canto 5 inferno

June 16, 2017 | Autor: Francesco Bertazzo | Categoría: Dante
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Descripción









Infinito tra corpo e anima

(il concetto di infinito, il pensiero e la rappresentazione)









Francesco Bertazzo

Indice:
Introduzione…pag.
Gibran, il profeta
Filosofia
Arte
Inglese
Letteratura
Conclusione?















Introduzione

L'infinito nelle dottrine filosofiche, artistiche e umanistiche.

L'infinito nasce come concetto ispiratore in ogni epoca e in ogni luogo.
L'analisi effettuata nel percorso di ricerca qui presentato porta alla considerazione dei due filoni; filosofico e religioso, come mezzi di ricerca dell'infinito. Questi due sistemi portano, nei secoli, a diverse ripercussioni in ambito artistico e letterario. Tali ripercussioni verranno illustrate attraverso la visione che di esse danno nel mondo occidentale e orientale, mostrando di come le due culture sentono, seppur in maniera differente, la necessità di confrontarsi con l'ignoto e di ricercarlo.
Dall'analisi del pensiero occidentale la ricerca dell'assoluto è vissuta come una tensione che, se da un lato provoca curiosità e necessità di comprenderlo dall'altra suscita paura e timore. Questi due fenomeni verranno analizzati sia in ambito artistico, attraverso l'approfondimento di artisti come Blake, Friederich e Turner, sia in ambito letterario in autori come Dante e Pascoli.
Diversamente dell'analisi del pensiero orientale riscontriamo una visione olistica del creato in cui il concetto di infinito assume forme ciclica. La sua intuizione non va ricercata in un limite da superare ma nel rapporto organicistico fra l'uomo e la realtà che lo circonda.
Nonostante le diversità fra le culture la ricerca dell'infinito avviene attraverso un percorso dell'Io volto ad uno slancio verso l'alto per ricercare, in realtà, i meandri più profondi della natura umana.

Per questo motivo ho scelto, come filo conduttore, l'opera di un autore che si pone come tramite tra i due mondi, capace di coniugare elementi romantici europei, trascendentalismo americano e misticismo orientale.






Gibran: il profeta
Il testo da cui parte l'analisi "l'infinito tra corpo e anima" è il "profeta" di Gibran.
Il testo, redatto nel 1923 durante il lungo soggiorno Newyorkese dell'autore, presenta una raccolta di poesie in prosa legate da un comune filo narrativo, nel quale si inseriscono tematiche differenti. È strutturato a domande e risposte: per ogni argomento, un personaggio fa una domanda al Profeta che risponde con analogie e metafore, che chiarificano in modo semplice l'argomento presentato.

