Cosmologia al Plasma e Universo Elettrico

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ASTROFISICA DI edoardo segato

UNIVERSO ELETTRICO E COSMOLOGIA AL PLASMA Molte teorie alternative crescono e cercano risposte diverse alle domande fondamentali. Oggi parliamo della Cosmologia al Plasma. Alla luce di un universo fondamentalmente elettromagnetico, troviamo risposte diverse anche al mistero più grande di tutti: la Vita. PARTE 1

VITA ELETTROMAGNETICA el 1831 un ventiduenne fortunato s'imbarcò per sostituire il naturalista di bordo della Beagle, in rotta intorno al mondo sotto il comando del capitano Robert Fitzroy. Quel ragazzo si chiamava Charles Darwin. Le sue teorie avrebbero influenzato radicalmente duecento anni di storia, cultura e scienze umane. Nel corso delle sue esplorazioni però, egli scoprì che molte specie diverse di pesci possiedono organi totalmente elettrici. In un primo momento, perplesso dall'origine ignota e del grado di complessità dell'elettrogenesi (si parla di un'epoca precedente Faraday, Maxwell, Ørsted, Ohm, prima della scoperta della radioattività, del fotone

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e dell'elettrone) credette che potesse trattarsi di un errore evolutivo, una coincidenza nella selezione naturale. In seguito però Charles ammise che quegli organi rappresentavano una grande sfida per la sua teoria, essendosi creati indipendentemente in varie specie (convergenza evolutiva)1 e coinvolgendo perciò un complesso meccanismo biologico ed energetico.2 Uno studio odierno di un team di ricercatori di tre università americane, dimostra che sei specie di creature marine hanno utilizzato la stessa identica procedura genetica (e le stesse sequenze di codici) per trasformare i loro organi in apparati elettrici.3 Un grande mistero latente per la Biologia.4 Disse Darwin: «Se venisse dimostrata l'esistenza di qualsiasi or-

gano complesso, che non si sarebbe mai potuto formare solo da piccole modifiche successive, la mia teoria crollerebbe su sé stessa.»5 Negli ultimi anni le meraviglie elettromagnetiche della natura si sono aperte a ventaglio come mai prima d'ora. Darwin ne sarebbe entusiasta, ma avrebbe di che preoccuparsi. Nel regno animale il magnetismo e l'elettricità sono ampiamente utilizzati per orientarsi, “scannerizzare” l'ambiente circostante, cacciare, corteggiare e in generale per comunicare, attraverso complessi messaggi in codice per distinguere la propria specie.6 Dagli squali ai delfini, dall'ornitorinco all'echidna, persino in alcuni fossili, sono stati trovati organi in grado di generare o percepire scariche e campi

The Hibernating Stellar Magnet Fonte: Wikimedia

elettrici o magnetici. Di alcuni di essi tutt'ora ignoriamo la funzione. Il nostro sistema nervoso in primis è un labirinto elettrico, che innesta dubbi nel cuore di ogni ragionevole evoluzionista. Similmente vedremo che fuori la nostra atmosfera, su fino a Laniakea, grandi circuiti intricati come trame di un tappeto indiano contribuiscono a uno web di portata cosmica. Anche gli esseri viventi sulla Terra mostrano interdipendenze simili. I bombi e le api, senza le quali il volto del pianeta cambierebbe radicalmente, sono dotati di carica positiva. Ecco perché sono indotti a scegliere i fiori migliori, anch'essi di polarità positiva, secondo le loro emissioni elettriche.7 Le vespe usano le strisce marroni sui loro corpi per catturare la luce del

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Sole e quelle gialle per trasformarla in energia elettrica utile.8 Anch'esse scelgono i fiori secondo la loro carica elettrica.9 Con medesima grazia, perpendicolari al nostro piano galattico fluttuano due ciclopiche bolle di raggi gamma fossili, come due ovaie stellari, grembo di incognite per gli astrofisici esterrefatti e impotenti.10 In epoca Vittoriana, al tempo in cui Airy, Herschel, Stawell Ball, o le tre famose astronome americane Henrietta Swan Leavitt, Annie Jump Cannon e Maria Mitchell sbirciavano il cielo in procinto di fare le loro storiche scoperte, si tenevano feste particolari, dove gli ospiti formavano lunghe catene dentro una vasca per farsi attraversare dalle scariche di un pesce elettrico. Gli antichi egizi, gran-

