Cambio y continuidad en las poblaciones gétulas del Sur de la Mauretania Tingitana (Africa Romana, XX). Sassari, 2016, pp. 749-757

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Descripción

dorso 51 mm

l’africa romana 20

Volume primo

In copertina: L’arco di Caracalla a Volubilis (foto di Piero Bartoloni)

Il volume raccoglie gli Atti del XX Convegno internazionale L’Africa romana (Alghero, 26-29 settembre 2013) dedicato a Momenti di continuità e rottura: bilancio di trent’anni di convegni «L’Africa romana». L’opera, che corona una lunga serie di incontri internazionali ai quali hanno partecipato centinaia di studiosi, è curata da Paola Ruggeri, professore associato di Storia romana e direttrice del Centro di Studi Interdisciplinari sulle Province Romane dell’Università di Sassari. Hanno collaborato Maria Bastiana Cocco, Alberto Gavini, Edgardo Badaracco, Pierpaolo Longu. Nel suo intervento introduttivo Guido Clemente ha ricostruito la storia dei Convegni L’Africa romana e sottolineato l’ampia collaborazione con i diversi Istituti di ricerca, con molte Università, con numerose Società scientifiche internazionali, infine con i giovani dell’Associazione Nazionale Archeologi. Nella Presentazione del volume, Claude Briand-Ponsart nota che «L’Africa romana est devenue depuis longtemps une véritable institution scientifique d’envergure internationale et ce vingtième congrès a respecté la tradition, il a rempli la mission qu’il s’était fixée. Grâce au dynamisme et à la générosité des organisateurs qui ont accueilli aussi bien les chercheurs confirmés que les nouveaux venus d’Italie, du Maghreb et de bien d’autres pays, ces rencontres ont accumulé un capital inégalé de savoirs, de connaissances dans tous les domaines historiques et culturels de l’Afrique du Nord antique et de la Sardaigne. Lieux privilégiés d’échanges et de discussion, elles ont contribué à nouer des relations fructueuses, à tisser des liens d’amitié entre les participants dans une ambiance de chaleureuse convivialité». Per Attilio Mastino «l’iniziativa dell’Università di Sassari si è sviluppata ben al di là di quanto si potesse immaginare al suo esordio: anche questo convegno documenta la crescita collettiva, il coinvolgimento sempre più ampio di specialisti, l’attenzione con la quale la comunità scientifica internazionale ha seguito l’attività dell’Università di Sassari, che ha finito per colmare uno spazio importante negli studi classici. Dai nostri convegni è derivata così una rete di rapporti, di relazioni, di amicizie, di informazioni, che crediamo sia il risultato più importante dell’esperienza che abbiamo vissuto in questi anni, con il sostegno e l’incoraggiamento delle autorità e di tanti amici, i nostri amici del Maghreb, i nostri amici europei, i nostri amici dei nuovi continenti, i nostri studenti, gli studenti impegnati nelle imprese dell’Africa romana. Anche nelle condizioni difficili e terribili di questi trent’anni e in particolare tra il 2001 e le primavere arabe, abbiamo proseguito il nostro impegno di costruire ponti fra le due rive del Mediterraneo, con il senso di un’attenzione e di un rispetto che vogliamo affermare, il desiderio di un incontro e di una speranza». Nei 195 contributi di studiosi italiani e stranieri trovano il consueto ampio spazio anche le novità epigrafiche e le testimonianze di numerose provinciae affacciate sul Mediterraneo occidentale.

L’AFRICA ROMANA Momenti di continuità e rottura: bilancio di trent’anni di convegni L’Africa romana a cura di Paola Ruggeri

Estratti

ISSN 1828-3004

€ 97,00

(prezzo dei tre volumi indivisibili)

Africa_romana_cover_Vol_1.indd 1

Tre volumi indivisibili

Carocci

editore 10/12/15 12:02

Collana del Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università degli Studi di Sassari Serie del Centro di Studi Interdisciplinari sulle Province Romane dell’Università degli Studi di Sassari Direttore: Paola Ruggeri 49

In memoria delle vittime innocenti del tragico attentato al Musée National du Bardo, con la solidarietà di tutti gli studiosi al popolo della Tunisia libera e democratica Sassari, 18 marzo 2015

