\"El espacio femenino de la cultura escrita en la Baja Edad Media. Una propuesta de estudio”, Congreso Internacional A presenza feminina na escritura. Voces de mullere na Idade Media. (Libro de resúmenes)

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C ONGRE S O I NTERNACI ONAL A PRESENZA FEMININA NA ESCRITURA Voces de mulleres na Idade Media S an t iago d e C omp os t ela, 1 - 3 d e feb re iro d o 201 7

LIBRO DE RESUMOS COMITÉ ORGANIZADOR DIRECTORA Esther Corral Díaz SECRETARIA Tania Vázquez García

COMITÉ CIENTÍFICO Mercedes Brea (USC) Sonia Maura Barillari (Università di Genova) Patrizia Caraffi (Università di Bologna) Marta Cendón Fernández (USC) Victoria Cirlot Valenzuela (Universitat Pompeu Fabra) Ana Mª Domínguez Ferro (USC) Yara Frateschi Vieira (Universidade Estadual de Campinas, Brasil) Eukene Lacarra Lanz (Universidad del País Vasco) Charmaine Lee (Università degli Studi di Salerno) Rosa Mª Medina Granda (Universidad de Oviedo) Angelica Rieger (RWTH Aachen University) Adeline Rucquoi (Centre de Recherches Historiques, EHESS-Paris)

ÍNDICE POÑENTES Barillari, Sonia Maura ……………………………………………….……….. p. 1 Caraffi, Patrizia ………………………………………………………….…… p. 2 Cendón Fernández, Marta ………………………………………….……….. p. 3 Cirlot, Victoria ………………………………….………………………….…. p. 4 Gutiérrez García, Santiago …………………………………………………... p. 5 Lee, Charmaine ……………..…………………….………………………….. p. 6 Lopes, Graça Videira ………...………………………….…………………… p. 7 López Martínez-Morás, Santiago …………....……………………………… p. 8 Medina Granda, Rosa Mª…….……………………………………..…..……. p. 9 Recuero Astray, Manuel ….………………………….…………………… p. 10 Rucquoi, Adeline …………………………………………………………… p. 11 Souto Cabo, José António …………………..………………………………. p. 12 Val Valdivieso, Isabel del …………………………………………………… p. 13 Vieira, Yara Frateschi ………………………………………………………. p. 14 COMUNICANTES Alonso Bustamante, María …………………………………………………. p. 16 Alves, Janaína dos Reis ……………………………………………………... p. 17 Arriaga Flórez, Mercedes ………………………………………………….... p. 18 Barco Cebrián, Lorena Catalina ……………………………………………. p. 19 Cadaveira López, Paula …………………………………………………….. p. 20 Casas Perpinyà, Helena …………………………………………………….. p. 21 Cayrol, Laura …………………………………………………………….…... p. 22 Cerrato, Daniele …………………………………………………………...… p. 23 Châteaureynaud, Marie-Anne ……………………………………………… p. 24 Comas Via, Mireia …………………………………………………………... p. 25 Costa Brochado, Cláudia ………………………………………………….... p. 26 Cuadrada, Coral …………………………………………………………...… p. 27 Cunha, Viviane ……………………………………………………………..... p. 28 Delgado Suárez, María del Rosario ……………………………………....… p. 29 Diez de la Cortina Montemayor, Susana ………………………………..…. p. 30 Dols Martorell, María del Camí …………………………………………...... p. 31 García Conde, Isabel ………………….…………………………………….. p. 32 García-Fernández, Miguel ………………………………………………….. p. 33 García García, Esperanza Macarena …………………………....……….…. p. 34 González de la Higuera Garrido, David …………………………………… p. 35 González Doreste, Dulce María …………………………....…………….…. p. 36 Francesca Loffredo, Maria ........................................................................................ p. 37

Lois González, Rubén C. …………………………………………………… p. 39 Lojendio-Quintero, María del Pilar ……………………………………....… p. 38 López, Lucrezia ……………….…………………….…………………….… p. 39 Medeiros, Aldinida ………………………………………………………….. p. 40 Mendoza-Ramos, María del Pilar …………………………....……………... p. 38 Mestre Navas, Pablo Alberto ……………………………………………….. p. 41 Morán Cabanas, Maria Isabel ……………………………………………… p. 42 Muíña, Milagros …………………………………………………………….. p. 43 Ojea Fernández, María Elena ……………………………………………..... p. 44 Pelaz Flores, Diana …………………………………………………………. p. 45 Peled Cuartas, Rachel ………………………………………………………. p. 46 Pereira Domínguez, Laura …………………………………………………. p. 47 Pérez Pérez, Cristina ………………………………………………………... p. 48 Pérez Valiño, Amalia ………………………………………………………... p. 49 Piccat, Marco ………………………………………………………………... p. 50 Plaza Picón, Francisca del Mar ……………………....……………………... p. 36 Ramírez Figueroa, Adán ……………………………………………………. p. 51 Redondo Blasco, Celia ……………………………………………………… p. 52 Rodríguez Mesa, Francisco José ………………………………………….... p. 53 Romero López, Alicia ……………………………………….……………… p. 54 Roque, Ana Raquel Baião …………………………………………………... p. 55 Rosillo Luque, Araceli ……………………………………………………..... p. 56 Ruiz Domingo, Lledó ………………………………………………………. p. 57 Sancho Fibla, Sergi ……………………………………………………….…. p. 58 Santiago Gómez, Carmen de …………………………………………….…. p. 59 Santos Carretero, Carlos ……………………………………………………. p. 34 Torrico Díaz-Meco, Diego ........................................................................................ p. 60 Varela Rodríguez, Joel ……………………………………………………… p. 61 Varela Tembra, Juan José …………………………………………………... p. 62 Víñez Sánchez, Antonia ………………………………………………….…. p. 63

POÑENTES

UN PURGATORIO AL FEMMINILE:

IL VOLGARIZZAMENTO DEL TRACTATUS DE

PURGATORII SANCTI PATRICII DI MARIE DE FRANCE

Sonia Maura Barillari Università di Genova [email protected] La comunicazione intende investigare le peculiarità del volgarizzamento del Tractatus de purgatorii sancti Patricii ad opera di Marie de France che mettono in luce la prospettiva femminile con cui è affrontata una ‘materia’, quella dottrinale’, tradizionalmente appannaggio del genere maschile. Nella fattispecie verranno messi in risalto gli aspetti innovativi – rispetto alla fonte utilizzata quale modello – che riconducono a una cultura letteraria ‘cortese’ e a un’ideologia politica – quella propugnata da Enrico II Plantageneto – particolarmente attenta al ruolo della donna, anche in virtù dell’azione esercitata da Eleonora d’Aquitania. In questa prospettiva verranno valorizzate le componenti linguistiche e testuali miranti a sottolineare la ferma consapevolezza autoriale da parte della traduttrice, nonché la sua volontà di rivolgersi a un pubblico diverso rispetto a quello a cui si indirizzava i Tractatus: in primo luogo laico ma anche socialmente più variegato, ormai comprensivo anche delle donne che l’impiego della lingua volgare consentiva. Testo di carattere edificante, l’Espurgatoire, ma anche di taglio didattico-normativo, che in questo senso può essere visto come la controparte ‘religiosa’ delle Fables, raccolta intesa a fornire, sub specie animalis, le ideali coordinate etiche entro cui inquadrare la vita di corte, costituendo assieme una sorta di ‘dittico’ in grado di fornire ai fruitori una duplice guida a cui improntare tanto la vita mondana quanto l’esperienza spirituale. PALABRAS CLAVE Autorialità femminile, Fables, Marie de France, Purgatorio, volgarizzamento. BIBLIOGRAFÍA Barrillari, S. M. (ed., trad.), Il purgatorio di san Patrizio, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004. ——, “Marie de France e il lessico del ‘fantastico’”, Le forme e la storia, 8 (1), 2015, pp. 135-152; ——, “Il modello latino dell’Espurgatoire seint Patriz di Marie de France: analisi comparativa fra il volgarizzamento oitanico e il ms. Madrid, El Escorial, lat. T.I.12 (ff. 193va-206rb)”, en F. Benozzo, G. Brunetti, P. Caraffi et al., Culture, livelli di cultura e ambienti nel Medioevo occidentale, Roma, Aracne editrice, 2012, pp. 126-146. ——, “I volgarizzamenti e i rifacimenti del Tractatus de Purgatorio s. Patricii: dalla propaganda religiosa a quella politica”, en F. Latella, T. Sorrenti (eds.), Comunicazione e propaganda nei secoli XII-XIII, Roma, Viella, 2007, pp. 113-131. ——, “Il racconto di un viaggio, i viaggi di un racconto. Analisi comparata dei volgarizzamenti di un passo del Tractatus de Purgatorio s. Patricii”, en G. Carbonara, M. Cassarino, E. Creazzo, G. Lalomia (eds.), Medioevo romanzo e orientale. Il viaggio nelle letterature romanze e orientali, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006, pp. 43-80.

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CHRISTINE DE PIZAN E LA SCRITTURA DELLA DIFFERENZA Patrizia Caraffi Università di Bologna [email protected] Christine de Pizan (1365-1431?), si inserisce nel panorama letterario e culturale francese tra la fine del XIV e gli inizi del XV sec. Nata a Venezia, bolognese di famiglia e parigina d’adozione, voce femminile colta e laica, è considerata la prima scrittrice di professione attiva in ambiente urbano, che scrive, firma le sue opere, e dirige un atelier di copisti e miniatori, attuando uno dei primi importanti esempi di “scrittura visualizzata”. Nella sua ricchissima produzione letteraria, filosofica, politica, la scrittrice sottolinea continuamente il divario tra la condizione degli uomini e delle donne, anticipando lucidamente la contemporanea filosofia della differenza e gli studi di genere. La riflessione intorno all’autorità femminile è centrale nella scrittura di Christine de Pizan e attraversa la sua ampia produzione, dalle prime composizioni in versi, alle grandi opere allegoriche, ai trattati filosofici e politici. L’autrice costruisce un proprio canone, una genealogia femminile basata sulla riscrittura della storia, della tradizione e del mito; la scrittura di Christine de Pizan si dichiara come innovativa e sapiente costruzione architettonica, rifondazione del pensiero e immenso archivio della memoria: la Città delle dame è esplicitamente un nuovo libro «nouvel livre, selon le vrai». Verranno trattati in particolare i seguenti aspetti: scrittura come rifondazione e progetto architettonico, le strategie della memoria di sé, corpo femminile e corpo della scrittura, la scrittura della politica. PALABRAS CLAVE Arte, differenza, donna, genealogia, medioevo, scrittura. BIBLIOGRAFÍA Autrand, F., Christine de Pizan, Paris, Fayard, 2009. Caraffi, P., “Miti di fondazione. Il Livre de la Cité des dames e il Livre des fais e bonnes meurs di Christine de Pizan, Studi Medievali”, 57, 2016, pp. 13-29. Caraffi, P. (a cura di), Christine de Pizan, La città delle dame, testo originale a fronte, a cura di J. Richards, Roma, Carocci, 2016. Caraffi, P. (a cura di), Christine de Pizan. La scrittrice e la città / L’écrivaine et la ville / The Woman Writer and the City, Firenze, Alinea, 2013. Caraffi, P. (a cura di), Christine de Pizan. Una città per sé, Roma, Carocci, 2003. Margolis, N., An Introduction to Christine de Pizan, Gainsville FL, University Press of Florida, 2011.

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LA PRESENCIA FEMENINA EN EL ARTE: LA MEMORIA DE DOÑA ALDONZA DE MENDOZA Marta Cendón Fernández Universidade de Santiago de Compostela [email protected] Doña Aldonza fue hija del almirante don Diego Hurtado de Mendoza, almirante de Castilla, y de su primera esposa, María Enríquez, hija bastarda del rey Enrique II. Contrajo matrimonio con don Fadrique de Castro, conde de Trastámara, duque de Arjona y Señor de Lemos. Las nupcias tuvieron lugar en Olmedo en febrero de 1405. Fadrique era hijo del noble gallego Pedro Enríquez, conde de Trastámara y nieto de Fadrique Alfonso de Castilla, primer señor de Haro, infante bastardo de la Corona de Castilla (hermano gemelo del futuro rey Enrique II de Castilla) uno de los diez hijos que tuvo Alfonso XI de Castilla con la viuda Leonor de Guzmán. Por lo tanto, ambos estaban entroncados con la rama bastarda que dio lugar a los Enríquez. No fue agradable la vida conyugal de Aldonza: su marido tuvo tres hijos con Aldonza Alfonso, intentando que le heredara el llamado Alonso, paje en la corte de Juan II. El matrimonio no tuvo descendencia y Fadrique trató de modo violento y cruel a Aldonza, con maltrato físico y robo de sus joyas y bienes; incluso la tuvo en prisión durante dos años en Ponferrada y Aldonza testificó que le dieron hierbas que le hicieron perder el cabello y tener el pulso trémulo, según recoge Pardo de Guevara. Pero doña Aldonza tuvo que luchar también contra su hermanastro, don Íñigo López de Mendoza, a causa de la herencia de su padre, ya que aquel en su testamento y codicilos la había favorecido notablemente. Se siente repentinamente indispuesta, hace testamento en Espinosa de Henares el 16 de junio de 1435 y muere el 18. Destaca su protección al Monasterio de San Bartolomé de Lupiana, donde deseó ser enterrada. Del conjunto se conserva el monumento funerario que no solo buscaba garantizar la vida eterna –disponiéndose en la capilla mayor-, sino que también era un símbolo de prestigio y de conservación de la memoria como reflejan los epígrafes y la heráldica. PALABRAS CLAVE: Aldonza de Mendoza, Duque de Arjona, Gótico, San Bartolomé de Lupiana, Sepulcro. BIBLIOGRAFÍA Azcárate Ristori, J. Mª., Arte gótico en España, Madrid, Cátedra, 1990. Layna Serrano, F., Historia de Guadalajara y sus Mendozas en los siglos XV y XVI, vol. I, Madrid, Aldus, 1942. Núñez Rodríguez, M., “La dama, el matrimonio y la fama póstuma”, en Parentesco, familia y matrimonio en la Historia de Galicia, Santiago de Compostela, Tórculo Edicións, 1989, pp. 285-302. Pardo de Guevara y Valdés, E., Los señores de Galicia. Tenentes y condes de Lemos en la Edad Media, A Coruña, Fundación Pedro Barrié de la Maza, 2000. Sáinz Magaña, E., “Anónimo. Sepulcro de doña Aldonza de Mendoza”, en La lección del tiempo, Toledo, Exposición Museo de Santa Cruz, 2002, pp. 324-327. 3

EXPERIENCIA MÍSTICA Y ESCRITURA: LOS CASOS DE ANGELA DE FOLIGNO, MARGARITA D’OINGT Y MARGARITA PORETE AL FILO DEL 1300 Victoria Cirlot Universitat Pompeu Fabra [email protected] Se trata de analizar la conciencia de escritura por parte de estas tres místicas. El estudio es comparativo: cada una de ellas supone una reflexión diferente acerca de su identidad como escritoras en torno al año 1300. El caso de Angela es el de una analfabeta, que dicta su experiencia al padre A, aunque como estudió Giovanni Pozzi no hay duda de su autoría: el texto acoge la voz de Angela, llena de italianismos, así como su conciencia de la distancia entre la experiencia mística y su expresión. El caso de Margarita d’Oingt, que escribe en francoprovenzal, es tremendamente significativo por su necesidad absoluta de escritura y por el lugar elevado en que sitúa dicho acto. Finalmente, en el caso de Margarita Porete convergen la tragedia de una vida y el fenómeno de escritura, ya que habrá de morir en la hoguera por no retractarse de sus escritos. PALABRAS CLAVE Conciencia de sí, escritura, experiencia, interioridad, mística. BIBLIOGRAFÍA Cirlot, V. – Bl. Garí, La mirada interior. Escritoras místicas y visionarias en la Edad Media, Madrid, Siruela, 2008. García Acosta, P. (ed.), El libro de la experiencia, Madrid, Siruela, 2015. Haas, A. M., Mystische Denkbilder, Einsiedeln, Freiburg i. Br, Johannes Verlag, 2014. Garí, Bl. (ed.), El espejo de las almas simples, Madrid, Siruela, 2005. Sancho Fibla, S., Quando bene respicio. Palabra, imagen y meditación en las obras de Marguerite d’Oingt, Barcelona, UPF, tesis doctoral leída en diciembre de 2015 (en prensa).

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LA RELACIÓN DE LAS HADAS ARTÚRICAS CON EL SABER LIBRESCO A TRAVÉS DE LA DAMA DEL LAGO DEL BALADRO BURGALÉS (1498) Santiago Gutiérrez García Universidade de Santiago de Compostela [email protected] La consideración, en la literatura artúrica, de las hadas como figuras subversivas está basada en dos rasgos principales: son mujeres y poseen conocimiento, lo que las sitúa en un lugar marginal respecto al que el código cortés reservaba a las mujeres. Dicha marginalización se manifiesta con cierta nitidez en el Baladro del sabio Merlín, obra que, por su datación tardía, culmina algunas de las líneas evolutivas que desde el siglo XII habían emprendido los romans de la materia bretona. En ese relato castellano, los personajes de Morgana y la Dama del Lago muestran caracteres dispares, que están determinados en buena medida por su relación con el saber y con el mundo de la escritura, materializado en los libros. La hermana de Arturo se dedica con fruición al estudio, según una tradición que, desde su conversión de ser sobrenatural en hechichera, remonta al Merlin de Robert de Boron. Es por eso que, desde el siglo XIII, se convierte en un personaje negativo, que abandona la corte y se recluye en un castillo en las profundidades de un bosque. La segunda, en cambio, protagoniza un proceso de integración cortesana y gozará de una consideración positiva, a pesar de que es responsable Merlín, un personaje asimismo positivo,. Por eso, la edición burgalesa del Baladro (1498) reescribe diversos pasajes que sirven para justificar a Viviana. Su análisis revela cómo este personaje se construye desde una relación particular entre su condición de hada, de mujer letrada y de amiga de Merlín, el hijo del diablo. PALABRAS CLAVE Literatura artúrica, Materia de Bretaña, Baladro del sabio Merlín, escritura, coñecemento, fadas. BIBLIOGRAFÍA Hook, D. (ed.), The Arthur of the Iberians.The Arthurian Legens in the Spanish and Portuguese Worlds, Cardiff, University of Wales Press, 2015. Philips, K. M. (ed.), A Cultura History of Women in the Middle Ages, London, Bloomsbury, 2013. Fenster, Th. S., Arthurian Women, Routledge, New York / London, 2000.

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FÉMINITÉ TEXTUELLE NEL DECAMERON: LA NOVELLA DI LISABETTA DA MESSINA (IV, 5) Charmaine Lee Università di Salerno [email protected] Risale ormai al 1979 la distinzione operata da Pierre Bec tra féminité génétique (riferito a testi i cui autori sono donne) e féminité textuelle dove l’io lirico è femminile, ma l’autore è più spesso un uomo. Nell’intervento presentato qui propongo di applicare queste categorie al Decameron e in particolare alla novella di Lisabetta da Messina (IV, 5), che presenta féminité textuelle a diversi livelli. L’analisi della novella permetterà anche di esplorare il contesto culturale in cui si muoveva Boccaccio negli anni del suo soggiorno napoletano. PALABRAS CLAVE Boccaccio, Decameron, féminité textuelle, lirica popolare, Napoli angioina. BIBLIOGRAFÍA Bec, P., “Trobairitz et chansons de femme. Contribution à la connaissance du lyrisme féminin au Moyen Âge”, Cahiers de civilisation médiévale, 22, 1979, pp. 235-262. Branca,V. (ed.), Decameron, Torino, Einaudi, 1980. Coluccia, R., “Tradizioni auliche e popolari nella poesia del regno di Napoli in età angioina”, Medioevo romanzo, 2, 1975, pp. 44-153. Lee, Ch., “La cultura a Napoli al tempo di Boccaccio”, Critica del testo, 16, 2013, pp.15-31. Picone, M., “Dal lai alla novella: il caso di Ghismonda (Decameron IV, 1)”, Filologia e critica, 16, 1991, pp. 325-343.