di astronomi dopo i greci e i babilonesi, utilizzavano l'elettricità della torpedo d'acqua dolce, una razza marina che chiamavano “il fulmine del Nilo”, in una forma atavica di elettroterapia, per trattare l'epilessia.11 Sembra che le cellule utilizzino i campi elettrici per creare i tessuti organici e la loro morfologia.12 Alcuni serpenti percepiscono l’elettrostatica,13 mentre il geco usa le stesse forze, coadiuvate da membrane magnetiche sulle dita, per aggrapparsi alle superfici verticali.14 Se per il povero Darwin un apparato bio-elettrico nei pesci rappresentava un problema, proviamo a immaginarci cos'avrebbe detto oggi alla luce della scoperta di tutto questo pout pourrì di miracoli elettromagnetici emersi in zoologia. Avrebbe avuto

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più di un paio di aneddoti da inserire nel capitolo “Difficoltà nella teoria” del suo Origine delle specie. Magari si sarebbe dato all'astronomia... MA QUANTI UNIVERSI? Prima del 1920 l'Uomo era convinto che l'Universo si esaurisse nella Via Lattea. Un giorno però, un astronomo statunitense di nome Heber Curtis fece una scoperta sensazionale: la nebulosa di Andromeda era troppo lontana per far parte della nostra Galassia. Quasi dieci anni dopo, un giovane promettente di nome Edwin Hubble, confermò e sviluppò sperimentalmente quella congettura anche per altre nebulose. Fu la prima di una serie infinita di osservazioni che oggi ci regalano la visione di un Universo sconfinato, stracolmo di cluster composti da migliaia di galassie, le cui dimensioni reali ci sfuggono. Immanuel Kant pensava che alcune di quelle che crediamo stelle nella volta celeste, sono in verità altre galassie simili alla nostra, indistinguibili ad occhio nudo, che Curtis chiamò “universi-isola”. Con la scoperta di Hubble ci rendemmo conto che Kant aveva ragione. Oggi sappiamo che Andromeda è una ga-

lassia. Dopo millenni di storia umana sotto la volta celeste, nell'arco di un solo secolo abbiamo spinto i nostri occhi telescopici nelle profondità dello spazio. La cosmologia moderna però ha fatto il passo più lungo della gamba; pur avendo riconosciuto un numero impronunciabile di sistemi come il nostro, è ancora un'adolescente, cresciuta troppo in fretta, piena di dubbi e controversie. Quello del Big Bang infatti non è l’unico modello esistente. Nel 2004 trentacinque cosmologi firmarono una lettera di protesta diretta alla comunità scientifica. La rivista Nature si rifiutò di pubblicarla. Paul C. Raterbur, Nobel per la medicina, ci ricorda che «si potrebbe scrivere la storia della scienza degli ultimi 50 anni in termini di lavori respinti da Science e Nature.»15 Anche il suo lavoro sulla MRI a risonanza magnetica venne rifiutato, prima di meritargli il prestigioso premio. La lettera venne finalmente pubblicata su New Scientist e diffusa in tutto il mondo, scatenando un putiferio di cui ancora oggi si sente l'eco. “Virtualmente tutte le risorse finanziarie e sperimentali sono spese negli studi sul Big Bang... (che) impedisce il proseguire di un dibattito e

l’impossibilità di una ricerca alternativa.”16 Per fare un esempio, i preziosi dati delle recenti osservazioni del satellite WMAP sono stati analizzati secondo parametri e ipotesi standard, tralasciando a priori qualsiasi altra cosmologia. Secondo gli artefici della lettera, ciò induce inevitabilmente i giovani scienziati a rinunciare in partenza a qualsiasi idea divergente, e i più anziani a ignorare o ridicolizzare osservazioni sperimentali scomode, nel caso costituiscano una minaccia al loro stipendio. Dal tempo della pubblicazione della lettera, centinaia di altri scienziati hanno aggiunto la propria firma.17 Tra quelle originali ne leggiamo due, Eric Lerner e Anthony Peratt, fisici del plasma statunitensi. Tenete a mente questi nomi. Entrambi sono attivissimi prosecutori della teoria di cui parleremo oggi: la cosmologia del plasma. Da principio essa venne proposta dagli svedesi Hannes Alfvén, Oskar Klein e Carl-Gunne Fälthammar per spiegare l'asimmetria barionica universale, cioè l'apparente abbondanza di materia comune presente nel cosmo in opposizione alla scarsità di antimateria. Modellarono un paesaggio cosmico in cui antimateria e materia

