studio del comportamento del sisteme dipinto - telaio elastico.

May 22, 2017 | Autor: A. Iaccarino Idelson | Categoría: Painting Conservation
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Descripción

Quaderno del Laboratorio di Restauro della Provincia di Viterbo

TENSIONAMENTO DEI DIPINTI SU TELA La ricerca del valore di tensionamento a cura di GIORGIO CAPRIOTTI e ANTONIO IACCARINO IDELSON con contributo di Giorgio Accardo e Mauro Torre (I.C.R.) ed intervista a Roberto Carità

PROVINCIA DI VITERBO

NARDINI EDITORE

STUDIO DEL COMPORTAMENTO DEL SISTEMA DIPINTO-TELAIO ELASTICO Ricerca nata da una collaborazione

Antonio Iaccarino Idelson Restauratore. Consulente scientifico per il Laboratorio di Restauro della Provincia di Viterbo La conservazione dei telai originali impone la scelta del valore di tensione. La ricerca su cui è centrato questo libro nasce dall’incontro con Giorgio Capriotti che, per una delle periodiche sessioni di aggiornamento dei restauratori dipendenti del Laboratorio di Restauro della Provincia di Viterbo, mi richiese un seminario sul sistema di rifunzionalizzazione dei telai originali proposto nel mio articolo del 19961. Presso il Laboratorio erano in restauro in quel periodo numerosi dipinti che conservavano il telaio originale, quindi il seminario si arricchì della possibilità di mettere in pratica il sistema su un ampio spettro di casi diversi, ponendo le basi per una collaborazione di lunga durata che ha portato a questa ricerca ed alla realizzazione di sistemi elastici innovativi. Il sistema usato è basato sullo stesso principio: il legno è stato disinfestato e consolidato, gli incastri angolari rinforzati e bloccati in modo da ottenere delle strutture rigide e resistenti conservando la funzione originaria del telaio fisso. Il perimetro è stato modificato con l’aggiunta di un profilo in teflon con gli spigoli stondati, che permette di far scorrere la tela lungo il telaio, lì dove era prima inchiodata. Il bordo di chiodatura del dipinto è stato rinforzato, con la tecnica della foderatura dei bordi. Tale operazione, che avrebbe avuto luogo anche nel caso di un montaggio tradizionale, in questo caso ha previsto la realizzazione di bordi in cui era stata preventivamente cucita un’asola per alloggiare una barretta metallica a sezione circolare, così da distribuire omogeneamente la forza. Si è cercato di coprire meno possibile il telaio originario, mirando a contenere al minimo le variazioni del suo aspetto.

1

[7].

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A questo scopo per il dipinto raffigurante S. Nicola, che è stato oggetto di studio nel seminario ed è poi diventato il centro della ricerca, si è sperimentata una struttura trasparente in cui il vincolo tra i terminali delle molle era realizzato con degli elementi in Plexiglass; questi permettevano anche di posizionare le molle sempre perpendicolari al bordo, semplificando il calcolo delle forze rispetto al sistema proposto nell’articolo su Materiali e Strutture. Gli elementi in Plexiglass sono stati poi sostituiti, alla fine del primo anno di studio, con dei vincoli puntiformi frutto della collaborazione di tutto il gruppo di lavoro, cui si aggiunse Carlo Serino che realizzò una serie di prototipi2: il vantaggio è nella riduzione dell’ingombro del sistema elastico (Figura n. 1). Di tutti i dipinti trattati solo uno, il S. Francesco (vedere Appendice 1) è stato foderato, perché era stato danneggiato durante un incendio e le sue condizioni erano tali da rendere consigliabile l’aggiunta di una tela di foderatura. La pratica della foderatura è molto spesso usata in modo improprio: basti pensare a quante volte un dipinto venga foderato unicamente perché presenta una deformazione o difetto di adesione tra gli strati. Gran parte dei metodi alternativi alla foderatura, che hanno iniziato a svilupparsi a partire dalla fine degli anni ’60, permettono di tener separate operazioni di restauro, quali il ristabilimento della adesione alla tela degli strati preparatori e della planarità degli strati pittorici, dall’aggiunta di una nuova tela di supporto. Mi sembra opportuna una breve digressione sull’argomento. Ormai è chiaro che tutte queste problematiche conservative possono essere affrontate con metodi molto meno drastici rispetto ad una foderatura. Ma la loro conoscenza, ed ancor più il loro uso, sono ancora poco diffusi a causa della resistenza di chi è rassicurato da tecniche tradizionali consolidate dall’uso secolare. Già Pietro Edwards foderava con una tecnica molto simile alle moderne foderature a “colla di pasta”, ed in realtà tutto lascia supporre che tecniche comparabili fossero consolidate già da tempo in gran parte d’Europa3. Una testimonianza di questo uso ci viene da quanto lo stesso Edwards scrive al punto settimo del suo “Decalogo per il Restauratore” (del 1777 ed ancora attuale in modo stupefacente), in cui si legge che è dovere del Restauratore: Di foderare i quadri che ne avranno bisogno, e sfoderare gl’altri che ricevono pregiudizio dalle fodere antiche; generalmente di fortificare il fondo di ogni pezzo a misura della rispettiva esigenza. Non sarà dunque inutile ricordare quanto emerso nella “Lining Conference” tenuta a Greenwich nel 1974, e cioè che ogni foderatura ha una durata limitata nel tempo, e che questo implica che, una volta foderato, un dipinto entra in quello che Westby Percival Prescott definì il “Ciclo della foderatura”: un avvicendarsi periodico di interventi pesanti ed invasivi sul dipinto, per ripristinarne l’adesione ad una tela di rifodero, che trasformano la materia costitutiva originale in modo irreversibile, con l’aggiunta di materiali estranei e con trattamenti che si basano su calore, umidità e pressione.

