale - istanza che aveva suggerito il

Ludovico Pogliaghi, che vi lavorò fino al 1908. E ancora, proseguendo questa rassegna di tentativi, nel 1903, il

coinvolgimento di artisti di diversa provenienza -, contribuendovi con la sua sintesi di moderno realismo e di ispi-

23 novembre, Biondi scriveva a Ferrari a proposito di un monumento a un esercito straniero, che egli aveva con-

Ernesto Biondi

66

Ernesto Biondi

Studio per il Monumento a Cristoforo Colombo, 1890 circa, china su carta, Roma, famiglia Biondi

6 MART, Archivio del 900, Fondo Grubicy, corrispondenza di Ernesto Biondi, Gru. I. 1. 1. 112 (da ora Mart, Gru.I.1.1.112), lettera del 9 agosto 1986. 7 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 25 marzo 1890. 8 Archivio Centrale dello Stato, Archivio Ettore Ferrari, b. 10, f. 468, lettera del 10 giugno 1889. 9 Per la vicenda del concorso e del monumento si veda: L. Berggren, L. Sjöstedt, L’ombra dei Grandi. Monumenti e politica monumentale a Roma (18701895), Roma, Artemide edizioni, 1996, pp. 183-185. 10 Cfr. L. Paladino, Russo Gaetano, in La scultura a Messina nell’Ottocento, catalogo della mostra a cura di L. Paladino, Messina, Regione Siciliana, 1997 (Messina, Museo Regionale), pp. 134-135. 11 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 12 giugno 1894.

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cepito in modo tale che i capi del governo di quel paese, definiti militaristi, non avrebbero potuto approvarlo. Stessa sorte riteneva sarebbe toccata alla sua idea per un Monumento a Leone XIII, considerato da lui stesso inaccettabile per le gerarchie ecclesiastiche. Si trattava forse del gigantesco ritratto in profilo che Biondi, all’indomani della scomparsa del pontefice a lui caro per i comuni natali ciociari e soprattutto come riformatore della dottrina sociale della chiesa, aveva pensato di scolpire sulla roccia dei monti Lepini in modo che fosse visibile a 50 chilometri di distanza12, oppure dell’idea di una statua bronzea di venti metri, collocata sulla vetta della Semprevisa, di cui ci informa Egidio Ricci13, o ancora di un ulteriore e più articolato progetto che forse avrebbe più direttamente evocato gli scottanti temi sociali di cui si era occupato l’autore dell’enciclica Rerum novarum. In ogni caso non gli toccò né il Monumento all’operaio cristiano, dedicato a Leone San Giovanni in Laterano, eseguito quell’anno da Annibale

Monti14,

XIII

nel cortile della canonica di

né il monumento sepolcrale, realizzato tra il

1906 e il 1907 da Giulio Tadolini per San Giovanni in Laterano15. L’anno 1900, quello della grande affermazione internazionale di Biondi a Parigi, era anche quello della vittoria del concorso bandito proprio nella capitale francese per il citato monumento pubblico da erigersi a Santiago e dedicato agli uomini politici Manuel Montt e Antonio Varas. Il 30 dicembre scriveva a Grubicy: “Io lavoro intorno al monumento d’America, spero presto ritornarmi in campagna e fare delle cose umili che sono più nel mio temperamento”16. Ne parlava anche un anno più tardi, lamentando l’impegno gravoso dell’opera: “tu cosa fai? Stai sempre dietro alle ricerche musicali dei colori? Io non posso ancora fare un poco di arte intima sono sempre assorbito dal monumento d’America. Questi lavori se ti danno il pane quotidiano abbondante, ti rubano i migliori anni della vita. È un brutto destino”17. Nel 1903 la fusione in bronzo era terminata, esposta presso la fonderia Nelli18 e fotografata per la pubblicazione su “Emporium”, dove ne venivano decifrati i complessi significati simbolici19. Il monumento veniva quindi spedito oltreoceano dove l’anno seguente sarebbe stato inaugurato, collocato di fronte al palazzo dei Tribunali di Giustizia, inserendosi così in una consolidata tradizione che aveva visto numerose volte gli scultori italiani e in particolare quelli attivi a Roma impegnati nel contribuire agli apparati plastici che nelle nazioni giova-

Monumento a Manuel Montt e Antonio Varas, 1900-1904, Santiago del Cile

Sulla colonna quadrangolare rastremata Biondi impostava due diversi registri rappresentativi: quello su-

ni del Nuovo Mondo dovevano consolidare l’autocoscienza e il nazionalismo dei popoli. A partire dai monumenti dedicati da Adamo Tadolini e Pietro Tenerani nella prima metà del secolo a Simon Bolivar, queste opere, spesso colossali, confermavano la grande fortuna internazionale della scultura italiana dell’Ottocento20. Adottando una tipologia che poi sarebbe stata impiegata anche nel Monumento a Nicola Ricciotti di Frosinone, Biondi aveva sviluppato la rappresentazione intorno all’elemento compositivo verticale dell’obelisco, in grado di marcare efficacemente il suo inserimento urbano e dunque di contribuire a promuoverne il contenuto pedagogico. Se questa proiezione verticale rievocava naturalmente opere monumentali seicentesche che soprattutto a Roma fissavano visivamente l’articolazione spaziale della città, Biondi doveva aver tenuto presente anche un capolavoro moderno nel campo del monumento pubblico in Italia, quel Monumento alle Cinque Giornate di Giuseppe Grandi (1881-1895, Milano, Piazza alle Cinque Giornate) che aveva proposto questa tipologia insieme a profonde novità formali, quali la caratteristica combinazione delle masse figurate con la parte più propriamente architettonica dell’opera, in grado di imprimere un dinamismo ininterrotto, la risoluzione continua delle forme l’una nell’altra e l’efficacia drammatica, che la luce amplifica sulla modellazione sciolta, vibrante e mossa delle superfici21.

modo innestavano la storia o l’apparato allegorico in uno sviluppo continuo sui quattro lati dell’elemento verticale.

12 Cit.

in F. Sapori, Lettere dello scultore Ernesto Biondi, in “La Tribuna”, 24 febbraio 1921: “nella vetta di uno dei nostri Monti Lepini scolpirò il profilo caratteristico di Gioacchino Pecci, in modo che si possa vedere a cinquanta chilometri di distanza”. 13 E. Ricci, Un doveroso riconoscimento, in “Terra Nostra”, giugno 1971, p. 3. Ricci parla anche della formazione di un Comitato internazionale per la raccolta dei fondi, interrotta dalle vicende politiche internazionali. 14 Cfr. E. Riccoboni, A.Riccoboni, Roma nell’arte. La scultura nell’Evo Moderno dal Quattrocento ad oggi, Roma, Mediterranea, 1942, p. 493; “Illustrazione italiana”, 27 marzo 1904, p. 24. 15 Sul monumento cfr. T. Felicitas Hufschmidt, Tadolini. Adamo. Scipione. Giulio. Enrico. Quattro generazioni di scultori a Roma nei secoli XIX e XX, Roma, Gruppo dei Romanisti, 1996, pp. 240-243. 16 Mart, Gru.I.1.1.112, lettera del 30 dicembre 1900.

periore, storico, dedicato alla rappresentazione realistica dei ritratti dei due statisti cileni, e quello inferiore, di tipo allegorico, destinato all’illustrazione simbolica dei loro meriti civili e politici. Manuel Montt Torres (1809 - 1880) era stato presidente del Cile tra il 1851 e il 1861. Aveva sostenuto una forma di governo di tipo centralista, a capo del partito Monttvarista, più tardi detto Nacional, che aveva difeso da movimenti autonomisti reprimendo la rivolta capeggiata dal generale Josè Maria de la Cruz. Durante i suoi due mandati presidenziali aveva perfezionato la costituzione cilena del 1833 e organizzato le istituzioni dello stato avvalendosi dell’opera di Antonio Varas de la Barra (1817-1886), con lui sul monumento, ministro dell’Interno e ideologo del suo partito. In campo legislativo aveva varato il Codice Civile redatto da Andrés Bello e in quello economico aveva promosso lo sviluppo delle infrastrutture, costruendo ponti, strade e ferrovie, e la colonizzazione del Cile australe. Grazie a Varas, intellettuale e rettore dell’Instituto Nacional, il suo governo aveva inoltre impresso un notevole sviluppo al settore dell’istruzione. Nel monumento, voluto da un membro della famiglia dei banchieri Edwars, sostenitrice del partito Nacional, i due statisti erano rappresentati insieme, Montt sedente e Varas stante come suo illuminato ispiratore, entrambi in atteggiamento meditativo, concentrato sulla gravità degli affari di stato. La base istoriata sottoli-

Quel prototipo doveva essere risultato immediatamente normativo, presto adottato da molti scultori ita-

neava simbolicamente i meriti principali dei due padri della repubblica cilena. Sul lato anteriore una composta e

liani contemporanei come Ettore Ximenes, Leonardo Bistolfi, Davide Calandra, più tardi Mario Rutelli, che in vario

solenne figura della Giustizia, rappresentata come una matrona avvolta in un ampio panneggiamento, reca il Có-

Ernesto Biondi

Sopra: Monumento a Manuel Montt e Antonio Varas, 1900-1904, Santiago del Cile, da “Emporium”, XVIII, 1903

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Ernesto Biondi

A fianco: Biondi lavora al Monumento a Manuel Montt e Antonio Varas, 1900-1904

17 Mart,

Gru.I.1.1.112, lettera del 31 dicembre 1901. “L’Araldo Italiano”, 14 aprile 1904, cit. in A. Biondi, Ernesto Biondi, cit., p. 124. 19 A. J. Rusconi, Ernesto Biondi e il monumento per il Cile, in “Emporium”, XVIII, 1903, pp. 75-80. Nel 1903, come si evince da una lettera di Biondi a Ferrari dell’8 giugno, l’artista riceveva dal collega parole di elogio per l’opera, cfr. ACS, Archivio Ettore Ferrari, b. 10, f. 467. 20 Un’apertura sul tema della presenza in America Latina della scultura italiana e un primo censimento dei monumenti si trova in R. Gutiérrez Vinualez, Presencia de Italia en la pintura y la escultura de los paises sudamericanos durante el siglo XIX, in “Ricerche di Storia dell’arte”, 63, 1997, pp. 35-51. 21 Sul monumento cfr. M. De Micheli, La scultura dell’Ottocento, Torino, Utet, 1992, pp. 157-162. 18

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digo Civil e l’attributo tradizionale della bilancia. A lato le figure dell’Istruzione primaria, che con atteggiamento

Veniva quindi fondato un Comitato Ricciottiano, preposto allo scopo, di tendenze politiche liberal-de-

materno si prende cura dei suoi figli, e dell’Istruzione secondaria sul fianco sinistro, in atto di spiegare un papi-

mocratiche, repubblicane e socialiste, legato, in molti dei suoi membri, alla loggia massonica liberale “Luigi An-

ro a un giovinetto nudo, simboleggiano l’impegno dei due uomini nell’istruzione come fondamento del progresso

geloni” e facente capo alla Società Operaia fondata da Alessandro Fortuna e Felice Cavallotti. Il Comitato non era

economico e civile dello stato repubblicano. Sul lato posteriore la personificazione del Progresso, una figura ma-

però sostenuto dalle autorità cittadine e nel 1883, in un consiglio comunale a maggioranza moderata, era respinto

schile in volo, evocante l’iconografia delle Vittorie classiche, “con la face in mano si slancia lungo il binario del-

il progetto di una colonna commemorativa sostenuta da una statua leonina, simbolo del bellator frusino, da eri-

la ferrovia e lasciando sul suo passaggio la ricchezza delle messi e delle viti si spinge verso le lande deserte e ino-

gersi nell’odierna Piazza Cairoli24. La questione veniva quindi ripresa con nuova determinazione nel 1906 dal patriota Emilio Diamanti. Il

spitali portando seco la fratellanza dei popoli, rappresentata da bimbi che si baciano, la pace, significata da bimbi in riposo, e l’Evangelo, simbolo ancora della risurrezione del

paese”22.

padre, il mazziniano Domenico, era stato membro della Costituente romana del ’49 e più tardi, rientrato nel 1870

Biondi nel monumento sapeva virare l’ispirazione realista nel canone della scultura ideale, rivolta da un

dall’esilio, sindaco di Frosinone (Biondi, oltre a collocarlo sul monumento, ne avrebbe realizzato nel 1909 il bu-

lato all’allegoria, dall’altro alla rappresentazione della bellezza femminile, maschile e giovanile, attraverso l’og-

sto un tempo posto all’esterno della casa natale a Veroli). Diamanti immaginava un monumento a Ricciotti sul

getto più propriamente specifico della scultura, per tradizione, cioè il nudo. Dimostrava di aver inteso e voluto

colle della Prebenda come fulcro di una nuova urbanizzazione dell’area, riuniva i membri dell’antica associazione

interpretare la peculiarità della scultura monumentale, che possedeva una sua propria storia figurativa e un lin-

e nuovi sostenitori in un Comitato esecutivo, con segretario il socialista Luigi Valchera, e raccoglieva i fondi ne-

guaggio caratteristico ad essa legato, nel tentativo, di cui era perennemente ribadita la validità, di proiettare nel-

cessari per sottoscrizione popolare, dotandoli egli stesso per 10.000 Lire. Quello stesso anno era firmato il con-

la dimensione metastorica le azioni degli uomini, in termini convenienti al suo statuto di arte nobile e privile-

tratto con Ernesto Biondi25, da poco insignito della cittadinanza onoraria di Frosinone26, il quale si accordava per

giata perché civile. Ciò avveniva con una piena libertà di riferimenti alla tradizione: classica, per l’iconografia ob-

il solo pagamento delle spese27. Il consiglio comunale della città, ora a maggioranza democratica28, accettava il 24 agosto 1908 la con-

bligata della Giustizia, pur risolta in termini moderni, imitativi nello spirito e non nella lettera, e barocca, che proprio presso gli scultori di tendenza realista, dallo stesso Grandi a Ercole Rosa, a Monteverde, aveva rinnovato

Monumento a Manuel Montt e Antonio Varas, particolare, 1900-1904, Santiago del Cile

la sua fortuna come quella che più aveva saputo sviluppare il linguaggio della scultura monumentale. In questa 22 A.

Non è noto quanto spetti del contenuto politico dell’opera ad autonome scelte di Biondi e quanto invece alle prescrizioni del bando di concorso e alla volontà dei committenti. Tuttavia l’esaltazione dei vantaggi del governo repubblicano per il progresso economico della nazione, l’emancipazione delle classi subalterne attraverso l’istruzione e l’importanza della legge nazionale come superamento dello sfruttamento coloniale spagnolo erano temi che potevano trovare l’adesione ideologica dell’artista. La successiva occasione per operare nel campo della scultura monumentale a destinazione pubblica e civile era per Biondi il Monumento a Nicola Ricciotti e ai martiri della libertà, al quale attendeva tra il 1906 e il 1910. Il recupero a lungo auspicato delle spoglie dell’illustre patiota frusinate (1797-1844) dal Vallone di Rovito presso Cosenza - dove aveva trovato eroicamente la morte per fucilazione, dopo il fallito tentativo insurrezionale in Calabria del luglio del 1844 da lui diretto insieme ai fratelli Attilio ed Emilio Bandiera - e la loro celebrativa collocazione in un monumento di piazza divenivano con quest’opera il motivo ispiratore di una più vasta celebrazione del contributo di pensiero, azione e sangue che Frosinone e la terra ciociara avevano dato non solo alla causa dell’indipendenza nazionale, ma più in generale a quello della libertà politica e intellettuale. L’iniziativa che ora veniva coronata dal successo era stata preceduta da quasi un quarantennio di tentativi infruttuosi, rievocati dal Numero unico che il periodico la “Nuova Gazzetta Latina” dedicava al monumento eseguito da Biondi in occasione della sua inaugurazione nel

191023.

Già nel 1872 alcuni patrioti, in testa Federico Napoli e Giovan Battista Sodani, avevano iniziato a coltivare l’iniziativa di riportare a Frosinone i resti di Ricciotti per collocarli sotto un monumento commemorativo.

la stessa in concorso con il comitato promotore per le spese di sistemazione29. Poco prima dell’inaugurazione il sito era intitolato “piazza della Libertà”30. L’8 ottobre 1908 Emilio Diamanti e il sindaco Giacinto Scifelli poneva-

chiave va letto lo sviluppo mosso e serpentinato delle figure, la gestualità non contenuta, il chiaroscuro continuamente variato dall’adesione, quasi una fusione, delle figure allo sfondo.

cessione dell’area di piazza del Plebiscito per l’erezione del monumento a Ricciotti e deliberava l’adattamento del-

J. Rusconi, Ernesto Biondi e il monumento per il Cile, cit., p. 79. 23 Nella inaugurazione del Monumento a Nicola Ricciotti Martiri e Patrioti della Regione, Numero Unico della “Nuova Gazzetta Latina”, 9 ottobre 1910; sull’opera si vedano anche Frosinone per il centenario dell’Unità d’Italia, Cassino, Ipem, 1960; A. Sbrilli Eletti, I “Martiri della Libertà” di Ernesto Biondi nel panorama della scultura italiana del primo Novecento, in Nicola Ricciotti e i martiri della libertà, atti del convegno, Frosinone, 18 gennaio 2003, in corso di pubblicazione; D. Ricciotti, Ernesto Biondi nel 150° anniversario della nascita. Il monumento a Nicola Ricciotti e ai martiri e patrioti della regione, in “Tèretum. Bollettino della Libera Associazione Ciociara”, XV, 2004 (2005), pp. 93-99. 24 Le uniche iniziative intraprese con successo dal Comitato ricciottiano erano una lapide a Ricciotti in via Garibaldi presso la sede della Società operaia, murata nel 1889, e un’altra lapide posta in Comune nel 1901. 25 Nella inaugurazione del Monumento a Nicola Ricciotti Martiri e Patrioti della Regione, cit., p. 12. 26 Proposta del 20 dicembre 1905, proclamazione il 3 gennaio 1906 (Frosinone, Archivio Storico Comunale, Consiglio Comunale, 1905-6, 3 gennaio 1906, n. 31).

no la prima pietra e lo stesso anno gli animatori del progetto fondavano la loggia massonica frusinate “Nicola Ricciotti”, di ispirazione socialista. Il 9 ottobre 1910 l’opera era inaugurata con grande concorso di folla ma nell’assenza delle autorità dello stato e della chiesa, essendo patente il suo significato repubblicano e anticlericale. Il comitato infatti nelle sue sedute aveva stabilito, su suggerimento di Cesare Bragaglia, di circondare la figura di Ricciotti con quelle di altri martiri della libertà di Frosinone e dei centri del circondario e i loro nomi erano stati successivamente stabiliti su relazione di Fortuna31. Partendo dalla vittima dell’Inquisizione Aonio Paleario, letterato condannato al rogo nel 1570, ricordato anche sulla base del Monumento a Giordano Bruno di Ferrari (Roma, Campo dei Fiori), l’opera celebrava i patrioti che avevano contribuito con il martirio, la partecipazione, l’attività legislativa, alla Repubblica romana del 1798-99 (Luigi Angeloni), a quella del ’49 (Domenico Dandini, Pietro Sterbini, Carlo Guglielmi, Sisto Vinciguerra, Francesco Arquati, Domenico Subiaco, Domenico Diamanti, Francesco Petraia), ai moti, alle guerre d’indipendenza, alla spedizione dei Mille (Giacomo Ricciotti, Rocco Antonio Pacioni, Nicola Marra, Nino Stoppani)32. Il contenuto della rappresentazione era stato dunque stabilito dai promotori ma Biondi doveva naturalmente condividere l’impegno fortemente politico dell’opera che egli consacrava all’idea della libertà, personificata nella figura femminile posta alla sommità dell’obelisco che innerva il monumento. La statua impugnava un tempo un’asta, visibile nelle fotografie d’epoca ma ora scomparsa, recante una lampada triface simboleggiante il trinomio libertà, uguaglianza, fratellanza33, di ascendenza giacobina e prima

A. Biondi, Ernesto Biondi, cit., p. 125. Cfr. A. di Sora, Il socialismo umanitario di Ernesto Biondi, in Ernesto Biondi, atti del convegno a cura del Comitato Ernesto Biondi, Morolo 2005, p. 47. 29 Il 24 agosto 1908 era accettata l’istanza per la concessione di Piazza del Plebiscito per il Monumento e la sistemazione dell’area. Il Comune accettava anche la richiesta del Comitato promotore per un suo concorso nelle spese di sistemazione, inizialmente valutato in 3.000 Lire (Frosinone, Archivio Storico Comunale, Consiglio Comunale, Registro originale n. 37 delle deliberazioni, dal n. 83 del 15 luglio 1908 al 24 agosto 1908, 24 agosto 1908, n. 96). 30 Frosinone, Archivio Storico Comunale, Registro originale delle deliberazioni, n. 38, Consiglio Comunale, n. 101, 22 gennaio 1910. 31 Nella inaugurazione del Monumento a Nicola Ricciotti Martiri e Patrioti della Regione, cit., p. 12. 32 Cenni storici e biografici sulle figure dei patrioti si trovano in ibidem, pp. 13 e ss. 33 Come testimoniava il cronista della “Nuova Gazzetta Latina” nella nota dei versi dedicati al monumento da Carlo Chiapponi, cfr. Ibidem , p. 23. 34 D. Ricciotti, Ernesto Biondi, cit., pp. 95 e ss. 28

cola e dell’iconografia del monumento lo stesso Biondi doveva appartenere alla massoneria, che affratellava numerosi membri del comitato promotore, tuttavia non alle logge ufficiali, in cui non risulta iscritto, bensì a quel-

nome del patriota mazziniano al secondogenito. Una sottoscrizione, nonostante le numerose adesioni, non dava

le segrete che numerose si erano diffuse in Ciociaria. Dunque anche la sua opera doveva risolversi secondo una

tuttavia gli esiti sperati.

simbologia generale di tipo massonico, inverata dalle direzioni verticale, come esaltazione della libertà, e oriz-

70

27

ancora massonica, come ha sottolineato Domenico Ricciotti34. Secondo lo studioso della figura dell’antenato Ni-

Nel 1875 ponevano il progetto sotto il patrocinio di Garibaldi, incontrato ad Anzio, che com’è noto aveva dato il

Ernesto Biondi

Monumento a Nicola Ricciotti, particolare, 1906-1910, Frosinone

Ernesto Biondi

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zontale, come simbolo dell’uguaglianza e della fratellanza. Infine la stessa posizione verso Oriente del monumento

Simile posa eroica assumeva sul monumento a lui dedicato anche la statua di Menotti Garibaldi (1840-

e del suo protagonista poteva rinviare all’idea socialista dell’avvento di una nuova era e insieme al tradizionale

1903), ultima prova di Biondi nel campo della scultura pubblica. Il monumento era stato voluto dall’amministra-

simbolo dell’oriente massonico.

zione comunale di Ariccia presieduta dal sindaco Ubaldo Mancini, figlio dell’eroe garibaldino Adolfo e principale

Fermo restando l’orientamento probabilmente obbligato del monumento - in asse con il palazzo della

animatore del comitato “Pro Menotti Garibaldi”. La raccolta di fondi per sottoscrizione popolare era avviata in se-

Prefettura, che ne costituisce lo sfondo, e rivolto verso la direzione principale per chi entra nella piazza -, men-

guito alla delibera del consiglio comunale del 10 ottobre 1903, che stabiliva l’erezione di un monumento o di un

tre va sottolineata la sua collocazione simbolica nel luogo dove si riteneva fosse stato innalzato l’Albero della li-

ospizio per gli agricoltori disagiati e colpiti da malaria dedicato alla memoria del generale sul piazzale antistan-

bertà durante la repubblica del ’49, questa interpretazione non appare una forzatura e si rivela utile per intende-

te il Ponte monumentale di Ariccia verso Albano37. Il luogo in precedenza avrebbe dovuto ospitare un monumen-

re la personalità politica dell’artista.

to a Giuseppe Garibaldi mai realizzato, commemorativo anche del suo soggiorno del 1879 nella limitrofa Villa Le

Biondi descriveva con accenti anarchico-socialisti il suo lavoro in una lettera a Fortuna del settembre

Liure, e qui la forte componente politica garibaldina di Ariccia riuscì a dirottare un monumento che secondo al-

1910: “In alto la statua simbolica della libertà, il desiderio ardente d’ogni coscienza nuova, la libertà che pur-

cuni doveva essere costruito a Lanuvio, verso la tenuta di Carano che il Re aveva donato a Garibaldi e Menotti ai

troppo rimane ancor larva, rimane inganno ancora, poiché lavoro ed inganno è la libertà che ci danno gli attuali

contadini. L’incarico era affidato a Biondi che inaugurava il monumento nel 191338. Biondi interpretava la figura del primogenito dell’eroe dei Due Mondi, che aveva ricevuto il nome di bat-

reggitori di popoli. La libertà vera suona giustizia, suona luce, e non vi è giustizia fra gli uomini, fino a che la miseria, la

tesimo in ricordo del patriota modenese, non come quella del combattente o del parlamentare. Rappresentando-

fame, l’ignoranza, l’avvilimento strisciano tortuose e bieche, fra i popoli della terra, non vi è luce fino a che la tri-

lo alla vanga, accanto all’aratro, in una posa che ne denotava la statura morale, lo effigiava “nella non meno eroi-

ste frontiera dividerà gli uomini, ed essi si uccideranno a milioni perché un di loro grida loro “uccidetevi”. Ora in-

ca veste di pioniere della redenzione dell’Agro Pontino”39, che nella tenuta di Carano aveva promosso esemplari e

torno al simulacro della Dea, io ho posto gli eroi, i pensatori, i martiri di nostra regione che operarono, sofferse-

benemeriti processi di bonifica e di colonizzazione, svolgendo un’attività i cui benefici si erano riversati sulla po-

ro e morirono per la libertà. In alto le tre fiamme di luce bianca, simbolo di pace vera, di liberà vera, di giustizia

polazione rurale. La lettera dello scultore che accompagnava la presentazione del progetto, che sarebbe stato realizzato

vera; in basso del monumento l’ara votiva, che la coscienza nuova dei conterranei ha posto a glorificazione dei Monumento a Nicola Ricciotti, particolare, 1906-1910, Frosinone

martiri nostri”35. Come nel monumento cileno Biondi situava due registri, allegorico e storico, sopra e sotto l’obelisco, qui però invertiti. In quello inferiore il protagonista si erge fiero, la camicia aperta sul petto, attendendo con coraggio la fucilazione. Intorno a lui è un assieparsi di figure, ciascuna caratterizzata storicamente e per l’azione, come Pietro Sterbini che mostra, esibendo la Costituzione della Repubblica romana del ’49, che il sacrificio di Ricciotti non è avvenuto invano, il fratello Giacomo Ricciotti con le catene, morto nelle carceri pontificie, il tambu-

li, è illuminante per comprendere le sue scelte iconografiche e stilistiche. 35

In Nella inaugurazione del Monumento a Nicola Ricciotti Martiri e Patrioti della Regione, cit., p. 1. 36 Cfr. G. Berri, C. Hanau, L’Esposizione mondiale del 1900 in Parigi, Milano, Vallardi, 1900, p. 136.

rino sedicenne Domenico Subiaco, falciato nell’assalto a Villa Corsini, l’anziano patriota Nicola Marra, rappresen-

Scriveva Biondi: “Ho pensato che nel monumento a Menotti Garibaldi si debba non soltanto fissare la poderosa immagine di Lui, ma anche raccoglierne e illuminare le due grandi aspirazioni che furono lo scopo primo della sua esistenza laboriosa e onesta: libertà e lavoro. E poiché esso dovrà sorgere nel cuore del Lazio, “Italia tellus”, mi sono studiato di dare all’opera un carattere essenzialmente latino, larga e semplice come forma estetica; imperitura come materia - bronzo e granito - come è imperituro il concetto che l’informa.

tato nudo perché morto in povertà, potendo contare solo su un troppo misero sussidio governativo.

Sull’alto della base, in una zona aspra e sterile, dove crescono il cardo e la felce, s’erge libera, discinta,

Le figure si stringono a difesa del vessillo della libertà e della democrazia, il cappello frigio sostenuto

maestosa, come di un nume dell’antichità, come d’un Cincinnato dell’età nostra, l’immagine di Menotti Garibaldi.

dal popolano Francesco Petraia, caduto sul Gianicolo. Sul retro l’umanista Paleario si erge verso la prefettura, l’an-

Poggia la mano destra sulla zappa e gli sta accanto l’aratro; i due strumenti coi quali iniziò e dai quali attese la

tico palazzo apostolico, a precursore di un movimento collettivo. Il significato principale del monumento risiede

redenzione della campagna di Roma, su cui in quel tempo imperava la malaria, causa di malattia e di morte. In-

proprio in questa coralità delle figure e dell’azione. Si tratta della dimostrazione di un processo storico che ha co-

torno intorno alla base, in tre parti si svolge, scolpita nel granito, come un’egloga virgiliana, tutta una visione

involto più generazioni e figure di qualsiasi condizione sociale e livello di istruzione: una lotta di popolo in con-

d’abbondanza, di felicità: grano, uva; grano uva: il desiderio, l’aspirazione, il vaticinio di Menotti Garibaldi. Al-

corso per la causa nazionale, all’insegna dell’idea mazziniana di libertà e giustizia. L’efficacia di questo messag-

l’orizzonte i profili solenni della Campagna di Roma che ricordano a noi, tardi nepoti, la gloria e il lavoro degli

gio, insieme alla molteplicità di livelli di lettura che l’opera consente, è testimoniata dal dibattito che il Monu-

antichi popoli laziali. Nella parte posteriore è scolpito un gruppo di palme che ricordano come Egli avesse com-

mento a Nicola Ricciotti è in grado di suscitare ancora ai nostri giorni.

battuto col padre suo per la libertà e indipendenza dei popoli. Nel fondo la sua dimora di Carano ove chiuse la vita fatta di lavoro indefesso e di bontà infinita”40.

Dal punto di vista formale rispetto all’opera cilena vi è un modellato più robusto e sintetico, fondato sulla definizione compatta e semplificata dei volumi, che rivela in qualche modo un aggiornamento figurativo di

Nonostante il linguaggio di vigoroso realismo, tale che la resa dello sviluppo cospicuo del petto della fi-

Biondi sulla situazione internazionale e sulla lezione di Rodin in particolare, senza però il gigantismo michelan-

gura, non idealizzata, doveva procurarle l’epiteto popolare di “balia dei castelli”, le parole di Biondi testimonia-

giolesco proprio del maestro francese. La posa della figura di Ricciotti evoca infatti, nella sua ferma e statuaria

vano la riflessione ancora una volta sulla tradizione classica del monumento, tradotta nella grandiosa rappresen-

collocazione protesa in avanti a gambe allargate, quella del Jean d’Aire dei Borghesi di Calais che Biondi doveva

tazione dell’eroe nudo e in riposo. E quel riferimento alla materia imperitura dell’opera confermava la sua fiducia

senz’altro conoscere, dal momento che una delle figure preparatorie per il monumento era stata esposta a Parigi

nell’alto ufficio riservato alla scultura civile, quello di tramandare alle generazioni future, eternandola, testimo-

nel 1900 insieme ai suoi Saturnali36.

nianza della virtù degli uomini grandi.

Ernesto Biondi

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Monumento a Menotti Garibaldi, 1913 circa, Ariccia

con varianti nel basamento, più esiguo di quello previsto originariamente per la ristrettezza dei fondi disponibi-

Ernesto Biondi

37 F. Petrucci, Il restauro del Giardino Comunale “Menotti Garibaldi”, in “Bollettino Ufficiale del Comune di Ariccia”, 29, 1998, pp. 809-813, p. 809. 38 Sull’opera: G. Huettes, Menotti Garibaldi e “la balia dei Castelli, in “Castelli Romani”, 1959, pp. 21-22; R. Liberati, Lo scultore Ernesto Biondi e il monumento a Menotti Garibaldi, in “Castelli Romani”, 1967, pp. 5657; G. Massobrio, L’Italia per Garibaldi, fotografie di L. Capellini, presentazione di B. Craxi, Milano, SugarCo Edizioni, 1982, pp. 132, 141 figg. 13, 230; A. Ippoliti, Ernesto Biondi: l’artista della fontana, in Montelanico e la fontana del Biondi (1891-1991), in “Documenti di storia lepina”, 9, 1991, p. 11; F. Petrucci, Il restauro, cit.; M. Leoni, Menotti Garibaldi eroe quasi dimenticato, in “Castelli Romani”, XLV (III n.s.), 2005, 4, pp. 99-101. Leoni data l’inaugurazione al 1910, mentre Huettes e Liberati la collocavano nel 1913. Quest’ultima datazione, in attesa di ulteriori verifiche, sembra la più probabile anche perché coincidente con il decennale della scomparsa di Menotti Garibaldi. 39 U. Mancini, cit. in F. Pietrucci, Il restauro, cit., p. 809. 40 Lettera pubblicamente letta da Carlo Siviero il 29 settembre 1937 e riportata in R. Liberati, Lo scultore Ernesto Biondi, cit.

