213 – Paleografia. Partecipando a un’inchiesta

September 19, 2017 | Autor: Silvio Panciera | Categoría: Latin Epigraphy
Share Embed


Descripción

1816

VIII - VARIA CUM ARTIS EPIGRAPHICAE DOCTRINA ET USU CONIUNCTA

VIII,5,2 - PARTECIPANDO A UN’INCHIESTA*





l - Certamente l’interesse dell’epigrafista per la storia della scrittura esiste, e non solo da oggi, così come, per converso, si può dire che non sia mai mancato un interesse dei paleografi per quelle particolari testimonianze scrittorie che sono fornite dall’epigrafia classica. Ad essere sincero, quello che mi sembra ancor oggi carente (sia pure in misura minore che in passato), non è questo tipo d’attenzione, bensì piuttosto − e paradossalmente, viste le premesse − quello dell’epigrafista per la paleografia e del paleografo per l’epigrafia. Non sarebbe invero difficile cumulare esempi, sia, da un lato, della pretesa di studiare la scrittura senza gli strumenti euristici della paleografia, sia, dall’altro, di leggere iscrizioni soltanto paleograficamente. Entrambe le discipline hanno, in realtà, − com’è chiaro − principi, esigenze, regole, patrimoni di acquisizioni e metodo, che non possono essere ignorati; per lo meno, non senza rischi gravi. Sul versante epigrafico, un esempio paradigmatico di un tale erroneo tipo di approccio, può essere fornito dagli Exempla scripturae epigraphicae Latinae a Caesaris dictatoris morte ad aetatem Iustiniani dello Hübner, opera che, quantunque pubblicata quasi cent’anni fa (Berolini 1885), si può dire faccia sentire ancor oggi il suo peso ed influsso. Animata da lodevolissime intenzioni (etiam inscriptionum antiquarum paleographiam aliquanto magis, quam hodie fieri solet, respiciendam esse manifestum est [p. V], e prodotta da un epigrafista di rispettabile statura, essa fallì sostanzialmente lo scopo che si prefiggeva (ed anzi, in qualche modo, ne allontanò il conseguimento, come oggi sappiamo) proprio in quanto, cercando un matrimonio interessato, e tuttavia non spregevole, con la paleografia (il fine era essenzialmente di conseguire più sicuri metodi di datazione), non si preoccupò molto, né di far proprie le acquisizioni di quest’ultima disciplina, né d’intenderne a fondo i principi teorici e pratici. Non faccio esempi di corrispondenti incomprensioni, registratesi sull’altro versante nei confronti della partner epigrafica, perché ogni paleografo, se vorrà, non mancherà di trovarne facilmente, per suo conto, di altrettanto rappresentativi. Certo, oggi, la situazione dei rapporti tra i due fronti non è quella di cent’anni fa. Vari fatti sono intervenuti a modificarla e, senza dubbio, a migliorarla. Vi è stato, in primo luogo, il fenomeno, importantissimo, del progressivo affrancamento di entrambe le discipline da quegli angusti limiti classificatori e descrittivi che tutte le discipline, già dette ausiliarie, si erano viste imporre da una linea di pensiero, prima, e da non sempre disinteressate strutture accademiche, poi. Riconosciutesi ormai entrambe come libere, autonome forme di conoscenza storica, non vi è dubbio che paleografia ed epigrafia abbiano constatato oggi di avere molti più punti di contatto e di profonda affinità di quanti non si credesse comunemente in passato. A ridurre le distanze hanno contribuito poi, da un lato il riconoscimento già nel III secolo (o ancor prima), piuttosto che | nell’VIII, di un momento fondamentale per il rinnovo della scrittura occidentale (è stato così, almeno in parte eliminato il divario d’interesse cronologico prevalente che esisteva tra

* Epigrafia e paleografia. Inchiesta sui rapporti fra due discipline, in Scr. Civ., 5, 1981, pp. 276-284. [Le domande a cui si chiedeva di rispondere erano le seguenti: 1) Esiste oggi un interesse specifico degli epigrafisti per i problemi della storia della scrittura? E se sì, secondo quali linee? 2) Quali sono i terreni di ricerca che permetterebbero l’avvio di indagini comuni tra i cultori delle due discipline? 3) Esistono indirizzi metodologici attualmente specifici

dell’una o dell’altra disciplina che possano essere applicati comunemente con beneficio reciproco? 4) In quale modo il materiale epigrafico può contribuire allo studio della funzione e della diffusione della scrittura in un determinato ambiente sociale? 5) Potrebbe essere utile sul piano universitario e sotto l’aspetto propriamente didattico un più stretto contatto tra le due discipline? E se sì, in quali forme?]