Pur non abbracciando nessuna religione, il testo si imprime di una forte carica religiosa dato che parla di temi come natura, spirito e mente. Seguendo la composizione di un testo in prosa, attraverso l'uso di un linguaggio poetico, nell'opera sono presentate tematiche riguardanti aspetti della comuni e interiori della vita umana, volta ad una riflessione profonda su vari aspetti che intercorrono tra l'infinità del corpo e dell'anima.
Biografia:
Khalil Gibran nasce il 6 dicembre del 1883 in libano. Dedica la sua infanzia allo studio della Bibbia, della lingua siriaca e araba. Si trasferisce a New York per proseguire gli studi presso una scuola di boston. Nel 1902 torna in Libia per terminare il corso di studi presso un college a Beirut, per poi, a causa di un difficile rapporto con il padre, ritornare dalla propria famiglia. A causa di vari decessi, prima la sorella poi il fratello e infine la madre, Gibran si trova a essere mantenuto dalla sorella. Questo non lo ostacola a entrare presso un circolo d'intellettuali i quali apprezzano enormemente le opere del giovane autore. La formazione umanistica, lo studio della religione cristiana e maronita s'imprime nelle opere dalle quali scaturisce un imponente, forza spirituale che permetterà un enorme successo nazionale e internazionale. Pittore, filosofo, scrittore l'autore sbarca in Europa, dove viene in contatto con vari artisti attraverso i quali approfondisce lo studio della coscienza umanistica occidentale.
Muore a New York il 10 aprile del 1931.
Il profeta: protagonista del racconto è al-Mustafà, poeta-profeta, uomo solitario volto a conoscere le gioie e le pene dell'uomo. Rivelatore di verità eterne studia dall'alto delle vette del mondo i cittadini di Orphalese nell'attesa di poter tornare nella propria isola nativa. Il libro si apre con l'arrivo della nave al porto della cittadella, una donna-indovina chiede al profeta di poter, per un'ultima volta, illuminare il popolo su ciò che maggiormente lo turbava. Cosi iniziano i ventisette temi che rivelano l'immaginario visionario di una grande maturità spirituale in cui si rispecchiano gli occhi dei taciturni ascoltatori.
Il concetto di infinito nel "il profeta"
Il concetto di infinito nella filosofia di Gibran è strettamente connesso alla natura umana. Nel commiato del Profeta l'autore afferma:
"Ma qualcosa di più dolce del riso e più grande del desiderio è giunto sino a me. L'infinito in voi; L'uomo immenso del quale non siete altro che cellule e nervi; Nel cui cantico ogni vostra voce non è che un muto singhiozzo. E' nell'uomo immenso che voi siete immensi, Ed è nel guardarlo che vi ho guardato e amato. " (il profeta- il commiato)
Partendo da questo testo, e in base alle tematiche affrontate dall'autore, analizzo i vari pensieri che intercorrono tra autori differenti, sulla propria rappresentazione d'infinito e in relazione alla civiltà presa in considerazione.

(inserire testo o parti del testo fotocopiate)













Dalla filosofia di Nietzsche alla filosofia orientale nella rappresentazione dell'uomo.

La filosofia nietzschiana è il risultato di un profondo studio critico analitico volto a distruggere le certezze dell'antecedetene filosofia occidentale. La demolizione delle teorie, dei comportamenti tradizionali è un frutto di un'indagine che lo stesso autore definirà basata sul sospetto e sul disprezzo.
Il nuovo metodo critico fonda le basi di una nuova speculazione filosofica volta all'abbandono delle concezioni positivistiche ottocentesche, viste dall'autore come falso idolo, per la creazione di un uomo nuovo, titanico e potente detto superuomo. La sua creazione avverrà soltanto con la distruzione di ogni divinità, prima fra tutte quella di Dio. Raffigurato come un'illusione di evasione dalla vita terrena, Dio rappresenta, secondo i canoni classici, essere metafisico posto sopra ogni certezza sede dei valori eterni.
Il pensiero di Nietzsche si contrappone fortemente ai dettami della religione occidentale e, più in generale, delle religioni monoteistiche nelle quali la tensione dell'uomo alla divinità rappresenta l'unica via per la ricerca dell'infinito e la rappresentazione dell'umanità creata a sua immagine e somiglianza diventa certezza del carattere infinito dell'anima umana.
Il filosofo afferma che "Dio è la più antica delle bugie vitali è la quintessenza di tutte le credenze escogitate attraverso i tempi per poter fronteggiare il volto caotico e meduseo dell'esistenza". Il punto cruciale della poetica di Nietzsche è che l'esistenza di Dio, lungi dall'essere vista come rifugio e possibilità di redenzione dell'anima umana, è il fattore limitante per la creazione di un uomo che diventa infinito nella realtà attuale.
La novità di questa affermazione non è vista solo come una costatazione di un fatto ma come necessita dell'uomo di farsi carico del proprio destino diventando lui stesso divinità.
Lo stesso autore riconosce la scarsa accettabilità del proprio pensiero da parte delle masse, egli sostiene infatti che la morte della divinità, avvenuta in seno all'ateismo ottocentesco, " non è tuttora diventata fenomeno di massa poiché anche se un articolo di fede potesse essere mille volte confutato-posto che egli lo sentisse necessario- continuerebbe sempre a tenerlo per vero. "
(la gaia scienza, Friedrich Nietzsche 1882).
Gibran, Nietzsche e l'interpretazione di "cosi parlò Zarathustra"
Lo stesso autore Gibran durante il soggiorno parigino entra in contatto con la filosofia di Nietzsche, in particolar modo è interessato alla fase matura del suo pensiero esplicato nell'opera "cosi parlò Zarathustra".
Zarathustra è filosofo-profeta pari al Al-mustafa, che predica al mondo la venuta di un uomo titanico volto a diventare volontà di potenza capace di andare "oltre" e porsi come nuovo modello di uomo capace di creare nuovi valori per trovare un nuovo metodo con cui relazionarsi con la realtà.
Il filosofo da una parte pone l'accettazione del modello dionisiaco dell'uomo giacché costituito da sola carne, il carattere d'infinito è il risultato di una distruzione del codice incentrato sull'io fisico per diventare un essere che vado oltre il bene e il male in cui la libertà, svincolata da ogni idolo, diventi un frammento di infinito nell'uomo.