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Tomba Mengozzi Huber, particolare, 1878, Roma, Cimitero del Verano

Ernesto Biondi 74

Ernesto Biondi 75 L’arte del Nord, Pescatore di Scheveningen, da Philippe Zilcken, 1885, pastello su carta, Roma, famiglia Biondi

Ernesto Biondi 77 Tomba di Domenico Petriconi, particolare, 1886-1890 circa, Anagni, Cimitero. Nella pagina a fianco: Fontana di Cisterna, particolare, 1885-1890

Ernesto Biondi 78 A sinistra: Fontana di Gorga, particolare, 1890-1891. A destra: Fontana di Montelanico, particolare, 1891

Tomba del vescovo Domenico Pietromarchi, particolare, 1894-1895, Anagni, chiesa di San Lorenzo

Povero Cola, 1895, bronzo, Roma, famiglia Biondi

Ernesto Biondi

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San Francesco, particolare, 1895 (fusione del 1971), bronzo, Morolo, Chiesa della Beata Vergine Maria

I Saturnali, particolare, 1888-1899, bronzo, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Ernesto Biondi 87 Di lato e nella pagina a fianco: Atleta, particolare, 1887-1897 circa, gesso, Roma, Palazzo Pichi

Dies irae, 1890-1903, carboncino e pastello su carta, Roma, famiglia Biondi. Nella pagina a fianco: Gaio, 1902-1904, Roma, Palazzo di Giustizia

Ernesto Biondi

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Nudo femminile seduto, 1900-1910 circa, bronzo, Roma, famiglia Biondi

Tomba Brenna, particolare, 1910, Roma, Cimitero del Verano

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Ernesto Biondi

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Monumento a Nicola Ricciotti, particolare, 1906-1910, Frosinone Il sonno dei giusti, particolare del Mausoleo Campanari, 1910 circa, Veroli, Cimitero

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Tomba Arata Scialdoni, particolare, 1913, Roma, Cimitero del Verano. Nella pagina a fianco: Monumento a Menotti Garibaldi, 1913 circa, Ariccia

Ernesto Biondi

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1885

Ernesto Biondi a Vittore Grubicy, lettere dal 1885 al 1914

cartolina postale, indirizzata ad Anversa, Petit Marchè n. 15 Milano, 19 luglio 1885 Mio buon amico Volevo scriverti una lunga lettera ma mi manca il coraggio: anche a Milano ho fatto una specie di fiasco, ti scriverò da Roma se mi riuscirà di risolvere qualche cosa o con Schioppa1 o con Danesi2. Solo oggi ho potuto presentare i disegni all’Archinti3 ne è rimasto contentissimo e mi ha promesso una prefazione all’album se mi riesce pubblicarlo. Ti scriverò tutto distesamente in appresso, ora sono stanco ed ho bisogno di fuggire da Milano, e fuggo volentieri perché tanto il Segantini che l’ottimo tuo fratello si sono troppo allarmati per me, e mi fanno un mondo di gentilezze che sarebbe indelicatezza per me sopportarle più a lungo. Ho rispedito perciò a Roma i disegni che costano un occhio per il trasporto e dogana e questa stessa sera parto ancora io. Il tuo fratello stà bene, la mamma sorella e cognato benissimo abbiamo quasi sempre parlato di te. Ti salutano tutti non escluso Segantini che ha qui a Milano del successo per la sua esposizione. Ricevi un bacio dal tuo Ernesto

a cura di Monica Vinardi La corrispondenza tra Ernesto Biondi e Vittore Grubicy è parte del Fondo Grubicy, acquisito dal Mart insieme al Fondo Benvenuto Benvenuti e conservato dal 1998 a Rovereto. Il Fondo è stato presentato nella Guida dell’Archivio del ‘900. Biblioteca e fondi archivistici, Mart-Skira, Milano, 2003 e più recentemente descritto in Fondo Vittore Grubicy. Inventario, a cura di Francesca Velardita, Mart-Nicolodi, Rovereto 2005. Una parte rilevante della documentazione del Fondo è costituita proprio dalla corrispondenza,composta da oltre mille fascicoli. Si ringrazia la direzione del Mart per aver gentilmente concesso la pubblicazione dell’intero carteggio tra Ernesto Biondi e Vittore Grubicy. Un ringraziamento particolare alla dottoressa Paola Pettenella e alla dottoressa Francesca Velardita, la cui collaborazione in questa e in altre occasioni ha reso più agevole e arricchito la ricerca.

cartolina postale, indirizzata ad Anversa, Petit Marchè n. 15 Milano, 19 luglio 1885 Caro Vittore Due ore fa ti ho spedito una cartolina che siccome ho dimenticato di prenderla per l’estero ho creduto opportuno rinnovarla. Ti dicevo che sono costretto a fuggire da Milano perché Segantini ed il tuo ottimo fratello mi usano tante cortesie che sarebbe per me temerarietà profittarne più a lungo. Solo questa mattina ho potuto presentare ad Archinti i disegni, è rimasto contento li ha trovati caratteristici, ed ha promesso di fare una prefazione nel caso venissero pubblicati, mi ha sconsigliato di fare l’affare con Ebrei ed io senza perder tempo ho spedito subito in Roma la cassa diretta a Danesi. Ti scriverò a lungo allorchè avrò concluso qualche cosa con Danesi o con Schioppa. La tua mamma la tua sorella il tuo cognato stanno benissimo abbiamo a lungo parlato di te della tua arte4 della tua vita ecc. ecc. si sono divertiti un mondo si rallegrano con te e ti salutano lo stesso fa amico carissimo il tuo Ernesto riconoscente. cartolina postale, indirizzata ad Anversa [timbri postali Roma, 11 e 13 agosto 1885] La fotografia del monsignore è trovata frà quattro o cinque giorni sarà nelle mie mani, mi hanno assicurato che è buona ed io potrò farne qualche cosa di artistico, e per la metà di 7bre potrò mandarti la prima riproduzione per prova. Voglio sperare che questo affare riesca bene appunto perché io non l’ho visto mai di buon occhio, io sono jettato e le cose debbono riuscire sempre a rovescio di quello che io penso. Scrivami in proposito e dimmi di quale grandezza desideri le riproduzioni perché l’originale lo farò grande al vero, se è meglio un semplice busto o una mezza figura, mettiti d’accordo coll’amico Liberati su questo proposito e scrivimi. Fra 10 giorni ti manderò le prima dieci prove dei disegni in fototipia ricorretti sulle negative, e stampati so-

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pra carta grande col margine frontespizio ecc. ecc. Rispondimi a Morolo a proposito di ciò che ti chiedevo nella antecedente cartolina e ricevi un abbraccio dal tuo Ernesto. [sul lato sinistro della cartolina] saluta Liberati lettera Morolo 7 7bre 85 Caro Vittore Sono stato a Napoli come ti sarai accorto da una cartolina che ti ho scritto colà. Sono stato a vedere se mi era possibile risolvere qualche cosa collo Schioppa e seppellirmi in una fabbrica di ceramiche, ho trovato Schioppa molto affettuoso con me, e forse se non ho altre risorse l’inverno futuro andrò a fare i pupazzetti per decorare piatti marmitte e simili porcherie. Mentre io ero in Napoli sono venute in Morolo le due cartoline e la lettera da te scrittami e questa gente di mia casa credendo che io stessi ancora molto a tornare ha creduto bene di spedirmi ogni cosa all’indirizzo di Napoli, ma inutilmente perché io ero già per tornare. Ora per leggere la lettera e le cartoline è necessario che mi ritornino, e ciò non può avvenire prima di 4 giorni. Da quello che questa gente ha potuto conoscere pare si tratti della vendita dei due cammelli, e per tornare al prezzo hai bisogno della lettera di Monaco, e che il Il prezzo pare sia una strozzatura, ecc. Ora caro amico anche strozzatura, è cosa opportunissima accettare, io mi trovo carico di debiti e gli più urgenti e debiti di delicatezza sono L. 2400 a Nelli5, per avermi fuso tutti i bronzi che ho all’esposizione e pagandolo questa volta con esattezza e dandogli le L. 2000 importo dei due cammelli ho sempre la via aperta nella fonderia e potrò in appresso avere altre fusioni, ma fusioni dirette da me e fatte come voglio io. Altre L. 1600 le debbo alla compagnia fondiaria il cui direttore è persona che mi vuole molto bene e mi favorì questo denaro senza interesse, se io esattamente restituisco questa somma posso essere sicuro d’esser soccorso in appresso. Dunque vedi amico che è necessario accettare qualunque offerta perché io m’induca a togliermi totalmente le L. 1600 colla compagnia fondiaria, ed a contentare Nelli … tranquillizzati perché gli altri miei creditori sono strozzini e posso fargli stare a dovere. In una parola cerca di vendere a qualunque costo e quando hai tolto il prezzo della fusione dividi il resto metà a me e metà ritienilo per te. Domani mi occupo del ritratto di Monsignore e spero poter fare una cosa discreta intanto ti saluto e credimi Tuo affmo Ernesto Per tua norma i Cammelli costano L. 1000 ciascuno di fusione, il questuante costa L. 140 ed è pagato - il gruppetto romano L. 400, il pupazzetto col campanello L. 80 pagato quell’altra porcheria L. 70 e trenta la cornice - pagato cartolina postale, indirizzata ad Anversa Tu sei una fata per me, dopo la tua lettera mi sono dato con coraggio a pitturare delle impressioni di sole, e con che facilità e sicurezza di toni lo giudicherai da te quando te ne rimetterò un saggio bene condizionato. Ieri incominciai il monsignore. Credevo di dartene un’idea collo schizzo, ma

è venuto uno sgorbio [segue piccolo schizzo del ritratto] puoi contare che fa impressione come se fosse fatto dal vero! Prima che lo mandi a Roma da Danesi è necessario che io sappia di quale grandezza io debba fare la prima negativa acciò tu mostrandolo, possa trarne un buon partito, non sarei però lontano dal farne tirare in appresso degli esemplari grandi come l’originale che è più grande del vero, fà un impressione molto seria tanto che lo stesso originale può fruttarci tre o 400 franchi, vedrai e giudicherai. Scrivami in proposito e parlami anche di Liberati che potrà esserti molto utile per la diffusione di questo simpatico bamboccio. Stà sano e ti scriverò allorché avrò ricevuto la lettera tua da Napoli. Hai ricevuto le fototipie? Ti ho spedito la lettera di Monaco. lettera Morolo, 25 7bre 85 Tu mi devi scusare mio caro amico, se io sono così impaziente per ricevere notizie d’Anversa, non per me perché oramai mi sono messo l’animo in pace e sono sicuro che si chiuderà l’esposizione ed io non incasserò un soldo, ma per l’impegno assunto col Danesi del quale jeri ho ricevuto una lettera molto risentita, lettera che mi ha spinto questa mattina a mandarti per mezzo di Tafone una cartolina pressante. I ragazzi Danesi sono due egregie persone, lavorano molto, si prestano volentieri a favorire gli artisti, fanno ai medesimi dei prezzi eccezionali, esercitano la loro professione con amore e con molta prestezza ma sono avari orribilmente avari, ora hanno eseguito il lavoro, e ti assicuro che hanno dovuto faticare per ottenere quel risultato, sono più di 20 giorni che lo hanno condotto a termine e non sanno capacitarsi come io dorma così e già temono che il lavoro resti lettera morta nel loro stabilimento. Questa cosa imbarazza seriamente anche a me prima di tutto perché non ho il coraggio di terminare il ritratto del monsignore, e se anche mi sforzassi a terminarlo, non potrei consegnarlo loro per tirarne delle prove e mandartene, senza pagare anticipatamente l’importo cosa che non potrei fare nelle circostanze in cui mi trovo, e l’altro imbarazzo è che io sto facendo dei studi per fare delle fototipie a colori tirate sopra tela e se debbo credere ai primi risultati dovrei fare delle immitazioni di pastelli e di tempere da sbalordire veramente. Figurati che se potrò ottenere un poco di calma e condurre a termine questi studi sono sicuro che frà pochissimi anni il novanta per cento dei sedicenti artisti, di coloro che ingombrano l’esposizioni coi loro quadracci che molte volte vendono a prezzi eccellenti, dovranno sparire e mettersi a fare i venditori di giornali. È spavalda questa mia speranza, lo capisco, e forse ti farà ridere ma se mi fosse dato di passare una sola serata con te, una di quelle serate che ricordo con tanto piacere, e che pagherei un milione se ne avessi per chiacchierare tre ore di seguito con te, te ne persuaderesti, che niente sarebbe più facile che fare un quadro come quello di Maris6, come quello di Mauve7 con una spesa di due lire, e farne 10 in un giorno. Tremila lire a mia disposizione, la morte, o almeno un sonno profondo che durasse un anno ai miei dieci o dodici creditori, e l’affare sarebbe concluso. Non ti allarmare amico per questi miei sogni perché tu non sei compreso nella catastrofe, io parlo di quegli artisti canaglia arruffoni farabutti camorristi che non studiano e non lavorano come vorrei lavorare e studiare io se ne avessi i mezzi…… Passiamo a cose serie.

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Io ho provato a fare come tu mi scrivevi delle teste a colori e ne ho pronte quasi 4 dico quasi perché due sono mancanti di tono e perciò debbo rilavorarvi. Sono impressioni di sole che per essere le prime a me sembrano riuscite, se te le mandassi potresti appoggiarle a qualche asino d’amatore, o a qualche negoziante. Io le ho tenute una ventina di giorni per le mani, mi costano dieci ore di lavoro ed un pajo di lire di spesa. Scrivimi cosa vuoi che ne faccia. Ho scritto una cartolina molto risentita a Corona [?] e spero che questa volta farà il suo dovere, se mai si rompesse il collo a pagarti le lire 40 tienele con te, perché io stò in un ventre di vacca, non pago la casa, né pago la polenta inaffiata col vinello mio usuale nutrimento. A te invece possono essere più utili, puoi pagarvi un mese di fitto, e restituirmelo quando ne avrai più di me. Avrei tante cose a scriverti, ma ho paura d’infastidirti ti dirò solo che la presente l’ho scritta al chiaro di luna all’aria aperta sotto il fienile in campagna dove dormo da diverse notti col fucile sotto la testa che mi ha messo mio padre. Dormo insieme colla mia buona Livia che poverella mi allieta di tanto in tanto qualche ora, e guardo l’uva dai ladri. L’altra notte venne uno di questi poveri diavoli a rubarne io invece di sparargli addosso secondo le prescrizioni di mio padre mi gli avvicinai e lo persuasi ad andarne a rubare al mio vicino arciprete, perché egli è ricco ne tiene molto io ne ho poca, rimase tanto contento questo povero ladro che quando ripassò colla sua donna carica d’uva volle per forza lasciarmene una diecina di grappoli, e mi giurò che non si sarebbe mai più avvicinato alla mia vigna e mi promise di parlare al tale e al tale altro, e qui nominò quattro o cinque miei compaesani che vivono con questo umile mestiere. La carta finisce e non ne ho altra. Perché non ne parli al vecchietto presidente per l’album? Dimmi se Liberati è ad Anversa e se è angustiato con me che non gli ho mai scritto. Il futuro inverno se non muojo andrò a passarlo a Napoli allo stabilimento di Schioppa dove poter guadagnare un pajo di centinaia di lire al mese lavorando otto o nove ore al giorno. Non ho ancora scritto alla tua buona mamma, ma non appena andrò a Roma le manderò un album e le scriverò, ma me ne […]. Se tu non pensi di sistemare in qualche modo gli album almeno questi cento io sarei rovinato. Prima che si chiuda l’esposizione appuntati i nomi delle fabbriche….Ceramiche di Parigi di London ecc. potrei in avvenire offrire loro i miei servigi. Stagni8 non sappia nulla delle mie cose di Napoli, come ancora se ti riesce l’affare del mio infelice Re9, sappia che si è venduto come ancora Barbella e compagnia sporca, ai quali vado preparando il dono di Natale col mio Lunario del 1886. Se mi riesce di trovare un pajo di giorni di luna buona ti farò ridere col mio Lunario. Ti abbraccio di nuovo mio buon amico e scrivami che mi hai risoluto l’affare del povero Antigono, io lo amo quel Re perché è l’immagine dell’anima mia. Tuo Ernesto lettera Morolo, 8bre 85 Caro Vittore Jeri ricevei da Danesi partecipazione della tua lettera, non sapevano spiegarsi, da specolatori intelligenti, come tu avessi scritto a loro cose che riguardano esclusivamente me, oggi poi ne ho ricevuto una seconda nella quale mi partecipano, anzi mi rimettono una lettera che hanno ricevuto dal

tuo amico Wisselinch10 [sic] nella quale leggo che egli non crede di acquistare i 100 album, perché crede difficile potergli vendere tutti e cento benchè i disegni siano riuscitissimi ecc… Gli dice poi che se crede di spedirgli una ventina di album ne manderà a Londra ne manderà a Parigi qualche esemplare e farà del tutto per venderne, ma questi album gli venderebbe a condizione e se non riesce a dargli via è pronto a restituirgli nello stesso tempo. Danesi mi invita a regolare il conto… Io oggi scriverò a Danesi che mandi questi 20 album al tuo amico nella speranza che sia un galantuomo, ma vorrei farvi stampare il prezzo fisso di 20 lire ciascuno, e rilasciare L. 5 su questa somma a beneficio del negoziante che gli tiene in deposito e contare sopra 15 lire d’incasso per ciascuno album. Qualche altro esemplare io cercherò d’affidarlo a qualche negoziante di Roma qualche altro lo porterò a Napoli, del rimanente sarò costretto a farne dei doni, e così mi toglierò dai coglioni questo lavoro mal riuscito. Riguardo poi al sollecito pagamento de’ primi cento album scriverò a Danesi che prenderò il fucile di mio padre che, detto fra parentesi, è un trombone stupendo, me ne andrò alla macchia, e… guaj a chi passa coi quattrini in tasca, e assicurati che per me, per le mie convinzioni pel mio carattere non vi sarebbe niente di più facile di più semplice, di più naturale. Per Dio vedere che l’arte questa prostituta si dà in braccio a carrettieri a facchini a canaglie e volge le spalle a colui che lavora, a chi vive per essa a chi non pensa che ad essa! Tu ne sei la colpa però sai amico mio, non lo hai fatto per cattiveria ne sono sicuro, ma mi hai posto tale un fuoco nelle vene che io non riconosco più me stesso, che non riposo più, che vorrei che le giornate durassero eterne per potere eternamente lavorare. Per conoscere poi questo bell’edificio è venuto a trovarmi il mio amico Macchiati11, colui che fece il frontespizio dell’album. Questo tipo d’artista è un altro povero illuso, un’altra anima innamorata dell’arte, ed è un’ altro miserabile del mio taglio, egli ha portato con se una macchina fotografica ed ora ce ne andiamo per la campagna facendo dei studi colla fotografia. Non mi regge la testa questa mattina a scriverti al lungo. Voglio solo dirti qualche parola della tua ultima lettera e finire. Quella lettera è piena d’entusiasmo ed avrebbe potuto farmi molto bene, ma temo che tu lo abbi fatto per puntellare il mio spirito, ma ad ogni modo tu non sei capace d’ingannarmi, ed anche tolto a quella lettera lo scopo di quelle espressioni e l’affetto che tu mi porti resta sempre tanto da incoraggiarmi a fare di più, molto di più. Ora dunque trovami un negoziante che mi paghi a contanti queste teste cinquanta od anche quaranta, o magari trenta lire ciascuna, ed io mi riprometto di fargliene una quindicina per ogni mese, ed allora io mi risparmio dall’andarmene a Napoli e mi fermo a Morolo nell’inverno, dove vado di giorno in giorno scoprendo delle cose stupende magnifiche, cose che mi fanno fremere e che di tanto in tanto mi costringono ad attaccare qualche moccolo al tuo indirizzo, che mi hai rivelato questi segreti e mi hai imparato a gustare delle scene che prima passavano inosservate, e forse con meglio! Potrei ancora esporre per mio conto questi lavori, ma dove trovare un negoziante onesto che si contenti di vendere quelle teste 50 o sessanta lire per mio conto e guadagnare una diecina di lire di provvigione? Chiudo perché parte la posta. Scrivami e ricevi un bacio dal Tuo Ernesto.

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lettera senza data Caro Amico, Ricevo in questo momento la laconica cartolina che mi riassicura di quello che io sospettavo, e che ti avevo già scritto. Meglio così meno affari meno quattrini ma meno sogni, meno fantasticherie, e questo è già molto. Lunedì o martedì me ne vado a Napoli lavorerò i pupazzetti con Schioppa. Diventerò canaglia mascalzone e all’occorrenza borsajuolo. Napoli è un paese eccezionale, è un caos io dovrei starvi bene, se mi riesce di diventare cattivo, mi confonderò fra la folla, farò d’ogni erba un fascio, non penserò più all’arte e forse otterrò quella calma che non mi ha mai dato la sullodata prostituta. Le testine, che a te piacquero tanto, fattele restituire dal tuo olandese e servatene a nettarti il culo, i bronzi mandameli come ti ho accennato di sopra diretti alla Compagnia fondiaria essa e Nelli ne faranno ciò che vogliono cerca di evitare di dirigerli a me perché potrebbero essere sequestrati per istrada: solo per questa ragione ti ho scritto una lettera appartata [?] per mezzo della quale potrai ottenere da quelle anime di legno componenti il comitato per la grande esposizione d’Anversa che i bronzi non siano diretti al mio indirizzo. Della statua grande ti ripeto fanne quello che vuoi. Se Corona [Covona ?] non ti paga abbandonalo penserò io a strozzarlo se mi capita sotto le grinfie o se vuoi scrivere alla casa Sozogno12 o mandarvi tuo fratello fallo liberamente e spendi pure il mio disgraziato nome se lo credi opportuno. Del ritratto del monsignore non ne parliamo più. Nulla ti rispondo a proposito degli originali di Maris e d’Israels13 che vorrebbe comperare quel tipo olandese, fa tu come meglio credi io non ho nessuna speranza sull’arte mia, ma se trovi un cazzaccio [?] che per mille lire, tante quante io debbo a Danesi, voglia i cento album completi e tutti gli originali daglieli liberamente perché trovi in Roma una persona che se li prenda da Danesi e se li porti al diavolo, sborsando prima il denaro. Una diecina di giorni fa ho spedito in Olanda al negoziante da te presentatomi i 20 esemplari dell’mio malaugurato album li spedii a piccola velocità e col porto da pagarsi dal ricevente, io non avevo denaro e fui costretto a fare in quel modo. Spero che si degnerà di ritirarli l’ebreo Wisselingh se poi non li volesse ritirare per non azzardare una quindicina di lire è meglio, resteranno a disposizione dei facchini della stazione della Haye e ci adorneranno le loro cucine, ma se per rara combinazione il generoso negoziante di belle arti volesse degnarsi di spendere la sullodate lire pel ritiro degli album allora è necessario avvertirlo che per lire dieci l’album completo non lo avrà neanche se muore ammazzato, questo prezzo glie lo avrei praticato se ne prendeva cento, ed a pronti contanti, ma quando egli si degna di accettarne soli 20 ed a condizione li dovrà pagare almeno L. 15 per ogni esemplare. Di questa faccenda bisognerebbe che te ne incaricassi tu a fargli conoscere ciò che ho scritto. Gli altri 15 album gli ho affidati per la vendita ad un tale redattore del giornale La Riforma certo Perelli cavaliere di Milano. Alcuni miei amici mi hanno assicurato che è un imbroglione, ma io glie li ho affidati volentieri colla speranza che me li sperperi e non me ne renda più conto così anche questo altro affare sarà saldato e non ne parlerò più. Coi primi di 9bre, mi ha promesso questo cavaliere milanese che ne incominciava l’esposizione nelle vetrine di Roma e di Milano. Nella spedizione che si farà a Milano ne farò tenere uno al tuo buon Alberto accompagnato da una lette-

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ra di scusa pel mio lungo e vergognoso silenzio un secondo lo donerò a Segantini, il terzo al tuo amico Chirtani. Rara combinazione, questo lavoro entusiasma tutti quelli che lo vedono, e per 20 lire prezzo di vendita a giudicare dalle chiacchiere pare che dovrebbero i felici mortali strapparselo a vicenda, ma io rido e non vedo l’ora che saranno scomparsi questi primi 100 esemplari parte perduti alla Haye e parte imbrogliati dal cav. Perelli per sfasciare le negative bruciare gli originali e non pensarvi più. Jeri tornai da Roma ho rinnovato per l’ultima volta le mie cambiali ho restituito lo studio il mio grande simpatico il mio strano studio dove vi erano tre camere grandissime nella più piccola delle quali avevo modellato l’ultimo re di giuda e la più grande era quasi come la grande galleria della sezione italiana la su nell’Anversa felice dove tu ti trovi. Dove si vedevano in un disordine incredibile i quadri ed impressioni e bozzetti dipinti e sculture e strumenti musicali e manifesti e mobili, e stampe e libri e drappi e arazzi e vasi e gingilli e antichità e teschi di morto e scheletri d’animali e caricature e scritte le più comiche le più strane dove accanto ad una preghiera di S. Caterina da Siena trovavi una bestemmia di Volter [?] ecc. tutta robba che in complesso non costava mille lire, ma che pareva d’entrare in una reggia entrando al mio studio, al mio bello studio dove ho sognato per 7 anni, e dove ho dato fondo a più di 30.000 lire. Ho sfasciato tutto ho rotto tele ho sporcato i muri dipinti ho stracciato carta ed ho affastellato i mobili zoppicandi tutti, ma dorati, in una cantina dove frà tre mesi non saranno più buoni per l’umidità che vi regna. Non mi sono riservato altro che lo scheletro di due metri e mezzo avvolto nel suo grande drappo di mussolo ma che doveva sembrare velluto pesante ricamato in oro, scheletro formato con canne, e colla grossa testa di cartone e che sedeva sulla portiera [?] colla falce e la lanterna rossa che accendevo nelle grandi circostanze. Adesso che ti ho fatto questa specie di testamento e di lamentazione ti saluto. Ernesto lettera Morolo 8 9bre 85 Indirizzo di Napoli/ Strada di Chiaia n. 216 Dove tu dovevi venire Non appena ritornato in Italia Mio caro Vittore Ho ricevuto jeri la notizia della vendita dei tre bronzi. È inutile che io ti dica quanto te ne sono obbligato e come, e con quale ansia desidero il momento da poterti almeno in parte mostrare la mia riconoscenza. Sono contento delle duemila lire e cercherò con questa piccola somma di contentare la Compagnia fondiaria e Nelli come tu mi scrivi, Danesi poi l’ho attarato [?] con rilasciargli delle cambiali a quattro mesi ed è stato contento, frà quattro mesi qualche diavolo uscirà fuori dei cento album. Intanto questa sera parto per Napoli e vado ad offrire a lo Schioppa, che mi aspetta, un affare che potrà riuscire di molta utilità a me ed a lui. Si tratterebbe di trar partito dai studi che feci ultimamente per fare delle fototipie a colori; ed applicare in parte quel sistema alla decorazione dei piatti, e così con un piatto che costa tre soldi tu potresti avere un piccolo oggetto d’arte, si può avere dentro un piatto una testa una macchietta, un impressione a colori simpatica elegante spigliata e tutte ot-

tenute a gran fuoco e con quella trasparenza che sa ottenere lo Schioppa colle sue ceramiche, ed un lavoro di questi dentro un piatto fra spesa e mano d’opera viene a costare due centesimi, e sono lavori che si possono eseguire da ragazze. Dai risultati che ho ottenuto dalle prime prove, posso prevvedere un esito felicissimo. Tutto stà che Schioppa entri nella cosa ed abbia coraggio di spendere un migliaio e mezzo di lire. Se mi riesce questo avverà in Italia quello che pochi anni fa avvenne dei fiammiferi di cera e che ora non si prendono più i prosperi per i prosperi ma si prendono per i pupazzetti che vi sono sopra. Se poi non mi riesce questo proggetto io starò là a fare il pupazzettajo finchè Dio vorrà e farò di tutto per apprendere quello che tu mi suggeristi nella penultima lettera per le vedute che tu hai a proposito di Michetti. Jeri a sera scrissi in campagna una lettera diretta a te ed a Stagni, per voi due non rilasciavo che cento lire, oltre la tassa d’esposizione, capisco che è poco, ma tu sai come stanno le mie cose, se a te poi serve del denaro prendatene liberamente, ma in questo caso scrivimi una lettera accusandomi invece di L. 2000 una somma inferiore. Come ancora per queste lire cento che io rilascio scrivami una lettera colla relativa intestazione dove mi dirai che ho venduto per L. 2000 ecc. e che debbo rilasciare il 12 per cento tanto da coprire le lire cento, mi sono spiegato? Questo lo faccio perché ho in idea di presentare colla lettera e col denaro, al direttore della Fondiaria, e ad Alessandro Nelli e dividere frà loro questa somma, se poi questi vogliono rilasciarmi qualche centinaio di lire bene, altrimenti ne faccio a meno. Oramai sono abbituato alla miseria. Quello che più m’interessa è che queste due persone restino contente del mio operato. Ti ripeto anche una volta che se ti fa bisogno il denaro usane liberamente ed aggiungi altre spese alla nota e fà in modo che io possa presentarmi a questi due tipi colle carte in regola. Ti raccomando caldamente a volermi appoggiare a questo pazzo signore il mio Re di Giuda, una esposizione a Londra14 di quel lavoro potrebbe portarmi del vantaggio, perciò daglielo a qualunque condizione purchè se lo porti via, non dico altro su questo proposito. Non potrebbe la Stalis di Rue Leopoli avere un piccolo deposito de miei album? Sono contento, molto contento che tu ti sia deciso a ritornare in Italia e facilmente in Roma avrò almeno campo di rivederti presto, assicurati che ho tanto bisogno di passare un pajo di giorni con te a parlare di toni. Pensa ad avvertire Wisselingh al quale spedì gli album non glieli rilascio meno di L. 15 l’uno, e se credi che questo prezzo sia poco scrivi di più. Ti abbraccio e rispondi in Napoli. Indirizzo di Napoli/ Strada di Chiaja n. 216 Dove tu dovrai venire non appena tornato in Italia. lettera Roma 27 9bre 1885 Caro Vittore Le mie cose di Roma le ho discretamente accomodate ed ecco in qual modo, otto giorni fa io venni in Roma da Napoli dove ti scrissi la mia ultima cartolina che ti parlava del Campidoglio e della Rupe Tarpea, mi affrettai ad andare dal banchiere a ritirare la somma di L. 2840, e dico mi affrettai perché temevo che uno strozzino al quale debbo del denaro non avesse avuto campo di sequestrarli, di poi andai

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alla compagnia fondiaria e contentai il direttore con L 800 e gli regalai un album che gradì moltissimo. Mi portai appresso da Nelli, gli feci leggere la tua lettera senza fargli conoscere che io avevo già incassato il denaro, egli la lesse non rimase molto tranquillo della vendita a quei prezzi e mi consigliò di rifiutare l’affare e di chiedere il ritorno dei bronzi, io lo lasciai per quel giorno ma due giorni appresso ritornai da lui e dopo esserci tirati un poco pei capelli si decise che io avrei scritto al commissariato di accettare questo prezzo, ed egli si sarebbe contentato per la fusione dei due Camelli per L. 1600, pagate subbito che prendo il denaro, e si sarebbe di più incaricato di fondere con più esattezza e senza quella antipatica vernice altri due Camelli incaricandomi io di ritoccare meglio le cere in modo che potesse riuscire un lavoro da vendersi L. 6000, restammo amiconi ed io come puoi immaginare ero più contento di lui. Io finsi di scrivere al commissariato che mi rimettesse il denaro ma prima tentasse di ottenere qualche cosa di più dal Sig. Claret, ed Egli scrisse a Rigidiotti d’Anversa che sà della vendita de’ miei bronzi, e del quale tu mi parlasti in un ultima lettera, che cercasse di parlare al commissariato acciò inducesse il detto compratore a far pagare qualche cosa di più quei lavori, che quel prezzo era proprio impossibile ecc. Ora questa lettera a Rigidiotti fù spedita jeri ed io credo che non ha potuto ancora fare delle prattiche per l’aumento del prezzo, tu intanto mettiti in guardia e quando verrà da te, o andrà dal cassiere gli si risponda che il commissariato non avendo ricevuto alcuna lettera che sconcludesse l’affare, aveva creduto cosa migliore pel mio interesse ritirare dal Sig. Claret il denaro e cedere i bronzi, molto più che in alcune lettere anteriori io avevo fatto comprendere che mi trovavo in cattive acque ed avevo degli impegni da pagare. Il denaro poi mi è stato spedito fin dal 22 9bre in Roma senza dirgli il nome del banchiere incaricato a consegnarmelo, o magari digli il nome d’un banchiere che non esiste. Questa macherella come puoi ben capire mi è necessaria per mascherare la parte che io ho recitata con lui, perché se colla risposta che gli farà Rigidiotti venisse ad accorgersi che io avevo già incassato il denaro quando andai a recitare la pantomima s’inquieterebbe di certo e per me sarebbe un danno prima perché potrebbero andare a monte i due camelli che ha promesso di fondermi con sollecitudine, e poi, potrebbe non restituirmi L. 2000 di cambiali per L. 1600 come mi ha promesso, perciò mi raccomando caldamente di portarla bene con Rigidiotti. Fra un pajo di giorni farò vedere che sono giunti i denari, glie li porto e l’incidente è esaurito, e quando viene la risposta di Rigidiotti che s’incontra col mio operato io ci faccio una figura d’ovo… mi sono spiegato? Questa mattina ho incontrato De Santis abbiamo parlato a lungo di te, ti saluta tanto, e si è voluto far promettere di andarlo a trovare dimani allo studio. Oggi stesso ancora per mezzo d’un mio amico ho potuto vendere 20 esemplari dell’album al Ministero della Pubblica Istruzione per L. 400, erano questi 20 album destinati per inviarli all’indirizzo che mi rimettesti a Bruxelles. Come ancora ho spedito a Milano tre esemplari uno ad Archinti, uno a Segantini, ed il terzo all’ottima tua mamma. Ora non ne ho più, e questi pochi che sono depositati pei librai forse potrò vendergli parte alla casa Reale, qualcuno al Ministero dei Lavori pubblici, e il rimanente a privati. Come vedi per mandarne a Bruxelles, ed Anversa ed a Parigi non ne ho, perciò bisognerebbe che ne facessi stampa-