5 - PALEOGRAFIA

1817

le due discipline), dall’altro la presa di coscienza che non era sulla base, né di tipo di scrittura, né di supporto, né di tecnica d’esecuzione, che si poteva tracciare una linea di demarcazione tra epigrafia e paleografia. Altrettanti fattori di avvicinamento sono risultati anche il rinnovato interesse degli epigrafisti per i graffiti, l’attenzione del tutto nuova dimostrata dagli stessi per la strumentazione e l’organizzazione del lavoro del lapicida, la ripresa su nuove basi del problema della datazione delle iscrizioni. E tuttavia il mio parere è che la distanza tra epigrafia e paleografia sia ancora troppo grande e che proprio per questo l’interesse degli epigrafisti per i problemi di storia della scrittura − interesse che indubbiamente esiste, come si è detto − stenti a uscire da una certa qual genericità o da un indirizzo poveramente utilitaristico, per acquistare chiarezza ed organicità. Il fatto è che, nonostante gli sviluppi chiarificatori cui anche sopra si è accennato, resta ancora in piedi, come ostacolo grave, il problema della definizione dei compiti rispettivi, dell’epigrafista e del paleografo, di fronte a quella particolare categoria di documenti scritti che si sogliono definire epigrafici. Ammesso ormai comunemente che non si può far questione di divisione di materiali, attribuendo, ad esempio, al paleografo le iscrizioni in caratteri corsivi ed all’epigrafista quelle in caratteri capitali, si riconosce (salvo sporadici riflussi) che il patrimonio è comune; vario però si conviene che ne sia l’uso, costituendo finalità preminente dell’uno la storia della cultura attraverso l’interpretazione e lo studio critico di quel complesso di segni grafici e di forme visive che costituisce la scrittura, dell’altro, sempre la storia della cultura, ma attraverso l’esame critico dei contenuti e delle strutture proprie di quel particolare messaggio che è l’epigrafe. Così intesi, i rapporti sembrano sufficientemente chiari e le competenze ben definite: la storia della scrittura spetta ai paleografi e non agli epigrafisti; ma si tratta piuttosto di una falsa certezza che di una realtà. La pratica dimostra che neppure questo è un tipo di ripartizione mantenibile. Nei fatti, tralasciando gli usi successivi, la prima edizione di un testo epigrafico è, di norma, opera di un epigrafista, il che significa che suo, per solito, è anche il primo, decisivo impatto con quei problemi di storia della scrittura che, | secondo lo schema sopra indicato, non toccherebbero a lui, ma al paleografo. Ne consegue che l’epigrafista, che si attenga fedelmente alla pur ragionevole divisione dei ruoli di cui si è detto, si troverà fatalmente impreparato ad affrontare problemi essenziali per la comprensione globale del messaggio sottoposto al suo esame, come quelli della scrittura, allo stesso modo del paleografo che presuma di poter intendere adeguatamente un testo epigrafico valutandone i soli aspetti scrittori ed ignorando, per contro, le idee che lo ispirano e le regole profonde che lo governano. La conclusione sembra ovvia: come l’epigrafista è andato sempre più acquisendo coscienza di non essere editore soltanto di testi, ma di monumenti scritti ed ha sentito perciò vieppiù la necessità di farsi anche archeologo e topografo, oltre che filologo e storico, così, credo, che, come editore di documenti che sono rilevanti anche per la storia della scrittura, oltre che, poniamo, per la storia della lingua o per quella delle istituzioni, dovrà d’ora in avanti farsi sempre più paleografo. Questo significa che il suo interesse per la storia della scrittura sarà sempre meno dall’esterno e strumentale; in altre parole, pur restando solidamente ancorato alla propria disciplina, egli sempre meno delegherà al paleografo e vieppiù agirà in prima persona, non prima, peraltro, di essersi preso cura d’intendere e di assimilare le acquisizioni, la problematica ed i fondamenti metodologici della disciplina entro i cui confini intende intervenire. A corrispondente riconversione crederei che dovrebbe sottoporsi il paleografo che intendesse − com’è suo pieno diritto − farsi editore, o anche, a qualsiasi titolo, utilizzatore di materiale epigrafico di età classica o di altra epoca. Non si tratta di confondere i ruoli: al livello più alto e comprensivo, è chiaro che la storia della