Anche se molto interessato alla filosofia di Nietzsche, il pensiero di Gibran si sviluppa in piena contrapposizione ad essa. Al-Mustafà, il profeta di Gibran esprime una filosofia basata sul bisogno di pietà. Il suo insegnamento non segue le logiche di Nietzsche, piene di sarcasmo e ironia e intenti rivoluzionari, ma segue un messaggio d'amore (logica del cuore) volte a propugnare un ideale universale e collettivo in cui ogni uomo si possa rispecchiare. Pur essendo entrambi rivoluzionari Nietzsche condanna fermamente gli uomini illusi, incapaci di trasformarsi in superuomini, diversamente Al-Mustafà, pur essendo a conoscenza che gli abitanti di Orphalese torneranno nelle rispettive case dimenticando gli insegnamenti del profeta, lascia la speranza di un futuro ritorno.
Il messaggio di Gibran è simbolo di una fede appassionata nata dalla volontà di andare oltre i giudizi e le valutazione moraleggianti per creare un'allegoria della vita volta a intrecciare gli opposti di eternità e tempo, ragione e cuore, limite e infinito.
Alla volontà di potenza di Nietzsche, nata con l'unico scopo di sovvertire ogni norma morale, Gibran sostituisce l'idea di un flusso di amore cosmico, dove l'unita dell'essere uomo è unità del divino, volto a una fratellanza universale, ad una conciliazione con il tutto; congiungendo cosi la filosofia romantica inglese, in cui è il dolore che conduce all'amore, ad una filosofia mediorientale in cui l'intero universo è definito come un intero circolo di bene e male in un ruota infinita che porta l'uomo all'infinito.
Se da una parte troviamo la morte di Dio e il cristianesimo come fattore limitante per la crescita morale dell'individuo nel Profeta si rafforzava la fede in Dio unico, creatore e benevolo, in Gesù massima espressione dell'unione fra divino e umano.
Per questo motivo l'autore del profeta tende a congiungere elementi di romanticismo europeo, trascendentalismo americano e misticismo orientale.