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re altri cento esemplari che mi costerebbero circa 600 lire, ma non vorrei azzardare questa ordinazione se prima non conosco se in Olanda se ne vendono, se tu ne sai qualche cosa scrivamene, in proposito e dammi un tuo parere qualunque esso sia altrimenti non ardisco muovermi. A Danesi lascierò l’ordine di ritirare dal Ministero le L. 400, e sarà contentissimo, ne sono sicuro. Intanto ti saluto amico mio e spero tanto che non avrai rancori con me, e che presto potrò abbracciarti in Roma o a Napoli dove andrò dopo essermi trattenuto a [manca seguito] lettera Morolo 3 Xbre 85 Dio mio, ma che Diavolo ti ho fatto? Perché scrivi così sostenuto? Per una cartolina, una semplice espressione scritta in un momento triste, in un momento che tutto mi si spallava intorno, che tutte le mie speranze svanivano, ed io sognatore eterno restavo anche una volta colle mani vuote! In uno di questi momenti, che incautamente m’induco ad esprimerti un sentimento non troppo esatto, che poi io stesso ho riconosciuto per tale, te ne faccio le scuse, te ne dò ampie spiegazioni e tu continui a tenermi il broncio! Per Dio questo è male, questo è orribile… e poi non conoscevo, quando io scrissi la infame cartolina, neanche la magnifica lettera che tu mi avevi fatto, per mostrare a Nelli. Quella lettera fù provvidenziale, ed io non avrei scritto la triste cartolina se avessi prevvisto che tu pensavi a scriverla. Dunque sia finita una volta Corpo del Mondo e scrivami che sei tranquillo, che sei buono con me. Ti scrissi da Roma e ti narravo come avessi accomodata la cosa con Nelli, spero che mi avrai servito come ti dicevo e non ti dico altro su tale proposito. Non ho spedito al tuo amico di Bruxelles i dieci album che desiderava come non ho rimesso i 6 alla vedova Stalis, perché il Ministero della Pubblica Istruzione ne ha comperato n. 20 esemplari come credo d’averti scritto. Ho incaricato Danesi a prendersi le L. 500, ed a passare di questa somma L. 150 alla persona che si è incaricata della vendita. Danesi è molto contento ed è pronto a fare una seconda edizione ad un mio cenno, ed io non mi decido senza sentire prima il tuo parere. Wisselingh scrive che ha ricevuto i 20 esemplari ma non può occuparsi prima della vendita se prima non gli faccio conoscere il prezzo di vendita e lo sconto. Io nella supposizione che non abbia ricevuto la tua lettera che lo avvertiva di cedergli gli album a L. 15 l’uno, gli ho scritto questa stessa mattina, che il mio album in Italia incontra molto, a L. 25 per ogni esemplare, che il Ministero ecc ne ha comperato n. 60 esemplari, e che altri ne comprerà la casa Reale, e ciò è vero, e che all’estero il mio album lo mettevo in vendita a L. 30 rilasciando a lui lo sconto del quaranta per cento. Desiderava ancora Wisselingh, che io gli cedessi il diritto di vendita dell’album almeno per l’Olanda Belgio ed Inghilterra, ed allora egli si sarebbe posto in quest’affare con tutte le forze… Su questo proposito io gli ho risposto queste precise paroleRiguardo al diritto di vendita che voi volete per L’Olanda Belgio, ed Inghilterra incaricherò il mio amico Sig. Vittore Grubici a scrivervi in proposito, ed io da mia parte sono pronto ad accettare le condizioni che egli andrà a farvi qualunque esse siano. Regolati tu mio disgustato amico e scrivagli presto, acciò questo Wisselingh non perda tempo. Avrai già compreso che questa lettera l’ho scritta in risposta alla tua direttami a Napoli e che da Napoli mi è stata ri-

messa in Morolo, io non la ho ricevuta che oggi, e ti rispondo a posta corrente per dirti che io sono contentissimo di ciò che tu hai fatto per me, e specialmente per l’Antigono, ed io dal mio canto non sò come mostrarti in maniera un poco solida la mia riconoscenza che coll’offrirti del danaro che tu potresti prendere o in parte o tutte le ultime L. 500 dei due bronzi, purchè ti riesca di non far conoscere niente a Rigidiotti di questa ultima vendita, perché Rigidiotti tiene continuamente informato Nelli di tutto ciò che avviene ad Anversa. Io nella mia ultima corsa in Roma promisi a Nelli di restituirgli i due bronzi per la sola fusione ed egli avrebbe dato a me un centinajo di lire pel diritto di forma, ora se a te serve il denaro io posso fargli capire che l’ho mandato in Inghilterra insieme al grande lavoro… Io direi che tu scrivessi al Wisselingh che io gli cederei il diritto di vendita ecc. ecc. alla condizione che egli mi paghi la metà degli album che prende e l’altra metà gli tiene in deposito, più invece di L. 18 per ogni esemplare, come ora gli vengono a costare, glie li rilascerei. a L. 15, e ciò sarebbe un altro vantaggio. Ti saluto in fretta la posta parte Tutto tuo come pel passato Ernesto Biondi Del resto fà come credi col Wisselingh

cartolina postale indirizzata a Anversa Petit Marché n. 15 Morolo 9 Xbre 85 Adesso và bene, tu scrivi come scrivevi nei tempi passati ed io ne sono contento. Ho incaricato un amico di Roma a tradurre la lettera per l’Inghilterra ed a spedire un album secondo le tue istruzioni. Vedremo cosa risponde. Alla Stalis dirai che manderò i sei album non appena sarà pronta la seconda edizione che ho ordinato da diversi giorni. Se vuole restituirti il legionario bene, altrimenti penserà l’ebreo a mandarmelo quando avrà gli album nelle mani. A proposito giacchè sei ripiombato negli affari, come mi scrivi, non potresti occuparti anche del mio povero album? Tu sai che i successivi ai primi 100- costano poco più di 6 lire l’uno, per cui vi sarebbe panno da tagliare, e se le cose camminassero potrei ordinarne definitivamente 1000- e l’amico Danesi me le farebbe per L. 3000. Pensaci e rispondimi in proposito, perché a me imbarazza lo scrivere lettere nel Belgio, in Olanda in Inghilterra e a tutti questi altri luoghi che io possibilmente vorrei dimenticare, perché danneggia la mia arte, quell’arte che ora stò facendo che è appunto l’arte che piace a te. Ti abbraccio e ti aspetto in Italia. Tuo Spaccamontagne

lettera Morolo 8 Xbre 85 Mio caro Sig. Alberto, Capisco benissimo che il mio lungo silenzio e qualche cosa di veramente vergognoso, e che io mi sono comportato con loro, come se invece di gentilezze ed affettuose premure, avessi ricevuto del disprezzo e dei … calci. Ma oramai è fatta, ed io per quando volessi torturarmi il cervello non potrei trovare altro che scuse macrissime a mia discolpa. L’unica cosa che io potrei dirle senza farle bugia è che incominciai a sentire vergogna del mio silenzio fin dai primi giorni, e l’ho portato con rammarico fino ad oggi, che mi sono finalmente deciso di sbarazzarmene. Del resto prenda da qualunque lato questa mia negligenza mi tratti da quello che crede, ma non mi dica che io non ho serbato nel mio cuore riconoscenza per lei per la sua Egregia Mamma, per la sua famiglia, e per l’amico Segantini, questa cosa mi offenderebbe al vivo perché assolutamente falsa. Fu una corsa che feci l’altro giorno, in Roma incaricai un mio amico d’inviarle tre esemplari completi del mio Album - L’Arte del Nord, uno per lei che lo avrà come debole ricordo della mia gratitudine, un altro farà il favore di farlo tenere al Segantini se ha occasione di vederlo, perché immagino sia ancora in Brianza, ed il terzo al Sig. Archinti al quale lo promisi, e non ho fatto spedire direttamente perché non ricordavo l’indirizzo. Davanti questo tempo sono stato in continua relazione col buon Vittore che mi ha fatto più di quello che poteva farmi un fratello. Ora mi scrive che tornerà presto in Italia e facilmente a Roma; ne sono contento e glie lo auguro di cuore, perché in Roma, meglio che nella rigida Olanda sapranno apprezzare i suoi meriti. Anche per me sono contento che almeno potrò di tanto in tanto passare qualche giorno in sua compagnia. Mi riverisca tanto la sua ottima mamma la Sig.a Sorella e relativo sposo, mi saluti l’amico Segantini, e Lei si abbia un’ affettuoso abbraccio dal Suo affmo Ernesto Biondi

cartolina postale indirizzata a Lugano-Castagnola Morolo 15 dicembre 1885 Nella speranza di sorprenderti a Lugano m’affretto a darti il bene arrivato prima che rientri in Italia. Ora sono veramente contento, ed io correrò a Roma non appena saprò che tu vi starai. A Napoli non sono andato seriamente finora perché sto ritoccando la cera del Camello da fondersi, e sono andato e tornerò presto in Roma per assistere la tiratura del 2° centinajo di albums che spero saranno pronti fra 8 giorni. Non ricordando l’indirizzo di casa tua a Milano ho indirizzato una lettera al tuo Alberto in via Manzoni 5, come anche i tre album che feci spedire, scrivendomi dammi l’indirizzo tuo e d’Archinti al quale potrei scrivere una lettera. Non ho capito come hai accomodato colla Stalis. Mi sono astenuto dallo scriverti una lunga lettera perché ero sicuro che non la leggevi ora che dovrai Pitturare anche tu colla tua egregia mamma alla quale farai tanti e tanti complimenti da parte mia. Ti abbraccio A Napoli andrò dopo le feste. Ernesto

Ernesto Biondi

cartolina postale indirizzata a Milano Corso Porta Vittoria 12 Ora che sei così vicino non mi sento più tanto caldo per te, adesso il tuo avvenire mi pare affare concluso, tu verrai in Roma ti metterai nel banco ti faranno commendatore e così via via. Tu hai un’educazione fina sei gentile, e sai essere buono e tollerante, e spessissimo elegante pettinato e bello, perciò Roma coi relativi Ministeri potranno essere un bel campo per te dove potrai cogliere e gloria e quattrini. Io dal mio canto mi contento di rimanere un contadino…comodo, senza altre aspirazioni che quella di tirare innanzi ruvidamente e pacatamente la vita ed invecchiare frà questi sassi allietati solo di tanto in tanto dalla vista del tuo simpatico faccione e questo avverrà ogni volta che infastidito dal contatto burocratico della capitale sentirai il biso-

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gno di respirare aria vergine, calpestare terra vergine avvicinare cuori vergini….. Non l’ho ancora ricevuto da Anversa le L. 500 scrivane in proposito, avevo ricevuto questa somma per trasportare a Napoli la baracca e questo ritardo mi fà danno… Non capisco come gli albums non siano giunti al tuo Alberto, ne ho scritto a Roma all’incaricato. Saluto cordialmente la tua famiglia e ti auguro che il nuovo anno sia meno mascalzone dell’anno che crepa. Tuo Ernesto 1886 cartolina postale indirizzata a Milano [timbro postale: Morolo 14 gennaio 86] Il cavaliere Carlo Gonnelli redattore del Caffaro di Genova e grande ammiratore dell’Arte del Nord volle che io gli donassi un album e gliene consegnassi un secondo per mostrarlo ad alcune persone per mezzo delle quali io dovevo fare affari incredibili! Questo cavaliere che abita in via del Corso n. 27 p. 2. e che ho nominato ad edificazione degli ufficiali di posta per le mani dei quali passa la presente cartolina volle che io lo incaricassi di spedire a tuo fratello anche i tre albums, ora il fatto giustifica i miei sospetti, ossia che questo cavaliere me li ha rubati invece di spedirli a tuo fratello come mi ha rubato il secondo che non ho più riavuto e come mi ha rubato alcuni altri che ha ritirato dalla redazione del giornale La Tribuna senza mia autorizzazione…. Frà dieci giorni mi assicurò Danesi saranno pronti i secondi 100 esemplari te ne farò spedire dallo stesso Danesi una quindicina che ti serviranno per i tuoi amici, e per esporne qualcuno a Milano - Wisselingh non ha più risposto che fosse morto? Ho ricevuto i denari da Sozogno e le L. 500 dal Commissariato d’Anversa. Ho sistemato alla meglio le mie cose e lunedi vado a Napoli, strada di Chiaia 216. Quando verrai in Roma? Da Londra nulla. Ti scriverò da Napoli. Saluta la tua famiglia e ricevi un abbraccio. Ernesto Rispedirà Danesi gli albums al tuo Alberto lettera Napoli 29 gennaio 1886 Te lo dicevo io che il consoletto d’Anversa è un cretino e non ha di buono altro che la moglie: son contento però che non ti abbiano fatto cavaliere, perché non sarebbe stato il più bello augurio per te esser fatto cavaliere insieme a quel ruffiano di Barbella, ed io te lo assicuro non mi ci sarei piegato tanto volentieri a questa onorificenza, figurati che avrei preferito la croce del Calvario! Mi scrivi che frà otto giorni lasci Milano, dove vai? Vieni forse a Roma? Fammelo conoscere. Gli originali dei disegni sono dentro una cassa allo stabilimento Danesi, e sono a tua disposizione. Se Danesi non ti ha ancora rimesso gli albums è segno che non sono ancora pronti ma non dovrebbero tardare se pure non sono per istrada ad ogni modo questa sera gli scriverò. Ho ricevuto lettera da Londra dove mi dice che l’Antigono lo hanno posto in una piccola galleria solo e coi drappi neri aggiustativi di dietro e colla luce che gli viene dall’alto fà molto effetto, e desta molta curiosità dei visitatori. Dell’album poi

mi dice che gli piace molto e che si occuperà di trovare persona che voglia incaricarsi della vendita, ma presentemente a Londra vi è un grande ristagno d’affari. Mi promette in ultimo le critiche dei giornali ecc. Non ti dico niente per questo, il servizio che mi facesti collo sbarazzarmi di quel morto fù un vero terno all’otto per me. Così ti riuscisse di sbarazzarmi degli albums perché io non posso occuparmene persona adatta non ne ho, e così non si vendono e mi tocca pagare Danesi senza incassare un soldo. Neanche le lire del Ministero posso prendere ancora, se tu trovassi persona che gli prendesse al prezzo di costo a L. 6 l’uno glieli darei ballando. Mi trovo a Napoli da diversi giorni ed ho incominciato a lavorare per Schioppa facendo dei soldatini che rubacchio da Neville sono molto contenti del mio lavoro e mi usano molte cortesie, io più che modellare voglio pitturare, come direbbe la tua egregia mammina, la majolica per sviluppare se è possibile una mia idea… Chi sà che non potrò mettere una fabbrica di ceramiche a Morolo e dar lavoro ad una cinquantina di contadine, e far concorrenza a tutti i ceramicari d’Italia. Mi hanno molta stima, ma non mi fanno confidenze sulla fabbricazione, ma è certo che con tutte le loro precauzioni frà sei mesi ne saprò più di Schioppa e Cacciapuoti. Ti scriverò più a lungo quanto saprò quale compenso danno alle mie fatiche, fino ad ora non ho preso denaro. Stò solo a Napoli ma se le cose continuano bene quando prenderò i denari del Ministero farò venire la Livia e mio fratello giovane, che disegna discretamente, e che tento imbucare dallo Schioppa. Mi associerò per un anno all’Art en Italie, e mi servirà per far prattica di francese che da quando son partito d’Anversa non lo parlo più con quella purezza di lingua. Ti saluto insieme alla tua famiglia. Ernesto lettera Napoli 4 feb 86 Eccoti la dichiarazione seria che tu desideravi, nel caso non ti capacitasse mandamene un’altra scritta ed io la firmerò, riguardo alla maniera di pagamento ed altro scriverò a Danesi e vedremo il modo di mettersi d’accordo, però ti faccio un proggetto che se tu lo accettassi mi toglieresti da un’imbarazzo, ed io tornerei tranquillamente alle mie occupazioni e mi dimenticherei con tanto piacere di questo album. Io debbo a Danesi per resituo del primo e secondo centinajo la somma di lire 1100 di questo debbo pagarne L. 250 alla fine febbraio L. 350 alla fine marzo, ed il resto alla fine maggio, se Alberto volesse prendersi questo rompicapo, io in compenso gli cederei il secondo centinajo di album per la somma di L. 600, più i venti esemplari spediti a Wisselingh a L. 18 ciascuno che sono altre L. 360, e pel rimanente gli manderei un’altra ventina di album che credo di avere ancora e 12 dei quali tengo a Napoli pronti e glieli spedirei subito. Se questo modo di pagamento non ti facesse comodo regolati tu e mandami delle cambiali che penserò io a farle accettare da Danesi colla mia firma ancora, macari dandogli qualche cosa d’interesse, ma a questo penserei io. Se poi non ti piacesse questo proggetto fà come vuoi prenditi solo il 2° centinajo, pagameli come vuoi e pel prezzo che più ti fà comodo, purchè te ne occupi, perché io non posso e se potessi non sarei buono ad occuparmene. Come vedi io ho fatto a tuo fratello ed a te un’ampia dichiarazione, ora vorrei che anche voj’altri ne faceste un’al-

Ernesto Biondi

tra a me in mano di notaio, e coi relativi testimoni, in questo senso, ossia, che col palazzo che vi comprerete in Milano colla vendita dell’album vi obbligate di cedermi un sottoscala senza fitto ed a vita durante, dove mi ritirerò nella vecchiaja a fare penitenza delle mie peccata che sono molte e grandi, e non ultimo è quello d’aver lasciato di fare l’appaltatore d’arte muratora, come facevo diversi anni fà, e guadagnavo delle buone migliaja di lire, per mettermi a fare l’artista e ridurmi bellamente nella miseria. Le demolizioni di Napoli continuano alacremente e presto si metterà mano alla costruzione di nuovi quartieri. Non è improbabile che io torni a fare il costruttore e sistemare in tal modo le mie faccende che sono presentemente tanto spallate. Le cose di Schioppa vanno bene fino ad ora, ma è un lavoro che mi darà da vivere e nulla più. Chi sà che quel Gonnelli Cavaliere non mi ha rubbato le 500 lire del Ministero, ho sentito brutte notizie, ho scritto a Ferdinando Martini per conoscere come stanno le cose. Danesi non se ne è occupato della riscossione di quel denaro, perché io credendolo sicuro come se lo avessi tenuto in tasca, gli diedi degli acconti col denaro che presi d’Anversa. Ora che faccio meglio i conti credo di tenere ancora una quarantina di albums glie li manderei tutti al tuo Alberto perché me ne basta averne uno per ricordo, ed il resto non so che farmene. Regolati che io ho messo nella dichiarazione che mancando al contratto, mi obbligo di sottostare ai danni spese ecc .. Regolati ti ripeto che se mancassi al contratto tu non avresti a rifarti altro che su una dozzina di migliaia di lire di debiti che mi gravano sulle spalle, mentre al campo di cavoli alla mia […] Di Morolo, terreno assolutamente mio e pel quale pago le tasse, pesa un ipoteca di L. 5000 ed il terreno non costa che 3700 lire: perciò mettiti bene in guardia da questo articolo della nostra convenzione. Scriverò a Macchiati pel quadro di Segantini al quale Danesi per mio conto un esemplare dell’album. Salutalo tanto quel simpatico artista. Saluta la mamma, saluta la sorella col relativo dottore l’ottimo Alberto e tu ricevi un abbraccio Dal tuo Ernesto [Dichiarazione acclusa] Napoli, 4 feb. 86 Cedo ai Signori Alberto e Vittore Grubici di Milano il diritto di vendita, per l’Italia Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Teteschia, ed il rimanente d’Europa, del mio album rappresentante L’arte del nord, promettendo di rilasciare loro quanti esemplari ne richieggo, al prezzo di L. sei ciascuno e non più e ciò per la durata di anni… Dichiaro inoltre di non aver ceduto fino ad ora ad alcuno tale diritto, e prometto di non cederlo per l’avvenire ad altri, obbligandomi in caso di mancanza alla rifazione dei danni spese ecc. ecc. In fede Napoli 4 feb 1886 Ernesto Biondi lettera Morolo 6 feb. 86 Mio caro Vittore Sono certo che mi perdonerai se io non ti scrivo più, e se rispondo con tanta negligenza alle tue lettere. La fiacchezza del mio spirito non mi permette questi sforzi e forse và bene anche per te che ti risparmi di sentire delle lamentazioni…

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Dimmi mio buon Vittore l’anno è trascorso e quel signore che prese l’Antigono sarebbe obbligato di rimandarlo in Italia secondo il contratto. Non si potrebbe indurre a ritenersi l’ammazzato risparmiarsi il fastidio della spedizione e mandarne a me l’importo e qualche cosa in più se lo crede? E del bronzo che tieni non ti è possibile venderlo a qualunque prezzo macari per 500 lire? (mentre a me costa 800 di sola fusione) o trovare uno strozzino che volesse dare un pajo di centinaia di lire, e mandarlo poi per suo conto a Venezia e nel caso di una vendita rimborsarsi del denaro e prendersi l’interesse? Come ancora di quei pastelli d’Anversa non si potrebbe trovare un qualche partito qualunque esso sia? Comprenderai che nella miseria in cui mi ritrovo io accetterò qualunque condizione purchè mi fosse dato toccare qualche centinajo di lire. Se quei pastelli si mandassero a Venezia avrei in Roma qualche persona influente da pregare per fargli comperare dal governo, ma credi tu che siano lavori da galleria? Io ho portato a Nelli una dozzina di figurine in bronzo ottenute con quelle forme di cui ti scrissi da Napoli, non son certo capolavori, ma ti assicuro che con un poco di calma con queste nuove forme che ora vengono benissimo, si possono fare delle cose splendide e se non schiatto le farò presto. Ora stò modellando una testa dal vero che manderò in bronzo a Venezia ed insieme a Nelli esporrò nella sezione industriale una ventina di pupazzetti in bronzo, nello stesso tempo conto di mandare a Milano a Torino ed a Barcellona. E Wisselingh come è ito a finire? Quei 20 albums costavano a me più di 200 lire di carta e stampatura. Ti saluto amico mio e perdonami se non ti scrivo altro che cosaccie. Tuo Ernesto. lettera Napoli, 14 feb 1886 Caro Vittore Se desideri un documento più serio di quello che ti rimisi nell’ultima mia mandamelo e io lo firmerò, io dal mio conto non ho saputo fare di meglio di quello, e se dovessi dirti la sincera verità, è quello il documento più serio che io ho fatto in vita mia non esclusi i debiti che ho fatto quasi sempre scherzando. Tornando al nostro affare credo di non essermi bene spiegato nella scorsa lettera perciò lo faccio adesso, e con sufficiente chiarezza. L’Alberto, o tu per esso (questo è termine notarile) dovresti darmi lire mille centocinquanta, ed io ti darei il secondo centinajo di album per la somma di L. 600, ti cederei il credito dei 20 album che ho con l’ebreo? Wisselingh che mi ha fatto sempre cattiva impressione, anche quando tu mi scrivevi che era un fiore di galantuomo, e siccome tu me lo scrivevi con una fede d’apostolo vorrei lasciarla scorticare a te questa perla d’olandese! Dunque L. 600 dei 100 esemplari, L. 360 dei 20 spediti al sullodato figliuolo di Mosè? a L. 18 per ogni esemplare che forma la somma di L. 960, per le L. 200 circa che rimangono ti darei tanti album per quanti ce ne entrano a L. 6 ciascuno benchè a me costano, come tu sai, L. 10, senza lo strazio ecc. ecc. ecc. … Mi sono spiegato? È chiaro il conto? In questo caso l’Alberto, o tu per esso, non mi faresti altra gentilezza che prenderti per contanti i quattrini dell’olandese. Riguardo la maniera di pagamento io scrissi per le cambiali perché i Danesi sono (mi pare d’avertelo accennato un’altra volta) ot-

tima gente, ma hanno la debolezza di essere troppo positivi, ma ti assicuro che le cambiali non le protestano le tengono in cassette perchè non hanno bisogno, vivono con 20 soldi al giorno e lavorano 12 ore del giorno. Io credo che l’Alberto potrebbe rompere il giuramento, molto più ora che non si giura più sull’Evangelo ma su quel pregiudizio che chiamano coscienza, e che ha fatto sempre ridere gli uomini serii. Ripeto che l’Alberto potrebbe firmare queste cambiali, ma se non lo volesse assolutamente è necessario che almanacchi qualche altra cosa, per esempio una obbligazione seria perché egli le sa fare le cose serie, e così poter contentare Danesi unendo alla sua obbligazione le mie cambiali. Riguardo alle date le disponga lui, che se sono brevi bene, altrimenti pagherò io l’interesse ai Danesi. L’idea poi d’un esposizione degli originali è eccellente e potrebbe forse produrre un effetto inaspettato ed io te li farò tenere prima del 15 marzo, ma è necessario regolare la nostra faccenda presto per ritirare gli originali da Danesi che li tengono come una specie di garanzia; non me lo hanno mai detto ma io lo suppongo. Anche il Camello sarà pronto per quell’epoca e spero questo secondo sia meno sfortunato del primo. Non sapendo a chi rivolgere la dimanda d’ammissione, per esporlo, o falla tu, per il camello in bronzo- i disegni dell’album, ed un gruppetto in terracotta rappresentante - Ricordi del secolo - oppure mandami le istruzioni necessarie che penserò io a fare la dimanda prima del 28 corrente. Ti saluto con la famiglia, anche per parte della povera Livia che ti aspetta a Napoli per farti gustare le sue cotolette alla milanese, che è il solo modo in cui sa cucinare la carne. L’affare di Schioppa và bene pupazzi a tutta pasta e conditi in tutte le salse. Tuo Ernesto Napoli 14 feb 86 Il Cavalier Gonnelli redattore del Caffaro di Genova mi ha rubato le L. 500 del Ministero ne sono quasi sicuro. E pensare che tu sei stato in procinto d’essere fatto cavaliere! cartolina postale indirizzata a Milano Napoli, 25 feb 86 Caro Vittore ancora aspetto la risposta alla mia lettera che parlava degli albums: se ad Alberto non gli piacessero le condizioni che gli scrissi me ne farà delle altre ed io le accetto anche senza saperle, purché se ne occupi e mi scriva, perché i giorni passano, e non sò se poi farò più in tempo a spedire gli originali. Il Cavaliere del Caffaro mi ha veramente rubato i denari del Ministero! Sono veramente jettato non vi sono santi che reggono. Saluti a tutti. Ernesto Strada Marinella n. 72/ Indirizzo Palazzo Colonnese lettera senza data Caro Vittore Napoli penultimo giorno di Carnevale per me alta quaresima, non ho che cinque lire in tasca, ed una lira di spagna che non ha corso, e la moglie, la mia povera Livia ed il mio fratello sulle spalle, un ottimo ragazzo e per giunta due amici, due carissimi amici venuti appositamente da Roma per passare il Carnevale con me. Però a dispetto della imbarazzante posizione pure stò forte, forte come la montagna del Vesuvio che ho dinanzi, e mi dicono i miei amici che sono anche bello, e che l’aria di Napoli mi fà bene e mi fa stare allegro. Con queste cinque lire potrò oggi fargli un lauto pranzo,

Ernesto Biondi

perché mi trovo il vino e molto buono comperato in antecedenza e di poi se non mi riesce questa mattina uno stratagemma per avere quattrini dallo Schioppa, farà loro la confidenza se ne faranno una risata e mi daranno i denari per dargli da mangiare questi due giovani. Ho detto stratagemma perché lo Schioppa non deve conoscere la mia miseria, l’ebreo sarebbe capacissimo di profittarne. Ora che mi ricordo avevo preso la carta per scriverti una letteraccia ed invece questa lettera minaccia di diventare un’affettuosa carnevalata. A te non posso scrivere impertinenze il mio cuore non me le detta e seppure tu in appresso dovessi cambiarti con me io ti vorrò sempre immensamente bene anche senza dichiarartelo per iscritto. Solo desideravo, per l’amicizia che mi hai dichiarato fino ad ora, conoscere la causa del tuo silenzio, che mi empie la testa di sospetto. Che fosse successo qualche disgrazia in famiglia? Voglia il cielo che ciò non sia, che fossi partito da Milano senza farmelo conoscere? Che avessi scritto nella lettera antecedente una qualche cosa capace di urtare la suscettibilità tua o di tuo fratello, ma piccarti per una espressione scritta forse in fretta e senza pensarla non è abbastanza semplice specialmente per te che sei stato tanto tempo nel nord. Io non posso riandare alla lettera passata perché non ho copialettere e non ricordo cosa ho scritto, l’unica cosa che sò è che io scrivo come viene come mi detta il cuore senza ortografia con poca grammatica, e spesso senza sintassi col semplice scopo di farmi capire e niente più. Che si fosse tuo fratello deciso a non occuparsi più dell’album? Ci voleva poco a tranquillizzarmi due baiocchi bastavano a mandarmi una cartolina. Se non vuole occuparsi poco m’interessa posso farne un sacrificio a Vulcano degli album che mi trovo stampati, ma me lo fai conoscere, mondo birbone! Ora mi trovo in una condizione che i guai non mi spaventano più, e tanto è vero che se tu mi vedessi questa mattina, mi prenderesti per un banchiere tanta è l’aria di bel tempo che ho. Ti saluto ed in attesa di sollecita risposta credimi come pel passato Tutto tuo Ernesto Indirizzo Palazzo Colonnese Strada Marinella n. 72 Napoli Saluta il tuo fratello e buon Carnevalone alla tua famiglia. cartolina postale indirizzata a Milano Napoli 11 marzo 86 Caro Vittore Ho ricevuto la lettera che aspettavo da tanto tempo, mi piace come ha disposto l’Alberto, ed ho già scritto a Danesi per la spedizione degli originali e dei cento album stampati mandandogli la mia lettera e le cambiali pure uno dei miei amici de quali ti parlavo nella lettera antecedente, egli è amico d’entrambi e sono sicuro che accomoderà ogni cosa. Andrò da Trolli [?] con molto piacere e te ne scriverò in proposito, come ancora ti scriverò presto a lungo dei pupazzetti della ceramica e de suoi cultori. Con questa stessa posta ho scritto alla Società per le belle arti di Milano, ed ho notificato il bronzo la terracotta che non so se farò in tempo a mandarla, ed i disegni. Ti saluto tanto tanto e saluti alla tua famiglia Tuo Ernesto

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lettera Napoli, 16 marzo 86 Caro Vittore Per non ripetere una infilzata di cose ti rimetto la lettera stessa che il mio amico di Roma mi manda in risposta agli affari di Danesi, già meglio potrai capire ogni cosa. Intanto ti avverto che gli originali, e i 100 albums completi sono stati spediti al tuo indirizzo Corso Porta Vittoria 12. Nelli ancora mi scrive che in data di jeri ha spedito il bronzo a Milano in porto pagato diretto alla Società di Belle Arti ed Esposizione ecc. ecc. Non sarebbe male, se t’informassi che hanno ricevuto la mia dimanda. Credo che questo sia affare concluso e non ci ritorneremo più sopra, non perdo tempo nemmeno in ringraziamenti ecc….. perché spero di farteli presto a voce. Intanto ti pregherei di pensare in qual modo possiamo pescare i denari da Wisselingh, se tu gli scrivessi? Io credo che le condizioni che fà Danesi non dispiacciono all’Alberto molto più che Danesi come ti scrissi altra volta non negozia le sue cambiali e se alla scadenza non si trovasse pronto a pagarle possiamo rinnovarle ne sono sicuro, macari dando un acconto. Ti saluto insieme alla famiglia. [su altre facciate dello stesso foglio] 15 marzo 1886 Caro Ernesto Danesi ha accettato in tutto le tue proposte. Ti rimetto qui unita la minuta della lettera di avallo che deve fare Grubici in carta bollata da L. 1.20 che lo stesso Danesi mi ha trascritto, la quale lo stesso Grubici potrebbe spedire direttamente a Danesi via del Gambero n. 16. Del resto fa come tu credi, se farla prima indirizzare a te, poi tu a me ed io portare a Danesi- Danesi mi dice che oggi stesso spedirà il tutto a Milano; poi mi ha fatto osservare esser necessario ed indispensabile che Grubici elegga il suo domicilio nell’avallo in Roma piuttosto che a Milano, e la ragione si è che se in caso di contestazione e giudizio, questo si farebbe in Roma, piuttosto che in Milano in quanto riguarda Grubici. Il conto che mi ha mostrato è di L. 847- per i primi 100 album è L. 509 per il lavori successivi, in tutto L. 1356. Perciò ha accettato le due cambiali di L. 300 ciascuna l’una colla scadenza fine luglio 1886, l’altra fine 7bre. Delle residuali L. 506 ha riempito l’una delle due cambiali per L. 300, l’altra per L. 206, ambedue con la scadenza 15 giugno 1886create in data 15 marzo- È d’avvertire che delle due di L. 300 con avallo di Grubici l’una è creata in data 15 marzo, e l’altra in data 1° aprile, la ragione di quella in data 1° aprile si è che non vi sarebbe la capienza dei sei mesi e perciò si anderebbe incontro a multa. Del resto Danesi l’ho trovato molto deferente per te, e mi disse che ti avrebbe scritto ed io gli diedi il tuo nuovo domicilio. Procura di tener acconto la presente per aver sotto’occhio le date delle scadenze; e se Grubici non venisse a Roma procura di ricompensare persona perché abbiano cura degli album che hai spersi quà e là; se io son buono per mezzo d’altri lo farò volentieri. Di Gonnelli nulla di nuovo, se hai tu notizie non mancare di parteciparmele. Da Nelli vi fui sabato sera e trovai chiuso, vi anderò questa sera o domani, però credo non vi sia difficoltà, appena vi sarò andato anche di questo ti terrò informato. Salutami Livia unitamente a Costantino. Ricordati di fare quella narrazione etc. e di mandarmela. Ti saluto di cuore e credimi Tuo aff.mo N. Garroni

[Internamente, ancora calligrafia di N. Garroni, su foglio di carta bollata da Lire Una, 20] Milano li 1° aprile 1886 Io sottoscritto domiciliato in Milano Via San Marco n. 16 con magazzino d’oggetti d’arte moderna mi dichiaro fideiussore e garante in solido per due cambiali di Lire Italiane Trecento ciascheduna emesse dal Sig. Ernesto Biondi scultore a favore del Sig. Michele Danesi, una in data 15 marzo con scadenza fine luglio 1886 e l’altra 1° aprile con scadenza fine settembre 1886. Pel pagamento e per ogni effetto di legge eleggo il domicilio in Roma Via Paola 56 presso il Sig. Novato Garroni. In fede di che mi sottoscrivo Domicilio di Danesi Via del Gambero n. 16 Roma lettera Napoli, 15 aprile 86 Mentre prendevo la penna per parlarti, come ti promisi, della ceramica e dei suoi cultori ricevo una lettera di Danesi, che mi avverte come l’Alberto si sia allarmato perché invece di 100 albums ne ha ricevuti soli 85, digli che è stato un equivoco commesso da me che non ricordavo d’aver tolto 15 esemplari al 2° centinajo, ossia quei 15 che ti mandai nella prima spedizione, che naturalmente non entrano nel nostro contratto dei cento. Perciò tuo fratello resta mio creditore di 15 albums che mi affretterò a mandarglieli non appena potrò dare una corsa in Roma. Ne ho qui a Napoli una diecina, che potrei mandarglieli per ora. Ad ogni modo l’Alberto stia tranquillo che o da Roma o qui da Napoli avrà gli albums anche più di quelli che gli debbo, ma mi spedisca a Danesi sollecitamente la carta d’avallo, perché mi scrive con un certo risentimento. E questa noiosa pagina è finita! Ora veniamo ai toni. La tua lettera mi fà piacere, mi riscalda non poco e mi fà rivivere nell’arte, mi fà bene insomma, specialmente ora che sono diventato un automa costretto a fare sette o otto pupazzetti la settimana e tutti debbon essere belli tutti debbono sorridere debbono piacere a Luigi Schioppa che tu conosci, al fratello Pasquale che è una vera bestia, a Cacciapuoti che non capisce niente di arte, e tutto questo per guadagnare appena duecento lire al mese! Se ho sofferto però in questi mesi, me ne trovo contento per i profitti che ne ho ricavato, primo perché ho avuto campo di studiare alla peggio questo paese dove vi sono delle bellezze artistiche inesauribili e che nessuno artista ha fino ad ora saputo rendere e poi perché ho avuto il campo di segretamente entrare in tutti i misteri dello Schioppa e compagnia, tanto che ora potrei fare, come farò, delle ceramiche meglio di loro. Conosco la maniera di preparare la terra, il modo di dipingerla a fresco o a secco sotto vernice o sopra vernice, ed il modo di applicarvi lo smalto ecc. … Il solo smalto non ho provato a comporre ma questo non è difficile quando si conosce, come conosco, le materie che lo compongono. Vi è in Milano a via Crocefisso n. 19 un certo Carlo Belloni negoziante di prodotti chimici, che fornisce allo Schioppa i colori per ceramica tu potresti andarvi, anzi, per favore, devi andarvi presto ed informarti se vende ancora la vernice ossia lo smalto bello e composto, in questo caso non mi mancherebbe altro per fare della ceramica che nessuno ha fatto fino ad ora, avverti che due qualità di smalti si usano una che si ottiene collo stagno e l’altra col piombo, quello che adoperano Schioppa e Cacciapuoti si ottiene collo stannato di piombo ed è la sola che si può usare per quel

Ernesto Biondi

genere di pittura a fresco che riescono così smaglianti. Dovresti, nel caso non si vendesse, informarti se ordinandone un quintale s’incaricherebbe Belloni di fabbricarne appositamente. Se poi fosse impossibile trovarne, allora bisogna procurarsela da qualche fabbrica di piatti, ed a Milano credo vi siano delle buone. Queste fabbriche sono gelose della loro vernice, ma avendo una buona relazione e facendo riflettere che serve per ceramiche qualche quintale se ne può ottenere, e con un quintale di vernice si può produrre 10 000 lire di ceramiche. In Napoli è impossibile averne perché tutti i fabbricanti di piatti fanno delle ceramiche più o meno brutte. Il bronzo è mio perciò adoperati con calore per la vendita perché un migliajo di lire per le mani mi permetterebbe di rimanere a Napoli tre o quattro mesi senza dipendere dallo Schioppa e fare dell’arte vera per conto mio. Ricevo continuamente il giornale da Darand [?] ed ancora non ho potuto mandargli le dieci lire d’abbonamento gliele manderò presto però, ho fatto due tempere per Pasquale Schioppa e deve ancora pagarmele lo strozzino, e non appena si romperà il collo avrò un pajo di centinaja di lire e potrò con questa fortuna prendermi il lusso dell’abbonamento ad un giornale. Non sò come Irolli possa averti fatto si bella impressione colle sue teste, mentre qui gode fama di colorista spietato stravagante e senza tono, ad ogni modo andrò a trovarlo non appena avrò un poco di tempo. Ti ripeto che lavoro come un bue dalla mattina alla sera al solo scopo di tirare innanzi miseramente la vita. Però non dedico tutte le mie ore allo Schioppa ma una parte la consacro alla rovina di Barbella, e questo te lo accenno solamente per ora te ne scriverò a lungo fra pochi giorni. Nelli mi scrisse saranno ora quindici giorni che il bronzo era pronto e che lo avrebbe spedito il giorno appresso Nelli è come Danesi molto esatto e sono sicuro che lo ha spedito; ad ogni modo non ho mancato colla stessa posta della presente mandargli una cartolina. Dentro la busta che ti rimetto vi ho messo un poco di polvere che sciolta nell’acqua serve per dare lo smalto alle ceramiche prima di mandarle in fornace, potresti mostrarla a Belloni. Quando mi rispondi parlami di te, se disegni se continui, come sono certo, a pitturare e con quale profitto. Salutami l’Alberto saluta l’ottima mamma la sorella e tu ricevi un abbraccio. Tutto tuo Ernesto Saluta Segantini e fagli i miei rallegramenti pel suo bel quadro. Io non reggo alla tentazione di non continuare a scrivere molto più che vi resta ancora un pezzo di carta da sporcare perciò due minuti altri di tolleranza e poi mi ti levo dai stivali. Vedi come sono diventato corretto? Potevo dire coglioni ed invece ho scritto stivali. Incomincerò a dirti che frà lo Schioppa e Cacciapuoti vi è guerra accanita e dopo l’esposizione di Liverpool dove loro faranno una splendida mostra accompagnata da relativi affari si divideranno di certo, però dei due il vero peccatore è Schioppa che tu sì giustamente giudicasti ad Anversa, e che se ricordi, me ne hai scritto anche a Morolo: Schioppa ora più che mai strapazza Cacciapuoti perché si è accorto che io sono divenuto padrone del campo, ma ingenuamente conta sopra di me perché io non diventerò mai né direttore della sua fabbrica, né suo socio qualunque siano le condizioni che egli sarà per farmi. Schioppa è disonesto ed è capace di tutto perciò alla largaaa… Con tutto questo mi fa un mondo di gentilezze benche mi tenga a corto di denaro promette segretamente

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mari e monti, ed io naturalmente fò vista di credere ogni cosa almeno finchè non mi sarà dato di prendere il volo. Io credo che quando avremo la buona ventura di riavvicinarti starò 15 giorni di seguito a chiacchierare tante sono le cose che ho a dirti. La carta è finita ed io … fedele alla promessa cesso dallo scrivere, solo voglio rassicurarti sul conto di povero Barbella, io non voglio ucciderlo, ne fargli alcun male solo egli non potrà più incassare le migliaja di lire coi suoi pupazzetti =quando verranno in ballo i miei che senza essere inferiori ai suoi come gusto e finezza di fusione, ne produrrò a centinaja colla pratica che ho preso e gli venderò a peso di pieno [?] Wisselingh ha più scritto? lettera Napoli Pasqua 86 Caro Vittore Ho ricevuto la tua prima lunga ed affettuosa lettera, la cartolina posteriore e la seconda lettera che mi parla di Belloni. Non mi perdo in ringraziamenti che oramai mi sono abituato a vederti sempre solerte e paterno verso di me, e sempre colossale nell’adoperarti per i guai miei. Tu parli molto giusto riguardo alla malinconica idea di fare il ceramicaro, ma io non ho mai pensato a fare le ceramiche da strapazzo in concorrenza allo Schioppa Cacciapuoti ecc… Ma mi sono prefisso di fare una serie di studi, un centinajo, per esempio, di figurine e gruppetti, e che abbiano il vero carattere dei costumi popolari napolitani, che nessuno gli ha resi fino ad ora nel suo vero colore, ne Dal Bono [sic] ne Caprile ne Matania ne Zonaro, e fatta eccezione di Caprile che in piccole proporzioni potrebbe fare qualche cosa il rimanente degli artisti napolitani sono in una via falsa e non potranno farne giammai. Fare de costumini ciociari presi a volo con quel carattere ancora selvaggio che conservano, percorrere la bellissima Calabria e rendere il carattere di quei paesi che io conosco ed è immensamente artistico, andare in Sicilia, e forse anche negli Abbruzzi che io non conosco ma credo vi rimarrà sempre da fare anche dopo tutto quello che ha saputo produrre il suo nume. Io parlo di Michetti e non di Barbella, perché egli quel cavaliere è punto produttivo, in otto anni di gloria e d’incoraggiamento non ha fatto che quelle sei o sette figurine che tu conosci, e che sono buone non vi è dubbio, e specialmente alcune, ma ora non ne farà più perché Michetti non ha tempo d’occuparsene, ed ha cambiato strada ma seppure il lodato cavaliere continuasse a farne non mi fà mai paura quello scrofolato perché egli ripeto è poco produttivo, e poi tu sai quanto è snervato! Ti parlerò a lungo di questo progetto un’altra volta che sono meglio in vena e ti dirò qual genere di forme io ho trovato per fare che le cere escano ritoccate e ti manderò i primi pupazzetti che stò modellando come saggio e per sentire il tuo parere. Tutti questi lavori dovrebbero essere posti in commercio in bronzo in terracotta ed in ceramica e tutte figurine, tanto fine e tanto piccole alle quali sarebbe impossibile falsificarle con cavarne delle forme finchè non trovano quel sistema che io ho studiato, e che in breve tu stesso giudicherai se vi sono riuscito. Per me sarebbe un lavoro d’un anno appena per fare i modelli, perché il fare le ceramiche o fare le terrecotte o cavare le cere per i bronzi, è un lavoro da affidarsi a ragazze del mio paese che guadagnano 10 soldi al giorno per lavorare 12 ore.

