2018. A True Story of Schizophrenia - Dulcinea del Toboso I (Don Chisciotte de la Mancha)

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Descripción

Mental Health - True Stories Series.



2018. A True Story of Schizophrenia


Index:
Part I (Igitur, ou la folie d'Elbehnon)

Dulcinea del Toboso I (Don Chisciotte de la Mancha)
Dulcinea del Toboso II (L'azur ! l'azur ! l'azur ! l'azur !)
Dulcinea del Toboso III (Una sola moltitudine)
Dulcinea del Toboso IV (Faust II : Den Muttern !)
Dulcinea del Toboso V (Magnes sive De Arte Magnetica)


Part II (Marcel, invisible, re-monte un escalier)


Dulcinea del Toboso VI (The Faerie Queene)
Dulcinea del Toboso VII (The Creative Act : Marcel Duchamp)
Dulcinea del Toboso VIII (Ulysses : An Incredible Bloomsday)
Dulcinea del Toboso IX (Dissolution)
Dulcinea del Toboso X (Epilogue)




avvertenza: La storia qui narrata è un'avventura mentale.
È disposta su più piani, ognuno dei quali può essere indagato e percorso
anche grazie alle indicazioni bibliografiche e alle note a piè pagina.
Ovviamente in ciascuno di questi piani[1] vi si incrociano e intrecciano
anche parti degli altri[2]; il che vuol dire che l'interpretazione spesso
rimane aperta a qualsiasi significato; il ché dipende dall'osservatore-
lettore: c'est la loi de l'hasard, quella mirabilmente espressa da Marcel
Duchamp.
Il testo, d'altronde, è costellato di interrogativi e momenti di
sospensione, cui non può darsi spiegazione se non risalendo alle fonti che
esso stesso fornisce. Rimane comunque un testo 'non finito' affinché possa
dar luogo alle interpretazioni le più disparate.



interests:
James Joyce, Mental Health, Schizophrenia, Johann Wolfgang von Goethe,
Georges Bataille, Fernando Pessoa, Stéphane Mallarmé, Philosophy of Love,
Edmund Spenser, Marcel Duchamp, Don Chisciotte, Sociology of Emotions,
Sacred Space, Inframince, James Joyce's Ulysses, Athanasius Kircher,
Wolfgang Amadeus Mozart, Sociology of Love, Miguel De Cervantes Saavedra,
The Faerie Queene, Art and Mental Sciences, Bloomsday, Il Grande Vetro,
Quarta Dimensione, Dulcinea del Toboso, Igitur, ou la folie d'Elbehnon, The
Creative Act and Mozart en ré mineur.



part i

(Igitur, ou la folie d'Elbehnon)
Dulcinea del Toboso I
(Don Chisciotte de la Mancha)

¿Aldonza? ¿quién eres tú? ¿tiene usted lo que estoy buscando? no lo creo..
Me voy a morir de amor.. me voy a morir de amor por Dulcinea ;
Pero tù no es Dulcinea.. por lo tanto, me voy a morir.. también sin amor..
(M, November 2nd, 2017)