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VOZES DO SILÊNCIO, ALGUMAS CONSIDERAÇÕES SOBRE AS MULHERES DA LÍRICA GALEGO-PORTUGUESA Graça Videira Lopes Instituto de Estudos Medievais Universidade Nova de Lisboa [email protected] No que às mulheres diz respeito, a Lírica Galego-Portuguesa está ao mesmo tempo cheia de silêncio e de vozes: silêncio das vozes próprias (não há ou não chegaram até nós autoras ou troubairitz ibéricas), a que corresponde uma multiplicidade de vozes femininas diferidas ou encenadas pelos trovadores e jograis nas cantigas de amigo. Mas a corresponde também, para além da figura omnipresente da senhor nas cantigas de amor, a multiplicidade de nomes, situações e lances histórico-biográficos relativos a figuras femininas referidos nas cantigas satíricas. Mitificada, dramatizada ou satirizada, a mulher ocupa, pois, um lugar central no canto trovadoresco, em todos os seus géneros e registos. Deste largo universo do feminino em voz trovadoresca, onde ficção e realidade se entrelaçam, dois aspetos em particular irão merecer a minha atenção nesta comunicação: a violência contra as mulheres e o seu papel como protagonistas ou como peças chave nos jogos políticos da época. Decerto contrastantes, estes dois aspetos, até porque menos estudados, poderão ajudar a colmatar, pelo menos em parte, o silêncio das vozes próprias das mulheres. PALABRAS CLAVE Lírica galego-portuguesa, mulheres, política, quotidiano medieval, violência. BIBLIOGRAFÍA Brea, M. - P. Lorenzo Gradín, A cantiga de amigo, Vigo, Xerais, 1998. Corral Díaz, E., As mulleres nas cantigas medievais, A Coruña, Edición do Castro, 1996. Lopes, G. Videira, “Ecos internos na poesia galego-portuguesa: a proto-heteronímia em João Garcia de Guilhade”, Ensinar a pensar con liberdade e risco, volume de home nagem ao Prof. Basilio Losada, Universidade de Barcelona, 2000. Lopes, G. Videira, A sátira nos cancioneiros medievais galego-portugueses, Lisboa, Estampa, 1994. Lopes, G. Videira - M. Pedro Ferreira, Cantigas medievais galego-portuguesas, Base de Dados online: http://cantigas.fcsh.unl.pt/.

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MARÍA DE BORGOÑA Y LA DEFENSA DE SU LEGITIMIDAD Santiago López Martínez-Morás Universidade de Santiago de Compostela [email protected] Hija de Isabel de Borbón y de Carlos el Temerario, duque de Borgoña muerto en la batalla de Nancy en 1477, María se vio obligada a defender sus derechos de herencia sobre el ducado frente a las pretensiones de Luis XI de Francia de adueñarse de sus territorios a la muerte de su padre, que carecía de un heredero masculino. Casada con Maximiliano de Habsburgo y madre de Margarita y Felipe, posteriormente esposo de Juana la Loca, la duquesa se enfrenta durante años a un contexto político extraordinariamente adverso, tanto por su enfrentamiento con Francia como por los problemas generados en las ciudades flamencas, hasta que su vida se quiebra tras un accidente ecuestre en 1482. Los problemas generados por la acción política de los hombres más relevantes de su tiempo, que continuarán todavía muchos años después del fallecimiento de la duquesa, se vieron en gran medida condicionados por la situación generada por su posición política y personal. Las circunstancias en las que vivió y actuó frente a fuerzas muy poderosas, destacadas por los historiadores de la época, sentaron las condiciones de la supervivencia del ducado y las bases de la política europea en los decenios siguientes, alterando las relaciones entre los Estados europeos y contribuyendo a la forja de un nuevo equilibrio en el continente. PALABRAS CLAVE Ducado de Borgoña, Flandes, Luis XI de Francia, María de Borgoña, Reino de Francia, siglo XV. BIBLIOGRAFÍA Cazaux, Y., Marie de Bourgogne, temoin d'une grande entreprise a l'origine des nationalites europeennes, Paris, A. Michel, 1967. Hommel, L., Marie de Bourgogne ou le grand heritage, Bruxelles, Goemaere, 1945. Karaskova, O., “Le mecenat de Marie de Bourgogne: entre devotion privee et necessite politique”, en E. L’Estrange - L. Fagnart (eds.), Le mecenat feminin en France et en Bourgogne, XVe-XVIe siecles. Nouvelles perspectives (Le Moyen Age, t. CXVII, fasc. 3-4), 2011, pp. 507529. ——, “‘Ung dressoir de cinq degrez’: Mary of Burgundy and the Construction of the female Ruler”, en J. Dresvina - N. Sparks (eds.), Authority and Gender in Medieval and Renaissance Chronicles, Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars Publishings, 2012, pp. 319-344. López Martínez-Morás, S., “Allegorie et politique dans le Chevalier Delibere”, Cultura Neolatina, 74 (1-2), 2015, pp. 143-176.

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LAS CANSOS DE LAS TROBAIRITZ O CUANDO EL CANON SE MUEVE Rosa Mª Medina Granda Universidá d’Uviéu [email protected] El propósito de este trabajo es analizar las cansos de las trovadoras occitanas (trobairitz) desde el Arte, y no como una mera cuestión de género, tal y como hizo la crítica feminista (cf. Meg Bogin 1976). Esta última aproximación ha resultado ser anacrónica, pues es difícil para el feminismo hacer justicia al ‘yo lírico’ de los poetas de los siglos XII y XIII. Parece, pues, más acertado desentrañar la originalidad de estas compositoras acercándose al mundo poético en el cual participaron junto a los hombres y argumentar desde el uso lingüístico y retórico de los trovadores, tal y como señalan S. Kay (1990: 85), M. Tomaryn Bruckner (1995: 202) y M. Shapiro (1978), entre otros autores. Y es que ni los poemas ni los poetas ni los manuscritos que recogen la mayor parte de las composiciones de las trovadoras las tratan como un grupo aparte del de los trovadores hombres. Paralelamente las Vidas y las Razos muestran a las trovadoras plenamente integradas en la red de productores y consumidores de lírica trovadoresca que existía en la sociedad occitana de los siglos XII y XIII. Parece, pues, necesario, (re)visitar la obra de estas compositoras, en especial sus cansos, género canónico conocido por sus enormes constricciones poéticas, pero también por la tendencia que hubo siempre a plegarlo, desplegarlo y replegarlo, y en definitiva a moverlo. Intentaremos mostrar la polifonía que entraña ese movimiento del canon en las trobairitz. Nuestro corpus es el de A. Rieger (1991). PALABRAS CLAVE Canon, cansos, yo lírico, trobairitz. BIBLIOGRAFÍA Bogin, M., Les femmes troubadours, Paris, Denoël/ Gothier, 1976. Bruckner, M. T., “Trobairitz”, en F. R. P. Akehurst - J. M. Davis (eds.) Handbook of the Troubadours, 1995, pp. 201-233. Kay, S., Subjectivity in Troubadour Poetry, Cambridge University Press, 1990. Rieger, A., Trobairitz (Der Beitrag der Frau in der Altokzitanischen höfischen Lyrik. Edition des Gesamtkorpus), Max Niemeyer Verlag, Tübingen, 1991. Shapiro, M., “The Provençal Trobairitz and the Limits of Courtly Love”, Signs, 3 (3), 1978, pp. 560-571.

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LA REINA DOÑA BERENGUELA Y LA CRÓNICA ADEFONSI IMPERATORIS Manuel Recuero Astray Universidade da Coruña [email protected] Nacida en Cataluña a principios del siglo XII, la reina doña Berenguela fue hija del conde Ramón Berenguer III de Barcelona y de Doña Dulce de Provenza. Su trayectoria personal y política estuvo marcada por su matrimonio con el rey-emperador Alfonso VII (1126-1157) de Castilla, que supuso una firme alianza entre la monarquía castellano-leonesa y los condes de Barcelona, durante la primera mitad del siglo XII. Sin embargo, doña Berenguela, al igual que ocurre con otras mujeres de su época, sobre todo infantas y reinas, más allá de su papel institucional y político, fue un personaje histórico de particular relevancia. Una fuente historiográfica dedicada al reinado de su marido, la llamada Chronica Adefonsi Imperatoris, nos ayuda a conocer algunos aspectos muy interesantes de su actividad como mujer y como reina, que revelan un importante grado de autoridad e independencia, además de gran influencia en su entorno familiar y social. Estas informaciones cronísticas, contrastadas y completadas gracias a la abundante documentación de la época, tienen indudable interés por tratarse de un testimonio literario coetáneo a los hechos e inspirado en la mentalidad dominante en aquellos momentos. Entre otras cosas destaca su devoción al Camino de Santiago, en cuya Catedral está enterrada. PALABRAS CLAVE Alfonso VII, Berenguela, Crónica, historiografía, medieval, reina. BIBLIOGRAFÍA Flórez de Setien, P. E., Memorias de las Reinas Católicas de España, tomo I, Madrid, M. Aguilar Editor, 1964. Recuero Astray, M., La reina doña Berenguela, una devota del camino, “Aulas no Camiño: O Camiño inglés e as rutas atlánticas de peregrinación a Compostela”, Ferrol, Ed. Universidade da Coruña, 1997, pp. 61-67 ——, “Alfonso VII (1126-1157)”, Reyes de León y Castilla, Burgos, Editorial La Olmeda S. L., 2003. ——, “Berenguela Berenguer”, Diccionario Biográfico Español, vol. VIII, Madrid, Real Academia de la Historia, 2010, pp. 17-19. Sánchez Belda, L., Chronica Adefonsi Imperatoris. Edición y Estudio, Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, 1950.

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VOCES FEMENINAS ALREDEDOR DE SANTO DOMINGO Adeline Rucquoi Centre de Recherches Historiques EHESS-Paris [email protected] A santo Domingo de Osma se le conoce como el fundador de la Orden de Predicadores en 1216. Conocidos son los nombres de sus primeros frailes, pero sus biógrafos no pasan por alto la primera fundación del santo, el convento femenino de Prouilhe en 1206, tras la cual se fundaron bajo su dirección los de Roma, Madrid, Bolonia. En los testimonios de mujeres del Lenguadoc durante el proceso de canonización de 1233-1234, en las memorias que dictó al final de su vida la sor Cecilia que lo conoció en Roma, o en la correspondencia entre sor Diana d’Andaló y el sucesor del santo se vislumbran las estrechas relaciones espirituales y afectivas que mantuvo Domingo con las mujeres. PALABRAS CLAVE Canonización, mujeres escritoras, religiosas, Santo Domingo. BIBLIOGRAFÍA Cormier, P. Hyacinthe-Marie, La bienheureuse Diane d'Andalò et les bienheureuses Cécile et Aimée, Fondatrices du couvent de Sainte-Agnès de l'ordre des Frères-Prêcheurs à Bologne, Imprimerie de la Propagande, Roma, 1892. Gómez García, Fr. Vito-Tomás (ed.), Santo Domingo de Guzmán. Escritos de sus contemporáneos, Madrid, BAC, 2011.

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EN CAS DONA COSTANÇA. FIGURAS FEMININAS NO PATROCÍNIO DA LÍRICA GALEGO-PORTUGUESA (II) José António Souto Cabo Universidade de Santiago de Compostela [email protected] Na sequência de um trabalho prévio, analisamos a, segundo o caso, provada, provável e possível participação das mulheres no processo de expansão da poesia trovadoresca antes de ca. 1260. Diversos indícios ou ainda testemunhos diretos sugerem que diversas personagens femininas tiveram um papel determinante na implantação e difusão do trovadorismo em terras galaicas. Além de referências concretas, como aquelas que apontam para Dona Constança Martins de Orzelhom (esposa de Múnio Fernandes de Rodeiro) e para Dona Maior Afonso de Meneses (mulher de Rodrigo Gomes de Trava), o modo como se expandiu o trovadorismo nas terras do noroeste peninsular leva a pensar que os nexos domésticos femininos, sobretudo através da rede familiar dos Travas, foram um elemento chave para entendermos as primeiras fases da manifestação cultural em questão. Entre outras, centraremos a nossa atenção em Urraca Fernandes de Trava, Guiomar Rodrigues de Trava, Maior Afonso de Meneses e Constança Martins de Orzelhom. PALABRAS CLAVE Aristocracia na Idade Média, História da Galiza, lírica galego-portuguesa, mulher e cultura. BIBLIOGRAFÍA Brea, M., “Lírica trovadoresca y relaciones familiares”, em Unos de los buenos del reino. Homenaje al prof. Fernando Carmona, San Millán de la Cogolla, Cilengua, 2013, pp. 115-127. Souto Cabo, J. A., “En cas da Ifante. Figuras femininas no patrocínio da lírica galego portugugesa (I)”, em Cantares de amigos. Estudos en homenaxe a Mercedes Brea, Santiago de Compostela, Universidade de Santiago, 2016. Souto Cabo, J. A., Os cavaleiros que fizeram as cantigas. Aproximação às origens socioculturais da lírica galego-portuguesa, Niteroi RJ, Editora da UFF, 2012. Vieira, Y. Frateschi, En cas dona Maior. Os trovadores e a corte senhorial galega no século XIII, Corunha, Laiovento, 1999.

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LOS MODELOS FEMENINOS PROPUESTOS A LA REINA ISABEL I DE CASTILLA Isabel del Val Valdivieso Universidad de Valladolid [email protected]

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A IMAGEM DA MULHER JUDIA E MUÇULMANA NA LÍRICA GALEGO-PORTUGUESA Yara Frateschi Vieira Universidade Estadual de Campinas [email protected]

Pode-se afirmar, sem nenhuma dúvida, que as mulheres cristãs representam a grande maioria das figuras femininas presentes na lírica galego-portuguesa, tanto profana quanto religiosa. No entanto, algumas exceções dão visibilidade a mulheres pertencentes às minorias judaica e islâmica, coexistentes com a maioria cristã na Península Ibérica nos séculos XII a XIV, momento em que a lírica em galego-português se impôs como forma literária privilegiada pela cultura dominante. O presente trabalho focalizará esses casos excepcionais, tanto na lírica profana quanto na religiosa, analisando a imagem da mulher não-cristã, não só em oposição à da cristã, mas também à dos homens da sua própria comunidade, isto é, o judeu e o muçulmano. Será levada em conta, ainda, a natureza do gênero literário em que essa presença se manifesta: naturalmente a poesia narrativa das Cantigas de Santa Maria e as cantigas de escárnio e maldizer constituem um campo mais propício e, de certa forma, condicionante ao tratamento dessas figuras; a poesia lírica amorosa, contudo, impõe-lhes barreiras quase intransponíveis, definidas, por um lado, pelos cânones genéricos, e por outro, pelas normas e práticas estabelecidas para o controle das relações religiosas, sociais e culturais entre as três comunidades em contacto. PALABRAS CLAVE Cantigas de Santa Maria; convivência / coexistência das comunidades étnico-religiosas na Península Ibérica nos séculos XII a XIV, lírica profana galego-portuguesa, a mulher judia na lírica profana e religiosa; a mulher muçulmana na lírica profana e religiosa. BIBLIOGRAFÍA Aizenberg, E., “’Una judia muy fermosa’: the Jewess as Sex Object in Medieval Spanish Literature and Lore”, La Corónica, 12 (2), 1984, pp. 187-194. Carpenter, D. E., “Social Perception and Literary Portrayal: Jews and Muslims in Medieval Spanish Literature”, en V. B. Mann - Th. F. Glick - J. D. Dodds (eds.), Convivencia: Jews, Muslims, and Christians in Medieval Spain, New York, George Braziller in Association with the Jewish Museum, 1992, pp. 61-87. Cohen, R. - F. Corriente, “Lelia Doura Revisited”, La Corónica 31 (1), 2002, pp. 19-40. Fuente Pérez, Mª J., “Estampas femininas del medievo hispano: diálogos entre musulmanas, judías y cristianas”, Awraq, 3, 2011, pp. 37-55. Vieira, Y. Frateschi, “Ũa dona d’Elvas: a mulher judia na cantiga de amor”, trabalho apresentado na III Jornada Internacional em Estudos de Género. O Feminino no Contexto Italiano e em Língua Portuguesa, Lisboa, 21 a 23 de novembro de 2016.

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COMUNICANTES

UNA PROPUESTA INCLUSIVA DE LA ENSEÑANZA DE LA FILOSOFÍA MEDIEVAL EN SECUNDARIA DESDE LA PERSPECTIVA DE GÉNERO María Alonso Bustamante Universidad de Cantabria [email protected] En el presente artículo se elabora una propuesta de carácter educativo que trata de formar un coloquio, una plática constructiva y una comunidad en diálogo en torno al eje de la mujer y la filosofía medieval. Tras analizar la invisible y desigual situación de las mujeres en el campo de esta sabiduría, especialmente en la Edad Media, así como los incorrectos materiales de estudio de la materia de “Historia de la Filosofía”, se propone una nueva elaboración feminista del susodicho currículum de segundo de Bachillerato a través de la figura de Margarita Porete. El objetivo es eliminar todas aquellas diferencias, pensamientos o aprendizajes socialmente construidos que no promuevan la equidad para avanzar hacia un mundo en el que todas las personas sean iguales social, política y económicamente: la educación tiene el deber moral de convertir estos derechos es una realidad palpable. PALABRAS CLAVE Enseñanza de la Filosofía Medieval, feminismo, innovación docente, invisibilidad de las mujeres, Margarita Porete. BIBLIOGRAFÍA Amorós, C., La gran diferencia y sus pequeñas consecuencias… para las luchas de las mujeres, Madrid, Cátedra, 2005. Anderson, B., J. Zinsser, Historia de las mujeres, Barcelona, Crítica, 1991. Garí, Bl. (ed. – trad.), Marguerita Porete. El espejo de las almas simples, Madrid, Siruela, 2005. Gleichauf, I., Mujeres filósofas en la historia, Barcelona, Icaria, 2010. Ménage, G., Historia de las mujeres filósofas, Barcelona, Herder, 2009.