1818

VIII - VARIA CUM ARTIS EPIGRAPHICAE DOCTRINA ET USU CONIUNCTA

scrittura non può che essere e restare compito specifico del paleografo; diversa è la situazione alla base, ove, al contrario, non fosse altro che per l’obiettiva situazione di fatto, una certa qual intercambiabilità appare, non solo augurabile, ma necessaria. Va da sé che, in questa prospettiva, le linee d’interesse dell’epigrafista per la storia della scrittura non possono e non devono essere sostanzialmente diverse da quelle di un paleografo di ricca ampiezza di vedute.





2 - Non v’è dubbio che proprio l’avvio d’indagini comuni tra i cultori delle due discipline potrebbe costituire una premessa di grande utilità per la realizzazione di quell’interscambio cui si è | accennato al punto precedente. Le possibilità di collaborazione certamente non mancano. Uno può pensare a quelle particolari serie di documenti scrittori che sono forniti, ad esempio, dalle tavolette cerate, dalle defixiones, dai graffiti, dalle anfore o dai programmata, ove il punto di contatto tra epigrafia e paleografia risulta di più immediata evidenza. Questo è anche il settore in cui la collaborazione, o comunque il confronto, tra i cultori delle due discipline è più tradizionale, per cui non si dovrebbe far altro, essenzialmente, che riprendere, allargandoli, rinnovandoli ed approfondendoli, rapporti e scambi che già esistono, eliminare, come dannoso, ove ancora lo si riscontri, ogni residuo di atteggiamento concorrenziale, ed attribuire concordemente a questo tipo di documenti un maggior interesse. Diversa è la situazione in altri settori (non meno importanti, almeno nell’ottica dell’epigrafista) in cui questa collaborazione, se anche in qualche caso non è mancata, appare assai meno tradizionale e costante. Alludo, ad esempio, al variegato complesso delle scritture capitali lapidarie, a due tempi o a mano guidata, che i paleografi, non considerandole vere e proprie scritture, tendono a credere di minor interesse, mentre costituiscono termine di confronto quotidiano e centrale dell’epigrafista. Qui io credo che l’instaurazione di un nuovo rapporto tra le due discipline potrebbe essere altamente produttiva. Gli studi sulla parte che la minuta, l’ordinatio e, in genere, la tecnica scrittoria corsiva, può aver svolto nella genesi delle iscrizioni in capitale e quelli, paralleli, sui modelli ed i procedimenti del lapicida, forniscono importanti precedenti ed utili punti di riferimento. Credo, tuttavia, che il confronto e la collaborazione potrebbero essere utilmente approfonditi. I criteri d’analisi, di classificazione e di comparazione di una scrittura capitale, non mi sembrano ancora sufficientemente chiariti e saldamente stabiliti. Tuttoggi non è, di fatto, raro il ricorso, da parte dell’epigrafista, o a valutazioni di tipo impressionistico più che stilistico, o ad elementi evidenti, ma di scarso o nessun peso per cogliere i caratteri specifici della scrittura che si vuol classificare e comparare. Gli stessi problemi terminologici appaiono assai intriganti e sarebbe erroneo sottovalutare quale ruolo negativo essi abbiano svolto tra le due discipline. Un preliminare lavoro di approfondimento e di chiarimento attorno a questi punti sembrerebbe di grande interesse e produttività. L’intesa potrebbe essere ulteriormente perfezionata mediante la | pubblicazione congiunta di raccolte d’iscrizioni, datate o no, di località particolarmente significative per la loro importanza o dislocazione, oppure con tentativi comuni di tracciare qualche panorama scrittorio più ampio, ma sempre definito. Utile sembrerebbe anche il perseguire in comune l’individuazione di fenomeni scrittori di cui sembrasse opportuno stabilire l’origine, la diffusione e lo sviluppo nel complesso del materiale epigrafico, o in campioni opportunamente scelti. Anche il sistema abbreviativo (sto lavorando da tempo in questo settore) potrebbe costituire un altro punto di aggregazione tra epigrafisti e paleografi. Non c’è, insomma, che l’imbarazzo della scelta.