Le religioni orientali e il concetto di infinito

Nelle filosofie-religiose indiane, cinesi e giapponesi l'uomo è rappresentato nella transitorietà della vita terrena, dove l'universo rappresenta un ciclo cosmico di eterno ciclo di materia. Alla logica del cuore di Gibran è sostituita la ricerca dell'illuminazione, in altre parole uno stadio in cui l'anima entra in contatto con un assoluto superiore che lo circonda per scoprire la logica essenziale che governa il cosmo.
Il risultato più alto è raggiunto dal Buddha che mediante l'uso della meditazione raggiunge il Dharma: "Fondamento della realtà", "verità", "obbligo morale", "giusto", "come le cose sono" oppure "come le cose dovrebbero essere". La ricerca di una realtà "infinita", rappresentata in questo caso dal nirvana, perde i connotati di ricerca collettiva ponendo l'accento sull'io spirituale, volto a ricercare da solo la via della saggezza.
Andando ad analizzare le caratteristiche fondanti delle grandi religioni monoteiste e politeiste possiamo affermare che le religioni monoteiste intendano l'universo come finito e come prodotto di un intento creativo di Dio.
Nelle religione politeiste invece, l'universo è inteso come eterno e non strettamente connesso all'intervento generativo di una divinità. Nelle religione monoteiste il concetto di materia è spostato dalla materia alle divinità mentre in quelle politeistiche è intrinseco nella materia stessa.
Nella Bibbia ad esempio, l'apocalisse afferma che il mondo finirà con il Giudizio Universale annullando le forme di spazio e tempo. Questo modello è assimilabile alla teoria cosmologica dell'universo in cui è avvenuto un atto di creazione attraverso un evento di portata catastrofico (BigBang), una fase di sviluppo, e, una fase di decadenza.
Stephen Hawking nel suo ultimo libro "The grand design" afferma l'inesistenza di un creatore. L'universo si è potuto creare da solo attraverso le semplici regole fisiche che lo compongono, senza la necessità di un intervento divino. Secondo lo scienziato il tempo e lo spazio non esistevano prima del bigbang, l'atto di creazione è servito per la creazione delle due sostanze fondamentali per "preparare" l'universo: energia e massa. Il modello di quest'ultima avanguardia fisica segue il modello di creazione e distruzione forgiando tuttavia la "chiave" per la comprensione di questa realtà e di tutte quelle possibili.
Nell'induismo la vita, e quindi il creato, hanno natura ciclica e sono quindi infiniti. Nell'induismo esistono infatti tre divinità : Brama, Visnù e Schiva.
Il primo ha il compito di creare, il secondo si sostenere in vita ed il terzo di distruggere. L'universo nasce dall'interazione dell'operato di tre dei: viene creato, vive e poi viene distrutto. Ma subito dopo viene ancora creato, vive ancora e ancora viene distrutto; così, ciclicamente, in eterno.













Nell'immaginario romantico e nei tempi buddhisti:
l'uomo alla ricerca d'infinito


William Blake nasce il 28 novembre del 1757 a Londra. Poeta e pittore rappresenta le inquietudine preromantiche nell'Inghilterra di fine settecento. Promulgatore di una pittura visionaria abbraccia la tendenza onirica e fantasiosa, dando vita a una corrente che da una parte rifiutava il disegno dal vero, percepito come un semplice esercizio copiativo, dall'altra accentuava impatto emotivo della propria visione profetica caratterizzata da uno stile grandioso ed espressivo. Blake ha svolto un ruolo cruciale per lo sviluppo del moderno concetto di immaginazione nella cultura occidentale. La sua convinzione che l'umanità possa superare i limiti a lei posti dai cinque sensi è forse il suo più grande lascito:

« If the doors of perception were cleansed, every thing would appear to man as it is, infinite. »

« Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all'uomo come in effetti è, infinito. »
(William Blake -The Marriage of Heaven and Hell)

Per Blake, come per Gibran l'uomo è perfettamente in grado di percepire il divino nel reale poiché Dio è realmente incarnato nel miracolo di tutte le cose esistenti. La rappresentazione della tensione all'infinito viene egualmente espressa attraverso la follia e l'immaginazione.
(William Blake,L'onnipotente)
La ricerca di infinito, una poetica basata sul sublime e la ricerca della divinità ne mondo fenomenico sono tratti caratteristici di un altro importante artista inglese: Caspar Friederich. Attraverso l'analisi di questi due quadri studieremo la sua pittura evidenziando i tratti che maggiormente esprimono la dicotomia dualistica fra uomo- natura uomo-divino.
(Caspar Friederich Croce in montagna)

Dalla forza visionaria di Blake si passa ad una pittura che, pur rifiutando di seguire l'arte classica mediterranea( vedi Constable), si lega ad un approccio più naturalistico della realtà. La natura diventa la principale fonte di ispirazione acquisendo un forte carattere simbolico. Anche Friederich cerca di cogliere la manifestazione del divino nel reale e in particolar modo tenta di rappresentare attraverso immagini semplici e dirette un'allegoria caricate di forti valori simbolici. Nella "croce in montagna" la scena della crocifissione del cristo non segue i dettami canonici biblici ma gode di una propria autonomia compositiva. La scelta di non rappresentare Dio ma solo di accennarlo attraverso i raggi luminosi esprime la volontà dell'autore di incarnarne nella figura Cristi l'unico momento di contatto fra divinità e uomo, assoluto e infinitesimale.