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POSSÍVEIS REPRESENTAÇÕES DE URRACA I NA HISTÓRIA COMPOSTELANA Janaína dos Reis Alves Universidade Federal de Alfenas [email protected] Entre opiniões diversas sobre Urraca I, a historiografia no passado a presentou como mulher, representante do pecado original, fragilizada, incapaz de tomar decisões acertadas acerca da administração do reino. Essas várias facetas surgem dentro da História Compostelana – obra coetânea a rainha. Atualmente alguns pesquisadores a apresentam como governante ativa com um diplomário que comprova uma governança sólida entre os anos de 1109 e 1126 quando “La reina” morre durante o parto. Qual o papel dessa mulher na Península Ibérica? Urraca I foi filha de Afonso VI, com a aprovação do mesmo, foi indicada como sucessora legítima do trono Leones-Castellano após morte do monarca. O objetivo dessa pesquisa é apresentar as representações dessa figura histórica dentro da obra citada afim de compreender possíveis motivos para a ocorrência de tantas alternâncias de representações de uma figura em um mesmo texto. PALABRAS CLAVE História Compostelana, mulher, representações, Urraca I. BIBLIOGRAFÍA Bueno, R. Poreli Moura - C. A. Neves Souza, O Tema da Sexualidade na Longa Idade Média: Concepções de Masculino e Feminino [accesible en: http://www.historiaehistoria.com.br/materia.cfm?tb=artigos&id=210#_ftn1, última consulta: 01/09/15]. Falque Rey, E., Historia compostelana, Madrid, Akal, 1994. Gómez Martín, Mª, “Percepciones de género. La reconstrucción de personajes femeninos en la novela histórica española (1981-2010)”, Comunicación presentada al IV Encuentro de jóvenes investigadores de historiografía. En torno a la novela histórica, Oviedo, Universidad de Oviedo, 2011 [accesible en: http://hdl.handle.net/10651/3591; última consulta: 18/07/16]. Gordo, A., “El reinado de la “indomable” reina Urraca I de León. El mito que hace historia. Fuentes, soberanía, prejuicios y religión”, XIII Coloquio Internacional de AEIHM (Barcelona, 19-21 Octubre 2006). La Historia de las Mujeres: Perspectivas Actuales, Barcelona, Universitat de Barcelona (en prensa). Pallares, Mª del C. - E. Portela, La Reina Urraca, Donostia, Nerea, 2006.

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LA QUERELLE DE FEMMES Y LAS POETAS MEDIEVALES EUROPEAS Mercedes Arriaga Flórez Universidad de Sevilla [email protected] El inicio de la Querelle de femmes se coloca siempre en la publicación del libro de Cristine de Pizan (1404), La ciudad de las damas. En cambio, la Querelle ya está anunciada en las diferentes voces de poetas medievales (anónimas y con nombre propio) de diferentes países europeos (principalmente España, Francia e Italia). Nos proponemos una análisis de temas y estilos compartidos, formas de autoafirmación del yo femenino, retoricas del enfrentamiento con la tradición misógina, etc.. en el contexto de la escritura femenina medieval (prosa y poesía) y en el marco de las ideas feministas ante literam de la que esa escritura se hace portadora. PALABRAS CLAVE Ginocrítica, ideas feministas ante literam, poetas medievales, Querella de las mujeres, tradición de escritura femenina. BIBLIOGRAFÍA Arriaga Florez, M. – D. Cerrato – Mª Rosa Nadales, Poetas italianas de los siglos XIII y XIV, Sevilla, Arcibel, 2012. Bock, G., “Women's History and Gender History: Aspects of an International Debate”, Gender and History, 1, 1989, pp. 7-30. ——, “La querelle des femmes”, en G. Bock, Le donne nella storia europea. Dal Medioevo ai giorni nostri, B. Heinemann Campana (trad.), Roma-Bari, Laterza, 2001. Kelly, J., “Early Feminist Theory and the Querelles des Femmes”, en Women, History and Theory, Chicago, The University of Chicago Press, 1984, pp. 65-109. Wiesner, M. E., Women and Gender in Early Modern Europe, Cambridge, Cambridge University Press, 1989.

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LAS VOCES DE MUJERES MEDIEVALES A TRAVÉS DE LOS TESTAMENTOS Y LOS INVENTARIOS: EL CASO DE LEONOR PIMENTEL Y ZÚÑIGA, I DUQUESA DE PLASENCIA Lorena Catalina Barco Cebrián Universidad de Málaga [email protected] Desde que en los años 70 del siglo pasado surgieran las primeras voces reclamando un lugar en la Historiografía para la mujer ha sido mucho el camino andado, sin embargo, todavía es largo el que queda por recorrer. La mujer como sujeto de la Historia y la Literatura ha sido objeto de numerosos trabajos en las últimas décadas, no obstante, todavía es mucho el mundo silenciado que albergan los archivos españoles con respecto a las mujeres en la Edad Media. Una voz femenina muy escuchada en su época pero que ha pasado casi desapercibida en la historiografía ha sido la de Leonor Pimentel y Zúñiga, la que fuera I duquesa de Plasencia. En este caso proponemos analizar la vinculación de Leonor Pimentel con el mundo de la cultura y la escritura. Dando a conocer su mecenazgo en el mundo religioso y cultural de su época; y, asimismo, poner de relieve la importancia de dos tipos documentales como el testamento y el inventario para conocer las voces de aquellas mujeres, que en otros tipos documentales, quizás, no se muestran de forma tan personal. El testamento y el inventario nos dan idea de la vida y la religiosidad de aquellas féminas, poniendo especial hincapié, en la mayoría de los casos, en las rel aciones con otras mujeres, al mismo tiempo que nos indica los bienes culturales que poseían, el mecenazgo cultural que realizaban y sus inquietudes con respecto a todo ello y su futuro. PALABRAS CLAVE Inventario, Leonor Pimentel y Zúñiga, mecenazgo, mujer, siglo XV, testamento. BIBLIOGRAFÍA Barco Cebrián, L., Mujer, poder y linaje en la Baja Edad Media. Una biografía de Leonor Pimentel, Madrid, Ediciones la Ergástula, 2014. Broida, E., “Actitudes religiosas de las mujeres medievales ante la muerte: (Los testamentos de Barcelonesas de los siglos XIV y XV)”, en A. Muñoz Fernández (coord.), Las mujeres en el cristianismo medieval: imágenes teóricas y cauces de actuación religiosa, Madrid, Asociación Cultural Al-Mudayna,1989, pp. 463-476. Carlé, Mª del C., “La sociedad castellana del siglo XV en sus testamentos”, Anuario de estudios medievales, 18, 1988, pp. 537-550. Jiménez Moreno, A., “La transmisión de libros de madres a hijas entre los siglos XV y XVI: los libros de doña Leonor Pimentel en la biblioteca de su hija doña María de Zúñiga”, en E. Blanco (ed.), Grandes y pequeños de la literatura medieval y renacentista, Salamanca, Universidad de Salamanca, SEMYR, 2016, pp. 333-348. Otero Maseda, P. – M. García-Fernández, “Los testamentos como fuente para la historia social de la nobleza: un ejemplo metodológico: tres mandas de los Valladares del siglo XV”, Cuadernos de Estudios Gallegos, 60 (126), 2013, pp. 125-169.

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LAS MUJERES Y EL ENCARGO DE PEREGRINACIONES POST-MORTEM EN LOS TESTAMENTOS BAJOMEDIEVALES DE LOS REINOS HISPÁNICOS Paula Cadaveira López Universidade de Santiago de Compostela [email protected] La peregrinación post-mortem fue una práctica bastante extendida durante la Edad Media. Algunos difuntos, que no habían podido acudir a determinado centro de devoción, encargaban en sus últimas voluntades una manda que estableciese el cumplimiento de ese peregrinaje y cualquier persona podía llevarlo a cabo. En general y con el paso del tiempo, se generaría la costumbre de enviar a peregrinos masculinos “especializados” o “profesionales”, cuya inestabilidad geográfica se convirtió en su medio de vida. En las mandas testamentarias otorgadas por mujeres se pueden analizar los motivos que las llevaban a delegar este tipo de viajes, los destinos elegidos e incluso las características del peregrino y la cantidad retribuida al trabajo realizado. Para el caso femenino, son escasas las noticias de peregrinaciones de mujeres en vida, tanto a Santiago de Compostela como a otros centros importantes. Los peligros a los que se exponían eran muchos y muy variados, hasta el punto de que algunos eruditos, como Bertoldo de Ratisbona y Cristina de Pisán, ya se habían posicionado y advertido a sus contemporáneos de la negatividad de que las mujeres acudiesen a realizar peregrinaciones o romerías, a pesar de que estas últimas eran consideradas devociones esencialmente femeninas. Por esta razón, no puede extrañar que las dejasen encargadas en sus documentos de últimas voluntades con la finalidad de salvar su alma o materializar una promesa hecha en vida. PALABRAS CLAVE Edad Media, mujeres, peregrinación, testamentos. BIBLIOGRAFÍA Andrade Cernadas, J. M., “Los testamentos como reflejo de los cambios de actitud ante la muerte en la Galicia del siglo XIV”, Semata, 17, 2006, pp. 97-114 [accesible en: http://hdl.handle.net/10347/4452, última consulta: 12/09/16]. Caucci von Saucken, P., Roma, Santiago, Jerusalén. El mundo de las peregrinaciones, Barcelona, Lunwerg, 1999, pp. 39-56. García Fernández, M., “Viajes en vida y viajes ‘post-mortem’ en las últimas voluntades de la Galicia del siglo XII al XVI”, en Actas Encontro internacional “Viaxeiros: do antigo ao novo mundo” (4 de junio de 2015), en prensa. González Vázquez, M., Las mujeres en la Edad Media y el Camino de Santiago, Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, Xerencia de Promoción do Camiño de Santiago, 2000. Rucquoi, A., Mille fois à Compostelle. Pèlerins du Moyen Âge, Paris, Les Belles Lettres, 2014.

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DONES EN PRESÈNCIA A L’ÈPOCA MEDIEVAL: PROPOSTA PER A UNA EPISTEMOLOGIA HISTÒRICA DE LA LLIBERTAT FEMENINA Helena Casas Perpinyà Universitat de Barcelona [email protected] Una de les grans herències que hem rebut de la història del feminisme és que ens ha descobert la llibertat d’aquelles coses que pensàvem no-lliures: altrament, la llibertat femenina no hauria estat mai una realitat històrica. Quan aquesta llibertat és aplicada a l’estudi dels textos femenins medievals l’error d’epistemologia és palès en l’exigència d’un canvi de mirada. La contradicció entre gènere i diferència sexual com a categories d’anàlisi de l’escriptura femenina medieval és l’objecte central d’aquesta proposta metodològica. Amb l’objectiu de comprendre el sentit d’aquesta escriptura, la llibertat femenina es proposa com a realitat històrica i textual però també com a eina historiogràfica. Desfer-nos de la Història per escriure Història significa reformular les taxonomies pròpies de la historiografia tradicional que, havent inclòs la Història de Gènere, no reconeix encara la Política Sexual, intrínseca en les estructures medievals i reflectides, per tant, en la literatura. En aquesta línia, es tenen en consideració els escrits de Marie de France i les controvèrsies historiogràfiques al voltant de l’escriptura i la identitat de les trobairitz, entenent l’escriptura femenina com un espai de llibertat i reconeixent en ella la construcció d’una genealogia femenina. PALABRAS CLAVE Diferència sexual, epistemologia, Història de les Dones, literatura, llibertat femenina, metodologia. BIBLIOGRAFÍA Bock, G., “Women’s History and Gender History: Aspects of an International Debate”, Gender&History, 1, 1989, pp. 7-30. Cigarini, L., “Libertad relacional”, Revista de Estudios de la Diferencia Sexual DUODA, 26, 2004, pp. 85-11. Rivera, M., Textos y espacios de mujeres, Barcelona, Icaria, 1990. Martinengo, M. (ed.), Libres para ser. Mujeres creadoras de cultura en la Europa Medieval, Madrid, Narcea, 2000. Le Goff, J. – N. Troung, Une histoire du corps au Moyen Age, París, Poche, 2006.

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“VIEJAS QUE ANDAN LAS IGLESIAS E SABEN LAS CALLEJAS”: ANCIANAS ALCAHUETAS EN EL MEDIEVO HISPANO Laura Cayrol EHESS, Paris Universidad de Oviedo [email protected] Desde el siglo XII hasta el final de la Edad Media, y más allá de sus confines, la vieja alcahueta constituye uno de los arquetipos femeninos más relevantes de la literatura europea, gozando de especial desarrollo en la Península Ibérica. Desde los primeros personajes de carácter más plano hasta la más interesante Trotaconventos o la extraordinariamente compleja y humana Celestina, las alcahuetas ficticias nos transmiten una situación de enorme precariedad y marginalidad. Pero, ¿qué correspondencia existió entre estas figuras literarias y la realidad? Las alcahuetas a menudo eran antiguas prostitutas o viudas desamparadas procedentes de los grupos sociales más desfavorecidos. Lamentablemente, los datos relativos a casos específicos son escasos y, con frecuencia, un tanto imprecisos. No obstante, sí existen algunos documentos de sumo interés, que vienen a completar la información proporcionada por las fuentes jurídicas, la iconografía y, por supuesto, la literatura. Esta comunicación propone una revisión de la figura de la vieja alcahueta tanto en los textos literarios como en fuentes escritas e iconográficas de diversas naturalezas, entre los siglos XII y XV, prestando particular atención a los reinos occidentales de la Península Ibérica. Su principal objetivo es obtener un conocimiento más detallado del papel que estas mujeres desempeñaron en la sociedad medieval hispana y del lugar que ocuparon en el imaginario colectivo de la época. PALABRAS CLAVE Alcahuetas, marginalidad, mujeres, Península Ibérica, pobreza, vejez. B IBLIOGRAFÍA Agrimi, J. – Ch. Crisciani – P.-A. Fabre (trads.), “Savoir médical et anthropologie religieuse. Les représentations et les fonctions de la vetula (XIIIe-XVe siècle)”, Annales. Économies, Sociétés, Civilisations, 5, 1993, pp. 1281-1308. Homet, R., Los viejos y la vejez en la Edad Media. Sociedad e imaginario, Rosario, Pontificia Universidad Católica Argentina, 1997. Rouhi, L., Mediation and Love: A Study of the Medieval Go-Between in Key Romance and Near-Eastern Texts, Leiden, Brill, 1999. Scarborough, C., “Celestina: the Power of old age”, en A. Classen (ed.), Old Age in the Middle Ages and the Renaissance: Interdisciplinary Approaches to a Neglected Topic, Berlin- New York, Walter de Gruyter, 2007, pp. 343-356. Snow, J. T., “Some Literary Portraits of the Old Woman in Medieval and Early Modern Spain”, en M. da Costa Fontes – J. T. Snow (eds.), ‘Entra mayo y sale abril’: Medieval Spanish Literary and Folklore Studies in Memory of Harriet Goldberg, Newark, Juan de la Cuesta Hispanic Monographs, 25, 2005, pp. 349-363. 22

DE MONNA NINA A BARTOLOMEA MATTUGLIANI: UNA PROPUESTA PARA UNA ANTOLOGÍA DE POETAS ITALIANAS MEDIEVALES DE LA QUERELLES DES FEMMES

Daniele Cerrato Universidad de Sevilla [email protected] Nuestra propuesta sobre las poetas italianas de lo siglos XIII y XIV dentro de la Querelle des Femmes, se propone estudiar, de manera unitaria, los textos de estas autoras desde la perspectiva de los estudios de género, analizando el contexto cultural y social de la época y relacionándolas con otras escritoras de estos siglos. Contemporáneamente, queremos demostrar cómo las temáticas y las cuestiones relacionadas con la condición femenina que las poetas italianas desarrollan en sus textos, anticipan el comienzo de la Querelle des Femmes, que tradicionalmente se hace coincidir con la publicación de La cité des dames de Christine de Pizán, en 1404. Consideramos que una antología y un estudio critico de las poetas italianas de los siglos XIII y XIV puede representar un instrumento de investigación ideal para ofrecer una lectura no convencional de una edad variada y compleja como la Edad Media, permitiendo de trazar nuevas hipótesis sobre la presencia de las mujeres en la cultura e indagar las fases de construcción de una identidad femenina a lo largo de la historia. Esta investigación determina una reflexión acerca de las relaciones entre mujeres y escritura, y cómo la apropiación de la palabra representa una reacción a los modelos de feminidad que la sociedad patriarcal propone y una toma de conciencia en un ámbito literario y cultural masculino. PALABRAS CLAVE Edad Media, estudios de género, literatura italiana, poetas, Querelles des Femmes. BIBLIOGRAFÍA Arriaga Flórez, M. - D. Cerrato – M. Rosal Nadales, Poetas italianas de los siglos XIII y XIV en la Querella de las mujeres, Sevilla, Arcibel, 2012. Bergalli Gozzi, L., Componimenti delle piu illustri rimatrici di ogni secolo, Venezia, 1726. Cox, V. – Ferrari, C., Verso una storia di genere della letteratura italiana, Bologna, Il Mulino, 2012. Malpezzi Price, P., “Uncovering women’s writings: two early Italian women poets”, Journal of the Rocky Mountains Medieval and Renaissance Association, 1988. Wood, S. – L. Panizza, A History of Women’s writing in Italia, Cambridge, Cambridge University Press, 2000.

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ENSENHAR LA LITERATURA DE LAS TROBAIRITZ: PROPOSICION DIDACTICA Marie-Anne Châteaureynaud Espe d’Aquitània, Universitat de Bordèu [email protected] La lenga occitana en la que s’expresavan trobadors e trobairitz s’esperlonga uei enquèra com lenga de comunicacion e de cultura. Autoras y poetizas contunhan d’ escríver com at hasèvan las trobairitz. Entà que la votz poetica femenina d’ expression occitana posca contunhar de rebombir es important de desvolopar dens l’ensenhament l’estudi d’aquesta literatura. Atau prepausam vias didacticas per estudiar aquestes tèxtes a mantuns nivèus: En purmèir, haràm un bilanç deus tèxtes de poesia medievau femenina estudiats dens l’ensenhament de l’occitan e deus sites d’internet que balhan accès ad aquesta literatura. Que hè hrèita tanben dens l’encastre citat, evocar la figura emblematica hèra presenta dens l’atge mejan occitan: Aliònor d’Aquitània. Despuish d’ua evaluacion d’aquera basa de donadas estudiaràm espleitadas pedagogicas per aprigondir e melhorar las auhèrtas, en se centrar tan en los estudis literaris com en las aplicacions de las navèras tecnologias que son a se desvolopar. Presentaràm exemples concrets dab cançons de las trobairitz.: Beatritz de Dia, Na Cautelosa, o Asalais de Porcaraigas, que escrivón tèxtes que demoran de bon estudiar uei lo dia en classa. Per concluir veiram com aquesta literatura màger tan au nivèu poetic com au nivèu de l’expression femenina s’amerita ua valorizacion e ua difusion mei espandida, e com es reivindicada per poetessas deu sègle XXI. PALABRAS CLAVE Edad Media, enseñanza, literatura occitana, trobairitz. BIBLIOGRAFÍA Bec, P. “Trobairitz et chansons de femme. Contribution à la connaissance du lyrisme féminin au moyen âge”, Cahiers de civilisation médiévale, 22 (87), 1979, pp. 235-262. Canvat, K., “Genres et enseignement de la littérature”, Recherches, 18, 1993, pp. 5-22. Olivier, I., “Enjeux et perspectives d’une culture médiévale au lycée”, Perspectives médiévales, 36, 2015 [accesible en: http://peme.revues.org/8060, última consulta : 25/10/16] Zink, M., Littérature française du Moyen Âge, Paris, PUF, 1992. Zumthor, P., Parler du Moyen Âge, Paris, Minuit, 1980.

