2018. A True Story of Schizophrenia - Dulcinea del Toboso V (Magnes sive De Arte Magnetica)

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Descripción

Dulcinea del Toboso V
(Magnes sive de Arte Magnetica)

Lo stesso tremito Bouvard lo sentì
nel palmo della mano della signora Bordin
(G. Flaubert, Bouvard et Pécuchet)

ndr - Anche se ora ho maturato qualche riserva nei confronti di M e sulla
sua 'stranissima' malattia, mi preme comunque raccontare qui - dopo aver
'registrato' con molte perplessità quanto letto dal medico pediatra - ciò
che avvenne subito dopo, perché spiega molto bene gli incredibili sviluppi
di questa vicenda, che del resto si conclude, manco a dirlo, con la
scomparsa di M.
Ovviamente, riguardo quel che mancherà in questo testo, confermo che 'manca
ciò che deve mancare e che son io a volere che manchi' [però, che bel giro
cervantino!]. Chi vorrà, poi, ammesso che la moglie acconsenti esponendo
così il marito al ridicolo se non al ludibrio, pubblicherà quel che io oggi
mi rifiuto categoricamente anche solo di trascrivere.

A fine lettura dell'oscena postilla, una furia libricida - e anche
iconoclastica per quel che quei libri potevano significare per M, cioè
quanto di più bello dell'immagine che dei suoi libri M s'era fatto - non
ebbe più freno. Così, con metodiche annotazioni sul suo promemoria, ai
primi Ventinove 'd'uso quotidiano' Fabrizio fece seguire nel camino quasi
spento una nuova serie di libri.
Il Magnani, ovviamente, che nel foglio di Fabrizio veniva distrattamente
riportato e trascritto sotto la voce 'Goethe e Mozart', accompagnata dalla
qui poco congrua nota tra parentesi 'discesa agli inferi', fu il primo di
questa seconda serie a prender fuoco, e con esso tutti i post-it e i fogli
a-quattro ripiegati al suo interno, insieme, forse, a qualche petalo di
rosa; cosa però piuttosto improbabile, considerato l'uso che di tale libro
M ne aveva fatto: e questo fu ciò che venne in mente in quel momento
all'intraprendente Mabillon medico pediatra, anche se le fiamme erano
stranamente divampate sprigionando scintille in una ampia gradazione di
sfumature azzurrine.
L'ormai illeggibile Pessoa primo, compresi i numerosi post-it all'interno,
come quello letto con piacere da Fabrizio su Opheline, di cui riporta il
nome nel suo promemoria affiancandolo a quello di Pessoa, seguì
immediatamente il Magnani: la lettera ai due psichiatri, d'altronde, s'era
già dimostrata sufficiente per determinarne la sorte.
Fu poi la volta di tutto un blocco di Grandi Libri Garzanti, copertina
rossa, per lo più di letteratura francese, che, estratti quasi tutti dalla
seconda pila, probabilmente M andava ultimamente consultando, perché tra le
pagine di un Mademoiselle de Maupin, ad esempio, la marcata sottolineatura
alla pagina duecento trentuno in cui si legge:

È uno strano paese la mia anima: fiorente e splendido in apparenza, ma
più saturo di miasmi putridi e deleteri che il minimo raggio di sole
(ddt) sul suo fango vi fa schiudere rettili e pullulare zanzare

può benissimo essere in relazione con quanto M veniva contestualmente
elaborando (delirando) nei suoi incomprensibili scritti. Difatti, anche in
Studio di donna e altri racconti di Balzac le frequenti e marcate
sottolineature nelle pagine della superba introduzione biografica del
Benni, testimoniano assai bene degli astrusi interessi che in quel periodo
potevano occupare la mente di M. Su quest'ultimo libro, infatti, alla
pagina tredici di tale introduzione, una breve sottolineatura rimarca
dapprima gli interessi di Balzac verso l'occultismo, per poi distendersi,
subito sotto, sulla frase che il curatore riprende da Falthurne - racconto
giovanile balzachiano non presente in questa raccolta - che la dice lunga
sugli interessi 'mentali' di M:


È una maga (ddt), e con i suoi poteri compie prodigi inspiegabili. È
la portavoce di un'altra realtà, più profonda e reale di quella
apparente, e assolve alla sua missione di educare gli uomini ad una
'seconda vista'. Esistono nella natura delle forze sconosciute, e
rapporti tra le sostanze in movimento che pochi uomini hanno saputo
vedere. Contemporaneamente, nell'uomo esistono delle facoltà, dei
fenomeni, dei godimenti che rimarranno a lungo ignorati. Dall'ultimo
degli insetti, invisibile a quelli che noi non vediamo, fino alla
forza immensa che fa muovere il mondo, esiste una catena di rapporti
necessari che è possibile agire conoscendola.