(Monaco in riva al mare, Friederich Caspar)

"Nel monaco in riva al mare" è rappresentato un ambiente immenso e spoglio al cui centro troviamo un uomo le cui proporzioni, piccole e umili entrano in contrasto con ciò che lo circonda. L'opera se da una parte manifesta la necessità della ricerca dell'assoluto dall'altra esprime il senso di vuoto e d'impotenza nei confronti della natura. Il senso di fragilità umana e infinita grandezza del mondo naturale pone l'osservatore nella facoltà di percepire la tensione del monaco. Come il altre dello stesso autore, (viandante sul mare di nebbia, due uomini e la luna) l'aspirazione all'infinito è seguita da una mossa in modo dell'artista-protagonista nel cercare di superare questo limite umano impostogli dalla nascita. La solitudine dei viaggiatori, come del monaco, è l'emozione prima che l'autore vuole trasmettere, quasi che la ricerca dell'assoluto derivi prima di tutto da un distacco della società.






Turner

Joseph Mallord William Turner (1775-1851), pittore e scultore inglese, fu uno dei primi romantici e gettò le basi per l'Impressionismo di Monet e Renoir. È attualmente considerato uno dei maestri della pittura paesaggistica e con acquarelli. É conosciuto come il pittore della luce.
Turner si servì di figure umane in molti dei suoi dipinti, da un lato per mostrare il suo amore per l'umanità (indicative le frequenti scene di persone che bevono, festeggiano o lavorano ritratte in primo piano), dall'altro per evidenziare la sua vulnerabilità e la sua volgarità al confronto con la suprema natura del mondo. Suprema sta ad indicare una natura che ispira soggezione, di una selvaggia grandiosità, un mondo naturale che l'uomo non può dominare, segno evidente del potere di Dio, un tema che vari artisti e poeti dell'epoca stavano affrontando.

In "Bufera di Neve: Annibale e il Suo Esercito Attraversano le Alpi"

Turner sottolinea il carattere sublime e misterioso, la natura violenta e la magnificenza terribile.

Egli trae spunto da un episodio cui aveva assistito: nel 1810 era stato testimone di una violenta tormenta di neve in campagna, in occasione della quale aveva tracciato uno schizzo veloce del fenomeno atmosferico. Per realizzare l'opera Turner consulta anche le più antiche descrizioni della marcia dell'esercito cartaginese (218 a.C.); inoltre riprende acquarelli e oli che aveva eseguito ispirandosi a paesaggi alpini. La forza terribile e oscura della natura sembra rendere tutto più instabile e transitorio, come, appunto, il destino dell'uomo. Con questa suggestione, restituita attraverso una sorta di polverizzazione dell'immagine per mezzo di effetti luminosi, Turner anticipa la maniera degli impressionisti e contemporaneamente conferma il sentimento diffuso all'epoca sull'insormontabile potenza della natura e sull'inafferrabile forza del destino (vedi Beethoven, Quinta Sinfonia, 7.8)se la scarico sul telefono e gliela faccio sentire?
.





















Nell'ideologia orientale la tensione all'infinito si configura come un viaggio anch'esso individuale ma che segue determinati dettami espressi nella ruota dell'esistenza. Secondo la dottrina buddhista, il cosmo non è né permanente nè creato. Al suo vertice vi sono i quattro regni di rinascita puramente mentale, senza forma; al di sotto i regni di pura forma, dove abitano gli dei, che non sono né permanenti, né eterni; al di sotto il regno del desiderio, dove vivono gli dei vedici, gli animali, gli uomini e gli dei gelosi. Ancora al di sotto vi sono i regni degli spiriti famelici e gli inferi. All'interno di questa ruota si trovano 6 sfere di esistenza in ognuna delle quali può rinascere l' Esistenza.