Nel 2004 trentacinque cosmologi firmarono una lettera di protesta diretta alla comunità scientifica. La rivista Nature si rifiutò di pubblicarla. Hannes Alfven - Fonte: www.plasma-universe.com

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si equivalgono, pur restando separate in un bilancio generale che essi chiamarono ambiplasma. In seguito svilupparono ulteriormente l'idea nelle forme di “ambiplasma pesanti” (protoni-antiprotoni) e “ambiplasma leggeri” (elettroni-positroni).18 Nel ventennio '60-'80, con il progredire dei suoi studi sulla magnetoidrodinamica, Alfvén si rese conto che quei fenomeni elettromagnetici che prima si pensava esistessero solo su scale minori, permeano in realtà l’intero universo, con un'intensità 1036 volte maggiore dell'interazione gravitazionale. Come può una forza di tale magnitudo essere insignificante nelle meccaniche celesti e nel mantenimento delle strutture astronomiche? Difatti oggi l'ipotesi di Alfvèn, che la gravità non è l'unica forza ad agire nei sistemi cosmologici, viene costantemente confermata e rinforzata.19 I plasmi, cioè qualsiasi gas formato da elettroni e atomi elettricamente carichi (ioni: che cedono o acquistano elettroni), rappresentano il 99% della materia conosciuta e il loro comportamento è lo stesso ovunque, dai laboratori allo spazio intergalattico. Questo permise ad Alfvén di indagare lo spazio profondo basandosi unicamente sulla fisica del plasma, vantaggio che gli suggerì quanto la cosmologia dovrebbe in realtà attenersi sempre e soltanto a osservazioni sperimentali dirette. Ecco perché nel decennio successivo Alfvén, assieme a un suo studente, avviò il programma “Universo al Plasma”, atto ad analizzare metodicamente i vari problemi della cosmologia e dell’astrofisica dell’epoca, per reinterpretarli in un'ottica elettromagnetica. Quello studente si chiamava Anthony Peratt e ancora oggi mantiene viva quest'iniziativa. Riprendendo gli esperimenti sulle correnti di Kristian Birkeland e di

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Winston H. Bostick sui plasmoidi (plasmi con campi magnetici), grazie ai supercomputer dei Laboratori Maxwell e alle strutture del Laboratorio Nazionale di Los Alamos, Peratt riuscì a simulare, e in seguito osservare, la formazione di una galassia a partire da due plasmoidi sferoidali (invece delle nuvole primordiali della teoria tradizionale).20 La coppia era intrappolata entro filamenti magnetici paralleli, percorsi da correnti molto intense, di un migliaio di ampére ciascuna. I plasmi ruotavano sul proprio asse, distorcendosi fino ad assumere un aspetto spiraliforme. Confrontando le varie fasi della simulazione con tutte le galassie osservate, Peratt si rese conto del perché inizialmente il suo “mentore” svedese avesse fondato la cosmologia al plasma. La somiglianza era sconcertante e gettava un parallelo impossibile da ignorare, tra microcosmo e macrocosmo.

Eric Lerner

NON SI CHIEDE L'ETÀ ALLE SIGNORE I primi studi di Alfvén prendevano le mosse dall'osservazione delle aurore boreali, nelle quali era evidente che i campi elettrici e magnetici sono in grado di concentrare la materia assai più Anthony Peratt efficacemente della gravità. Le correnti producono sempre plasmi nell'universo possono essersi formate filamentosi che si spostano lungo sinergicamente. Ciò spinse Alfvén le linee di un campo magnetico. Al a formulare il punto cruciale della centro gli elettroni fluiscono in linea teoria: l'età del cosmo. retta, generando un altro campo Eric Lerner, l'altro plasma-firmatario magnetico nel quale si muovono della famosa lettera e prosecutore più quelli periferici, a loro volta generanti attivo (anche politicamente) della un campo ulteriore. Il risultato finale teoria, pubblicò un libro intitolato è un moto elicoidale che "strizza" il Il Big Bang non c'è mai stato. Alfvén, filamento (z-pinch nel gergo della che studiò anche molte altre cosmofisica del plasma).21 Se nello spazio gonie persino da un punto di vista esistono simili correnti, in tempi sufetnologico,22 rifiutò sempre la genesi ficientemente lunghi tutte le strutture “ex nihilo” (dal nulla) sostenuta dal

