Un appunto d’Archivio su Nakkas Sinan, «Thesaurismata», Venezia, 31 (2001), pp. 131-136

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M.P. Pedani, Un appunto d’Archivio su Nakkas Sinan, «Thesaurismata», Venezia, 31 (2001), pp. 131-136.

Maria Pia Pedani UN APPUNTO D’ARCHIVIO SU NAKKAŞ SINAN Il 25 gennaio 1479 l’inviato veneziano Giovanni Dario concluse a Costantinopoli con il sultano Maometto II la pace che pose fine a più di quindici anni di guerra. In quello stesso giorno, poco lontano dai Dardanelli nelle acque di Thássos, ignorando quanto stava accadendo nella città sul Bosforo, il sopracomito veneziano Scipione Bon attaccò e catturò due grippi armati carichi di merci. Due giorni dopo, il 27 gennaio, Bon riconsegnò ai due patroni, cioè coloro ai quali erano affidati la responsabilità e il comando delle navi, le due imbarcazioni dietro il pagamento di 16.000 aspri e due ducati. Nell’occasione venne anche redatto un elenco di quanto il sopracomito aveva prelevato dai grippi in denaro e in armamenti, ammontante a un valore di 11.000 aspri. 1 Si trattò di uno degli innumerevoli piccoli scontri navali che avvennero nel Mediterraneo, vero confine, tra Medioevo ed Età moderna, di popoli, culture e religioni; uno scontro non particolarmente cruento che potrebbe facilmente confondersi tra i tanti se non fosse per le particolari concomitanze temporale e per i personaggi che furono indirettamente coinvolti nella vicenda, cioè chi, pur non presente all’azione, aveva pagato per l’armamento delle navi. Soprattutto nella storia dei primi due secoli dell’Impero Ottomano esistono personaggi di cui si può intuire il ruolo importante che svolsero, ma le pochissime notizie di cui si dispone non consentono di chiarire chi fossero realmente e il loro ruolo effettivo. Per la loro biografia possono essere dunque importanti anche veloci annotazioni in grado fornire qualche notizia in più. È questo il caso dei documenti qui presentati che trattano di Sinan, pittore alla corte di Maometto II. L’interesse che questo sultano ebbe per la pittura e la scultura occidentali è ben conosciuto. Nell’apoteosi del suo regno e della sua capitale, come nuova Bisanzio e nuova Roma, le arti figurative ebbero un ruolo importante, come dimostrano le varie richieste di artisti e artigiani (ma quante volte allora questi ruoli si confondevano) da lui avanzate ad alcuni principi italiani. Ciò nonostante, le notizie sulla produzione artistica realizzata allora per la corte ottomana sono scarse e riguardano per lo più pittori occidentali, come Gentile Bellini o Costanzo da Ferrara. In vero a quest’epoca si fa anche risalire l’istituzione di un gruppo di artigiani di corte, gli ehl-i hiref, anche se notizie più precise a questo proposito si

1 Archivio di Stato di Venezia (in seguito ASVe), Commemoriali, reg. 16, c. 173v (174v). I documenti presenti nei Commemoriali si trovano in copia in ASVe, Documenti turchi, b. 1, nn. 20/a-d; cfr. I ‘Documenti turchi’ dell’Archivio di Stato di Venezia, a cura di M.P. Pedani, Roma 1994, nn. 20/a-d dove sono editi i regesti degli stessi; cfr. anche M. Villa, Gentile e la politica del “sembiante” a Stanbul, in Venezia e i turchi, Milano 1985, pp. 160-185.