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CARTAS DESDE LA DISTANCIA. LA AÑORANZA EN LA CORRESPONDENCIA FEMENINA EN LOS SIGLOS XIV Y XV Mireia Comas Via Universitat de Barcelona [email protected] El objetivo de esta comunicación es analizar la correspondencia de mujeres, que por distintas razones, tuvieron que abandonar su hogar. Estudiaremos sobretodo cartas de reinas e infantas de la Corona catalanoaragonesa, pero también de mujeres de su entorno, que por culpa de la política de alianzas matrimoniales se vieron obligadas a empezar una nueva vida lejos de la corte en la cual se habían criado. Algunas de estas cartas recogen las quejas de las infantas, como en el caso de las hijas de Jaime II, lejos de la corte, encerradas en un monasterio, expresando su añoranza y reclamando constantemente la atención de su padre. Otras muestran su pena por tenerse que separar de los hijos, como en el caso de Blanca de Centelles, que formó parte del séquito que acompañó a la infanta Isabel de Aragón para casarse con Federico el Hermoso, duque de Austria, o el clamor de Sança Ximenis de Cabrera por mantener a su lado a sus hijas, una vez viuda. En definitiva, queremos profundizar en los sentimientos de estas mujeres, en sus penas, sus tristezas y temores, que pueden rescatarse de la correspondencia de estas mujeres de los siglos XIV y XV. PALABRAS CLAVE Añoranza, Corona de Aragón, Correspondencia, Maternidad. BIBLIOGRAFÍA Comas, M. “Palabras y actitudes de mujeres de la Cataluña bajomedieval ante las violencias e injusticias”, Memoria y Civilización. Anuario de historia, 16, 2013, pp. 9-25. Comas, M. – T. Vinyoles, “Lo libre de les dones”, en A. Riera i Melis (coord.), Francesc Eiximenis (C.1330-1409): el context i l'obra d'un gran pensador català medieval, Barcelona, Institut d’Estudis Catalans, 2015, pp. 267-288. Comas, M., Entre la solitud i la llibertat. Vídues barcelonines a finals de l’Edat Mitjana, Roma, Viella, 2015. Vinyoles, T. – M. Comas, Estefanía Carrós y de Mur (ca. 1455- 1511), Madrid, Ediciones del Orto, 2004. Vinyoles, T. – M. Comas, “Madres e hijas: pensando en Christine y su madre”, Mujeres y espacios urbanos. Homenaje a Christine de Pizan. 1405-2005, Madrid, Al-Mudayna, 2007, pp. 57-68.

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MEMÓRIA E AUTORIDADE FEMININA NA MÍSTICA MEDIEVAL: MARGUERITE PORETE E TERESA DE CARTAGENA Cláudia Costa Brochado Universidade de Brasília [email protected] A escrita mística medieval tem uma forte tradição feminina, sendo manifestação fundamental para a construção da memória das mulheres. A partir das obras de duas místicas medievais dos séculos XIV e XV, Teresa de Cartagena e Marguerite Porete, trataremos da relação entre tradição e memória femininas por meio dos conceitos de “ordem simbólica materna” e “autoridade feminina”, conceitos relacionados à teoria da diferença sexual. Teresa de Cartagena escreveu duas obras: Arboleda de los enfermos e Admiración de las obras de Dios. A primeira, por ter sido considerada obra demasiadamente grande para ter sido escrita por uma mulher, foi considerada plágio. A segunda será uma espécie de resposta a essa acusação, quando a autora reivindica para as mulheres a faculdade intelectual. O texto transgressor de Marguerite Porete possui elementos que confirmam sua autoridade como grande mística do período, autoridade reconhecida por homens e mulheres, ao mesmo tempo em que indica sua impossibilidade de reconhecer autoridade na ortodoxia católica. O trabalho analisa elementos que vinculam essas místicas às questões políticas de seu tempo, como os debates relacionados à querelle des femmes, entendendo os escritos dessas mulheres como escrita política. PALABRAS CLAVE Marguerite Porete, memória feminina, mística medieval, ordem simbólica materna, querelle des femmes, Teresa de Cartagena. BIBLIOGRAFÍA Brochado, Cl. C., “Evangelhos em feminino: interpretações de uma escritora medieval ibérica”, Cadernos Pagu, 42, 2014. Cirlot, V. – B. Gari, La mirada interior. Escritoras Místicas y Visionarias en la Edad Media, Barcelona, Ed. Martínez Roca, 1999. Muraro, L., L´ordine simbolico della madre, Roma, Riuniti, 1992. Rago, M., A aventura de contar-se. Feminismos, escrita de si e invenções da subjetividade, Campinas, Ed. da Unicamp, 2013. Rivera Garretas, Mª M., La diferencia sexual en la historia, Valencia, PUV, 2005.

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MÍSTICA Y AMOR CORTÉS Coral Cuadrada Universidad Rovira y Virgili (Tarragona) [email protected] Mi comunicación estudia el vínculo entre la poesía cortés y la literatura mística, a través de los relatos devocionales de Margarita Porete, Hadewijch de Amberes y Mechthild de Magdeburgo. Al combinar el lenguaje sensual del amor cortés con el énfasis del amor divino, escriben sobre sus experiencias con la humanidad de Cristo. Hadewijch intercala alusiones a los romances de la caballería y al hacerlo crea una «lírica del amor místico». Margarita utiliza las imágenes y los conceptos del amor erótico para describir la unión entre el alma y Dios. Narrando sus vivencias espirituales, toman ideas de la courtoisie, largesse, el amor lejano, la nobleza, la monarquía, los dones de la amada y el éxtasis amoroso. El uso del lenguaje sensual influenciado por la tradición cortés genera un poderoso dispositivo literario que apoya la afirmación teológica de que la unión del alma con Dios puede ser alcanzada en esta vida, mientras aún se halla en el cuerpo. Esta postura es realzada por la afirmación de Bernard de Clairvaux de que, debido a que Dios se encarnó, el cuerpo es perfectible. No todas las mujeres místicas recurren al lenguaje del amor cortés en la medida en que lo hacen Margarita, Hadewijch y Mechthild. Sin embargo, debido a su vida pública y a la difusión de sus obras, podemos sugerir que se trata de un fenómeno ciertamente común en la mística femenina de la Europa de los siglos XII-XIV. PALABRAS CLAVE Mística medieval femenina, poesía cortés BIBLIOGRAFÍA Brea, M. – S. López Martínez-Morás, Aproximacións ao estudo do vocabulario trobadoresco, Santiago de Compostela, Centro Ramón Piñeiro para a Investigación en Humanidades, 2010. Bynum, C. W., Jesus as Mother: Studies in the Spirituality of the High Middle Ages. Berkeley, University of California Press, 1984. Caraffi, P. (ed.), Corpo e cuore, Bologna, Odoya Libri di Emil, 2012. Cirlot, V. – Bl. Garí, La mirada interior. Escritoras místicas y visionarias en la Edad Media. Madrid: Siruela, 2008. Newman, B., “La mystique courtoise: Thirteenth-Century Beguines and the Art of Love”, en From Virile Woman to WomanChrist, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1995.

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A FIGURA DA MALMARIDADA NO CANCIONEIRO ROMÂNICO MEDIEVAL Viviane Cunha Universidade Federal de Minas Gerais [email protected] O tema da malmaridada é muito frequente na literatura cortês do norte da França, o que se explica, talvez, pelo fato de que a mulher na sociedade medieval é muitas vezes desposada pelas terras que ela transfere ao marido na época do casamento. Os casamentos sendo principalmente uma negociação bastante rendosa entre os senhores feudais o desejo da mulher pouco ou nunca importava. O marido, que se mantinha fora do lar por causa das guerras, das caças, dos torneios, enfim, do serviço feudal, passava longos períodos longe da vida conjugal, durante os quais sua esposa deveria experimentar novas sensações entre os jograis e os trouvères, os quais lhe prestariam o ‘serviço amoroso’. A nomenclatura do gênero diz claramente que a canção da malmaridada se distingue pelo seu tema: a esposa deplora a sua insatisfação conjugal e sonha com um amor consolador. Embora o gênero seja específico do norte da França, a figura da malmaridada pode ser encontrada em outros gêneros de canções no âmbito românico. No repertório das trobairitz também podemos encontrar a figura da malmaridada no gênero das canções de amor occitanas. O repertório das cantigas de amigo galego portuguesas apresenta um exemplar único da figura da malmaridada, com uma tipicidade diferente das canções francesas. Estabelecer uma relação entre a figura da malmaridada nos diferentes gêneros de tais canções é o objetivo deste estudo, que procura se centrar na sua tipicidade. PALABRAS CLAVE Canções de mulheres, tema da malmaridada, trovadorismo, trobairitz, universo feminino. BIBLIOGRAFIA Bec, P., Chants d’amour des femmes-troubadours, Paris, Stock/Moyen Age, 1995. Bogin, M., The Women Troubadours. An Introduction to the Women Poets of 12th-Century Provence and a Collection of their Poems, New York, London, W.W. Norton – Company, 1978. Corral Díaz, E., As mulleres nas cantigas medievais, Sada- A Coruña, Publicacions do Seminário de Estudos Galegos, 1996. Krispin, A., “La chanson de femme dans la lyrique occitane des XIIe et XIIIe siècles: chanson d’ami et chanson de malmariée”, Via Domitia, 2, 1982, pp. 127-140. Paden, W. D. et al., “The Poems of the Trobairitz Na Castelloza”, Romance Philology, 25 (1), 1981, pp. 158-182.

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CRISTINA DE PIZÁN ANTE MARIE-JOSÉ LEMARCHAND: EL VIAJE INICIÁTICO DE UNA EDITORA

María del Rosario Delgado Suárez Universidad de Alcalá [email protected] ¿Sabría Cristina de Pizán que su Ciudad de las damas se convertiría en la primera obra de reivindicación feminista de la historia? Posiblemente no, pero más allá de la causa, nuestra Cristina de Pizán –porque Cristina es de todos– es mucho más que un actual referente de lucha feminista, es una transgresora social que quiso cambiar su mundo educando. Nuestra Cristina, autora del medievo, escritora profesional erigió la palabra desde su scriptorium a fin de erigir su particular ‘ciudad’, una ciudad tomada como ejemplo alquímico de transformación social para ir desde el desprecio hacia la virtud, una ciudad convertida en el crisol donde Razón, Derechura y Justicia fueran los nobles ingredientes para quedar en tablas en la lucha de género y dignificar la figura de la mujer. Si queremos entender y recibir el mensaje de Cristina, debemos situarnos tras el otro lado del espejo: por un lado, se asoma nuestra escritora medieval; por el otro, nosotros. Y para ir más allá del reflejo, contamos con la palabra excepcional, con la voz de la mujer que dio vida a Cristina –por segunda vez– Marie-José Lemarchand, la única editora en castellano que atravesó este espejo para conocer y dar a conocer a Cristina. Ahora estamos preparados y podemos recorrer el mismo viaje iniciático que esta gran mujer –una investigadora pionera– realizó acompañada de nuestra escritora del medievo. Sea este humilde trabajo un viaje para conocerlas a ambas. PALABRAS CLAVE Cristina de Pizán, Ciudad de las damas, editora, M. J. Lemarchand, reivindicación feminista. BIBLIOGRAFÍA Bornstein, D., Ideals for Women in the Works of Christine de Pizan, Micbigan, Consortium for Medieval and Early Modern Studies, 1981. Cabré, N., Done i literatura: la imatge de la dona en la literatura medieval, Barcelona, Laertes, 1995. Quilligan, M., The Allegory of Female Authority, Christine de Pizan's “Cité des Dames”, Nueva York, Londres, Cornell University Press, 1994. Willard, Ch. C., Christine de Pizan: Her Life and Works, Nueva York, Persea Books, 1984. Zimmermann, M. – D. de Rentiis, The City of Scholarf New Approaches to Christine de Pizan, Berlín, Nueva York, W. De Groyster, 1995.

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LA MUJER MEDIEVAL A TRAVÉS DE LOS RELATOS DE SUEÑOS DEL ROMANCERO Susana Diez de la Cortina Montemayor Universidad Complutense de Madrid [email protected] Los relatos de sueños incluidos dentro de los romances abundan tanto en el Romancero Viejo como en el Nuevo; en este trabajo analizaremos la imagen de la mujer medieval a través de relatos oníricos como el del Romance Quinto de la serie de romances históricos denominados por Menéndez Pidal de “la destrucción de España”, en el que se habla del sueño del rey Don Rodrigo mientras duerme con la Cava rodeado de cien doncellas, una de las cuales, llamada Fortuna, lo despierta: “Si duermes, rey don Rodrigo,/ despierta por cortesía/ y verás tus malos hados,/ tu peor postrimería,/ y verás tus gentes muertas/ y tu batalla perdida (…)”. Dentro de los romances carolingios hay numerosos ejemplos en los que se observa cómo el romancero español hereda motivos de las gestas europeas (Don Roldán, Batalla de Roncesvalles, Carlomagno, etc.) e incluso de la tradición clásica; así, es notoria la relación entre el sueño de Doña Alda y el de Penélope: “Al son de los instrumentos—doña Alda adormido se ha:/Ensoñado había un sueño,—un sueño de gran pesar./Recordó despavorida—y con un pavor muy grand (…)”. Por último, analizaremos la pervivencia de estas “apariciones” oníricas femeninas en romances tan característicos y con tantas versiones como El enamorado y la muerte: “Un sueño soñaba anoche (…)/ soñaba con mis amores,/ que en mis brazos los tenía./ Vi entrar señora tan blanca,/ muy más que la nieve fría (...)”. PALABRAS CLAVE Mujeres, literatura medieval, relatos de sueños, romancero, verbos de actividad mental. BIBLIOGRAFÍA Alvar, M., El Romancero, Tradicionalidad y pervivencia, Barcelona, Planeta, 1974. Débax, M., Romancero, Madrid, Alhambra, 1988. Menéndez Pidal, R., Flor Nueva de Romances Viejos, Argentina, Buenos Aires, 1946. Power, E., Mujeres medievales, Madrid, Encuentro, 1979. VV.AA., La imagen de la mujer en el arte español. Actas de las terceras jornadas de investigación interdisciplinaria. Seminario de Estudios de la Mujer de la Universidad Autónoma de Madrid, Madrid, Ediciones U.A.M., 1984.

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LA CONDICIÓN CIVIL DE LA MUJER MALLORQUINA MEDIEVAL: LA SEPARACIÓN DE BIENES

María del Camí Dols Martorell Universitat de les Illes Balears [email protected] En el Reino de Mallorca, como en el resto de los territorios de la Corona de Aragón, la mujer tenía un papel subordinado a la figura masculina, ya fuera al padre, marido o hermano. Las diferencias entre el sexo masculino y femenino a lo largo de la Edad Media eran muy acusadas. En el momento del nacimiento de una niña, esta quedaba directamente relegada en un segundo plano dentro de la estructura social del Reino. En nuestro trabajo haremos un análisis a la Carta de Franquesa (1230) del Reino de Mallorca concedida por el monarca Jaime I de Aragón en cuanto a sus referencias a las mujeres de este territorio, por uno de los motivos más novedosos en el ámbito patrimonial y judicial, ya que, es la primera ocasión, dentro del conjunto de la Corona catalanoaragonesa en la que se reconoce la separación de bienes entre cónyuges, a la vez que se otorga ciertos derechos de las mujeres mallorquinas a partir del siglo XIII. PALABRAS CLAVE Carta de Franquesa de Mallorca, matrimonio, mujeres, separación de bienes. BIBLIOGRAFÍA Pons i Fábregues, B., La Carta de Franquesa del Rei en Jauime I constituïnt el Regne de Mallorca: estudi crític, Palma, Ed. Ajuntament de Palma, 1917. Ramos, P, “Estudio comparativo de la Carta de Población de Tortosa (1149), Carta de Población de Lleida (1150) y la Carta de Franquicia de Mallorca(1230)”, Cuadernos de Investigación Histórica, 18, 2001, pp. 407-422. ——, “Estudio comparativo de la Carta de Franquicia de Mallorca (1230), Carta de Franquicia de Ibiza-Formentera (1236) y Carta de Franquicia de Menorca (1301)”, Cuadernos de Investigación Histórica, 21, 2004, pp. 507-538. Santamaría, Á., Sobre la datación de la Carta de Franquesa de Mallorca, Roma, Instituto Nacional de Cultura, 1984. Segura Graíño, C. (ed.), “Las mujeres en las ciudades medievales”, III Jornadas de Investigación Interdisciplinar, Col. Seminario de Estudios de la Mujer, 7, Madrid, Universidad Autónoma de Madrid, 1984.

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EL DESAMOR EN LOS LAIS DE MARÍA DE FRANCIA Isabel García Conde Universidad de Alcalá de Henares [email protected] Si bien los Lais de María de Francia enarbolan la enseña del amor como tema central de su relato, creemos que son amores que, en general, no parecen tener buena fortuna. Las relaciones que se establecen llegan, en determinados casos, de la mano del desafecto o la indiferencia, un desamor de muy distintas gradaciones, pero desamor al fin y al cabo. Son situaciones que no aparecen en todos las historias ya que la autora las presenta en alternancia. Nos muestra el “desamor” en diferentes situaciones igualando así las distintas gradaciones con las que presenta el amor. Este otro sentimiento, opuesto y complementario, opuesto por lo que encierra de odio, recelo o falta de atracción, y por otro lado, complementario, como palimpsesto que emerge detrás de la línea principal de sus historias y siempre enmascarado en una excusa, ya sea por interés, en otros casos es por adulación o por miedo… Así pues, analizamos aquellos Lais en los que se percibe esta malquerencia, reflejo de la complejidad de las relaciones de pareja y de los condicionantes sociales en los que la mujer se encontraba inmersa. En ellos, no obstante, se constata que las tramas urdidas y las decisiones que se toman y posteriormente se llevan a cabo están ideadas y secundadas tanto por la dama como por el caballero, indistintamente, y en alguna ocasión solo por la dama. María de Francia nos presenta en sus relatos la imagen de una mujer condicionada por las circunstancias pero también partícipe y capaz. PALABRAS CLAVE Desgracia, desamor, miradas, mujer, premeditación. BIBLIOGRAFÍA Capellanus, A., De amore. Tratado sobre el amor, trad. I. Creixell Vidal-Quadras, Barcelona, El Festín de Esopo, 1984. Córdoba, Ibn Hazm de, El collar de la paloma, Madrid, Alianza Editorial, 2012. Ovidio, P., Heroidas, Madrid, Alianza editorial, 1994. Rivera Garretas, Mª Milagros, Textos y espacios de mujeres, Barcelona, Icaria Editorial, 1995. Rubio Tovar, J., “La mirada, el espejo y el amor: algunas huellas de las teorías ópticas griegas y del 'perspectivas' medievales en Cligés de Chrétien de Troyes”, en P. Llorente, A. Boadas, Fr. J. Fortuny et al. (eds.), Actes del Simposi Internacional de Filosofía de l’Edat Mitjana, Vic, Patronat d’Estudis Osonencs, 1996, pp. 609-618.