5 - PALEOGRAFIA

1819

3 - A questa domanda mi pare di aver già risposto, almeno in parte, nei punti precedenti. Quello che mi sembra dovrebbe essere scambiato tra le due discipline non è tanto un particolare indirizzo metodologico, quanto piuttosto l’animus complessivo, il globale modo di porsi, rispettivamente di fronte ad una scrittura e ad un messaggio epigrafico. Questo mi sembrerebbe l’essenziale. Dovendo scendere a precisazioni, ribadirei comunque l’opinione che sia soprattutto sul terreno dell’analisi e della comparazione che la paleografia abbia più da insegnare, metodologicamente, all’epigrafista. Le esperienze dei paleografi in questo campo sono senza dubbio più avanzate, sia per quanto concerne l’elaborazione di nuovi strumenti e metodi, sia con riferimento alla riflessione critica dopo la loro proposta e sperimentazione. Qualche nuovo tentativo è stato fatto di recente anche in ambito epigrafico, ad esempio mediante l’applicazione dell’elaboratore per la seriazione automatica di gruppi d’iscrizioni greche. I due tipi di ricerca non sembrano inconciliabili tra di loro. Per quanto concerne invece la paleografia, penso che l’acquisizione di metodologia epigrafica che potrebbe risultare di maggior interesse sia quella concernente l’inscindibilità dell’iscrizione dal ‘monumento’ di cui fa parte e di tutto il complesso dal momento e dall’aspetto culturale che lo hanno prodotto. L’epigrafista sa bene che il processo d’interazione profonda che viene a stabilirsi tra iscrizione e monumento su cui è incisa è non di rado tale che, com’è stato osservato, anche di recente, può capitare che la prima non assuma il suo significato preciso se non in rapporto al secondo. In ogni caso, epigrafe e monumento costituiscono di norma aspetti complementari | di un messaggio unitario che sarebbe erroneo voler spezzare e che, per essere inteso nella sua pienezza, va anche costantemente rapportato all’ambiente ed alle finalità che l’hanno prodotto. È probabile che tutto questo sia già teoricamente ben chiaro ad ogni paleografo; non sempre tuttavia vien fatto di trovare che il principio teorico sia calato nella prassi, così come sembrerebbe augurabile. 4 - Per quanto concerne lo studio della funzione della scrittura, l’epigrafia può essere certamente di grande utilità, non fosse altro perché offre una gamma vastissima di esempi del suo impiego: da quello privatissimo dell’appunto per uso personale, alla registrazione ufficiale, alla comunicazione pubblica con carattere contingente o perenne. L’epigrafe, concepita come parola visibile, secondo una recente definizione, svolse senza dubbio un ruolo di primaria importanza nella formazione e nella perpetuazione della cultura romana. L’eccezionale rilievo di questo fenomeno in un’epoca in cui poca forza generale ebbero altre forme di comunicazione scritta − come, ad esempio, il libro − è già stato peraltro più volte sottolineato molto bene, cosicché pare inutile insistervi ancora. Altra questione è quella della diffusione della scrittura, problema ben più difficilmente circoscrivibile e risolvibile, come dimostrano, sia il moltiplicarsi degli studi sull’argomento, sia il contrasto spesso insanabile delle conclusioni. Avendo poche, e poco chiare fonti a disposizione, e dovendo, per giunta, distinguere secondo il tempo (Alto e Basso Impero, ad esempio), il luogo (Italia-Province), l’ambiente (città-campagna), la condizione (strati superiori e inferiori), la lingua nativa (latina, greca od altra), conclusioni articolate veramente sicure sembrano più nei desideri che nelle possibilità reali. La stessa quantità enorme d’iscrizioni prodotte, apparentemente segno sicuro di una larga alfabetizzazione, almeno nei primi secoli dell’Impero, perde molto del suo valore sul piano quantitativo quando si ponga mente ad altri fatti: a) la massiccia concentrazione delle epigrafi nei centri urbani e nell’immediato suburbio (cui corrisponde, per converso il silenzio epigrafico di zone di campagna assai estese); b) la difficoltà di stabilire a chi, in realtà, il messaggio epigrafico sia idealmente diretto ed entro quali limiti chi era in grado di leggerlo fosse poi anche in condizione di servirsi attivamente della scrittura; c) l’impossibilità di capire quanti committenti analfabeti si nascondano, poniamo, dietro le migliaia d’iscrizioni votive o sepolcrali che | le officine lapidarie antiche hanno prodotto e che sono pervenute sino a noi.





