Carlo Marocco (1768-1847). Ascesa e caduta di un avvocato ‘civilista’ milanese di grido

July 24, 2017 | Autor: Valeria Belloni | Categoría: Legal Profession, Legal History, Gambling Studies
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

PUBBLICAZIONI DEL DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO SEZIONE DI STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO

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‘DIZIONARIO BIOGRAFICO DEI GIURISTI ITALIANI

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(XII-XX SEC.)’

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a cura di MARIA GIGLIOLA di RENZO VILLATA

© Giuffrè Editore - Copia riservata all'autore

ISBN 9788814183393



Direttore della Collana: Maria Gigliola di Renzo

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Comitato di Direzione: Albina Candian, Maria Teresa Carinci, Giorgio De Nova, Francesco Delfini, Francesco Denozza, Maria Gigliola di Renzo, Antonio Gambaro, Gregorio Gitti, Luigi Prosperetti, Matteo Rescigno, Emanuele Rimini, Roberto Sacchi, Claudia Storti Storchi, Chiara Tenella Sillani, Alberto Toffoletto, Armando Tursi, Gianroberto Villa.

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1. Dal luglio 2012 le pubblicazioni della Collana del Dipartimento di Diritto privato e Storia del diritto sono subordinate alla presentazione da parte di almeno un membro del Comitato di Direzione e al giudizio positivo di almeno un membro del Comitato per la Valutazione Scientifica, scelto per rotazione dal Direttore della Collana d’intesa con il Comitato di Direzione all’interno del medesimo, tenuto conto dell’area tematica del contributo. 2. Il singolo contributo è inviato al valutatore senza notizia dell’identità dell’autore. 3. L’identità del valutatore è coperta da anonimato. 4. Nel caso che il valutatore esprima un giudizio positivo condizionato a revisione o modifica del contributo, il comitato di Direzione autorizza la pubblicazione solo a seguito dell’adeguamento del saggio, assumendosi la responsabilità della verifica. 5. In caso di pareri contrastanti il Comitato di Direzione assume la responsabilità della decisione circa la pubblicazione del contributo.

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TUTTE LE COPIE DEVONO RECARE IL CONTRASSEGNO DELLA S.I.A.E.

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Copyright Dott. A. Giuffrè Editore, S.p.A. Milano - 2013 Via Busto Arsizio, 40 - 20151 MILANO - Sito Internet: www.giuffre.it



La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i Paesi.



Tipografia «MORI & C. S.p.A.» - 21100 Varese - Via F. Guicciardini 66

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INDICE

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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ATTI DEL CONVEGNO

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I. Birocchi Il Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani: una riflessione critica . . . . .

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O. Condorelli Recupero da San Miniato e la giurisprudenza del suo tempo (sec. XIV). Per la storia dell’utrumque ius . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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A. Mattone Costruire un Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani: problematiche e questioni aperte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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G. Rossi La versatile scienza del giurista quattrocentesco: note di lettura sulla repetitio in l. Si fugitivi (C. 6,1,3) di Bartolomeo Cipolla . . . . . . . . . . . . . . . .

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E. Dezza Lorenzo Silvano: materiali per la scheda biobibliografica di un giurista del XVI secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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G.P. Massetto Giovanni Pietro Sordi un autorevole consiliator cinquecentesco . . . . . . . .

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C. Valsecchi Dar ordine al caos. Il processo del tardo diritto comune nelle opere di Jacopo Menochio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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A. Padovani Giovanni da Imola. Proposte di metodo storiografico e appunti per una nuova biografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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E. Genta Note sul giacobinismo giuridico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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G.S. Pene Vidari Ideali e realismo, insegnamento e pratica giuridica: Luigi Amedeo Melegari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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S. Vinciguerra Se i penalisti italiani contemporanei ripensano al nostro Ottocento penalistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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M.N. Miletti Vite da giuristi. Appunti per la costruzione d’una voce biografica . . . . . . . .

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A.A. Cassi Il ‘cantiere storiografico’ dedicato a Giuseppe Zanardelli. Rilievi di metodo e linee di ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

351

G. Chiodi Il diritto comune nella cultura dei civilisti tra Otto e Novecento: affinità elettive tra Nicola Coviello e Francesco Ferrara . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

373

B. Cavallone Un tema suggestivo: le biografie dei processualcivilisti italiani . . . . . . . . . .

403

B. Sordi Piero Calamandrei: un arduo esempio di biografia intellettuale . . . . . . . . .

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F. Macario Tecnica, metodo e cultura nel pensiero di Salvatore Pugliatti . . . . . . . . . . .

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M.R. di Simone Note sul processo criminale nell’opera di Filippo Maria Renazzi . . . . . . . .

CONTRIBUTI

A. Bassani Note a margine della vita e delle opere di Nello Cetti da San Gimignano . .

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L. Sinisi La canonistica italiana fra XVI e XVII secolo: un periodo di decadenza? (Note a margine di alcune voci del Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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VII

INDICE

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V. Belloni Carlo Marocco (1768-1847). Ascesa e caduta di un avvocato ‘civilista’ milanese di grido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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S. Parini Vincenti Per una nova methodus iura docendi: Giulio Pace fra il De iuris methodo e la Synopsis iuris civilis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

551

A. Monti Alla scoperta del diritto anglosassone: il contributo di Mario Sarfatti (1876-1962) alla comparazione giuridica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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R. Bianchi Riva Una voce fuori dal coro. Francesco Alimena nella penalistica italiana tra fascismo e repubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice degli autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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F. Rossi «Scorrendo il libro eloquente della esperienza»: Giulio Crivellari e la Rivista Penale di Luigi Lucchini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Valeria Belloni CARLO MAROCCO (1768-1847). ASCESA E CADUTA DI UN AVVOCATO ‘CIVILISTA’ MILANESE DI GRIDO

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SOMMARIO: 1. Un suggestivo percorso di vita tra avvocatura, politica e la truffa all’I.R. Lotto. − 2. Tracce dell’attività professionale: le allegationes e i pareri della raccolta Margarita. − 3. Conclusioni.

Un suggestivo percorso di vita tra avvocatura, politica e la truffa all’I.R. Lotto.

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L’esistenza dell’avvocato Marocco si snoda in anni traumatici per l’intera Europa: nella sua Lombardia, si succedono quattro dominazioni straniere in poco più di un trentennio, con l’immancabile corollario di guerre, cospirazioni, arresti, avvicendamento di regimi politici e sistemi giuridici che egli vive in tutta la loro drammaticità sotto il profilo personale e professionale, con un continuo intreccio fra i due piani, fino alla morte, giunta, verrebbe quasi da dire per sua fortuna, alle soglie del fatidico 1848 (1). ––––––––––

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(1) Carlo Marocco muore il 16 dicembre 1847, come ricordato nella lapide posta nel cimitero di San Gregorio dalla moglie, Teresa Pirovano (Archivio Storico Civico di Milano, d’ora in poi ASCMi, Fondo Familiae, cart. 948) e dai figli. Il cimitero è stato demolito nel 1883, per una lettura della lapide cfr. V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, Milano 1891, vol. VI, n. 89. L’avvenimento è ricordato anche nell’appendice della Gazzetta privilegiata di Milano, n. 357 del 23 dicembre 1874 col necrologio del collega Lorenzo Rizzi. Interessanti riflessioni sulla generazione di giuristi vissuti a cavallo fra le tre epoche in E. Tavilla, Tra cattedra e tribunale: la Giurisprudenza forense unita al diritto patrio di Giuseppe Cassiani Ingoni

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L’affascinante cammino di vita, unito alle indubbie doti professionali (2), lo rendono una figura di grande interesse, sotto molteplici aspetti. Nato il 29 gennaio 1768 da Giuseppe Antonio e Margherita Rossi (3), egli intraprende gli studi legali nella riformata università di ––––––––––

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(Modena 1827-1833), in V. Piergiovanni (a cura di), Sapere accademico e pratica legale fra Antico Regime ed unificazione nazionale, Genova 2009, pp. 246-247; R. Ferrante, Traduzione del codice e tradizione scientifica: la cultura giuridica italiana davanti al Codice Napoleone, in E. Tavilla (a cura di), Giuseppe Luosi, giurista italiano ed europeo. Traduzioni, tradizioni e tradimenti della codificazione. A 200 anni dalla traduzione in italiano del Code Napoléon (1806-2006), Modena 2009, pp. 230-231. (2) Prima di entrare nel merito degli atti redatti dal Nostro, basti qui ricordare la menzione di Antonio Padoa Schioppa nell’Introduzione di A. Padoa Schioppa (a cura di), Avvocati e avvocatura nell’Italia dell’Ottocento, Bologna 2009, p. 17, con poche variazioni anche in Sapere accademico e pratica legale, con il titolo Nuove ricerche su avvocati e avvocatura nella Lombardia e nell’Italia dell’Ottocento, p. 20. Significativi anche gli elogi dei contemporanei F. Coraccini (pseud. Don G. Valeriani), Storia dell’amministrazione del Regno d’Italia durante il dominio francese, Lugano 1823, p. CXXXVIII; G. Marocco, Difese criminali e altri scritti dell’avvocato Giuseppe Marocco, Milano 18512, vol. I, p. 2. Ulteriori ricerche archivistiche sull’annosa questione del rapporto di parentela fra i due illustri avvocati ‘Marocco’, già attentamente affrontata in E. Dezza, Un penalista scomodo. Appunti per una biografia di Giuseppe Marocco (1773-1829), in Codice dei delitti e delle pene pel Regno d’Italia, rist. anast., Padova 2002, p. CCLVIII, di cui si veda anche l’ultimo contributo Marocco, Giuseppe, in I. Birocchi-E. Cortese-A. Mattone-M.N. Miletti (diretto da), Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX secolo) (d’ora in poi DBGI), Milano 2013, vol. II, pp. 12801281; in M.G. di Renzo Villata, L’arte del difendere e l’allegare tra ancien régime ed età dei codici in M.G. di Renzo Villata (a cura di), L’arte del difendere. Allegazioni avvocati e storie di vita a Milano tra Sette e Ottocento, Milano 2006, p. 39, portano a escludere che fossero padre e figlio (per un parere contrario cfr. C. Zaghi, L’Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno, in Storia d’Italia diretta da G. Galasso, vol. XVIII, Torino 1986, p. 240), zio e nipote, o fratelli, sembra verosimile, invece, che fossero cugini, seppur manchino prove certe: vi è affinità nei lavori paterni − mercante d’olio il padre di Carlo e orefice il padre di Giuseppe − entrambi i nomi di battesimo ricorrono frequentemente nelle due famiglie − Giuseppe è il nome del padre e di un fratello di Carlo; si chiamano Carlo il padre e un nipote di Giuseppe − ; in ASCMi, fondo familiae, cart. 948, è conservato un appunto di Pagani Gentile, Direttore dell’Archivio negli anni Ottanta del XIX secolo, che suffraga la tesi. Cfr., oltre alle fonti già indicate, G. Toccagni, Notizie intorno alla vita e agli scritti dell’avvocato Giuseppe Marocco, in G. Marocco, Difese criminali e altri scritti dell’avvocato Marocco, Milano 18512, p. X; A. D’Ancona (a cura di), F. Apostoli, Le lettere sirmiensi, Roma-Milano 19062, pp. 393-394. (3) Cfr. ASCMi, fondo Stato civile, Ruolo Generale della popolazione del 1811, vol. 13, sottovoce ‘Maro’.