Una nota a matita, tra parentesi e in maiuscolo, 'cfr. athanasius kircher,
de magnetica arte - duchamp quarta dim - (ddt)', accompagnava a margine la
frase sottolineata. Ma di Kircher, ripensandoci, nella cartellina bianca
consegnatagli dalla moglie di M, Fabrizio aveva già trovato una stampa a
costui riferita.
Carte, dunque, che riguardano gli ultimi interessi di M, se così posso
dire, e che, riprese in mano e ricontrollate dal medico, sono le pagine del
Magnes sive De Arte Magnetica, ma solo quelle relative al capitolo De
magnetismo amoris, come trascritto nel titolo del fascicolo stesso che, in
prima pagina, riproduce il frontespizio della prima edizione dell'opera
kircheriana, ossia la catena aurea che unisce magneticamente i medaglioni
delle arti e delle scienze con i loro corrispondenti emblemi: una sorta di
cosmo magnetico, dunque.
Nel testo kircheriano, tuttavia, le sottolineature riguardano solo laddove
viene a trattarsi

del modo di manifestarsi del magnetismo elementale, principio
universale che lega intimamente tutte le cose create preservando così
l'armonia del mondo

prima sottolineatura seguita da

vi sono, infatti, le forme del magnetismo vegetale, animale,
medicinale, musicale e dell'amore