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nascente Modello Standard. Come tanti altri cosmologi, egli considerava l'esplosione primordiale un'inclinazione – tutt'altro che giustificata – verso un “creazionismo” velato, più religioso che scientifico. All'epoca la cultura cattolica era molto influente sullo sviluppo e sulla divulgazione delle scoperte scientifiche. L'idea originale dell'atomo primevo e della sua esplosione ad esempio, fu concepita da Georges Lemaître, un prete-scienziato gesuita. Nel mondo anglosassone esplose subito una forte critica, ma la Chiesa, Papa in primis, appoggiò tale teoria sin dall'inizio,23 e continua a farlo tutt'oggi, quasi come fosse una novità.24 Lerner sostiene che la scienza dovrebbe liberarsi dall'influenza della politica e della filosofia religiosa, di cui è ancora profondamente impregnata. Nessun sano di mente vorrebbe che si ripetano errori passati, come ad esempio quello di padre Clavio (Cristoforo Klau), professore di matematica al Collegio Romano, quando criticò le osservazioni di Galileo Galilei dei crateri lunari. Come oggetto appartenente al Cielo, dove tutto è perfetto, la Luna era considerata una sfera liscia e perfetta...25

Bolle di plasma Fonte: www.phys.org

Per i nostri “plasmofili” invece l'universo è infinito nello spazio e nel tempo, è sempre esistito e non ha limiti. Come posizione può sembrare estrema, ma di certo non solitaria. Lo scienziato Fred Hoyle ad esempio, oppositore del modello del Big Bang (di cui ironicamente fu anche il satirico battezzatore) propose la “cosmologia a creazione continua”, meglio nota come “a stato stazionario”, che prevede un universo infinito e senza alcun inizio.26 Hoyle inoltre, assieme con Chandra Aloni di materia oscura Fonte: www.symmetrymagazine.org

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Wickramasinghe, crede che la Vita sia sempre esistita nel cosmo. La teoria, detta dell'A scendenza cosmica (cosmic ancestry), viene integrata dai due ideatori con la Panspermía di Anassagora, di Arrenhius, Berzelius, Richter, Kelvin, Helmholtz e altri. Requisito chiave del loro modello è proprio l'infinità dell'universo nel tempo: anch'esso dev'essere sempre esistito.27 Là dove i nostri telescopi riescono ad arrivare, molto indietro nel tempo e nello spazio, nell'infanzia dell'Universo dove secondo la teoria dovrebbero esistere solo galassie molto giovani, ne troviamo invece molte già mature, che sconvolgono i favoreggiatori del “grande Boom” e fanno sorridere i fisici del plasma.28 “L'esistenza di tali buchi neri massicci al principio dell'universo pone sfide significative alla teoria della crescita dei buchi neri nell'universo primordiale e la loro relazione con l'evoluzione delle galassie.”29 Ovviamente, oltre a quella dell'universo infinito della cosmologia al plasma, oggi esistono in ambito accademico molte proposte alternative, come quelle che ipotizzano un Big Bang lento e freddo invece che esplosivo,30 o quelle che lo cancellano

del tutto.31 Interessante ad esempio la nuova teoria della Gravità Arcobaleno, che suggerirebbe a sua volta un universo senza principio.32 Due sono le presunte prove principali di un punto di inizio nella realtà fisica: l'espansione metrica dell'universo e la radiazione cosmica di fondo. La prima subentrò nella visione scientifica moderna con un tira e molla ineguagliato nella storia della fisica e della filosofia naturale: prima Einstein la inserì nelle sue equazioni come costante cosmologica, o Lambda, per controbilanciare la troppa gravità, che avrebbe fatto accartocciare l'universo; in seguito, dopo un lungo letargo avviato proprio dal ripensamento dello stesso Albert, essa venne resuscitata, di nuovo da Lemaître, per far luce su certe osservazioni astronomiche altrimenti inspiegabili. Lo spostamento verso il rosso (redshift) della radiazione luminosa di molti oggetti stellari venne interpretata come una prova del fatto che lo spaziotempo si stesse espandendo costantemente. Ironicamente, persino lo stesso Edwin Hubble, primo osservatore dei redshift, divenne presto uno dei