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Pavia (4) a soli sedici anni e nel 1788 consegue la laurea in utroque iure (5). Gli anni dopo la laurea sono di difficile ricostruzione, ma possiamo ragionevolmente presumere che Carlo Marocco abbia svolto la pratica presso un avvocato milanese per poi sostenere l’esame di abilitazione a norma del Regolamento del processo civile per la Lombardia austriaca e dell’Instruzione generale per i Tribunali di giustizia della Lombardia austriaca negli affari contenziosi, emanati da Giuseppe II (6). ––––––––––

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(4) All’interno della vasta bibliografia in argomento mi limito qui a rinviare agli studi più recenti: M.G. di Renzo Villata, Diritto, didattica e riforme nella Pavia settecentesca tra tradizione manoscritta e testi a stampa, in G. Brizzi-M.G. Tavoni (a cura di), Dalla pecia all’e-Book. Libri per l’università: stampa, editoria, circolazione e lettura. Atti del convegno internazionale di studi. Bologna 21-25 ottobre 2008, Bologna 2009; Ead., Tra Vienna, Milano e Pavia: un piano per un’università «dall’antico lustro assai decaduta» (1753-1773), in A. Romano (a cura di), Gli statuti universitari. Tradizione dei testi e valenze politiche. Atti del convegno di studi. Messina – Milazzo, 13 – 18 aprile 2004, Bologna 2007, pp. 507-546; gli scritti in M.G. di Renzo Villata (a cura di), Formare il giurista. Esperienze nell’area lombarda tra Sette e Ottocento, Milano 2004: M.G. di Renzo Villata, Introduzione. La formazione del giurista in Italia e l’influenza culturale europea tra Sette ed Ottocento. Il caso della Lombardia, pp. 297-329; E. Dezza, Il magistero di Luigi Cremani e la formazione del giurista a Pavia nell’età delle riforme, pp. 107-172; L. Garlati Giugni, Molto rumore per nulla? L’abolizione della tortura tra cultura universitaria e illuminismo giuridico: le Note critiche di Antonio Giudici a Dei delitti e delle pene, pp. 263-322; D. Mantovani, Domenico Alfeno Vario professore di Diritto civile a Pavia (1780-1789): l’immedesimazione polemica nell’antico. Versione accresciuta sulla base di ulteriori documenti, pp. 173-26. Si segnalano, inoltre, gli studi di M.C. Zorzoli, La formazione dei giuristi lombardi nell’età di Maria Teresa: il ruolo dell’università, in A. De Maddalena-E. Rotelli-G. Barbarisi (a cura di), Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell’età di Maria Teresa, vol. III, Bologna 1982, pp. 743769; Ead., La Facoltà di giurisprudenza (1535-1796), in Storia di Pavia. L’età spagnola e austriaca, vol. IV, t. I, Milano 1995, pp. 483-516, ora anche in Studi di storia del diritto, vol. I, Milano1996, pp. 367-434. (5) Egli discute i seguenti puncta: Non nisi temporibus Valentiniani, Valentis et Gratiani, parentibus liberos exponentibus poenam indictam esse contendimus; Ex Regolamento del Processo Civile, colligitur, in causis, ut aiunt, executivis, quoties reus vel realiter, vel praesumptive fateur, iudicem non de vi petitionis, sed executionem statim decernere debere; Vassallum convento tempore canonem non solventem feudo cadere arbitrarum; Recte Joseph II constituit, ut neque Bulla fidei a Regii Exequatur necessitate eximatur. Cfr. Archivio di Stato di Pavia (d’ora in poi ASPv), fondo Università, Facoltà di giurisprudenza, Tesi legali, cart. 619. I puncta sono riportati anche in M.C. Zorzoli, Le tesi legali all’Università di Pavia nell’età delle riforme: 1772-1796, Pavia 1980, p. 282. (6) Sulla disciplina di accesso alla professione si veda S. Parini Vincenti, Ad auxilium vocatus. Studi sul «praticantato» da Napoleone alla legge professionale del

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E’ certo, invece, che già a fine secolo egli gode di ottima fama presso i concittadini e nutre profonda ammirazione per il sistema francese, cui fa da corollario un’incompatibilità di fondo con la realtà asburgica: emerge così, fin dai primi passi di Carlo Marocco, quell’inscindibilità fra l’attività professionale e le personali inclinazioni, che tanto peso avrà nello svolgersi della sua esistenza. I tredici mesi di occupazione austriaca, intercalati alla dominazione francese a cavaliere fra il XVIII e il XIX secolo (7), offrono all’Avvocato un’ottima occasione per mettersi in evidenza: insieme ai più anziani e noti colleghi Andrea Squadrelli, Giuseppe Bagatti e Sigismondo Ruga (8) redige il Discorso legale apologetico della Validità de’ contratti de’ beni nazionali per gli acquirenti delle proprietà avocate dal Governo Cisalpino in seguito alla soppressione delle corporazioni ecclesiastiche (9), ora minacciati dalla costituzione di una commissione

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1874: l’esperienza normativa, in Padoa Schioppa (a cura di), Avvocati e avvocatura, pp. 56-62; sul ceto forense lombardo sul finire della dominazione austriaca settecentesca cfr. G. Acerbi, «Fare l’avvocato» nello «Stato di Milano» dall’Imperatrice Maria Teresa (1740) all’entrata in vigore dell’unificazione legislativa nel Regno d’Italia (1° gennaio 1866) nel racconto di un avvocato milanese del tempo presente, in Storia in Lombardia, 1 e 2 (2004), pp. 7-21; L. Tedoldi, “Occhiali pei litiganti”. Le professioni legali dagli antichi Stati italiani al Regno d’Italia napoleonico (1750-1815), in Le carte e la storia: rivista di storia delle istituzioni, 7.2 (2001), pp. 35-40; E. Pagano, Avvocati ed esercizio della professione legale in Lombardia nel secondo Settecento. I causidici collegiati di Milano, in Rivista di Storia del Diritto Italiano, 74 (2001), pp. 356-418; E. Garino, note sul problema dell’avvocatura in Lombardia e a Venezia nella seconda metà del XVIII Secolo, in Economia, istituzioni, cultura in Lombardia, vol. II, pp. 991-1006. (7) Sul breve, ma denso di avvenimenti e problematiche, ritorno degli Asburgo cfr. E. Pagano, Alle origini della Lombardia contemporanea. Il governo delle province lombarde durante l’occupazione austro-russa 1799-1800, Milano 1998; Zaghi, L’Italia di Napoleone, pp. 231-243. (8) Gli avvocati Squadrelli e Ruga, entrambe degli anni Cinquanta del XVII secolo, sono menzionati in Marocco, Difese criminali, pp. 1-2. Tracce dell’attività dei tre giuristi sono presenti nei saggi de’ L’arte del difendere. (9) Cfr. A. Cova, La vendita dei beni nazionali in Lombardia durante la prima e la seconda Repubblica Cisalpina (1796-1802), in Economia e storia, 10 (1963), pp. 355-412 e, per un quadro più ampio U. Marcelli, La vendita dei beni nazionali nella Repubblica cisalpina, Bologna 1967, pp. 70- 201 (pp. 109-150 per il Dipartimento dell’Olona); R. De Felice, La vendita dei beni nazionali nella Repubblica romana del 1798-99, Roma 1960, pp. 7-98; P. Notario, La vendita dei beni nazionali in Piemonte nel periodo napoleonico (1800-1814), Milano 1980.

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per la revisione dei contratti. La questione era politicamente delicata e giuridicamente complessa: i rapporti di forza fra i contendenti e i vincoli legali derivanti dal trattato di Campoformio fanno da sfondo alla scelta di convalidare gli atti del cessato (ed odiato) Governo, con notevoli conseguenze sul piano economico per i tre attori principali – Stato, Chiesa, aristocrazia – a livello regionale (10). I quattro giuristi incentrano il lavoro sulla «rappresentanza del Governo Cisalpino e la di lui podestà di alienare beni» (11) e sulla natura delle proprietà ecclesiastiche, passibili, secondo loro, di rientrare fra i beni nazionali in quanto «patrimonio de’ poveri» (12), con richiami al diritto romano e canonico, arricchiti da citazioni dotte (13). Scorrendo il parere, oltre alla buona nota stilistica e all’accuratezza nella scelta delle fonti, sorprendono la frequenza e la ‘trasparenza’ dei giudizi positivi sulle scelte operate dalla Cisalpina (14), nonché l’aperta critica alla gestione patrimoniale della Chiesa. Benché sia nota la propensione per il periodo repubblicano dei difensori coinvolti, nonostante il vento rivoluzionario, stupisce vedere tale libertà di espressione in un parere legale di fine Settecento, come se i quattro avvocati non temessero censure e ripercussioni.

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(10) Sul significato ideologico, ancor prima che economico, della vicenda cfr. Pagano, Alle origini della Lombardia contemporanea, p. 89 e Zaghi, L’Italia di Napoleone, p. 239-240. Le stesse problematiche si ebbero anche nelle altre zone della penisola, con tratti ancora più complessi che altrove nello Stato pontificio. Cfr. De Felice, La vendita dei beni nazionali, pp. 99-107. (11) Così recita il titolo del capitolo III del Discorso legale apologetico della validità de’ contratti de’ beni nazionali, Milano 1799, p. 10. (12) Cfr. Discorso legale apologetico, pp. 37-49 e 59. (13) Per la prima questione sono citati alcuni passi del Corpus Iuris Civilis dedicati al diritto di postiliminio, affiancati al pensiero dei giusnaturalisti Vattel, Grozio, Eineccio, Cocceio, Wolff e Domat; per la seconda l’attenzione si sposta sui Padri della chiesa, per il tramite del Decreto di Graziano. Per un approfondimento sugli «strumenti dell’arte forense» nella Lombardia di fine Settecento cfr. di Renzo Villata, L’arte del difendere, pp. 89-105, spec. p. 103 per una questione su diritti acquisiti nel periodo francese che presenta affinità con la presente. Sul modus operandi del Marocco difensore si veda il § 2. (14) Le confische sono giustificate in quanto strumento per evitare un maggiore danno alla popolazione, già gravata dalle numerose imposte introdotte per sopperire alle spese belliche. Discorso legale apologetico, p. 42.