con le due ultime modalità accompagnate da una sottolineatura doppia e
dall'incomprensibile e inafferrabile commento: 'Amore e Musica sono
complementari: senza l'uno l'altro muore'.
Ai due primi 'francesi', dunque, inconsultamente piroettati e gettati nel
fuoco, che intanto, ancor più felicemente alimentato, cominciava a mostrare
strane configurazioni luminose (d'altronde, la mirabile Madeleine de
Maupin, Rosette e il concupiscente d'Albert, insieme alla marchesa de
Listomère e a Mme de Beauséant, s'erano appena uniti al giovane
meravigliosissimo Mozart[1] e a sua sorella, al grande Assiano
quattordicenne, alla dolce Opheline e al Portoghese), seguirono presto gli
altri, francesi anch'essi.
Il fuoco, come detto, andava ora riprendendo vigore, ma a tal punto che le
fiamme, che in così poco tempo erano gagliardamente divampate, sembrava
volessero inoltrarsi al di là del camino, col grave rischio che si potesse
generare un banale e insignificante incendio nella bellissima casa di M [e
questa storia, poi, se ne sarebbe andata a farsi friggere in quanto troppo
somigliante al burning books del canettiano, inconsistente e vile sinologo
Kien; ndr].
'Gautier' e 'Balzac', furono pertanto i nomi riportati nel promemoria
fabriciano, banalmente accompagnati rispettivamente dalle note 'Putridume'
e 'Magnetismo Kircher', da cui non si sa quale significato avrebbe poi
potuto dedurre l'ingenuo ma amabile medico pediatra.
Estratto anch'esso dalla seconda pila, un'Educazione flaubertiana si trova
ora tra le mani del maldestro ma bonario medico pediatra, di nuovo seduto
comodo in poltrona e vicino al camino. Soltanto una pagina, però, e
precisamente la duecento trentasei, ha una sottolineatura e un'orecchia
ripiegata in alto a destra a mo' di segnalibro. Riguarda la frase che il
non più giovane protagonista rivolge finalmente a Mme Arnoux, quando cioè,
praticamente alla fine del libro, il 'quasi banale' Federico (così in una
nota a margine a matita) riesce faticosamente a dichiararle eterno amore.
Certo, ovviamente nessun sospetto, da parte di Fabrizio, per il più
classico, ma anche il più bello, tra i roman d'apprentissage
dell'Ottocento, che tuttavia si ritrova ben presto nel camino.. ma insieme
a chi? insieme a quell'esilarante e inatteso Bouvard et Pécuchet, quel
postumo incompiuto con cui il quasi sessantenne Flaubert si dilettò negli
ultimi cinque anni della sua vita, soprattutto quando narrava a se stesso
dell'imbarazzo ma anche dell'intraprendenza del senescente Bouvard davanti
alla magnificenza carnale e all'ancor rigogliosa bellezza fisica della
meravigliosa e stupefacente Mme Bordin.
Il de Nardis, intanto, cioè l'allarmante Mallarmé con quella lunga e
inimmaginabile scandalosissima postilla - forse il racconto di un sogno o
una folle fantasia elaborata da M - è rimasto appoggiato sul davanzale del
camino, perché è, probabilmente, la 'prova madre' che Fabrizio va cercando.
Tuttavia, pensando a quest'ultimo 'francese', per logica e naturale
conseguenza tutto ciò che ora 'suona' in quell'incantevole lingua viene
dato rapidamente alle fiamme.
Della stessa collana Grandi Libri, con quell'ormai inconfondibile copertina
rossa e anch'essi tutti sulla seconda pila, il medico pediatra destina così
all'incenerimento un Bel-Ami, un La ricerca dell'assoluto e un Sarrazine
balzachiani, seguiti subito dopo dal primitivo Oscar Mondadori L'amore e
l'occidente di Denis de Rougemont e, a raffica e senza più prender nota sul
suo promemoria, i già pronti e predisposti al fuoco Le grandi opere liriche
di Mozart, i quattro Paperback freudiani e i tre Nuova Universale Einaudi:
il Minima Moralia dell'Adorno, il Canzoniere continiano e l'Angelus Novus
benjaminiano.
Il camino, intanto, già colmo e saturo di libri e variamente scoppiettante,
ha raggiunto un livello di fiamma non indifferente che non consente più al
medico di procedere con l'incenerimento di altri libri.
Così, costretto a concedersi una pausa nell'abbrugio e prendendo
distrattamente un voluminoso Sansoni con copertina rossa, Fabrizio torna a
sedersi.
Rasserenandosi un po', rendendosi conto di avere ora in mano un più che
rassicurante Teatro di Racine (in una vecchia ma bellissima edizione Grandi
Classici dell'ottantacinque), Fabrizio si accinge lentamente a sfogliarlo.
D'altro canto, egli sa bene che nulla di conturbante o di 'nocivo' può
esservi contenuto, considerando che l'autore, assai più del gesuita
Corneille, almeno secondo le sue ancor vive reminiscenze liceali, passò per
il grande moralizzatore dei costumi di quella Francia che, subito dopo le
siècle d'or, avrebbe poi conosciuto i Voltaire, i Diderot e tutti
quegl'altri 'illuminati' che facilmente (quelli sì!) potevano essere
accusati di fosco e caliginoso libertinismo.
D'altronde, consultando l'indice e scorrendo rapidamente i titoli di quelle
opere, è quel che in questo momento pensa il nostro Mabillon medico
pediatra.
Continuando a leggerlo, infatti, s'accorge ch'è sottolineato soltanto in
Fedra, ossia laddove l'infelice regina rivela la sua inconfessabile pena
alla vecchia nutrice Enone; e ciò non lo preoccupa affatto.
Ma continuando a leggere seguendo la meticolosa sottolineatura fatta da M,
Fabrizio, voltando pagina, s'avvede subito che sotto la confessione
dell'esangue regina v'è una strana nota a matita seguita da un punto
interrogativo, che però nulla sembra avere di 'letterario' o in relazione
con quanto sottolineato: 'può esser vero amore mio? ddt'.
Allarmato, capisce subito che quella nota non può che essere un
incontrovertibile indizio; un indizio, dunque, che prima di diventar fuoco
costringe il medico pediatra a trascrivere nel suo promemoria:

alle parole di Fedra: «Lo vidi e arrossii, impallidii a vederlo.
Nell'anima smarrita irruppe lo scompiglio. Non vedevo più niente, non
potevo parlare. Poi sentii il mio corpo bruciare e raggelarsi» è stata
aggiunta la nota 'Può essere vero amore mio?'.