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VOCES, SUSURROS Y SILENCIOS: POSIBILIDADES Y PROBLEMÁTICAS EN TORNO A LA CONSERVACIÓN DE LAS VOCES FEMENINAS EN LA DOCUMENTACIÓN MEDIEVAL GALLEGA

Miguel García-Fernández Universidade de Santiago de Compostela [email protected] El objetivo de la presente comunicación es realizar una primera aproximación a las posibilidades y problemáticas que surgen a la hora de recuperar las voces femeninas a través de la documental notarial gallega de los siglos XII al XIV. En primer lugar, me centraré en el análisis de aquellos documentos que pueden considerarse como más próximos a la expresión de las voluntades y voces de mujeres: testamentos y escrituras judiciales. Se hará especial hincapié en las referencias a testamentos orales y hológrafos, así como a las declaraciones de testigos femeninos. Además de valorar su representatividad cuantitativa, se expondrán los problemas relativos a la escrituración de la oralidad femenina en estilo directo y a la escrituración de los deseos y voces de mujeres por ellas mismas. En segundo lugar, se valorarán las posibilidades de otros tipos documentales y, sobre todo, se examinarán los susurros femeninos, es decir, aquellas voces femeninas conservadas y transmitidas mediante el recuerdo de otros u otras. Se trata de considerar, por tanto, el valor de las referencias indirectas a esas voces de mujeres. Finalmente, se plantearán algunas reflexiones sobre la posición social de las mujeres y su relación con la cultura escrita para tratar de explicar los límites que se presentan a los investigadores a la hora de conocer e incluso reconstruir las voces y pensamientos femeninos de la sociedad medieval. Todo ello sin dejar de valorar las posibilidades de futuro. PALABRAS CLAVE Documentación notarial, Galicia, Edad Media, oralidad, voces femeninas. BIBLIOGRAFÍA1 Beceiro Pita, I., “La relación de las mujeres castellanas con la cultura escrita (siglo XIII-inicios del XVI), en A. Castillo Gómez (ed.), Libro y lectura en la Península Ibérica y América (siglos XIII a XVIII), Valladolid, Junta de Castilla y León, 2003, pp. 15-52. García-Fernández, M., As mulleres nos testamentos galegos da Idade Media, Santiago de Compostela, Universidade de Santiago de Compostela, 2012 [tesis de licenciatura]. Graña Cid, Mª del M. (ed.), Las Sabias mujeres: educación, saber y autoría (siglos III- XVII), Madrid, Almudayna, 1994. Pallares Méndez, Mª.-C., Historia das mulleres en Galicia. II. Idade Media, Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, NigraTrea, 2011. Segura Graiño, C. (ed.), La voz del silencio, Madrid, Almudayna, 1992-1993, 2 vols.

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La bibliografía básica consistirá en obras con la edición de fuentes documentales gallegas que complementarán a las fuentes archivísticas consultadas.

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ESCLAVAS Y CABALLERAS EN JACOB BEN ELEAZAR: PUENTE LITERARIO ENTRE ORIENTE Y OCCIDENTE Esperanza Macarena García García Universidad Complutense de Madrid [email protected] Carlos Santos Carretero Universidad de Murcia [email protected] Esta comunicación aborda el estudio de la séptima maqama del Sefer ha-meshalim (Libro de fábulas) de Jacob ben Eleazar: “La historia de Yoshfe y sus dos amadas”, con especial énfasis en el papel de la mujer. Sefer ha-meshalim (1245) es una obra destacada dentro de la literatura hebrea medieval, siendo el único libro con motivos de amor cortés del que disponemos hasta la fecha. La obra contiene diez historias escritas en prosa rimada con poemas engarzados y de temática variada, común a la literatura hispánica medieval: amor cortés, deseo, crítica social, filosofía, moral, relatos de caballería, alegorías… De ellas, “La historia de Yoshfe y sus dos amadas” destaca por su singular tratamiento del género y las relaciones amorosas, posiblemente en respuesta a una mayor apertura de la sociedad judía durante el s. XIII dentro de este espacio de convivencia intercultural. En concreto, se abordarán el papel que juegan el mercado de esclavas y el concubinato en el relato; la bigamia en la sociedad judía de los reinos cristianos; así como el travestismo y la figura de las mujeres caballero como alteración de los esquemas de género usuales. Esta comunicación presenta el fruto de la traducción al español de dicho relato –así como el estudio lingüístico y literario pertinente– realizada bajo la dirección y colaboración de la Dra. Rachel Peled Cuartas dentro de la base de datos HeMeT integrada en el proyecto DHuMAR Humanidades Digitales (UAH). PALABRAS CLAVE Maqamat, esclavas, travestismo, matrimonio, judaísmo, hebreo. BIBLIOGRAFÍA Assis, Y. T., “Sexual Behaviour in Mediaeval Hispano-Jewish Society”, en A. Rapoport-Albert – S. J. Zipperstein (eds.), Jewish History. Essays in Honour of Chimen Abramsky, London, Peter Halban, 1988, pp. 25-59. Baer, Y., Historia de los judíos en la España cristiana, Barcelona, Riopiedras, 1998. Peled, R., Tras el modelo binario: El cuerpo femenino en la prosa hebrea y romance en la Península Ibérica en la Baja Edad Media. Proyección y reflejo, Madrid, UCM, 2014 [tesis inédita]. Rosen, T., Unveiling Eve: Reading Gender in Medieval Hebrew Literature, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2003. Sánchez Montes, M. J., “Lo grotesco en el Libro de buen amor: una aproximación bajtiniana”, en A.M. Beresford (ed.), ‘Quien hubiese tal ventura’: Medieval Hispanic Studies in Honour of Alan Deyermond, London, Dep. of Hispanic Studies Queen Mary - Westfield College, 1997, pp. 77-83. 34

RETÓRICA DE FLORENCIA PINAR, POETA DE CANCIONERO: INTROSPECCIÓN Y EROTISMO

David González de la Higuera Garrido Universidad Complutense de Madrid [email protected] Para muchos críticos, Florencia Pinar es la poeta más importante de la poesía de cancionero. Esto se debe a que presenta un corpus de poemas lo suficientemente amplio como para poder hacer un estudio detallado de ellos. Sin embargo, todavía queda mucho por hacer a la hora de describir su poesía desde el punto de vista retórico; además, la crítica ha identificado algunos rasgos de «feminidad» en sus poemas. Una vez observado el panorama crítico que gira en torno a Florencia Pinar, esta comunicación se propone analizar la retórica de esta poeta a partir de dos parámetros que la crítica ha considerado como rasgos de feminidad, a saber, la introspección y el erotismo. De este modo, la comunicación pretende establecer la retórica que hay detrás del erotismo y la introspección de sus poemas, de forma que se pueda saber a ciencia cierta si los rasgos que crean introspección y erotismo son originales en esta poeta o, por el contrario, son típicos en la poesía cancioneril del cuatrocientos. Esta comunicación tendrá en cuenta solamente tres poemas de los seis que se le atribuyen (ID6240, ID6241 e ID0768), y estos poemas serán analizados según los siguientes puntos: 1. Recursos literarios que crean sensación de introspección y de erotismo; 2. Motivos y temas que crean introspección y erotismo. PALABRAS CLAVE Cancionero, erotismo, feminidad, introspección, retórica. BIBLIOGRAFÍA Casas Rigall, J., Agudeza y retórica en la poesía amorosa de cancionero, Santiago de Compostela, Universidad de Santiago de Compostela, 1995. Deyermond, A., “The worm and the partridge. Reflections on the poetry of Florencia Pinar”, Mester, 7, 1978, pp. 3-8. ——, “First Women Writers”, en B. Miller, Women in Hispanic Literature. Icons and Fallen Idols, Berkeley, University of California Press, 1983, pp. 27-52. Navas Ocaña, I., “Sus nombres mi vida son: leer a Florencia Pinar”, Neophilologus, 100 (3), 2016, pp. 345-355. Pérez Priego, M. A. (ed.), Poesía femenina en los cancioneros, Madrid, Castalia, 1990.

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SUSANA COMO ARQUETIPO DE MUJER CASTA Dulce María González Doreste Instituto Universitario de Estudios Medievales y Renacentistas (IEMyR) Universidad de La Laguna [email protected] Francisca del Mar Plaza Picón Instituto Universitario de Estudios Medievales y Renacentistas (IEMyR) Universidad de La Laguna [email protected] En el presente trabajo estudiamos desde una perspectiva interdisciplinar el tratamiento que realiza Christine de Pizan de la historia de Susana, atendiendo, asimismo, a los orígenes del modelo de mujer que encarna este personaje bíblico, figura conocida del imaginario cristiano como baluarte frente al adulterio en la representación que de ella hacen Agustín y Jerónimo. En este sentido, trazaremos la evolución del conocido relato a medida que va adaptándose al gusto y a las necesidades de cada época, centrándonos especialmente en la Edad Media puesto que la historia de Susana, como narración independiente, pasa a formar parte de la amplia lista de exempla que se introducen en los tratados de educación femenina para ilustrar la virtud de la castidad. PALABRAS CLAVE Arquetipos de mujer, Christine de Pizan, Edad Media, exempla, fuentes. BIBLIOGRAFÍA Brown-Grant, R.. Christine de Pizan and the Moral Defence of Women: Reading beyond Gender, Cambridge, Cambridge University Press, 1999. Desrosiers-Bonin, D., “De l'exemplum antique à l'exemplar vivant dans la Cité des dames de Pizan”, en S. Steinberg – J.-Cl. Arnould (eds.), Les Femmes et l'écriture de l'histoire 1400-1800, Mont-Saint-Aignan, Publicatons des universités de Rouen et du Havre, 2008, pp. 299307. Mozley, J. H. “Susanna and the Elders: Three Medieval Poems”, Studi Medievali, 3, 1930, pp. 2752. Piñol Bastidas, R. – S. Vidal Álvarez, “Susana contra Seniores: lujuria y castidad en la Antigüedad Tardía”, en Mª T. Sauret Guerrero y A. Quiles Faz (eds.), Luchas de género en la historia a través de la imagen, Málaga, 2001, vol. I, pp. 347-375. Staley, L.. “Susanna and English Communities”, Traditio, 62, 2007, pp. 25-58 [accesible en: www.jstor.org/stable/27832065].

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LA VOCE DI CHRISTINE DE PIZAN NEL POEMA CAVALLERESCO ITALIANO Maria Francesca Loffredo Università degli studi di Salerno Universidade de Santiago de Compostela [email protected] A partire dai primi commentatori dei poemi cavallereschi italiani, il modello della vergine guerriera cristiana è stato da sempre associato alla mitologia ed alla letteratura classica. Il mito della riscoperta della cultura antica in epoca Rinascimentale, in contrapposizione alla presunta oscurità dei secoli medievali, ha impedito che si ricercassero modelli di donne nella letteratura cronologicamente più prossima a grandi autori quali Ariosto e Tasso. Come per Christine de Pizan, la quale ha ripreso in egual modo modelli di figure femminili dell’antichità dotandoli di connotazioni moderne già in epoca basso medievale, le stesse che è possibile riscontrare nei personaggi femminili dei seguenti poemi cavallereschi italiani. L’obiettivo che mi prefiggo è riscontrare correlazioni ed eventuali rapporti intertestuali tra gli scritti di Christine de Pizan, in particolare La città della Dame ed Il poema di Giovanna d’Arco (straordinarie opere in cui l’autrice affida le sue speranze di pace ed il suo ideale di donna ad illustri fanciulle dell’antichità ed alla contemporanea donzella d’Orleans) ed i maggiori autori della letteratura cavalleresca italiana del XV e XVI secolo, le cui protagoniste sono anch’esse donne guerriere costruite su modelli letterari classici, probabilmente non immuni all’influenza delle idee dell’autrice della corte medievale francese. Si pretende dimostrare l’importanza e la continuità della voce femminile di Christine de Pizan, a difesa delle donne e nella rivendicazione nelle loro libertà attraverso le proprie opere, in rilevanti autori nei secoli succesivi. PALABRAS CLAVE Christine de Pizan, donne, Medioevo, poema cavalleresco. BIBLIOGRAFÍA Le Goff, J., Hommes et femmes du Moyen Age, Paris, Flammarion, 2012. Mac Carthy, I., Women and the Making of Poetry in Ariosto's Orlando Furioso, Leicester, Troubador Publishing, 2007. Muzzarelli, M. G., Un'italiana alla corte di Francia. Christine de Pizan, intellettuale e donna, Bologna, Il Mulino, 2007. Orsi, M., La verginità tra virtù e trasgressione nella “Gerusalemme Liberata”, Pisa, Fabrizio Serra Editore, 2010. Rigaus, R., Las idées féministes de Christine de Pisan, Géneve, Slatkine, 1973.

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DE LA LUCRECIA CLÁSICA A LA LUCRECIA MEDIEVAL DE LA MANO DE CHRISTINE DE PIZAN María del Pilar Lojendio-Quintero Instituto Universitario de Estudios Medievales y Renacentistas (IEMyR) Universidad de La Laguna [email protected] María del Pilar Mendoza-Ramos Instituto Universitario de Estudios Medievales y Renacentistas (IEMyR) Universidad de La Laguna [email protected] La figura de Lucrecia ha tenido un largo recorrido temporal. Desde los antiguos griegos y romanos hasta los escritores medievales, su historia forma parte de la mat eria literaria que versa sobre el mundo femenino. No obstante, en la historia de Lucrecia se entrecruzan muchos aspectos (castidad, suicidio, emblema de la República) ya desde la Antigüedad grecorromana. En la Edad Media, frente a la mención ambigua del personaje por Jean de Meun en su Roman de la Rose, quien aminora la virtud del personaje en la medida en que su castidad no fue realmente sometida al asalto preciso, Christine de Pizan recupera a Lucrecia para ensalzarla y alojarla como una invitada imprescindible en su Cité des Dames. El propósito de nuestra comunicación será seguir el recorrido de este personaje desde la Antigüedad grecorromana hasta la Edad Media, para establecer cuál ha sido su evolución y de qué manera se ha ido adaptando a los intereses de cada época o a la ideología de cada autor hasta llegar a Christine de Pizan. PALABRAS CLAVE Arquetipo de mujeres, Christine de Pizan, Jean de Meun, Literatura grecorromana, Lucrecia, suicidio. BIBLIOGRAFÍA Borgo, A., “Lucrezia. Riflessioni sulla storia di un personaggio letterario”, Bolletino di Studi Latini, 41, 2011, pp.43-60. Domínguez Arranz, A. – R. Mª Marina Sáez, Género y enseñanza de la Historia. Silencios y ausencias en la construcción del pasado, Madrid, Sílex, 2015. Fontanarosa, S., “La fortuna di Lucrezia. Ricezione e attualizzazione di un modelo di virtù muliebre.1. Tra Medievo e rinascimento”, Aufidus, 38, 1999, pp. 115-147. Muzzarelli, Mª G., Christine de Pizan, intelectual y mujer: una italiana en la corte de Francia, Buenos Aires, Miño y Dávil, 2011. Régnier-Bohler, D. (ed.), Voix de femmes au Moyen Âge: savoir, mystique, poésie, amour, sorcellerie, XIIe-XVe siècle, París, Robert Laffont, 2006.

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LAS DISPOSICIONES TESTAMENTARIAS: NUEVOS ENFOQUES PARA EL ESTUDIO DE LA MUJER MEDIEVAL Lucrezia López IDEGA - Universidade de Santiago de Compostela [email protected] Rubén C. Lois González Universidade de Santiago de Compostela [email protected] Las mujeres de la Edad Media practicaban la religión cristiana con expresiones religiosas distintas. Entre ellas, estaba el peregrinaje, algo que dependía del permiso de un hombre, es decir, que su decisión tenía que ser aprobada por su marido, padre o hermano (Craig, 2003). Por ello, no pocas mujeres compensaban dichas dificultades de peregrinación in strictu sensus con una peregrinación in stabilitate (Plötz, 1993). Para estudiar esta última tipología de peregrinación, se propone un nuevo enfoque basado en el análisis de los legados, instrumentos jurídicos que prescriben donaciones a iglesias o monasterios. A través de estas prácticas medievales, se pretendía establecer una relación con lo eterno y con lo divino; de hecho, para la economía salvífica, tenían el mismo valor religioso y devocional que la peregrinación (Guriévich, 1990; Péricard-Méa, 2004). Por eso, los legados eran, y son, una significativa demonstración de la devoción. El objetivo de la comunicación es visibilizar la importancia de las voces femeninas en las disposiciones testamentarias del Medievo románico entre las devotas al culto jacobeo; el caso de estudio se refiere a la región italiana de Apulia. Se analiza la frecuencia, las motivaciones y la tipología de esas donaciones en dicha producción jurídica, otra expresión de devoción femenina a Santiago, comunes a todas las otras devociones (González, 1989). El resultado es una reflexión acerca de nuevos enfoques de investigación de las voces femeninas en la documentación jurídica medieval. PALABRAS CLAVE Apulia (Italia), culto jacobeo, devoción, legados, peregrinación in stabilitate, peregrinas. BIBLIOGRAFÍA Craig, L. A., “Stronger than men and braver than knights: women and pilgrimages to Jerusalem and Rome in the later middle ages”, Journal of Medieval History, 29 (3), 2003, pp. 153-175. González Vázquez, M., Las Mujeres de la Edad Media y el Camino de Santiago, Santiago de Compostela, Consellería da Presidencia e Administración Pública, Servicio Central de Publicación, 1989. Guriévich, A., Las categorías de la cultural medieval, Madrid, Taurus, 1990. Péricard-Méa, D., Compostela e il Culto di San Giacomo nel Medioevo, Il Mulino, Bologna, 2004. Plötz, R., “Homo Viator”, en Á. Álvarez Gómez (ed.). Pensamiento, Arte y Literatura en el Camino de Santiago, Santiago de Compostela, Dirección Xeral de Política Lingüística, 1993, pp. 44-60.

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ROSAS NA LENDA, CARTAS NA POLÍTICA: A VOZ DE ISABEL DE ARAGÃO NO REINADO DE D. DINIZ Aldinida Medeiros Universidade Estadual da Paraíba [email protected] Isabel de Aragão, conhecida como a Rainha Santa de Portugal, é emblemática na política de Portugal, principalmente porque, além de ajudar na pacificação das contendas entre o esposo, D. Dinis, e o filho, D. Afonso IV, a altura infante, Isabel escreveu cartas com teor político ao seu irmão, então rei de Aragão. Nosso interesse de investigação sobre esta mulher, importante figura histórica do período medieval, aconteceu através de sua representação no romance histórico contemporâneo, porém, alargou-se, à medida que mais conhecíamos seus feitos, fossem na habilidade política com a Igreja Católica, sobremaneira no tocante à questões relacionada ao Mosteiro de Santa Clara -a-Velha, fosse na política dos casamentos e criação dos filhos bastardos de seu marido. O objetivo desta comunicação e artigo é trazermos à tona a voz de Isabel de Aragão bem como observarmos os posicionamentos desta rainha através de algumas de suas cartas, a fim de comprovar sua habilidade nas estratégias da política do reinado de D. Diniz. PALABRAS CLAVE Cartas, Isabel de Aragão, política portuguesa medieval. BIBLIOGRAFÍA Benevides, F. da F., Rainhas de Portugal, Lisboa, Livros Horizonte, 2009. Gimenez, J. C., A rainha Isabel na estratégias políticas da Península Ibérica: 1280-1336, Curitiba, Universidade Federal do Paraná, 2005 [accesible en: http://bdtd.ibict.br/vufind/Record/UFPR_47a64e3c2f2e61eb67ff54b8a73e7a7f]. Leite, F. B., O Rei D. Diniz e a Rainha Santa Isabel, Lisboa, Edição do Autor, 1993. Mattoso, J. (dir.), História de Portugal, Porto, Círculo de Leitores, 1994, vols. II, III. Vasconcelos, A. de, Rainha Santa Isabel, Coimbra, Editora Alma Azul, 1996.