In copertina: L’arco di Caracalla a Volubilis (foto di Piero Bartoloni)

1a edizione, dicembre 2015 © copyright 2015 by Carocci editore s.p.a., Roma Finito di stampare nel dicembre 2015 da Eurolit, Roma issn 1828-3004 isbn 978-88-430-7400-6 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele ii, 229 - 00186 Roma telefono 06 42 81 84 17 - fax 06 42 74 79 31 Siamo su: www.carocci.it www.facebook.com/caroccieditore www.twitter.com/caroccieditore

L’Africa romana

Momenti di continuità e rottura: bilancio di trent’anni di convegni L’Africa romana

Atti del xx Convegno Internazionale di studi Alghero - Porto Conte Ricerche, 26-29 settembre 2013

A cura di Paola Ruggeri con la collaborazione di Maria Bastiana Cocco, Alberto Gavini, Edgardo Badaracco, Pierpaolo Longu Estratti

Carocci

editore

Volume pubblicato con il contributo finanziario di

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Università degli Studi di Sassari

Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione

e con il patrocinio e il sostegno del

I saggi di questi Atti di convegno sono stati sottoposti a referaggio. Comitato scientifico Presidente: Attilio Mastino Componenti: Aomar Akerraz, Angela Antona, Samir Aounallah, Piero Bartoloni, Nacéra Benseddik, Paolo Bernardini, Azedine Beschaouch, Antonietta Boninu, Giovanni Brizzi, Francesca Cenerini, Maria Bastiana Cocco, Antonio Maria Corda, Anna Depalmas, Lietta De Salvo, Angela Donati, Rubens D’Oriano, Layla Es-Sadra, Mounir Fantar, Piergiorgio Floris, Emilio Galvagno, Elisabetta Garau, Alberto Gavini, Mansour Ghaki, Julián González, Michele Guirguis, John J. Herrmann Jr, Antonio Ibba, Ridha Kaabia, Mustapha Khanoussi, Giovanni Marginesu, Marc Mayer, Maria Grazia Melis, Marco Milanese, Marco Edoardo Minoja, Alberto Moravetti, Giampiero Pianu, Marco Rendeli, Daniela Rovina, Paola Ruggeri, Donatella Salvi, Sandro Schipani, Ahmed Siraj, Pier Giorgio Spanu, Alessandro Teatini, Alessandro Usai, Emerenziana Usai, Cinzia Vismara, Raimondo Zucca Membri onorari: José María Blázquez, M’hamed Hassine Fantar, Jean-Paul Morel, René Rebuffat, Joyce Reynolds Coordinamento scientifico Centro di Studi Interdisciplinari sulle Province Romane dell’Università degli Studi di Sassari Viale Umberto 1, 52 - 07100 Sassari telefono 079 20 65 203 - fax 079 20 65 241 email: [email protected]

enrique gozalbes cravioto

Cambio y continuidad en las poblaciones gétulas del Sur de la Mauretania Tingitana En la Etnografía del África romana, los pueblos Gétulos eran un grupo intermedio entre los africanos del Mediterráneo (Moros y Númidas) y los Etíopes. Los gétulos eran gentes muy poco conocidas, con un carácter nómada y pastoral, que ocuparon las áreas de la estepa y el desierto. Las fuentes mencionan estas gentes como Pharusios y Nigritas, y más tarde como Autololes. Los autololes fueron la continuación en época de la provincia romana de los Pharusios y Nigritas. Palabras clave: Mauretania, pueblos africanos, movimientos de población, costas del Océano, Autololes.

La noción conceptual de los Gétulos arranca del Bellum Iugurthinum de Salustio, quien utilizó al respecto los libros púnicos de la biblioteca del rey númida Hiempsal. En la historiografía contemporánea diversos autores tales como J. Desanges, G. Camps o más recientemente M. Christol han delimitado aspectos acerca de estas poblaciones, que se extendían desde las Sirtes en Libia hasta el Atlántico. Dichas poblaciones no constituían ninguna realidad étnica, sino que representaban comunidades de zonas recalentadas por el sol, que tenían una cierta forma de vida en la que recorrían zonas de límites del desierto y las grandes estepas magrebíes, y que en época romana fueron una precisión conceptual alcanzada respecto a los Etíopes1. En su obra geográfica Estrabon alternaba en el Norte de África la mención de los países, de las regiones comprendidas en los mismos y de los pueblos, en un uso que dista mucho de ser clarificador. Respecto a los países incluía las dos Numidias (la de los Númidas massyles) y la de los Númidas Massaesyles, y en el extremo Occidente se hallaba la Maurosía o Mauretania (tierra de los Moros). Al Sur de ésta última se encontraba, hacia la costa del * Enrique Gozalbes Cravioto, Universidad de Castilla-la Mancha. 1. Desanges (1962; 1998); Camps (1968); Christol (2012); López Pardo, Mederos (2012).