Colgo l’occasione per ringraziare l’ing. Mattia Serino, che collaborò con Carlo alla realizzazione dei prototipi. 3 Come abbiamo visto alla fine del capitolo precedente. 2

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Per quanto riguarda la costruzione del sistema di tensionamento elastico, quelli costruiti per i telai del Laboratorio sono più semplici di quello presentato su Materiali e Strutture, ed anche di quelli di Carità4, con lo scopo di rendere facilmente comprensibile ed utilizzabile il funzionamento. Le molle, montate perpendicolarmente alla sezione di perimetro su cui insistono, sono piuttosto corte, affinché possano essere alloggiate in uno spazio ridotto a ridosso dei montanti del telaio, oppure contenute nella loro larghezza (Figure nn. 1-6). Le molle sono state scelte con la “k”5 più bassa possibile in modo da limitare le variazioni della forza di tensionamento (Tabella 1). Non è però bassa come quella delle molle usate per il dipinto6 del ’96, perché la loro dimensione molto contenuta imponeva un limite, visto che a parità di tipo di avvolgimento, k diminuisce con l’aumentare del numero di spire. I dipinti sono stati pesati e ne è stato misurato lo spessore, al bordo e nella zona centrale. Il peso dell’originale è stato separato da quello delle tele di foderatura e calcolata l’incidenza di queste ultime pesandone un piccolo frammento con una bilancia di precisione. Maggiori informazioni sui dipinti, e le fotografie, si trovano nell’Appendice 1. La casistica sperimentata comprendeva, oltre ai telai originali da rifunzionalizzare, anche alcuni telai da sostituire, che furono realizzati in base allo stesso principio dello scorrimento perimetrale di Carità. Furono dunque realizzati alcuni modelli sperimentali, che miravano a limitare al minimo l’ingombro del sistema elastico e ad alleggerire la struttura. I telai antichi e quelli nuovi appositamente realizzati, la ricerca sul valore di tensione più appropriato da dare ai dipinti che questi sostengono, furono presentati in una sezione della mostra sulle attività del Laboratorio (“RestaurandO”) a Viterbo nel dicembre 2001. Come si è detto nel capitolo precedente, montato un dipinto con il suo sistema di tensionamento elastico, ed avendo dunque la possibilità di misurare la forza erogata, la questione della scelta del valore della forza per uno specifico dipinto attende inesorabile. Si tratta di una questione solo apparentemente semplice. L’approccio di tipo tradizionale si basa sull’esperienza del restauratore, ed un restauratore che abbia montato un buon numero di dipinti sul telaio è capace di operare una sintesi intuitiva di tutta una serie di parametri, quali: • stato di conservazione del dipinto • presenza di una o più tele di foderatura • peso della struttura costituita dall’originale con le tele aggiunte • rigidità degli strati preparatori e pittorici • UR del laboratorio e del luogo di destinazione.

Vedere il capitolo precedente. Costante di elasticità, vedere il capitolo precedente ed il Glossario. 6 Tabella 1 del capitolo precedente. 4 5

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Fig.1 - L’ultimo sistema elastico costruito per il “S. Nicola” (vd. App. 1, sch. 1)

Fig.2 - Il nuovo telaio del “S. Francesco” (vd. App. 1, sch. 2)

Fig.3 - Il nuovo telaio del “Frà Ludovico” (vd. App. 1, sch. 3)

Fig.4 - Il sistema elastico costruito per il “Sacro Cuore” (vd. App. 1, sch. 4)

Fig.5 - Dettaglio del sistema elastico costruito per il complesso telaio del “S. Giuseppe” (vd. App. 1, sch. 5) Fig.6 - Schema grafico del sistema di tensionamento costruito per lo Stendardo “della Misericordia” (vd. App. 1, sch. 6)

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Il problema è che tutti questi parametri sono riferiti ad un sistema di tensionamento (quello su telaio fisso o ad espansione angolare) che funziona in modo radicalmente diverso, ed in cui la tela è destinata ad avere un sensibile calo di tensione col passare del tempo e delle cicliche variazioni di microclima. Se cade questo assunto fondamentale, tutta la conoscenza tradizionale perde significato. Basti pensare a come il calo fisiologico di tensione sia tradizionalmente risolto con una sovratensione iniziale: la tela deve “suonare” come un tamburo per poter conservare una tensione residua sufficiente per un tempo ragionevolmente lungo. Quindi il valore scelto come giusto è in realtà, in modo più o meno consapevole, intrinsecamente eccessivo per la vita normale del dipinto. Ma che senso ha fornire una tensione inizialmente eccessiva una volta che il sistema di tensionamento elastico è costruito per erogare una forza quasi costante nonostante le variazioni microclimatiche? La prima volta che questo problema si è presentato, dopo i tempi d’oro dell’ICR degli anni ’50, è stato nel 1990, per il S. Gerolamo maltese del Caravaggio nuovamente in restauro all’ICR. Il restauro del sistema di tensionamento messo a punto da Carità fu seguito dal Laboratorio di Fisica: sostituite le molle, arrugginite all’aria salmastra della Valletta e considerate troppo dure alla luce delle attuali possibilità, il problema della scelta della forza con cui tenderle si presentò impellente7. Vista l’oggettiva mancanza di riferimenti di tipo scientifico8, la decisione fu demandata ai restauratori che si erano occupati del dipinto, ed in particolare a chi si era occupato della foderatura. Una scelta ineccepibile dal punto di vista formale, che contiene però un problema di fondo: sembra probabile che il foderatore9 abbia voluto imporre al dipinto la forza che avrebbe scelto se questo fosse stato montato su un telaio di tipo tradizionale. Inizialmente misurata in 4N/cm, la forza fu poi portata a 6N/cm (cfr. Tab. 1 de capitolo precendente). Quell’esperienza dell’ICR sollevò dunque per la prima volta il problema metodologico della scelta del livello di tensione dal punto di vista conservativo. Essa creò un precedente ineludibile per chiunque si fosse cimentato nel tensionamento elastico con un sistema che permettesse di misurare la forza di tensione imposta al dipinto10. La stessa scelta di tendere con [1] In effetti mancava anche il tempo per ottenerli con un progetto di ricerca dedicato, visto che il dipinto poteva restare in Istituto solo per il tempo strettamente necessario al restauro. 9 Giorgio Fioretti, esperto rappresentante della grande tradizione romana della foderatura a colla di pasta. 10 Infatti, per il leggerissimo dipinto del de Nittis di cui rifunzionalizzai il telaio originale nel ’92 sull’onda dell’esperienza fatta in Istituto (vedere il capitolo precedente, al paragrafo Un metodo per conservare i telai originali), misurai una forza pari a 1,7 N/cm come adeguata alla conservazione secondo il mio “insindacabile” giudizio di restauratore. 7 8

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Opera

Dimensioni

Tensione scelta

Costante elastica molle

cm lineare di perimetro/molla

S. Nicola

81 x 134,5 cm

2N/cm

22,5 N/cm

20 cm

S. Francesco

99,8 x 74 cm

2N/cm

22,5 N/cm

8,5 cm

Fra’ Ludovico

126,5 x 95 cm

2N/cm

22,5 N/cm

14 cm

S. Cuore ellittico, 40 x 31,2 cm

1,5 N/cm

22,5 N/cm

9 cm

S. Giuseppe

356 x 170 cm

2N/cm

22,5 N/cm

12 cm

266 x 432,5 cm

In orizzontale, 0,6 N/cm

22.5 N/cm

12 cm

Stendardo Misericordia

Tabella 1. Sistemi elastici realizzati.