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hanno solo dal 1525, anno a cui risalgono i primi elenchi di pagamento di questi artisti. Si trattava dunque di salarati del palazzo imperiale, raggruppati in numerose società di mestiere come legatori di libri, gioiellieri, intagliatori di pietre o di legno, ricamatori, sarti, pittori, miniatori e molte altre. Queste gilde erano organizzate con maestri e apprendisti suddivisi a seconda delle regioni di provenienza; era gente dell’Anatolia ma anche dell’Iran o dei Balcani, e persino dell’Europa. Con il termine nakkaş si indicavano allora pittori con differenti specializzazioni come miniatori, illustratori di testi, pittori di figure o di scene. 2 Nella seconda metà del Quattrocento cominciò dunque a strutturarsi la società degli artisti di corte e venne a formarsi anche una tradizione ottomana nella pittura di miniature. Pochissime sono comunque le illustrazioni o le miniature risalenti a quest’epoca. Si tratta di alcune opere conservate a Istanbul, Parigi, Oxford e Venezia, un album di calligrafia e disegni, nonché di alcuni ritratt. 3 Tra questi ultimi uno, raffigurante Maometto II che stringe in una mano un rametto di rosa e nell’altra un fazzoletto, viene comunemente associato a un artista di nome Sinan, anche se non esiste alcuna sicurezza in tale attribuzione. Tale immagine è di gusto orientale, anche se presenta alcuni elementi, come l’ombreggiatura del viso, di matrice occidentale. 4 Poche sono le notizie su questo pittore. Lo scrittore ‘Ālī, nel Menakıb-i Hünerveran, fa i nomi di un certo maestro Paolo da Ragusa, e di due suoi allievi attivi al tempi del Conquistatore, Baba Nakkaş e, appunto, Sinan. Un documento informa che quest’ultimo acquistò una fattoria nel 1491 mentre una lastra tombale scoperta a Bursa reca inciso il nome

2 R.M. Meriç, Türk Sanatı Tarihi Vesikaları: Bayramlarda Padişahlara Hediye Edilen Sanat Eserleri ve Karşılıkları, «Türk Sanatı Tarihi Araştırma ve İncelemeleri», 1 (1963), pp. 764-786; İ.H. Uzunçarşılı, Osmanlı Sarayı’nda Ehl-i Hiref (Sanatkârlar) Defteri, «Belgeler», XI/15 (1981-86), pp. 23-76; F. Çağman, Kanuni Dönemi Osmanlı Saray Sanatçıları Örgütü: Ehl-i Hiref, «Türkiyemiz», 54 (1988), pp. 11-17; E. Atıl, The Age of Sultan Süleyman the Magnificent, Washington-New York 1987, pp. 29-36; D. Loupis, Ottoman Nautical Charting and Miniature Painting: Technology and Aesthetics, in M. Uğur Derman. 65 yaş armağanı, İstanbul 2000, pp. 369-397. 3 E. Atıl, Ottoman Miniature Painting under Sultan Mehmed II, «Ars Orientalis», 9 (1973), pp. 103-120; F. Çağman, Türk Minyatür Sanatının İslâm Sanatındaki Yeri, in İslâm Sanatında Türkler, ‹stanbul 1976, pp. 8488; F. Çağman-Z. Tanindi, The Topkapı Saray Museum. The Albums and Illustrated Manuscipts, trans. and ed. by J.M. Rogers, London 1986, pp. 183-186; F. Çağman, Miniature, in Traditional Turkish Arts, ed. by M. Özel, İstanbul 1995, pp. 185-226. 4 İstanbul, Topkapı Sarayı Müzesi Kütüphanesi, H 2153, c. 10a; B. Gray, Two Potraits of Mehmet II, «The Burlington Magazine», 61/352 (1932), pp. 4-6; A. Sakisian, The Portraits of Mehmet II, «The Burlington Magazine», 74/173 (1939), pp. 172-181.