Nelli al quale ho espresso la mia idea mi ha scritto che è pronto ad appoggiarmi in qualunque modo. Riguardo poi a trovare la persona che si occupi della vendita, o combino collo Schioppa operosissimo, o trovo io, o tu persona adatta. Come potrò portare con me un saggio di due o tre figurine vado in Roma da Nelli e vedrò in che modo crede appoggiarmi. Certo è che se il lavoro mi sfila un pupazzetto di bronzo della grandezza del chierichetto col cambanello che tu conosci, e che esposi ad Anversa non mi costa più di 15 lire di fusione. il medesimo di terracotta mi costa quattro soldi, lo stesso di ceramica mi costa mezza lira, e senza nessun dolor di capo, perché fatto il modello, posso dimenticarmene colle forme che io adotterò per questo lavoro. Nella lettera che scrissi al Sig. Presidente della Società di Belle Arti credo non indicassi il mio rappresentante ne il prezzo di vendita, perciò ti prego di pensare tu stesso ad ogni cosa e la qui acclusa lettera ti servirà di autorizzazione. Io non ho altra persona ne a Milano ne altrove, più solerte, più premurosa più intelligente di te. Ti saluto tanto tanto insieme alla famiglia e nella speranza di presto rivederci ti abbraccio. Tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Napoli 4 giugno 86 Caro Vittore amico mio impareggiabile Io sento vergogna d’essere stato tanto tempo senza scriverti, e senza neanche farti cenno d’aver ricevuto l’Illustrazione ed il relativo articolo, ma io sono stato fabbricato così rozzamente che spesso faccio delle pessime azioni quasi senza cognizione di causa. Tu me la perdonerai quest’altra, non è vero? Dopo la metà del mese ti manderò le terrecotte dei primi pupazzetti in bronzo che io vado modellando e tu mi darai il tuo spassionato parere che per me è un tesoro. Io sono rimasto qui nella fabbrica di bambocci, miserabile sì, ma padrone del campo perché lo Schioppa è ito a Liverpool, dopo essersi prima diviso dal compagno. Così ho incominciato a pitturare delle grandi teste sulla ceramica ed a gran fuoco quando avrò visto il risultato delle prime te ne scriverò in proposito. Ti saluto insieme alla famiglia e fammi conoscere qualche buona notizia se ne hai. Da un sopracarta appresi che avevi aperto un negozio di B. arti in via del… me ne rallegro… lettera Napoli 2 luglio 86 Mio buon amico A che scriverti quando non posso dirti altro che delle malinconie? Preferisco starmi zitto, molto più che se pure volessi bestemmiare nelle mia lettere imprecare essere immorale, come tu mi scrivesti il 2 9bre da Anversa, non ne avrei il coraggio! Veramente mi sono smollato…. La lotta della esistenza che combatto qui in Napoli, il caldo, il desiderio di ritornare nel mio povero ma bello, ma vergine paese mi brucia continuamente ed assorbe tutte le mie facoltà intellettuali, tanto che sono più di 40 giorni che io non penso all’arte, e l’unico scopo della vita che ora conduco è quello d’aver mangiato la sera, ben modestamente, per mettere a parte qualche centinajo di lire per pagare le tasse di mio padre e così andarmene nel mese venturo a ritemprarmi in Morolo. Oh come dormirei contento ora sotto il fienile! Che

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belle nottate passerei all’aria aperta sotto l’albero di cerase! Quanti utili studi potrei fare durante il giorno nella selva o nella montagna! Ed invece debbo stare qui con questo caldo a pittare delle caccavelle ed a cacare dei pupazzetti. Ho dipinto in questi ultimi giorni 6 teste grandi al vero sopra tavole di ceramica. Una sola l’ho fatta come volevo io le rimanenti le ho dovute fare belle e che sorridessero per far piacere a D. Pasquale Schioppa, perché vuole robba da vendersi. A dispetto però di tutte queste malinconie il mio tempo non lo ho perduto, sono divenuto professore nella pittura a gran fuoco ed ho imparato tutto ciò che sà produrre di meglio la ceramica napolitana. Assicurati che si può fare della robba splendida per tono per disegno per sentimento per tutto. Calma ci vorrebbe e qualche migliajo di lire per le mani. Mi sono occupato anche della pittura sui piatti d’uso e credo di riuscirvi, potrò assicurartelo fra 15 giorni e se questi orsi dei Schioppa mi seguono potrò impiantargli un bel tipo di terraglia napolitana. Ho dovuto anche in questo tempo superare molte difficoltà su quella nuova maniera di farne che ti accennai altra volta pel commercio dei pupazzetti in bronzo che ho sospesi da diverso tempo per mancanza di spirito. Le sole forme ho perfezionato e non i modelli. Dopo il quarto non ne ho modellato più alcuno. Te ne manderò non appena potrò adoperare le forme in parola che sono tuttora fresche. Tutte belle cose queste tutti belli progetti ma ora avrei proprio bisogno di sospendere tutto per un pajo di mesi almeno. Mi sento stanco. Stò facendo anche alcuni saggi di ritratti sopra tavolette di ceramica e sù piatti per esporli d’accordo con un fotografo e vedere se è possibile indurre qualche merlo a farsi un ritratto eterno. Un ritratto grande come la testa di Zilcken15 ed eseguito colla stessa franchezza sarebbe per me lavoro di 3 o sei ore se debbo farlo dalla fotografia, e meno se dovessi farla dal vero. Sulla ceramica si dipinge meglio che sulla carta o tela tanto se si adopera il bianco e nero, come col pastello, che se si adoperano i colori. Ti ripeto che quando si è preso un poco di prattica si potrebbero fare dei ritratti splendidi, ed anche facendogli pagare pochissimo vi sarebbe sempre da lucrare una buona giornata e specialmente coi ritratti presi dalla fotografia ingranditi col - Pantografo - se ne possono fare benissimo tre al giorno perchè il sistema a bianco e nero è molto facile e molto sollecito. I fotografi fanno pagare una testa grande al vero 50 lire, e 30 lire la metà del vero, e pure ne fanno! E non sono che pezzi di carta che loro danno ai merli. Se questa cosa prendesse piede si potrebbero esporre anche a Roma, ed a Milano, e se incontrano vi sarebbe lavoro per te e per povero Macchiati che venendone a Napoli potreste con poche ore di lavoro al giorno lucrare discretamente la vita e dedicare il restante tempo all’arte. Se mi riuscisse di farti metter piede in Napoli scommetto che non ti salterebbe più in testa di tornartene nel nord. Napoli è un paese stupendo come tutto il meridionale d’Italia dove si vive nell’arte, solo si sente la necessità imperiosa, dopo quattro o cinque mesi di permanenza continua d’abbandonare per qualche giorno questa eterna baldoria. Come è avvenuto a me che ora non riposo più. Trascrissi a Macchiati ciò che tu dicevi a suo carico e glie lo mandai. Egli ti stima moltissimo e deve aver gradito quel conforto spirituale che tu gli mandavi, molto più che di conforti materiali ne ha ben pochi quel disgraziato! Il buono della lettera non gli ho mandato, perche la tua lettera, a dispetto della mia scioperataggine, lo conservo. La campagna che tu hai intrapreso contro quelle fabbriche di cretini

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che son gli Istituti superiori di Belle Arti è santa ed è cosa che ho sempre sognato io se la mia voce non fosse la voce del deserto tu che sai farti leggere potrai con meno improbbabilità riuscire nell’impresa. Leggerei tanto volentieri i tuoi articoli e gli ho chiesti a Macchiati, ma ha tante tribolazioni quel poveruomo che difficilmente me li manderà. Pensaci tu se ne hai l’occasione. Discretamente scialba è riuscita questa chiacchierata ma abbastanza lunga e… spropositata perciò penso di fare presto ma prima debbo scriverti la pagina nojosa. Dimmi sarà pronto Alberto a pagare le lire 300 a Danesi sulla fine di luglio? Ultimamente scadeva una mia cambiale che non potei pagare e la rinnovai e nel respingermi la vecchia mi disse che contava almeno sul pagamento di Grubici. Dubbito che Alberto si sia pentito di questo affare e non sia riuscito a vendere neanche una copia della famosa Arte del nord. Di Wisselingh ne sai notizie? Che lo avessero ammazzato quella perla di negoziante? Sarebbe un danno molto serio per l’arte e per gli artisti che se tratta gli altri come ha trattato me dovevano certo fare molti affari i miei colleghi con questa anima d’Ebreo- E di Londra ne hai saputo più niente? È possibile appoggiare a qualcuno il bronzo di Milano? Sarebbe veramente il Porto Salvo della stagione! Saluta Segantini se lo vedi saluta la tua famiglia e ricevi un abbraccio dal Tutto tuo Ernesto P.S. Ti ho mai detto che la Livia copia i disegni dell’Album e che ………………………ne capisce il tono?!!!! cartolina postale indirizzata a Milano [timbro postale: Napoli 9/8/86] Si può conoscere la causa di questo lungo silenzio amico Vittore? Ti scrissi sui primi di luglio una lettera in risposta ad una premurosissima tua e ti chiedevo frà le altre cose notizie del pagamento di Danesi che scadeva alla fine del detto mese. Ora il tempo e passato e ne Danesi ne l’Alberto mi ha fatto conoscere nulla. Questo silenzio specialmente da parte dei Danesi mi fà supporre che abbiano accomodato in qualche modo la faccenda frà loro, ma il tenermi all’oscuro come un bambino d’una miseria della vita che mi riguarda direttamente e cosa che umilia non poco ed immeritatamente mi umilia. […] io ho pagato nel 83 più di centomila lire di cambiali…. Se causa di questo silenzio fosse il malo affare degli album fatto dall’Alberto digli che io sono pronto a recederlo e se gli riesce di trastullarmi Danesi qualche poco di tempo io stesso lo pagherei. I miei affari qui di Napoli accennano a mettersi in modo che frà pochi mesi io ritornerò quello che ero quattro o cinque anni fà ed allora pagare anche 12 Danesi e per me cosa di poco momento. Dopo il 15 vado a Morolo per un mese almeno e prima di partire spedirò, a scarico di coscienza, il rimanente degli album all’Alberto. Se fosse sorta frà noi qualche nuvola io ti ricorderei sempre con riconoscenza perché l’80 per 100 dell’arte che possiedo è opera tua e del tuo apostolato! Mandami adunque il programma del monumento a Garibaldi a Milano16, e scrivami che non sei inquieto con me e che questo peccaminoso silenzio è stato prodotto dallo smarrimento di qualche lettera. Ti abbraccio. Ernesto

lettera Napoli 2 7bre 86 Mio caro Vittore Pare che in me sia entrata una certa freddezza a tuo riguardo, pare che non mi riesce più di trovare il modo di scrivere quelle lunghe lettere eccitate che a te piacevano tanto veramente mi sono smollato! Quando tu me lo scrivesti io ci risi e non volli dar fede alle tue parole, ma poi piano piano me ne sono persuaso. La stanchezza, il contatto opprimente dello Schioppa speculatore speculatore speculatore, il dover attendere al meccanismo della ceramica, che non è poi tanto facile come sembra a prima vista, la natura degli affari che estrani alla ceramica che vado trattando in Napoli affari di costruzioni!!! e tante altre cose mi hanno strappato da quell’ambiente artistico dove tu ottimo amico mio, mi avevi posto! Io spero che questo smollamento sia passeggero ma nel caso contrario rinunzio a tutte le cortesie e le premure dello Schioppa alle sue regolarissime 200 lire al mese che mi paga e me ne ritiro a Morolo macari senza le scarpe. Se non avessi i debiti che ho, se non mi trovassi così miseramente incagliato come mi trovo, a quest’ora avrei già fatto questa risoluzione, ma…. Al ritorno del Direttore della Fondiaria dalla Baviera che sarà frà un mese spero di concludere un affare che mi permetterà di realizzare il mio proggetto: prima di partire mi fece sperare molto bene, quel buon signore. Ieri ho ricevuto una lettera di povero Macchiati, ed io non sapendo cosa rispondergli te la mando perché la legga e me ne scrivi in proposito. Io sono stato verso Macchiati, e da diversi anni, quello che tu sei stato verso di me da 16 mesi a questa parte, tu fosti il mio angelo consolatore ad Anversa e le tue lettere puntellavano (termine da costruttore) così bene il mio spirito che tre quarti di ciò che io ho fatto e che sarò capace di fare lo debbo a te. Senza di te io sarei ancora all’abrutimento accademico. Povero Macchiati e di natura timido ingenuo ma nervosissimo di temperamento, cade facilmente nell’esaltazione, io più d’una volta l’ho salvato dal suicidio e l’anno scorso vi feci un viaggio apposito a Roma e lo portai a Morolo, se tu ricordi, e lo liberai da uno di questi eccessi. Vedi un poco se puoi in qualche modo giovarlo, almeno metterlo in buona vista verso i Treves o per qualche pubblicazione estera, egli oltre ai disegni fa anche delle zincotitpie ha dell’ingegno e tu lo sai, e con un poco d’incoraggiamento è capace far miracoli. Non ti dico altro a sua riguardo tu hai troppo cuore per non capire la sua posizione. A mio riguardo poi ti dico solo che non ho potuto più continuare la fabbricazione di pupazzetti di bronzo non li sento da diverso tempo ma quel pupazzetto mi balla sempre dinanzi e lo realizzerò siine certo. Ho mandato ieri fuori la mia Livia ed io spero andarvi tra 15 giorni, intanto scrivendomi indirizza la lettera al Ponte della Maddalena n. 17 fabbrica di Ceramiche Artistiche. Saluta la tua famiglia e ricevi un abbraccio dal tutto tuo Ernesto.

sto anno dallo Schioppa; come due mesi fà una vacca mi uccidesse un cavallo che pochi giorni prima mio padre non volle venduto per L. 500, e per corona a si bello edificio una malattia di ossa a mio padre che lo inchioda al letto da più di un mese e forse dovrà portarla fino alla primavera. Di più il mio fratello che accudisce a tutte le faccende della campagna deve andare il 1° gennaio a fare il coscritto. Aggiungi tutto questo ai miei guaj privati ai miei debiti ecc. …ed applica la conseguenza al mio spirito… Immagina che non sento più niente e quando mi ritorna alla memoria l’arte le tue prediche il tuo entusiasmo il fuoco che sapesti mettere nelle mie vene mi coglie uno sconforto che mi fà disperare. Tutto questo potrebbe essere forse, passata la prima impressione, uno stimolo a fare qualche altro ammazzato come quello d’Anversa, sentito coi nuovi criteri che tu sapesti ispirarmi, ma anche questa speranza mi viene meno giacchè debbo presto ritornare in braccio allo Schioppa che è l’unico spiraglio di lucro che mi è rimasto. Quel tipo mi uccide coi suoi pupazzettacci e colle sue avide speculazioni esercita sù di me un dominio intellettuale affascinante che mi fa diventare un bambino…. e pure debbo andarvi per strappare appena l’esistenza con 200 lire al mese. Di Macchiati sò solo che trovasi in un paesello nei pressi di Roma ma non sò dove. Perelli l’altro giorno in Roma credè darmi una lieta notizia col dirmi che tu minacciavi di venire piantare le tende in Roma e invece tu scrivi che ritorni nel nord! Non sò se fai bene a ritornartene in Olanda ma se ti decidi a farlo ti auguro ogni bene e ti prego di non dimenticarmi benchè lontano, perché il tuo ricordo è un balsamo allo spirito mio. Solo mi dispiace non poterti riabbracciare prima di allontanarti, ma se il Padre Eterno non mi ammazza ci vedremo nell’ottantanove a Parigi17. Vogliami bene te ne prego tienimi informato della tua decisione e ricevi un bacio. Dal tutto tuo Ernesto Per tua norma frà due giorni torno in Napoli dove conto di trattenermi fino alle feste di Natale. Perelli mi promise di mandarmi prestissimo i tuoi articoli spero che questa volta manterrà la promessa. Non mi sono più dato premura di mandare all’Alberto i 15 album ma glie li manderò presto. Ancora un bacio mio ottimo Vittore.

lettera Morolo 4 9bre 86 Mio caro Vittore Credevo d’averti scritto come una grandine avesse rovinato tutto il mio raccolto delle uve e del granturco su certi terreni non nostri ed al quale paghiamo L. 6000 di fitto. Non meno 5000 lire di danni, mentre se ne potevano guadagnare 2000 tanto da permettermi di non ritornare in que-

lettera senza data Mio caro Vittore Avevo pensato scriverti una lunga lettera di scusa per povero Macchiati, ma preferisco mandarti la sua. Io non mi sento più capace di nulla, sono tanto giù che ti farei compassione se potessi trattarmi da vicino. Schioppa mi ha assassinato con i suoi bambocci che ridono, colla sua sordida speculazione! Ho deciso di lasciarlo ad ogni costo, seppure dovessi morire di fame a Morolo io

Ernesto Biondi

cartolina postale Napoli, 20 Xbre 1886 Caro Vittore, Ti rimetto insieme alla tua famiglia i miei auguri per l’anno che viene e possa il Padre Eterno coronare i tuoi desideri. Io me ne vado a passare le feste al paese (ho detto feste per modo d’esprimermi). Ricevi un abbraccio dal tuo Ernesto

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non vi ritornerò. È troppo straziante quel lavoro per me che ho la morte permanente nel cuore. Addio mio buon Vittore ricevi un bacio dal tuo Ernesto. [internamente, sugli stessi fogli, lettera di Serafino Macchiati a Ernesto Biondi] Carissimo Ernesto, sempre la solita jettatura che mi perseguita in ogni luogo. Lasciai Roma il primo settembre, per recarmi qui in Bolsena, sul lago, nella speranza di poter vivere tranquillo in mezzo a queste […], spendere poco e perciò poter studiare sul serio; mia intenzione sarebbe stata recarmi in Cioceria, e in special modo al tuo caro Morolo - dove ci sono tante bellezze - ma il pensiero di doverti per qualche circostanza, che io prevedevo, esserti di peso mi distolse. Però se le mie cose andranno meglio di quello che sino ad ora sono andate è lì che ci rivedremo. Partii da Roma come ti diceva il primo settembre, lasciai il mio nuovo indirizzo al portiere che pare lo abbia smarrito, di modo che soltanto 8 giorni or sono, per una fortuita circostanza, ho potuto avere le tue care cartoline, apportatrici di buona speranza, le carissime lettere di Grubbici, che mi hanno fatto piangere; unitamente a queste una di Guilaumee18, di Parigi dove mi chiede di vedere mie cose per regolarsi nello spedirmi lavoro. Sono trascorsi da quel tempo (7 settembre) 4 mesi di dolori e di sacrificio, ed io non sapeva che vi era chi aveva fatto tanto per me, e che forse mi trattava da ingrato e da scortese per non avere neppure risposto alle carissime proposte. Vi è di peggio - ti ho detto che sono 8 giorni che ho ricevuto le vostre lettere ebbene non vi ho potuto rispondere prima di oggi perché non aveva 20 centesimi per francare la lettera. Puoi immaginare il mio dolore. Dimmi vuoi di più? Si può essere più sventurati? E tutto ciò per causa di Treves e di Ximenes che mi trattano sempre peggio; mi rimandano sempre disegni e per maggior umiliazione sotto fascia come semplici stampe, in modo che mi giungono irriconoscibili, cancellati, sporchi, vi sono delle volte delle tempre che sembrano pezzi di carta dove si fosse strofinato gesso e carbone senza nessuna intenzione. Senza accompagnare da una riga di spiegazione. In 4 mesi che sono qui mi hanno spedito sole L. 50 - queste cifre possono più eloquentemente delle mie parole dirti i sacrifizii e i miei dolori. Via non si pensi che all’avvenire. Grubici mi dice che l’Editore che mi propone è intelligente - spero che mi capirà - […] Che avrà detto di me quell’angiolo d’uomo? Tu mi hai parlato sempre molto caramente di lui - e come uomo e come artista - ma non avrei mai potuto immaginare un così prezioso individuo. È artista, tu mi dicesti e pieno di talento - ne sono persuasissimo; non essere che un grande cuore d’artista chi possa fare ciò che egli ha fatto per me, che neppure conosce. Tu sai che tanti dolori e tanti disinganni mi hanno avvilito, affranto ebbene le parole di quest’uomo mi rinfrancano e mi sostengono come salda promessa. “Tenete duro, non fate concessioni; fate quello che sentite e come lo sentite, chi lo vuole lo paghi, se no lasci” così mi dice: è il motto del forte e del sicuro. Se scrivo col cuore agitato, non vedo l’ora ch’egli riceva le mie scuse e i miei ringraziamenti, mi sembra che la mia lettera mi debba nobilitare, mostrandogli che non fu mia colpa se non risposi alle sue carissime. Se tu gli scrivi digli tu meglio di quello che io possa fare, quanto sia grande per lui il mio affetto e la mia riconoscenza; quanto sia stato grande il dolore di non

avere prima d’oggi potuto rispondere alle sue carissime. Tu sei per me sempre l’ottimo Ernesto a cui non parlo di riconoscenza, troppa te ne debbo già per tutto ciò che hai sempre fatto per me; per il bene che mi vuoi per la stima che hai di me, e che io forse non merito così profondo. Che fai? Quanto desidero baciarti e ringraziarti a voce. Se tu sapessi i dolori e i sacrifici che soffro da qualche tempo a questa parte, tu piangeresti; tu che mi ami come un fratello. Sei sempre alla simpatica Napoli? Lavori? Le cose tue vanno bene? Costantino che fa? La tua signora sta sempre bene, insieme alla tua carissima famiglia? Io lo desidero e lo amo. Saluta caramente tutti. […] 1887 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma X gen 87 Carissimo Vittore Lontano dall’arte, lontano da Vittore. Però vi ritornerò presto e ti farò sbalordire!!! Vado cercando col mio Serafino uno studio dove possa sgravarmi di tutte le fantasticherie che da tre anni vado maturando. A proposito di Serafino, ho visto la sorpresa che ti ha preparato. E qualche cosa di più forte che il S. Francesco e sue sirocchie. Ti abbraccio e mi auguro di vederti in Roma questo inverno. Tutto tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Morolo 12 aprile 1887 Caro Vittore aspetto ancora la risposta di due lettere una di Morolo d’un mese fa e l’altra di Napoli scritta posteriormente. Ti parlavo di Wisselingh, del lavoro di Londra, se credevi opportuno mandare i pastelli a Venezia, e del bronzo che tieni presso di te19. Il bronzo specialmente l’ho restituito a Nelli per il prezzo della fusione più 300 lire per me, ed egli se lo farà venire a Venezia e ne procurerà la vendita per proprio conto. Presto ti farò tenere le fotografie di questi nuovi bronzi che vado facendo, sono sicuro che ti piaceranno per finezza e novità, hanno già incominciato la loro sfilata ed in meno di 15 giorni ne abbiamo venduti due - La mala Jurnata - ed i Racconti orientali -. Tu ne farai la scelta ed io te ne manderò per la permanente di Milano, e se hai circostanza anche per l’estero. I nostri bronzi non sono per ora inferiori a quelli dell’Abruzzese, ma presto verranno in modo che nessuno potrà farli così e nessuno, facendoli, potrà produrne delle centinaja come ne produco io colle nuove forme. Rispondi presto e dammi tue notizie Stiamo preparando con Nelli 300 bronzi per Melbourne e Barcellona. Saluti cartolina postale, indirizzata a Milano Frosinone 19 aprile 87 Mi trovo in Frosinone per un certo lavoro che alcuni canonici vogliono donare al Papa20 per una non sò quale ricorrenza di Giubileo, ed io fedele al battesimo che ricevei quando non capivo niente glie lo faccio e chi sà che Diavolo metterò fuori. Il Pontefice. - L’eresia schiacciata - La terra - Il cielo - Il leone di Giuda colle ali spiegate et similia… Ho ricevuto qui la tua carissima e Dio sà se ti rivedo con pia-

Ernesto Biondi

cere e se sento il bisogno d’una lunga chiacchierata con te ma pensa di farmelo conoscere qualche giorno prima per aver campo di sbarazzarmi d’alcune faccenduole e essere libero. Per tua norma io frà un pajo di giorni vado in Roma dove facilmente starò una diecina di giorni ma in questo frattempo debbo andare dal vescovo di Velletri (tutto il risveglio cattolico è nelle mie mani). Tu però puoi indirizzare la tua lettera o telegramma o la tua bella e grossa persona in via dei Serpenti n. 82 p. 3 Roma presso il mio buon Carboni, che egli avrà modo se non sono in Roma telegrafarmi e farmi venire prestissimo, o anche scrivere in Morolo. Avvertirò anche Macchiati della tua venuta egli volerà in Roma. Ricevi un bacio dal tuo Ernesto Morolo 11 mag 87 Mio caro Vittore Ho atteso invano per diversi giorni la tua venuta in Roma. Se tu sei a Venezia spero venirti a trovare non appena mi sarà dato disporre di qualche centinajo di lire che non sarà lontano, ma mi dicono che non ne valga la pena, se tu me ne facessi un cenno te ne sarei gratissimo21. Ricevei da Wisselingh una tratta di L. 288 che la scontai tre giorni fà dal banchiere Spada Flamini in Roma. Non ti ho più risposto a proposito del bronzo perché Nelli pare abbia incontrato delle difficoltà imprevviste per esporlo in Venezia dopo l’inaugurazione perciò resta ancora a mia disposizione. Frà qualche giorno verrà da te Carlo Gonnelli giornalista, quel tipo che m’imbrogliò gli albums del Ministero del quale te ne scrissi l’anno scorso. Egli và a Londra, dove tiene dei parenti, a fare una esposizione e vendita di molti quadri e qualche bronzo, e siccome sà che io tengo un camello a Milano me lo ha chiesto per portarlo seco, offrendomi per garanzia persona in Roma a me cognita ed abbastanza solvibile. Io gli feci osservare che il bronzo era depositato a Milano presso persona come garanzia d’un mio effetto di L. 500 - scadibile il 20 giugno, perciò se credeva prenderselo doveva sborsare questa somma. Egli ha accettato il proggetto ed io domani gli scriverò una lettera per te. Tu naturalmente, non devi sapere nulla delle nostre questioni e specialmente dell’imbroglio degli albums del Ministero, ma trattare l’affare del bronzo colla tua solita serietà. Per tua norma io ti ho rappresentato a Gonnelli come amico carissimo, che dietro mia preghiera trovasti persona che mi prestasse L. 500 tenendosi in garanzia il bronzo, perciò quando ti si presenterà tu gli dirai che la cambiale è stata negoziata dalla persona che l’accettò; ed egli si contenterà come siamo rimasti d’accordo, d’una ricevuta delle L. 500. Io non credo che tu sii ancora diventato ricco, perciò ti prego caldamente di prenderti, senza complimenti, parte di questo denaro, perché io non mi trovo presentemente strozzato, come lo scorso inverno, che Dio ne liberi d’una seconda edizione. Nelli ha portato a Venezia soltanto quattro o cinque bambocci mal riusciti delle prime prove che facemmo l’anno scorso, non avendo pronti gli ultimi fusi dei quali spero presto mandarti le fotografie. Ti scrissi altra volta se era possibile pescare qualche cosa da quel tale di London che prese l’Antigono. Se ti volessi servire di Gonnelli che và sul posto per sapere come la pensa credi che sarebbe male? In caso affermativo potresti fargli una lettera da consegnarsi a mano ma concepita in modo che il denaro dovrebbe venire in mano tua perché Gonnel-

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li è qualche cosa di pericoloso. Rispondi a Morolo e ti saluto insieme alla famiglia. Tutto tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Morolo 23 mag 87 Mio caro Vittore Tu hai ragione, ma cosa vuoi che faccia? L’entusiasmo è sordo alle chiamate e non si compera coi denari se ritorna farò l’arte. Giacchè il bronzo è a Venezia22 credo che non si possa più trattare la combinazione di Gonnelli. Forse andrà per la meglio… Fagli capire l’incidente, digli che la cambiale la ritirasti tu e sborzasti le lire 500 per farmi un favore e lo hai mandato a Venezia colla speranza di venderlo ecc… Se poi oltre alle L. 500 se la sentisse di sborzare le spese per farlo ritornare indietro credo che non sarebbe difficile farlo, ma fagli depositare il denaro. Pel rimanente mi ha offerto in Roma una garanzia buona come ti scrissi altra volta. Ti saluto e spero scriverti a lungo. Se l’entusiasmo ritorna altrimenti non mi farò più vivo. Ti bacia il tuo Ernesto lettera Morolo 1 agosto 1887 Mio caro Vittore Benchè la tua lettera non contenesse notizie liete per me posso assicurarti che è stato un balsamo pel mio spirito tanto abbattuto, mi ha richiamato alla memoria tanti belli momenti passati ad Anversa in tua compagnia, il nostro incontro il mio entusiasmo per te, le tue premure per me che non si cancelleranno giammai dal mio cuore, e quando mi facevi da confortatore, e le tue escursioni in campagna, e i miei almanacchi che tu con quel sorriso simpatico e bonario disfacevi in un istante, e le tue traversate di notte all’Esco e le cene consumate in quelle osteriole ed i ritornelli nell’estaminet, e quel tipo di Liberati, ed i miei ed i tuoi progetti e la tua castità e le tue teorie artistiche confrontate colla mia passione per Plutarco Strabone Polibio e simili nojosi: tutto mi ha richiamato alla memoria e mi ha fatto passare delle ore veramente deliziose, a dispetto dei guai che si accumulano ogni giorno più sulle spalle di questo povero Bamboccione. A proposito dei tuoi toni [sottolineato 5 volte] io ne vado già sperimentando i vantaggi, il mio paese i miei paesani che prima, ripiena la testa di Titi Livi e di Omeri non degnavo neppure d’uno sguardo, ora mi fanno un’effetto tutto nuovo originale vergine, che se non mi viene meno l’entusiasmo, e se tu non mi abbandoni spero frà pochi mesi esporre dei lavori che non saranno secondi a quelli di Michetti. Ho incominciato una serie di effetti di sole che penso di pubblicare subito dopo l’album d’Anversa, saranno tipi di ragazzi giovani vecchi donne che s’incontrano tanto spesso in Ciocieria che trattati con una certa sicurezza riusciranno qualche cosa di originalissimo e di selvaggio, da incontrare il tuo favore, ed il tuo favore per me vuol dire la buona riuscita del lavoro. Ti rimetto altre 3 prove che oggi stesso ho ricevuto da Danesi, dimmi sinceramente cosa ne pensi perché io non vado in Roma senza prima ricevere tua lettera. Parlane a quei tipi della lotteria se volessero acquistarne un certo numero di copie, ora che vedono le riproduzioni potrebbero forse riceverne una buona impressione, regolati tu

e fammi conoscere qualche cosa. Non ho scritto ancora una lettera di ringraziamento alla tua famiglia, mi riservo di scrivere quando potrò mandarle un album completo. La posta parte ti bacio in fretta Ernesto Rispondimi presto. Inviami subito a Roma la presente lettera allo strozzino Sereni e stà attento che dovrebbe venirmi la risposta mandamela in Morolo. 1888 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 1 marzo 1888 Mio caro Vittore Quando seppi che tu dovevi venire in Roma a passare qualche giorno in nostra compagnia ti pregai di portare con te i due bronzi - l’inverno - e le capre - 23 che non sono di mia proprietà ma di Alessandro Nelli. Non potendo tu più venire per ora ti prego caldamente di spedirgli in modo che possano stare qui prima del giorno 17 del corrente dovendo Nelli stesso spedirli a London24 in compagnia di altri bambocci. Ti saluto nell’ansietà di vederti al più presto in Roma. Accennami la spesa che incontri Tutto tuo Ernesto Fonderia Nelli via Luciano Manara cartolina postale indirizzata a Milano Roma 28 8 88 Nei tuoi 18 anni di vita artistica e colle 15000 opere d’arte che hai avuto campo di osservare in questi ultimi mesi, ti sei mai incontrato con un gruppo di nove figure grandi al vero25? È il delirio che mi ha preso da due mesi a questa parte ed il lavoro continua con un alacrità feroce! È buono che te ne parli, o è meglio che rimanga vergine? Ricevi un bacione mio ottimo mio splendido Vittore Ernesto Roma 28 agosto 88 P. S. Ho letto jeri un tuo scritto sui vini a London te ne faccio i miei complimenti!!…26 Stai cambiando religione forse? cartolina postale indirizzata a Milano Roma 9 8bre 88 Carissimo Vittore Ora che non ho più Serafino che mi dà tue notizie sarei molto contento d’averle direttamente. Ti scrissi d’un gruppo di nove figure grandi al vero che stò modellando. Come sarei contento se tu potessi vederlo prima che m’inoltri di più nel lavoro! Se venissi per le feste dell’Imperatore quali ore deliziose mi faresti passare! Avrei a tua disposizione una camera in via del Quirinale dove dalla finestra potresti vedere questo tipo della Germania che sente il bisogno di venire a mettere tanto rumore in nostra casa, e questi tipi d’italiani che sentono la necessità di commoversene tanto. Ti abbraccio e se devi rispondere l’indirizzo è in via Luciano Manara stabilimento Nelli. Ernesto I miei complimenti a tutta la tua famiglia-