Sfogliando l'introduzione per capir meglio quella chiosa priva di aggancio
al testo, Fabrizio arguisce, nelle poche righe dedicate al Fedra, che la
donna è innamorata del figlio; questo, infatti, così almeno sembra, è
quanto lui è riuscito a capire[2].
Senza pensar più di tanto, agguanta allora a caso, e senza nemmeno
sfogliarli, altri cinque piccoli libri dalla seconda pila, ne legge
rapidamente il dorso (Trilogia della città di K., il Diario di una
scrittrice della Woolf, Un dio coperto di rose di una certa Rossana Ombres,
un vecchissimo L'ordine simbolico della madre della Muraro e un Luce
Irigaray in francese, un decrepito Ce sexe qui n'en est pas un delle
édition de Minuit) e, riflettendo tra sé dicendosi: «Tutte donne», li
immola insieme al Fedra, dapprima squadernandoli, rendendoli meno compatti
e più arrendevoli alle brame divoratrici del fuoco, e poi, con suo turpe
piacere, meticolosamente appoggiati uno per uno dentro al camino, facendo
sì che subito vengano avvolti dalle fiamme.
Il fuoco, d'altronde, già colmo di libri, gli risponde subito, come per
ringraziarlo, con un'altissima fiammata e un rimbombante e preoccupante
rumore sordo, dovuto forse al fatto che l'accumulo d'inchiostro possa aver
creato una camera asfittica all'interno del camino e che la cruda e
impellente necessità d'ossigeno delle inesorabili fiamme può aver fatto
esplodere.
«Però, con tutte queste donne è il minimo che può succedere a questo bel
fuoco maschio dominante!», ragiona rozzamente Fabrizio, che fra sé ripete
ad alta voce una frase letta per caso sulla quarta di copertina del libro
della Muraro e che, anche se nervosamente, lo fa ridere di gusto,
compiaciuto del suo crudo humor e delle sue conseguenti e stupide
riflessioni filologiche.
Ancora non soddisfatto, ecco che quattro vecchi Shakespeare appena
sfogliati, i famosi Shakespeare della einaudiana Scrittori tradotti da
scrittori - un Come vi piace, in cui il medico legge un rimando a M.lle de
Maupin, un Antonio e Cleopatra, in cui trova sottolineate alcune parole
lascive che Antonio rivolge alla regina, un Amleto, con molti rimandi al
solito Igitur di Mallarmé, e, con un petalo di rosa all'interno, la
Tempesta, col nome della protagonista più volte evidenziato e accompagnato
dalla sigla a matita 'ddt' - sono anch'essi subito nel fuoco.
I Sonetti, però, incomprensibilmente vengono risparmiati; non si sa e non
si capisce il perché. Non ci sono commenti in merito; so solo che
raggiungono rapidi un posto sicuro vicino al secondo Faust già custodito
nella borsa del medico. Credo, tuttavia, di poter azzardare un'ipotesi:
forse perché possono aver alimentato alcune reminescenze amorose
nell'imperturbabile medico pediatra?
Infine, per completare la seconda serie da incenerire, un ultimo
'francese', ultimo anche della seconda pila, un Racconti fantastici di
Gautier della stessa collana Grandi Libri, viene dato alle fiamme. Di tutto
il libro soltanto la frase finale de La morta innamorata:

«Disgraziato! Disgraziato! Che cosa hai fatto? Perché hai dato ascolto
a quello stupido prete? Non eri felice? E che ti avevo fatto io,
perché tu violassi la mia povera tomba e mettessi a nudo le miserie
del mio nulla? Ogni comunicazione tra le nostre anime e i nostri corpi
è ormai interrotta. Addio. Mi rimpiangerai!». Si dissolse nell'aria
come fumo e non la rividi più.

risulta sottolineata.
Ma a seguire, la nota a matita, trascritta subito e integralmente dal
medico pediatra sul suo promemoria sotto la voce: 'invisibilità - cfr.
freud, sogno e telepatia', lo induce a lugubri pensieri. Stanco, e
leggermente disgustato, forse a causa dei contesti mentali a dir poco
inusitati, a lui non molto congeniali, Fabrizio cerca comunque di
riflettere e capire perché, per sua malaugurata sorte, deve dar fuoco a
tutti questi libri e quale possa esserne poi l'effetto salvifico o
'curativo-benefico' su M.