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Se possiamo solo supporre la diversa percezione della libertà di pensiero in uomini che hanno vissuto gli anni della repubblica, è certo, invece, che la risposta reazionaria è immediata: colpita dalla pubblica e sfacciata difesa di un provvedimento del Governo Cisalpino, nonché dalla fondatezza giuridica del discorso, Vienna vieta la stampa di ulteriori copie del pamphlet e sospende i quattro autori dall’esercizio della professione (15). Si ha così il primo provvedimento di matrice austriaca che si frappone fra Carlo Marocco e l’esercizio di ciò che gli è più congeniale: la redazione di atti e pareri, come emerge negli anni napoleonici. Col ritorno dei francesi si apre, infatti, per il Nostro un decennio ricco di soddisfazioni professionali che culmina con la nomina a Presidente del Consiglio di Disciplina degli avvocati della Corte d’Appello in Milano, cui compete anche la presidenza dell’Ordine (16). L’incarico è di prestigio e di potere, nonché indice della stima dei colleghi e di un ottimo rapporto con gli organi di governo, come attestano il processo di nomina e la natura dei compiti assegnati: in ottemperanza al titolo V del Decreto portante il regolamento sulla disciplina degli avvocati del 9 agosto 1811 (17), l’Ordine degli avvocati elegge un rosa di candidati, scelti fra i 2/3 dei membri più anziani, fra i quali il Regio procuratore generale presso la Corte di Appello competente nomina i consiglieri e il Presidente (18). Le attribuzioni del Con––––––––––

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(15) Cfr. la dettagliata ricostruzione in Zaghi, L’Italia di Napoleone, p. 240. (16) Cfr. Archivio di Stato di Milano (d’ora in poi ASMi); Atti di Governo, Studi parte moderna, cart. 51, Prospetto dell’operato delle Corti d’appello del Regno per la formazione degli Elenchi degli Avvocati a termini del Reale Decreto 9 agosto 1811. (17) Cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia, Milano 1811, parte II, pp. 813-829, spec. pp. 821-822. Sulle riforme napoleoniche per l’avvocatura italiana, scritte sulla falsariga della disciplina francese, di cui il decreto del 1811 rappresenta l’ultimo atto, cfr. F. Tacchi, Gli avvocati italiani dall’Unità alla Repubblica, Bologna 2001, pp. 32-34; Ead., Dalla Repubblica cisalpina alla Repubblica italiana, in A. Marchetti Gigli (a cura di), Avvocati a Milano, sei secoli di storia, Milano 2004, pp. 39-44; Tedoldi, “Occhiali pei litiganti,pp. 42-48; Acerbi, «Fare l’avvocato» nello «Stato di Milano», pp. 38-42; Parini Vincenti, Ad auxilium vocatus, pp. 62-74. (18) Cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia, Milano 1811, parte II, pp. 813-829, spec. pp. 821-822. La notorietà degli avvocati che affiancano Marocco nel Consiglio conferma l’importanza dell’incarico. Cfr. M.G. di Renzo Villata, Un avvoca-

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siglio sono descritte al titolo VI e comprendono poteri disciplinari nei confronti dei colleghi e dei praticanti, seppur sotto il controllo della Corte d’Appello, a cui è lasciata la decisione finale per le sanzioni più severe (19), e la regolamentazione della difesa per gli indigenti (20). Seppur brevemente, non si può non rilevare la contraddizione presente nel sistema: l’Ordine e il Consiglio sono composti da avvocati, con un’apertura a forme di autogoverno della categoria, ma la nomina del Consiglio spetta alla magistratura, cui compete anche il potere disciplinare nei casi più gravi (21). Tale contrasto, ovviamente, non risulta nella Dissertazione per l’eseguimento del decreto di S.A.I. il Vice Re d’Italia del 9 agosto 1811, redatta da Carlo Marocco nel 1812 con intenti celebrativi del ceto forense e di Napoleone, «quell’essere quasi divino», che viene accostato, non senza riferimenti eruditi, agli imperatori romani (22). Mentre nel ‘piccolo mondo’ dell’avvocatura ambrosiana Marocco raggiunge l’apogeo della carriera, Napoleone indirizza verso una strada sventurata il suo Impero: dalla campagna di Russia si dipana un filo rosso che porta fino alla riconquista austriaca della Lombardia nell’aprile del 1814 che, tornando al ‘piccolo mondo’ che qui interessa, porterà al declino anche il celebre civilista. Il ritorno degli Asburgo, dannoso per l’intera categoria a causa dell’irrigidimento del controllo statale sulla professione e dell’ intro––––––––––

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to lombardo tra Ancien régime «modernità»: Giovanni Margarita, in Avvocati e avvocatura, pp. 448-449. (19) L’intervento della magistratura è obbligatorio in caso di esclusione o cancellazione dall’Ordine. Cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia, Milano 1811, parte II, pp. 824-825. (20) Cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia, Milano 1811, parte II, pp. 822-825. (21) Approfondite riflessioni in tal senso in C. Storti, Avvocati milanesi tra Austria e Italia, in Avvocati e avvocatura, pp. 280-281, anche in Sapere accademico e pratica legale, pp. 361-362. (22) Si veda C. Marocco, Dissertazione per l’eseguimento del decreto di S.A.I. il Vice Re d’Italia del 9 agosto 1811, Milano 1812. Nonostante gli interessanti richiami al mondo greco e romano intorno alle prime forme di associazioni fra avvocati e ai legami fra i giuristi e gli uomini di potere, le continue forme di piaggeria nei confronti dell’Imperatore rendono lo scritto poco piacevole.

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duzione di codici processuali fortemente limitanti per l’avvocato (23), avrà conseguenze particolarmente nocive per il Nostro: prima ancora che possa subire effettivamente i limiti imposti alla difesa tecnica dal nuovo processo civile (24), Carlo Marocco è sottoposto al vaglio del Senato Lombardo Veneto per le sue simpatie politiche, sorvegliato per la partecipazione ai moti del 1821, accusato di correità (25) in una truffa ai danni dell’I.R. Lotto nel 1822 e, infine, radiato dall’albo il 24 dicembre 1823 (26), nonostante non si arrivi mai a dimostrare la fondatezza delle accuse (27). ––––––––––

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(23) Sulla situazione del ceto forense milanese dopo il 1814 mi permetto di rinviare al mio L’avvocatura lombarda nell’età della Restaurazione. Un ceto in assoluto declino?, Milano 2012, spec. pp. 26-71. (24) Il Regolamento generale del processo civile pel Regno Lombardo-Veneto entra in vigore il 1° gennaio 1816 insieme agli altri codici austriaci. Cfr. Raccolta degli atti del governo e delle disposizioni generali emanate dalla diverse autorità in oggetti sia amministrativi che giudiziari, Milano 1815,Vol. I, parte I, p. 711. (25) Per una recente disamina dell’evoluzione di questa figura di reato si vedano i contributi in R. Sorice (a cura di), Concorso di persone nel reato e pratiche discorsive dei giuristi. Un contributo interdisciplinare, Bologna 2013. (26) Cfr. ASMi, Senato Lombardo Veneto del Supremo Tribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cartt. 102, pp. 1961-1963 e 103, p. 3129 e fondo Presidenza di Governo, cart. 79. Un passato come quello del Nostro avrebbe determinato un’accorta sorveglianza delle autorità austriache in ogni caso, ma non si può ignorare che l’attenzione verso la poco amata avvocatura era maggiore rispetto a quella rivolta ad altre categorie. L’invasività del controllo politico, giudiziario e poliziesco messo in opera con grande solerzia anche quando vi erano indizi di pericolosità assai più tenui rispetto al caso in esame, è una delle cause della mancata formazione di un vero e proprio ceto forense nella regione e rende impensabile l’accostamento dell’aggettivo ‘libera’ a quella che dovrebbe rappresentare la ‘libera professione’ per eccellenza. In argomento Cfr. Storti, Avvocati milanesi, pp. 291-302; N. Raponi; Il Regno Lombardo-Veneto (1815-1859/66), in Amministrazione della giustizia e poteri di polizia dagli stati preunitari alla caduta della destra, Roma 1986, pp. 149-152; i miei L’avvocatura lombarda nell’età della Restaurazione, spec. pp. 191-193; Professione forense e controllo politico nel Lombardo-Veneto, in Archivio storico lombardo, 136 (2010), pp. 97-143, volto a ricostruire la rigidità del controllo attraverso le carte del fondo Presidenza di Governo dell’Archivio di Stato di Milano, in cui si trova la corrispondenza segreta fra la Presidenza del Governo e l’I.R. Direzione di polizia. (27) Nonostante Carlo Torresani (sul quale cfr. P. Pedrotti, Contributo alla biografia di Carlo Giusto Torresani, in Lombardia nel Risorgimento italiano, 16 (1929), pp. 3-55) nell’agosto del 1822 raccomandasse ai suoi subalterni «di istituire possibilmente una rigorosa sorveglianza, inosservata e però clandestina» (ASMi, Presidenza di Governo, cart. 54) e le falle del sistema garantistico del processo penale del Codice del 1803,

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Il ruolo centrale affidato al Marocco dai cospiratori lombardi, fra cui figurano membri della nobiltà e professionisti di primo piano, nel 1821, conferma, ancora una volta, la stima di cui godeva presso i concittadini, ma certo non giova alla sua, già negativa, reputazione presso gli Asburgo (28). ––––––––––