Ernesto Biondi

cartolina postale indirizzata a Milano Morolo 24 Xbre 88 Senti carissimo Vittore io ho assoluto bisogno che tu veda il lavoro prima che io lo consegni al formatore, perciò è necessario che ti decida a venire in Roma frà tre mesi al più lungo. Se tu non vieni sarò costretto a fare un guajo… truffare qualche mezzo milione, o ammazzare qualcuno e metterti frà i testimoni incaricati a sostenere che sono un galantuomo e farti venire coi gendarmi… Mi ha fatto molto piacere rivedere i tuoi caratteri dopo tanto tempo e te ne ringrazio tanto tanto. Ti auguro ogni bene insieme alla tua famiglia, in specie all’ottima mamma, che immagino avrà pitturato in questi ultimi giorni, dei bambini, per le strenne alle sue amiche. Tutto tuo Ernesto Morolo 24 Xbre 88 1889 cartolina postale indirizzata a Milano Roma 6 gennaio 89 Mio caro Vittore Ho ricevuto qui in Roma la tua interessante lettera indirizzata a Morolo. Mi ha fatto una splendida impressione, ma mi riservo di risponderti frà un paio di giorni, allorchè vi avrò pensato sù con un poco di calma. Se dovessi scriverti questa sera dovrei parlarti più colla fantasia, che colla ragione; Ti abbraccio e saluta la tua famiglia Tutto tuo Ernesto lettera Roma 8 gennaio 1889 Mio caro Vittore Ho riletto con calma la tua lettera e te ne rispondo in proposito. Il progetto d’andare in America mi piace e per la fiducia che ho a te partirei domani stesso, ma tu sai il lavoro che ho per le mani sul quale vado mettendo tutta l’anima mia. I Saturnali - questa sfilata di sacerdoti meretrici gladiatori ecc. … rappresentano tutta la mia forza intellettuale (se ne ho) ma artisti non sospetti che l’hanno già visto, vi hanno trovato dentro un movimento ed un fremito di vita sorprendente. Per terminare il modello di questo lavoro ci vogliono non meno di tre mesi, e se a te piace e decido di fonderlo in bronzo ci vogliono altri tre mesi per preparare le cere. Per cui non potrei partire prima di 6 o sette mesi altri. Oltre all’impegno morale di terminare il lavoro ho anche un contratto stipulato con Alessandro Nelli che mi fornisce i mezzi non indifferenti per andare innanzi col modello e di fonderlo in bronzo azzardando 25000 lire circa. Del resto a te non è difficile trovare il modo di conciliare questo ritardo colla partenza per l’America. Circa le condizioni poi non ne parlo affatto conoscendo la tua onestà e quanto tu mi vuoi bene. Solo ti avverto che se credessi cosa opportuna mandare a tuo fratello una fotografia grande del gruppo i Saturnali potrei frà una ventina di giorni farla fare e mandartela. Ti saluto e mi riservo di ringraziarti a voce del pensiero che hai avuto per me. Tutto tuo Ernesto.

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lettera [sul retro della foto di un particolare de I Saturnali] 29 Xbre 89 Ah birbone anche di queste sorprese? Venti pezzi in una sola infornata! E mandare a Serafino l’Italia come se Ernesto non esistesse, o come se Serafino fosse tanto caldo quanto Ernesto, via certe cose non vanno… Me ne rallegro però ed immensamente, ma me ne facessi avere almeno un ricordo! Il cielo conservi te e la tua famiglia. Tutto tuo Ernesto 1890 cartolina postale indirizzata a Milano 19 feb 90 Roma, Via Luciano Manara 43 Carissimo Vittore Avrei pronti due gruppetti in bronzo che non sono molto brutti - I beoni - ed i Tamburini - se gli mandassi alla promotrice di Milano vi sarebbe una qualche probabilità di vendita? Potresti fare qualche cosa per me? Il mio gruppo va innanzi molto lentamente per la ristrettezza dei mezzi, intanto vado preparando qualche cosa per l’esposizione di maggio qui a Roma che pare vogliono darle una certa importanza e tu non esponi? Ricevi intanto un bacione dal tuo Ernesto e saluti alla tua famiglia. cartolina postale indirizzata a Milano 1 marzo 90 Mio caro Vittore Sono ancora al letto con una gamba fasciata, caddi l’altra mattina allo studio e tornai a casa in carrozza come se avessi vinto un terno al lotto! Fremo per vedere i tuoi lavori all’Arte Libertas27 spero andarvi in settimana. Sartorio me ne ha parlato bene ma gli ha trovati fiacchi di fattura. Si spiega però il suo apprezzamento, egli ha dipinto i figli di Caino che tu hai visto a Parigi. Ti saluto caramente, Ernesto [su foglietto, inizio marzo 1890] Io sto liquitando i conti con Alessandro Nelli, e per costringerlo a risolversi di continuare o a sfasciare il contratto gli ho fatto credere che me ne sarei andato in America facendomi forte della lettera che tu mi scrivesti. perciò avrei bisogno che mi spedissi a posta corrente una cartolina - via Luciano Manara n. 43. di questo tenore Caro Ernesto Biondi Vado sistemando le cose in modo che la nota partenza possa effettuarsi nella prima quindicina di giugno. Vi saluto e presto riceverete una lunga lettera. Vostro Vittore Grubici [sulla busta della lettera precedente, a matita] [timbro postale: Roma 7/3/90] Sartorio è tornato ci siamo incontrati per la salita del Tritone ti saluta tanto e ti ringrazia, abbiamo parlato di te mangiando 3 portogalli della campagna romana - ne ha piene le tasche questo tipo…

lettera Roma 15 marzo 90 Caro Vittore Fare della scoltura viva giovane colorita, della gente che ride che parla, che cammina, fare un’opera unica e sola nella storia dell’arte, che ne i greci, ne i Romani, e molto meno i moderni l’hanno mai tentata, dare un’addio alla scultura, che non si presta a vendere tuttavia che mi bolle nel cuore, e dedicarmi interamente alla pittura… Questo è lo scopo del gruppo che tu duri fatica a concepire circa il modo di collocarlo che per me è stata una cosa secondaria è presto detto. Se riesco a finirlo come lo sento dovrà essere un’opera d’arte di primissimo ordine, ed allora debbono comperarlo per la Galleria Nazionale, se non sono dei vili, o debbono acquistarlo alla casa reale, se non vogliono mostrarsi quello che veramente sono, dei cretini, o alla disperata vi è sempre un museo estero, una sala d’inverno, un teatro: abbiamo visto pagare mezzo milione dei quadri, non è difficile che spendino un pajo di centinaja di mila lire per un gruppo in bronzo di 9 figure grandi al vero, solo nel mondo. Un lavoro di questi quando fosse bene presentato potrebbe fare la fortuna dell’artista, ma, io non lo desidero mica ardentemente questa fortuna, vorrei possedere un milione per la sola voluttà di spenderlo in un mese, e del resto mi contenterei del necessario per terminare il gruppo ed andarmene alla montagna a fare il Dies Irae. Una rivolta di contadini un quadro profetico fortissimo, forte come le profezie d’Isaja di Geremia di Baruch di Daniele; dovrebbe essere la miccia d’una sanguinosa rivoluzione che si accenderà fra i selvaggi affamati della mia Cioceria, e come il gruppo ci presenterà l’ultimo periodo della corruzione antica, il quadro dovrebbe mostrarci i vendicatori dell’avarizia e dell’egoismo moderno. Tu così buono così tollerante riderai a questa sparata… ma io ci tengo molto a quelle cianfrusaglie che chiamano il concetto filosofico dell’arte: lo scopo principale è di fare della gente che vive che palpita che sospira; e far girare il mondo a questi lavori, se è difficile trovare un tipo che spenda delle migliaja di lire per avere in casa questi due demoni, e facile trovare molte migliaja di persone, che spendono una lira per vederli quando fossero bene presentati. Pel matrimonio spagnolo di Villegas, un quadro un terzo al vero, d’una importanza artistica molto discutibile, pure quel mago di Cupil trovò a Parigi circa 10000 persone che ebbero il coraggio di togliersi cinque franchi dalla tasca per vederlo, e frà questi un pazzo d’americano che lo comperò per centotrentamila lire! Villegas ne incassò solo 50 000, ma mi assicura che lo avrebbe rilasciato anche per 15 000. I miei lavori poi se avrò la buona ventura di condurli a termine, e condurli come gli sento, oltre all’importanza artistica potrebbero suscitare delle polemiche anche nel mondo politico (quando fossero bene presentati) e forse il Dies Irae esser proscritto da qualche stato e questo vorrebbe dire semplicemente la fortuna dell’artista. Riprendo dopo parecchi giorni la chiacchierata e la termino ad ogni costo. Capisco che tutto quello che ti ho detto di sopra possono essere dei sogni ma se mi regge la fibbra in due o tre anni e poche migliaja di lire, i sogni di oggi potranno diventare un fatto compiuto. Circa l’andata in America, quando tutto fosse chiuso vi andrei, ma contento come alla forca se prima non ho terminato il gruppo.

Ernesto Biondi

Il tuo quadretto mi piace moltissimo mi pare che dovrebbe essere una bella cosa quei quattro gelsi valgono un Perù. I miei lavori invece sono stati rifiutati dall’Esposizione di Roma da Monteverde da Ferrari e da Chiaradia28. È la prima volta che mi avviene da più di dieci anni che espongo questi tipi se la sentono dietro le spalle la mia scultura e mi vanno facendo una guerra vergognosa. Tu conosci le cose scadenti che ho fatto pel passato eppure non le hanno mai rifiutate a nessuna esposizione e questo anno il Giurì che conosce il gruppo mi ha rifiutato tre teste, e se vedessi che porcate vi sono esposte!! Ti saluto Tutto tuo Ernesto lettera [sul retro della fotografia che riproduce I Saturnali e un altro piccolo modello, testina femminile] 25 marzo 90 Caro Vittore Se è vero che io posseggo tanto vapore perché non pensi tu ad incanalarlo ai stantuffi dell’elica? Sarei docile sai… docile come una femminetta innamorata, e buono come il bacio d’una bambina! Altrimenti vado a finire in galera, non fù mica uno scherzo quello che ti scrissi l’altro giorno… lo sento… sento la catena che mi chiama… se non mi riesce a trovare i quattrini per terminare il gruppo difficilmente potrò frenare quell’istinto che mi ha sempre bruciato nelle vene e che in questi ultimi tempi ha preso delle proporzioni allarmanti! Ti assicuro però che non saranno degli innocenti i morituri….. Io non ti consiglierei di mandare all’esposizione di maggio se tu nutrissi la speranza di vendere, perché qui come dapertutto, credo, sono i quattro soliti farabutti che venderanno, ma circa il posto penserei io a fartelo collocare bene i tuoi quadretti, e mi piacerebbe che tu riesponessi in Roma dopo appena due mesi. Ho letto l’articolo della Riforma e certo sarebbe una bella cosa se il tuo sogno potesse effettuarsi. In pochi anni i sfruttatori, i cavadenti dell’arte non esisterebbero più, ed allora quegli imbecilli della corte, quelle canaglie del Governo quegli ignoranti di quattrinai si risolverebbero una buona volta d’occuparsi dei veri artisti, ed io mi risparmierei d’andare in galera. Però una difficoltà molto seria incontrerebbe l’attuazione del tuo progetto e per superarla non vi sarebbe altro che innalzare una forca nell’atrio del tempio dell’arte per appiccar tutti coloro che esaurita la piccola o grande raccolta di fosforo continuassero a sporcar la tela od a partorire dei mostri di marmo o di bronzo. Monteverde p. e. non è mai stato gran cosa, ma quel poco che era si è spento da più di dieci anni, ebbene la casa reale, il governo i municipi lo riempiono di commissioni, fabbrica i villini riceve come un monarca e lascerà ricchi i suoi figli cretini. Ferrari si spense col compagno di Spartaco nel 80, ed anche questo fabbrica case è pieno di commissioni, tiene il monopolio di tutti i monumenti ed ingrassa coi quattrini del governo e della Massoneria. Cammarano si spense colla carica di bersaglieri e da 20 anni circa vende al governo ed ora trovasi in Africa a sporcare una quarantina di metri di tela per conto di quel testa di cazzo del Re. Jacovacci fece lo sforzo di Vittoria Colonna e benchè avesse rubato quel quadro al povero Faruffino pure passò per opera d’arte, e fù comperato dal governo, anche questo da quel tempo non ha fatto che fornicazioni vergognose, ma ciò non gli ha tolto il favore dei governanti ed ora stà dipingendo per conto del Re la Scoperta dell’America, un quadro da pi-

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sciarsi sotto dalle risa e così Maccagnani, e così Rosa che non ha fatto altro dopo i fratelli Cairoli, e non credo che faccia una buona cosa col cavallo di Milano, e tanti altri che tu saprai numerare meglio di me, come Desantis, Carnevali che già tre quadri gli ha comperato il governo e la casa reale, e tutti vivono splenditamente e sono ricolmi d’onori e di protezioni, e questi ultimi poi non sono mai stati niente. Sacrificare alla Dea Arte tutti questi professori ed appicarne le carogne all’atrio del tempio credi tu che non sia indispensabile per l’attuazione del tuo progetto? E che quadro se ne potrebbe fare ora che ci penso! Occupati adunque di compilare lo statuto dell’associazione ed io m’incaricherò di cucinare queste brave persone come tu hai il coraggio di chiamarle. Addio Tutto tuo Ernesto lettera senza data [scritta a matita in alto a destra: 1890] Mio caro Vittore Alessandro Nelli fa ancora il pesce in barile ed io ho bisogno che si risolva una buona volta a stare al contratto o a sciogliermi. Mi è necessaria adunque ancora la tua assistenza e perciò dovresti scrivermi non più tardi di domenica una lettera su questo tono Nell’ultima vostra lunga lettera mi pare di scorgervi una certa freddezza circa la partenza per l’America, manca quell’entusiasmo che informa tutte le vostre azioni buone e … cattive. Io voglio credere che ciò dipenda da una dello solite rilassatezze alle quali andiamo tutti soggetti, e gli artisti più di tutti, ma nel caso vi foste pentito regolatevi che avete firmato un contratto, che avete già preso del denaro in conto, e che io ho già scritto a mio fratello in America due lettere, prendendo tutti gli accordi necessari, e che vado disponendo le cose perché la partenza possa effettuarsi o il 14, o il primo successivo. Del resto vi esorto a stare tranquillo circa le notizie non molto rassicuranti che giungono dal Anili [?], che seppure non fossero delle esagerazioni, come lo sono sicuramente, a noi non fa caldo ne freddo, giacchè andiamo ad affar fatto. Il lavoro di cui vi ho tenuto più volte parola trovasi nelle mani del mio fratello e non può sfuggirci ecc…. Nel trascriverla dagli una dettatura un poco commerciale, e dimmi che le successive lettere me le indirizzerai a Morolo come è mio desiderio…. Non ti scrivo nulla a mio riguardo, sono molto giù da parecchi giorni. Ti auguro ogni bene Tutto tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 12 giugno 90 Trascrivi e manda cartolina in via Luciano Manara 43 Le vostre lettere sibilline di questi ultimi giorni fanno decisamente a pugni con quella franchezza che ho sempre riconosciuto in Voi e non corrispondono punto alle mie premure! Ritornate adunque il Biondi d’una volta e scrivetemi in lettere grosse, ed in caratteri chiari cosa intendete di fare della molto seriamente concordata partenza per l’America e per la quale ho già tutto disposto ecc….. Addio amico sono nell’amarezza non ti dico altro. Tutto tuo Ernesto

cartolina postale, indirizzata a Milano 25 agosto 1890 Chi muore muore chi campa campa. Tu non ti fai più vivo mio Vittore dolcissimo!!! Io me ne sto quassù frà i faggi ad un migliajo di metri d’altezza a studiare l’ambiente pel mio Dies Irae. Sto bene sai, sono forte come le rocce che mi ospitano e… sono anche bello. Non mi mancano che i quattrini… Trovami tu una mezza dozzina di carte da 1000 lire per terminare il gruppo e fare il Dies irae. Ne restituisco a quel porco di signore 20 000 e per giunta appiccherò la sua testa nel mio quadro, e ne farò un capolavoro. Addio Tuo Ernesto Indirizzo - Roma Segni per Gorga. lettera [Segni per Gorga, 16 7bre 1890] Caro Vittore La tua lettera mi ha turbato le ultime settimane settimane che passerò sulla montagna. Vorrei poterti scrivere una lettera a modo mio ma, tu dici bene, è la sorte umana, basata sull’ingiustizia. Io me ne stò quassù a costruire una fontana, quasi per le spese, ma con tutto questo viene una cosa molto originale. Ho dimenticato tutto da tre mesi, vivo spensierato e relativamente allegro con questi vergini montanari, solo non posso ricordare il gruppo senza fremere. Per fortuna si regge ancora. Del resto anche immerso nell’amarezza fino agli occhi tu devi darmi tue notizie, macari cattive ma devi darmele, mi farebbe peggio stare all’oscuro. Macchiati non stà molto male ma io l’ho abbandonato da parecchio tempo, mi sono persuaso, forse un poco tardi, che egli ha cuore cattivo. È eccessivamente calcolatore quel tipo! Troppo troppo calcolatore! Quando tu cessasti di fargli da padre e a me mancarono i mezzi per continuare a fargli da fratello si allontanò e naturalmente non si fece vivo neanche con te… è molto semplice la cosa… Chiudo subito, non mi sento bene oggi, ho giramenti di testa. Fatti coraggio amico del cuore e ricevi un abbraccio dal tuo Segni per Gorga 16 7bre 90 Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Morolo 28 Xbre 1890 Caro Vittore Buon anno; ma tu non ti fai più vivo = Mondo birbone = Dammi qualche notizia qualunque essa sia… Io me ne stò qui a Morolo ho fatto un gruppetto di porci, ma presto spero tornare in Roma e tentare di rimettermi al gruppo, che dorme da più d’un anno. vedremo. Intanto ti saluto e porgi i miei felici auguri alla tua famiglia e specialmente la mamma che ricordo così bene, che le potrei fare il ritratto. Tutto tuo Ernesto

Ernesto Biondi

1891 [lettera di Alberto Grubicy a Ernesto Biondi] Milano 25/1/91 Egregio Sig. Biondi Rispondo alla preziosa sua che riconosco perfettamente giusta le sue ragioni e non le faccio alcun carico dell’essermi rimasto in corpo l’edizione dell’Album del nord poiché ne attribuisco non a Lei la causa sibbene al paese in cui viviamo e dove niente di artistico trova collocamento. Non insisto quindi oltre sulla menzione dei 15 album che mio fratello m’avea conteggiati a L. 18 perché a tal prezzo furono venduti in certo qual modo per mio conto, essendomi stato fatto un preventivo d’utile per farmeli acquistare (ma quelli figurano appunto queste […]), l’unico poi recuperato di tutta l’Edizione. Accetto di scegliere un disegno a pareggio dei miei conti e ci tengo ch’Ella mi rilasci la dichiarazione d’avermi ceduto la proprietà artistica di dette sue riproduzioni onde almeno non trovarmi magari di fronte al Danesi che vendesse gli albums per suo conto, dopo che io feci i pensieri della tiratura. Mi permetto rammentarle ch’io intervenni nell’affare quando la pubblicazione era già fatta ed a sollievo delle spese ch’Ella avrebbe dovuto sostenere in mia vece e non già come ordinatore della commissione. In attesa di questa per riscontro mi creda suo A Grubicy [Sul retro, di mano di E. Biondi, indirizzata a Vittore] Per cedere all’Alberto la proprietà artistica bisognerebbe che io gli donassi i disegni. Se mi riuscisse come penso di aggiungervi a questi degli altri e farne un bello studio ed una buona raccolta, e se poi trovassi un pazzo che volesse metterli in giro, come mi troverei io di fronte a tuo fratello? Come debbo regolarmi? Io sono anche pronto se a te piace di rinunciare all’idea della raccolta, oppure potrei fargli una dichiarazione che =non mi permetterò di pubblicare i dieci disegni dell’Album del Nord né permetterò di farlo a Danesi, ma se un giorno potessi completarlo e farne una pubblicazione ricca e seria egli mi ricederà la proprietà artistica dietro compenso di L. …… pochine!! Dillo tu quanto debbo offrirgli. Non leggo la Riforma - ma se vi è qualche cosa di tuo prenditi il fastidio di mandarmela - sono due settimane che non mi viene la Cronaca d’Arte, fammela spedire. Hai esposto all’Arte Libertas? Andrò una di queste mattine a visitare l’esposizione. Un bacione dal tuo Ernesto Un telegramma di questa mattina mi annunzia la vendita dei Porci a Palermo. Poche lire, ma Manna nel deserto! cartolina postale, indirizzata a Milano [timbro postale: 9/2/1892] Ho ricevuto la Cronaca d’Arte e questo mi fa credere che ti sia pervenuta la lettera dell’Alberto che ti respinsi in modo da truffare al governo il francobollo, ma come è che non mi scrivi come debbo regolarmi circa la restituzione dei pastelli? Saluti dal tuo Ernesto Roma 24 feb 91 Via Luciano Manara 43 Mio caro Vittore Non lavoro sul gruppo, forse lo riprenderò presto, forse tardi, certo che ad ogni costo debbo riprenderlo e finirlo, e

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farne una cosa d’arte. Vado trattando un pajo di fontane per la Cioceria, il selciato d’una piazza, un lavatojo, delle fogne ecc… lavori che me ne forniranno i mezzi. Volevo scriverti l’altro giorno e rallegrarmi con te della demolizione che hai fatto dell’Idolo francese sulla - Cronaca d’Arte29 - lessi anche i pensieri di Segantini freschi semplici veri. Mi piace quel giornale vi è un bel profumo d’arte la dentro e come potrò disporre di 7 lire prenderò l’abbonamento. Di brutto non vi ho trovato che il = Calcio dell’Asino = in difesa di F. Crispi, che compera le ville a Posillipo le fattorie a Palermo coi quattrini dei contribuenti… Quello è un ladro ed un ladro volgare, e l’articolaro della Cronaca, se non è un cretino è certo una coscenza venduta. L’anima grande l’ha solo l’artista vero, ed un poco coloro che s’interessano dell’arte. Andrò all’Arte Libertas e ti servirò spero trovare un pajo d’ore d’entusiasmo, in questi giorni sono fiacco molto fiacco, questa lettera può fartene testimonianza. Ieri alle 4 ebbi occasione di mostrare il gruppo alla Regina, mi fece molti complimenti col solito frasario e se ne andò. Comprenderai che io non ci tengo alle visite di questa gente confiata dalla stampa servile pagata coi nostri quattrini, ma dovrebbe venire uno di questi giorni il Ministro dell’Istruzione Pasquale Villari, che è molto bene disposto a mio riguardo, perciò un tuo articoletto fatto come sai farlo tu e pubblicato sulla Riforma30 potrebbe farmi del vantaggio anzi me lo farebbe di positivo, se tu cogliendo l’occasione della visita della graziosa sovrana ed intelligentissima, al mio studio t’intrattenessi a parlare dell’artista più che del lavoro. Fanne una macchietta simpatica, un ricordo grazioso dell’esposizione d’Anversa della nostra conoscenza…31 Oltre a questo mi gioverebbe anche per risolvere le due fontane per Montelanico e Sgurgola l’esecuzione delle quali dipende dalla Prefettura di Roma, un articoletto che parlasse di me mi metterebbe un poco al posto e mi procurerebbe dei riguardi. Sono brutte queste cose lo capisco, ma io debbo terminare il gruppo e fare subito il Dies Irae ho bisogno di protezioni e …denaro. Se si trattasse anche di sacrificare qualche lira per l’inserzione la spenderei volentieri. Basta pensaci e scrivamene in proposito ma se si deve fare, è necessario si faccia presto. Nel caso non si potesse colla riforma avendo l’articolo potrei forse farlo pubblicare sul Diritto o sulla Tribuna. Ti saluto e saluta tanto tanto i buoni di tua famiglia. Tuo Ernesto Roma 24 feb. 91 v. Luciano Manara 43 cartolina postale, indirizzata a Milano [timbro postale: 29 marzo 91] Son forte e sano come una montagna - lavoro come un demonio in questi giorni…. Rivedo con piacere la tua foresta e la terrò carissima. Buona Pasqua amico del cuore Tuo Ernesto lettera Roma 10 aprile 91 Mio caro Vittore La tua lettera mi fece perdere un poco l’equilibrio, ed io ho voluto aspettare qualche giorno prima di risponderti, tan-

to per aver campo di ripensarci sopra. Seguirò la tua traccia, se mi riesce di tenermi in riga. Tieni duro adunque e stammi a sentire… tu pure. Per me la pittura è scultura, la scultura è pittura, e tutte e due queste cose debbono essere musica, e più un’opera possiede queste tre qualità riunite e più entra nel campo della grande arte, dell’arte completa. Ora non capisco come tu possa chiamare sbagliato il concetto del mio gruppo solo perché lo trovi - eminentemente pittorico - Neanche capisco come tu senta la necessità di vederci il fondo per accorgerti d’essere dinanzi ad una scena dei Saturnali. L’angelus di Millet è una delle poche cose che m’impressionano, appunto perché è eminentemente scultorio quel quadro, e non è il fondo che produce in me quell’effetto, ma sono quelle due statue diritte e mute una incontro l’altra, tanto che se invece di quella linea di paese, mi ci mettessi dietro una baracca di burattini, purchè questi non turbano le linee delle due figure, scommetto che resterei inchiodato lo stesso, dinanzi a quel lavoro. Non è una scultura il S. Antonio di Morelli? Sono forse quelle apparizioni di donne che impressionano in quel quadro e non è una pittura il proximus tuus d’Achille d’Orsi? Non vedi tu forse la lunga distesa di terreno che egli ha vangato quel contadino? eppure l’artista te ne ha presentati solo 50 centimetri quadrati…. è quel petto affannato che te lo lascia vedere… Molto meno capisco come tu chiami colossali delle figure grandi al vero - precisamente grandi al vero - la scultura più piccola del vero non so spiegarla, ma grande al vero sì, l’illusione rimane giusta amico mio, e giusta e completa è l’illusione di questo gruppo (almeno così lo sento anche dopo tre anni) e per renderla più sana, metterò il gruppo in terra e farò camminare le figure tra bastoni di peperino che ruberò qui in Roma nell’antica via trionfale. Tornando al fondo a me pare che legando al gruppo il tuo alto e basso rilievo acquisterebbe d’importanza il lavoro e di mole, diventerebbe più scultura ma meno arte, quell’arte che scaturisce di getto dal cuore e dalla quale si può ricostruire il temperamento, l’indole, e le passioni dell’artista. Io sarei costretto a fare una composizione prospettica la dietro con figure lontane piccole piatte e naturalmente false, illusione in questo caso sarebbe perduta oltre a perdere il solletico di vedere il lavoro ai fianchi e di dietro che fa molto meglio che dinanzi. Circa il numero, io ne ho fatte 9 ne una di più ne una di meno, poiché 9 soltanto me ne uscirono dall’anima, ed anche con questo numero limitato mi pare giusta, ed aggiungo completa, l’immagine della corruzione romana, la crapula l’orgoglio la libidine dei sacerdoti, la lussuria della patrizia che si da al gladiatore, la meretrice, la schiava della carne e lo schiavo dello spirito, questo uomo reso ebete dalla fatica e dalla catena, il soldato rotto al saccheggio ed alla rapina, insomma a me pare che anche senza il fondo questo gruppo possa rendere ciò che ho sentito nel fondo. Del resto la mia preoccupazione è stata quella di fare della scultura viva, che non somiglia alle altre, fare dei tipi scentificamente veri, dare al gruppo una linea nuova, un carattere originale, ed assestare l’ultimo calcio alle pastoje accademiche- Dio voglia che non mi sia ingannato… Ti saluto e se tu me ne riparlassi mi faresti piacere. Tutto tuo Ernesto P.S. Per fare tale panegirico di me stesso e con tale sfacciataggine, bisogna che io sia matto, o che veramente mi senta molto forte in questi giorni…

Ernesto Biondi

lettera Montelanico, 6 7bre 91 Io sto bene, e tu Vittore indimenticabile come te la passi? Mi trovo nel boscoso Montelanico. Credevo di fare mari e monti in questo paese ma non sono riuscito a fare altro che mangiare, bere e bere, con questi simpatici e grossi canonici. Presto me ne fuggirò per tornare agli antichi amori= ai buoni Sarurnali- a proposito Caro Biondi- La vostra scultura mi ha sorpreso, è di un effetto terribile, vi ringrazio d’avermi permesso di vederla= D. Morelli. Andò allo studio il Nume, non mi trovò, vide il gruppo e mi lasciò sul lavoro un autografo. Incontratolo dopo la visita mi disse. =Sono contento sapere che si stà facendo quell’opera d’arte- =È tutto d’un pezzo quel lavoro, è uscito intero dall’anima vostra. =È sempre bello quel demonio da qualunque lato si guarda= =quando uscii dallo studio mi sentivo meglio mi pareva d’essere più giovane= Cosa dicono questi artisti di Roma? Tutti ne dicono bene ad eccezione di Maccagnani che lo trova senza carattere… =Allora mi sbaglierò io… bone cose Biondi verrò a trovarvi ogni volta che verrò in Roma. Tutto tuo Ernesto Non mi mandare più la Cronaca d’Arte - sono abbonato. lettera senza data [sopra foglio a righe celesti] Tu mi fai piacere amico mio a parlarmi in quel modo del tuo bosco. Tu hai una potentissima anima d’artista ed hai il vantaggio di saperlo esprimere con parole. Quello che tu senti pel bosco, lo sento io nel gruppo; io sto delle settimane intere a girargli intorno come un matto, quelle figure, che mi saltano addosso, mi fanno paura in certi momenti, e nei giorni di sconforto e di miseria, ho pianto dinanzi a quei demoni! Immagina tu che cosa buffa, vedere quel faccione che piange! [schizzo di un faccione con barba, suo autoritratto] Lasciamo le malinconie. Io sto qui ad Anagni dove ho ricevuto da Morolo la tua lettera indirizzata a Roma. Sto trattando con una bancherella di quassù una qualche combinazione circa il contratto della fontana di Montelanico (mi pagano a sospiri quei poveri diavoli) e l’ho concluso in parte, anzi questa mattina ho preso un acconto di L. 530.48. Sono vicino adunque e posso prendermi il piacere d’offrirtene 50 per un ricordo del tuo bosco. Uno schizzo uno studietto qualunque, una macchietta, quattro segni dietro una cartolina, insomma qualunque cosa purchè sia un tuo ricordo. Senti io non credo d’offenderti, che seppure il modo con cui ti mostro la mia riconoscenza per lo schizzo che, a tutto tuo comodo, andavi a mandarmi non è corretto, lo correggerai tu. Tu conosci l’anima mia… So che Sartorio è fuori di Roma e sono parecchi mesi, che non lo vedo, ma come avrò occasione d’avvicinarlo, tasterò il terreno e vedrò se è possibile secondare il tuo desiderio; ma… = lavora con una calma ed una serenità da monachella quel tipo, e … non gira ipnotizzato intorno alle sue vergini32 come tu intorno al bosco… Primoli poi è il più intelligente dei signori Romani, ma sempre un intelligenza limitata a quella classe di persone. Può avere l’intuito di capire la tua lavandaia un tipo con una testina da santo, incassata in un solino alto un palmo, colle spalle scalate, col portamento sfiaccolato vestito sem-

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pre d’arlecchino? Tutto tuo Ernesto. [lungo il lato sinistro del foglio] Lunedì torno in Roma e torno agli antichi amori, ai buoni saturnali. [Foglio stampato] “Montelanico, 22 Novembre 1891 INAUGURANDOSI LA NUOVA FONTANA/ LAVORO STUPENDO/ DI ERNESTO BIONDI/ IL CUI NOME/ È UNA ILLUSTRAZIONE DELL’ARTE/ UN AMICO GLI INTITOLA QUESTI POCHI VERSI