1820

VIII - VARIA CUM ARTIS EPIGRAPHICAE DOCTRINA ET USU CONIUNCTA

Personalmente sarei propenso a credere che l’uso attivo e consapevole della scrittura fosse limitato, anche in epoca altoimperiale, ad una minoranza della popolazione globalmente intesa. Gli stessi lapicidi delle officine specializzate mostrano non di rado di non capire quello che scrivono, facendo opera di puro e semplice trasferimento sulla pietra di un modello o seguendo indicazioni sommarie di un ordinator. Rilievo affatto particolare assumono per il problema in esame i documenti tracciati con scrittura corsiva, ma è da dire che la maggioranza di essi (tavolette cerate, corredi epigrafici anforari; graffiti, anche) riconducendo ad un mondo, come quello della città e degli affari, in cui un certo possesso della scrittura appare del tutto naturale, non dicono molto di altri strati ed ambienti, il cui grado di alfabetizzazione continua pertanto a sfuggirci. È da credere comunque che una maggiore attenzione, congiuntamente portata da epigrafisti e paleografi, su questo genere di documenti potrebbe dare risultati interessanti. Sul piano antiquario, utile sembrerebbe anche un approfondimento degli studi sul personale a qualsiasi titolo collegato con l’insegnamento e l’esercizio della scrittura.



5 - Se si ritiene valida l’ipotesi di rapporto tra epigrafia e paleografia che si è sopra delineata, uno stretto contatto tra le due discipline, anche sul piano universitario e didattico, appare, non solo augurabile, ma necessario. Un ostacolo è stato costituito, nel passato, sia dalla diversità dei periodi sui quali si appuntava l’interesse prevalente dei rispettivi cultori, sia dal conseguente inquadramento dell’epigrafia nell’indirizzo classico dell’ordinamento degli studi di Lettere e della paleografia nell’indirizzo moderno. Come si è visto, negli ultimi anni l’area d’interesse comune tra le due discipline si è, però, notevolmente ampliata. Inoltre la liberalizzazione dei piani di studio consente oggi allo studente di superare agevolmente i vecchi steccati. Esistono dunque premesse buone per l’istituzione di un nuovo rapporto, anche se si ha l’impressione che questo stenti ad avviarsi. Evidentemente la forza della tradizione continua ad operare anche senza il supporto delle divisioni burocratiche e non vorrei che, nella creazione di nuovi raggruppamenti (corsi di laurea, dipartimenti), | altre separazioni di fatto fossero stabilite prima ancora che l’abbattimento delle vecchie possa produrre i suoi benefici effetti. Le due discipline avrebbero tutto da guadagnare ampliando lo scambio degli studenti. Certamente notevole sarebbe il guadagno dell’epigrafia che, nel rapporto con la paleografia, si trova in grave svantaggio rispetto alla diplomatica (alla quale è stata felicemente assimilata) proprio perché i suoi studiosi, a differenza dei diplomatisti, non hanno generalmente alle spalle una preparazione paleografica specifica. Lo scambio potrebbe avvenire anche sotto forma di lezioni propedeutiche comuni. Un desideratum potrebbe essere che, o sistematicamente, o almeno una volta per quadriennio, i corsi di paleografia facessero più spazio alla paleografia d’età romana. Esercitazioni, seminari, tesi di laurea condotte in comune potrebbero dare un ulteriore contributo alla formazione di quel nuovo tipo di epigrafista paleografo e di paleografo epigrafista di cui si è cercato di mettere in evidenza, insieme, la mancanza e l’utilità.

Lihat lebih banyak...

Comentarios

Copyright © 2017 DATOSPDF Inc.