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non emerge nulla che possa condurre alla condanna dell’avvocato. Per un approfondimento sui profili istituzionali e sulle modalità operative della polizia austriaca nel Regno cfr. L. Rossetto, Il commissario distrettuale nel Veneto asburgico. Un funzionario nell’Impero tra mediazione politica e controllo sociale (1819-1848), Bologna 2013; S. Mori, L’impianto della polizia comunale in Lombardia nella cultura istituzionale e nella pratica amministrativa, in S. Mori-L. Tedoldi (a cura di), Forme e pratiche di polizia del territorio nell’Ottocento preunitario, Soveria Mannelli 2011, pp. 121-133; Ead., La polizia fra opinione e amministrazione nel Regno Lombardo-Veneto, in Società e Storia, 105 (2004), pp. 559-601, cui si rinvia anche per una bibliografia più ampia sull’organizzazione del controllo sia nell’Impero sia negli altri stati preunitari, cui fanno riferimento anche gli scritti in L. Antonielli (a cura di), La polizia in Italia nell'età moderna: seminario di studi, Messina, 26-27 febbraio 1998, Soveria Mannelli 2002 e in Amministrazione della giustizia e poteri della polizia, fra i quali Raponi, Il Regno Lombardo Veneto, pp. 91-164. All’interno della vasta bibliografia sulla parte processuale del Codice penale di Francesco I, mi limito qui a rinviare a L. Garlati, Il volto umano della giustizia. Omicidio e uccisione nella giurisprudenza del Tribunale di Brescia (1831-1851), Milano 2008, pp. 48-111 Ead., Nella disuguaglianza la giustizia. Pietro Mantegazza e il codice penale austriaco, Milano 2002; i saggi in G. Chiodi-C. Povolo (a cura di), Amministrazione della giustizia penale e controllo sociale nel Regno Lombardo-Veneto, Sommacampagna 2007; E. Dezza, Il nemico della verità. Divieto di difesa tecnica e giudice factotum nella codificazione penale asburgica (1768-1873), in Riti, tecniche, interessi, pp. 18-26; Id., La legislazione penale asburgica e i processi politici del Lombardo-Veneto, in Bollettino storico mantovano, 2 (2003), pp.195213; Id., L’impossibile conciliazione. Processo penale, assolutismo e garantismo nel codice asburgico del 1803, in Codice Penale austriaco del 1803, rist. anast., Padova 2001, pp. CLV-CLXXVIII, anche in Id., Saggi di storia del processo penale nell’età della codificazione, Padova 2001, pp. 141-169; A. Cavanna, Storia del diritto moderno in Europa, le fonti e il pensiero giuridico, vol. II, Milano 2005, pp. 324-333; Id., Ragioni del diritto e del potere nel Codice penale austriaco del 1803, in Codice Penale austriaco, pp. CCXXXV-CCL, ora anche in Id., Scritti (1968-2002), pp. 1153-1169. (28) L’avvocato era stato indicato come candidato per il posto di vice presidente della giunta in predicato di guidare la città dopo la cacciata degli austriaci, o come responsabile degli affari interni. Cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 79. All’interno della vastissima bibliografia sui moti del ’20/’21, mi limito qui a rinviare ai fondamentali M. Meriggi, Il Regno Lombardo-Veneto, in Storia d’Italia diretta da G. Galasso, vol. XI, Torino 1987, ora in La grande storia di Milano, IV, Torino 2010, pp. 310-324; A. Grandi (a cura di), Processi politici del Senato Lombardo-Veneto 18151851, Roma 1976; C. Spellanzon, Il decennio 1820-1830. Dalla cospirazione liberale ai processi Pellico, Maroncelli e Confalonieri. La vita economica e culturale, in Storia di Milano, vol. XIV, Milano 1960, pp. 73-147.

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Più complessa e difficile da decifrare, anche per lacunosità e la dispersione del materiale archivistico conservatosi (29), la vicenda del coinvolgimento del Nostro nella truffa all’I.R. Lotto, un vero e proprio scandalo all’epoca (30). Carlo Marocco era in contatto con gli ideatori dell’ingegnoso meccanismo studiato per vincere (31), aveva alcuni debiti da ripagare (32) ed è l’autore di un articolato parere a difesa degli imputati principali (33), ma mancano le prove del suo effettivo coinvolgimento, tanto che rimane il dubbio in chi scrive che l’accusa ––––––––––

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(29) Le sentenze pronunciate in questi anni a Milano sono andate perse; i fondi Tribunale di prima istanza di Venezia e Tribunale di appello generale, 1815-1871, collocati nella sede sussidiaria della Giudecca dell’Archivio di Stato di Venezia non sono al momento consultabili; nei fondi Polizia 1823 e Governo veneto 1813-1849 conservati nella sede di Campo dei Frari dell’Archivio di Stato di Venezia non vi è traccia della vicenda, quindi l’iter processuale è ricostruibile solo indirettamente attraverso i fondi Presidenza di Governo e Senato Lombardo-Veneto dell’Archivio di Stato di Milano. Il protocollo delle delicate indagini milanesi si deve al fidato impiegato Giuseppe Fedele, estensore anche delle carte relative ai processi a Maroncelli e Pellico. Cfr. F. Rossi, Il cattivo funzionario. Fra responsabilità penale, amministrativa e disciplinare nel Regno lombardo-veneto, Milano 2013, pp. 160-161. (30) «Tra queste frodi è celebre quella seguita nel principio del reggimento» si legge in C.I. Petitti di Roreto, Del giuoco del lotto considerato nei suoi effetti morali, politici ed economici, opera postuma preceduta da una notizia della vita e degli studi dell’autore del Prof. P.S. Mancini, Torino 1852, p. 186; l’intera vicenda è riportata in D. Isella (a cura di), C. Dossi, Note azzurre, Milano 1964, p. 425; in A. Comandini, L’Italia nei Cento Anni del Secolo XIX giorno per giorno illustrata – 1801-1825 – , pp. 1170-1174 e 1206, 1210, 1214, 1218. (31) Il sistema elaborato da Francesco Azzimonti e complici era semplice ed efficace in quanto sfruttava una falla del sistema: i numeri erano estratti a Bergamo ed era consuetudine della ricevitoria di Milano chiudere le giocate un’ora dopo, un tempo sufficiente per ottenere la giocata vincente dalla città orobica, adottando alcuni stratagemmi. Quello scelto in questo caso prevedeva l’esposizione di grandi lenzuoli con le cifre in alcuni punti strategici in modo da riuscire a leggerli da Milano con pochi passaggi intermedi. Cfr. i resoconti in ASMi, Presidenza di Governo, cart. 62. L’artificio è descritto anche in Comandini, L’Italia nei Cento Anni, p. 1172. Francesco Azzimonti era in contatto col Nostro già da diversi anni, come dimostra un atto del 1812 conservato alla Biblioteca del Dipartimento di Diritto Privato e Storia del diritto dell’Università Statale di Milano (d’ora in poi DDPSDMi), segn. 67.IX.C.67.18. (32) Le carte non lasciano dubbi in proposito, seppure non consentano di quantificarne l’ammontare. Cfr. in particolare le relazioni di Torresani in ASMi, Presidenza di Governo, cart. 62. (33) C. Marocco, Sul fatto della rilevante vincita fatta al Lotto di Milano nel giorno 15 maggio 1822, Ginevra 1822. Lo scritto è stampato da Francesco Azzimonti.

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nasca più dalla frustrazione delle autorità lombarde per la mancanza di prove sufficienti per procedere con l’arresto nelle indagini sui moti e dall’atteggiamento tentennante di alcuni Senatori in merito all’esclusione dall’avvocatura, piuttosto che da un vero e proprio filone di indagine. A conferma della tesi, dopo un lungo e controverso iter processuale, strettamente intrecciato con le sedute del Senato LombardoVeneto in cui si discute se conservare il Marocco nell’albo degli avvocati e con i rapporti di polizia sul suo comportamento, il 19 luglio 1823 il Tribunale di appello di Venezia assolve il Nostro (34) per difetto di prove legali (35). ––––––––––

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(34) In sintesi: il 7 giugno 1822, mentre si svolgono le indagini sui moti del ’21, si ha il primo arresto di Carlo Marocco per il presunto coinvolgimento nella truffa; nel giugno seguente egli e Azzimonti sono assolti, ma neanche due mesi dopo Carlo Torresani chiede ai suoi inferiori di aumentare la vigilanza; il 12 febbraio del 1823 la polizia riapre le indagini con conseguente fuga a Lugano dell’Avvocato, che rientrerà nel Regno solo l’11 maggio, dopo che il Senato ha trasferito il processo a Venezia (29 marzo) in seguito a motu proprio del governo che annulla la sentenza milanese di proscioglimento. Il 12 maggio Carlo Marocco subisce un primo interrogatorio sui motivi del viaggio, il 3 giugno un secondo, mentre procedono le indagini veneziane, che portano ad un ordine di arresto il 23 giugno, prontamente e, oserei dire, felicemente eseguito della polizia ambrosiana. Proprio il giorno seguente il Senato discute del futuro di diversi avvocati lombardi, invisi al regime principalmente per motivi politici, fra cui il Nostro e, stante le divisioni interne, si decide di rimandare la decisione in attesa di notizie da Venezia, cui farà seguito l’esclusione dall’avvocatura il 24 dicembre. Cfr. ASMi, Senato Lombardo-Veneto del supremo tribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cart. 102, pp. 1420-1422 e pp. 1961-1963; Presidenza di Governo, cart. 54, 62 (specificatamente per l’accusa di truffa) e 79. (35) Sul rigoroso sistema probatorio dell’inquisitorio processo del Codice del 1803 e le difficoltà incontrate dai giudici per raggiungere prove sufficienti a condannare o assolvere cfr. P. Rondini, Ex sententia animi tui. La prova legale negativa nell’età della codificazione, Milano 2012, pp. 241-248; L. Garlati, Quando il diritto si fa giustizia: il ruolo del magistrato penale nel Regno Lombardo-Veneto, in Acta Histriae, 17.3 (2009), pp. 491-504; Ead., Il volto umano della giustizia, pp. 119-149; G. Chiodi, Il fascino discreto del libero convincimento. Per un identikit del giudice penale lombardo-veneto e P. Rondini, In dubio pro reo? La prassi giudiziaria dell’arbitramento degli indizi nel Regno Lombardo-Veneto, in Amministrazione della giustizia penale, rispettivamente pp. 6-59 e 93150; A.A. Cassi, Negare l’evidenza e aver salva la vita. Codice penale e tribunali speciali nei processi contro la carboneria bresciana, in P. Caroni-E. Dezza (a cura di), L’ABGB e la codificazione asburgica in Italia e in Europa. Atti del Convegno Internazionale Pavia, 11-12 ottobre 2002, Padova 2006, pp. 317- 338. Interessanti anche le considerazioni in M.