Segni, Tip. E. Cipollini & C. 1891” Versi di Clemente Fabrizi […] 1892 [lettera di Ernesto Biondi a Alberto Grubicy] Preg. mo Sig. Alberto Grubicy Roma 11 gennaio 1892 Il porgitore della presente è l’incaricato a ritirare da Lei le due testine dipinte a guazzo su teletta, e gli undici pastelli dell’Album =L’arte del nord= di cui le feci cenno nella mia cartolina indirizzatale l’altro giorno in Via S. Marco 16 La ringrazio tanto dell’incomodo preso per me e se mi crede capace di renderle qualche servigio qui in Roma non mi risparmi. Stia bene intanto e buoni affari Suo aff. Ernesto Biondi Via Luciano Manara 43 [lettera di Alberto Grubicy, con acclusa su altro foglio nota di E. Biondi indirizzata a Vittore)] Milano 12/1 Sig. Ernesto Biondi In risposta a Vs cartolina del 10 c. vi rammento per vs norma come in seguito all’affare Danesi da me fatto pel quale ho sborsato L. 600 siano stati da voi venduti a diciotto lire n. 15 album del nord che erano da me stati pagati e pei quali mi avevate ceduto i diritti. Ora io trovo dunque a vs debito quella somma alla quale contrapongo i vostri pastelli a creditoNon intendo già di tenermeli per ciò, ma almeno ritirandoli dovreste pagarmi quella somma o quantomeno lasciarmene qualcuno a mia scelta in pagamento. Non dubito che troverete ragionevole questa mia domanda e che vorrete dare incarico a chi ritirerà le vostre opere di fare questo regolarmente, poiché non sarebbe logico che io vi ritornassi questi pastelli senza essere soddisfatto, tanto più che tutta l’edizione dell’arte del nord mi è rimasta in corpo. Veda quindi d’intendersi col suo incaricato di qui onde dargli precise istruzioni e non avere malintesi. Colgo l’occasione per salutarvi distintamente. A Grubicy [risposta di Biondi su foglio strappato di carta velina, a matita] Ecco cosa mi scrive l’Alberto ed a me pare che abbia ragione, benchè non ricordi bene come stiano le cose. Egli dice di prendersi qualche disegno in sconto dei 15 albums che, per essere giusti bisognerebbe calcolarli a L. 6 l’uno, e non 18 come mi pare di leggere nella lettera ma io sarei più con-

tento pagare questa piccola somma che perdere qualche pastello, e siccome sul momento io non ho questo denaro potrebbe egli tenersi quei pastelli che crede fintanto che io non lo rimborserò, e consegnarti il rimanente oppure consegnarti tutti gli 11 disegni per esporli, restanto egli sempre padrone di quelli che sceglie. Ti pare semplice in questo modo la cosa? Del resto fa tu e quel che fai è benfatto. Ti saluto intanto e fammi conoscere qualche cosa in proposito e all’occorrenza dammi istruzioni per rispondere a tuo fratello. Affm. Ernesto E la foresta quando me la mandi? O vuoi che mandi io a te un disegnino della medesima? La ricordo bene, e potrei servirti… lettera [timbro postale Roma 12/1/92] Eccoti servito caro Vittore e sono contento che tu esponga quelle cose che io feci con tanto amore, ed appunto per questo, credo, non mi hanno reso mai niente! Quel cenno freddo freddo della fontana di Montelanico è stato provvidenziale33 perché veramente non è riuscita la bella cosa che tu credi; vi è soltanto originalità di pensiero. Non feci in tempo ad avvertirtelo perché la tua cartolina è stata parecchi giorni a Morolo dove mi aspettavano per le feste e non sono andato. Una cosa veramente simpatica è la fontana di Gorga. L’acqua scaturisce da uno scoglio artificiale che è un opera d’arte ed una pastorella grande al vero, il ritratto d’una bella fanciulla del paese, conduce due caprette ad abbeverare alla sorgente. Leggo sempre con piacere la tua prosa sulla Cronaca d’Arte, ma non leggo mai la Riforma, non mi piace quel giornale. Ti saluto Tutto tuo Ernesto [sul retro] Por la bonne bousche! Caro Biondi, voi m’avete a scusare, ma io ogni volta che vengo a Roma, sento la necessità di venire a rivedere il vostro lavoro; e vi ho procurato anche dei fastidi, ne ho parlato a molti miei amici di Napoli D’Orsi Jerace … - ed anche loro verranno. Questa volta ho portato mio figlio che era un pezzo che mi pregava di condurlo qui. era D. Morelli, che domenica verso sera me lo vidi allo studio, e trovò il gruppo, che aveva progredito.. cartolina postale, indirizzata a Milano, Gorga 1 luglio 92 Mio caro Vittore. Qui sulla montagna all’ombra dei faggi amici mi torni insistente alla memoria da parecchi giorni: ti sento continuamente nel cervello, come il canto delle cicale, come le campane delle capre che mi pascolano intorno… Come stai? Le tue cose come vanno? Ricevesti il di di S. Vittore la macchia di carbone, che io amavo tanto e che mi tolsi solo… perché venisse a stare presso di te… mi dispiacerebbe se si fosse perduto quel povero - figlio della foresta In agosto dovrò andare a Ginevra, o in Scozia, passerò per Milano o per dove sarai in quei giorni. Staremo qualche ora insieme. Vivi sano intanto ed ama il tuo gorilla bastonato. P.S. Torno a Roma lunedi prossimo. Vorrei mandarti la fo-

Ernesto Biondi

tografia d’un lavoro e sentire cosa ne pensi - dove sei? cartolina postale, indirizzata a Milano Natale 92 Mi parrebbe di soffocare il più nobile istinto dell’anima a non farti un caldo augurio in questa occasione delle feste. Vivi felice mio caro Vittore, amico indimenticabile! Tu sei stato il primo a picchiare al mio cuore in questa mattina. Vivi felice adunque, vivi sano e lungamente e viva con te la tua mamma la tua sorella e tutti i tuoi cari! Ecco quanto posso dirti per mostrarti il bene che ti voglio ed il dolce ricordo che serbo di te.. Ed ora prendi un bacio dal tutto tuo Ernesto Lettera senza data [su retro di foglio per invio opere alla “VI. Esposizione Internazionale di Belle Arti a Monaco di Baviera 1892”] Caro Vittore, Come credo d’averti accennato l’altra volta, debbo andare a Ginevra a portare un lavoro… ne grasso ne magro. Mi manca il tempo per parlartene. Impostami intanto l’acclusa cartolina, e prestissimo. Non passo per Milano perché non potrei trattenermi che poche ore, verrò a trovarti al ritorno, che si effettuerà verso la fine del mese corrente. Tuo Ernesto 1893 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 15 feb 93 La lettera d’invito dall’Arte Liberas = per te e Morbelli ti verrà consegnata dalla posta di domani, ed intanto come caparra prendi un bacione dal Tuo Ernesto Che non può più contare sulla manna settimanale della tua prosa… cartolina postale, indirizzata a Milano [timbro postale: 19 febbraio 1893] Roma 18. 19. 20 come ti pare, il mio lunario non va bene. Sono tornato ieri a sera, mi sono gustato alcuni giorni di neve fresca sulle montagne di Gorga. Gaetano Colantoni via del Pellegrino n. 96. Passerò alla Riforma a ritirare il ruffianello e lo terrò carissimo: ma vi è anche la cornice? Fa freddo a Milano? Conservati mio bello e prendi un bacio dal tuo Ernesto lettera 14/4/93 Io ci ho riso come un pazzo quando me lo hanno detto quei due dei matti componenti il giurì d’accettazione, e la mia lunga risata non ha certo accarezzato l’amor proprio di quei due beceri, ma tu credo ci passerai un brutto quarto d’ora… e veramente ripensandoci sopra, vi è da affligersi a vedere con quale criterio, viene giudicata l’arte a Roma, ed a quali criteri è affidata. Presentai come ti scrissi i disegni d’Anversa al comitato per l’esposizione, e da principio mi fecero delle difficoltà per

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riceverli tutti, e mi consigliarono di esporne 5, tanti ne prescrive il regolamento. Dovetti faticare non poco per persuaderli che questa era un opera da prendersi in blocco e non pastello per pastello. Allora vollero che m’impegnassi di chiuderli in tre grandi cornici, nel caso venissero accettati. Poi venne la difficoltà del posto e volevano metterli parte in cantina e parte in suffitta, e qui nuove lotte nuovi schiarimenti nuovi dolori di stomaco, per persuaderli che quei disegni dovevano esser visti tutti insieme, ma non so se ci sono riuscito. All’ultimo hanno passato ai voti uno per uno i disegni e quello che non ha riportato i voti necessari per l’accettazione è stato precisamente quello di povero Mauve i Montoni34, e sai perché? Me lo ha detto all’orecchio il freddo Sartorio, perché lo hanno trovato stonato… e fanno parte del giurì oltre a Sartorio che è stato senza dubbio insieme a Vanni favorevole, Monteverde Gallori Rosa Maccagnani Pagliei Tommasi ecc. Dunque mio buon Vittore io ho scritto ai papaveri dell’esposizione una lettera agro dolce, e spero produrrà l’effetto che desidero, e forse torneranno sulla stupida votazione, ma ti ho voluto informare di questo, per dimandarti, se tu eri ubbriaco o pazzo quando mi facesti rimarcare le bellezze dell’arte fiamminga, o io fui un cretino a seguirti, o i giudici dell’arte a Roma sono dei calzolai… Pensaci un poco su e toglimi dall’anima questo dubbio. Lasciando i scherzi sarebbe utilissimo che tu scrivessi, come sai scrivere tu solo, una o due cronache d’arte sulla riforma, che è letta molto nel circolo artistico. E mettessi al posto gli autori dei quadri, le trascrizioni, come tu le chiami, dei medesimi, ed il tuo povero gorilla bastonato per bene questa volta dai numi dell’arte. Faresti molto bene all’opera ed a me, specialmente nell’ambiente del circolo artistico, dove, modestia a parte, vado facendomi quel largo che merito… Avendo presente nello scrivere di dire di me ciò che senti e vuoi, ma non irritare quelle teste di cazzo, che compongono la commissione, perché ancora possono farmi del danno. Mi sono spiegato amico dolce? Questo articolo, o articoli, potrebbero servire anche di lanterna ai numerosi sedicenti critici d’arte annidati qui in Roma, l’ignoranza dei quali come tu sai giunge alle stelle. Ed ora che ti ho detto tutto prendi un bacio dal tuo Ernesto Penso di mandarti un catalogo commentato; può riuscire una cosa interessante a giudicare dalla commissione ordinatrice della mostra. [stampato, comunicazione ufficiale] Esposizione artistica Nazionale/ di Roma/ 1893 Roma aprile 1893 Ill.mo Signore Dai verbali comunicatici dalla Commissione d’accettazione e collocamento rileviamo che la di Lei opera intitolata Montoni - (Arte del Nord) Non ha riportato i voti sufficienti per l’ammissione. Quindi è pregata la S. V. a volerla ritirare entro tre giorni dalle ore 10 alle 12 ant, e dalle 2 alle 5 pom. Da oggi, presentando la relativa ricevuta Il Comitato Esecutivo [sul retro] Mentre chiudo la lettera, mi viene recapitata la partecipazione ufficiale del rifiuto del pastello di Mauve, insieme ad una lettera del ministro Martini che mi fa sperare da parte

del Ministero una commissione d’una qualche importanza tale da permettemi di terminare il gruppo- Come vedi, una lodola ed una sassata, ti rimetto solo la seconda che potrà servirti di documento. Devi sapere che mi fu portato allo studio l’altra mattina Ferdinando Martini allo scopo d’interessarlo di me vide il gruppo, si mostrò entusiasmato del lavoro e della vita trasfusa in quelle figure, e prima d’andarsene mi promise la sua alta protezione. La lettera di questa mattina mi conferma ciò che mi disse a voce. Sarà vero? Verrà a capo questa faccenda? Dunque vi è bisogno dell’opera tua. È necessario che tu faccia una buona sparata a mio riguardo magari ripetere ciò che scrivesti altra volta ed innestarvi l’autografo di Domenico Morelli “Caro Biondi la vostra scultura mi ha sorpreso- è di un effetto terribile. Vi ringrazio d’avermi permesso di vederla. Domenico Morelli” questa sparata ho persona che la farà leggere al ministro. Conto sopra di te, e se le palle colgono in centro, verrò a passare a Milano una stagione per prepararmi alla tecnica pittorica pel prossimo Dies Irae un quadro che dovranno prendermi a revolverate quando lo esporrò. Ancora un bacio dal tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano [timbro postale: 17/… / 93] Mio caro Vittore La lettera alla Commissione non ha prodotto l’effetto che speravo, ed i Montoni sono rimasti fuori. Quella gente ha voluto mostrare di essere qualche cosa, ed ha tolto all’opera il … Cavallone di battaglia, come tu scrivi nell’ultima cronaca. La sparata di cui ti parlai nella lettera sarebbe opportuno che la facessi per la seconda domenica del prossimo maggio, altrimenti queste stupide feste, che assorbono l’attenzione degli sfaccendati, potrebbero molto facilmente soffocare le tue parole. Scrivami qualche cosa in proposito e prendi un bacio. Dal tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Gorga 23 agosto 93 Fai bene a non dar peso all’onorificenza di Cicago, poiché non è arte quella che ho esposta lassu; tengo più alla statua per S. Paolo che hai visto l’altra mattina. È un vescovo di Efeso e martire, è un S. Onesimo che dal cielo ti guardi benevolmente e ti conservi sempre forte sano battagliero e … caldo verso il tuo Ernesto. Leggo di volo le dimostrazioni che si fanno in questi giorni per tutta la penisola. quei miseri non sono mai stati sulla montagna all’ombra dei faggi. Vivi sano amico dolce e saluta la tua famiglia Tutto tuo Ernesto

cartolina postale, indirizzata a Milano Sei un gran bel tipo figlio mio! Sbalordire i tumultuanti con una scarica elettrica!!35 Vivi lungamente….. e lo vedrai Tuo Ernesto

Ernesto Biondi

lettera [timbro postale: 21/12/93] Caro Vittore, L’In arte libertas, fedele al suo programma, è una società di artisti liberi senza capo ne coda… Nessuno ne sa niente, si va innanzi coi forse, si dice, si crede, ma quando meno te lo aspetti ti vedi organizzata una copiosa mostra di discrete imitazioni di Donatello, Brunellesco per i scultori, e di Giotto Cimabue e Pinturicchio per i pittori. Ecco quello che mi scrive Ferrari a proposito del tuo desiderio e quello di Morbelli. Mi è stato detto però che Morani fa da presidente da segretario e da bi(de)llo, andrò da lui che ne saprà qualche cosa di più degli altri, e metterò le cose in modo che sarete invitati come negli anni scorsi. Colantoni lavoricchia per Prolocci [?], Sartorio andò a Londra per incominciare una nuova vita, come diceva e rimanervi degli anni, ma come vide la nebbia, come gli avevo predetto io se ne tornò in Italia dopo 25 giorni però lavora sempre lavora assiduamente come un macinino da caffè.. E Macchiati? Tu non ne sai nulla, perché quel tipo è sempre quello che io ti fotografai, se bene ricordi, Egli è troppo avaro per spendere due soldi ad una cartolina e darti sue notizie, ed è troppo egoista per perdere cinque minuti di tempo a scriverla, quando sa che tu non gli mandi più i pacchi di colori accompagnati da fogli di cento lire36. Ed ora a me. Io sto dietro al gruppo, e giacchè lo incominciai, e giacchè ancora lo sento voglio terminarlo; vi sono tornato da un paio di mesi e conto di andare innanzi per un pezzo; però frà un gladiatore e l’altro trovo sempre il tempo di fare qualche cosuccia, ho fatto questo - povera gente - che ne dici? Credi che valga la pena buttarvi su tre o quattrocento lire per farlo in bronzo? Leggo sempre e con piacere La Riforma ed ogni settimana ripeto a me stesso ciò che mi disse quel can di Perelli, ossia che tu = più diventi sordo e più senti (1) Bravo amicone bello, buone feste, e prendi un bacio dal tuo Ernesto. Saluta tanto la tua mammina e la tua sorella che spero godano la mia stessa salute. (1: Ora che P. Levi ha lasciato la Riforma ho paura di perdere questo pane settimanale). 1894 cartolina postale, indirizzata a Milano Morolo 12 marzo 94 Andai all’Arte Libertas e parlai per la disposizione dei tuoi lavori, seppure è possibile trovare al Bazar di Sangiorgi un posticino da poter mettere un quadretto in buona luce ed in condizioni da poterlo guardare con calma. Però fino alle 2. pom del giorno 9 non avevano ancora ricevuta la tua cassa. Dai lavori già messi al posto a quell’ora debbo dirti che quella povera Arte Libertas è così anemica questo anno che difficilmente si trascinerà fino alla chiusura dell’esposizione….. morirà per la via. Prendi un saluto affettuoso dal tuo Ernesto Non scrivi più su un giornale? lettera [la prima parte della lettera è stata scritta su uno stampato pubblicitario di “Agostino Prada incisore - Genova”.

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L’ultima parte della lettera è stata redatta su un foglio recante l’intestazione: “Associazione Artistica Internazionale”; l’indirizzo di Biondi è via Luciano Manara 45] [timbro postale: 9 aprile 1894] Caro Vittore Veramente fu una brutta idea quella di mandare all’Arte Libertas! questa associazione che non è stata mai viva, e che se un poco di pubblico le ha barbicato intorno, negli anni scorsi, lo deve più al solleticante titolo che all’importanza delle cose esposte.. Ora però il pubblico ha finito per accorgersi della gherminella ed all’esposizione non ci viene più. Appena un centinaio di persone hanno avuto questo anno il coraggio di affrontare la visita alla defunta arte libertas, perfino oggi che è festa sono io il solo visitatore tanto che posso prendermi il gusto di scriverti qui senza che cane mi bai intorno, e scommetto che resterei solo fino a questa sera. Ho detto affrontare, perché è necessario possedere un forte stomaco per fermarsi dinanzi alla cieca di povero Morani, una vecchia vestita di tavole dipinte; quel tipo è matto, ha esposto in cornici dorate dei disegni a lapis come quelli che facevo io all’età di 7 anni sui muri della scuola. E Peppe Ferrari che pure ha fatto delle buone cose ha esposto qui una figurona intera quasi due volte al vero e dipinta …. all’acquarello, ti senti una stretta al cuore dinanzi a questa colossale oleografia. L’Art Libertas è fatale.. perfino Boggiani che pure ha fatto dei buoni paesi entrato a questa esposizione ha imparato a fare dei quadri dipinti col sugo di cicoria. senza parlarti poi del famoso Giovanni Costa coi suoi intarsi in legno e di tutti i suoi seguaci, un vero piantinaio di rachitici scrofolosi malaticci che muovono a compassione. Coleman Raggio Cabianca hanno fatto sempre delle cose modeste ma sincere, ebbene qui hanno perduto la bussola; pare che l’arte libertas sia l’esposizione dei fondi di bottega. I tuoi tre quadri (dico tre non cinque) le pecore ed i due laghi, non li hanno esposti male li hanno cacciati fra Gioli e Costa e fanno l’impressione d’una pittura luminosissima, li avevo visti a casa tua se lo ricordi, e già molto innanzi. Mi piacciono e sono la sola pittura viva che si osserva in quel cimitero, ma non so se sia la disposizione di animo o altro, la lavandaia dell’anno scorso mi piacque di più e forse mi piace di più anche il bosco che mi hai regalato, parlo della passione del sentimento, non della tecnica pittorica. Se i giornali non ne hanno parlato la colpa è un poco tua che non li hai firmati, un poco degli ordinatori dell’esposizione che questo anno non hanno fatto neanche il catalogo, ed un poco della stampa che se ne è occupata, e dico la verità non ne valeva la pena.. Addio biglione simpatico vivi sano e dammi qualche volta tue notizie. La mammina pittura? Io sto dietro al gruppo per liberarmene definitivamente. Cifariello37 ha mandato a Brera alcuni lavori per concorrere ai premi, ti sarei gratissimo se mi dessi un giudizio sul talento di questo artista; se ne ha di talento.

lettera [Copia dattiloscritta] Roma 22 aprile 1894 Mio caro Vittore Tornato ieri da Assisi ho trovato sul tavolo [lacuna carta] studio le tue “concezioni” che hai voluto inviarmi: e [lacuna carta] chiamo concezioni, perché non possono dirsi quadri nel senso usuale della parola: esse sono delle visioni deliziose, dei riposi di anima, sono delle vibrazioni, che tu solo sai sentire, che tu solo possiedi fra i nostri artisti anche i migliori… Sono sorrisi, sono malinconie: e, tutto è bello, fine, dolce in queste opere tue. Dimmi Vittore, come fai tu a rimanere tanto fuori della lotta della vita? Ma i tuoi colleghi, che ingombrano le esposizioni colle loro sparute, vuote, vane, orgogliose, non ti aggrediscono? E come fai a difenderti? Sei tu il drago che uccide, o l’eremita fuggito nella Tebaide? O, i cavadenti non ti hanno compreso e ti lasciano andare? Ad ogni modo hai vinto tu Vittore, e tutto ciò che è stato prodotto dai tuoi coetanei dopo Segantini è perduto, o sta per perdersi: e l’opera tua rimane come il poema che traversa i secoli. Ti abbraccio e quando in autunno andrò a Venezia ecc Ernesto Biondi Autore del gruppo colossale “Saturnalia” nella Galleria Nazionale di Roma38 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 12.6.94 Caro Vittore Ho letto la notizia del concorso delle porte di bronzo pel Duomo di Milano, e sento che questo concorso lo farei con passione. Ma è una cosa seria quali elementi compongono il giury per la scelta? E tu, che ai tempi della - Cronaca d’Arte - polemizzasti tanto39 e con tanta cognizione di causa su quel monumento hai qualche idea? O avendo continuamente sul naso “el tuo bel dom” potresti averla? E avendola o potendola avere ti seccherebbe essere mio cointeressato.Rispondimi con una certa sollecitudine e vivi sano Tuo Ernesto Via Luciano Manara 45 cartolina postale, indirizzata a Milano Cisterna di Roma, 18 giugno 1894 Mi fa conoscere Sangiorgi che ieri fu consegnata la cassa all’agenzia e perciò presto riavrai i tuoi quadri. Aspetto con ansietà qualche prova delle tue acqueforti40. Anche io ne feci qualcuna nella prima gioventù ed una delle quali lo scultore Lanzirotti41 se la portò a Parigi e la fece pubblicare nell’ - Art - con la riproduzione d’una cosa di Fortuny. Non adoperavo l’acito, ma legavo la lastra al polo negativo, mi pare, o positivo, di due pile di Dacricy [?] e la facevo pescare in un bagno d’acqua satura di solfato di rame in questo modo mi usciva fuori un bassorilievo in galvanoplastica ed una incisione; a me pareva d’aver fatto una scoperta, perché ottenevo delle tinte finissime, ma parecchi anni sono passati ed a quei tempi io non conoscevo che le cose di Pinelli o poco più. Ora si fa tutto coll’acquaforte e sono sicuro che tu ne potrai fare delle buone; quella giustezza di tono che tanto ti distingue potrebbe isolarti dagli affari. Ti saluto Ernesto. Riproduci la tua lavandaia.

Ernesto Biondi

cartolina postale, indirizzata a Milano [timbro postale: 30 8 94] È quello che io immaginavo, nelle prove, che mi hai mandato vi sono delle finezze che non s’incontrano negli altri acquafortisti, neanche nei maestri… e quel profumo d’incertezza… quel (non so se mi spiego giustamente) quella paura di ferire il rame, dona a quelle cose un carattere che incanta.. mi pare di scorgervi dentro quella specie di adorazione che tu, beato te, senti di continuo per l’arte, mentre io la sento ad intervalli.. Se continui a farne son sicuro che diventerai in poco tempo una nota assoluta da riconoscerti fra mille… Bravo amico mio bello.. e buono io sono una canaglia. tanto canaglia che l’altra mattina ho pagato una colazione a Lionne ed a Micoli [?] per festeggiare [parola cancellata] cosa ha a che fare questo coll’arte? lo vedi che la sento ad intervalli? Tuo Ernesto Credevo d’averla spedita e invece l’ho ritrovata in tasca cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 31 Xbre 94 Buon anno amico mio indimenticabile Buon anno a te ed alla famiglia. Io sto togliendomi dalle spalle l’immenso peso del gruppo, e tu che fai? Ancora acqueforti? Un bacione dal tuo Ernesto 1895 cartolina postale, indirizzata a Milano [timbri postali: Morolo 10 feb 95 e 11 feb 95] Mi trovo a Morolo malato da circa un mese, la voluttà della neve, questa volta mi ha regalato una discreta bronchite. Che fossi divenuto vecchio?! Del resto, non posso fare altro, circa il quadro del tuo Tominetti, che trascriverti l’impressione che segnai sul catalogo quando lo vidi = Sala V. A 138 - Sarebbe il più luminoso della sala se non vi fossero i due demoni dei ritratti di Antonio Mancini. Il cielo un poco sordo, nuoce al resto del quadro, bello il taglio, bella la linea, bene reso l’ambiente= Al mio ritorno in Roma andrò a vederlo con interesse e ti riparlerò se ne sarà il caso. Intanto ti saluto affettuosamente e ti ringrazio delle acqueforti bellissime. Sei ospite di Tominetti? Se non avessi tanti guai verrei a trovarvi, sicuro di non essere il terzo incomodo. Tuo Ernesto [di lato] Sono riuscito eletto nella giuria per i premi cartolina postale, indirizzata a Intra Miazzina Lago Maggiore presso il pittore Tominetti [timbri postali: 17 3 1895 e 18 3 1895] Tu conoscerai di certo la = vita italiana= quella rivista artistico-letteraria (così per modo di dire) che si pubblica da poco tempo qui in Roma e della quale è direttore proprietario il conte Degubernatis. Ebbene se tu fossi disposto a scrivere delle conversazioni artistiche per la medesima, o anche delle cronache d’arte, avrei modo da fartele accettare per mezzo del mio carissimo Amilcare Lauria, e forse anche fartele modestamente pagare… Rispondimi in proposito e prendi un bacione dal tuo Ernesto

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P.S. Per tua norma potresti scrivere senza falsa riga - con piena libertà di giudizio - ciò potrebbe giovarti.. Lettera senza data [1895] Mio caro Vittore Ti saranno spediti direttamente dal conte Degubernatis alcuni numeri della vita italiana perché tu possa fartene un idea. La tua prosa sarà forse la - voce nel deserto - in quella rivista letta quasi esclusivamente dall’aristocrazia, ma se non altro servirà a toglierle un poco l’odore di ectoplasma che tanto la distingue. Si è occupato di te Amilcare Lauria, l’autore di - Donna Candida - novelle vere - ragazzi napoletani - ecc. Ha talentone questo mio buon amico …. [?] colorito, forte, napoletano fin nella cima dei capelli, tu lo combattesti nella cronaca d’arte nell’occasione del monumento a V. E. a Napoli. Egli fra le molte e molto buone qualità, ha qualche debolezza (chi non ne tiene?). gli sarebbe piaciuto che tu nella cartolina di risposta alla mia lo avessi ricordato, perciò quando mi risponderai dimmene qualche parola in modo che non si veda che è stata da me suggestionata. Capisco che non è semplice questo, ma quando non ci si rimette di dignità non è male legar l’asino dove vuole il padrone. Ed ora Buona Pasqua a te alla mamma che rivedo sempre pitturando, alla tua sorella, ed a quella che ti cucina le uova. Tuo Ernesto lettera Roma 18 giugno 95 Caro Vittore, Non vi era ragione di offendermi per la tua lettera, ma seppure ve ne fosse stata non mi sento capace di andare in collera per ciò che mi viene da te, anche se mi venissero delle bastonate sul groppone. Mi sono servito invece di quello scritto per fare arricciare il naso all’illustre Decubernatis, occupato, poverello, a dare l’olio santo alle ultime puntate della sua fumosa parata.. Ed ora a noi. Io non posso parlarti di esperienze che ho fatto una ventina di anni fa, tanto vero che non ricordo neanche se la lastra da incidersi la attaccavo al polo negativo o positivo della corrente elettrica. Facevano furore a quel tempo i quadri di M. Fortuny e venivano continuamente da Parigi le fotografie che riproducevano le sue cose insieme ad alcuni tentativi di acqueforti; anche qui Maccari ne avea fatte alcune, che incontravano il favore del pubblico, benchè lasciassero molto a desiderare. A me che, ragazzone a quei tempi, adoravo quell’artista venne in mente di trovare un modo da fare le acqueforti che mi dessero meglio il carattere di quelle cose tanto simpatiche e spigliate. Come avviene, incominciai a far prove colla lastra incerata come si era sempre fatto da Rembrand a Pinelli e dopo una lunga serie di tentativi di faticate, di urli di bestemmie di testardaggini e di tutto quello che poteva pensare e fare un tipo come il tuo gorilla bastonato, ottenni le incisioni come quella che ti rimetto. Il risultato, come vedi, era ottenuto ed io mi credevo già all’ultimo piuolo della scala, quando una brutta mattina vidi esposte pel Corso le prime fotoincisioni che quel cane di Coupil mandava da Parigi; mi ricordai allora d’essere un provinciale, e che quelle cose che a me erano costate tanto tempo e tan-

to sperpero d’intelligenza, un altro l’avea ottenute con un processo meccanico.. Ricordo però che incominciai colla cera e finì colla vernice, incominciai a rigare la lastra a mano libera e finì col rigarla a macchina, incominciai coll’acido nitrico e finì col far pescare la lastra da incidersi in una catinella ripiena di acqua, nella quale avevo fatto sciogliere una certa quantità di solfato di rame ed attaccavo la lastra stessa in un filo di rame che partiva da due elementi di Daniel che sviluppano una corrente debole ed uniforme, tanto che per ottenere quei scuri che tu vedi nel vecchio si richiedevano una ventina di ore d’immersione. Io avevo fatto una specie di scacchiera che mi serviva di tavolozza; pochi minuti mi davano la prima tinta, un’ora mi dava l’altra, tre ore un’altra e così di seguito. Avevo il vantaggio di poter tenere due o tre incisioni per le mani e nello stesso bagno, di modo che una incisione come quella che tu vedi mi costava poche ore di lavoro, imparata la prattica42. Non so se hai capito niente nel zibaldone che ti ho apprestato, ma… io non so scrivere meglio. Ti saluto ora e prendi un bacione dal tuo ErnestoP.S. Non ho altri ricordi di quel periodo di lotta, perciò se quando ne avrai occasione, mi rimandi il vecchio mi farai un regalo. cartolina postale, indirizzata a Milano [timbro postale: 17 7 95] Caro Vittore, Baia, un tempo deliziosa estiva dimora degli imperatori romani, ora che la terra non è più dei tiranni Baia è divenuta la mia residenza; cioè la residenza mia e del pittore Ezechiello Guardascione, il più simpatico guaglione che il buon Dio ha regalato all’affannosa umanità. Ho parlato a questo tipo del volume di quel tal francese sulla decomposizione dei colori, mi pare, che tu tanto spesso citavi nella indimenticabile - Cronaca d’Arte - e che con tanto entusiasmo me ne parlasti a voce. Ebbene come si potrebbe fare per averlo? Come si chiama l’autore? E dove se ne può fare ricerca? Rispondi= Ernesto Biondi Palazzo Schiano Muriello Baia - linea Napoli = Un bacio dal tuo Ernesto e le acqueforti? cartolina postale, indirizzata a Milano Morolo 10 7bre 95 Caro Vittore Aspetto con impazienza la risposta alla lettera dell’altra mattina contenente le fotografie, non farmela attendere soverchiamente… Un bacio dal tuo Ernesto lettera Morolo 17 7bre 95 Mio caro Vittore Ridi se ne hai voglia, e fa le boccacce se più ti piace.. Frà tre giorni dovrò disporre, per riprendere il mio S. Francesco dal Palazzo dell’Esposizione, perché rifiutato! È la prima volta, che mi avviene questo, e mi succede proprio a 40 anni! Una lettera confidenziale m’informa, che per tre volte quel povero santo è stato messo al posto, e per tre volte lo hanno fatto scendere dal piedestallo; il dubbio si era im-

Ernesto Biondi

possessato dei signori componenti il giury di accettazione e quel non so che di nuovo, che si scorge in quella scoltura aveva disorientato i loro cervelli di falegnami; tanto, che per indurli decisamente al rifiuto ci volle che intervenisse il giury di pittura a guidare il crucifige. Scommetto, che è stato l’infame carattere psichico, come tu lo chiami, che ha fatto perdere la bussola ai barbacani dell’Arte Romana.. Tu nella tua ingenuità immaginerai che costoro siano dei parrucconi: tutt’altro è gente invece che tira calci all’accademia sono fanali di ultimo modello, tanto nuovi che sarei pronto a regalare mille lire al primo, che mi provasse averli sentiti nominare fuori delle mura della città eterna .. Cencetti43 Biggi44, Giulianotti45, Albacini46. Unisci a questi Maccagnani47 e Balzico48, che tu forse conosci, e avrai la camorilla completa. Lasciando lo scherzo, da tutto questo risulta che quella gente non ha rifiutato il mio S. Francesco per farmi dispetto, anzi Maccagnani va gridando per le vie di Roma, che ha appoggiato i suoi compagni in giuria per rendere un grande servizio a me suo vecchio amico, al mio nome, alla mia riputazione di artista, buum… vedi adunque che quella gente è in buona fede, o quasi.. Non so ancora la sorte toccata a Quadrelli49, ma so che, il giorno che accompagnai il povero espulso, dimandai a Giulianotti che era di servizio, se vi era qualche cosa di Quadrelli, e mi rispose queste precise parole - L’Quadrelli ha mandato, ma una cosa di poca importanza, bada, dissi io, che quel tipo è uno di quelli artisti che si contano sulla punta delle dita, e si corre pericolo di non saperlo capire, ed egli, sarà quello che dici, ma ti assicuro che qui ha mandato una cosa inconcludente. Dopo questo, può benissimo il simpatico Quadrelli aver mandato un pezzo di paradiso, ma qui, non è difficile, che lo abbiano preso per una bottega di scarparo, e può ritenersi per fortunato se non lo hanno messo alla porta. Tornando a S. Francesco, se tu avessi modo di pubblicare un articolo, come quelli che sai scrivere tu, sull’Arte illustrata di cui mi parli, renderesti un bel servizio a me che lavoro e studio assiduamente, al poverello d’Assisi che faticò ed amò tanto a tempi suoi e potresti anche infiltrare (tutto è possibile) uno spiraglio di luce nelle ottuse coscienze degli artisti di Roma capitale. La fotografia di faccia che ti fa sgradevole impressione, come vedi, è fuori del punto di vista, si dovette per mancanza di spazio, alzare la macchina al livello del petto mentre la figura va vista più in basso, ed invece dell’intero contentarsi di un frammento, ma se a te riuscisse di farmi pubblicare una buona incisione potrei far rinnovare la fotografia intera di faccia ed anche più grande se ciò fosse necessario. Hai esposto le acqueforti a Venezia? Mi auguro che ti riesca d’essere incluso nella nota degli acquisti perché possa venire in Roma a passare qualche giorno in mia compagnia, avrei tanto bisogno di stare un poco insieme con te. Ti saluto intanto e prendi un bacione dal tuo Ernesto P.S. mi avveggo che ho detto una inesattezza parlando di rifiuti. Non è vero che questa è la prima volta che i miei lavori vengono scartati, due anni or sono mi rifiutarono i montoni di povero Mauve perché mancanti di tono. [di lato] Guglielmo Brenna il critico della -Tribuna giornale- all’Esposizione di Venezia, vide il mio S. Francesco, e mi disse fra le tante belle cose, che quella figura avrebbe ucciso tutta la scoltura all’Esposizione di Venezia se io l’avessi mandata..