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ESPACIOS FEMENINOS DE ESCRITURA EN LA EDAD MEDIA Pablo Alberto Mestre Navas Universidad de Sevilla [email protected] La comunicación tratará de analizar los diferentes espacios de escritura, entendidos como lugares dedicados con exclusividad a desarrollar dicha actividad. Del mismo modo, se contextualizará ese espacio con la producción documental o libraria, puesto que el acto de escribir debía desarrollarse, según los casos, en diferentes habitáculos que contaban con instrumentos y mobiliario que permitían, o favorecían, el desarrollo de la praxis escrituraria. El hecho de la existencia de éstos, tal y como se observa en inventarios de bienes y testamentos, así como en reproducciones artísticas medievales, implica que ciertas mujeres estaban habituadas al acto de escribir. Para ello, se analizarán diferentes fuentes documentales que muestren la existencia de espacios dedicados a la escritura; así, se procurará combinar varias iluminaciones y miniaturas medievales, en las que aparecen representadas mujeres con útiles escriturarios, con documentación que refleje la existencia de los mismos y que están asociados a personalidades femeninas de la nobleza medieval. Los focos que serán objeto de estudio serán los monasterios femeninos españoles y las residencias palaciegas de la nobleza. PALABRAS CLAVE Espacios femeninos de escritura, mobiliario e instrumentos de escritura, Monasterio de San Clemente, Casa Ducal de Medinaceli, Sevilla, miniaturas. BIBLIOGRAFÍA Álvarez Márquez, Mª del C., Impresores, libreros y mercaderes de libros en la Sevilla del Quinientos, Sevilla, Libros Pórtico, 2009. ——, La impresión y el comercio de libros en la Sevilla del Quinientos, Sevilla, Universidad de Sevilla, 2007. Angulo Fuertes, Mª T., El monasterio premonstratense de Santa María de La Vid durante los siglos XIV y XV. Tesis doctoral dirigida por B. Casado Quintanilla. UNED, 2015. Borrero Fernández, M. et al., El Real Monasterio de San Clemente: historia, tradición y liturgia, Sevilla, 1999. García Martínez, A. Cl., Catálogo de la Biblioteca del Real Monasterio de San Clemente de Sevilla, Sevilla, 1996. Sánchez Llama, Í., “La escritura de mujer en la Edad Media: análisis de un imposible”, en C. Segura Graíño (ed.), La voz del silencio. Fuentes directas para la historia de las mujeres (siglos VIII-XVIII), Madrid, Asociación Cultural Al-Mudayna, 1992, pp. 85-98.

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O RETRATO DESCORTÊS DAS DAMAS NO CANCIONEIRO GERAL: MOTIVOS E IMAGENS

Maria Isabel Morán Cabanas Universidade de Santiago [email protected] De uma boa parte das composições do Cancioneiro Geral emerge uma imagem sublimada da dama que, seguindo os estereótipos do elogio cortês ou os conceitos da fin´amors, nos remete para a sua superioridade e “merecimento”. A acumulação de virtudes chega a culminar mesmo na sua consideração como obra mestra de Deus e a conduzir até ao topos do elogio impossível que, a partir de uns famosos versos do castelhano Juan de Mena ("Presumir de vos loar, / según es vuestro valer, / parece querer contar / las arenas de la mar, / que dudo que pueda ser"), se introduz em Portugal com notável sucesso. Porém, noutras ocasiões as senhoras vêem-se censuradas pelos poetas, tornando-se ora alvo de amargas críticas provocadas pelo desdém e a soberba com que estas fazem sofrer os amantes ora objeto de riso e zombaria através de diversas circunstâncias que se evocam numa linguagem que envereda pelos caminhos de uma obscenidade frequentemente análoga à das cantigas medievais galego-portuguesas. Através de um levantamento dos motivos que se ligam à sátira da mulher na compilação quatrocentista descobriremos os alicerces sobre os quais se constrói um retrato descortês e o leque de imagens projetadas nesse sentido, onde se inclui tanto a genérica “filha de Eva” quanto outras específicas, como a dama que se torna ama; a que foi, mas já não é; a do corpo avolumado; a da luxúria desenfreada; etc. PALABRAS CLAVE Discurso carnavalesco, mulher no Cancioneiro Geral de Garcia de Resende, obscenidade, retrato descortés, satira às damas. BIBLIOGRAFÍA Dias, A. F., Cancioneiro Geral de Garcia de Resende (A Temática), Maia, Imprensa Nacional-Casa da Moeda, 1998, pp. 359-368. Martins, M., O riso, o sorriso e a paródia na literatura portuguesa de Quatrocentos, Lisboa, Instituto de Cultura Portuguesa, 1978, pp. 84-94. Morán Cabanas, Mª I., “Humor e obscenidade na poesia cortesã do Portugal quatrocentista”, en J. Figueroa Dorrego – M. Urdiales Shaw – Cr. Larkin Galiñares – C. Vázquez García (eds.), Estudios sobre humor literário, Vigo, Universidade de Vigo, 2001, pp. 25‐ 35. ——, Traje, gentileza e poesia. Moda e vestimenta no Cancioneiro Geral, Lisboa, Estampa, 2001, pp. 392-437. Rodríguez, J. L., “A mulher nos cancioneiros. Notas para um anti-retrato descortês”, en A. Marco (coord.), Simpósio Internacional Muller e Cultura, Santiago de Compostela, Universidade de Santiago de Compostela, 1993, pp. 43-67.

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AS MULLERES DAS CANTIGAS DE SANTA MARÍA Milagros Muíña Universidade de Santiago de Compostela [email protected] As cantigas marianas de Afonso X, ademais do seu extraordinario valor literario, artístico e musical, son unha valiosísima fonte de información da que tirar datos sobre a forma de vida na Idade Media, particularmente da plena Idade Media. A través delas, e con axuda da miniatura nos casos nos que a houber, podemos intuír, por exemplo, como se realizaban as tarefas agrícolas, que aparellos se empregaban para cociñar, con que diversións se desfrutaban os momentos de lecer ou que enfermidades e remedios para elas se coñecían nese momento. Máis especificamente, se falamos da cotianidade das mulleres do século XIII, as Cantigas de Santa María constitúen unha fonte privilexiada, primeiro pola escaseza de testemuñas, e segundo e máis importante polos numerosos aportes. Así é, as Cantigas de Santa María fornécennos de riquísima información sobre o estatuto das mulleres da plena Idade Media xa que, por unha banda, coas cantigas de milagre podémonos representar unha imaxe aproximada do que debía ser a realidade das mulleres desa fracción de medievo de entre o século XII e o XIV, non só por presentar unha galería relativamente ampla de personaxes femininos senón polo feito de facelas actuar e falar en primeira persoa en tan diversos contextos e conxunturas; pero ademais, esta perspectiva vese ampliada nas cantigas de loor, que ao presentar o ideal feminino a través das virtudes marianas, achégannos o arquetipo ao que se consideraba que as mulleres debían tender. PALABRAS CLAVE Arquetipos, cotianidade, maternidade, muller, oficios, violencia. BIBLIOGRAFÍA Brundage, J.-A., Sex, law and marriage in the Middle Ages, Aldershot, Hampshire, Variorum, 1993. Calero, A. Mª, María en el misterio de Cristo y de la Iglesia, Madrid, CCS, 1990. Duby, G. – M. Perrot (dirs.), Historia de las mujeres. 2. La Edad Media, Madrid, Taurus, 1992. Fonquerne, Y-R. – A. Esteban (eds.), La condición de la mujer en la Edad Media: Actas del coloquio celebrado en la casa de Velázquez, del 5 al 7 de noviembre de 1984, Madrid, Universidad Complutense, 1986. Muñoz Fernández, Á. (ed.), Las mujeres en el cristianismo medieval. Imágenes teóricas y cauces de actuación religiosa, Madrid, Asociación Cultural “Al-Mudayna”, 1989. Segura Graíño, C. (ed.), Las mujeres en las ciudades medievales. Actas de las Terceras Jornadas de Investigación Interdisciplinaria, Madrid, Universidad Autónoma de Madrid, 1989.

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NATURALEZA, IDENTIDAD Y REBELDÍA EN LA CIUDAD DE LAS DAMAS DE CHRISTINE DE PIZAN María Elena Ojea Fernández UNED-Ourense [email protected] Nuestra intención es reflexionar sobre la singularidad de La ciudad de las damas en tanto se nos presenta como la expresión pública de quien se atrevió a alzar la voz en una suerte de desafío hacia el orden impuesto. Christine de Pizan crea un espacio para ser compartido, un espacio escrito que sirve de refugio y a la vez de fortín frente a la tiranía y el peso de la tradición. La autora trata de redefinir la naturaleza femenina confiriendo a la mujer idéntica capacidad intelectual que al hombre y prácticamente las mismas virtudes. Niega la subordinación ética frente al varón y con gran habilidad idea un espacio nuevo que permita a las mujeres pensar y actuar según su propia naturaleza. Al tiempo que cuestiona el orden patriarcal, fija su atención en la identidad femenina, una identidad despreciada y percibida siempre en negativo. Su rebeldía parte de la convicción de que la mujer es una pieza esencial en el engranaje social, y por ello no se le puede prohibir el acceso al conocimiento. Se dirige a la mujer del porvenir a la que exhorta a no dejarse persuadir por los hombres. La creación de un espacio para damas sabias es una manifestación de orgullo y una fuente de liberación frente a la misoginia imperante. Pizan sugiere una ciudad utópica que ha de servir como ejemplo de integración, pues se trata de un sistema que no excluye. Esta casa común se opone al espacio social tradicional, una sociedad que era fruto del egoísmo y de la falta de equidad. El meticuloso trabajo de esta pensadora socava las leyes escritas que impedían que la mujer alcanzara la libertad a la que por naturaleza tenía derecho. Pizan transgrede la regla del gran silencio, norma omnipresente en el mundo cristiano y patriarcal. Desestima el lenguaje aprendido y crea uno propio que designa un universo nuevo, innovador y pleno de significado. PALABRAS CLAVE Espacio, lenguaje, naturaleza femenina, reivindicación. BIBLIOGRAFÍA Cabré i Pairet, M. – E. Rubio Herráez (eds.), Marie de Gournay. Escritos sobre la igualdad y en defensa de las mujeres, Madrid, CSIC, 2014. Catelli, N., El espacio autobiográfico, Barcelona, Lumen, 1991. Duby, G. – M. Perrot (eds.) Historia de las mujeres en Occidente, La Edad Media. Madrid, Taurus, 1992. Holguera Fanega, Mª Á., “Christine de Pizan: la autobiografía femenina en la Edad Media”, en J. Romera – R. Clavet (eds.), Escritura autobiográfica, Madrid, Visor Libros, 1993, pp. 259-265. Laurenzi, E., “Christine de Pizan, ¿una feminista ante litteram?”, Lectora, 15, 2009, pp. 301314. Lemarchand, Mª-J. (ed.), La ciudad de las damas. Christine de Pizan, Madrid, Siruela, 1995. Rivera Garretas, Mª M., Textos y espacios para mujeres, Barcelona, Icaria, 1990.

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UN LIBRO PARA LA REINA MADRE: LA TRADUCCIÓN DE MEMORIALE VIRTUTUM DE ALONSO DE CARTAGENA EN EL ENTORNO DE ISABEL DE PORTUGAL (1447-1496) Diana Pelaz Flores Universidad de Valladolid [email protected] Si bien la corte de Juan II se caracterizó desde fecha temprana por la difusión y promoción de las letras, configurando un importante círculo de literatos con el que también mantuvo un contacto estrecho la reina María de Aragón, es muy poco lo que se conoce del gusto literario de su segunda esposa. La figura de Isabel de Portugal resulta mucho más escurridiza en las fuentes, un hecho que guarda relación con el breve periodo en el que participa en la corte como reina consorte y el apartamiento que sufre tras la muerte de su esposo y posterior ascenso al trono de Enrique IV. Por ello resulta aún más significativa la conexión que existe entre el Memorial de Virtudes y la ya entonces reina madre. Elaborado en una fecha imprecisa, que oscila entre el inicio del reinado de Isabel I y la muerte de Isabel de Portugal, la confección de su traducción llama la atención tanto por la persona a la que se le dedica el esfuerzo textual, como por la autoría factual del manuscrito. A partir de la aparición de la obra, elaborada en un contexto afín y cercano a Doña Isabel, se pretende observar la relación que el texto mantiene con su dedicataria y la imagen que se busca ofrecer de la reina madre. Asimismo, se reflexionará acerca del desconocimiento existente en torno a la persona encargada de ejecutar la traducción, a fin de comprender el objeto del tratado en el ámbito de la olvidada “corte de Arévalo”. PALABRAS CLAVE Autoría, Isabel de Portugal, paratextos, reginalidad. BIBLIOGRAFÍA Martos Pérez, Mª D., “Receptores históricos y conciencia autorial en paratextos de impresos poéticos femeninos (1600-1800)”, Criticón, 125, 2015, pp. 79-92. Campos Souto, Mª del M., “El memorial de virtudes de Alonso de Cartagena”, en J. M. Lucía Megías (coord.), Actas del VI Congreso Internacional de la Asociación Hispánica de Literatura Medieval (Alcalá de Henares, 12-16 de septiembre de 1995), Alcalá de Henares, Universidad de Alcalá de Henares, 1997, vol. I, pp. 423-430. Campos Souto, Mª del M. (ed.), El Memorial de Virtudes: la traducción castellana del Memoriale Virtutum de Alonso de Cartagena, Burgos, Universidad de Burgos, 2004. Haro Cortés, M., “Enxemplos et semejanças para reyes. Modelos de transmisión”, en P. Cátedra (dir.), Los códices literarios en la Edad Media. Interpretación, historia, técnicas e catalogación, Salamanca, Instituto de Historia del Libro y de la Lectura, 2009, pp. 127-159. Jardin, J. P., “Las estrategias paratextuales en las crónicas del siglo XV”, en Mª Soledad Arredondo – M. Moner (eds.), Paratextos en la literatura española, siglos XV-XVIII, Madrid, Casa de Velázquez, 2009, pp. 267-282.

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PLUMA, SILENCIO Y PODER EN LAS MAQAMAT HISPANO-HEBREAS MEDIEVALES: VOZ FEMENINA ENTRE SILENCIO HISTÓRICO Y AUTORIDAD POÉTICA Rachel Peled Cuartas Universidad de Alcalá Universidad Hebrea de Jerusalén [email protected] El desafío de trazar voces femeninas en la poética hispano-hebrea medieval se topa con una escasez absoluta de fuentes primarias, dado que hasta hoy se han encontrado tan sólo dos poemas escritos por mujeres a lo largo de siete siglos. No obstante, una lectura detenida del legado literario revela un corpus de poemas compuestos y recitados por personajes femeninos engarzados en las maqamat escritas mayormente entre los siglos XIII y XIV. Estos poemas forman parte integral de las obras en los que se encuentran, al mismo tiempo que crean un diálogo intra-textual e intertextual tanto entre la voz femenina hablante y la voz masculina del narrador de la maqama, como entre otras voces de personajes femeninos en diferentes obras de la época escritas en hebreo, árabe y romance. Propongo un estudio pionero y riguroso de este corpus, que a pesar de su riqueza y belleza no se ha realizado nunca. En una literatura bajo un dominio patriarcal, es destacado señalar el juego sutil que se forma entre el poder poético o la pluma (y su equivalencia viril) y la voz femenina, que invierte una y otra vez los cimientos estructurales literarios y sociales de su tiempo. En mi ponencia presentaré el estado de la cuestión, haciendo hincapié en ejemplos de las obras de Yaacov ben Elazar, Isaac Ibn Shabtai, Isaac Ibn Sahola, Emmanuel el Romano y Vidal Benvenist. Esta investigación se realiza en el marco de la base de datos HeMet, bajo el proyecto DHuMAR de la UAH. PALABRAS CLAVE Diálogo inter-textual, locutor femenino, pluma, siglos XIII- XIV, voz poética. BIBLIOGRAFÍA Brann, R., “The Fire of Love Poetry Has Kissed Me, How Can I Resist?”: The Hebrew Lyric in Perspective”, en W. D. Paden (ed.). Medieval Lyric: Genres in Historical Context, Urbana and Chicago, University of Illinoi Press, 2000, pp. 317- 333. Butler, J., Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, New York, Routledge, 1990. Dishon, J., “Images of Women in Medieval Hebrew Literature.”, en J. R. Baskin (ed.) Women of the Word: Jewish Women and Jewish Writing, Detroit, Wayne State University Press, 1994, pp. 35-50. Drory, R., Models and Contacts: Arabic Literature and Its Impact on Medieval Jewish Culture, Leiden, Brill, 2000. Rosen, T., “On Tongues Being Bound and Let Loose: Women in Medieval Hebrew Literature”, Prooftexts, 8, 1988, pp. 76- 88.

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CHRISTINE DE PIZAN E A DIMENSIÓN PÚBLICA DAS MULLERES Laura Pereira Domínguez Universidade de Santiago de Compostela [email protected] Christine de Pizan desenvolve durante a súa vida intelectual unha defensa e reivindicación da figura da muller, especialmente desde o debate do concepto mesmo que se tiña das mulleres a partir das súas virtudes naturais e as súas potencialidades. Este labor enmárcase no momento no que se comezaba a aplicar o programa humanista na Europa occidental, o cal defendía unha igualdade educativa para ambos os dous sexos, baseada no coñecemento do trivium e quadrivium. Porén, nunha análise precisa apréciase que a retórica, parte do trivium, quedaba fóra da relación de disciplinas axeitadas para as mulleres. A razón atopouse na función social reservada para a as mulleres: se o espazo propio delas é o privado, a retórica, como ferramenta de persuasión pública, non ten utilidade nunha educación feminina. Cuestionar o papel das mulleres nun espazo público ten cabida na defensa dun concepto de muller que avanza nesa dirección, como é a que presenta Christine de Pizan. Esta materia abórdase dunha maneira fragmentaria na obra de Pizan, en relación cos debates propios da época de transición entre o século XIV e XV sobre a educación e a política. O propósito desta comunicación é ofrecer un repaso sistematizado das achegas de Pizan a este tema, con especial atención a La cité des dames e Les trois vertus à l’enseignement des dames, no contexto intelectual do seu tempo. PALABRAS CLAVE Christine de Pizan, educación das mulleres, espazo público, retórica, virtude. BIBLIOGRAFÍA Beceiro Pita, I., “Educación y cultura en la nobleza: siglos XIII-XV”, Anuario de Estudios Medievales, 21, 1991, pp. 571-590. Forhan, K. L., The political theory of Christine de Pizan, Aldershot, Ashgate, 2002. Rigby, S. H. “The Body Politic in the Social and Political Thought of Christine de Pizan”, Cahiers de recherches medievales et humanistes, 25, 2013, pp. 559-579. Segura Graíño, C., “La educación de las mujeres en el tránsito de la Edad Media a la Modernidad”, Historia de la educación. Revista interuniversitaria, 26, 2007, pp. 65-83. Vicent, S. Mª, Mª G. Ródenas, “La cultura escrita y la mujer: modelos de participación y exclusión en la vida pública”, en C. Segura Graíño (ed.), La voz del silencio. Fuentes directas para la historia de las mujeres (siglos VIII-XVIII), Madrid, Al-Mudayna, 1992, pp. 17-32.