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L’esito della vicenda testimonia, altresì, che nonostante lo sforzo profuso dal Marocco per dimostrare l’irrilevanza penale e civile del fatto, a ben vedere più con la dialettica che tramite sottili argomentazioni giuridiche, la sua versione non viene accolta: egli cerca di dimostrare che il combinato disposto del § 1274 dell’ABGB, dei paragrafi della Sovrana patente del 22 giugno 1817, e del capo Della truffa del Codice penale (36) esclude ogni forma di responsabilità in quanto il sistema usato per scoprire i numeri vincenti prima della giocata di Milano (37) rappresenta «l’arte, non l’artificio, la desterità, non la frode», quindi manca uno degli elementi essenziali per la configurazione del reato di truffa a norma del § 176 del Codice, ‘l’inganno’ (38). Que––––––––––

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Bellabarba, Il giudice come ispettore: Antonio Mazzetti e la “visita” ai tribunali lombardi (1822-1823), in Acta Histriae, 17.3 (2009), pp. 421-422, basate sulle opinioni raccolte da Antonio Mazzetti fra i magistrati lombardo-veneti. (36) Per espressa previsione del § 1274 del Codice civile, il lotto non rientra fra i Contratti di sorte, ma deve essere regolato da una norma apposita, che per il Regno è promulgata nel giugno del 1817 nel rispetto della tradizione locale; la legge, a sua volta, al § 14 contiene un rinvio al capitolo XXIV del Codice penale per i reati di falso. La Sovrana Patente si legge in Raccolta degli atti del Governo e delle disposizioni generali emanate dalle diverse autorità, Milano 1817, Vol. I, parte II, pp. 154-164. Per una descrizione di questa disciplina, incentrata sugli aspetti politico-sociali, ma non priva di riferimenti giuridici, cfr. E. Saurer, A proposito di disciplinamento dei desideri: il gioco del lotto nel lombardo-veneto, in Società e storia, 6.21 (1983), pp. 566-587. Per uno sguardo più ampio sull’affascinante storia del lotto, perennemente sospeso fra i tentativi di soppressione per l’amoralità e la dannosità sociale, e la tenace resistenza dei giocatori e del fisco, unico vero vincitore, cfr. G. Assereto, Un giuoco così utile ai pubblici introiti. Il lotto di Genova dal XVI al XVIII secolo, Roma 2013; G. Ortalli, Barattieri. Il gioco d’azzardo fra economia ed etica. Secoli XIII-XV, Bologna 2012, pp. 198-203; M. Zollinger, Entrepreneurs of Chance. The spread of lotto in XVIII century Europe, in Ludica, 12 (2006), pp. 81-99, tutti editi in Ludica: collana di storia del gioco. Per un quadro sulla disciplina nell’Italia della Restaurazione, che avrà poi notevoli ripercussioni sulle scelte del legislatore unitario, cfr. F. Tardiola, Una questione di moralità: il dibattito sul gioco del lotto in Italia tra Otto e Novecento, in G. Imbucci (a cura di), Mercato ed etica del gioco pubblico, Venezia 2002; pp. 157-174; P. Macry, Giocare la vita. Storia del lotto a Napoli tra Sette e Ottocento, Torino 1997; A. Repaci, Teoria e pratica del giuoco del lotto in Italia negli ultimi tre quarti di secolo della sua istituzione, in Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, s. II, 70.2 (1941), pp. 175-221; L. Nina, La teoria del lotto di stato, Torino 1905; Petitti di Roreto, Del giuoco del lotto, passim (il Lombardo-Veneto è trattato alle pp. 155-190), Torino 1853. (37) Cfr. supra nota 31. (38) E’ presente invece il ‘danno’. Cfr. Marocco, Sul fatto della rilevante vin-

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sto postulato rende superfluo un complesso ragionamento, adatto alla «penna di qualche dotto, ed acuto criminalista» (39), sulla natura e l’estensione del richiamo del § 14 della Sovrana patente del 1817 ai paragrafi del Codice relativi alle qualità del fatto e del danno necessarie perché vi sia un delitto, anziché una grave trasgressione di polizia, con le relative pene (40). Risolta la questione penale, egli si sofferma brevemente sui rapporti fra lottista/acquirente/portatore del biglietto sotto il profilo contrattuale: il rinvio del § 1274 dell’ABGB alla disciplina speciale dimostra l’irrilevanza del rapporto fra il lottista e l’acquirente per il portatore del biglietto (41). Date queste premesse, egli conclude, non si può ipotizzare un obbligo di dichiarare l’origine biglietto nei confronti di chi si reca a ritirare una vincita: non vi è una giustificazione che derivi dalla rilevanza penale del fatto; la patente a cui il Codice civile delega in toto la disciplina prevede l’esatto contrario (42). Il desiderio di allontanare un uomo sedizioso da una professione considerata dagli austriaci di per sé pericolosa (43), la paura che im––––––––––

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cita, pp. 3 e 8; per un’interpretazione più rigida sulla valutazione del comportamento mirato ad approfittare dell’errore o dell’ignoranza altrui cfr. A. Albertini, Del diritto penale vigente nelle provincie lombardo venete, Venezia 1824, vol. II, pp. 286-318. Il testo del § 176 del Codice dei delitti e delle gravi trasgressioni politiche, Milano 1815, parte I, prevede che «colui che con artificiose insinuazioni, od ingannevoli raggiri induce una altro in errore, per cui abbia qualcuno a soffrir danno nella sua proprietà, od in altri diritti, ovvero chi con quest’intenzione trae profitto dall’errore, o dall’ignoranza altrui, commette una truffa». Sulla tarda e laboriosa emersione del reato di truffa cfr. M. Sbriccoli, Truffa – Storia, in Enciclopedia del diritto, vol. XLV, Milano 1992, pp. 236-243, ora anche in Id., Storia del diritto penale e della giustizia. Scritti editi e inediti (1972-2007), vol. I, Milano 2009, pp. 355-372. (39) Marocco, Sul fatto della rilevante vincita, p. 2. (40) Il rinvio è ai §§ 178 lettera D, 180 lettera E, relativi alle qualità del fatto e del danno, e i §§ 181, 182, sulle pene applicabili. Raccolta degli atti del Governo, 1817, vol. I, parte II, pp. 157-158. (41) Marocco, Sul fatto della rilevante vincita, pp. 10-11. (42) Ibidem, pp. 11-12. (43) Significative in proposito le parole del consigliere aulico Mazzetti «non vi è cosa più inconsulta che lasciare in contatto col popolo un uomo, le cui sinistre affezioni politiche sono sì conosciute». ASMi, Senato Lombardo Veneto del Supremo Tribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cartt. 102, pp. 1962. Sull’intransigente Antonio Mazzetti cfr. Bellabarba, Il giudice come ispettore, pp. 411-416.

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pregna tutto il Regno di Francesco I nei confronti delle sommosse e la strana vicenda della correità nella truffa all’I.R. Lotto si fondono tutte insieme nella storia in maniera così viscerale che risulta difficile comprendere il peso delle singole componenti nella drastica scelta di escludere Carlo Marocco dalla professione. Di certo le carte trasmettono un forte desiderio della polizia e del Governo di punire l’Avvocato (44), cui si accompagna la volontà di alcuni consiglieri aulici di escluderlo dalla professione (45), esclusione che risulta molto più semplice dopo la vicenda del lotto, nonostante l’assoluzione. Non importa il dato processuale, gli austriaci credono nella colpevolezza, fra l’altro altamente probabile, almeno per la carboneria, di Carlo Marocco e agiscono di conseguenza, con l’effetto che uno dei più abili civilisti della Milano napoleonica, nonché il primo avvocato ad aver guidato l’Ordine ambrosiano, solo dodici anni dopo aver raggiunto l’apice della carriera, viene escluso dall’esercizio della professione. È interessante notare, prima di concludere, che nonostante tutto alcuni colleghi tengono ancora in considerazione le capacità del Nostro: nel 1832 egli è chiamato dall’illustre avvocato e amico Giovanni Margarita a stendere un delicato parere pro veritate a difesa delle pretese ereditarie di Giuseppina Cotta Morandini, figlia del magistrato Giuseppe, dietro lauto compenso (46). L’abilità professionale di Carlo ––––––––––

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(44) La pressione trasmessa dagli organi di polizia lombardi è tale che il l’appello veneto, in una missiva del 17 maggio 1823, raccomanda di non fare «altro passo, non permesso per avventura dall’imperante Codice penale». Cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 54. Sul conflittuale rapporto fra magistratura e polizia cfr. Raponi, Il Regno Lombardo Veneto, p. 119; Meriggi, Il Regno Lombardo-Veneto, p. 311; il mio Professione forense e controllo politico, p. 103; l’intervento di Loredana Garlati in Mori-Tedoldi (a cura di), Forme e pratiche di polizia del territorio; pp. 303-307; Rossetto, Il commissario distrettuale, pp. 299-408, in cui sono presenti numerosi casi d’archivio. (45) I verbali in ASMi, Senato Lombardo Veneto del Supremo Tribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cart. 102, pp. 1961-1963 e cart. 103, pp. 3129 sono chiari in proposito. (46) Il parere non verrà poi utilizzato per il timore che la presenza della firma di un giurista escluso dall’esercizio della professione possa irritare Giuseppe Cotta Morandini. L’intera vicenda è analizzata in di Renzo Villata, Un avvocato lombardo, pp. 454-459. Cenni anche in Belloni, L’avvocatura lombarda, pp. 89-90; 95-96; 146147. I documenti attinenti alla controversia sono conservati in DDPSDMi, segn.

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Marocco non può evitarne la caduta, anzi lo rende ancora più pericoloso occhi delle autorità austriache, ma gli consente di salvare almeno la reputazione e la stima dei colleghi.

Tracce dell’attività professionale: le allegationes e i pareri della raccolta Margarita.

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È possibile ricostruire l’attività professionale di Carlo Marocco grazie a una base documentale abbastanza ampia: si conservano infatti, all’interno della raccolta di allegationes iuris della Biblioteca del Dipartimento di Diritto privato e Storia del diritto della Statale di Milano (47), più di cinquanta atti redatti dal Nostro, da solo o con illustri colleghi, fra il 1791 e il 1832. Dal Ducato alla Cisalpina, dal Regno d’Italia al Lombardo-Veneto egli opera senza sosta, anche dopo l’esclusione dall’avvocatura, attraversando regimi giuridici fra loro assai distanti che, spesso, nel sovrapporsi si contrappongono imponendo al difensore un notevole sforzo per conciliarli nella maniera più favorevole al cliente. E anche quando la sovrapposizione non è dettata dalla necessità, rimane l’abitudine a riferirsi alle fonti di antico regime, fino al termine della dominazione austriaca. Gli studi svolti fino ad ora sulla ricca raccolta hanno evidenziato la continua ricerca di un equilibro fra l’inveterata tradizione, fatta di argomenti basati sulle leggi e sulle autorità, e la novità, data dal ragionamento autonomo fondato sulla logica giuridica, oltre al bisogno di far fronte al rapido succedersi degli ordinamenti: come è naturale, alcuni avvocati riescono a realizzare il delicato dosaggio e cavalcare i mutamenti, altri si perdono (48). Quel che si intende qui mettere in ––––––––––

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67.XI.B.46.58-70. Sul parere dell’avvocato Marocco cfr. infra nota 82 e ss. e testo corrispondente. (47) Sulla preziosa fonte, parte integrante della Biblioteca dell’avvocato Giovanni Margarita, donata alla neonata Università degli studi nel 1930 da Ferruccio Bolchini, si veda di Renzo Villata, Un avvocato lombardo, pp. 425-426; Ead., L’arte del difendere, pp. 1-18. (48) Un studio a tutto tondo è offerto dai saggi in di Renzo Villata (a cura