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cartolina postale, indirizzata a Milano Anagni 25 7bre 95 Mi piace l’idea tua di fare una esposizioncella protesta, andrò a Roma fra quattro o cinque giorni, vedrò Perelli e me la sentirò con lui, intanto non sarebbe male che tu gli scrivessi una cartolina di preavviso.. Anche a me nel rifiutare il Santo, mi hanno, quei tre volte cretini, accettato uno di quei soliti bronzettini che io faccio a tempo perduto, al solo scopo di strappare, di tanto in tanto qualche foglio da cento lire a quattrinai ignoranti.. È proprio il caso di cader dalle nuvole!! Trascriverò un brano della tua lettera e la manderò a Maccagnani accompagnato da un mio memento… Avrò un articolo di Bonghi sul mio San Francesco affila ancor tu i ferri.. e prendi un bacio dal tuo Ernesto lettera Roma 26 Xbre 95 Mio caro Vittore, È più di un mese che volevo rallegrarmi con te per le acqueforti che hai messe alla galleria nazionale, ma lo feci col pensiero, e sono sicuro che lo avrai sentito anche senza vedertelo materializzato sopra un pezzo di carta. Ora, però che tutto è fatto, e che è deciso che quelle civettuole andranno ad uccidere colle loro moine e colle loro finezze tante cose banali insalsicciate nelle sale della galleria, non ti dispiacerà, credo di conoscere un poco di retroscena. Quando tu a proposito di S. Francesco mi parlasti di quelle acqueforti messe in nota frà gli acquisti dell’esposizione di Venezia e poi dimenticate, io portai quella lettera ad Alberto Avena segretario della giunta superiore di B.A. che è amico mio carissimo. però a scanso di equivoci, e per dare il giusto peso alle mie premure, debbo dirti che io portai quella lettera ad Alberto più per fargli leggere quello che tu pensavi del mio S. Francesco, che per raccomandargli le tue acqueforti, ma, il poverello d’Assisi fece il miracolo, egli si ricordava d’aver visto i tuoi lavori a Venezia e me ne parlò con entusiasmo. Ecco l’occasione di rendere un servizio ad un’artista vero gli dissi io, verrò questa sera a pranzo da te, ti porterò tre di quelle incisioni e le serberai come ricordo d’esserti adoperato, perché il mio caro Vittore Grubici sia rimesso in nota. Sorrise a questa uscita, mangiammo i maccheroni, gradì le acqueforti e tutto andò pel suo verso. Dopo qualche giorno mi disse che aveva fatto quello che si era proposto di fare, a tuo riguardo, e che era stato deciso l’acquisto. con riduzione di prezzo. Gli chiesi il permesso di scrivertelo, ma egli me lo proibì, perché il decreto non era stato ancora firmato dal ministro e che potevi un altra volta esser messo alla porta, tutto e possibile, mi disse, in questo ministero delle iniquità.. Dopo quello che ti ho riferito, bene o male che sia, avrai compreso che sei in dovere di segnare fra i tuoi debiti, tieni tu 30.000 lire di debiti quante ne ho io? Segnerai fra i tuoi debiti le tre acqueforti che devi rimandare a me in cambio di quelle che io complimentai ad Alberto Avena. Ed ora buone feste a te e alla mamma che io non so dimenticare, alla focosa sorella tua ed a tutti quelli che tu ami maschi e.. femmine. Tuo Ernesto

1897 lettera [Su carta della “Esposizione Satirico - Umoristico Nazionale/ Roma (1897) Via del Corso 385 (Palazzo Theodoli)”] indirizzata a Miazzina sopra Intra Roma li 26 gen 1897 Mio caro Vittore. Ho aspettato fino ad oggi a rispondere ai tuoi auguri per avere il piacere di dirti che, finalmente, dopo più di otto anni di fatiche, di dolori, di preoccupazioni, ho finito il gruppo, quel demonio che mi ha strappato quasi 50.000 lire di sudato metallo, tante ne ho dovuto guadagnare in otto anni lavorando, a tempo perduto. Ho finito quell’infame ed ora da due giorni si sta imbiancando di gesso, mentre l’avv. Commendator Lanzi, un vecchietto ruginoso e cattivo mi sta vendendo all’asta pubblica quelle quattro bancarelle che facevano da mobili in mia casa… Ho fatto bene a gettare su quei 40 quintali di terra 8 anni di gioventù? Ho fatto male? Non mi curo d’investigarlo, quello che m’interessa, è quello che mi mette di buon umore, è che mi sento liberato da un grande guaio. Deus resistit superbos, sed gratiam dat umilibus queste parole d’oro che ho sentito da te, ora sono stampate nel mio cuore; le farò tradurre in tutte le lingue, e le scriverò sulle pareti del mio studio, per averle sempre dinanzi agli occhi. Io sono stato superbo, ferocemente superbo, e il buon Dio mi ha punito. Quanti brandelli di carne ho gettato su quel lavoro!… Ti bacio, amico dell’anima, sarò umile per l’avvenire e farò… l’arte buona come vai facendo tu… vivi sano intanto e saluta da mia parte il tuo ospite, immagino che stai presso il pittore Tominetti. Manderò a Milano il S. Francesco fuso in bronzo, che ne pensi? Tutto tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 28 giugno 97 Mio caro Vittore, mi ha fatto piacere leggere le tue notizie, e mi farebbe piacere maggiore se mi mandassi una piccola fotografia del tuo trittico50; me lo immagino una cosa molto quieta e molto fine. Io dal mio canto avevo preparato il S. Francesco di bronzo per Venezia, ma non feci in tempo a fare la dimanda, lo esporrò alla prossima occasione. Ora corro intorno da più di due mesi, a Geremia, Daniele, agli evangelisti, a due sibille, a S. Francesco, S. Fedele da Sigmaringen, S. Elisabetta d’Ungheria, S. Luigi di Francia, S. Lorenzo da Brindisi, S. Bonaventura, S. Chiara d’Assisi, e ad una dozzina di miracoli d’un certo beato Angelo da Acri, totale 400 metri di pittura murale. Ho fatto già bozzetti ed ingrandimenti e fra una quindicina di giorni in compagnia di due amici andrò a pitturare (come sta la tua buona mamma?) una nuova chiesa che i cappuccini stanno costruendo alle falde della Sila, la famosa selva dei briganti calabresi. Ho detto corro intorno, perché questo lavoro deve eser fatto il 30 7bre e tutto deve essere disegnato e dipinto alla prima. Dunque ci siamo intesi quando vuoi farmi piacere, scrivi = frate Ernesto cappuccino e pittore Acri - Calabria

Ernesto Biondi

cartolina postale, indirizzata a Milano Acri, 5 7bre 97 Mi trovo sul posto, a una trentina di metri dal suolo, accoccolato sulle tavole, S. Matteo mi guarda a sinistra, S. Luca mi sorride dall’altra parte, di dietro lo Spirito Santo, al di sopra una monaca malata che si trascina sulla tomba del B. Angelo da Acri, di sotto Geremia Daniele, il principe di Bisignano il miracolo dell’uva fresca… È l’ora del riposo, tutti dormono ed io solo veglio e … penso a te… penso che sarebbe una bella cosa vederci a Venezia dove starò giovedi venerdi, sabato e forse domenica. Vieni? Ti bacio Tuo Ernesto lettera Indirizzata a Miazzina Roma 31 Xbre 97 Mio caro Vittore Basile, quanta vita! Calandra51, quanta armonia, come tutto è armonico! D’Orsi, che coraggio! Morelli si fece girare il gruppo palmo a palmo e vi trovò delle bellezze meravigliose. Faldi vi girava intorno sbalordito bestemmiando ostie, e tutti in coro =bisogna averlo a Parigi nel 900 sarà la nota più originale e più forte della mostra= Tutti rimangono entusiasmati dinanzi a questo lavoro, solo io resto freddo, e credo di aver fatto male a farlo… Perché spendere tanta vita, tanta gioventù, tante fatiche per esprimere un pensiero, un sentimento? Col materiale di sacrifici e di dolori che mi costa quel gruppo, avrei potuto esprimere 50 sentimenti avrei potuto fare 50 cose; in un metro di tela si può dire tutto quello che si legge in quella mole di gesso, in quei 50 futuri quintali di bronzo se riesco a trovare 30.000 lire per fonderlo… Sono stato uno scioperato, un uomo senza criterio; ho speso tutto un patrimonio d’intelletto e di fosforo, per produrre una sola cosa; ho fatto come colui che per combattere i calori del sol leone va a piedi a Napoli per gustarsi i gelati alla napolitana, e l’acqua fresca di Chiatamone pel vanto di dire, sono andato a piedi a Napoli, vi ho messo 40 giorni, ho speso 300 lire, senza pensare che giunto a Napoli il sol leone era passato i gelati e l’acqua fresca poteva trovarli anche a Porto d’Anzio con un ora di ferrovia e tre lire di spesa, e questo refrigerio se lo sarebbe procurato in luglio, invece di averlo in settembre. Fortunatamente però mi sento ancora forte e sano di corpo e d’intelletto, che è precisamente quello che auguro a te ed ai tuoi cari. Buon anno Tuo Ernesto La mamma, pittura sempre? 1898 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 22 Xbre 98 Mio caro, come stai? Cosa fai? Lavori? Io sto benissimo di salute e di spirito, di spirito più di tutto, perché dietro proposta della Giunta di B.A. il ministero ha comperato il mio gruppo per essere fuso in bronzo portato all’esposizione di Parigi, e conservato di poi alla galleria di arte moderna. Un

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prezzaccio, come puoi immaginare, ma ciò importa poco, tanto oramai incomincio a persuadermi che non debbo diventare ricco… quello che mi ha fatto piacere è il voto della Giunta che fra le altre cose dice =il gruppo di Biondi è di una importanza eccezionale come concetto e come intensità e vigoria d’esecuzione, sarà non ne dubitiamo il caposaldo della mostra italiana= Io ardo di desiderio di rivederti, dammi almeno tue notizie e quelle di tua famiglia che ricordo sempre con piacere= Buone feste Tuo Ernesto 1899 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 22 99 Non aver paura amico mio, l’arte fossile ha fatto il suo tempo nel mio spirito e non ne farò più. Deus resistit ecc. l’arte mia dell’avvenire sarà un’altra cosa stanne sicuro, solamente il giudizio della Giunta mi ha fatto piacere, perché ho vinto una battaglia contro i colleghi dell’ambiente romano. Vidi il trittico di Miazzina a Venezia, e ne rimasi come al solito bene impressionato, ma tu mi metti la fregola addosso coll’annunciarmi un nuovo lavoro, e del quale ti mostri tanto entusiasta, tu che sei così difficile anche a semplicemente contentarti.. di che si tratta? Lo mandi a Venezia, o lo serbi per Parigi? Vivi sano intanto, e non romperti più le spalle… Lascia che se le rompino i re, gli imperatori, i principi quando vanno a caccia, alle corse, o quando ballano… Tutto tuo Ernesto lettera indirizzata a Milano Roma 12 giugno 99 Caro Vittore L’articolo sul =Carlino mi fa venire la tentazione di spendere un paio di centinaia di lire per andare a vedere i tuoi quadri, lire che non avrei sul momento.., ma non potresti intanto mandarmi la fotografia? Capisco che la fotografia non renderebbe la musica del colore di cui parla l’articolista, ma sarebbe già qualche cosa.. mandamela adunque ed il buon Dio ti conservi giovane di spirito e forte come mi sento io, specialmente in questi giorni che vedo il bronzo colar nelle forme del terribile gruppo che mi ha tormentato per tanti anni, ed ora fra pochi mesi vita nuova arte nuova. Ti bacio Tuo Ernesto P.S. Stammi a sentire. Credo che a te non sia mai capitato il guaio che dovrebbe capitare a me nella mattinata di mercoledì 14 corrente dovevo assistere ad un matrimonio in compagnia di più di 70 invitati! Immagini tu il povero Ernesto in abito nero, andare in chiesa andare al municipio, mangiare pasticcetti bere il rosolio, fare i complimenti d’uso alla coppia felice recitare dei versi d’occasione, ma ad ogni modo brindare ai due ingenui che vanno ad accoppiarsi ad Amalfi ecc. ecc! Ma = sette ne pensa l’oste e quattordici il so… = ieri gli ho fatto avere il regalo, un braccialetto con un brillante ed una perla il brillante e lui; la perla e lei e dopo dimani mercoledì alle 8 avranno un telegramma così concepito.. Luigi Vincenti

Via S. Agostino 3 Roma Vivi lungamente felice Viva con te gentile compagna Tua Ernesto Sei tu adunque che dovrai dopodomani, mercoledì, alle ore otto di mattina spedire ai sposi qui in Roma il telegramma, e se per combinazione tu non ti trovassi a Milano prego colui che aprirà la lettera a fare le tue veci Qui accluso si trova l’importo del telegramma [su altro piccolo foglietto] P.S. Come potrai immaginare sono ricorso a questo ripiego per mostrare ai festaioli che io sono assente da Roma. Intanto domani mi chiudo nello studio e ne escirò domenica per andare a messa a ringraziare la Vergine per lo scampato pericolo. [sulla busta] In assenza del destinatario apra la presente qualcuno della famiglia poiché è urgentissima. cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 18 - IX - 99 È molto bello quello che dice Oietti di te e deve essere anche molto vero! =il senso profondo della solitudine alpestre= l’ho sentito anche io, e la sento tuttora guardando le piccole fotografie che mi hai mandato. Bravo figliuolo, ti bacio - buon lavoro Tuo Ernesto lettera Roma 28 XI 99 Mio caro Vittore Ho ricevuto la tua cartolina, grazie del simpatico ricordo che serbi di me. Ed ora stammi a sentire. Una signora intellettuale mia buona amica ha deciso di dare qui in Roma all’associazione della stampa una conferenza sul nostro indimenticabile Segantini. Sono sicuro che questa conferenza potrà venire una cosa veramente buona, ma si vorrebbe illustrare con delle proiezione di tutta o gran parte delle opere del grande scomparso. Puoi tu procurare le fotografie o le negative dei lavori eseguiti? Ti assumeresti anche il peso di dare delle notizie dettagliate dell’infanzia e della prima gioventù dell’amico carissimo? La conferenza che ripeto potrebbe venire una cosa forte si darebbe a benefizio del monumento, e l’incasso, dato il nome della conferenziera e l’organizzazione delle proiezioni che curerei io potrebbe anche essere rilevante. All’opera dunque, rispondimi presto e rispondi affermativamente. Ti bacio. Tutto tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Morolo - Natale 99 Mio caro Vittore Qui su questa falda dei Monti Lepini che meglio potrebbe chiamarsi la culla spinosa dei poveri, passo in questo anno la rassegna degli amici, e in verità in verità io ti dico che sei passato per il primo nella lanterna magica del mio cuore e del mio cervello. Do a te adunque il primo bacio, amico

Ernesto Biondi

dolce, e ti auguro ogni bene pel nuovo anno e pel nuovo secolo. Io ricordo tutti di tua casa, la tua tenera mammina che pitturava e forse pitturerà ancora, la tua spiritosa sorella, ricordo Quadrelli, ricordo tutto ciò che avvenne nelle brevi ore che passai in tua casa e con piacere. Ebbene saluta tutti affettuosamente e a te per l’avvenire non più rotture di spalle, non più raffreddori, e ci vedremo a Parigi. Tutto tuo Ernesto 1900 cartolina postale, indirizzata a Milano 27 - 3 - 900 Caro Vittore Il cinque e sei del p. aprile vado a Parigi, se passassi per Milano ti troverei? Oltre al desiderio di rivederti, avrei bisogno di parlarti di cosa di una certa importanza. Ti saluto intanto e rispondimi presto. Affm. Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano 30 Xbre 900 Mio caro Vittore, come stai? Io ti ricordo sempre con piacere, e più passano gli anni, e più la tua immagine mi diventa luminosa e dolce. L’ultima volta che ti vidi, mi facesti un’impressione strana! Possiedi ancora quella serenità di spirito? Ti auguro che l’entrata del nuovo secolo possa raddoppiarti, tanto da diventare … un cherubino addirittura… (questa frase mi ha fatto ridere). Come sta la mammina? Augurale tante belle cose per me. Io lavoro intorno al monumento d’America, spero presto ritirarmi in campagna, e fare delle cose umili che sono più nel mio temperamento. Ti bacio Tutto tuo Ernesto lettera Roma 25 - 900 Amico mio Debbo darti una seccatura che in fondo però non è una seccatura, perché starai in buona compagnia. =Il Fanfulla di Roma= ha promesso ai suoi abbonati la sortigione [?] di un’album con disegni originali di parecchi bravi artisti, fra i quali vi sarò, modestia a parte, anche io, insieme a D’Orsi Morelli, Dalbono ecc. Non potresti anche tu mandare una qualche cosa? Un acquarellaccio, uno schizzo, una prova di acquaforte avanti lettera magari, ma manda qualche cosa; te ne sarei obbligato io, te ne sarebbe obbligato l’amico Avena qui presente, oppure non te ne sarebbe obbligati, nessuno di noi due ma il fortunato vincitore dell’album… Ci siamo intesi adunque manda qualche cosa, o annunzia ciò che vuoi mandare perché il giornale possa incominciare a parlarne. Buon lavoro intanto e ti bacio, la fusione è finita. Tutto tuo Ernesto

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1901 lettera Roma 31 Xbre 901 Mio caro Vittore Ti ho ricordato fra i primi questa sera, e ti ho ricordato con intensità di affetto, come nel primo anno che ci conoscemmo 1885 seconda quindicina di Aprile. Dieciasette anni di vita. Dieciasette anni di lotta coll’arte abbiamo vinto? Vinceremo? Chi lo sa? Ciò che oggi è bianco domani può essere nero e viceversa… È meglio non occuparci del domani della nostra produzione, cerchiamo di essere sinceri, cerchiamo di dare colla maggiore semplicità possibile tutto ciò che possediamo e tirriamo innanzi.. Tu cosa fai? Stai sempre dietro alle ricerche musicali dei colori? Io non posso ancora fare un poco di arte intima sono sempre assorbito dal monumento d’America. Questi lavori se ti danno il pane quotidiano abbondante, ti rubano i megliori anni della vita! È un brutto destino. La mammina come sta? Salutala tanto tanto da mia parte, e tu come stai di spirito e di corpo? Ti bacio buon anno a tutti. Affm. Ernesto 1902 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 19 - 1 - 1902 Mio caro - Ieri fui dal Commendatore e gli parlai come cosa di mia iniziativa, poiché anche io faccio parte degli amatori e cultori di B. A. Mi rispose che per avere in prestito le acqueforti della Galleria è necessario che tu faccia direttamente dimanda al Ministero della Pub. Istr. E trattandosi d’incisioni che tu puoi benissimo ripeterle non è facile che ti accordi il permesso; ad ogni modo puoi provarti ed egli il commendatore interpellato si mostrerà favorevole. A giudicarlo così a occhio e croce, mi pare che quella bella pancia abbia ragione: qui non stiamo dinanzi ad un quadro ma a delle incisioni. Mandale adunque ed io cercherò di fartele sistemare dignitosamente. Hai letto sulla Gazzetta degli Artisti la risposta nella mia lettera a Podrecca? Ti abbraccio e sono ai tuoi ordini. Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 30 gen. 1902 Caro VittoreHo consegnato la tua lettera al Ministro. Dal modo come ho messo le cose credo che otterrai ciò che desideri. Le tue acqueforti sono benissimo collocate in GalleriaVivi tranquillo, le hai date per poco, pel rimborso delle spese, ma, è la nota più originale della Galleria, in genere d’incisioni, ed il pubblico, ciò che è meraviglioso nell’ambiente romano, se ne è accorto. Ti bacio amico simpaticone. Tuo Ernesto.

lettera Roma 26 feb 902 Tu mostri una sensibilità eccessiva mio caro Vittore. Perché temi di avermi offeso? Tu approvasti il mio giudizio su Ettore Ferrari; ma seppure fossi stato di parere diverso non me ne sarei allarmato. Diamine, ti voglio tanto bene! Mi ricordo di te come della figura più bella, più buona, più luminosa che io abbia incontrato nella vita e vorresti che prendessi cappella perché non dividi le mie idee? Un altro rimarco ancora. Mi hai ringraziato cinque o sei volte per una cosa insignificante, per essermi occupato delle tue acqueforti, mentre io ho sentito molto piacere a renderti questo piccolo servizio. Ma, seppure fosse stato un fastidio, perché tante cerimonie? Dove è l’amicizia? Via non usare più con me questo linguaggio e prendi un bacione dal tuo Ernesto. Dovrei andare a Torino in aprile, ti farò una visita. Buon lavoro. La esposizione bianco e nero va diventando una cosa seria, manda perfino Alma Tadema. cartolina postale, indirizzata a Milano [con il ‘logo’ della “costituenda Società/ Editrice di Novissima/ Esposizione pro Novissima/ Roma 1 dic 1902/ 31 marzo 1903”] Roma 25 9bre 1902 Mio caro, gli anni passano e la tua faccia, al contrario della mia, diviene sempre più serena sempre più dolce.. Grazie del ricordo che serbi di me, e del ricordo che mi hai inviato, al quale ho dato un bacione.. Tutto tuo Ernesto 1903 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 3 aprile Caro Giacchè ti ha divertito la prima polemica ti mando la seconda. Capisco che tutto questo è spiacevole, per i feriti che rimangono per la strada, ma come fare? Io fui il padre di quel nuovo regime ed è pur necessario, che spezzi qualche lancia per difenderlo… Tu hai bruciato le navi adunque, bravo, ti auguro un successone. Quando vai a Venezia? Se fosse possibile incontrarci! Ti bacio Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano [su retro della foto del S. Francesco di Biondi] Laudato sii anche tu con la tua mamma carissima. Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Capri, 29 Xbre 1903 Carissimo Vittore Da Capri, dall’isola incantevole t’invio gi auguri pel nuovo anno. Sono venuto qui per guai, ed invece ho trovato un nido di colleghi, che me li hanno fatti dimenticare. Sarto-

Ernesto Biondi

relli di Venezia - Casciaro di Napoli, Campagnoli di Bologna e Ferrovieri [?] di tutto il mondo… Una compagnia simpaticissima; si sconvolge ad ogni seduta colazione o pranzo, l’arte, la società, la filosofia, la religione e si torna sempre a capo… Tu come stai? Lavori? Ti abbraccio amico indimenticabile. Tutto tuo Ernesto 1904

cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 29 Xbre 1904 Sii felice! La frase è usata da tutti, la forma è antica, eppure non sappiamo rinunziare al vecchio costume al pregiudizio magari, e dobbiamo, in questi giorni che sono gli ultimi dell’anno augurarci la felicità pur sapendo che essa è l’inafferrabile fata morgana della vita.. Sii felice adunque anche tu mio Vittore che fra i primissimi ti sei presentato alla mia memoria. Sia felice la mammina tua e ricevi un abbraccio dal tuo Ernesto 1905 lettera Roma 30 Xbre 1905 Mio caro Vittore Noi ci scriviamo poco, e ci vediamo raramente, ma non per questo il mio affetto per te si è affievolito: io lo sento sempre intenso come negli indimenticabili giorni d’Anversa. Solo le vicende tormentose, che si sono scaricate sulle mie spalle, in questi ultimi anni, mi hanno tolto la serenità necessaria per fissare sulla carta i teneri sentimenti del cuore.. E così sono costretto ad anteporre alla dolce armonia dell’amicizia, il frastuono rumoroso e volgare della lotta quotidiana. Spero di esserne presto liberato, spero rientrare presto interamente all’arte, che fu per tanti anni, bene o male, la mia magliarda, il mio conforto e compensarmi in tal modo del tempo perduto dei dolori passati. E tu come stai di spirito? Lavori? Buon anno, mio carissimo indimenticabile amico, buon anno alla mammina tua che rivedo, come se l’avessi presente, e ricevi un abbraccio dal Tutto tuo Ernesto 1906 cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 5 gen - 1906 Caro Vittore Vogliamo ad ogni costo, ed al più presto una cosa tua per la nostra =Parola degli artisti= Ho ricevuto la tua lettera. Ti abbraccio. Tuo Ernesto

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cartolina postale, indirizzata a Milano Montecassino 26 giugno 1906 Mio caro Vittore Senza essermi deciso ancora a farmi frate, mi trovo da qualche giorno nel silenzioso archicenobio di Montecassino, ed è qui che mi è stata rispedita la tua lettera. Grazie: essa mi ha procurato un vivo piacere poiché mi ti ha ricordato, e mi ha provato che tu anche lontano pensi qualche volta a me.. Farò quel che tu dici, e te ne scriverò il risultato. Ti saluto intanto ed a 7bre spero venire ad abbracciarti. Tutto tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano [recto: panorama di Nettuno] Mio caro Vittore, oggi 10 agosto qui a Nettuno, mangiando e bevendo ho parlato di te, delle tue idee delle tue aspirazioni ai miei non pochi amici qui residenti, che ti amano e ti stimano non meno di me. Ebbene qui da Nettuno t’inviamo il più caldo il più affettuoso saluto. Tuo Ernesto biglietto postale, indirizzato a Milano [timbro postale 4 - 11 - 06] Caro Vittore Mi trovo a Milano da poche ore, e riparto fra poche ore. Stasera verso le 6 e forse anche prima verrò a salutarti. Tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Roma, 31 Xbre 1906 Mio caro Vittore Penso a te in questa ora solenne in cui il vecchio anno va precipitando nel vortice inesplorato, inesplorabile del tempo… Penso all’amicizia nostra, che conta oramai venti anni ed è rimasta incontaminata, e ti mando i più caldi auguri di felicità per te per la graziosa mammina tua pel tuo fratello, ultimo conosciuto, e per i tuoi cari tutti.. Buon lavoro nel nuovo anno Tuo Ernesto 1909 lettera Roma I - 909 Mio caro Vittore, Non è più il caso di augurare all’amico la buona fortuna, la buona salute, o la gloria, nella ricorrenza dell’anno nuovo: tutto questo serve a nulla, sono cose da non tenerne conto.. Il solo augurio che ora può farsi al compagno di viaggio su questa pericolante terra che ci ospita tanto precariamente è di dirgli “gli dei crudeli non ti abbandonino alla furia degli elementi.. Quale sventura, quale dolore amico mio, quale torrente di lacrime si è riversato sulla Sicilia, sulla Calabria fiorenti! Pare un sogno, pare una fosca visione, più che una realtà!.. Come stai Vittore? Lavori? La mamma come sta? Io ho molto lavorato nell’anno scorso, cose di poca importanza, naturalmente, ma mi hanno dato un poco di guadagno. So-

no riuscito a fabbricarmi uno studio in via degli Scipioni n. 290 - e ne ho pagato già una buona parte. Ora voglio provarmi a preparare una cosa per la esposizione del 1911. E tu continui nelle tue ricerche? Ti abbraccio mio caro indimenticabile amico, gli eventi non ti siano contrari nell’anno che entra oggi nell’eterno crogiolo dei secoli. Dammi tue notizie e continua a tenermi per Tutto tuo Ernesto lettera [carta blu, con logo EB] Mio caro Vittore “tutto more, tutto passa solamente Dio non more” cantava Salvatore Di Giacomo, e credo avesse ragione.. La nostra amicizia che è durata calda e confidenziale per 23 anni, al 24mo si è ridotta ad una semplice cartolina.. Anche essa va passando; e minaccia di morire prima del nostro ritorno alla “Gran madre antica”. Ma, tu non tornerai incolume a questa madre nostra: tu buono e tollerante nella vita, vuoi essere violento con te stesso, quando giunto al capo della strada, stanco lacerato da innumerevoli ferite sentirai il bisogno di riposo e di sonno riparatore, per ricominciare, chi sa? Un nuovo viaggio attraverso lo spazio, atraverso l’eternità. Quale sciocchezza fanno gli uomini che vogliono forzare la natura! Ed anche tu buono mite ragionevole, - l’arte tua me lo dice - come mai hai deciso di bruciarti? Io per me, se potrò essere padrone della mia volontà farò scavare una fossa sopra una montagna deserta ed involto in un semplice panno di lino attenderò lassù la mia decomposizione. È più semplice cosa ed è onesta come l’arte tua. Quell’arte che io amo tanto, e che ancor non ho fatto.. A proposito d’arte, prepari una buona mostra nel 1911? Io vado seminando la mia energia ad un opera onesta e pietosa d’intendimenti, ma potente e voluminosa di forma, come la grande ingiustizia e il grande dolore che pesa da secoli sulla umanità e che essa vuole rappresentare. Arriverò alla raccolta? E raccoglierò grano o loglio? “Deus resistit superbos” tu scrivesti un giorno, ed io mentre sono un umile nella finalità sono un superbo nella esplicazione della Idea. Quel Deus che tu hai invocato, me la mandi buona, amico della vecchia guardia. Buon anno, ti abbraccio Tutto tuo Ernesto Roma 31 XII 1909 1911 lettera Caro caro Io sogno l’opera tua; me ne compiaccio come cosa mia, ma non ti scrivo: perché? Io stesso non so rispondere alla mia domanda.. Ad ogni modo l’immagine dolce e pensierosa, che mi mandi fissata sulla carta, mi ha procurato una vera gioia.. Grazie Vittore, ti abbraccio Tutto tuo Ernesto 8 maggio 1911

Ernesto Biondi

lettera Sono venticinque anni che ti penso Vittore, e sempre colla stessa intensità di affetto, come nei primi tempi.. Ti sia il nuovo anno apportatore di bene, e l’arte, questa nenia, spesso dolce, spesso malinconica e triste, che accompagna tutti i movimenti di nostra vita, sorregga il tuo spirito e lo tenga lontano dal dolore volgare, dalla lotta volgare, che si combatte per la vita quotidiana. Addio amico indimenticabile. Tuo Ernesto Roma 31 Xbre 1911 1912 lettera [Su carta intestata: “Municipio di Nettuno/Ufficio di Segreteria”] Mio caro Vittore, Ricevei la tua cartolina colla prima posta dell’ultimo giorno dell’anno seduto dinanzi al tavolo di studio, mentre passavo in rassegna le creature umane alle quali io sentivo il bisogno d’inviare il mio augurio, e di essere da loro ricordato; e tu mi apparisti fra i primi. Ti risposi immediatamente pensando che avresti dovuto ricevere il mio sorriso la mattina del primo d’anno.. e, la malinconica notizia del destino toccato al tuo “bosco in inverno” io ti dicevo, che una ventina di anni or sono, esso mi fu quasi rapito da un giovine pittore australiano venuto a studiare in Roma, e che dopo qualche anno se ne tornò al paese natio. Era questo un tipo assai originale, ma in fondo un bravo figliuolo, che mi avrebbe potuto fare qualche bene, ed anche per questo mi lasciai rapire l’acquarello. Per i primi anni vi fu una certa corrispondenza, calda la prima, tiepida la seconda, freddina la terza, ma dopo una diecina di anni non rispose più alle mie due ultime lettere.. Ora ti dovrei parlare di me, come mi chiedi, ma l’ambiente dove mi trovo per imbastire un lavoro di una certa importanza, non me lo permette lo farò [?] in Roma come potrò. Quello che posso dirti in fretta è, che vivo una vita troppo affaccendata, perché mi sia possibile pensare seriamente all’arte… sono stato invitato a Venezia, ma non posso mandarvi nulla. Ti abbraccio. Tuo Ernesto cartolina postale, indirizzata a Milano Roma 8 gen 1912 Caro Grazie delle tue paure, e rinfranca il tuo spirito… Mio padre ha 90 anni, e ancora s’inquieta come un uomo di 30Il tuo acquarello, che ha traversato il mare indiano, è il padre dell’acquaforte, che mi hai mandato. Però l’acquarello era, o è, me lo auguro, più dolce più mite, e la prospettiva aveva una finezza purissima… Avrei voluto non dirti questo, per non rammaricarti, come ne sono io rammaricato d’averlo perduto… ma nascondendoti questi pregi, mi sarebbe parso di commetere una cattiva azione. Se mi mandi le tricromie mi procurerai un piacere. Addio ti abbraccio. Tuo Ernesto Ho qui, in un cantuccio del mio scrittoio il tuo armonioso testone, che mi guarda con un modo di parlante malinconia.

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lettera Vittore, come Iehova d’Israele volle, in tempi antichi, castigava Giobbe, uomo intero e diritto, nato nel paese di Ur, così Iehova dei cattolici ha voluto, a tempi nostri, castigare me nato nel paese di Cioceria, non meno intero, non meno diritto del biblico Giobbe. E mi ha castigato con dolori sopra i miei bronchi, e tutto il mio corpo di grave malattia. E la mia carne fu consumata talchè non apparisse più, e le mie ossa che prima non si vedevano, spuntarono fuori, e il mio spirito ne fu contristato per più di quaranta giorni. Ma ora che lo sdegno di Iehova è placato, le aure balsamiche del mare di Nettuno, stanno ristorando il mio organismo, e le mie ossa, che prima erano spuntate fuori vanno di nuovo ricoprendosi. Ecco perché io non ti ho saputo dire, fino ad oggi, che le tue “libellule che vanno a dormire sono deliziose, e non ti ho saputo dire del mio rammarico di non saper fare un’arte così dolce.. Buona Pasqua, e siano le tue ossa ricoperte di rosea carne, e sia il tuo spirito lieto per lunghi anni ancora. Ernesto Figliuolo di Zebedeo Nettuno III Aprile Anno I del Regno di Pirenaica 1913 cartolina postale, indirizzata a Milano Tu passi stamane fra i primi, stamane, sul disco luminoso della lanterna magica del mio cervello, e passi come una cara immagine, cara come quando t’incontrai ad Anversa ventisette anni or sono.. ti conservi ancora nella mia mente, e nel mio cuore limpido e bello, come in quei giorni lontani, che fosti per me un caldo raggio di sole in una triste giornata invernale! Ti abbraccio mio Vittore, e ti sia l’anno nuovo apportatore di bene Tuo Ernesto Roma 1 - 1913 P.S. Il primo giorno dell’anno mi trova a letto malato, non gravemente, forse 1914 lettera Roma, 22 aprile 1914 Mio caro Vittore, tornato ieri da Assisi, ho trovato sul tavolo di studio le tue “concezioni” che hai voluto inviarmi: e le chiamo concezioni, perché non possono dirsi quadri, nel senso usuale della parola: esse son delle visioni deliziose, dei riposi di anima, sono delle vibrazioni, che tu solo sai sentire, che tu solo possiedi fra i nostri artisti anche i migliori.. Sono sorrisi, sono sospiri, sono malinconie: e, tutto è bello, fine, dolce in queste opere tue. Dimmi Vittore, come fai tu a rimanere tanto fuori della lotta della vita? Ma i tuoi colleghi, che incombrano le Esposizioni colle loro sparate, vuote, vane, orgogliose, non ti aggrediscono? E come fai a difenderti? Sei tu il drago, che uc-

cidi, o l’eremita fuggito nella tebaide? O, i cavadenti non ti hanno compreso e ti lasciano andare? Ad ogni modo, tu hai vinto Vittore, e tutto ciò, che è stato prodotto dai tuoi coetanei dopo Segantini è perduto, o sta per perdersi: e l’opera tua rimane, come il poema, che traversa i secoli. Ti abbraccio, e quando in autunno andrò a Venezia, verrò a vivere un paio di giorni nella tua sinfonia, ed a baciare quel tuo faccione bianco, pensieroso, e buono, che da più d’un’anno da un cantuccio del tavolo di studio, coi grandi occhi segue i quotidiani movimenti miei. Venezia? Fui invitato a esporre, fui anche pressato, e non ho fatto, non ho potuto fare, non ho forze. Il mio spirito è affannato da anni, è lo è ancora. La mia produzione, è comune, e lucrativa… e come avrei potuto fare diversamente, date le condizioni della vita mia? Mi ritirerò presto però e darò anche io, lo spero, la mia musica all’arte, e un pochino di erba amara ai saltimbanchi. La Galleria Nazionale è chiusa da un’anno, e i giustizieri, mi dicono, stanno facendo cose da pazzi. Tutto tuo Ernesto

cartolina postale con foto di profilo di Biondisulla foto: “Oggi parto per /l’America, mandami/gli auguri di buon viaggio/ mi porteranno fortuna, forse” sopra talloncino postale giallo “A proposito di Cronaca, perché non fai mettere sotto gli articoli, almeno i più interessanti la firma ed il ritratto dell’autore? È bello guardare in viso la gente che parla, ed è utile.. Potrebbe piacere assai questa novità e costerebbe pochissimo. Tutto tuo Ernesto” sopra talloncino postale rosa “Vivi sano e va lontano amico dolce, vivano con te i tuoi cari, e non perder tempo a scrivermi, tanto leggo la tua prosa tutte le settimane. Riabbonami alla Cronaca d’arte e fammi mandare: N. 41 45 - 46 che mi pare non averne ricevuti [la riga sottolineata da me era stata poi cancellata da Ernesto, che di lato sul polizzino scrive]: non mi serve niente li ritrovai.