globalmente acclamato ma scientificamente assai controverso. Alfvén la riteneva una possibile traccia di un'esplosione locale minore, invece che di una collettiva, dovuta all'annichilazione tra i bordi di due bolle di materia (la nostra) e antimateria. Ciò che noi chiamiamo Big Bang non sarebbe altro che una delle tante esplosioni che avvengono ciclicamente nel cosmo. Eric Lerner non si pronunciò altrettanto drasticamente sulla questione, dichiarando che il problema deve considerarsi ancora aperto. Negli anni 2000 però presentò un convegno di ricerca a Monção (Portogallo), intitolato “Cosmologia in crisi”, dove prese in esame l'apparente luminosità superficiale delle più distanti galassie conosciute, che dimostrerebbero la non espansione dell'universo. Le galassie più lontane sono centinaia di volte più luminose di quanto supposto. Nella visione iniziale di Alfvén, la radiazione cosmica, seconda prova della “grande esplosione”, sarebbe una traccia dell'annichilazione tra plasmi e anti-plasmi (similmente al modello del Big Bang, ma con alcune fondamentali differenze), ma

Giove Plasma - Fonte: www.thunderbolts.info

al mondo fremette. Dato che, come abbiamo accennato poco fa, in quegli anni già si cercava un candidato per la materia oscura, venne sviluppato il suo modello “freddo” (oggi il più in voga), adattato per spiegare la formazione dopo il Bang di tali strutture mastodontiche. A quel punto i cosmologi, deliziati, andarono a controllare la radiazione cosmica di fondo, aspettandosi di vederla seguire la stessa diffusione frastagliata. Invece... orrore! L'impronta termica della genesi era perfettamente omogenea (ad eccezione di un unico misterioso punto solitario in corrispondenza

Ironicamente, persino lo stesso Edwin Hubble, primo osservatore dei redshift, divenne presto uno dei più aspri critici di questa teoria. più aspri critici di questa teoria. Ma l'establishment scientifico ormai se n'era appropriato, dato il modo in cui essa esauriva prodigiosamente le conferme sperimentali richieste dall'ipotesi del Big Bang, e corrispondendo mirabilmente con la costante – più interrogativa che risolutiva – creata da Einstein per impedire il collasso del suo palazzo matematico e quindi dell'universo stesso. Tutt'oggi l'espansione rimane un argomento

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verrebbe alimentata costantemente anche da flussi derivanti da annichilazioni minori, che si verificano perlopiù nelle radiogalassie e altre radiosorgenti. La teoria tradizionale implica che l'Universo sia omogeneo in tutte le direzioni. Quando però gli astronomi trovarono vuoti cosmici larghi 300 milioni di anni luce, alternati a nastri di superammassi galattici lunghi altrettanto e spessi un terzo,33 ogni singolo “bigbanghista”

di un grande vuoto)34 proprio come richiedevano le previsioni originali riguardanti la diffusione uniforme della materia nel cosmo.35 Ironicamente e inaspettatamente tale radiazione finì per tramutarsi in una prova contro il Big Bang, invece che a favore. Oltretutto, secondo Halton Arp essa non può essere considerata come una dimostrazione empirica della cosmogenesi esplosiva perché già altri modelli diversi precedenti

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prevedevano l'esistenza di questa temperatura diffusa.36 Il fatto è che l'età finita dell'universo non è una previsione cosmologica generica della Relatività generale di Einstein, bensì un'interpretazione ricavata a posteriori dall'aggiunta di altri elementi, come ci fanno notare Stephen Hawking e George Ellis per la singolarità iniziale come causa obbligatoria per il fondo cosmico di microonde.37 Lerner stesso infatti, in accordo con la Relatività, sviluppò un meccanismo alternativo e plausibile per la generazione efficiente di una termalizzazione come quella del fondo cosmico, analizzando i plasmi altamente magnetizzati e il loro assorbimento di sincrotrone inverso.38 Il modello del plasma in generale offre varie alternative interessanti per un'interpretazione del fondo cosmico senza Big Bang, come quella di una fitta “nebbia radio” di filamenti galattici, confermata anche dagli studi di altri scienziati, esterni alla teoria.39 Nonostante vengano via via trovate nuove spiegazioni e interpretazioni