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luce sono le peculiarità del modus operandi di Carlo Marocco, uno dei «sommi avvocati» della Milano napoleonica (49), in cui si collocano la maggior parte degli suoi atti (50). La capacità di districarsi fra sistemi giuridici diversi e di utilizzarli contemporaneamente nella redazione delle difese, grazie a una profonda conoscenza delle fonti combinata a una notevole facilità di scrittura, che emerge dalle pagine di Marocco, è degna di nota, si che nonostante le alte aspettative derivanti dalla fama coeva del Nostro, non si rimane delusi. Lo sforzo del giurista per ricondurre le fonti a un’interpretazione favorevole al cliente attraverso un ragionamento nuovo che coinvolge l’insieme di norme applicabili e le auctoritates che egli ritiene utile inserire porta sovente a felici esiti. Tale abilità emerge soprattutto nei numerosi atti in materia di diritto delle persone e di famiglia, fra i quali dominano le questioni successorie: la rapida evoluzione della materia e gli interessi in gioco danno ragione dell’elevata incidenza nel complesso, come della loro attitudine a far emergere le doti del difensore (51). ––––––––––

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di), L’arte del difendere, con particolare riferimento al saggio introduttivo della curatrice, spec. pp. 19-27 per i riflessi della disciplina processuale sulle allegationes e pp. 27-117 per il contenuto. Per uno approfondimento sugli atti redatti dal proprietario originario della collezione, si rinvia a di Renzo Villata, Un avvocato lombardo, pp. 473506; le carte dell’età della Restaurazione sono analizzate nel mio L’avvocatura lombarda, pp. 121-190. (49) Cfr. Marocco, Difese criminali, p. 2. (50) Circa il 75% degli atti a firma Carlo Marocco è scritto fra il 1800 e il 1814. (51) Per uno sguardo alle problematiche di diritto di famiglia nell’intera raccolta cfr. di Renzo Villata, L’arte del difendere, pp. 66-73 e, nello stesso volume, C. Valsecchi, Famiglia allargata, famiglia in conflitto: quali diritti per i figli? Avvocati e difesa dei minori nella Milano di primo Ottocento, pp. 165-284; C. Danusso, Testamenti nulli e eredità contese nella prassi forense lombarda tra ancien régime e codificazione, pp. 285-360; A. Santangelo Cordani, Nobiltà e fedecommessi di famiglia nelle difese lombarde tra antico regime e codici, pp. 361-434. Per un’efficace sintesi dell’evoluzione della materia cfr. P. Passaniti, Diritto di famiglia e ordine sociale. Il percorso storico della “società coniugale” in Italia, Milano 2011, pp. 42-119; M.G. di Renzo Villata, Persone e famiglia nel diritto medievale e moderno, in Digesto delle discipline privatistiche, vol. XIII, pp. 470-492 e 505-526; A. Romano, Famiglia, successioni e patrimonio familiare nell’Italia medievale e moderna, Milano 1994, pp. 11-85; i più risalenti, ma sempre fondamentali, G. Vismara, Il diritto di famiglia in Italia dalle riforme ai codici:

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Marocco si trova più volte a scrivere attorno all’interpretazione di testamenti redatti sotto la vigenza di una normativa oramai cessata (52) e di successioni intestate apertesi con la medesima problematica (53); alla destinazione di fedecommessi istituiti nel XVII e XVIII secolo (54); alla nullità di testamenti (55), ma in questo quadro non mancano controversie uniche nel loro tema altrettanto rappresentative del suo modus operandi. Nel 1811 egli difende un sacerdote che ritiene di essere stato ingiustamente interdetto nel 1801 su richiesta dei famigliari (56); nel 1812, in un contesto rovesciato rispetto a quello usuale, tutela gli interessi di un giovane emancipato nel 1790 dalle pretese paterne sui beni acquisiti dall’ingegnoso figlio (57); nel 1813 affronta la questione ––––––––––

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appunti, Milano 1978 e P. Ungari, Il diritto di famiglia in Italia dalla Costituzioni “giacobine” al Codice civile del 1942, Bologna 1970, pp. 33-122. (52) Fra le altre, cfr. DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.25-26-28-32, relativa al senso da darsi alla formula salvo il legale usufrutto competente al genitore, nel momento in cui questa forma di usufrutto è abolita ex art. 384 del Codice civile; DDPSDMi, segn. 67.XI.C.66.16 in cui la parte difesa esige la legittima, nonostante la dote; DDPSDMi, segn. 67.XI.C.67.30 in cui il Nostro si trova a interpretare diversi testamenti di quattro fratelli, e successive convenzioni, redatti fra il 1802 e il 1814; DDPSDMi, segn. 67.XI.C.80.25 attorno all’istituzione di erede nel 1788 della moglie defunta del cliente, su cui si veda di Renzo Villata, Un avvocato lombardo, pp. 476-478. (53) Ad esempio in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.64.4-6 si discute attorno a una successione aperta nel 1787 nel Regno di Sardegna e l’esclusione delle femmine; in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.64.17 la questione verte su un successione aperta 1779 in territorio veneto. (54) Cfr., fra le altre, DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.4 (l’intera vicenda è analizzata in Santangelo Cordani, Nobiltà e fedecommessi, pp. 386-394). La materia è trattata con ampio corredo di auctoritates anche nelle Osservazioni per gli exfeudatari de’ monti liguri, redatta nel periodo della Repubblica ligure a tutela del diritto di proprietà degli ex feudatari e conservata nella Biblioteca Patetta dell’Università degli Studi di Torino. (55) Casi in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.57.14 in cui si verte attorno alla sopravvenuta nullità di un testamento reciproco per la nascita di figli (la vicenda è analizzata in Danusso, Testamenti nulli e eredità contese, pp. 329-332); in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.66.9 in cui si discute sul rispetto delle formalità degli artt. 972 e 977 del Codice napoleonico per la validità di un testamento. (56) DDPSDMi, segn. 67.XI.C.62.10; seppur in un contesto diverso, legato alla revocabilità di un contratto di vendita, la problematica dell’interdizione emerge anche in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.56.45. (57) DDPSDMi, segn. 67.XI.C.68.27e 29.

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dei diritti di una vedova su una proprietà acquisita in comproprietà col marito durante l’ancien régime, nell’interesse della prole (58). Nonostante talune, ovvie, differenze, nelle allegationes menzionate ricorrono alcune tecniche costanti: innanzitutto Carlo Marocco conserva l’abitudine di citare con assiduità il Corpus iuris giustinianeo per tutto il periodo della sua attività forense, a prescindere dai mutamenti normativi, richiamandolo senza il corredo del diritto comune classico, secondo una tendenza diffusa, ma con un buon apparato di riferimenti a giuristi del tardo diritto comune. Sotto questo profilo il Nostro si discosta in parte dalla prassi dei colleghi, meno inclini a inserire i nomi del passato nelle loro difese. Nella maggior parte delle occasioni egli procede con pochi rinvii, mirati e pertinenti, talvolta invece, secondo una consuetudine oramai cessata, scrive atti sovrabbondanti di citazioni (59). Giovanni Battista De Luca, soprattutto con il Theatrum veritatis et iustitiae (60) – ma non mancano i riferimenti a Il dottor volgare – è l’autore più presente (61); ma troviamo richiami ripetuti anche ai piemontesi Tommaso Maurizio Richeri (62) e Antoine Favre (63); a ––––––––––

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(58) DDPSDMi, segn. 67.XI.C.81.32. (59) Esempio paradigmatico in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.80.25. La controversia è analizzata in di Renzo Villata, Un avvocato lombardo, pp. 476-478, partendo dalle difese di Giovanni Margarita, avvocato di Costanza Visconti, che nella complessa vicenda umana e processuale si ritrova ad essere controparte di Giuliano Baronio e sua moglie, nonché ex cognata. (60) Solitamente sono richiamati i singoli discursus attraverso il numero e il titolo. Cfr., ad esempio, DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.4, in cui si ricorre al n.7, De fideicommissi; DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.25, p. 1v; DDPSDMi, segn. 67.XI.C.80.25 in più punti. (61) Si veda il recente I. Birocchi-E. Fabbricatore, De Luca, Giovanni Battista, DBGI, vol. I, pp. 685-689; sull’ampiezza del suo utilizzo nelle allegationes della raccolta cfr. di Renzo Villata, L’arte del difendere, p. 96. (62) Cfr., come campioni, DDPSDMi, segn. 67.XI.60.4, in più punti, in materia di fedecommesso e primogenitura e DDPSDMi, segn. 67.XI.66.16, pp. 5-6, sul divieto di interpretazione analogica degli statuti. Sul giurista piemontese cfr. C. Bonzo, Richeri. Tommaso Maurizio, in DBGI, vol. II, pp. 1688-1689. (63) Cfr. DDPSDMi, segn. 67.XI.60.4. Sul ‘conteso’ giurista Antoine Favre e i suoi lavori si vedano le voci J. Krynen, Favre Antoine (FaberAntonius), in DBGI, vol. I, pp. 826-828 e B. Barbiche, in P. Arabeyre-J-L. Halpérin-J. Krynen (sous la

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Filippo Decio (64); e a Paolo Politi (65); vi sono inoltre rinvii alla Scuola culta (66), in particolare a André Tiraqueau, Jacques Godefroy, Jacques Cujas (67); all’illustre rappresentante della scuola elegante olandese Johannes Voet, con i suoi Commentari ad pandectas, la cui interpretazione semplificante e pratica del diritto romano risponde bene alle esigenze degli avvocati (68), e qualche riferimento al fondatore del giusnaturalismo, Ugo Grozio, il cui De jure belli ac pacis è solitamente usato per argomentare a favore dei diritti successori di quei soggetti che erano maggiormente penalizzati dalla disciplina di ancien régime, come nel caso dell’usufrutto paterno sui beni del figlio di cui si discute nella causa di Giuseppe Giorgi Vistarini (69). Quando deve affrontare gli Statuti di Milano, Carlo Marocco, non diversamente da suoi colleghi, ricorre al commentario di Orazio Carpani (70), ma il suo utilizzo è minore rispetto a quello che ci si