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EL ESPACIO FEMENINO DE LA CULTURA ESCRITA EN LA BAJA EDAD MEDIA. UNA PROPUESTA DE ESTUDIO Cristina Pérez Pérez Universidad Complutense de Madrid [email protected] Tradicionalmente el espacio destinado a la cultura escrita ha sido un aspecto obviado por los análisis dedicados a dicha cuestión, que han priorizado el estudio del contenido sobre el del continente, por lo que existe un vacío en lo que respecta al espacio destinado a la cultura libraria, la escritura, el estudio y la custodia de libros. Esta carencia es aún más llamativa al referirnos a los lugares destinados a dichos propósitos vinculados a las mujeres. Los documentos adolecen de gran pobreza de datos a este respecto, pero algunas menciones en los inventarios, descripciones, textos doctrinales destinados al género femenino, y en gran medida, el asentamiento de una iconografía determinada, permiten deducir la existencia de ciertos espacios vinculados al desarrollo de una cultura libraria por parte de las mujeres de la Baja Edad Media. El estudio del espacio reservado para la lectura en sus diversas variantes o para la práctica escrituraria en el ámbito femenino bajomedieval supone un avance en el conocimiento de la vida de las mujeres en dicho periodo, su papel en la residencia palaciega y la importancia de dichas actividades, que propician la consagración de ciertas estancias a su desarrollo, así como la utilización de cierto mobiliario y decoración, conformando y adaptando los espacios al desarrollo de la cultura escrita, cuya relevancia en el ámbito femenino se acrecienta en los siglos bajomedievales, en los que el mecenazgo y la producción libraria por parte de mujeres cobran una gran importancia. PALABRAS CLAVE Ámbito palaciego, cultura escrita, cultura libraria, espacio, mujeres. BIBLIOGRAFÍA DE REFERENCIA Beceiro Pita, I., “La relación de las mujeres castellanas con la cultura escrita (siglo XIII – inicios del XVI), en A. Castillo Gómez (Coord.), Libro y lectura en la Península Ibérica y América, siglos XIII – XVII, Valladolid, Junta de Castilla y León, 2003. ——, “Los espacios del libro en Castilla y Aragón a fines del Medievo”, Litterae. Cuadernos sobre Cultura Escrita, 1, 2001, pp. 119-136. ——, Libros, lectores y bibliotecas en la España medieval, Murcia, Nausícaa, 2007. Fernández Fernández, L., “Los espacios del conocimiento en el palacio: de las arcas de libros a las bibliotecas cortesanas en el reino de Castilla”, Anales de Historia del Arte, 23, Nº Esp. II, 2013, pp. 107-125. González de la Peña, Mª del Val (Coord.), Mujer y cultura escrita: del mito al siglo XXI, Alcalá de Henares, Trea, 2005.

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LA MUJER COMO PROTAGONISTA: LA FIGURA DE EVA EN EL DRAMA LITÚRGICO LE JEU D´ ADAM Y SU INFLUENCIA ICONOGRÁFICA EN EL ARTE MEDIEVAL Amalia Pérez Valiño Universidade de Santiago de Compostela [email protected] La figura de Eva ha sido tratada ampliamente tanto en textos eclesiásticos como laicos. Todos ellos han colaborado en la formación de su imagen, a la vez que contribuyen en la codificación de su iconografía en la Edad Media. Una de las grandes fuentes de inspiración para ellos, a parte de la Biblia, es el teatro litúrgico. Una de las piezas teatrales con mayor influencia debido a su gran difusión en la Edad Media fue Le Jeu D´Adam. Esta obra ayuda a ejemplificar y reforzar la visión negativa de Eva, mientras que construye un modelo iconográfico a seguir para muchos artistas. En el drama de Adán se transmite un juicio claro del papel de Eva en el Pecado Original: es la única culpable de la Caída. Además, encontramos un reflejo de los ideales que debía cumplir la mujer de la época: la esposa debe ser sumisa y servil para no provocar los males que desencadena Eva al desobedecer a Dios. Así, vemos a la primera mujer como propensa al mundo de las pasiones en contraposición a Adán, un hombre racional y temeroso del Señor. Desde el punto de vista de la representación, esta composición dramática, tiene una gran influencia a lo largo del Medievo. Un ejemplo de cómo el texto pasa a la piedra es el ciclo narrativo del Génesis presente en el friso de la Catedral de Módena. En él podemos ver varios episodios genésicos, con detalles que nos llevan a pensar en la influencia directa del Jeu D´Adam. PALABRAS CLAVE Arte Románico, drama litúrgico, Eva, iconografía, mujeres, Le Jeu D´Adam. BIBLIOGRAFÍA Abajo Vega, N., “Arte románico y teatro litúrgico: las posibilidades de un método en el estudio de la iconografía”, Codex aquilarensis: Cuadernos de investigación del Monasterio de Santa María la Real, 21, 2005, pp. 108-131. Castelnuovo, E. – G. Sergi, Arte e historia en la Edad Media I: Tiempo, espacio, instituciones, Madrid, Ediciones AKAL, 2009, vol. I, pp. 478-479. Frugoni, C., “Le lastre veterotestamentarie e il programma della facciata”, Lanfranco e Wiligelmo. Il Duomo di Modena, Modena, 1985, pp. 422-451. Redoli Morales, R. (ed.), Le Jeu D´Adam (el drama de Adán): edición del manuscrito 927 de la Biblioteca Municipal de Tours con una introducción, traducción al castellano y notas a cargo de Ricardo Redoli Morales, Málaga, Secretariado de Publicaciones de la Universidad de Málaga, 1994.

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LA DEDICA ALLA ‘NOBILE DAMA’: UN RITO O UN’OCCASIONE PER I TROVATORI PROVENZALI IN PIEMONTE? Marco Piccat Università di Trieste [email protected] Dalla loro regioni d'origine, alcuni trovatori provenzali si mossero, verso la fine del XII secolo, prima metà XIII ad esportare il loro nuovo messaggio, intrecciato di parole, musiche e gesti, verso le terre del limitrofo Piemonte. In questa porta naturale d’ingresso, prima che altrove in Italia, essi trovarono accoglienza e ospitalità presso alcune corti, come quella ricca e potente dei Marchesi di Monferrato, quella in lenta ma graduale espansione quale quella dei Conti di Savoia, e infine, in quella piccola ma orgogliosa e tenace come quella dei Marchesi di Saluzzo. La nomea del marchese Bonifacio del Monferrato, grande protettore e mecenate, costituì un esempio di accoglienza per giullari e poeti migranti, che ricambiarono con l’’invenzione di una poesia cantata e musicata, a metà tra propaganda politica e vanto del sentimento amoroso, tra abbandono sensuale e nostalgia 'guerriera', tra folle avventura cavalleresca e rigorosa osservanza di un codice d'onore. In tale repertorio figure femminili, quali quelle di Beatrice di Monferrato, della Contessa di Piemonte o della Marchesa di Saluzzo, cominciarono a comparire come destinatarie dei canti, o comunque celebrate al loro interno, con sottolineature ripetute, per le sembianze e per la ‘cortesia’: da queste prime, leggiadre quanto delicate immagini della 'dama di Piemonte', scrittori come Boccaccio o Petrarca trassero poi ispirazione per descrivere a loro volta le ‘gesta’ di nobili eroine. L’intervento vuole mettere in rilievo la presenza e il ruolo delle dediche alle ‘nobili destinatarie’ all’interno delle problematiche culturali del movimento. PALABRAS CLAVE Dama, dedica, lirica, mecenate, Piemonte, trovatore . BIBLIOGRAFÍA Barbero, A. “La corte dei marchesi di Monferrato allo specchio della poesia trobadorica. Ambizioni signorili e ideologia cavalleresca fra XII e XIII secolo”, Bollettino storicobibliografico subalpino, 81, 1983, pp. 641-703. Caïti-Russo, G., Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier, Centre d’Études Occitanes, 2004. Gouiran, G., “ Quelques troubadours qui franchirent les Alpes du temps de la Croisade contre les Albigeois”, en G. Lachin (ed.), I trovatori nel Veneto e a Venezia, Atti del Convegno Internazionale Venezia, 28-31 ottobre 2004, Roma-Padova, Antenore, 2008, pp. 97-133. Jeanroy, A., “Les troubadours en Italie aux XIIe et XIIIe siècles”, Journal des savants, 14 (3), 1916, pp. 108-120. Piccat, M., Donne piemontesi e Corti d’Amore, Torino, Centro Studi Piemontesi, 2016. Tavera, A., “A propos des “petits” troubadours qui allèrent en Italie”, en A. Touber (ed.), Le rayonnement des Trobadours, Acte du colloque de l’AIEO, Amsterdam, 16-18 octobre 1995, Amsterdam, Rodipo B.V., 1998, pp. 143- 162.

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UNA MIRADA SINGULAR DE LA PRIMERA CRUZADA: LA ALEXIADA DE ANNA COMNENO Adán Ramírez Figueroa Universidad Nacional Autónoma de México [email protected] Nacida en el seno de una de las cortes más importantes de la Edad Media, Anna Comneno fue una mujer activa en la política de su tiempo y una de las variables más importantes para la política del Imperio Bizantino. Tras fracasar en la tentativa por colocar a su esposo, Nicéforo Briennio, en el trono imperial se ve obligada a retirarse al monasterio de Kecharitomenene y recibe de su hermano, y nuevo emperador, el título de Historiadora oficial del Imperio; con este nombramiento, insípido para sus aspiraciones, comenzará a escribir La Alexiada, el fascinante relato del reinado de su padre, Alejo I. En dicha obra Anna nos presenta (libros X y XI) el único relato bizantino de la Primera Cruzada, lo cual constituye un documento invaluable para conocer cómo fue vista dicha empresa militar desde el Imperio, pues no sólo narra los sucesos sino que ofrece una interpretación de los mismos; desde los motivos que llevaron a los europeos a marchar a Jerusalén, hasta la organización militar de los cruzados. Así pues, este trabajo estará enfocado en analizar el relato que Anna hace de la Primera Cruzada y contrastarlo con otras narraciones de cronistas cristianos para arrojar algunas luces sobre las distintas miradas que se posaron sobre esta empresa militar, y estudiar la visión y escritura particular de Anna, que es una mezcla de su erudición y sus relatos, no siempre objetivos. PALABRAS CLAVE La Alexiada, Anna Comneno, crónica, Imperio Bizantino, Primera Cruzada. BIBLIOGRAFÍA Díaz Rolando, E., Las fuentes clásicas de la Alexiada de Ana Comnena, Universidad de Sevilla, 1994 [tesis inédita]. —— (trad.), La Alexiada. Ana Commeno, Sevilla, Universidad de Sevilla, 1989. France, J., “Anna Comnena, the Alexiad, and the First Crusade”, en Reading Medieval Studies, 10, 1983, pp 20-32. ——, Victory in the East: A Military History of the First Crusade, Cambridge, Cambridge University Press, 1994. Runciman, S., Historia de las Cruzadas, Madrid, Alianza, 1973. Thomas, R. D., “Anna Comnena's Account of the First Crusade: History and Politics in the Reigns of the Emperors Alexius I and Manuel I Comnenus”, en Byzantine and Modern Greek Studies, 15, 1991, pp 269-312. Tyerman, Chr., Las Guerras de Dios, Barcelona, Crítica, 2010.

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VOCES EN ECO: EL EJEMPLO DE MARI GARCÍA DE TOLEDO Celia Redondo Blasco Universidad Complutense de Madrid [email protected] Muchas son las mujeres medievales cuya vida conocemos por medio de textos escritos por hombres. El presente trabajo tiene como objetivo principal dar a conocer la voz “en eco” de Mari García de Toledo (1340-1426) por medio de su Vida, inédita, recogida en un manuscrito de la Real Biblioteca del Monasterio de El Escorial con signatura C-III-3 (fols. 252r-264r). Mari García, pariente del arzobispo de Toledo, fundó una casa que se adhirió a la recién creada Orden Jerónima, y por ello puede ser considerada como una de las fundadoras nobles. Su figura jugó un papel importante en el establecimiento de la Orden en el Toledo del XIV, de este modo, los cronistas jerónimos no durarán en incluir a esta mujer que tanto interés despertará en las gentes de su ciudad natal entre sus páginas, y, para ello, se basarán en esta Vida anónima, supuestamente traducida de una anterior escrita en latín. Su voz, ya lejana, la recogerá fray Juan de la Cruz en su manuscrita historia de la Orden de San Jerónimo (de 1591), y después, basándose en esas fuentes previas, José de Sigüenza, en la Segunda Parte de su Historia de la Orden de San Jerónimo (1600). Así dibujada, su figura representa un concepto de santidad anterior a Catalina de Siena, cuya voz -directa y explícita- puede entenderse en diálogo y respuesta a la que solo llegaron a los ojos y los oídos de otros en eco. PALABRAS CLAVE Ámbito monástico, beaterios, Castilla, Mari García, religiosidad femenina, siglo XIV. BIBLIOGRAFÍA BE ms. C-III-3, FF 252-264 (Biografía de María García). BE ms &-II-19 (Biografía de María García). Muñoz Fernández, Á., Beatas y santas neocastellanas: ambivalencias de la religión y políticas correctoras del poder (s. XIV-XVII), Madrid, Dirección General de la Mujer, Instituto de Investigaciones Feministas de la Universidad Complutense, 1994. ——, “Santidad femenina, controversia judeoconversa y Reforma (Sobre las agencias culturales en el reinado de los Reyes Católicos)”, en P. Boucheron - F. Ruiz Gómez (coord.), Modelos culturales y normas sociales al final de la Edad Media, Cuenca, Casa de Velázquez, Universidad de Castilla La Mancha, 2009, pp. 387-428. Sigüenza, J. de, Historia de la Orden de San Jerónimo, I, ed. de J. C. García, 2ª ed. Nueva Biblioteca de Autores Españoles 8, Madrid, Bailly-Bailliére e Hijos, 1907.

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PETRARCA Y LA LEYENDA DE DIDO: ¿UNA DIATRIBA CONTRA VIRGILIO? Francisco José Rodríguez Mesa Universidad de Córdoba [email protected]

Como afirma Pierre Grimal en su Diccionario de mitología griega y romana, “la leyenda de Dido, reina de Cartago, es conocida sobre todo gracias a la “novela de amor” que Virgilio incluye en su Eneida”. Esta versión, según la cual Dido se quitó la vida tras ser abandonada por Eneas, es la más extendida con diferencia en la diacronía literaria. No obstante, en ciertos exponentes del Trecento italiano entre los cuales Petrarca ocupa un lugar de excepción, esta versión de la historia es contestada en aras de salvaguardar el papel de la reina de Cartago como exponente de ejemplaridad y de castidad. En este estudio proponemos un análisis del fragmento del Triunfo de la castidad donde el aretino alude al suicidio de Dido y a los motivos que la impulsaron a quitarse la vida, tratando de establecer las fuentes en las que su versión se basa y analizando las implicaciones de su oposición a la narración virgiliana. PALABRAS CLAVE Castidad femenina en la Edad Media, mujeres en la literatura medieval, Petrarca, Triunfos, Virgilio en el Trecento italiano. BIBLIOGRAFÍA Kirkham, V. – A. Maggi (eds.), Petrarch: a Critical Guide to the Complete Works, Chicago, The University of Chicago Press, 2009. Proto, E., “Il Petrarca e Ausonio», Rassegna critica della letteratura italiana”, 9, 1904, pp. 106129. Wilkins, E. H., Petrarch’s Later Years, Cambridge, The Mediaeval Academy of America, 1959. ——, “The First Two Triumphs of Petrarch”, Italica, 40, 1963, pp. 7-17. Wilson-Okamura, D. S., Virgil in the Renaissance, Cambridge, Cambridge University Press, 2010.

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“PORQUE SE MOVE A RAZOM [DELA]”A FICÇÃO DA VOZ FEMININA NAS CANTIGAS DE AMIGO GALEGO-PORTUGUESAS Ana Raquel Baião Roque Universidade Nova de Lisboa [email protected] No contexto da lírica medieval galego-portuguesa, as cantigas de amigo definem- se e distinguem-se por brotarem de um curioso fenómeno de desdobramento subjetivo através do qual um trovador do sexo masculino dá voz a um sujeito lírico feminino, verificando-se, assim, uma fratura entre o género sexual do autor e o da voz que enuncia o cantar. Uma vez que abordam a experiência amorosa do ponto de vista feminino, as cantigas de amigo têm sido comummente inseridas, nos estudos da especialidade, no conjunto genérico e heterogéneo da “canção de mulher” europeia do período medieval, que abrange, por exemplo, além destes textos galego-portugueses, as kharjas moçárabes, as frauenlieder alemãs, as cansos das trobairitz e também as pastorelas, as albas e as chansons de toile, compostas tanto por troubadours provençais como pelos trouvères do Norte de França. Todavia, embora do ponto de vista da ficção textual se afigure pertinente a inclusão da cantiga de amigo no conjunto das chansons de femme, será realmente viável comparar composições de voz feminina escritas por homens com textos efetivamente redigidos por mulheres (como é o caso das cansos das trobairitz)? Reformulando a questão, até que ponto é que nas cantigas de amigo a autoria masculina se repercute na formulação dos textos e influencia a sua análise? Partindo de uma reflexão fundamentada em exemplos textuais pertinentes e na oposição cunhada por Pierre Bec entre “féminité textuelle” e “féminité génétique”, tentaremos, então, perceber quais as consequências da não coincidência de género entre autor e sujeito poético nas cantigas de amigo. PALABRAS CLAVE Canção de mulher medieval, cantigas de amigo, féminité textuelle / féminité génétique, literatura medieval, lírica galego-portuguesa. BIBLIOGRAFÍA Bec, P. “Trobairitz et chansons de femme. Contribution à la connaissance du lyrisme féminin au moyen âge”, Cahiers de civilisation médiévale, 22 (87), 1979, pp. 235-262. Brea, M. – P. Lorenzo Gradín, A cantiga de amigo, Vigo, Xerais, 1998. Lorenzo Gradín, P., La canción de mujer en la lírica medieval, Santiago de Compostela, Universidade de Santiago de Compostela, 1990. ——, “Voces de mujer y mujeres con voz en las tradiciones hispánicas medievales”, Breve historia feminista de la literatura española (en lengua castellana). La literatura escrita por mujer: desde la Edad Media hasta el siglo XVIII, Barcelona, Anthropos Editorial, 1997, vol. IV., pp. 13-81. Tavani, G., “A muller na literatura hispánica medieval: ¿protagonista ou autora?”, Actas do VII Congreso Internacional de Estudos Galegos “Mulleres en Galicia” / “Galicia e os outros pobo da Península”, A Coruña, Ediciós do Castro, 2007, pp. 3-16. 54

REPRESENTACIONES FEMENINAS DEL MAL Alicia Romero López Universidad Complutense de Madrid [email protected] Amelia Valcárcel hace unos años señaló muy acertadamente que las mujeres tenemos derecho al mal, pero, sin embargo, aún existen una serie de concepciones sociales que hacen que esta afirmación sea entendida como algo negativo. Esto refleja cómo aún hoy en día la mujer sigue siendo vista socialmente como la cuidadora, la madre, la "perfecta casada". La pregunta sobre la que queremos reflexionar a través de esta comunicación es dónde reside el origen del rechazo social a que la mujer también sea capaz de acceder al mal. Consideramos que para ello es necesario volver nuestra mirada a la representación de la mujer en la Edad Media. Partiendo de la base de que la Biblia puede ser considerada la obra que más impacto social tuvo en el occidente medieval, es necesario revisar cómo están construidas en ella las “malas mujeres” (Lilith, Eva, Salomé, Herodias, etc.) y cómo se las enfrenta a María, quien representa un ideal de mujer inalcanzable. Nos encontramos con una sociedad polarizada en la que por un lado, se apelaba a la relación de la mujer con el diablo, y por otro se le imponía un comportamiento puro e idealizado. En este trabajo se hará un repaso a los principales arquetipos que encarnan la visión de la mujer como un ser maligno, para a partir de esta reflexión poner cierta claridad respecto a cómo el concepto de maldad le fue impuesto y criticado al mismo tiempo a la mujer. PALABRAS CLAVE Arquetipo, feminismo, Lilith, maldad, violencia. BIBLIOGRAFÍA Beteta Martín, Y., La querella de las mujeres. Estrategias de desautorización femenina en la ficción bajomedieval, Madrid, Almudayna, 2011. Bornay, E., Las hijas de Lilith, Madrid, Cátedra, 1995. Federici, S., Calibán y la bruja, Madrid, Traficantes de Sueños, 2010. Ubieta, J. A. (ed.), Biblia de Jerusalem, Bilbao, GRAFO S. A., 1976. Valcárcel, A., Sexo y filosofía. Sobre mujer y poder, Barcelona, Antrophos, 1994.