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Nakkafl Sinan. 5 Ancora meno sono le informazioni su Paolo da Ragusa. I repertori degli artisti non riportano pittori così chiamati, ma si ricorda un Paolo di Antonio proveniente da tale città che era nel 1447 lavorante al servizio di Donatello a Padova; vi fu anche un orefice e medaglista di tale nome che lavorò a Ragusa nel 1463-4 e nel 1469 e un fonditore di medaglie (forse la stessa persona?), attivo a Napoli verso il 1460, che firmò due opere per Alfonso I di Napoli e Federico da Montefeltro. In questo contesto non bisogna dimenticare che Alfonso I (1442-1458) fu il predecessore di quel re Ferdinando I (1458-1494) che inviò a Costantinopoli Costanzo da Ferrara, soddisfacedo così alla richiesta del sultano di avere un medaglista a Costantinopoli. 6 Così, brevemente delineato il contesto, si può tornare ai documenti prodotti in seguito allo scontro navale nelle acque di Thássos. Queste poche carte forniscono ora qualche ulteriore informazione su Nakkaş Sinan. Nel dicembre dello stesso 1479 7 i veneziani, desiderosi di sistemare tutte le pendenze relative alla guerra, ordinarono al bailo a Costantinopoli, Battista Gritti, di rifondere i danni inferti dal sopracomito Scipione Bon in quanto i grippi erano stati attaccati al di fuori di ogni diritto poiché in quel momento la guerra era ormai ufficialmente conclusa. Il Senato dispose di rifondere il pittore del sultano, suo cugino e un turco che era stato prigioniero a Candia, e di spendere per i primi due fino a un massimo di 500 ducati e per il terzo di 300. La vertenza però non venne immediatamente risolta per cui, nell’aprile del 1480, fu ribadito al nuovo ambasciatore a Costantinopoli, Nicolò Coco, di porre finalmente termine alla questione, soprattutto in quanto vi era coinvolto Sinan bey «depentor» del sultano «el qual ha grazia et autorità apresso il Signor Turco. 8 Alla fine di luglio di quell’anno Coco riuscì a concludere la faccenda: 9 consegnò a Hacı Yusuf da

5 Mustafā ‘Ālī, Menāqıb-i Hünerverān, a cura di İbnülemīn Mahmūd Kemāl (İnal), İstanbul 1926, p. 68; Atıl, Ottoman Miniature Painting, p. 114. 6 A. Sartori, Documenti per la storia dell’arte di Padova, Vicenza 1976, p. 90; U. Thieme-F. Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Kunstler, Leipzig 1908-1947, vol. 26, p. 43; I. Uzorinac, Paulus de Ragusio, «Numismatika» (Zagreb), 2-4 (1934-1936), pp. 106-121; E. Bénézit, Dictionnaire critique et documentaire des peintres, sculpteures, dessinateurs et graveurs, 10, Saint-Ouen (Seine) 1999, p. 552. Ringrazio il Prof. Bertrand Jestaz per le precisazioni su Paolo da Ragusa. J. Raby, A Sultan of Paradox: Mehmed the Conqueror as a patron of the Arts, «The Oxford Art Journal», 5/1 (1982), pp. 3-8; J. Raby, Pride and Prejudice: Mehmed the Conqueror and the Italian Portrait Medal, in Italian Medals, Hanover-London 1987, pp. 171-194. Sarebbe interessante poter identificare in quel Damiano, citato come maestro di Paolo da Ragusa da ‘Ālī, una diversa lettura del nome, in caratteri arabi, Donato, come era alla fine del Quattrocento chiamato alle volte Donatello. 7 ASVe, Senato, Mar, reg. 11, c. 53 (55). 8 ASVe, Senato, Secreti, reg. 29, cc. 90-93; Raby, A Sultan of Paradox, p. 5. 9 ASVe, Commemoriali, reg. 16, c. 173 (174).