Opera

Spessore originale (mm)

Spessore totale (mm)

Peso (g/mq) originale

Peso (g/mq) totale

S. Nicola

1,10

1,1

640

640

S. Francesco

0,91

1,2

636

1043

Fra’ Ludovico

1,01

2,2

840

1340

S. Cuore

0,65

0,65

398

398

S. Giuseppe

1,2

1,2

893

893

Stendardo Misericordia

2,1

2,1

1499

1499

Tabella 2. Caratteristiche dei dipinti, dall’Appendice 1.

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la forza di 8,5N/cm l’altro Caravaggio maltese restaurato da Carità11, fu guidata da questa esperienza e si sviluppò con modalità analoghe all’Opificio delle Pietre Dure. Quando nel ’95-96 mi trovai ad affrontare lo stesso problema (per il dipinto della scuola dei Carracci, 97 x 134 cm, foderato con doppia tela a colla di pasta alla romana), scelsi, anche questa volta secondo la sensibilità di restauratore e di foderatore12, un valore di forza molto inferiore, pari a 2,6 N/cm. Si tratta in tutti e tre i casi di un dipinto d’inizio seicento foderato con doppia tela di rifodero a colla di pasta. Le tecniche di foderatura romana e fiorentina sono solo leggermente diverse13, ed il fattore dimensionale non deve trarre in inganno perché il tensionamento è indipendente dalla grandezza dell’opera. Immaginiamo infatti di scomporre la tensione fino ad arrivare all’interno del tessuto: su un solo filo la forza si distribuisce omogeneamente, e se la forza scelta per quel filo è in grado di conferirgli elasticità senza danneggiarlo, probabilmente una forza maggiore lo solleciterà inutilmente, a prescindere dalla sua lunghezza. L’unica reale differenza tra due segmenti di diversa lunghezza dello stesso filo tesi con la stessa forza, è nell’ampiezza delle oscillazioni che essi sono in grado di compiere. Ma l’oscillazione non è controllata né controllabile con il tensionamento (visto che non stiamo parlando delle corde di uno strumento musicale) bensì con il controllo delle sollecitazioni esterne. La rigidezza degli adesivi di rifodero e quella delle tele aggiunte, la presenza di un vetro di protezione o di schermi posti sul retro di un dipinto molto grande sono degli efficaci limitatori di mobilità. L’inerzia del dipinto, data dal peso dei materiali costitutivi, e la sua maggiore o minore deformabilità, legata alla loro natura ed all’umidità dell’ambiente di conservazione, intervengono solo indirettamente sul fattore dimensionale nella scelta del valore di tensione. Dunque, l’ampia differenza dei valori scelti dipende da considerazioni che prescindono dalle dimensioni delle opere trattate14.

La grande Decollazione del Battista. Vedere in proposito: [3 / 4 / 5]. La mia e quella di Lola Porro Caballero, la collega con cui restaurai quel dipinto. In realtà chiedemmo a numerosi colleghi di supportarci in questa scelta difficile e senza punti di riferimento. 13 [8] Va sottolineato che il confronto fatto in questo articolo non è più attuale, visto che l’atteggiamento dell’ICR riguardo la foderatura a colla di pasta, qui descritto come cristallizzato sulla tradizione, si è notevolmente evoluto. 14 Sul valore della forza scelta, va detto ancora che per il grande dipinto nel soffitto del salone del Trono della Regina di Palazzo Reale a Torino (J. Miel, “Il Convitto degli Dei”), un ovale di 6 mt per 5 foderato a colla di pasta con pattina singola, è stato necessario utilizzare una tensione di soli 3,5 N/cm nonostante il fatto che la tensione dovesse anche vincere la tendenza della forza di gravità a far flettere il dipinto verso il basso. Il lavoro è stato svolto da Equilibrarte s.r.l. di Carlo Serino ed Antonio Iaccarino Idelson per la coop. CBC e la ditta Rava & C., con la direzione dei lavori della dott.ssa Calzona della Soprintendenza ai Beni Architettonici di Torino. 11 12

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Per quanto riguarda la nostra strenua attenzione alla “planarità costante”, di cui parla Giorgio Capriotti15, va anche tenuto conto del fatto che il sistema di scorrimento perimetrale consente alla tela di spianarsi autonomamente con le prime reazioni alle variazioni ambientali: quindi non è più necessario aumentare la tensione iniziale per correggerne eventuali deformazioni localizzate ed altre deviazioni dalla planarità. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, l’introduzione del tensionamento continuo ha dunque azzerato i riferimenti tradizionali, perché ora è necessario scegliere una forza che sia giusta per il dipinto e, di fatto, funzionale ad ottenere i seguenti obiettivi: • conservarne la planarità; • conferirgli un comportamento elastico ed una resistenza alla deformazione adeguati alla conservazione; • contrastare le sovratensioni interne, perché l’eccessiva contrazione di un materiale non sia dannosa per gli altri. I fattori di cui si deve tener conto sono quindi intriseci ad ogni singolo dipinto ed alla sua storia conservativa, e cioè: • entità delle tensioni dovute alle variazioni ambientali per i materiali costitutivi e di restauro; • caratteristiche meccaniche dei materiali costitutivi e di restauro; • effetto del tensionamento sulla sua capacità di opporsi a deviazioni dal piano dovute alle sollecitazioni meccaniche. La pratica professionale ha poi permesso di arricchire la casistica dei dipinti montati a tensionamento noto e, tra il 2002 ed il 2003, su ca. venti dipinti di varie dimensioni, forme e pesi, non è mai stato necessario oltrepassare la tensione di 2 N/cm se non per un solo caso eccezionale. Scopi della prima fase di ricerca. Si decise così di dare avvio ad una sperimentazione volta a studiare gli effetti del tensionamento e delle variazioni di UR sul comportamento meccanico di alcuni tra i dipinti che erano stati montati con il nuovo tensionamento elastico su telai originali o nuovi. Lo scopo era indagare le reazioni del sistema formato dal dipinto con il suo meccanismo di tensionamento elastico, alla ricerca di parametri che permettessero di orientare la scelta del livello di tensione, ovvero la forza con cui le molle devono essere impostate sul perimetro del dipinto. Il gruppo di lavoro era composto dal personale tecnico interno del Laboratoio (settore dipinti su tela) e dai consulenti scientifici esterni.