Resto Supernova - Fonte: www.wikipedia.com

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per le due “grandi prove”, il culto del Bang si è attaccato in modo così indelebile all'immaginario comune che ogni aggiornamento avviene con ansia e timidezza. SCIENZA DARK - BUCHI NERI E MATERIA OSCURA Ovviamente non sono solo i cosmologi del plasma e dello stato stazionario ad opporsi al concetto di universo in espansione e alla sua accelerazione.40 Abhas Mitra ad esempio, fisico indiano famoso per aver anticipato la soluzione di Hawking del paradosso dell'informazione nei buchi neri, critica sia il modello del Big Bang che l'espansione metrica. Consequenzialmente Mitra si oppone anche al concetto stesso di buco nero!41 Questi oggetti teorici si pensa siano sparsi per tutto il cosmo, ma contemporaneamente rappresentano una vera sfida per la Fisica moderna. Pur essendo sulla bocca di tutti, pochi li capiscono e molti li contestano. Perché? Non c’è niente in linea di principio che escluda la possibilità di buchi neri stellari, intesi come grandi stelle collassate, in cui la forza di gravità è così intensa che nemmeno la luce può sfuggire dalla loro superficie. L’idea addirittura risale al XVIII secolo, quando John Mitchell osservò che una stella sufficientemente massiccia avrebbe intrappolato la luce. Giunse a questa conclusione sulla base della teoria classica della gravitazione di Newton; la Relatività generale ancora non esisteva.42 I fisici quantistici vedono questi “pozzi gravitazionali” come semplici stelle nere, prive di singolarità e di orizzonte degli eventi, o come Gravistelle (Gravastar),43 o anche come stelle di energia oscura, sostitute dei buchi neri a pressione energetica negativa.44 Come nell'uovo primordiale precedente il Big Bang, la singolarità presente all'interno dei

buchi neri classici è un problema fisico decisamente ingombrante. Per Abhas Mitra essi sono oggetti matematici impossibili e vanno sostituiti con un modello più plausibile. Li descrive come “Oggetti Eternamente Collassanti” (ECO), concetto in seguito sviluppato da altri fisici negli “Oggetti Magnetosferici Eternamente Collassanti” (MECO), dopo alcune osservazioni astrofisiche.45 Nella cosmologia al plasma i quasar e altri tipi di nuclei galattici sono considerati come semplici plasmoidi confinati da campi magnetici giganteschi. Il poderoso paesaggio magnetico dei buchi neri in effetti è stato confermato proprio in questi ultimi mesi.46 Lerner sviluppò anche un modello molto dettagliato in accordo coi dati astronomici, in base al dispositivo di messa a fuoco del denso plasma di fusione, in cui vengono generati campi elettrici molto grandi che ospitano a loro volta fasci di ioni e elettroni accelerati che vanno ad alimentare il plasmoide gigante centrale, il nucleo galattico attivo, o quasar. In generale i fisici del plasma non accettano l'idea che i quasar e i lampi gamma siano creati solo da stelle degeneri come le Collapsar, o dall'eliminazione di energia in eccesso dal disco di accrescimento di un buco nero supermassiccio, ritenendoli invece effetti visibili dell'annichilazione tra materia e antimateria o del decadimento dei plasmoidi. Il gruppo del plasma sollevò un gran polverone, maturando da subito un'aspra critica verso la Materia Oscura, uno degli elementi più ambigui della cosmologia moderna. Oramai tutti sono affezionati all'idea che quel 99% di plasma sia in verità un esiguo 10% della massa dell'universo, avvolgendo nell'invisibilità il rimanente 90%. I teorici del Big-Bang calcolano che l’universo si sia originato circa 14