E così cominciarono a far fuoco di tutti i suoi libri, ormai considerati,
tra le persone che lo conoscevano, quale unica fonte e ragione della sua
'straordinaria' follia.
Dopo un breve sopralluogo nei posti ove maggiormente si trovavano quelli
d'uso quotidiano (in cucina, sulla scrivania dello studio, sul comodino
nella stanza da letto e, un po' dappertutto, anche in bagno), Fabrizio,
d'accordo con la moglie di M, decise che quei libri sarebbero stati tra i
primi ad essere inceneriti.
Così, raccolti alla rinfusa tutti quelli che si trovavano in quel momento
nella stanza da letto, il primo libro a essere immolato fu l'Anti-Edipo
che, abbondantemente sottolineato, conteneva ancora tra le pagine alcuni
post-it pieni di appunti. Quel che Fabrizio provò a leggere in quel libro,
senza però capirvi nulla, riguardava alcune note sul concetto di 'macchina
desiderante', con moltissimi rimandi al Grand Verre di Marcel Duchamp e,
anche se in misura minore, al Faust (il secondo Faust, come specificato), a
un'opera, credo sconosciuta perché incompiuta, intitolata Igitur, ou la
folie d'Elbehnon di Stéphane Mallarmé e, strano a dirsi, al Don Giovanni di
Mozart.
Il titolo del libro, però, insieme a quelle insistenti e maniacali
sottolineature sotto la frase 'macchina desiderante', già bastavano a
Fabrizio per considerarlo un libro degno del fuoco, perché anch'esso doveva
certamente aver contribuito alla 'strana' follia del suo stimato amico.
Fabrizio, d'altronde, un medico pediatra da tanti anni amico di M, con cui
gli piaceva andare in giro per Roma per mostre e convegni d'arte, voleva
solo onorare al meglio l'incombente incarico che in quel momento la moglie
di M gli aveva pregato di prendersi, ossia quello di fare una prima cernita
dei libri da incenerire secondo quanto richiesto dall'ospedale psichiatrico
dove M era in cura.
La moglie di M, in effetti, aveva da poco ricevuto un promemoria
dall'ospedale Villa Divino Amore (l'ex San Valentino, sulla Cassia
giustinianense), che riguardava sia le modalità che la durata del ricovero
del marito.
Difatti, subito sotto le indicazioni sull'igiene e sulle necessità
materiali del paziente, una marcata cancellatura a penna, sovrastata da una
nota scritta a mano a caratteri cubitali, destò stupore e vivo sconcerto
tra i suoi familiari perché, se ad altri pazienti era consentito l'uso di
libri, riviste e tutto l'occorrente per scrivere, per M erano
tassativamente vietate non solo la lettura e la scrittura, ma anche
l'ascolto di musica. Sempre a penna, inoltre, v'era stato aggiunto
l'inquietante appunto:

«L'opportunità del caso richiederebbe anche la distruzione, o la
scomparsa, di tutti i libri del paziente prima del suo rientro in
famiglia».

Nel leggere questa brutale nota, i figli piansero, pensando che il padre
fosse realmente in un grave stato di salute psichica. La moglie di M, su
questo, per il momento non volle commentare, per non aggravare lo sconforto
dei ragazzi; ma come riuscì a star sola e a chiamare l'ospedale, piangendo
sommessamente, volle informarsi con l'operatore di turno riguardo le note
scritte a penna sul promemoria nosocomiale ricevuto e sugli insoliti
divieti disposti per il marito.
Dall'altra parte del telefono, intanto, l'operatore di turno, che avrebbe
voluto metterla in contatto con il dottor Mentòre, il medico psichiatra che
teneva in cura M, non riusciva a spiegarle che, forse, qualcosa era
possibile concedere al marito. Ma tante le lacrime e i singhiozzi che in
quel momento la signora non riusciva a tenere a freno, non permisero a
quello di finire la frase, perché, ormai in preda ad un pianto
irrefrenabile, la povera donna subito dopo chiudeva la telefonata.
Ma questo poco interessa la nostra storia: l'importante è che nella
narrazione, non ci si allontani minimamente dal vero.
Dopo l'Anti-Edipo, ad ardere nel fuoco fu il Don Chisciotte, ma solo il
primo tomo, in una vecchia ma discreta edizione della collana Grandi Libri
Garzanti. Anch'esso, infatti, era abbondantemente sottolineato, soprattutto
nei punti che riguardavano i modi di dire un po' antiquati cervantini (che
spesso ritroveremo in seguito anche negli scritti di M, come, ad esempio,
la frase 'se così sembra che sia') e nelle stupefacenti circonlocuzioni
riferite alla meravigliosa Dulcinea del Toboso, superlativa creazione
mentale dello strambo e immaginifico cavaliere errante, il cui nome però si
ritrova spesso accompagnato dall'incomprensibile sequenza di lettere
maiuscole, scritta tra parentesi e a matita, con tratto leggero e quasi
invisibile: 'ddt'.
La scelta di Fabrizio di dare alle fiamme anche il Chisciotte,
all'apparenza un libro innocuo per la salute mentale di chiunque e quindi
anche di M, fu determinata dal fatto che questo libro, come molti altri,
era 'troppo sottolineato', e come tale in qualche modo 'studiato' e
probabilmente anch'esso all'origine dello stato mentale in cui si trovava
il suo amico.
Il criterio di scelta che il medico pediatra s'era dato era pertanto,
seguendo alla lettera le indicazioni dell'ospedale, quello di far sparire
tutti quei libri che potevano aver causato la 'strana' follia dello
'strano' paziente ivi ricoverato e, con incredibile e superficiale
sillogismo, anche il Chisciotte era, per il 'medico' Fabrizio, all'origine
dell'inspiegabile spersonalizzazione che ora affliggeva M.
Il camino, intanto, si andava riempiendo di altri libri.
Tra quelli più a portata di mano, e subito pronti per essere inceneriti, ve
n'erano alcuni ancora nuovi e appena sfogliati, come Un Karma pesante della
Bignardi, forse un regalo, segnato da una breve diagonale a penna nera sul
frontespizio, un Meridiani, praticamente intonso, con tutte le opere di
Hemingway, e una nuova edizione Adelphi del Siddharta, con alcune pagine
costellate solo di punti interrogativi e due brevi diagonali sul titolo nel
frontespizio; altri libri, invece, assai lisi dall'uso frequente e
riccamente annotati ai margini, sembravano testimoniare l'ossessione
maniacale con cui erano stati letti. Tra questi ultimi v'erano anche alcuni
vecchissimi manuali di liceo, come la Storia moderna del Villari e il terzo
volume dell'Adorno Gregory Verra, probabilmente usati recentemente da M
solo per consultarne alcune pagine. Su quest'ultimo, d'altronde, v'era un
post-it quasi nuovo incollato tra le pagine su Heidegger che riportava
ancora una volta alcuni passi del Faust (o meglio, dell'Ur-Faust) e
specificamente la frase scritta in rosso e sottolineata due volte:

Mirala bene! Ell'è Lilith (v. 4119)

accompagnata, subito sotto, da quest'altra nota:

Sta in guardia dai suoi bei capelli,
Da quello splendore che solo la veste.
Fai che abbia avvinto un giovane con quelli,
E ce ne vuole prima che lo lasci.

A mo' d'epigrafe, la frase, anch'essa in rosso: 'La grandezza dell'uomo si
misura in base a quel che cerca e all'insistenza con cui egli resta alla
ricerca (M. Heidegger)' chiudeva il post-it.
Fu così che tra i libri che sembravano essere d'uso quotidiano, e quindi
pronti ora per essere immolati nel fuoco, uno in particolare destò
l'attenzione di Fabrizio, sia per l'importanza del libro sia per
l'abbondanza di post-it e di annotazioni e postille all'interno.
In quel preciso istante, in effetti, sarebbe dovuta essere la volta del
secondo Faust, che il medico pediatra, avendolo in quel momento tra le
mani, andava ghiottamente sfogliando soffermandosi sulle numerose postille
a margine, tutte scritte in minuto stampatello, con rimandi alla musica di
Mozart, al Don Giovanni soprattutto, all'Igitur di Mallarmé, al De rerum
natura e, strano a dirsi, al Grande Vetro di Marcel Duchamp, a tal punto
che, sfogliando il libro, Fabrizio non riusciva più a smettere di leggere.
Un passo particolarmente annotato e ricco di glosse sulla musica di Mozart,
era quello riguardante l'episodio della nascita di Euforione, il cosiddetto
Arcadia (o Bosco ombroso), dove Faust, in mistiche nozze con l'Elena
paridéa, nome accompagnato spesso dalla sigla 'ddt', nel breve giro di
trecento versi vede nascere, volare e morire questo suo figlio: 'un'idea',
era riportato a margine.
Un rimando bibliografico a un certo Magnani, Goethe, Beethoven e il
demonico, era accompagnato dalla nota, con sottolineatura doppia: 'cfr. den
müttern! (faust ii, v. 6265) e igitur'.
Nel libro, poi, Fabrizio rinvenne un altro post-it con su scritto questa
nota incomprensibile e all'apparenza completamente slegata dal contesto
faustiano:

La vita? L'amore.. la sofferenza e l'angoscia ch'esso procura, la noia
e il fastidio di dover pensare ad altro, la voglia di non-essere più e
trasformarsi in qualcos'altro che lieviti e non abbia più terreno
sotto di sé, e così sostenere, coerentemente, che quello è l' unico
speciale desiderio, che mai sarà sostituito con altri perché è a lui
che ci si vota per sempre, fino a che, riappacificatisi col mondo
attraverso la morte, si ri-torna finalmente a ri-possederlo, re-
immergendosi e ri-componendosi in esso attraverso la materia informe.