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Oceáno, el poco poblado país de los Etíopes occidentales2, con los que el rey Bochus había mantenido en su día una guerra. Respecto a las poblaciones africanas, afirmaba que al Este de Cartago se encontraban los Psilos y Nasamones, junto a algunos Gétulos. En las áreas mediterráneas al Oeste de Cartago estaban los Númidas, de los cuáles eran principales los Massiles y los Massaesyles, y más al Occidente los Maurusios o Moros del Atlántico. En el extremo meridional habitaban los Etíopes en unas zonas requemadas por el sol, y al Norte de ellos una serie de grupos étnicos: los Garamantes, los Gétulos, Pharusios y Nigritas, estos dos últimos pobladores del Sur de Marruecos. Todo el país africano estaba plagado de fieras, y los habitantes mostraban una habilidad excepcional en su caza, y se los proporcionaban a los Romanos para sus juegos y espectáculos3. Así pues los pueblos nombrados como Pharusios y Nigritas no eran ni Moros africanos, ni tampoco se consideraban estrictamente Etíopes, lo que apunta a su adscripción como Gétulos. Ello es congruente con otra mención del mismo autor en la que integraba en la misma categoría de pueblos a Garamantes, Pharusios, Nigritas y Gétulos4. La mención expresa de Pharusios y Nigritas por parte de Estrabon señala que se trataban de los pueblos más importantes que ocupaban las tierras del Sur de Marruecos y Argelia occidental, puesto que es en ese lugar donde realiza la mención de los mismos y son identificados aparte de los Moros y los Etíopes, como unos pueblos intermedios entre unos y otros5. En la descripción más detallada de los Pharusios y Nigritas, Estrabon recogía que entre ellos había arqueros, al igual que entre los Etíopes, que utilizaban carros (cuestión que no se menciona en relación con los Moros), y que solían atravesar los desiertos, momento en el que tenían escasos contactos con los Moros. También afirmaba que realizaban otros recorridos hacia el Este, cuando ataban odres debajo de sus monturas, y llegaban así incluso hasta Cirta a través del país de los “pantanos” que indudablemente corresponde a los Chotts. La indicación de que vivían como trogloditas deriva de la tradición griega de la existencia de muchas poblaciones en el interior de África que tenías estas características, en realidad un prejuicio más que evidencia sobre un régimen de vida y cultura primitivos. 2. 3. 4. 5.

Strab., xvii, 3, 5. Strab., ii, 5, 33. Strab., ii, 5, 34. Gozalbes Cravioto (2013).