15

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Nel primo capitolo.

Condizioni sperimentali e la camera climatica. Gennaio 2001. Le condizioni ambientali del Laboratorio di Restauro della Provincia di VT sono stabilizzate in inverno dalla presenza dell’impianto di riscaldamento, ma per ottenere delle condizioni microclimatiche variabili e misurabili, è stato necessario munirsi di una camera climatica. Questa è stata costruita assemblando strumenti diversi, allo scopo di realizzare un ambiente chiuso e coibentato in cui fosse possibile ottenere il microclima desiderato e mantenerlo stabile per un tempo adeguato al condizionamento dei dipinti. La struttura, in tubolari metallici isolati con neoprene, aveva un doppio rivestimento in polietilene da serre, che creava un’intercapedine per l’isolamento termico. All’interno dello spazio così definito (2,5 m in altezza, 3m in profondità e 2m in larghezza), l’ambiente era condizionato con un umidificatore, un deumidificatore, un termoconvettore ed un climatizzatore per il controllo della temperatura ed un ventilatore sempre acceso per garantire un’adeguata miscelazione dell’aria. Il microclima interno era monitorato con un termoigrometro digitale con ampio schermo a cristalli liquidi e registrato con un termoigrografo. I valori estremi di UR raggiungibili erano 30 e 100% (+/- 5%), la temperatura è stata tenuta a +25 (+/- 3°C). Impostare e mantenere stabilmente i valori ambientali desiderati, con questa strumentazione, richiedeva il controllo costante di un operatore. Un dipinto del XVII sec. raffigurante S. Nicola scelto come modello. Le prime fasi del protocollo. Febbraio - marzo 2001. Il dipinto raffigurante S. Nicola è un’opera di ambito viterbese del XVII sec. Misura 134,5 per 81 cm; la tela è disposta con l’ordito nel senso della lunghezza ed ha una riduzione di 11 fili al cm in ordito e 9 in trama; le analisi microchimiche e quelle al microscopio ottico e mineralogico dimostrano che è stato dipinto su una tela di canapa con preparazione oleosa contenente una terra rossa, del nero e biacca con funzione di siccativo. La pellicola pittorica è ad olio, e tutti gli strati costitutivi sono impregnati di colla animale, usata come consolidante e per ristabilire l’adesione della preparazione alla tela in uno o più interventi di restauro. Per maggiori dettagli vedere le Appendici 1 e 2. Si tratta di un dipinto in prima tela16, che si è scelto di non foderare. Infatti la tela è sufficientemente solida, alcune piccole discontinuità sono state risarcite in tutta sicurezza con l’aggiunta di fili di rinforzo e l’adesione degli strati preparatori non desta alcuna preoccupazione. Questo è vero

16

Si definisce “in prima tela” un dipinto non foderato.

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sia in relazione alle esigenze di una normale musealizzazione sia per eventuali spostamenti dell’opera. Abbiamo ritenuto che il dipinto fosse in grado di subire senza danno le sollecitazioni legate alle varie fasi della sperimentazione. Dal punto di vista della sperimentazione, il dipinto è particolarmente interessante perché, non essendo foderato, le informazioni riguardano il solo supporto originario, ad eccezione della colla usata per il consolidamento. Inoltre le dimensioni e la tecnica esecutiva così comuni sono rappresentative di un insieme significativo di dipinti. Il primo approccio con il sistema formato dal dipinto e dal suo telaio è dunque stato quello di studiarne le reazioni alle variazioni di UR, cercando di isolare il comportamento dei singoli elementi costitutivi. A questo scopo, il protocollo di ricerca è stato: 1. condizionare il dipinto a diversi valori ambientali per misurarne: a. le variazioni dimensionali; b. le variazioni dello stato di tensione; 2. realizzare dei modelli del dipinto in cui compaiano separatamente i materiali costitutivi descritti dalle analisi: a. sola tela; b. tela con appretto e preparazione; c. tela con appretto, preparazione e strati pittorici. 3. dopo una stagionatura di almeno tre mesi, condizionare i modelli alle stesse condizioni ambientali cui si è condizionato il dipinto e misurarne: a. le variazioni dimensionali; b. le variazioni dello stato di tensione; 4. confrontare i comportamenti del dipinto e dei modelli. Definizione del comportamento del sistema dipinto-telaio elastico. Le caratteristiche del sistema di tensionamento elastico sono definite dalla costante di elasticità delle molle e dalla loro frequenza sul perimetro del dipinto. Le molle insistevano su 16,2 cm sul lato corto, e 16,8 sul lungo. Infatti, quelle montate durante la sperimentazione erano più morbide di quelle definitive (il primo sistema elastico non imponeva limiti al loro ingombro), e la loro bassa costante di elasticità k, di 12,7 N/cm, significa che la variazione del tensionamento conseguente al cambiamento delle dimensioni del dipinto era di 12,7 N (ca. 1,3 kg) per ogni centimetro di variazione della lunghezza delle molle. L’altro aspetto necessario alla definizione del sistema è naturalmente il valore di tensione scelto. Alle condizioni ambientali standard per il Laboratorio in inverno, quando UR è intorno al 46%, abbiamo scelto di provare ad utilizzare il valore di tensione che agli 8 restauratori del grup66