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Gallipoli 175 ducati, a saldo di quanto gli era stato preso e per restituirgli il prezzo del riscatto da lui pagato, mentre versò a Sinan e a suo cugino Pantaleone Arfara 475 ducati, per rifondere i 16.000 aspri pagati per la restituzione dei due grippi e per le bombarde, gli armamenti e altro di loro ragione che erano stati asportati da Bon. 10 Mediatore e sottoscrittore della ricevuta, in greco, rilasciata da Hacı Yusuf fu Sinan bey, turcimanno del Gran Signore, mentre l’altra ricevuta, sempre in greco, venne sottoscritta direttamente da Sinan bey, che si firmò come pittore del Gran Signore, e da Pantaleone Arfara. Per quanto riguarda il Sinan bey «turziman del Gran Signor» che compare nella ricevuta rilasciata da Hacı Yusuf, tutto lascia pensare che si sia trattato di un’altra persona. In primo luogo è poco probabile che ci si sia serviti, come mediatore, di una persona che era già personamente interessata nella restituzione del denaro; in secondo luogo costui si sottoscrive come interprete del sultano. Anche in questo caso i documenti prodotti in seguito allo scontro appaiono di valore, in quanto si tratta della prima testimonianza della presenza di un interprete ufficiale alla corte del sultano. In questi stessi anni altre volte il nome Sinan compare in documenti veneziani, ma non è possibile stabilire se si sia trattato di semplici casi di omonimia o degli stessi individui. Per esempio il 15 maggio 1480 un inviato così chiamato venne ricevuto dal doge; di lui si sa che era alle dipendenze di Gedik Ahmet pascià e che venne a Venezia a chiedere, come affermano i veneziani, «favor et socorso de homeni nostri contra chi lui ha inteso esser nostri nemici», cioè un’alleanza militare contro Napoli in vista dell’impresa di Otranto che Ahmet pascià intraprese per ordine del sultano di lì a poco. 11 In questo stesso periodo un altro Sinan bey venne inviato in Dalmazia e Morea come rappresentante ufficiale della Porta per segnare sul posto, assieme all’inviato veneziano Giovanni Dario, i nuovi confini tra i due stati dopo la guerra. 12 Questi documenti permettono dunque di sapere con certezza che Sinan era pittore di corte nel 1479-1480, proprio negli anni in cui Gentile Bellini fu a Costantinopoli, e che era in diretto contatto con i rappresentati diplomatici veneziani. Inoltre informano che conosceva il greco, tanto da poter sottoscrivere una ricevuta in questa lingua; infine fanno conoscere un

10 Nonostante Nicolò Coco fosse riuscito a risparmiare 150 ducati rispetto alla cifra massima stabilita dal Senato, non si trattò comunque di un buon affare in quanto i 27.000 aspri, cui sommava il danno inferto, a un cambio medio in quell’anno di 46,5 aspri per ducato, corrispondono a circa 580 ducati. Evidentemente il risarcimento tenne conto anche dei danni prodotti, del mancato guadagno e del tempo trascorso; cfr. Ş. Pamuk, A Monetary History of the Ottoman Empire, Cambridge 2000, p. 64. 11 ASVe, Senato, Secreti, reg. 28, cc. 99v, 105; M.P. Pedani, In nome del Gran Signore. Inviati ottomani a Venezia dalla caduta di Costantinopoli alla guerra di Candia, Venezia 1994, p. 41, 204. 12 ASVe, Documenti turchi, b. 1, n. 21; cfr. F. Miklosich-J. Müller, Acta et diplomata graeca medii aevi sacra et prafana, 3, Vienna 1865, pp. 306-309, n. XVIII.

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suo cugino, con cui aveva interessi in comune, Pantaleone Arfara, il cui nome rimanda al mondo greco. È quindi probabile che anche Sinan sia stato uno dei tanti convertiti di origine greca che gravitarono attorno al Conquistatore, il cui eclettismo e interesse per la cultura bizantina è ben conosciuto. Nei primi anni del suo regno Maometto II utilizzò numerosi greci per gli incarichi di palazzo; si trattava per esempio di segretari o di impiegati della cancelleria, che riuscirono allora anche a mantenere un ruolo attivo all’interno della comunità greca di Costantinopoli; con il passare del tempo, però, l’amministrazione tese ad appoggiarsi sempre di più su rinnegati, preferibilmente allevati nello stesso palazzo imperiale, in modo da creare un’élite militare e burocratica la cui fedeltà al sultano fosse aliena da legami etnici o familiari. 13 Come artista Nakkaş Sinan visse dunque, come molti altri rinnegati e non ai tempi di Maometto II, tra due mondi, quello greco e quello ottomano, partecipando di entrambi e subendo anche, attraverso il suo maestro franco, l’influsso dell’arte italiana. Sarebbe ora interessante trovare, al di là dell’unico ritratto che la tradizione gli attribuisce, altre sue opere per valutare come mondi e culture diverse seppero fondersi e unirsi sullo scorcio del Quattrocento. 14