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Estrabon es el único escritor de la antigüedad que ofrece algunos datos sobre las formas de vida de estas poblaciones gétulas, aunque no menciona la práctica pastoril, que era corriente en estas poblaciones del interior africano, pero sí menciona sus actividades de travesía de los desiertos del Maruecos y Argelia meridionales, que eran paralelas a las efectuadas por los Garamantes en Libia. Destaca la mención de que utilizaban carros ya que el texto puede relacionarse con las numerosas representaciones de carros en los grabados rupestres del Sahara. Unos grabados que se extienden por la zona sahariana y del Atlas y que parece corresponder al reflejo de rutas de carros6. En el caso de los Autololes, Pharusios y Nigritas, el tipo de grabados que corresponde, en el Sahara occidental y Atlas marroquí y argelino, corresponde a las representaciones esquemáticas7. La proliferación de las representaciones de carros, que están presentes incluso en zonas altas del Atlas donde obviamente los mismos no llegaban, refleja que los que los hacían cuando bajaban a las zonas llanas los observaban con relativa frecuencia. La introducción de carros entre los pueblos norteafricanos es bastante antigua y ya aparece mencionada por parte de Herodoto quien los asocia entre otros a los Garamantes. Estrabon relaciona la actividad con Pharusios y Nigritas. Estrabon documentaba la situación en la época del cambio de Era, con la utilización de fuentes algo anteriores. Por su parte Pomponio Mela no mencionó las citadas poblaciones de Pharusios y Nigritas a la hora de tratar del territorio de la Mauretania, lo que muestra que consideraba esa zona meridional de Marruecos como una realidad geográfica y política distinta a la Mauretania. Antes de hablar del litoral atlántico septentrional, es cuando Mela menciona al Sur de los Moros la existencia de los pueblos de los Nigritas y de los Pharusios que se extendían hasta la zona de los Etíopes8. En otro lugar de la obra de Mela, antes de volver a hablar del territorio de la Mauretania, mencionaba nuevamente a los ya citados Pharusios y Nigritas, a los que consideraba como pueblos Gétulos que vagaban por un litoral que tampoco debía considerarse que era improductivo, puesto que en el mismo se producía la púrpura y el murex, unos elementos que eran eficacísimos para la fabricación de los importantes tintes que caracterizaban a la región9. Se trata ésta de una referencia a la producción de la denominada púrpura de Getulia que alcanzó una gran fama al comienzo de la época 6. 7. 8. 9.

Gonzalbes Cravioto (2013), pp. 156-7. Muzzolini (1988). Mela, i, 4. Mela, iii, 10.

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imperial romana, una producción que permitió en esas épocas una exportación considerable a Roma. A la luz de la mención de Mela, que completa las informaciones más antiguas de Estrabon, podemos deducir varios hechos: • En primer lugar, los Pharusios y Nigritas eran pueblos diferentes de los Moros y de ahí el que de forma coherente se les considerara externos a la Mauretania, los pobladores de las regiones meridionales. • Pharusios y Nigritas aparecen mencionados como los únicos pueblos ubicados entre la Mauretania y Etiopía, lo cual nuevamente confirma que se trataba de las poblaciones principales en esas amplias regiones. • Igualmente los Pharusios y Nigritas mantenían una relación directa con un territorio que se caracterizaba por una explotación económica peculiar, como era la de la fabricación de la púrpura y de los tintes de la Getulia. Los datos de Mela son reveladores de la realidad de estas poblaciones. Su mención puede relacionarse con el conocido texto de Plinio acerca de esta actividad mencionada, de la fabricación de púrpura que había sido puesta en marcha por el rey Juba ii, en concreto en relación con las instalaciones en las islas que cita como ubicadas ex adverso Autololum10. Así pues, Plinio cita expresamiente la zona de fabricación de la púrpura de la Getulia atlántica con la tierra de los Autololes. En consecuencia, la compulsa del texto de Mela, por un lado, con el de Plinio, por el otro, permite considerar que lo que en el primero aparecen citados como los Pharusios y los Nigritas, en Plinio eran los Autololes. Así pues, los Pharusios y Nigritas o bien coincidían realmente con los Autololes, o bien eran unas poblaciones muy comunes y vecinas de ellos, en gran parte fracciones de un mismo pueblo. Dejando de lado el confuso texto de Agripa, conservado de una forma puramente indirecta por parte de Plinio11, las citas de Pharusios y Nigritas así como de los Autololes se producen en autores diferentes. Plinio al tratar de la Mauretania cita a los Autololes, que pone en relación con Sala (Rabat), ciudad que consideraba vecina de los espacios desérticos; según el autor latino para ir al Atlas había que cruzar el espacio ocupado por la gente de los Autololes12. Según Plinio los Autololes eran las poblaciones existentes al Sur de la zona de Rabat y que se extendían hasta el Atlas. Más adelante indicaba que en la frontera meridional del país de la Mauretania habitaba 10. Plin., nat., vi, 201. 11. Plin., nat., v, 11-12. 12. Plin., nat., v, 5.