po di lavoro sembrasse il minimo indispensabile, misurato in una forza di 1,7 N per ogni cm lineare del perimetro del dipinto. Non si tratta di un valore di tensione tale da conferirgli una grande rigidità, per intenderci è ben lungi dal suonare come un tamburo, ma il dipinto risponde in maniera elastica alla pressione della mano, deformandosi in un modo che sembra adeguato alla sua corretta conservazione. In realtà l’ambiente era leggermente troppo secco, ma si è preferito partire da una situazione standard nell’esperienza dei restauratori del Laboratorio. Dal 46% ambientale, UR è stata portata ai due valori estremi considerati sopportabili in tutta sicurezza per il dipinto, cioè prima 30 e poi 90%. Una volta che il dipinto è arrivato in equilibrio con le nuove condizioni ambientali, le sue variazioni dimensionali sono state misurate attraverso quelle delle molle, perché è molto più semplice misurare con precisione la loro lunghezza anziché le dimensioni del dipinto stesso. Questo aveva anche il vantaggio di fornire immediatamente i dati necessari per conoscere le variazioni dello stato tensionale dell’opera, misurando la forza espressa dalle molle con la legge di Hooke (F=k∆l). La misurazione serve a valutare le variazioni della tensione nel sistema dipinto-telaio, e quello che ci interessava era calcolare l’entità del tensionamento che il sistema impone al dipinto. Ma non è affatto superfluo sottolineare che sarebbe più corretto parlare piuttosto di forza imposta dal dipinto alle molle: le molle non sono sensibili alle variazioni ambientali, ed è quindi la forza espressa dal dipinto a tradursi nella deformazione delle molle che lo sostengono. Anche il dipinto va dunque considerato come una molla, meno cedevole di quelle scelte per il tensionamento, che impone al sistema una forza di lavoro di direzione uguale e contraria a quella delle molle stesse: le tensioni interne del dipinto ne causano la variazione dimensionale, che è il risultato della composizione della forza dei materiali costitutivi e di quella inizialmente impostata nel sistema elastico. L’allungamento delle molle è dunque espressione dell’equilibrio in cui si trova il sistema dipinto-telaio elastico, perché l’elevata cedevolezza (basso valore della costante elastica) permette loro di seguire le variazioni dimensionali del dipinto senza cambiare molto la forza espressa. Questo significa che la forza si sposta dal dipinto alle molle e viceversa, continuamente in equilibrio sulla condizione di minor stress possibile per il dipinto. Non si mira quindi ad ottenere una misura della forza espressa dal dipinto17, ma una valutazione complessiva dello stato tensionale dovuto alla composizione dei suoi movimenti con quelli del legno del telaio e con la reazione delle molle, in un approccio che si potrebbe definire “olistico”.

Questo genere di misure sono già state fatte da Berger, Mecklenburg, Young ed altri, (vedere in proposito il testo e la bibliografia del capitolo precedente) e richiedono un telaio misuratore che non segue il dipinto con le molle, basato sulla lettura della forza attraverso delle “celle di carico”, come nella seconda parte di questa ricerca. 17

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grafico 1 Variazione dimensionale S. Nicola

variazione dimensionale (mm)

4 3 2 1 0 -1

0

20

40

60

80

100

80

100

-2 -3 -4 -5 Umidità Relativa %

grafico 2 Variazione tensione S. Nicola

1,9

tensione (N/cm)

1,85 1,8 1,75 1,7 1,65 1,6 1,55 0

20

40

60

Umidità Relativa %

68

Le dimensioni del dipinto cambiano in relazione al valore di UR (Grafico n. 1) in maniera molto marcata18: la variazione più significativa è misurata nel senso dell’ordito (dimensione maggiore del dipinto), dove tra secco ed umido ci sono 7 mm di differenza19. Questa produce nel sistema elastico una variazione dello stato tensionale (Grafico n. 2), che passa da un massimo di 1,85 N/cm ad un minimo di 1,58 con l’aumento di umidità. Per capire, e provare a quantificare le ragioni di questo comportamento, sarà necessario tener conto di tutti i maggiori componenti del dipinto, e cioè: la tela, la preparazione, la pellicola pittorica, il telaio in legno. I dati sul comportamento reologico dei materiali che abbiamo visto nel capitolo precedente ci danno un’idea circa le forze espresse da tela, preparazione e pellicola pittorica; l’entità del rigonfiamento-ritiro del telaio in legno non è stata presa in considerazione in questa sede, anche perché la notevole cedevolezza delle molle permetteva di compensare queste variazioni dimensionali, come se fossero dovute al dipinto. Naturalmente il discorso è rimasto aperto ed è stato quindi riproposto nella tesi di laurea di Luciana Ricci20, i cui dati principali sono esposti nell’Appendice 7. Questo studio permette di avere una prima valutazione del comportamento di un telaio in legno antico al variare delle condizioni ambientali21. Il legno antico si dimostra meno reattivo di quello nuovo, ma l’ordine di grandezza delle deformazioni è comparabile. L’aspetto che attende di essere ancora chiarito è quello riguardante la pressione di rigonfiamento22 espressa con queste variazioni dimensionali. Questa viene sicuramente ridotta dal degrado della struttura lignea, ma in quale misura un legno che abbia subito solo un invecchiamento “fisiologico” riduca tale capacità di esercitare una forza sugli oggetti cui è vincolato è un dato importante che resta da misurare. In ogni caso si tratta di forze molto rilevanti, come è testimoniato dall’uso, già diffuso almeno dal tempo degli antichi egizi, di impiegarle per staccare grandi blocchi di pietra dal fondo della cava, come gli obelischi in granito23.

La forma della curva è legata all’isteresi dovuta al fatto che la prova è cominciata a UR 46%, per passare a 30 e poi 90%. 19 Su una lunghezza di 134,5 cm si tratta dello 0,5%, una variazione considerevole specialmente se si considera che in questa misurazione le variazioni dimensionali del dipinto sono limitate dal tensionamento imposto. 20 “Il ruolo dei telai in legno nella conservazione dei dipinti su tela. Aspetti metodologici ed applicativi su telai conservati presso il Laboratorio di Restauro della Provincia di Viterbo”, tesi di laurea in Scienze Forestali. Relatore prof. Manuela Romagnoli, correlatori Giorgio Capriotti e Antonio Iaccarino Idelson. 21 Si è usata la camera climatica del Laboratorio, ed un telaio di riferimento in alluminio, per misurare le variazioni dimensionali di un telaio antico in castagno e pioppo (vedere l’Appendice n. 7). 22 Vedere in proposito il comportamento del legno nel capitolo precedente. 23 Tra i blocchi ed il fondo della cava erano inseriti dei cunei in legno anidro, che venivano fatti rigonfiare allagando la zona degli alloggiamenti. Un cubo di legno di quercia eroga una pressione di rigonfiamento misurabile nell’ordine di 1 tonnellata per ogni decimetro quadro di superficie. 18