13 J. Raby, Mehmed the Conqueror’s Greek Scriptorium, «Dumbarton Oaks Papers», 37 (1983), pp. 15-62. 14 Altri contatti artistici si ebbero nel secolo seguente, cfr. per esempio F. Lucchetta, Sulla ritrattistica veneziana in Oriente, «Quaderni di studi arabi», 8 (1990), pp. 113-122; cfr. anche ASVe, Senato, Deliberazioni Costantinopoli, reg. 7, cc. 155v-156 (15 aprile 1589), dove si trova la notizia dell’invio, richiesto da ‹stanbul, di due quadri del Bassano «di monicchi et altri animali», senza telaio, da donare al sultano; “monicchi” era il termine veneziano per gatti.

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NON PUBBLICATO Appendice A + 1478, adì 27 zener (c) In porto de Thiaso. Manifesto fazo io Sipion Bon sopracomito come in questo dì suprascripto io ho venduto a Fotino tu Valsama et Calothato Sarantino patroni de do suo griparie prese per mi in questo luogo per presio de aspri 16 millia zoè sedese millia ducati do, et per far chiareza ho scritto questo de mia man et ho hauto il pagamento de ducati Io Paulo Coressi son testimonio come el soprascritto Sipion Bon sopracomito ha venduto ai preditti do patroni le preditte do griparie soe per aspri XVI millia. ASVe, Commemoriali, reg. 16, c. 173v (174v) Appendice B + Adì 27 zener 1479. El spectabel missier Sipion Bon sopracomito die dar a missier Sinanbei et Pantaleon Arfara per lo amontar de do griparie prese per lui nel porto de Thiaso patronizade per Fotino et Chalothato sì come apar per el scritto de man del ditto missier Sipio --- aspri 16.000 I qual tolse el comito et el paron zurado disse per soa regalia aspri 500 per uno val --aspri 1000 Per robe tolseno de le ditte griparie de rason dei ditti Sinanbei et Pantaleon zoè bombarde, armamenti et altri fornimenti de quelle et denari --aspri 8.000 Item i qual tolse de la griparia pizola de Manoli Grongaza aspri contadi havea da el patron --aspri 2.000 ASVe, Commemoriali, reg. 16, c. 173v (174v) Appendice C Ser Marcus Barbadico procurator, sapiens Consilii, ser Marinus Contareno, ser Ioanne de Lege, sapientes Terrefirme, ser Andreas de cha de Pexaro, sapiens ordinum. Decembris MCCCLXXVIIII die tercio decembris, indictione XIIIa. Quia baylo nostro Constantinopolis scribatur in hac forma, videlicet: per lettere de questo illustrissimo Signor et etiam per relation del ambassador nostro, de lì novamente ritornado, havemo inteso la intencion de questo signor al tuto esser che la preda facta per el nobel homo Scipion Bon, sopracomito nostro in le aque del Thiasso, sia restituita et siano restaurato i subditi suo. Et benché più cosse dir et allegar se possi de raxon contra tal intention, tamen per (c) more veneto, cioè 1479 A.D.