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un pueblo etíope, el que era conocido como los perorsos13. Plinio refleja que los Autololes eran Gétulos ubicados más allá de las zonas urbanizadas, pero en tierras de la provincia romana, mientras los Etíopes perorsos eran gentes limítrofes pero ubicadas más allá de esos límites, razón probable por la que eran considerados etíopes. Hubiera correspondido aquí precisamente, en este espacio, la mención de los Pharusios. El hecho es congruente si tenemos en cuenta que en el sentido político el dominio de la Mauretania en época de Juba ii se extendió a esas zonas del Marruecos meridional. La mención más concreta de estos pueblos de zonas marginales y desérticas se encuentra en la parte en la que Plinio trata brevemente precisamente de las regiones más alejadas de África. Señalaba el enciclopedista que existían diversos pueblos Etíopes, y nombra a los Nigritas, que tomarían su nombre del río Nigris, los gimnetes Pharusios, y ya junto al Atlántico los perorsos, que formaban el límite con la Mauretania14. Más adelante, el mismo Plinio indicaba que los Pharusios antes habían sido persas que habían llegado con el ejército de Hércules15, lo cual parece indicar un intento de adecuar la leyenda de la expedición heracléa al nombre de este pueblo. La guerra de conquista romana y el establecimiento de las provincias de la Tingitana y la Cesariense afectaron indudablemente a las realidades étnicas. Porque por un lado se produjo una atracción de elementos indígenas al sistema romano, por lo que se integraron en el marco de la vida urbana, convirtiéndose en Volubilitanos, Salatitas, Banasitanos o Lixitanos. Pero por otra parte, la propia guerra supuso un fuerte quebranto a corto plazo para la realidad de las poblaciones autóctonas con formas tribales. Al hablar ya expresamente de la provincia, Plinio afirmaba que de los pueblos indígenas que la poblaban, en el pasado el más importante de todos había sido el de los Moros, a los que la mayor parte denominaban Maurusios. Pero que, al igual que había ocurrido con sus vecinos los Númidas massaesyles, habían sido diezmados por la guerra y reducidos a unos poco clanes. A consecuencia de ello eran poblaciones gétulas las que habían ido ocupando las tierras, en especial los Baniures y sobre todo los Autololes, que con diferencia eran los más numerosos16. A nuestro juicio nos hallamos ante un texto particularmente importante y al que no se le ha prestado la suficiente atención. Todos los datos 13. 14. 15. 16.

Plin., nat., v, 16. Plin., nat., v, 43. Plin., nat., v, 46. Plin., nat., v, 17.

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reflejan una estabilidad en las poblaciones indígenas con anterioridad a estos momentos, de tal forma que al sur de los Moros habitaban los Gétulos, que no eran otros que los que los autores griegos llamaban “Pharusios” y “Nigritas”, mientras los latinos los denominaban “Autololes”. Es posible que estas poblaciones desde muy antiguo tuvieran ánsias de expandirse hacia las zonas septentrionales; Estrabon recoge una tradición, con casi seguridad del texto de Artemídoro, que afirmaba que las ciudades púnicas de la costa atlántica de Marruecos habían sido destruidas por los Pharusios y los Nigritas, pueblos que según se decía se hallaban a treinta días de marcha de Lixus17. Las expediciones de Juba ii, deseoso además de desempeñar el encargo de Augusto para ser soberano de los Gétulos, los sometieron al control político-militar del reino de Mauretania, permitiendo a grupos costeros el obtener un trabajo a través de los tintes y la púrpura. Ahora bien, la guerra romana de conquista del país supuso un duro golpe para los Moros, ocasionando un importante vacío demográfico. Esta fue la ocasión para que las poblaciones gétulas, como refleja Estrabon, avanzaran hacia el Norte, ocupando las tierras dejadas libre por las tribus moras. Así pues, entre el año 42, fecha de la efectiva implantación provincial romana y el 76 aprox., redacción de la obra pliniana, se había producido un importantísimo cambio en la realidad étnica: los antiguos Moros habían prácticamente desaparecido, unos por asimilación, otros por eliminación y, sin duda, también otros por fusión (tras la huida) con los propios Gétulos. Así los grupos Gétulos fácilmente habían ocupado los territorios, convirtiéndose ahora en los nuevos “moros” en la medida en la que habitaban las Mauretaniae. ¿Continuaron las migraciones con posterioridad? Existen pocas dudas en función de lo que se considera en general, es decir, la emigración de poblaciones nómadas desde el Este de las que sería ejemplo significativo la de los Leguatan o Louata. Pero en lo que respecta a los momentos anteriores de época alto-imperial y a los territorios del Oeste, el problema fundamental para ofrecer una respuesta afirmativa se encuentra en las características de las fuentes de información. La realidad étnica del siglo ii la documenta Ptolomeo, en una información que puede datarse medio siglo posterior a la de Plinio. Se trata éste de un texto amplio y detallado desde sus propios criterios18, que de hecho ha merecido la atención de los investigadores en diversas ocasiones, apuntando datos en relación a la ubicación de los distin17. Strab., xvii, 3, 3. 18. Ptol. geogr., iv, 1, 5.