(ruota dell'esistenza)
La figura demoniaca che morde la ruota dell'esistenza è Yama. Rappresenta la morte, un giudice infernale che riesce a nell'anima dei morti , le loro azioni nel mondo dell'esistenza. Buone azioni produrranno un karma positivo e la possibilità, in seguito a diverse reincarnazioni di intraprendere una strada che conduca l'essere ai regni senza forme. Diversamente cattive azioni produrranno un karma negativo volto ad un reincarnazione in stadi inferiori. La realtà orientale attraverso questo processo di rinascita non pone il limite a una ricerca dell'assoluto solo a pochi eletti che riescono a percepire questo distacco fra divino e umano; ma grazie ad una fede radicata nell'insegnamento del Buddha ogni suo suddito aspira nell'attuale vita il raggiungimento della sfera ultima.

















Blake, a prophet who have inhaled England's land.



Blake have also give an enormous portrait in literature. He contributes with a new romantic poetry and rejects neoclassical literary. He was very active to increase a new symbolic vision to produce some prophetic works in order to denounce authority, Christianity's church in particular and to exalt dualistic vision about evil and god.
The poem was inspired by the legend that young Jesus, accompanied by His uncle Joseph of Arimathea, who was a maritime trader, travelled to the area that is now England and visited Glastonbury. Those feet" are referred to the Holy Feet of Jesus Christ, and also the expression 'Holy Lamb of God' is referred to Jesus. In this poem Blake's divine visions is combined with a nationalistic charge. Blake symbolizes new Christ's figure who will fight a satanic England to set one's hope on redemption of his land. In this romantic vision infinite's concept of Christianity world became a new way to realize his tension to a national level.




Jeruasalem

And did those feet in ancient time
Walk upon England's mountains green?
And was the holy Lamb of God
On England's pleasant pastures seen?

And did the Countenance Divine
Shine forth upon our clouded hills?
And was Jerusalem builded here
Among these dark Satanic mills?

Bring me my bow of burning gold:
Bring me my arrows of desire:
Bring me my spear: O clouds unfold!
Bring me my chariot of fire.

I will not cease from mental fight,
Nor shall my sword sleep in my hand
Till we have built Jerusalem
In England's green and pleasant land.
E quei piedi nei tempi antichi
Camminarono sulle verdi montagne d'Inghilterra?
Ed il Sacro Agnello di Dio
Fu visto negli ameni pascoli d'Inghilterra?

E il Volto Divino
Splendette sulle nostre colline nuvolose?
E fu Gerusalemme fondata qui,
fra questi oscuri mulini satanici?

Portatemi il mio arco d'oro ardente
Portatemi le mie frecce del desiderio
Portatemi la mia lancia! Oh nubi, apritevi!
Portatemi il mio carro di fuoco!

Non cesserò mai di combattere la mente
E la mia spada non dormirà nella mia mano
Finché non avremo fondato Gerusalemme
Nella verde e amena terra d'Inghilterra.





























L'infinito nella letteratura: strumento per superare il divino o soglia verso l'ignoto?


La letteratura classica e contemporanea si è lungamente espressa sul concetto di infinito, dando rappresentazioni artistiche a volte cariche di una forte componente sociale-filosofica ,a volte con rappresentazioni bizzarre e inverosimili.