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directione de) Dictionnaire Historique des Juristes Français (d’ora in poi DHJF), pp. 322-323. (64) Cfr. ad esempio DDPSDMi, segn. 67.XI.C.80.25, p. 4. Sull’autore si veda M.G. di Renzo Villata, Decio, Filippo, in DBGI, vol. I, pp. 729-731. (65) Si veda, fra gli altri, DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.4, p. 2v. L’autore delle Dissertationes selectiores, et tractatus, pur meno noto di altri, ricorre con frequenza nelle allegazioni lombarde attorno al diritto successorio, come emerge in Valsecchi, Famiglia allargata, famiglia in conflitto, p. 276; Danusso, Testamenti nulli e eredità contese, p. 327; Santangelo Cordani, Nobiltà e fedecommessi di famiglia, p. 384. (66) Sulla diffusione del mos gallicus nelle allegazioni lombarde cfr. di Renzo Villata, L’arte del difendere, pp. 96-97. (67) In DDPSDMi, segn. 67.XI.C.80.25, pp. 7-8 si trovano citati tutti insieme. Sugli autori si vedano le voci di J.-M. Augustin; A. Dufour; L. Winkel, in DHJF, rispettivamente pp. 742-743; 376-377; 220-222. (68) Esempi si trovano nella già menzionata causa fra Antonio e Giuseppe Giorgi Vistarini in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.23-36, in particolare 28, e in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.80.25, p. 9. Sull’autore cfr. R. Feenstra-C.D.J. Wall, Seventeeth-century leyden law professors and their influence in the development of the civil law. A study of Bronchorst, Vinnius and Voet, Amsterdam/Oxford 1975, pp. 35-44; G.C.J.J. Van Den Bergh, Die holländische Elegante Schule. Ein Beitrag zur Geschichte von Humanismus und Rechtwissenschaft in den Niederlanden 1500-1800, Frankfurt am Main 2002, spec. pp. 55-63. Sull’influenza di questo rappresentante della Scuola olandese cfr. I. Birocchi, Alla ricerca dell’ordine. Fonti e cultura giuridica nell’età moderna, Torino 2002, pp. 383-386. (69) Cfr. DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.28, p. 14. (70) Cfr. di Renzo Villata, Carpani, Orazio, in DBGI, vol. I, pp.462-463

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potrebbe legittimamente aspettare nell’esame degli atti di un avvocato milanese a cavallo fra Sette e Ottocento (71). Non si richiama di frequente la dottrina più recente proveniente dalla Francia. Quando vuole dare maggior peso al dettato codicistico, Marocco solitamente lo accosta al frammento di diritto romano portante lo stesso principio: così l’articolo 512 del Codice civile sulla cessazione dell’interdizione viene affiancato al titolo De curatore furiosi vel prodigi del Codice (72); i principi attorno alla vendita di eredità, espressi agli artt. 1696 e ss. sono fatti derivare dal titolo De ereditate vel actione vendita del Digesto e a quello De evictionibus del Codice (73). Rimane, quindi, l’impressione che l’avvocato sia convinto che l’esistenza di un determinato concetto giuridico nel diritto romano possa conferire alle sue argomentazioni un maggior valore rispetto alla citazione della dottrina d’Oltralpe (74). Altro strumento cui Marocco ricorre sovente quando affronta gli articoli del Codice sono i richiami alla giurisprudenza coeva, per la Francia realizzate attraverso la raccolta del Sirey (75), cui talora si af-

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(71) Esempi si trovano nella già più volte citata causa fra Antonio e Giuseppe Giorgi Vistarini in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.23-36. (72) Cfr. DDPSDMi, segn. 67.XI.C.62.10, p. 4r e C. 5.70.1. La corrispondenza fra i due dettati normativi è evidenziata anche nell’edizione del Codice civile di Napoleone il grande col confronto delle leggi romane del 1809, approvata dalla Direzione generale di pubblica istruzione e dal Ministero di Giustizia, tomo I, pp. 189-190. (73) Cfr. f. 18.4; C.8.44 e DDPSDMi, segn. 67.XI.C.70.23, p. 5 (74) I richiami al Corpus iuris civilis si ritrovano anche in altre materie: in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.68.29, p. 15 si assimila l’art. 1320 del Codice napoleonico al titolo De probationibus et praesumptionibus del digesto (D.22.3) per definire il valore delle parti meramente enunciative di un atto scritto; in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.61.17, p. 13 si affronta con il medesimo approccio una questione in materia di cosa giudicata. Su questa complessa causa in materia di domicilio e conseguente giurisdizione, che vede coinvolto il nostro insieme a Giuseppe Gambarana nel 1813, cfr. C. Storti, Le code Napoleon a-t-il voulu deroger a ces principes? L’ancienne jurisprudence e l’applicazione della disciplina del code Napoléon in tema di domicilio, in L’arte del difendere, pp. 119163. In argomento cfr. Altresì di Renzo Villata, L’arte del difendere, p. 112-114; Ead., La ‘métabolisation’ du droit nouveau en Lombardie entre culture autrichienne et culture français (fin XVIIIe-début XIXe siécle), in B. Coppein-F. Stevens-L. Wawlkens (eds.), Modernisme, tradition et acculturation juridique, Brussel 2011, pp. 203-206. (75) Esempi in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.26, p. 1r.; in DDPSDMi, segn.

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fiancano quelli alle corti di antico regime, che nella maggior parte dei casi consistono in meri cenni generici o indiretti, tramite il Répertoire de jurisprudence di Merlin, assai pratico da utilizzare grazie alla struttura per materia (76). Sotto questo profilo il Nostro non reputa necessario discostarsi dalle abitudini dei suoi contemporanei (77): evidentemente non ritiene che i richiami alla giurisprudenza di antico regime possano influire nell’esito del processo in maniera così consistente da giustificare approfondite ricerche. Gli spostamenti nel tempo alla ricerca delle norme e delle auctoritates più adatte alla redazione di uno scritto vincente non sempre sono sufficienti: l’origine dei documenti su cui si fondano le pretese giuridiche della parte, talvolta, costringe l’Avvocato a muoversi nello spazio, soprattutto nel confinante Piemonte. Le Costituzioni del 1770 sono richiamate, ad esempio, per stabilire le regole da applicarsi per una primogenitura derivante da un testamento redatto a Novara nel 1670 (78) e per valutare la possibilità di succedere, nonostante la dote, ad un nonno deceduto nel 1787, sempre a Novara (79). In queste occasioni Carlo Marocco ricorre in abbondanza all’ausilio della Universa civilis et criminalis jurisprudentia del Richeri e del Codex ––––––––––

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67.XI.C.66.9, p. 2v-3r; in DDPSDMi, segn. 67.XI.C.70.23, p. 10. Sull’importanza della pubblicazione in Francia cfr. A. Padoa Schioppa, Storia del diritto in Europa: dal medioevo all’età moderna, Bologna 2007, p. 500; L. Sinisi, Giustizia e giurisprudenza nell’Italia preunitaria. Il Senato di Genova, Milano 2002, p. 264. Sull’autore cfr. G.D. Guyon, Sirey, Jean-Baptiste, in DHJF, pp. 716-717. (76) Fra le altre, si veda DDPSDMi, segn. 67.XI.C.66.16, p. 8, in cui l’opera è usata per richiamare una pronuncia della Rota romana in materia di legittima. Del giurista francese non sono trascurate neanche le Questiones de droit, opera complementare e di sintesi. Su Merlin cfr. J.J. Clère, Merlin Philippe-Antoine, dit Merlin de Douai, in DHJF, pp. 559-561 e H. Leuwers, Un juriste en politique: Merlin de Douai (1754-1838), Arras 1996. L’importanza degli scritti di Merlin è sottolineata anche in R. Ferrante, Codificazione e cultura giuridica, Torino 20112, spec. p. 88. (77) Cfr. di Renzo Villata, L’arte del difendere, p. 93. (78) In DDPSDMi, segn. 67.XI.60.4 è richiamato il § 13, tit. II, lib. V, tomo II, che disciplina la successione di una primogenitura nel momento in cui viene meno la linea principale. Cfr. Leggi e costituzioni di sua Maestà, Torino 1770, p. 310. (79) In DDPSDMi, segn. 67.XI.64.4 si fa riferimento al tit. VII Della successione degli agnati e della esclusione delle femmine, lib. V, tomo II. Cfr. Leggi e costituzioni di sua Maestà, Torino 1770, pp. 333-337.

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Fabrianus, non ignorate anche in altre occasioni, così come prassi all’epoca (80). L’esame delle allegationes negli ambiti del diritto delle persone e di famiglia porta a concludere che il Nostro, rispetto ai colleghi, ha una predisposizione accentuata al ricorso diretto al diritto romano e una maggiore attenzione agli autori del tardo diritto comune, ma ciò non giustifica l’enorme differenza di risultato, se non si considera anche l’abilità nel combinare tutti gli elementi di cui dispone nella maniera a lui più congeniale e la fluidità di scrittura. Il parere redatto da Carlo Marocco nel 1832 a favore di Giuseppina Cotta Morandini (81) rappresenta la più evidente eccezione a quanto visto fino ad ora: per dimostrare che l’espressa previsione contenuta nella donazione materna di non voler pregiudicare i diritti ereditari di Giuseppina comporta la non imputabilità di tali somme nel computo della legittima, l’avvocato si limita a citare i paragrafi dell’ABGB dei capi Del diritto di eredità; Della porzione legittima e della collazione nella porzione legittima od ereditaria; Dell’acquisto di possesso dell’eredità: Delle donazioni (82), senza ricorrere neanche all’ausilio del commentario dello Zeiller, così caro ai suoi colleghi dopo l’entrata in vigore dell’ABGB (83). Sembra ragionevole supporre che la scelta sia stata dettata dalla presenza nella stessa controversia di un ricchissimo parere dell’avvocato Margarita, principale difensore della Cotta Morandini (84). Nonostante la preponderanza di atti nelle materie ora esaminate, le prove della capacità del Nostro di muoversi fra sistemi giuridici diversi, se necessario combinandoli fra loro, sono presenti altresì in altri ––––––––––

(80) Cfr. supra note 62-63 e testo corrispondente, nonché di Renzo Villata, L’arte del difendere, pp. 99-100 e, per un approfondimento su un avvocato milanese, ma di origine novarese, Ead., Un avvocato lombardo, p. 514. (81) Cfr. DDPSDMi, segn. 67.XI.B.46.47 e supra nota 46 e testo corrispondente. (82) Cfr. DDPSDMi, segn. 67.XI.B.46.45 e Belloni, L’avvocatura lombarda, pp.146-147. (83) Belloni, L’avvocatura lombarda, pp. 123-171. (84) Cfr. di Renzo Villata, Un avvocato lombardo, pp. 454-459 e Belloni, L’avvocatura lombarda, pp. 146-147.