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In ogni caso quindi il legno del telaio da solo causerebbe un allungamento delle molle ad alta UR ed un loro accorciamento a bassa UR, anche se il dipinto non subisse alcuna variazione dimensionale, il che ci ricorda la sua costante partecipazione all’equilibrio delle forze nel sistema. Realizzazione dei modelli stratigrafici. Aprile 2001. Per indagare più precisamente l’influenza dei singoli componenti del dipinto, si è provveduto a realizzare tre modelli stratigrafici della struttura, in base ai materiali trovati nelle analisi24 realizzate dal Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro della Facoltà di Conservazione Beni Culturali dell’Università della Tuscia, tenendo conto anche del loro aspetto: 1. sola tela, senza appretto; 2. tela con appretto a base di colla animale e preparazione oleosa; 3. tela con tutti gli strati preparatori e pittorici. Per ottenere un comportamento il più possibile simile a quello della tela antica del dipinto, Linda Bernini, che ha realizzato i modelli con l’aiuto di Ottavio Di Rita, Maria Rosa Cecchetti e Geltrude Missori, ha scelto di utilizzare una tela proveniente da una foderatura a colla di pasta alla romana risalente al XIX sec. Questo invecchiamento è con ogni probabilità più simile a quello della tela del dipinto rispetto ad ogni tipo di invecchiamento artificiale25. Per rimuovere il più possibile le tracce residue di colla pasta, la tela è stata sottoposta a due lavaggi in acqua calda. I modelli sono stati realizzati con materiali accuratamente scelti in base alle analisi del dipinto: • Appretto a base di colla animale. • Mestica di preparazione a base di olio di lino cotto, colla animale, biacca, bolo armeno e nero di carbone. • Pellicola pittorica ad olio in più strati. Sono stati lasciati stagionare per tre mesi: un tempo ragionevole per ottenere informazioni sul comportamento meccanico del sistema stabilizzato, anche se non sufficiente26 ad ottenere una completa polimerizzazione della pellicola pittorica.

Riportate nell’Appendice 2. [9]. 26 Ad esempio Alain Roche (nel suo lavoro sull’influenza del tipo di telaio sull’invecchiamento dei dipinti su tela, descritto nel capitolo precedente) aveva fatto stagionare i suoi modelli per sei mesi prima di sottoporli alla sperimentazione, ma il suo scopo era quello di indagare la formazione del cretto, non quello di ottenere dati sulla deformabilità del dipinto. 24 25

70

Le dimensioni dei modelli, per motivi logistici e di disponibilità della tela antica, sono diverse da quelle del dipinto: si tratta infatti di elementi quadrati con 36 cm di lato. Per renderne direttamente paragonabile il comportamento con quello del dipinto si è inserito nei grafici un semplice fattore di normalizzazione geometrica, ottenuto dividendo il lato del dipinto per il lato del modello. Variazioni dimensionali del dipinto e dei suoi modelli. Settembre 2001. I dati ottenuti ci mostrano il comportamento degli strati costitutivi, sottoposti alla stessa tensione di 1,7 N/cm cui era stato sottoposto il dipinto, con un sistema di tensionamento in tutto paragonabile a quello del telaio originale modificato, e confermano quasi tutte le osservazioni di Mecklenburg descritte nel capitolo precedente. La novità consiste nell’aver ottenuto dati relativi ai materiali costitutivi sottoposti a tensionamento elastico con una forza considerata adatta alla conservazione del dipinto. I dati raccolti nei grafici (nn. 3 e 4) dicono che: • per quanto riguarda la contrazione in essiccamento il comportamento del dipinto è governato dalla presenza della colla animale, • che tale contrazione è leggermente contenuta dalla presenza della pellicola pittorica, • che la tela da sola non subisce variazioni dimensionali apprezzabili in essiccamento, mentre mostra un considerevole rilassamento, sotto tensione, con l’aumento del contenuto d’acqua27. Una curiosità è costituita dal fatto che il modello con la sola tela si rilassa meno, forse a causa della colla presente negli altri. Questa, al momento dell’appretto dei modelli montati su telaio interinale, potrebbe aver “congelato” una tela meno tesa di quanto non lo siano i modelli montati sul telaio elastico per la sperimentazione: in questo modo, ad umido i modelli apprettati possono distendersi più di quello con la sola tela. Il modello che mostra il comportamento più simile al dipinto è quello completo di pellicola pittorica, anche se il dipinto subisce variazioni dimensionali leggermente inferiori. Dunque, nonostante il fatto che la precisione della sovrapposizione dei comportamenti è insufficiente per proporre un confronto di tipo quantitativo, dal punto di vista qualitativo l’andamento risulta chiaramente confermato.

In questo la tela utilizzata si differenzia da quella di Mecklenburg (vedere capitolo precedente), forse a causa dell’invecchiamento, o della presenza di residui di colla di pasta, che potrebbero averne modificato il comportamento. 27

71

Variazioni di tensione nel dipinto e nei suoi modelli. Settembre 2001. I dati di cui sopra, tradotti in valori di forza, (Grafico n. 4) permettono di mettere meglio a fuoco alcuni aspetti: • Il tessuto non entra nel calcolo delle tensioni interne al dipinto, quando l’umidità scende al disotto dei valori medi. grafico 3 S.Nicola, dipinto e modelli normalizzati: dimensioni vs U.R.

variazione dimensioni(mm)

3 2 1 0 -1

modello con pell. pitt. modello tela prep. modello sola tela

-2 -3 33

dipinto 46

87 Umidità Relativa %

• La colla animale si contrae fortemente e si sostituisce alla tela nella funzione di supporto degli strati pittorici28 quando questa non abbia una tensione sufficiente. • La conclusione naturale che deriva da questi due primi punti è che la tensione della tela dovrebbe essere sempre tale da contrastare o limitare eventuali deformazioni dovute alla presenza di strati di colla e di suoi accumuli localizzati. • Ad UR molto elevata la situazione cambia, visto che tutti gli elementi del dipinto si espandono. A ciò si accompagna una loro diminuita resistenza alla deformazione, in particolare per gli sforzi a trazione, perché i materiali vengono plastificati dall’acqua assorbita. La leggera diminuzione (da 1,7 a 1,58 N/cm) della tensione del dipinto dovuta all’ accorciamento delle molle sembrerebbe dunque utile, visto che riduce la sollecitazione cui il dipinto è sottoposto in questa zona estrema dell’intervallo di UR che lo vede particolarmente fragile.