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schivar li errori, semo contenti et volemo et a vui comandemo chon el nostro Conseio de Pregadi che se vui vedesse la cossa in tal termine, che né per parole, né per raxon achonzar la se potesse, proveder debie cum ogni modo et via possibile per mezo de danari et imprestedo, over altramente de achonzar la deferentia antedicta. Et specialmente quella parte, la qual tocha al pentor de questo illustrissimo Signor, et suo cuxini, perché la gratia che lui ha cum esso illustrissimo Signor, par più strenzer questa materia de quello faza i altri creditori, sforzandone dar mancho che vui porete, dummodo sia satisfacta la voluntà de questo signor et alle instantie del pictor predicto, non excedando la summa de ducati octocento, zoé zinquecento per esso pictor et parenti suo et trexento per quel turcho ch’è stato prexon in Candia. Et quella quantità de danari, la qual vui torete ad imprestedo, mandate a la Signoria nostra da esser pagata cum quel menor damno et interesso che ve sarà possibele. Et cussì chome nui per quiete e comodo de i subditi dell’illustrissimo Signor Turcho havemo provisto, che a i loro damni sia satisfacto, chusì vui instar debie che etiam a i subditi nostri sia satisfacto, i qual sono stati damnizati in el Colfo nostro da le fuste turchesche, chome ha scripto questo illustrissimo signor al bassa de la Valona, el qual esser a la Porta havemo inteso. Et però tutte cosse comodamente aconzar se porano. Et ex nunc sit captum quod dicte pecunie ponantur ad computum illorum, qui habuerunt predictum butinum per ratam, et scribatur capitaneo nostro generali maris, ut solicitet, quod dicte pecunie ponantur ad computum suprascriptorum, ut Dominium nostrum sit indemne. De parte: 80; de non: 9; non sinceri:4. Die 4 decembris suprascripti facte littere. ASV, Senato, Mar, reg.11, c. 53 (55). 17 aprile 1480 Commissione per l’ambasciatore Nicolò Coco. 800 ducati per riparare i danni fatti il giorno in cui fu giurata la pace dal sopracomito Sipion Bon nelle acque di Thiassi, “a Sinanbei depentor del Signor Turco cum alguni suo amixi et eprò ti procura l’aconzo de questa cossa et cessamento i posterum de tute domande ma precipue che Sinanbei se contenti el qual ha grazia et aauctorità apresso il Signor Turco.” ASVe, Senato, Secreti, reg. 29, cc. 90-93 Appendice D Chirographum cuius traslatio subsequitur. Confesso io Chazi Iusuffi da Gallipoli come ho ricevuto dal magnifico missier Nicolò Coco, honorabile ambassador, de la illustrissima Signoria de Venesia, per ogni danno che mi fece missier Sipion Bon sopracomito a la aque de Thiaso quel dì che fu fatta la pase ducati 175, li

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qual sonno per aspri et altre cosse che me ha tolto et per lo mio rescatar per la qual cossa digo et confesso come son satisfatto et pagato da loro de ogni danno che io ho dimandà et da mo’ non posso dimandar o far dimandar da essi per alguna cason over danno che havesse receuto fina el dì de anchuo et per certeza de questo ho pregato Sinanbeg turziman del Gran Signor, el qual se attrovò mediator de questa cossa scriver la presente confession et testification. Adì XXX. luio 1480. In Constantinopoli. Io turziman del Gran Signor ho scrito de mia man pregado per el ditto Chazi Iussuphi et son stato mediator de la cossa et ho visto contar i ducati al dicto Iussuffi zoè ducati centosentantacinque. 175 (a) . ASVe, Commemoriali, reg. 16, c. 173 (174) Appendice E + 1480, adì 25 iuio. Confesso io Synan depentor del Gran Signor et Pantaleon Arfara per el presente scritto de man come ho receuto da missier Nicolò Cocho, ambassador de la illlustrissima Signoria de Venesia, per el danno me havea fatto missier Scipion Bon in do griparie de Fotino et Versama li qual havea prese nel porto de Thiasso. Adonque ho receuto dal preditto missier Nicolò Cocho ducati venetiani quattrocento setanta cinque, 475 (b) , et son contento e satisfatto et pagado da la illustrissima Signoria de Venesia et per chiareza la presente confession fu scritta. Sottoscrivo io Sinanbei depentor del Gran Signor esser contento et satisfatto ut supra. Io Pantaleon de Arfara son contento et satisfatto ut supra. Et molti altri de la illustrissima Signoria de Venetia. ASVe, Commemoriali, reg. 16, c. 173v (174v)

(a) 175 soprascritto. (b) 475 soprascritto.

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