Buco nero Fonte: www.pics-about-space.com

miliardi di anni fa, ma per coagulare tutti i supercluster di galassie che oggi siamo in grado di osservare47 e rallentare l'espansione in così poco tempo, dovrebbe esistere cento volte più materia di quella osservata. I cosmologi dunque individuarono “Omega”, la quantità necessaria perché la sua attrazione gravitazionale potesse sopperire l'arduo compito architettonico, stabilirono il suo valore vicino a 1 e si misero a cercare la materia mancante!48 In principio l'idea che vi fosse materia oscura nacque in maniera indipendente, per spiegare le rotazioni anomale di certe galassie. Secondo la Teoria della Gravitazione Universale su cui si basa la Relatività generale, un oggetto rotante attorno a un

svariati bisogni teorici, perciò in un battibaleno divenne molto popolare. Era l'unica strada per mantenere intatto il potente strumento scientifico della relatività einsteiniana. Pur non essendo mai stata vista direttamente, la materia oscura è presente in molte cosmologie e cosmogonie, eppure c'è ancora chi osa sollevare dei dubbi sulla sua esistenza. Gli spunti si accumulano anno dopo anno: le teorie MOND (MOdified Newtonian Dynamics), la Gravità Machiana,49 le ipotesi Brana del Multiverso, la teoria del “fluido oscuro” (dark fluid) ricavato dal modello unificato di materia ed energia oscure nel gas di Chaplygin, simile per certi versi alla proposta di Tian Ma e Shouhong Wang.50 Ma la sapete l'ultima? Una

l'ipotesi della materia oscura, limitandosi semplicemente a dire che non ce ne sarebbe più bisogno per spiegare la peculiare rotazione galattica. Be’, si dà il caso che una delle caratteristiche più strabilianti delle simulazioni di Anthony Peratt fosse proprio che le forme delle pseudo-galassie di plasma avevano curve di rotazione piatte!52 Ciò escludeva qualsiasi necessità di postulare la materia oscura. Bastava considerare un campo elettrico galattico e il gioco era fatto. Nessuno pare però aver notato la somiglianza tra la proposta di Reucroft e quella della cosmologia del plasma figlia dell'allievo di Alfvén. Non abbastanza perlomeno per un annuncio ufficiale. Forse perché suona sempre un po' oltraggioso nominare le cosmologie non-standard.

Il culto del Bang si è attaccato in modo così indelebile all'immaginario comune che ogni aggiornamento avviene con ansia e timidezza centro gravitazionalmente attivo dovrebbe esibire velocità di rotazione decrescente con il crescere della distanza dal centro. Invece alcuni piani galattici si muovono come se fossero eterogeneamente connessi al cuore centrale. Alcuni astronomi increduli ipotizzarono perciò la presenza di materia in eccesso, in grado di aumentare la forza gravitazionale in gioco e riconciliare i calcoli con le osservazioni. L'ipotesi, come noterete da soli, calzava alla perfezione con

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nuova eccitante idea sta circolando nella comunità scientifica, sviluppata da Steve Reucroft, fisico della Northeastern University di Boston. È possibile, se non necessario – dice – ipotizzare che una galassia sviluppi una carica elettrica positiva al suo centro e una carica opposta alla sua periferia.51 La conseguente forza elettrostatica impedirebbe alle stelle di allontanarsi e manterrebbe intatta e sincronizzata la rotazione generale. In realtà Reucroft non tenta di sfatare

Eppure il fisico di Boston ha auto-pubblicato il suo studio su Arxiv, senza una successiva revisione paritaria (tanto cara all'establishment e ai media), mentre l'intero lavoro di Peratt venne pubblicato, come tutti gli altri suoi scritti, sulla prestigiosa rivista Transactions on Plasma Science dell'Istituto degli Ingegneri Elettrici ed Elettronici (IEEE), di cui Peratt è guest editor. All'epoca quest'ipotesi suonava eretica e priva di fondamento e si credeva che le galassie e altri oggetti celesti