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CLARA DE ASÍS, ÁNGELA DE FOLIGNO Y COLETTE DE CORBIE: LA POBREZA COMO VALOR DE RENOVACIÓN ESPIRITUAL EN EL FRANCISCANISMO FEMENINO MEDIEVAL (SS.XIII-XV)

Araceli Rosillo Luque Arxiu-Biblioteca dels Franciscans de Catalunya Universitat de Barcelona [email protected] La historiografía ha venido constatando que, desde finales del siglo XII, los cambios dentro de la sociedad feudal y la emergencia urbana hicieron posible la eclosión de unos movimientos de renovación espiritual que, de forma general, se materializaron ideológicamente en una nueva conceptualización de la pobreza y del ideal apostólico que pervivió hasta la edad Moderna. Nuestra propuesta pretende poner de relevancia la fuerza que alcanzó el modelo pauperístico evangélico dentro del franciscanismo femenino y cómo éste inspiró la experiencia vital y la producción escrita de varias generaciones de mujeres durante la época medieval, convirtiéndose en un verdadero y poderoso valor de renovación espiritual, y cuyo ejemplo presentamos a través de los escritos de Clara de Asís, Ángela de Foligno y Colette de Corbie. PALABRAS CLAVE Escritura femenina medieval, espiritualidad medieval, franciscanismo femenino, ideal evangélico, pobreza voluntaria, reforma coletina. BIBLIOGRAFÍA Bailey, M. D., “Religious poverty, mendicancy, and reform in the Later Middle Ages”, Church History, 72 (2003), 457-483. Lambert, M., Franciscan Poverty, Nueva York, The Franciscan Institute, 1998 [1961]. Lopez, E., Colette de Corbie (1381-1447). Learning and Holiness, Nueva York, The Franciscan Institute, 2011. Martín, Th. M. (ed.), Libro de la vida. Ángela de Foligno, Salamanca, Ediciones Sígueme, 1991. Omaechevarría, I., Escritos de santa Clara y documentos complementarios, Madrid, Biblioteca de Autores Cristianos, 2004.

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ESCRIBIR PARA CONSTRUIR: LA PRESENCIA DE LA REINA JUANA ENRÍQUEZ EN LA LITERATURA DEL SIGLO XV Lledó Ruiz Domingo Universidad de Valencia [email protected] “Considerant lo passat e lo present, e hoïdes moltes populars opinions qui·s prediquen de la mort del dit senyor Primogènit, e altres coses que eximir no curam”

Este fragmento extraído de una misiva enviada por la Generalidad de Cataluña en 1462 es uno de los pocos escritos contemporáneos que muestran la imagen pública de la reina Juana Enríquez (1458-1468) en su momento. Aquellas “opiniones populares” referían a las acusaciones que se cernían sobre la reina en el caso de la muerte del Príncipe de Viana, primogénito del rey y en pugna con este por el control de Navarra, quien había fallecido el año anterior. La reina, era vista como la instigadora no solo del asesinato sino también de las desavenencias entre ambos para favorecer a su hijo, el infante Fernando, futuro Fernando II de Aragón. A pesar de que la reina Juana Enríquez fuera posicionada en el centro de los argumentos que instigaron a la Guerra Civil Catalana (1462-1472) y su imagen pública fuera desprestigiada, en las obras literarias de la época no encontramos ni rastro de dichas insinuaciones. Más bien al contrario, los autores contemporáneos aragoneses y castellanos, como Melcior Miralles, Gonzalo García de Santa María o Diego de Valera, entre otros, profesaron múltiples elogios hacia su figura, comparándola con modelos bíblicos como la reina Esther. Así, pretendemos mostrar la creación y construcción de una imagen de la reina Juana en la literatura coetánea a la misma, usada como un instrumento de propaganda de la monarquía. PALABRAS CLAVE Corona de Aragón, Guerra Civil Catalana, Juana Enríquez, propaganda. BIBLIOGRAFÍA Coll, N., Doña Juana Enríquez: lugarteniente real en Cataluña (1461-1468), Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, 1953. Cawsey, S., Kingship and Propaganda: Royal Eloquence and the Crown of Aragon c. 1200-1450, Oxford University Press, 2002. Mata Carriazo, J., Memorial de diversas hazañas: Crónica de Enrique IV, Madrid, Espasa-Calpe, 1941. García Santa María, G., Serenissimi principis Joannis Secundi, Aragonum regis, Vita, Madrid, Biblioteca Nacional, 1940. Cançoner dels Masdovelles (ms. 11 de la Biblioteca de Catalunya), ed. R. Aramón y Sierra, Barcelona, Institut d’Estudis Catalans, 1938.

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MEDITACIÓN, VISIONES Y ESPIRITUALIDAD EN LA VIDA DE DOUCELINE DE DIGNE, DE FELIPA PORCELET (1250-1316) Sergi Sancho Fibla Aix-Marseille Université / CNRS Telemme (Francia) [email protected] Esta comunicación aspira a presentar un análisis de la Vida de Douceline de Digne, relato hagiográfico del siglo XIV que contiene la vida de la fundadora de dos beguinatos provenzales (Brunel-Lobrichon, 2006). Dicha obra, escrita por Felipa Porcelet, no ha recibido la atención que merece dentro del marco de la espiritualidad medieval (Ruh, 1993). Por ello pretendemos realizar un estudio de los diferentes aspectos de esta obra que puedan resultar de interés para un estudio comparativo de la mística femenina europea. En primer lugar, se profundizará en la participación del cuerpo en las prácticas meditativas y extáticas de Douceline (Jeay, 2004). Luego, se señalarán las semejanzas y diferencias de algunos topos de la literatura espiritual que encontramos en la Vida: ebriedad divina, deificación de la beguina o visiones en torno a la imaginería crística, eucarística y angélica. Por último, se analizarán los paralelismos de esta obra con el relato hagiográfico de Francisco de Asís, pues no sólo la presencia del santo se hace explícita en la Vida, sino que ésta presenta una serie de afinidades estructurales y temáticas con la obra de Buenaventura que reafirman el anclaje de estos beguinatos provenzales en la espiritualidad franciscana (Sisto, 1971; Attard, 2015). PALABRAS CLAVE Beguinajes, Douceline de Digne, espiritualidad franciscana, Felipa Porcelet, hagiografía, mística femenina. BIBLIOGRAFÍA Attard, J.-P., Religion, sainteté et pouvoir en Provence angevine, première maison d’Anjour, modèle et miroir du monde angevin (1246-1382), Aix- Marseille Université, 2015 [tesis doctoral inédita]. Brunel-Lobrichon, G., “La vie de Douceline de Digne”, en D. Régnier Bohler, (dir.), Voix de femmes au Moyen Âge, Savoir, mystiuqe, poésie, amour, sorcellerie, XIIe siècle, Paris, Robert Laffont, 2006. Jeay, M., “Une dramaturgie mystique. La mise en scène des manifestations corporelles de la grâce”, Memini. Travaux et documents, Montréal, Societé des études médiévales du Québec, 2004. Ruh, K., Geschichte der abendländischen Mystik, vol. II., Frauenmystik und Franziskanische Mystik der Früzeit, München, C. H. Beck, 1993. Sisto, A., Figure del primo francescanesimo in Provenza. Ugo et Douceline deDigne, Firenze, L. S. Olschki (Biblioteca della rivista di storia e letteratura religiosa, Studi e testi), 1971.

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O PROTAGONISMO FEMININO NA LÍRICA GALEGO-PORTUGUESA. ENTRE HISTORIA E LITERATURA Carmen de Santiago Gómez CRPIH Universidade de Santiago de Compostela [email protected] Son poucas as mulleres nobres que deixaron a súa pegada na produción lírica galego-portuguesa. Nas cantigas de amor esta ausencia atopa a súa xustificación no respecto dos autores pola convención poética do tradicional precepto do celar (herdado dos trobadores provenzais). No xénero de escarnio e maldizer, o propio estatuto social de ditas mulleres explica que, na meirande parte das ocasións, a súa identidade se agoche no anonimato (cfr. o emprego de substantivos xenéricos -dona, donzela, abadessa...- que fan imposible que, xeralmente, se poida individualizar o branco da sátira). Tendo en conta as características sinaladas, a nosa comunicación pretende centrarse naqueles textos amorosos e satíricos en que o protagonismo feminino se revela útil en dúas frontes: por unha banda, a nivel literario, xa que a mención do nome e do patronímico da dama racha cun dos tópicos establecidos no "sistema" para renovar as estruturas poéticas dun xeito máis dinámico; por outra, a referencia a unha muller concreta nos textos desvela datos que contribúen á fixación das coordenadas cronolóxicas da produción de certos trobadores, e, ao mesmo tempo, axuda a precisar fíos de relacións familiares e literarias entre autores. O estudo analizará, pois, o alcance que ten o emprego do nome da dama no medio trobadoresco dende unha perspectiva diacrónica, co propósito de situar esa práctica no seo da tradición lírica galego-portuguesa. PALABRAS CLAVE Historia, lírica profana galego-portuguesa, mulleres, nobreza, relacións familiares, trobadores. BIBLIOGRAFÍA Corral, E., As mulleres nas cantigas medievais, Sada, Edicións do Castro, 1996. Duby, G. – M. Perrot, Historia de las mujeres en Occidente, Madrid, Taurus, 1991-1993. Oliveira, A. Resende de, “A mulher e as origens da cultura trovadoresca no ocidente peninsular”, en A mulher na sociedade portuguesa: visão histórica, perspectivas actuais: Coloquio 2022 de Março de 1985, actas, Coimbra, Instituto de Historia Económica e Social, 2001. Pallares, Mª C., Historia das mulleres en Galicia. Idade Media, Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, 2011. Souto Cabo, J. A., Os cavaleiros que fizeram as cantigas, Niterói, UFF, 2012.

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LAS BARRAGANAS. ESTUDIO HISTÓRICO Y LITERARIO Diego Torrico Díaz-Meco Universidad Complutense de Madrid Universidade de Santiago de Compostela [email protected] A lo largo de la historia medieval, uno de los temas más predilectos a nivel literario ha sido el vicio dentro del clero. Nuestra propuesta de trabajo se centra precisamente en aquellas mujeres que mantenían relaciones con la clerecía como barraganas. Se trata de un tema recurrente a nivel europeo y especialmente dentro del ámbito ibérico, donde tomó una entidad propia, llegando incluso a convertirse en un estamento jurídico como bien demuestran las Siete Partidas. La figura de la barragana encontró en el ámbito literario su reflejo más realista y en ocasiones llegando a ser desgarrador, teniendo en cuenta que se trataba de obras realizadas por hombres. Siendo su relevancia tal, existen numerosas fuentes, tanto a nivel historiográfico como literario, para abordar el estudio de estas mujeres. Destacan, en este sentido, el corpus de cantigas gallego-portugueses tanto profanas como relixiosas (cantigas de escarnio y Cantigas de Santa María) u otras obras situadas en el ámbito profano, así como obras de carácter historiográfico, centradas tanto en el ámbito legislativo, como social, como literario (véase, por e jemplo, los estudios de Brundage). De este modo, proponemos en este, nuestro trabajo, abordar la barraganía desde un punto de vista complementario, acudiendo tanto a las fuentes primarias como a las secundarias, sin olvidar, en la medida de lo posible, el reflejo artístico, en pos de hacer un estudio más completo sobre este fenómeno, que tanto ha llamado la atención en los estudios de género más recientes. PALABRAS CLAVE Barraganía, cantigas, Castille, Iglesia. BIBLIOGRAFÍA Alfonso X el Sabio, Cantigas de Santa María. Edición de Walter Mettmann, Castalia, Madrid, 1986. Brundage, J. A., La ley, el sexo y la sociedad cristiana en la Europa Medieval, México, Fondo de cultura económica, 2000. García de Cortázar, J. A., Historia religiosa del occidente medieval (años 313-1464), Madrid, Akal, 2012. Rodriguez Lapa, M. (ed.), Cantigas d'escarnho e de mal dizer dos cancioneiros medievais galegoportugueses, Lisboa, Galaxia, 1965. Sánchez Herrero, J., “Amantes, barraganas, concubinas clericales”, Clio & Crimen. Revista del Centro de Historia del Crimen de Durango, 5, 2008.

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UN CÓDICE PARA UNA COMUNIDAD FEMENINA MOZÁRABE DEL SIGLO X: BARCELONA, ARCHIVO DE LA CORONA DE ARAGÓN, RIPOLL 49 Joel Varela Rodríguez Universidade de Santiago de Compostela [email protected] Considerado durante un tiempo uno de los escasos testimonios de escritura visigótica libraria de Cataluña (Beer, 1907: 34; García Villada, 1914: 23-31), el códice de Barcelona, Archivo de la Corona de Aragón, Ripoll 49 (siglo X) ha venido perdiendo esta dignidad, pasando a ser clasificado como “mozárabe”, posiblemente de área leva ntina, tanto por razones paleográficas (Díaz y Díaz, 1995: 127) como por las glosas en árabe que salpican la pieza (Millás Vallicrosa, 1927: 337-338; Aillet, 2010: 173-175). Otro es, sin embargo, el título de originalidad de este códice: se trata del único testimonio de este período cultural dirigido específicamente a una comunidad femenina externa a Córdoba; así en el colofón: “per manus extremitatis fidelis diaconi… o uos sanctimoniales puelle Xpm dominum non dedignemini precare… REBIL ENORTAM” (= Liber Matrone). La cuestión no es en absoluto baladí, ya que pocos son los testigos de la actividad cultural de la mujer cristiana en al-Andalus. En mi comunicación quisiera precisamente desarrollar este punto, apoyado tanto en consideraciones “externas” (la tipología del códice) como “internas” (el texto que transmite: las Sentencias de Tajón de Zaragoza). La conclusión a la que se llegará será la siguiente: dentro de la evidente excepcionalidad que supone este manuscrito, la comunidad femenina que lo poseyó manifiesta un interés activo –constatable por las notas árabes- en el contenido teológico que transmite la pieza, y, sobre todo, demuestra, para poder ejercer su lectura, tener el suficiente conocimiento de latín, lengua cuya práctica está condicionada en estas comunidades por un matiz identitario. PALABRAS CLAVE Codicología, mozárabe, Ripoll, Tajón. BIBLIOGRAFÍA Aillet, C., Les Mozarabes. Christianisme, islamisation et arabisation en Péninsule Ibérique (s. IX-XIIe), Madrid, 2010. Beer, R., Die Handschriften des Klosters Santa Maria de Ripoll, I, Wien, 1907. Díaz y Díaz, M. C., Manuscritos visigóticos del sur de la península. Ensayo de distribución regional, Sevilla, 1995. García Villada, Z., “Fragmentos inéditos de Tajón”, Revista de archivos, bibliotecas y museos, 30 1914, pp. 23-31. Millás Vallicrosa, J. M., “El manuscrit mossaràbic nº 49 del fons de Ripoll”, Butlletí de la Biblioteca de Catalunya, 7, 1927, pp. 337-338.

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HADEWIJCH DE AMBERES: UNA FLOR DE FLANDES AL SERVICIO DE LA TEOLOGÍA ESPIRITUAL Juan José Varela Tembra Universidade de Santiago de Compostela [email protected] El movimiento de las beguinas; mujeres cristianas, contemplativas y activas, que dedicaban su vida a la ayuda a los desamparados, enfermos, mujeres, niños y ancianos, y también a labores intelectuales tuvo una gran profusión durante la Edad Media en general y, si cabe, en el contexto geográfico de los Países Bajos, en particular debido a la enorme trascendencia de sus escritos de índole místico-cristiana previos a la Reforma Luterana. En este contexto la figura de Hadewijch de Amberes destaca como una figura que con su labor intelectual, poetisa y escritora mística, desbanca a muchos teólogos al aportar en sus escritos una serie de vivencias y experiencias místicas que no tiene parangón hasta Santa Teresa de Jesús. Igualmente, se conservan escritos de un marcado carácter epistolar, determinadas poesías que han sido consideradas como perlas de la evolución y perfeccionamiento literario de la lengua neerlandesa, en uno de cuyos dialectos más extendidos, el brabantino fue en el que realizó la mayor parte de su obra. La presente contribución pretende realzar este movimiento secular tan relevante para la cultura medieval y ensalzar la figura de Hadewijch de Amberes como uno de los “padres” de la Teología Espiritual que debe ser estudiada con mayor profundidad tanto en el campo de la teología como en el de la filología. PALABRAS CLAVE Beguinas, espiritualidad, literatura neerlandesa, mística. BIBLIOGRAFÍA Cirlot, V. – Bl. Garí, La mirada interior: escritoras místicas y visionarias en la Edad Media, Madrid, Siruela, 2008. Epiney-Burgard, G. - E. Zum Brunn, Mujeres trovadoras de Dios. Una tradición silenciada de la Europa medieval, Barcelona, Paidós, 1998 Swart, L. – C. Ros (eds.), Hadewijch de Amberes. Flores de Flandes, Madrid, Biblioteca de Autores Cristianos, 2001. Melloni Ribas, J., Voces de la Mística: invitación a la contemplación, Barcelona, Herder, 2009. Sanz González, A. I., Mujeres en la Edad Media: las raíces de la libertad, Madrid, Sociedad de Nuevos Autores, 2002.

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LA OBRA DE MARGUERITE PORETE EN SU ESPACIO PÚBLICO Antonia Víñez Sánchez Universidad de Cádiz [email protected] Sabemos cuánto ha sido cuestionado el papel de la mujer en el espacio público en la Edad Media, época de “horror por las mujeres”, con palabras de Georges Duby, sobre todo para la ideología del estamento clerical. Conocemos a Marguerite Porete a través de su proceso inquisitorial, por referencias en las Grandes Crónicas de Francia y, sobre todo, por su obra, Mirouer des simples ames anienties et qui seulement demourent en vouloir et desir d’amor. Muere quemada en la hoguera el 1 de junio de 1310, condenada como beguina relapsa (reincidente). Perteneciente, pues, a ese colectivo de difícil definición, exento del cumplimiento de reglas monásticas, Porete lleva cabo su actividad en un entorno de reforma e innovación religiosa, vinculándose a las teorías de la filosofía del Libre Espíritu, lo que explicará la persecución obsesiva de la iglesia a su obra y persona. Analizaremos estas cuestiones en relación al nuevo modelo de predicación en lengua vulgar que Marguerite Porete encarna. PALABRAS CLAVE Beguinas, escritoras medievales. herejía, inquisición, predicación.

BIBLIOGRAFÍA Épiney-Bugard, G. – E. Zum Brunn, Mujeres trovadoras de Dios. Una tradición silenciada de la Europa medieval, Barcelona, Paidós, 2007. Garí, B., Margarita Porete. El espejo de las almas simples, Madrid, Siruela, 2005. Guarnieri, R, Il movimento del Libero Spirito. Testi e documenti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1965. Guarnieri, R. – P. Verdeyen (eds.), Marguerite Porete. Le Mirouer des simples ames. Margaretae Porete. Speculum simplicium animarum, Turnholti, Typographi Brepols Editores Pontificii, 1986. Verdeyen, P., “Le process d’inquisition contre Marguerite Porete et Guiar de Cressonessart (1309-1310)”, Revue d’histoire ecclésiastique, 81, pp. 47-96.

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