Questo aspetto del bilancio tensionale era stato già evidenziato da Mecklenburg, come abbiamo visto nel capitolo precedente. 28

72

Per questo grafico non occorre introdurre il fattore di normalizzazione dimensionale per paragonare il dipinto ed i modelli, visto che la forza di tensionamento, espressa in N/cm lineare di perimetro, è indipendente dalle dimensioni del dipinto.

grafico 4 S.Nicola, dipinto e modelli: tensione vs U.R. 1,90

tensione N/cm

1,85 1,80 1,75 1,70 1,65 modello con pell. pitt. modello tela prep. modello sola tela

1,60 1,55 1,50 33

dipinto 46

87 Umidità Relativa %

La Reazione alla Pressione Imposta (RPI) e la definizione dello stato tensionale di un dipinto. Per la scelta del valore di tensionamento diventa urgente arrivare alla definizione dello stato tensionale del dipinto. Una possibile risposta viene dalla tradizione: oltre a percuotere il dipinto per sentire se “suona” bene, il restauratore sente se e quanto il dipinto si deforma sotto la pressione della mano. Il tensionamento viene allora aumentato finché il dipinto sia in grado di opporre una resistenza adeguata alla pressione imposta. Si tratta quindi di un metodo di valutazione in cui ad una forza (quella della mano del restauratore) si oppone un’altra forza (quella con cui il dipinto tende a conservare la propria forma) che può essere stimata misurando la freccia di inflessione del dipinto e la forza impiegata per deformarlo. Il valore della resistenza opposta da ogni dipinto dipende naturalmente dalla tensione e dal valore di UR, che ne modifica profondamente la rigidezza. Un metodo che sfrutti questo semplice principio sembra offrire un’interessante possibilità per rendere oggettiva, ed in qualche misura riproducibile, la valutazione di quella fondamentale caratteristica del dipinto che è la capacità di mantenere la pellicola pittorica in piano. 73

L’idea è quindi di trovare una relazione semplice tra la resistenza alla deformazione e la forza imposta. Per questo scopo basta dunque utilizzare uno strumento in grado di imporre una forza di entità nota al centro del dipinto, perpendicolarmente al piano della pellicola pittorica, per poi misurarne la deformazione corrispondente, cioè la deviazione dal piano nel punto sollecitato. In altri contesti, per ottenere una misura estremamente precisa della deformazione del dipinto in seguito ad una sollecitazione, è stata usata l’interferometria olografica29; un metodo simile potrebbe forse essere quello di usare uno scanner laser per confrontare immagini tridimensionali della superficie del dipinto prima e dopo l’applicazione di una forza. Esistono poi anche altri metodi per valutare la rigidezza di una parete sottile come quella costituita dal dipinto, ma sono tutti piuttosto complessi e non forniscono informazioni direttamente comprensibili partendo dall’esperienza tipica del restauratore. Non mi soffermo qui sulla lunga fase di studio che ha portato alla scelta del metodo, voglio solo sottolineare quanto sarebbe utile avere un modello matematico di riferimento, che permetterebbe di fare in Laboratorio solo le prove strettamente necessarie30, mirando fondamentalmente a tararne sempre meglio la capacità di previsione. Stabilito il metodo, tutto sta nel riuscire ad ottenere misure ripetibili e precise. Le cose cui si deve fare attenzione sono la precisione con cui si misurano la pressione imposta e la deformazione corrispondente, oltre ad un controllo efficace del microclima. Prime misure di RPI. Settembre 2001. La strumentazione necessaria è stata costruita con mezzi piuttosto semplici. Una bilancia elettronica di buona qualità, montata sul robusto e pesante stativo di un microscopio, viene spinta verso il dipinto graduando lo spostamento con la vite micrometrica, e si trova a “pesare” la forza con cui tocca il dipinto. Il piatto è stato sostituito con un puntale su cui è montato un tassello arrotondato di teflon (superficie di ca 0,5 mm2), in modo da poter dirigere la forza con precisione ed applicarla su una superficie di contatto costante e di estensione nota. Per misurare la freccia di deformazione, è stato individuato un piano di riferimento con due fili di nylon ben tesi e paralleli alla superficie del dipinto. La deviazione del dipinto dal piano di riferimento è misurata con una scala metrica lungo i fili in alcuni punti notevoli, ed in particolare al centro.

29 30

74

[2]. Vedere in proposito l’intervento di Accardo e Torre in questo volume.

Lo strumento è stato battezzato “Pressometro”: un nome scherzoso cui si è poi rimasti fedeli. I valori ottenuti con il Pressometro sono graficizzati in una serie di curve che rappresentano la RPI del dipinto e dei suoi modelli in diverse condizioni di UR e con diversi valori della forza di tensionamento. Le curve ottenute danno una veloce comprensione del tipo di risposta che il sistema dipinto-telaio offre alla sollecitazione. Parallelamente alla raccolta dei dati, tutti i componenti del gruppo di lavoro hanno espresso una valutazione di tipo tradizionale del tensionamento, che consente di inserire la comprensione dei dati ottenuti in un ambito direttamente legato all’esperienza. Definizione del comportamento del dipinto attraverso la sua RPI. Nel grafico n. 5 sono raccolti i primi dati ottenuti sul S. Nicola con il Pressometro, nelle stesse condizioni conservative a cui erano state misurate le variazioni dimensionali e dello stato di tensione corrispondenti a diversi valori di UR. Ad ognuna delle tre curve corrisponde dunque una condizione conservativa del dipinto, caratterizzata da un valore di UR e da uno stato di tensionamento: ricordiamo che dal valore iniziale di tensione 1,7 N/cm impostato con UR 46%, si è passati prima ad UR 33% (per cui la tensione è aumentata fino a 1,85 N/cm) e poi ad UR 87% (tensione calata a 1,58 N/cm). Colpisce immediatamente la distanza considerevole tra le tre curve, che ben rappresenta la differenza di rigidità del dipinto e la reazione del sistema nei tre valori ambientali, ma andiamo a vedere nel dettaglio quali informazioni si possono trarre dal grafico nel suo insieme: 1. La RPI aumenta con il diminuire di UR. Infatti la freccia di deformazione si riduce a circa la metà passando dall’87% al 33%. Osserviamo la freccia corrispondente al valore massimo di pressione imposta, 5 N: la freccia passa da 14 ad 8 mm. Questo significa che il dipinto ha una maggiore capacità di opporsi alla deformazione quando l’ambiente è secco31. 2. A bassa UR l’elasticità del dipinto aumenta. Il fatto che la linea che unisce i valori della deformazione ad UR 33% sia approssimabile ad una retta, ci dice che il comportamento del dipinto è nel campo di proporzionalità elastica. 3. Ad UR elevata rigidità e tensione diminuiscono. Aumentando UR, l’andamento curvilineo del grafico ha una progressiva accentuazione: i materiali diventano più plastici assorbendo acqua, e la

31 Ma la differenza è ancora maggiore se consideriamo il valore di pressione imposta di 2 N, dove si passa da 10 a soli 3 mm di deformazione.