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non possedessero campi elettromagnetici. Oggi invece tali fenomeni vengono osservati all'ordine del giorno.53 Addirittura, il solo fatto che un campo magnetico intergalattico esista, rappresenta uno dei problemi più critici della cosmologia contemporanea, dato che nessun modello riesce ancora a spiegare l'incredibile coerenza che il campo mantiene su larga scala.54 Jose Beltràn Jiménez e Antonio L. Maroto, fisici teorici delle università di Ginevra e di Madrid, spiegano che «nonostante il successo dell'elettromagnetismo di Maxwell nel descrivere le interazioni elettromagnetiche su piccola scala, sappiamo molto poco circa il comportamento dei campi elettromagnetici su distanze cosmologiche. Pertanto, è stato proposto di recente

che i problemi relativi all'energia oscura e all'origine dei campi magnetici cosmici potrebbero condurre ad una modifica della teoria di Maxwell su larga scala. Viene consentita la propagazione dello stato scalare, che di solito viene eliminato per mezzo della condizione di Lorenz.(...) La presenza di campi magnetici cosmici trovati nelle galassie, cluster 2, 3, 4 e, assai recentemente 5, 6, 7, 8, anche nei vuoti non possono sopravvivere entro la teoria di Maxwell. Questo potrebbe anche essere un segno della necessità di una più attenta analisi del comportamento dei campi elettromagnetici in contesti cosmologici.»55 La presenza di questi campi addirittura presuppone un universo sostanzialmente aperto, invece che chiuso come richiederebbe il model-

lo del Big Bang.56 Nella letteratura scientifica dell'elettromagnetismo longitudinale (Tesla, Meyl, Handwerker, Palmieri, etc) la componente scalare del vortice elettro-magnetico potenziale viene reintrodotta con un cospicuo successo sperimentale (ma anche teorico e filosofico). Questo conduce oltretutto all'unificazione delle altre interazioni con l'elusiva forza gravitazionale. Tali modelli si basano sempre e ineccepibilmente sull'accettazione di un substrato universale. È curioso che oggi proprio in Cosmologia gli scienziati si trovino costretti a reinserire sia il concetto di medium superfluido57 sia l'aspetto scalare dell'elettromagnetismo (eliminato dalle equazioni di Maxwell sin dai tempi di Heavyside). Continua sul prossimo numero...  Note

1. www.wikiwand.com/it/Organo_elettrico_(biologia) 2. William J. Turkel, Spark from the Deep: How Shocking Experiments with Strongly Electric Fish Powered Scientific Discovery, Jhon Hopkins University Press, 17 lug 2013 3. www.news.wisc.edu/scientists-find-theshocking-truth-about-electric-fish/; www. efish.zoology.msu.edu/research/evolutionof-electric-organs/; Philip Kitcher, Living with Darwin: Evolution, Design, and the Future of Faith, Oxford University Press, 28 apr 2009, pag 83. 4. Gallant, J. R. et al. Genomic basis for the convergent evolution of electric organs, Science. 344 (6191): 1522-1525, 2014. 5. Darwin, C., On the Origin of Species, John Murray: London. p.189. Posted on darwin-online.org.uk on July 2, 2012, accessed June 27, 2014, 1859. 6. www.wired.com/2014/06/electric-fishconvergent-evolution/ 7. Detection and Learning of Floral Electric Fields by Bumblebees, Dominic Clarke, Heather Whitney, Gregory Sutton, Daniel Robert, School of Biological Sciences, University of Bristol, Woodland Road, Bristol, UK. 8. Solar energy harvesting in the epicuticle of

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PUNTOZERO nr. 3 – ASTROFISICA

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edoardo segato Studia Musica e Nuove Tecnologie al Conservatorio G. Verdi di Milano. Co-fonda Officine Tesla, associazione che intraprende percorsi di ricerca, sviluppo e produzione in vari settori culturali, sociali e tecnologici. Con i colleghi La Gare e La Belvert realizza concerti in Europa, Israele, Bosnia e Inghilterra, una colonna sonora teatrale a Milano, uno spettacolo di letture e musiche inedite sul Novecento storico italiano e molte altre attività, dalla performance al sound design alla narrativa. Nel 2015 ha pubblicato il suo primo libro con Hoepli, Tesla, lo scienziato contro, ristampato nel 2016. Dal 2009 è membro attivo del Y-Top, organizzazione nomade internazionale, multi-disciplinare, multi-etnica e multi-età che esplora e promuove nuove metodologie per vivere, viaggiare, co-lavorare in uno spazio e un tempo unici come quelli in cui viviamo.

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