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rami del diritto: nella causa instaurata nel 1808 fra Luigi e Pietro Martignoni e la Congregazione di Milano in punto di rescissione di un contratto di affitto per lesione enorme (85) egli, insieme al collega Margarita, per dimostrare che il pregiudizio, benché originario e derivante da un contratto d’affitto deliberato all’asta pubblica prima dell’introduzione del Codice di Napoleone, deve condurre alla rescissione del contratto afferma che la l. De contractu del titolo De rescindenda Venditione del Codice giustinianeo (86) «è applicabile tanto per intrinseca ragione della legge stessa, quanto per opinione comunemente ricevuta» anche ai contratti d’affitto (87). L’utilizzabilità delle regole d’equità nei contratti è fatta risalire alla l. Placuit del titolo De iudiciis del Codice (88) e al frammento Nam hoc natura del titolo De condictione indebiti del Digesto (89), a cui viene immediatamente accostato il pensiero di Portalis sulla vendita, senza un richiamo specifico (90); seguono anche dei riferimenti alla dottrina consolidata, nelle forti personalità di Jacques Cujas e Antoine Favre (91). A ciò si aggiunge, nella seconda parte dello scritto, un rinvio agli articoli 1677 e 1678 del Codice civile che regolano la prova della lesione (92). L’atto mostra altresì la tendenza razionalizzante di Carlo Marocco, espressa nel ricorso ai principi di logica giuridica, secondo un modo di procedere che va diffondendosi sempre di più con lo scorrere degli anni (93). Spunti interessanti emergono anche da una controversia del 1812 attorno alla cessione di un credito: Giorgio Straulino ha ceduto a ––––––––––

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(85) DDPSDMi, segn. 67.XI.B.46.2-5 e 7-11. (86) C. 4.44.2. (87) DDPSDMi, segn. 67.XI.B.46.10, p. 2. (88) C. 3.1.8 (89) D. 12.6.14. A conferma della ricorrenza di certi riferimenti, gli stessi richiami al Corpus Iuris sono utilizzati dal Nostro in una causa del 1797 fra la Municipalità di Milano e Francesco Zaccaria Lorini. Cfr. DDPSDMi, segn. 67.XI.B.49. 28. (90) DDPSDMi, segn. 67.XI.B.46. 10, p. 3. Sul principale artefice del Code civil si veda la voce di C. Deplanque, Jean-Étienne-Marie Portalis, in DHJF, pp. 634-636. (91) DDPSDMi, segn. 67.XI.B.46. 10, pp. 3-4. (92) Cfr. Ibidem, pp. 16-18; Codice civile di Napoleone il Grande pel Regno d’Italia, Milano 1806. (93) di Renzo Villata, L’arte del difendere, p. 89

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Francesco Azzimonti (94) un credito nei confronti del Ministero della Guerra, tacendo, secondo l’Avvocato, l’illiquidità dello stesso (95). Pur collocandosi l’intera controversia dopo l’entrata in vigore del Codice di Napoleone, di fianco ai rimandi al libro III, titolo VI, capo IV, sezione II, Della garanzia dei vizi per la cosa venduta, e capo VIII, Della cessione dei crediti e degli altri diritti incorporali, del Codice, il Nostro indica i titoli De ereditate vel actione vendita; De contrahenda emptione et de pactis inter emptorem et venditorem compositis et quae res venire non possunt; De actionibus empti et venditi del digesto (96) e De rescindenda venditione del Codice (97). Pochi mesi dopo il ritorno dell’aquila bicipite in Lombardia, Carlo Marocco è coinvolto in una complessa causa di diritto societario, in cui, nuovamente, emerge la sua versatilità (98). Per evitare al cliente la solidarietà in un debito contratto da una società, egli deve dimostrare che l’assistito non è socio, ma «mero partecipante d’altro de’ Soci» (99), una figura che analizza partendo dal titolo Pro socio del Digesto (100) per arrivare agli articoli 47 e 48 del Codice di commercio, che disciplinano le associazioni in partecipazione come fattispecie ulteriori rispetto alle tre forme di società (101), passando attraverso le opere degli specialisti Giuseppe Lorenzo Maria Casaregi (102) e JeanGuillame Locré (103), nonché dei già più volte nominati De Luca, Merlin e Voet: si tratta di uno degli scritti più complessi e articolati fra quelli lasciati dal Nostro (104).

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(94) Cfr. supra, nota 31. (95) DDPSDMi, segn. 67.XI.C.67.18. (96) D.28.15.4,5 e 7; D.18.1.45; D. 19.1.13. (97) C. 4.44.10 (98) DDPSDMi, segn. 67.XI.C.75.50 del novembre del 1815. (99) DDPSDMi, segn. 67.XI.C.75.50, p. 1. (100) D. 17.2.19 e 20. (101) Cfr. Codice di commercio di terra e di mare pel Regno d’Italia, Milano 1808, artt. 47 e 48. (102) Cfr. V. Piergiovanni, Casaregi, Giuseppe Lorenzo Maria, in DBGI, vol. I, pp. 475-477. (103) Cfr. J.-L. Halperin, Locré Jean-Guillame, in DHJF, p. 514. (104) Di grande pregio anche gli scritti avversari e la sentenza di primo gra-

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Le carte trasmettono, quindi, la storia di un avvocato che si destreggia con maestria fra i diversi sistemi giuridici che si succedono rapidamente nell’arco della sua avventurosa esistenza, con una spiccata propensione ad accostarli per formare una tesi favorevole al suo cliente, ma non solo: in un sistema in cui la descrizione dettagliata degli eventi occupa numerose pagine, spesso tendenti alla pedanteria, egli dimostra di sapere come tenere viva l’attenzione del giudice con una prosa semplice, ma pronta a elevarsi con l’uso della retorica nei passaggi cruciali per la definizione della causa in diritto (105). Un linguaggio emotivamente carico affiora, invece, quando l’avvocato mira a colpire la sensibilità dell’interlocutore rappresentante dell’organo giudiziario: nella frequente descrizione dello stato di infermità del de cuius per la dichiarazione di nullità del testamento egli tende a indugiare lungamente sulle condizioni del malato, sottolineando non solo le conseguenze giuridiche dello stato di incapacità, ma inducendo il lettore a provare pietà per il ‘povero vecchio’ indotto in errore (106). Dal diritto al fatto Carlo Marocco è in grado di predisporre delle difese migliori della maggior parte dei suoi colleghi: il buon equilibrio fra le varie fonti in uso, con un giusto corredo di auctoritates e ––––––––––

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do, emessa dal Tribunale commerciale di Milano il 2 gennaio 1815, allegata agli atti. Cfr. DDPSDMi, segn. 67.XI.C.75.50-53. (105) Basti qui ricordare alcune delle frasi utilizzate per smontare le ragioni avversarie: «mancato alla Signora Innocente Gemelli il colpo […] un altro assai più forte ne ideò» si legge nelle Osservazioni per il sig. Antonio Valenzasca... (DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.4, p. 2v); «L’avversario nelle stampate sue deduzioni or’ora viste sublimò l’ingegno, e tentò di sforzare più leggi», nelle Osservazioni per il sig. Giuseppe Giorgi Vistarini... (DDPSDMi, segn. 67.XI.C.60.25, p. 1r); «Le novelle deduzioni […] avrebbero potuto fare trepidare se la franca osservanza, e gli sforzi d’arguto ingegno alterare, o nascondere potessero i fatti, e dar corpo a ragionamenti, che espressi con pomposo tuono mancano d’ogni solidità», nelle Riflessioni momentanee... (DDPSDMi, segn. 67.XI.C.68.26, p. 1). (106) Fra le altre, si vedano le espressioni usate nelle Deduzioni di Maria Maddalena... in punto di nullità di testamento per difetto di volontà, foll. 1v-3v e nelle successive Osservazioni segn. 67.XI.B.46.51-52 (la controversia, interamente collocata nell’ancien régime, è approfondita in Danusso, Testamenti nulli e eredità contese, pp. 295-312).

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Conclusioni.

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giurisprudenza coeva, una prosa agile e scorrevole rendono gli atti particolarmente gradevoli alla lettura ed efficaci per la tutela degli interessi dei clienti.

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L’illustre civilista merita, quindi, di essere ricordato per le capacità dialettiche e la profonda conoscenza di diversi sistemi giuridici, che riesce a integrare fra loro a vantaggio della parte difesa con notevole abilità, ma la sua figura non sarebbe altrettanto interessante se non avesse attraversato regimi politici fra loro così distanti, diventando un esempio concreto di come il potere possa incidere sulle vicende dei singoli avvocati, oltre che sull’avvocatura come ceto: «l’illustre civilista» della Milano napoleonica nel 1823 è escluso dall’esercizio della professione. E, mi pare di poter aggiungere, pur con tutti i limiti di una storia che non è mai stata scritta, che, se anche fosse riuscito a evitare l’estrema sanzione mitigando gli atteggiamenti sovversivi, ‘tarpate le ali’ da un sistema processuale coercitivo e sfavorevole verso la professione forense, non avrebbe potuto conservare il prestigio e gli incarichi precedenti: priva gli avvocati della libertà di esprimere nella pienezza le loro abilità e i migliori giuristi non avranno modo di ‘fare la differenza’; togli l’autogoverno e i più carismatici non potranno guidare la professione (107). L’estromissione dall’avvocatura del Nostro al ritorno dell’Austria in Lombardia sembra l’ovvio finale di una vicenda iniziata con la sospensione nel 1799 per una difesa ricca di elogi al sistema repubblicano francese e di critiche al mondo della tradizione, chiesa compresa, cui fanno seguito, al ritorno della truppe napoleoniche, successi professionali continui. Ma l’ovvietà del provvedimento, in considerazione dell’atteggiamento degli Asburgo verso il ceto forense e i cospi–––––––––– (107) Sugli effetti della normativa austriaca sul ceto forense lombardo cfr. supra nota 23 e testo corrispondente oltre alla relativa bibliografia.

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ratori lombardi, non deve sminuirne la gravità: si tratta, comunque, dell’esclusione di un professionista di grido per motivi politici. D’altro canto, nel trarre le somme sulla vita dell’avvocato, non si può ignorare il peso avuto dal suo atteggiamento filo francese nella nomina a presidente dell’ordine cittadino: alla luce del sistema adottato per la designazione, mi sembra di poter affermare che il favore del governo abbia avuto tanto peso quanto la stima dei colleghi per le indubbie doti professionali. Un fine giurista quindi immerso intensamente nelle vicende politiche del suo paese, in grado di sfruttare sotto il profilo professionale e personale l’ascesa di Napoleone, con le relative ricadute sul piano dell’organizzazione della professione forense e della difesa tecnica, ma pronto a rinunciare a svolgere la sua attività, al ritorno degli austriaci, per non entrare in contraddizione con sé stesso, dote rara e apprezzabile in ogni tempo.

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