La conoscenza: oltre il limite umano

Nella lontana Firenze di fine 'trecento il poeta Dante Alighieri affronta il concetto di infinito da una prospettiva del tutto singolare. Nel ventiseiesimo canto dell'inferno, nel dialogo immaginario con Ulisse, affronta la prospettiva classica di conoscenza.
La curiosità volta alla scoperta del mondo nello studio delle legge naturali che la governa rappresenta il primo passo verso una tensione( volontà) di superare il limite umano per accedere al divino. Seppure collocato all'inferno, Ulisse ha vissuto nel mondo pre-cristiano dove la moralità non impediva all'uomo di tentare ogni possibile accesso alla sfera metafisica, senza incappare nel rischio di una condanna o di una scomunica. La lettura del passo conferma una profonda ammirazione nel personaggio rappresentando una velata indole umanistica dello stesso autore. Il logos è lo strumento principe per avvicinarsi al limite ( colonne d'ercole) ma varcata quella soglia solo un intervento divino può salvare l'uomo dall'ignoto.

-Passo dantesco dell'ulisse-


Dall'infinito romantico al decadentismo

L'immaginario romantico rappresenta ancora la tensione fra il finito e l'infinito. La filosofia di riferimento è quella kantiana. Nella critica della ragion pura affrontando il problema di Dio, tenta di dimostrare la sua esistenza, il suo metodo risulta per questo fallace e privo di capacità dimostrativa. Nella letteratura romantica l'inconoscibile si può studiare solo analizzando il suo opposto; come nella lirica Leopardiana in cui l'infinito è descritto come ciò che sta oltre la siepe. Le colonne d'ercole e la siepe rappresentano a distanza di cinque secoli il medesimo confine ultimo; "ultimo orizzonte" tra Dio e l'uomo.
Il decadentismo nasce come movimento letterato che pone una forte sfiducia nella cultura illuminista ottocentesca. L'uomo perde la sua connotazione geocentrica dando vita tra i vari temi ad una poesia che riflette e anticipa la crisi dell'uomo moderno nel primo ventennio del novecento. Giovanni Pascoli è uno fra i primi artisti decadenti italiani, capace di compiere una rivoluzione poetica basata sull'impegno civile e sull'umiltà delle classi meno agiate italiane. Anche questo autore da il proprio contributo nella percezione d'infinito, in particolare nell'opera "la vertigine". Appartenente alla raccolta "nuovi poemetti" la lirica da una nuova visione dell'immaginario collettivo. La scoperta di essere dei puntini in un universo vastissimo marca il senso di smarrimento e di fragilità umana nei confronti dei fenomeni cosmici e della natura stessa.


La Vertigine
Uomini, se in voi guardo, il mio spavento
cresce nel cuore. Io senza voce e moto
voi vedo immersi nell'eterno vento;
voi vedo, fermi i brevi piedi al loto,
ai sassi, all'erbe dell'aerea terra,
abbandonarvi e pender giù nel vuoto.
Oh! voi non siete il bosco, che s'a erra
con le radici, e non si getta in aria
se d'altrettanto non va su, sotterra!
Oh! voi non siete il mare, cui contraria
regge una forza, un so o che s'e onde,
laggiù, dal cielo, e che giammai non varia.
Eternamente il mar selvaggio l'onde
protende al cupo; e un alito incessante
piano al suo rauco rantolar risponde.
Ma voi… Chi ferma a voi quassù le piante?
Vero è che andate, gli occhi e il cuore stretti
a questa informe oscurità volante;
che fi sso il mento a gli anelanti petti,
andate, ingombri dell'oblio che nega,
penduli, o voi che vi credete eretti
Ma quando il capo e l'occhio vi si piega
giù per l'abisso in cui lontan lontano
in fondo in fondo è il luccichio di Vega…?
Allora io, sempre, io l'una e l'altra mano
getto a una rupe, a un albero, a uno stelo,
a un filo d'erba, per l'orror del vano!
a un nulla, qui, per non cadere in cielo!