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tos grupos mencionados. Pero aún y así, los problemas que suscita no están ni mucho menos resueltos. Aparte de grupos menores, ligados a territorios más o menos concretos, encontramos mencionados determinados pueblos con mayor entidad, por ejemplo los Baquates, los Macenitas de los que se indica que se hallaban al Sur de ellos, así como en posiciones dudosas los Zegrenses, los Baniubae y los Vacuates. Las dudas que se suscitan al objeto que nos interesa ahora son las siguientes: • Los Autololes no aparecen mencionados en la Tingitana; por el contrario, Ptolomeo los incluirá en su mención de las zonas más meridionales, formando parte de un elenco de pueblos marginales. • En Ptolomeo aparecen ya como importantes las poblaciones que serán las principales de la provincia romana en el futuro, como son los Baquates, los Macenitas y los Zegrenses, todos ellos documentados por la epigrafía; pero éstos pueblos plantean una interrogante sin terminar de resolver:¿son recién llegados como creía Carcopino en relación con los Baquates? • La mención posterior de Baniubae y Vacuatae plantea serias dudas, en el segundo caso la duplicidad con los Baquatae, en el primero la hipotética relación con los Baniures citados por Plinio. Estos problemas son susceptibles de ser respondidos si bien a partir de unas argumentaciones nada definitivas. En general, al menos identificamos dos grandes líneas de interpretación prescindiendo de los detalles: 1. Entre Plinio y Ptolomeo se produce un cambio en la visión conceptual de los Romanos. Los datos de Ptolomeo no serían contradictorios con los de Plinio sino el producto de una nueva forma de analizar las poblaciones, desde un interés romanos por la fragmentación de esas poblaciones. Desde esta perspectiva, los grupos principales de los Zegrenses (en la zona de Banasa), de los Baquates (en el país de Volubilis, hacia las zonas del Este del país) y de los Macenitas (al Sur, desde el límite meridional de Rabat al Atlas) no serían otros que en realidad derivados de los Autololes que habían ido ocupando el territorio después de la conquista romana. 2. Después de la época de Plinio se habría producido una nueva irrupción de poblaciones de organización tribal en la provincia de la Tingitana. Los nombres de estas poblaciones habrían sido los reflejados por Ptolomeo, siendo los que hemos destacado aquellos con los que mantuvieron según la epigrafía más relación las autoridades romanas. Según Carcopino, los Romanos decidieron en la época de Adriano acantonar a los Baquates en las tierras libres de la Tingitana, y otros autores como Euzennat también consideraron que este pueblo se estableció en la provincia en esos momentos. A nuestro juicio es probable que, en efecto, el asentamiento de los Baquates

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en la Tingitana se produjera al principio de la época de Adriano, pero por el contrario, el mismo no sería pacífico ni planificado por los Romanos. Sabemos que en el año 122 se produjo una fuerte perturbación en la Mauretania19. Las recientes excavaciones en el castellum militar de Tamuda muestran un nivel extendido de incendio, con posible ataque a la posición, poco después de los comienzos del siglo ii20, plantean la existencia de un levantamiento o irrupción de gentes que puede ser relacionado con lo que se refleja en la Vida de Adriano. Con el asentamiento de los Baquates se desarrollaron ya las bases que caracterizarán la provincia durante más de siglo y medio, caracterizados por relaciones más o menos estables o problemáticas de las autoridades romanas con los pueblos no asimilados, así como por los desconocidos movimientos de poblaciones más allá de las zonas de ocupación21. La indigencia de las fuentes informativas impide tener un conocimiento algo preciso acerca de lo que acontecía más allá de los límites de la presencia de Roma.

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