«Dentro c'è anche l'elenco dei libri rubati da M[3]. Sono tutti in
quell'armadio; io non sono ancora riuscita a restituirli». Così gli aveva
detto la moglie di M prima di andar via consegnandogli la cartellina bianca
con il 'fantasmino' pieno di stampe e il verbale di denuncia dei
Carabinieri completo di elenco dei furti compiuti; e a questo va pensando
Fabrizio, ora seduto in poltrona mentre distrattamente fissa il grande
armadio in stile provenzale lì di fronte a lui.
Preso l'elenco, redatto su carta intestata del Comando di san Lorenzo in
Lucina, Fabrizio comincia a leggerlo e, a voce alta, rapidamente a contare:
«.. ventisei.. ventisette.. ventotto.. ventinove.. Ventinove! quasi
trenta.. ». Sotto ogni titolo, una data; probabilmente quella del furto.
Nell'angolo dell'armadio, dunque, cioè dove la moglie aveva radunato tutti
i libri rubati da M - rubati tra l'altro con l'evidente intenzione di farsi
riprendersi dalle videocamere delle librerie, episodi poi raccontati da M
in un resoconto richiesto dai medici - il bellissimo La regina delle fate
salta subito agli occhi del nostro improbabile Mabillon medico pediatra.
In una sobria e ruvida copertina verde chiaro (priva cioè della sovra
coperta plastificata) e con numerosi piccoli note-pads arancioni interposti
tra le pagine, è evidente che, in questo libro, c'è qualcosa che può averlo
preso a tal punto da fargli perdere il senno. I canti sette e otto del
Sesto libro, cioè quello dedicato a sir Calidore, or Book of Courtesy, sono
tra i più sottolineati: in carta così leggera, M v'aveva impresso in egual
modo il suo marchio 'sottolineatore'. È evidente, però, che M sottolineasse
solo per sé; forse per ricordare meglio, e magari proprio attraverso e per
il piacere di sottolineare quel che voleva ricordare. Ma quel che
sottolineava denotava, per il medico, quel che egli ormai sospettava di
cosa M soffrisse: «La pura follia».
«Certo, un libro del genere, 'tradotto per la prima volta in italiano nel
2012, solo dopo quattro secoli dalla prima pubblicazione in lingua inglese'
- come riportato in una nota a matita sulla seconda di copertina - non
poteva mancare nella libreria di quel matto di M»; così s'espresse tra sé,
ma bonariamente, il medico pediatra pensando all'amico ormai infermo di
mente che rubava libri del peso di più di due chili e di oltre duemila e
trecento pagine.
Aprendo il libro al note-pad più sporgente e con la scritta 'book vi cant.
viii', guardando sulla pagina del testo a fronte all'inizio del canto otto,
Fabrizio ripensa subito alle due stampe in inglese già lette e ritrovate
nel fantasmino: anche lì, d'altronde, c'erano le diciture 'book vi cant.
vii' e 'book vi cant. viii', precedute dal titolo in grassetto for gea
(part one) e for gea (part two). Anch'esse in aulico inglese e ora di nuovo
nelle sue mani, confrontate con le due versioni del libro, l'intraprendente
Mabillon medico pediatra ne riconosce facilmente l'origine anche se non il
motivo della loro trascrizione né, tanto meno, del loro essere nel
fantasmino.
Che la storia, poi (che nei due canti tratta delle vicende di una certa
Mirabella il cui nome è spesso accompagnato dalla nota a matita 'ddt'), sia
il ritratto di una donna altezzosa e sprezzante che sta pagando le sue pene
(condotta da un asino e costantemente afflitta da Sdegno e Dileggio - così
nel testo) perché condannata dal tribunale di Amore proprio a causa del suo
tracotante disprezzo, sembra che nulla abbia a che vedere con la malattia
di M.
Del testo, tuttavia, sia in inglese che in italiano, Fabrizio legge quanto
nelle due versioni era delicatamente ma attentamente sottolineato, del
canto sette, alla stanza Ventinove[4]:

Unworthy she to be belou'd so dere,
That could not weigh of worthinesse aright.


Indegna era lei d'esser tanto caramente amata,
Se non riusciva a dare il giusto peso al valore.

-----------------------
[1] Pare che, in età più matura, mentre suonava il piano con gli occhi
bendati e sostenuto da giovani donne con le gambe in aria, davanti a conti
e seducenti marchese scoreggiasse a ritmo, efficacemente e sonoramente
[Scusami mio paziente e improbabile lettore, ma proprio non sono stato in
grado di trattenermi e non dirlo - ndr].
[2] In realtà è innamorata del figliastro.
[3] ndr - Sembra che M per ogni furto commesso ne abbia fatto un racconto.
Ci sono alcune stampe, nel 'fantasmino', che dal titolo, ad esempio, Come e
perché rubai l'Arturo, fanno pensare ad una strategia non solo pratico-
logistica ma anche di carattere filologico-letterario, perché ogni stealing
books sembra essere stato un 'furto su commissione' per un certo
fantomatico Max Neodimio, sedicente scrittore e storico d'arte conosciuto
nell'invisibilità del web e in procinto, pare, di completare il suo
grimoire.
[4] È l'unica pagina che riporta un note-pad verde.
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