[biglietto trascritto?] Chi sa? Persino la buona mamma che… pittura. Quando mi giunse l’altra mattina, baciai due volte quel piccolo profilo, d’una grande bambina.. come baciai due anni or sono, la fronte pensierosa, del nobilissimo figliolo che mi stà ancora dinanzi; come ti bacio oggi. Ernesto Biondi lettera [Roma 30 xbre 1914] Mio caro Vittore, Le lontane visioni della nostra Anversa, che tu hai fissato con tanta freschez(za) di vibrazioni, mi guardano, malinconiche, sperdute, sul mio tavolo di studio… e penso alla solenne serenità, che accompagna il tuo spirito negli anni … grigi. e sento un dolce senso d’invidia ai tuoi silenzi, ai tuoi sogni, alle tue apparizioni… notturne… chi sa? Perfino la buona mamma che… pittura. Quando mi giunse l’altra mattina, baciai due volte quel piccolo profilo, d’una grande bambina.. come baciai due anni or sono, la fronte pensierosa, del nobilissimo figliolo, che mi sta ancora dinanzi; come ti ribacio oggi, penultimo giorno, d’un anno sanguinario.. Vittore: ti abbraccio in spirito, non sia turbato, esso, nel corso dell’anno 1915. Tuo Ernesto Che non sta bene in salute. Lo annunzia lo scritto disordinato Roma 30 Xbre 1914 Lettera senza data entro busta: 2 buste 1 piccola: indirizzata a “Sig. Vittore Grubicy/ Corso Porta Vittoria N. 12/ Milano” sul timbro postale: “Napoli 86” 1 più grande: busta con intestazione de “La Riforma/ giornale politico quotidiano/ Direzione/ Roma” [dal timbro postale è il 1893]

Ernesto Biondi

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Note 1 Pasquale Schioppa, fabbricante di terraglie napoletano; si unì nel 1884 a Cesare Cacciapuoti, dando vita alla fabbrica di ceramiche artistiche “Schioppa & Cacciapuoti”. Cfr. Le ceramiche Cacciapuoti da Napoli a Milano 1870-1953, catalogo della mostra a cura di L. Arbace, N. Stringa, G. Anversa, F. Buranelli, Faenza, Editoriale Olimpia, 2000, ( Faenza, Palazzo delle Esposizioni, 2000), pp. 13-17. 2 Michele Danesi (Napoli 1809 - 1887), pittore e fotografo, a Roma dal 1839, titolare dello stabilimento di riproduzioni fotomeccaniche in Roma, premiato alla Esposizione di Parigi del 1878, medaglia d’oro alla Esposizione di Torino del 1884 e presente alla Esposizione universale di Anversa del 1885. Dopo la sua morte divennero titolari della ditta i due figli Camillo e Cesare. Cfr. P. Becchetti, Fotografi e fotografia in Italia 1839-1880, Roma, Edizioni Quasar, 1978, p. 99 e M. Miraglia in Dizionario biografico degli italiani, 32, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 1986, pp 564-567. 3 Luigi Chirtani (Milano 1825 - 1902) critico, dalla fine degli anni Ottanta professore di storia dell’arte all’Accademia di Brera. Fu assai vicino alle posizioni antiaccademiche propugnate da Vittore Grubicy, ma nei primi anni Novanta esprimerà aspre critiche nei confronti delle realizzazioni dei pittori divisionisti, critiche ribattute da Grubicy con toni altrettanto accesi. Nel 1885 aveva al suo attivo numerose pubblicazioni, sia come scrittore di racconti, attingendo alle proprie memorie risorgimentali, sia come autore che come commentatore di edizioni di interesse storico-artistico: ricordiamo nel 1875 per Treves Le meraviglie dell’incisione del Duplessis, nel 1881-82 Le meraviglie delle arti di Andrea Lefevre e Luigi Viardot, nel 1885 per Vallardi Le arti del disegno in Italia. Storia e Critica. II. Il Medioevo di P. Estense Selvatico, opera non compiuta dal Selvatico e da Chirtani terminata. 4

Le prime prove pittoriche di Vittore risalgono al 1884. Per l’opera pittorica di Vittore Grubicy si veda il catalogo ragionato di S. Rebora, Vittore Grubicy De Dragon: 1851-1920, Milano-Roma, Jandi Sapi, 1995, e la recente mostra Vittore Grubicy de Dragon poeta del divisionismo 1851-1920, catalogo della mostra a cura di S. Rebora, Milano, Silvana Editoriale, 2005 (Verbania-Pallanza, Museo del Paesaggio, 2005). 5

Alessandro Nelli (Roma 28 gennaio 1842 - ?), scultore e fonditore; titolare di una delle fonderie artistiche più importanti della capitale, fu il fonditore di Ernesto Biondi sin dal 1883; presso il suo stabilimento in via Luciano Manara, al Gianicolo, venne realizzato il grande gruppo dei Saturnali. Cfr. E. Colle, A. Griseri, R. Valeriani, Bronzi decorativi in Italia: bronzisti e fonditori italiani dal Seicento all’Ottocento, Milano, Electa, 2001, pp. 42, 320-323, 386 6 Non è dato sapere a quale dei tre fratelli Maris Biondi si riferisca (Jacob Maris, L’Aia 1837 - Karlsbad 1899; Matthijs Maris, L’Aia 1839-Londra 1917; Willem Maris, L’Aia 1844 - 1910). Ma è ragionevole pensare che Grubicy avesse indotto Biondi ad eseguire un d’après da Jacob Maris, più volte portato ad esempio negli scritti come maestro ideale, per il suo saper gui-

dare l’allievo al contatto diretto, scevro da condizionamenti, con la natura. Cfr. V. Grubicy, L’Arte a Milano IV Introibo - Un pò di storia della pittura milanese contemporanea - Cosa si è fatto, si fa e cosa resta a fare, in “La Riforma”, 9 maggio 1886. Sui pittori della scuola dell’Aia si veda Gli amici olandesi, in Vittore Grubicy e l’Europa. Alle radici del divisionismo, catalogo della mostra a cura di A. P. Quinsac, Milano, Skira, 2005 (Torino-Trento 2005-2006), con bibliografia precedente. 7 Anton Mauve (Zaandam 1838 - Arnhem 1888). Tra il 1883 e il 1885 Mauve fu l’artista olandese di cui Grubicy effettuò il maggior numero di acquisti per conto della casa di vendite parigina “Arnold & Tripp”. In quegli stessi anni Grubicy faceva conoscere la sua opera a Giovanni Segantini e Emilio Longoni, che ne rimasero profondamente influenzati. 8 Augusto Stagni, insieme a Vittore Grubicy condivideva l’incarico di delegato ufficiale dello Stato italiano presso l’Ufficio vendite della Sezione di belle arti della Esposizione universale di Anversa. Cfr. V. Grubicy, L’Italia all’Esposizione di Anversa, in “La Riforma”, 5 luglio 1886 9 Si tratta del gruppo la Morte di Antigono, che rappresentava la tragica morte dell’ultimo re di Gerusalemme; dopo essere stato esposto ad Anversa venne inviato ad una galleria di Londra attraverso la mediazione di Grubicy. 10

Negli anni Ottanta era Elbert Jan van Wisselingh a capo della ditta van Wisselingh, con sede all’Aia; questi era il figlio del fondatore H. J. Van Wisselingh, ritratto nel 1846 da Courbet. La firma esisteva dal 1838; dopo Goupil divenne la seconda casa di vendite specializzata nella pittura della scuola di Barbizon in Olanda. Dai primi anni Novanta aprì una sede distaccata ad Amsterdam. 11

Serafino Macchiati (Camerino 1861 - Parigi 1916), tra il 1888 e il 1889 fu legato da contratto con Vittore Grubicy, che gli fornì i primi contatti con il mondo editoriale francese; dal 1898 si stabilì a Parigi. Divenne celebre come illustratore delle principali riviste europee, come la “Tribuna Illustrata”, il “Figaro illustré” e l’“Illustrierte Zeitung”, e dei romanzi delle più importanti case editrici, da Treves e Sonzogno di Milano ad Alphonse Lemerre, Pierre Lafitte e Arthème Fayard di Parigi.

Walter e Charles. La galleria ebbe vita tra il 1878 e il 1912. 15

Biondi allude al pastello da lui realizzato nel 1885, che riproduceva ne L’arte del Nord - opera fotoincisa dai fratelli Danesi - il dipinto di Philippe Zilken, Pescatore di Scheveningen, 1885, ora nelle collezioni del Museo Mesdag a L’Aja. 16

Biondi non partecipò al concorso; Grubicy, in un articolo dedicato ai bozzetti presentati al concorso di Milano, lodava i lavori di Pietro Bordini di Verona e di Umberto Nono di Venezia, citando anche Primo Giudici, si veda V. Grubicy, Il monumento a Garibaldi a Milano, “La Riforma”, 31 maggio 1887. 17

Alla Esposizione universale. Grubicy terrà una corrispondenza per il giornale “La Riforma” dalla capitale francese, Cfr. V. Grubicy, L’arte italiana all’esposizione di Parigi, in “La Riforma” 6, 10, 12, 13, 14 luglio 1887; L’arte italiana a Parigi. Meno male!, 21 maggio 1889; L’arte italiana a Parigi. G. Boldini, 15 giugno 1889; Gli artisti italiani premiati a Parigi, 11 luglio 1889; L’arte italiana all’estero e l’iniziativa privata, 14 luglio 1889; Arte e finanza. A proposito della vendita Secrétan, 16 luglio 1889. 18 Fu Vittore Grubicy a segnalare Serafino Macchiati ai fratelli Guillaume di Parigi, incisori. 19 Grubicy tratteneva presso di sé un bronzo di Biondi di soggetto orientalista, un Cammello. 20 Forse si tratta di una commissione per celebrare attraverso un dono a Papa Leone XIII il 50° anno dalla prima Messa del pontefice; i doni, ricevuti da ogni parte d’Italia e d’Europa, confluirono nella Esposizione mondiale vaticana del 1888. 21 Grubicy curò per “La Riforma” una corrispondenza da Venezia; Cfr. L’arte Italiana a Venezia e a Parigi, 27 gennaio, 22 febbraio, 2, 17 marzo, 2, 10, 12 aprile, 14, 15, 22 maggio 1887. 22

Sembra di capire dal riferimento di Biondi che il Cammello tenuto in deposito da Grubicy a Milano venga inviato a Venezia da Grubicy stesso. 23

Probabilmente si tratta di due dei bronzi esposti da Nelli a Venezia.

gno, 20, 29, 30, 31 luglio, 27 agosto 1888 ; l’articolo cui fa riferimento Biondi è il seguente: V. Grubicy, L’esposizione italiana di Londra. L’arte... culinaria ed i vini italiani, in “La Riforma”, 24 maggio 1888 27

Vittore Grubicy espose all’In Arte Libertas nel 1890, nel 1891, e nel 1894; di quest’ultima partecipazione non rimase traccia nei commenti della critica - come affermato da Biondi - in quanto Grubicy non firmò i quadri, e in aggiunta non venne pubblicato un catalogo della mostra. Grubicy dichiarava, a proposito del criterio selettivo che improntava le esposizioni del gruppo, che “un ideale consimile era da me vagheggiato da vari anni”, auspicando fra i veri artisti così in grado di emergere “una specie di affinità comunicativa, di riconoscimento misterioso, inspiegabile che li affratella all’istante - anche solo col tramite visivo delle opere - creando fra loro come una massoneria naturale, non governata da statuti, ma basata sul solo intuito istintivo”. (cfr. V. Grubicy, In Arte Libertas, in “La Riforma”, 18 marzo 1890). Alessandro Morani, segretario del sodalizio, in una lettera del 23 marzo 1890, dichiarava a Vittore la “nostra contenta sorpresa d’averla conosciuta.” (Mart, Gru I.1.1.623). Nel 1891 esponeva all’ In Arte Libertas anche Angelo Morbelli, il cui dipinto fu acquistato. Sulla partecipazione di Angelo Morbelli si veda P. Levi, L’arte a Roma - Morbelli all’In Arte Libertas, “La Riforma”, 20 febbraio 1891; Alessandro Morani in quell’occasione insisteva con Grubicy per avere in mostra anche opere di Mosè Bianchi e di Filippo Carcano; in un’altra lettera Morani si dichiarava spiacente che Carcano e Segantini fossero “così scarsamente rappresentati”, mentre rivelava come la Società si fosse opposta alla partecipazione di Luigi Conconi. (Mart, Gru I.1.1.623, lettera del 17 febbraio 1891). 28 Enrico Chiaradia (Caneva, Pordenone, 1851 - Sacile, Pordenone, 1901), seguì i corsi al Politecnico di Monaco di Baviera, perfezionandosi a Roma sotto la guida di Giulio Monteverde. Nel 1889 vinse il concorso per la statua equestre di Vittorio Emanuele II nel Vittoriano a Roma, opera lasciata incompiuta e terminata da Emilio Gallori. 29 V. Grubicy, Meissonier e l’arte, in “Cronaca d’Arte”, I, 9, 15 febbraio 1891, p. 1. 30

12 Si tratta della casa editrice milanese Sonzogno; non è noto se Ernesto Biondi avesse realizzato per la Sonzogno dei lavori come illustratore. 13 Jozef Israëls (Groninga 1824 - L’Aia 1911) a quel tempo il più noto e acclamato artista olandese fuori dei confini del proprio paese. I suoi quadri venivano assiduamente riprodotti dagli stabilimenti Goupil. 14 È conservato presso il Fondo Grubicy del Mart un documento che attesta l’arrivo di opere di Biondi nel dicembre 1885 nella sede della Galleria londinese “Dowdeswell & Dowdeswell”. La firma apparteneva a Charles William Dowdeswell e ai figli

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25 È la prima menzione del gruppo i Saturnali, su cui Biondi lavorerà per circa 10 anni, dal 1888 al 1898, quando verrà acquistato dallo Stato per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e fuso; sarà premiato alla Esposizione universale di Parigi del 1900.

Su “La Riforma” Grubicy intraprese la propria attività di pubblicista nel 1886, protraendo la propria collaborazione sino al 1893, anno in cui ebbe termine anche la direzione del giornale da parte di Primo Levi. Si veda M. Vinardi, Una raccolta di articoli di Vittore Grubicy per La Riforma tra le carte di Giuseppe Pellizza, in Pellizza e i Grubicy. Il carteggio di Giuseppe Pellizza da Volpedo con Vittore e Alberto Grubicy De Dragon, a cura di A. Scotti, con prefazione di S. Rebora, Tortona 2006 pp. 81-100.

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Esposizione Italiana di Londra del 1888

Grubicy, a Londra per curare la sezione italiana dell’Esposizione di Belle Arti del 1888, stilava una nutrita serie di corrispondenze per il giornale “La Riforma”: si vedano L’esposizione italiana a Londra, 3, 25, 31 marzo, 15, 16, 17, 19, 21, 24, 26, 27, 29, 31 maggio, 3, 7, 8, 9, 10,12, 20, 28, 30, giu-

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Grubicy scriverà l’articolo Ricordi d’Anversa, in “La Riforma”, 4 marzo 1891. 32 Il riferimento è al trittico Le vergini savie e le vergini stolte, Roma, Galleria Comunale d’Arte Moderna, opera ispirata al

gusto preraffaellita, cui Sartorio stava lavorando tra il 1890 e il 1893 dietro commissione del conte romano Giuseppe Primoli. 33 V. Grubicy, Una fontana artistica a Montelanico, in “Cronaca d’Arte”, II, 3, 10 gennaio 1892. 34

Si tratta del pastello che riproduceva il dipinto di Anton Mauve, Il ritorno del gregge, Philadelphia, The Philadelphia Museum of Art (George W. Elkins Collection); anche questo d’aprés faceva parte dei pastelli realizzati per l’album L’arte del Nord. 35 Biondi fa riferimento all’articolo di Grubicy Nella vita reale apparso su “La Riforma” il 28 agosto 1893, in cui si ipotizzava la dotazione di uno strumento intimidatorio in grado di liberare una scarica elettrica, in un futuro alle forze dell’ordine. 36 Con Serafino Macchiati Grubicy stabilì una forma di contratto che prevedeva l’invio di un assegno mensile di 150 lire, corrisposto dal febbraio 1888 al luglio 1889. Grubicy inviò a Macchiati anche quantitativi dei pregiati colori francesi Lefranc, e pennelli della stessa casa, da lui diffusamente pubblicizzati per la loro inalterabilità sui giornali su cui scriveva (si veda su “La Riforma”: La tecnica della pittura, 14 agosto 1891; Riservata ai pittori, 30 ottobre 1892; La pittura a tempera, 20 novembre 1892; La Batracomiomachia della tempera contro l’olio, 15 gennaio 1893; Notizie tecniche pei pittori, 10 aprile 1893; e in particolare la rubrica Pei pittori apparsa su la “Cronaca d’arte” dal giugno al dicembre 1891 e dal febbraio all’aprile 1892). 37 Filippo Antonio Cifariello (Molfetta, Bari 1864 [1865] - Napoli 1936) studiò all’Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Achille D’Orsi completando la sua formazione a Roma e a Parigi. Per la Basilica di San Paolo a Roma eseguì una statua colossale raffigurante San Barnaba. 38 La lettera è una copia dattiloscritta più tarda della data di redazione originaria del documento (1893); in quanto tale riporta l’indicazione dell’acquisto del gruppo i Saturnali (1900)

de della Famiglia Artistica milanese, incise trentaquattro acqueforti mobili “come invasato, lavorando notte e giorno”; Grubicy esporrà alcune di queste prove nel 1895 alla Esposizione annuale della Permanente di Milano e alla Prima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia. 41 Antonio Giovanni Lanzirotti (Napoli 1830 [1839] - Palermo 1911), studiò a Palermo e a Parigi sotto la guida di Pollet. Nel 1863 a Torino ottenne la commissione da parte del Re Vittorio Emanuele II delle statue raffiguranti il Conte Verde e Vittorio Amedeo I per il Palazzo Reale di Torino. 42 Grubicy, nei suoi interventi sulla pittura a toni divisi per l’ottenimento della maggiore luminosità, farà riferimento al trattato di O. N. Rood, Théorie scientifique des couleurs et leurs applications aux arts et à l’industrie, dal primo articolo apparso su questo tema, I colori nell’arte, in “La Riforma”, 26 agosto 1887, sino al suo intervento più specifico, Tecnica ed estetica divisionista, pubblicato nel 1896 su “La Triennale”. Tra le fonti sull’argomento, il testo francese da lui ripetutamente citato è La science de la peinture, di Jeahn Georges Vibert, edito a Parigi da Ollendorff, che sarà al centro delle diffuse comunicazioni in materia di tecnica pittorica condotte su “La Riforma” e sulla “Cronaca d’Arte” nella rubrica Pei pittori. È assai probabile che Biondi si riferisca proprio al Vibert. 43 Adalberto Cencetti (Roma 1847 - 1907), nel 1882 aveva realizzato per il Municipio di Roma il colossale gruppo in marmo l’Arte trionfante tra lo Studio e la Pace per il frontone del palazzo delle Esposizioni in via Nazionale. Per la chiesa di San Paolo fuori le mura a Roma insieme a Odoardo Tabacchi eseguiva la statua dell’Apostolo Matteo; dal 1890 impegnato nel Monumento a Suarez per il Messico. 44 Giovanni Biggi (Roma 1847 [1845, 1852] - 1913 [1915]), studiò a Roma all’Accademia di San Luca sotto la guida di Adamo Tadolini e Luigi Amici. Nel 1884 aveva eseguito le allegorie della Pittura e della Scultura per il prospetto del palazzo delle Esposizioni in via Nazionale a Roma.

39 Gli interventi di Grubicy in merito al restauro architettonico del Duomo di Milano appaiono tra il 1887 e il 1893 su “La Riforma” e “Cronaca d’arte”; per “La Riforma”: La facciata del Duomo di Milano. Soluzione, 27 maggio 1887; L’arte a Milano. Per la facciata del Duomo. “Sic vos non vobis...” 3° Concorso pel monumento a Garibaldi, 27 ottobre 1888; Intermezzi. Per la facciata del Duomo di Milano, 13 dicembre 1890; Le grandi porte in bronzo pel duomo di Milano, 3 giugno 1891; La facciata del Duomo di Milano. E se la si lasciasse qual’è?, 24 settembre 1891; La facciata del Duomo di Milano ed il modello Beltrami alla Permanente, 25 ottobre 1891; Cose incredibili: pel Duomo di Milano, 12 giugno 1893. Per la “Cronaca d’Arte”: La facciata del Duomo di Milano. Se la si lasciasse qual è?, Milano 1891, I, 39, 13 Settembre 1891; La facciata del Duomo ed il modello Beltrami alla Permanente, I, 45, 25 ottobre 1891.

50 Il trittico Inverno a Miazzina (ne facevano parte La sorgente, Sera, e Meriggio), venne esposto tra l’aprile e l’ottobre 1897 da Grubicy alla II Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia.

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Tra il settembre 1893 e l’aprile del 1894 Grubicy, nella se-

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Filippo Giulianotti (Genova 1852 - Roma 1903 [1904]).

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Achille Albacini (Roma 1841 - 1914).

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Eugenio Maccagnani (Lecce 1852 - Roma 1930).

48 Alfonso Balzico (Cava dei Tirreni, Salerno, 1825 [1820, 1830, 1837] - Roma 1901 [1900]). 49

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Emilio Quadrelli (Milano 1863 [1865] - 1925 [1923, 1927]).

Davide Calandra (Torino 1856 -1915).

Note biografica 1854 Nasce a Morolo, in via Capocroce 1, il 30 gennaio da Angelo e Eugenia Pistolesi. Il padre è armaiolo e intagliatore del legno. Si dedica al disegno sin dall’infanzia e, per la sua abilità, è attivamente coinvolto negli apparati decorativi delle feste popolari di Morolo e dei comuni limitrofi. Sulla base di un suo disegno viene rifatto il volto della statua lignea di san Cataldo a Supino, andata distrutta durante un incendio. Come ricompensa l’arciprete lo conduce a Roma per alcuni giorni. 1870 Il 3 maggio si trasferisce a Roma con il cugino Mariano. Insieme risiedono inizialmente in una soffitta di palazzo Altieri, poi, da solo, va a vivere in un appartamento dello zio don Pietro, cappellano nella chiesa di Sant’Agnese a piazza Navona. Tenta di entrare all’Accademia di San Luca, ma non viene ammesso e, per mantenersi, si dedica alle attività più varie: vignette per i giornali, intarsi in legno, lavori in cera, in terracotta, in stucco, in pietra, fino a fare l’appaltatore d’arte muraria. 1871 Risulta da quest’anno iscritto ai corsi dell’Accademia di San Luca. 1872 All’Accademia di San Luca ottiene nella seconda classe il primo premio per la scultura, il secondo premio per l’ornato e una lode nel disegno dei panneggi. 1874 Frequenta da quest’anno i corsi di Girolamo Masini alla Regia accademia di belle arti. 1878 Realizza la Tomba Mengozzi Huber per il cimitero del Verano. 1883 Espone il bronzo Una carovana all’Esposizione nazionale di belle arti di Roma. 1884 Espone i bronzi Alto Egitto e Una carovana all’Esposizione generale italiana di Torino.

1885 Espone la Morte di Antigono (L’ultimo re di Gerusalemme), Questuante della confraternita, Scena romana, Il campanello della processione, Nel deserto (bassorilievo), Legionarius, In carovana, Alto Egitto all’Esposizione universale di Anversa.

1889 Espone i bronzi Soliloquio, Due tamburini, Viva Bacco alla LX mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma.

Ad Anversa stringe amicizia con Vittore Grubicy, che diventa suo mercante.

1890 Si inaugura la fontana di Cisterna di Latina.

Realizza l’album L’arte del Nord, con disegni a pastello tratti da opere di artisti della scuola dell’Aia, pubblicato da Danesi. Vince il concorso per la fontana di Cisterna di Latina. 1886 La Morte di Antigono viene esposta a Londra, probabilmente presso la galleria Dowdeswell & Dowdeswell. Da gennaio a settembre vive a Napoli, dove si dedica alla ceramica lavorando per la ditta Schioppa e Cacciapuoti. Espone bronzi sotto il nome del fonditore Alessandro Nelli nella sezione delle arti industriali dell’Esposizione nazionale artistica di Venezia. 1886-1890 In questo arco di tempo si può collocare la Tomba di Domenico Petriconi nel cimitero di Anagni. 1887-1897 In questo arco di tempo si possono collocare i due Atleti in gesso per palazzo Pichi a corso Vittorio. 1888 Trascorre ancora un periodo a Napoli lavorando per la ditta Schioppa e Cacciapuoti. Espone Studio dal vero (Testa in bronzo), Ména (Testa in bronzo), I beoni (Gruppo di tre figurette in bronzo), Cicillo (Testa in bronzo) all’Esposizione nazionale di belle arti di Bologna. Inizia a lavorare ai Saturnali.

Partecipa al concorso per il Monumento a Pietro Cossa a Roma.

Inizia a lavorare al Dies irae. La giuria della LXI mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma gli rifiuta tre teste. Durante l’estate inizia a lavorare alla fontana di Gorga. 1891 Presenta Baci e carezze all’Esposizione nazionale di Palermo. Il primo novembre è inaugurata la fontana di Montelanico. Termina la fontana di Gorga. 1892 Espone il bronzo Porcelli alla Società promotrice di belle arti di Genova. 1893 Espone i bronzi La povera gente e Marchese di Villamarina e, nella sala acquerelli, pastelli e disegni, (Arte del Nord) Vita di bordo, Marinaro olandese, (Arte del Nord) Paesaggio fiammingo, (Arte del Nord) Vecchio pescivendolo, (Arte del Nord) Quando si è vecchi, (Arte del Nord) Ricognizione di cavalleria, Il mattino, (Arte del Nord) Ritorno dall’uffizio, (Arte del Nord) È morto il marito, Morte d’Inverno all’Esposizione nazionale di belle arti di Roma. Il pastello Montoni, della serie Arte del Nord, non viene ammesso. Insieme ad un gruppo numeroso di artisti, tra cui Giulio Monteverde, Filippo Cifariello, Libero Valenti, Oscar Spalmach, Cesare Pascarella, Mario Rutelli, Ettore Ferrari, Eugenio Maccagnani, realizza alcune statue in terracotta policroma per il presepe ideato dal pittore

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Baldasarre Surdi, inaugurato in un padiglione a piazza Borghese il giorno di Natale del 1893 e successivamente esposto in diversi paesi d’Europa e d’America. Espone le teste in bronzo Nena e Cicillo, i gruppi bronzei Buon tempo!, Triclinium, Vigilia di Natale, Nel deserto, Famiglia araba in viaggio, e le statuette Rimembranze, Il malocchio, Concettella, Gennarina, Rosetta, Favole orientali all’Esposizione mondiale colombiana di Chicago, dove è premiato insieme ad Antonio Allegretti, Adolfo Apolloni, Costantino Barbella, Leopold Bracony, Luigi De Paoli, Eugenio Maccagnani, Attilio Maltoni, Adelaide Mariani, Eugenio Pellini, F. Soeboeck, Paolo Troubetzkoy. Vince il concorso per le sei statue del coronamento del quadriportico della basilica di San Paolo fuori le mura. Gli viene commissionata la statua di Sant’Onesimo vescovo di Efeso. Realizza il busto di Giuseppe Fiorelli, oggi conservato a Pompei presso il vecchio Antiquarium. 1894-1895 Realizza il Monumento funebre del vescovo Domenico Pietromarchi e la Stele del vescovo Clemente Pagliaro per una cappella della chiesa di San Lorenzo ad Anagni. 1895 Realizza in marmo le statue del Beato Angelo, della Vergine, di Sant’ Antonio e San Francesco per la facciata della chiesa del Beato Angelo ad Acri. Realizza la statua di San Francesco. Il San Francesco viene rifiutato dalla LXVI mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma. Espone il bronzo Povero Cola alla LXVI mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma.

vanni Lessi e al fratello Costantino Biondi dipinge le Storie del Beato Angelo nella chiesa del Beato Angelo ad Acri.

tori di belle arti di Roma con Francesco Fabi Altini, Carlo Fontana, Joseph von Kopf, Emilio Gallori, Giulio Tadolini.

lazzo di Giustizia. La statua viene messa in opera e collaudata l’11 luglio dell’anno seguente.

1898 Espone il san Francesco alla LVII Esposizione della Società promotrice di Torino.

Per il palazzo di Giustizia Giuseppe Zanardelli assegna senza concorso le statue dei giuristi Modestino e Gaio ad Ernesto Biondi e Licinio Crasso e Salvio Giuliano ad Emilio Gallori. Biondi cede il Modestino ad Augusto Rivalta.

Il 17 settembre viene inaugurato a Santiago del Cile il Monumento a Manuel Montt e Antonio Varas.

Partecipa al terzo concorso per le statue e i gruppi allegorici dei prospetti esterni e del cortile d’onore del palazzo di Giustizia. 1898 I Saturnali vengono acquistati dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. 1899 I Saturnali vengono fusi in bronzo presso la fonderia Nelli. 1900 Partecipa con i Saturnali all’Esposizione universale di Parigi e ottiene il Grand Prix per la scultura insieme a Ernesto Bazzaro e Vincenzo Gemito. Il presidente della Repubblica francese Loubet lo insignisce della croce di Cavaliere dell’ordine della Legion d’onore.

Invia una replica dei Saturnali all’Esposizione Panamericana di Buffalo negli Stati Uniti. In questa occasione, stipula un contratto annuale con Luigi Palma di Cesnola, direttore del Metropolitan Museum di New York, per esporre i Saturnali nella nuova hall del museo della Fifth Avenue, ma, a causa di un’aspra campagna diffamatoria verso l’opera, i membri del Board of Trustees decidono di recedere dall’impegno assunto. Biondi intraprende una lunga causa contro il museo americano, tentando di mobilitare - senza alcun esito - a suo favore anche il governo italiano e il presidente degli Stati Uniti Theodore Roosvelt, che lo riceve nel 1904.

Vince il concorso internazionale per il Monumento a Manuel Montt e Antonio Varas a Santiago del Cile.

1902 Espone il Ritratto di Morelli alla LXXII mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti.

Espone il San Francesco alla LXX mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma.

Viene stipulato il contratto per la realizzazione del Gaio per il palazzo di Giustizia.

Fa parte delle commissioni d’Arte e di Storia di Roma.

Lavora alla serie degli Amori francescani.

1901 Promuove una riforma dell’Associazione artistica internazionale, da cui nasce l’Unione degli artisti, fondata con Ettore Ferrari, Francesco Ferraresi, Emilio Gallori, Giuseppe Guastalla, Francesco Jacovacci, Giulio Monteverde, Cesare Maccari, Vito Pardo, Ettore Ximenes, Arnaldo Zocchi.

Termina la statua di Sant’Onesimo per la basilica di San Paolo fuori le mura.

A metà aprile è inaugurata la sala dei Saturnali della Galleria nazionale d’arte moderna al palazzo delle Esposizioni.

1897 Termina i Saturnali. Insieme a Vincenzo Montefusco, Gio-

È membro della commissione di accettazione delle opere di scultura della LXXI mostra della Società degli amatori e cul-

Fa parte del comitato consultivo del sodalizio Vita nova - Associazione nazionale fra gli artisti, insieme a Ernesto Basile, Ernesto Bazzaro, Domenico Bruschi, David Calandra, Ettore Ferrari, Emilio Gallori, Vincenzo Jerace, Pio Joris, Eugenio Maccagnani, Cesare Maccari, Salvatore Marchesi, Giulio Aristide Sartorio, Ettore Ximenes. 1903 Esegue per un committente argentino il gruppo le Marie al Sepolcro.

Rinuncia alla candidatura alle elezioni politiche nelle liste socialiste, per tornare in America dove è impegnato nella causa per i Saturnali. 1906 Diviene cittadino onorario di Frosinone. Partecipa con l’Unione degli artisti di Roma alla I Mostra nazionale di belle arti di Milano, dove espone il San Francesco. È a capo di una lista democratica che il 4 marzo vince le elezioni comunali di Morolo. Riceve l’incarico di realizzare il Monumento a Nicola Ricciotti a Frosinone.

Inizia a lavorare al Mausoleo Campanari del Cimitero di Veroli. 1911 Si inaugura il palazzo di Giustizia, per il quale Biondi ha realizzato la statua del giurista Gaio. Espone il gruppo in gesso le Misere recluse all’Esposizione internazionale di Roma. Per la stessa esposizione realizza insieme all’architetto Ferrante la Nave romana con decorazioni in stucco e bronzo. Progetta una serie di acqueforti dedicate a temi sociali: L’anarchia, I padroni delle terre, Preti poveri, Gente onesta, I banditi, Il sermone sulla montagna.

1907 Realizza l’illustrazione per la testata del periodico “La donna che ride” diretto da Attilio Taggi.

1913 Si inaugura il quadriportico della basilica di San Paolo fuori le mura, per il quale Biondi ha realizzato la statua di Sant’Onesimo.

Realizza la testata del periodico di Frosinone “Il Popolano”.

Si inaugura il Monumento a Menotti Garibaldi ad Ariccia.

1908 Inizia a lavorare al gruppo in gesso le Misere recluse.

Realizza la Tomba di Elena Arata Scialdoni per il cimitero del Verano.

Sposa Livia Danieli, alla quale è legato dagli anni Ottanta. Tra quest’anno e il 1909 acquista il terreno in via degli Scipioni su cui, entro il giugno 1910, costruisce il suo studio. 1909 Si candida alle elezioni politiche come indipendente nelle liste socialiste nel collegio di Frosinone contro il deputato uscente Clemente Maraini. La candidatura è, tuttavia, ritirata a causa delle scorrette manovre politiche della parte avversa.

Progetta un monumento a papa Leone XIII. 1904 Il 19 novembre termina il Gaio del pa-

1910 Il 9 ottobre si inaugura il Monumento a Nicola Ricciotti a Frosinone. Realizza la Tomba di Guglielmo Brenna per il cimitero del Verano.

Si inaugura a Veroli il busto di Domenico Diamanti, collocato sulla sua casa natale (oggi scomparso).

Ernesto Biondi

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Espone Baci e carezze e Nennella alla mostra della Società promotrice di Napoli. 1915 Espone il San Francesco all’Esposizione di San Francisco in California. Il ministero della Pubblica istruzione ne propone l’acquisto, che, tuttavia, non viene formalizzato. Si aggravano le sue condizioni di salute. 1917 Muore il 5 aprile in a Roma nella sua abitazione di via Celsa.

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Finito di stampare nel mese di aprile 2006 dalla tipografia GraficArt - Formia (LA)

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