Oh! se la notte, almeno lei, non fosse!
Qual freddo orrore pendere su quelle
lontane, fredde, bianche azzurre e rosse,
su quell'immenso baratro di stelle,
sopra quei gruppi, sopra quelli ammassi,
quel seminìo, quel polverìo di stelle!
Su quell'immenso baratro tu passi
correndo, o Terra, e non sei mai trascorsa,
con noi pendenti, in grande oblìo, dai sassi.
Io veglio. In cuor mi venta la tua corsa.
Veglio. Mi fissa di laggiù coi tondi
occhi, tutta la notte, la Grande Orsa:
se mi si svella, se mi si sprofondi
l'essere, tutto l'essere, in quel mare
d'astri, in quel cupo vortice di mondi!
Veder d'attimo in attimo più chiare
le costellazioni, il firmamento
crescere sotto il mio precipitare!
Precipitare languido, sgomento,
nullo, senza più peso e senza senso:
sprofondar d'un millennio ogni momento!
Di là da ciò che vedo e ciò che penso,
non trovar fondo, non trovar mai posa,
da spazio immenso ad altro spazio immenso;
forse, giù giù, via via, sperar… che cosa?
La sosta! Il fine! Il termine ultimo! Io,
io te, di nebulosa in nebulosa,
di cielo in cielo, in vano e sempre, Dio!

Risulta interessante notare di come l'infinito generi da una parte il "freddo orrore" mentre dall'altra susciti una forte curiosità. Sia in Ulisse, sia in Leopardi, sia in Pascoli prevale il senso di slancio verso l'ignoto, fonte di piacere e di smarrimento.


Gibran e la letteratura orientale: la via dell'insegnamento per raggiungere l'infinito

L'insegnamento del profeta resta molto più semplice e immediato. La conoscenza dell'assoluto non può avvenire attraverso uno studio dei testi o un insegnamento; va ricercato in un percorso individuale. I saggi non posso rivelare oltre l'insegnamento , posso solo spingere l' allievo ai confini al limite della propria mente.
"E proprio come ciascuno di voi sta da solo nella conoscenza di Dio, così ciascuno di voi deve essere solo nella sua conoscenza di Dio e nella sua comprensione della terra."


La stessa letteratura orientale è incentrata nell'insegnamento. I testi di maggiore importanza, alcuni considerati sacri, svolgono un importante ruolo nell'apprendimento delle dottrine religiose.
Questo non ha impedito nella storia la stesura di alcune opere poetiche o in prosa. In particolare durate la dinastia Tang (701-762) due poeti cinesi acquisirono un discreto successo sradicando i dettami della lirica cinese classica.
Du fu e Li Bai presero ispirazione dalla natura anteponendo una visione taoista del cosmo. Nella seguente lirica del poeta LiBai si avverte il senso di timore verso l'ignoto. Il poeta , attraverso semplici righe, non compie un rivoluzionario passo avanti nella percezione dell'aldilà e dell'infinito ma si fa portatore di un sentimento comune volto a dimostrare l'unicità della anima umana. Poeta dell'infinito non è solo l'occidentale acculturato ma ogni entità che percepisce questa tensione.

Incisione su un monastero montano
Bivacco notturno al monastero sui monti
Allungo la mano, afferro le costellazioni
Non oso parlare ad alta voce
Ho paura di svegliare chi sta sopra il cielo.









Conclusione
Dall'analisi proposta possiamo individuare come minimo comune denominatore l'idea che l'uomo, pur intuendo l'infinito, è incapace di averne piena consapevolezza e comprensione.
Partendo da questa base si delineano vari filoni in cui la ricerca dell'infinito trova un'interpretazione :
Nella natura, come negli artisti romantici Turner e Friederich
Nell'uomo, come nel filosofo Nietzsche
Nel divino, come in Gibran, Dante e Blake
Nel cosmo, come risultato di una visione olistica del creato nelle filosofie religiose occidentali.

L'incapacità dell'uomo di trovare una via unica per raggiungere questo stadio superiore suggerisce, a mio parere, l'impossibilità umana di verificare l'assoluto stesso, sia attraverso una speculazione filosofica, sia attraverso la fede in un entità divina.
Il limite si rappresenta per questo motivo invalicabile seppur intuibile. La sua vicinanza spronerà l'uomo a persistere nel proprio tentativo , seguendo un istinto irrefrenabile, sintomo della sua eterna condanna alla finitudine.


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