Digges, Thomas (Enciclopedia Bruniana)

June 15, 2017 | Autor: Giuliano Mori | Categoría: Renaissance Studies, Giordano Bruno, Research on Leonard and Thomas Digges
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Descripción

♦ Digges Thomas - Nato nel 1546 da Leonard Digges, come matematico, astronomo e scienziato Thomas arrivò a superare la già grande fama del padre, dal quale era stato educato prima di passare sotto la guida di John Dee. Sebbene non vi faccia mai riferimento, è assai improbabile che Bruno ignorasse l’opera del matematico inglese, tanto più che a Londra, proprio durante l’ultimo quarto del XVI secolo, si era andata consolidando, intorno a Digges e a Dee, una corrente di ricerca intellettuale che proseguiva la tradizione matematica oxoniense interrotta dallo scisma e sostituita dall’asinesca pedanteria contro cui Bruno si scontrò. Carattere principale di questa corrente era proprio la difesa della teoria copernicana, di cui Dee e, in particolare, Digges sarebbero stati i maggiori propalatori in Inghilterra, dopo Robert Recorde e John Field. Proprio nell’ambito di quest’opera di diffusione della cosmologia di Copernico si colloca lo scritto di Digges che risulta più significativo in relazione a Bruno. Nel 1576, ripubblicando la Prognostication Euerlastinge del padre, Digges aggiunge in coda al volume la sua Perfit Description of the Caelestiall Orbes. Questo trattatello, che conta sette edizioni fino all’Astronomia Nova di Kepler, consiste, di fatto, in una traduzione inglese dei passaggi più rilevanti del primo libro del De revolutionibus copernicano con alcune significative aggiunte, come l’esperimento del peso lasciato cadere dall’albero di una «shippe vnder sayle» (DIGGES 1576, f. O2r), che Bruno avrebbe ripreso nella Cena. Inoltre, la traduzione si discosta dall’originale per quanto riguarda il tema fondamentale delle dimensioni dell’universo, su cui Copernico, «più studioso de la matematica che de la natura» (Cena, DFI, p. 24), rimandava la discussione ai filosofi e che Digges voleva invece infinite. Così come Bruno avrebbe fatto riconoscere a Elpino che «dire il mondo (come dite voi l’universo) interminato, non porta seco inconveniente alcuno, e ne viene a liberar da innumerabili angustie» (Infinito, DFI, p. 332), anche Digges scriveva che «yf wee would thus confesse that the Heauen were indeede infinite vpwarde, and onely fynyte downewarde in respecte of his sphericall

concauitye, Mutch more perhappes might that sayinge be verified» (DIGGES 1576, f. O1v). Tuttavia, l’universo immaginato dalla Perfit Description presenta delle differenze rispetto a quello bruniano, come si evince già dallo schema cosmologico proposto da Digges che, modificando quello del De revolutionibus, colloca le stelle fisse in ordine sparso, fino ai margini del foglio. Lo scienziato inglese non si pone, infatti, il problema di dissolvere quegli orbi cui i corpi celesti sarebbero attaccati «con buona colla, o ver inchiodati con tenacissimi chiodi» (Infinito, DFI, p. 372), non disponendo, del resto, di una teoria alternativa a quella del primo motore immobile. Piuttosto che immaginare un’«inmensa eterea reggione» (Cena, DFI, p. 99), omogeneamente popolata da infiniti mondi tra loro dissimili, Digges concepisce l’infinità dell’universo nei termini di un’infinita estensione spaziale di quell’«Orbe immoueable garnished with lights innumerable» (DIGGES 1576, f. N3r) dove, oltre alla sfera di Saturno, le stelle fisse sono collocate a distanze varie dal centro del sistema, «reachinge vp in Sphæricall altitude without ende» (f. N4r). Una simile differenza riguardo alla concezione dell’infinità produceva, naturalmente, differenti implicazioni teologiche. Bruno e Digges riconoscevano entrambi come la dimensione infinita dell’universo, concordando con i princìpi della fede, contribuisse a innalzare il concetto di Dio. Tuttavia, se per il Nolano la ragione di quest’affermazione si trova nella corrispondenza tra potenza e atto, in Digges ciò si doveva piuttosto alla contemplazione della grandezza divina, considerata nel suo effetto, cioè nell’infinità dell’orbe delle stelle fisse, che l’occhio dell’uomo non può «reache or conceyue» (ibid.) appieno, come riconosceva anche Bruno, scrivendo che «l’infinito non può essere oggetto del senso» (Infinito, DFI, p. 324). Inoltre, a differenza di Bruno, nel cui omogeneo universo infinito Dio «è in tutto il mondo, et in ciascuna sua parte infinitamente e totalmente» (p. 335), Digges, probabilmente influenzato dallo Zodiacus Vitae di Palingenio (cfr. GRANADA 1992a, pp. 56 sgg.), identificava la sede di Dio con l’orbe assolutamente perfetto e infinito delle stelle fisse – nettamente distinto dalle sfere inferiori. Data la specificità della posizione di Bruno nei confronti di quella di Digges, sarebbe sterile voler attribuire la palma per il primato nella concezione dell’universo infinito all’uno o all’altro autore. Importa, piuttosto, sottolineare la consonanza delle discussioni astronomiche londinesi degli anni Settanta del Cinquecento con le tesi che Bruno avrebbe proposto, da lì a pochi anni, nella Cena e nel De l’infinito. Tanto più che, in ambito tardo-cinquecentesco e seicentesco, Digges e Bruno circolarono spesso insieme. I loro volumi trovarono posto sugli stessi scaffali, come nel caso del Northumberland Circle di sir Henry Percy (cfr. RICCI 1990a, p. 51) e, insieme, le loro opere influenzarono il pensiero di alcuni scienziati, quali Gilbert che, nel De mundo, potrà al contempo utilizzare uno schema cosmologico assai simile a quello della Perfit Description e rifiutare gli orbi solidi e il principio del primo motore immobile. G. MORI

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Vedi anche Astro; Astronomia; Cielo; Copernico Niccolò; Dee John; Finito; Firmamento; Gilbert William; Immenso; Immobile; Infinito; Kepler Johannes; Margine; Mondo; Orbe; Palingenio Stellato Marcello; Primo mobile; Sfera; Universo Opere DIGGES 1576 Bibliografia GATTI 2001, GRANADA 1992a, GRANADA 1997a, JOHNSON 1937, JOHNSON-LARKEY 1934, KOYRÉ 1984, RICCI 1990a

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