In basso a destra la nota 'cfr. bataille, l'informe' chiudeva il post-it.
Senza farsi accorgere dalla moglie di M, Fabrizio, in un evidente 'raptus
di follia', volle così nascondere il libro nella sua borsa da medico, e
dunque risparmiare il volume goethiano (così alacremente postillato) dal
potere distruttivo e violento delle fiamme.
Fu poi la volta di Fernando Pessoa, del grandissimo Fernando Pessoa, o
meglio, dei grandi eteronimi di Fernando Pessoa [letto con passione l'ho
conosciuto e amato anch'io - ndr]. Una sola moltitudine, in due volumi,
prese ben presto fuoco insieme ai numerosi post-it all'interno.
Probabilmente questi due libri potevano effettivamente ricondurre
all'origine della 'strana' follia di M, perché, dopo aver letto, barrata
con tre verticali ai margini laterali, la frase:

Sono un istero-nevrastenico, ma fortunatamente la mia nevropsicosi è
molto debole. La mia isteria è solo interiore, è solo mia; nella mia
vita con me stesso ho quell'instabilità di sentimenti e di sensazioni,
quell'oscillazione di emotività e di volontà che caratterizzano la
nevrosi proteiforme

alla pagina centodiciassette del primo volume dove inizia la Lettera a due
psichiatri francesi, il medico pediatra, in un irreprensibile e per lui
consono scatto d'ira, letteralmente li scaraventa nel camino, compiacendosi
anche per la sua integerrima fedeltà alle istruzioni impartite dal dottor
Mentòre, direttore e insieme 'guida morale' dell'ospedale psichiatrico in
cui M era ricoverato: far fuoco di tutti i libri di M, indubitabilmente
all'origine della sua stranissima malattia.
Così, nel prosieguo, canettianamente presero fuoco nell'ordine: La commedia
della vanità, un grosso Penguin dal titolo The Faerie Queene, à Rebours, il
Dizionario filosofico di Voltaire, l'Apologia della storia (un vecchissimo
Pbe tutto sottolineato e postillato), Sexual Personae, molto appuntato
soprattutto laddove tratta del Don Juan di lord Byron, Eclisse della
ragione, Dialettica dell'Illuminismo, Eros e civiltà, di cui Fabrizio lesse
di quest'ultimo solo l'etichetta nel retro, 'maraldi roma - lire ottomila',
L'uomo senza qualità in due volumi, leggiucchiati un po' dal medico ma,
lette alcune postille all'interno, subito gettati nel fuoco, quattro Pbe di
Roland Barthes (La grana della voce, L'ovvio e l'ottuso, Il grado zero
della scrittura, I frammenti di un discorso amoroso) completamente passati
inosservati, un Tutti i racconti di Lovecraft, il quarto volume in Oscar
Mondadori con ricche sottolineature all'interno, i due volumi dell'Ulisse e
il Finnegans wake joyciani, immediatamente immolati nel fuoco perché il
primo era pieno di postille e di vecchi post-it gialli tra le pagine
usurate, motivo già di per sé sufficiente per essere distrutto, mentre il
secondo - e questa fu l'osservazione che fece Fabrizio ricordandosi di come
il libro inizi in minuscolo e finisca senza punto, cioè un 'fluidofiume',
come già gli aveva fatto notare M indicandogli la natura vichiana dello
scritto - perché, facendolo boriosamente notare alla moglie di M, era un
libro 'assurdo', cioè una semplice ma contorta trascrizione onomatopeica
della realtà. Un libro, dunque, fatto di 'rumori', come già gli aveva fatto
notare M, e dunque 'folle' per Fabrizio, come ad M, d'altronde, appariva,
ma solo un po', l'ultimo Joyce, quello dei Finnegans appunto,
superficialmente definito sui generis su Wikipedia, l'utile enciclopedia
telematica a volte soggetta ai giudizi incompleti di alcuni critici
improvvisati.
Una nota a matita sulla seconda di copertina incuriosisce infine Fabrizio,
che rapidamente legge: 'le veglie di finnegan, ovvero l'uomo come storia di
tante e diverse identità - cfr. anche anti-edipo, cap. ii'.
Ma letta, sempre in seconda di copertina, un'altra vecchia nota a matita
agganciata all'Ulisse: 'ineluttabile modalità del visibile: almeno questo
se non altro, il pensiero attraverso i miei occhi - ulisse iii', anche il
sui generis Finnegans wake va.

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[1] Reale, mentale, artistico, fisico, erotico, psichiatrico, letterario,
scientifico, filosofico etc.
[2] Si pensi, ad esempio, ad alcuni quadri di Escher, dove più piani
prospettici intersecanti rendono la comprensione spaziale univoca
praticamente impossibile, perché continuamente contraddetta da prospettive
sovrapposte.
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