75

diminuzione della tensione riduce la capacità del sistema di rispondere alle deformazioni. L’andamento testimonia anche del fatto che la diminuzione di tensione permette al Pressometro di portare gradualmente il dipinto in tensione, imponendogli una maggiore deflessione all’inizio della prova. 4. Dopo i 2N di pressione le linee diventano parallele. Dopo i 2 N i tre andamenti diventano paralleli. Ciò implica l’esistenza di un comportamento comune per i tre valori di tensione ed UR. Vediamo meglio quello che succede ad UR 87%. Il dipinto è più cedevole ed il tensionamento è leggermente ridotto, per cui la deformazione che il Pressometro impone al dipinto è nella prima parte assimilabile ad uno spostamento: dopo che il punto di applicazione della forza si è spostato di 1 cm, una parte della deflessione si traduce in un aumento di tensione che porta il dipinto ad acquisire un comportamento analogo a quello che ha negli altri due casi. A cosa può essere dovuto questo comportamento comune, caratterizzato da un andamento rettilineo? Certamente le molle partecipano alla deformazione del dipinto, e si allungano con l’aumentare della pressione imposta, come abbiamo già visto. Visto che la componente del loro allungamento ha un andamento rettilineo, si può ipotizzare che l’aumento di freccia avvenga senza allungamento della tela, cioè che la sollecitazione sia trasferita interamente alle molle che si allungano della misura necessaria ad ottenere la freccia di deformazione imposta dal Pressometro. Questo trasferimento avviene certamente, ma la geometria della deformazione è troppo complessa perché si possa credere che avvenga in modo lineare: la tela deformata sul telaio prende infatti la forma di un conoide, in cui si ha concentrazione di tensioni attorno al punto in cui è applicata la sollecitazione. La Tavola n. 9 fornisce una visualizzazione del fenomeno della formazione del conoide. La misura della freccia di inflessione è stata presa anche lungo gli assi del dipinto, in modo da avere informazioni sulla sua deformazione tridimensionale e non solo sullo spostamento del punto di applicazione della forza. Nel Grafico n. 6 è riportata la freccia d’inflessione in funzione della distanza dal punto sollecitato, al centro del dipinto. Le linee sottili corrispondono alla forza di 5 N, quelle spesse alla forza di 10 N: un modo semplice per rappresentare l’andamento del conoide di deformazione in funzione della pressione imposta.

76

grafico 6 S. Nicola, conoide alla tens. 2 N/cm, per due valori della Pressione imposta, ad UR 55%.

freccia di inflessione (mm)

21 18 15 12 9 6 3 0 0

10 lato corto 5N

20 30 40 50 distanza dal punto di applicazione (cm) lato corto 10N

lato lungo 5N

60

70

lato lungo 10N

Il comportamento del sistema dipinto-telaio è dunque governato da tre fattori fondamentali: a) rigidità del dipinto, b) costante elastica del sistema32, c) tensione imposta al dipinto. Le caratteristiche meccaniche del dipinto sono fortemente influenzate da UR. Dalla cedevolezza del sistema elastico dipendono la variabilità della tensione e lo spostamento massimo del punto di applicazione della pressione. Esiste una relazione diretta tra la tensione imposta e la deformazione? Questo è un interrogativo chiave, cui cerchiamo di dare una risposta. Le misure della RPI dei modelli. I tre modelli sono stati sottoposti alle stesse prove di RPI, nelle stesse tre condizioni ambientali che erano state usate per il dipinto ed utilizzando lo stesso valore di tensione iniziale di 1,7 N /cm (grafici n. 7, 8, 9).

La costante elastica del sistema è quella delle molle, per il numero di molle che insiste sul perimetro. 32

77

grafico 7 Modelli S. Nicola: tensione 1,7 N/cm; UR 33%

freccia di inflessione (mm)

16 14 12 10 8 6 4 2 0 0

1

2

3

4

5

Pressione imposta (N) sola tela

tela preparata

tela dipinta

grafico 8 Modelli S. Nicola: tensione 1,7 N/cm; UR 46%

freccia di inflessione (mm)

16 14 12 10 8 6 4 2 0 0,0

1,0

2,0 3,0 pressione (N) sola tela

78

tela preparata

4,0 tela dipinta

5,0

grafico 9 Modelli S. Nicola: tensione 1,7 N/cm; UR 87%

freccia di inflessione (mm)

16 14 12 10 8 6 4 2 0 0

1

2 3 Pressione imposta(N) sola tela

tela preparata

4

5

tela dipinta

Dai grafici relativi all’andamento di RPI per i modelli del dipinto, si possono trarre le seguenti conclusioni: • La RPI della sola tela varia poco con UR Le curve che rappresentano il comportamento dell’antica tela di foderatura montata su telaio elastico mostrano una cedevolezza leggermente maggiore ad elevata UR. Se però consideriamo che questa è associata ad un piccolo aumento delle dimensioni del provino e che questo riduce la tensione, il comportamento meccanico della sola tela ci appare sostanzialmente indipendente dal valore di UR. • L’aggiunta degli strati preparatori aumenta la rigidità Rispetto al modello con la sola tela, quelli in cui compaiono gli strati preparatori e pittorici sono molto più rigidi: la media della freccia massima (valori della freccia di deformazione alla pressione di 5 N per un singolo modello ai tre valori di UR) passa da 14,6 per la sola tela ad 8,3 mm per la tela dipinta, e le curve hanno una pendenza molto minore. • La presenza della pellicola pittorica modifica poco il comportamento del modello L’andamento delle curve relative al comportamento del modello completo di pellicola pittorica mostra solo un leggero aumento della rigidità: la media della deformazione massima passa da 8,3 a 7,6 mm. • La colla animale governa anche il comportamento dei modelli L’influenza della colla animale sulla resistenza alla deformazione del modello è evidente. Inoltre la presenza di un materiale così sensibile ad UR introduce quella stessa separazione degli andamenti in funzione di UR che si ritrova per il dipinto, in cui la deformabilità aumenta con UR.

79

Confronto tra dipinto e modelli, scelta della tensione. Ottobre 2001. Per rendere confrontabili i valori di RPI del dipinto e quelli dei suoi modelli, si è scelto di utilizzare il metodo di normalizzazione già utilizzato per il confronto della variazione dimensionale: la freccia di deflessione è calcolata in proporzione al lato corto dei dipinti da confrontare. Infatti, nella deformazione conseguente all’applicazione della pressione al centro, il vincolo dato dal telaio è più vicino al lato minore. Si tratta di un’approssimazione che non tiene conto dell’influenza del lato lungo, ma al momento sembra l’unica realmente applicabile. Inoltre è stata confortata dai buoni risultati forniti anche nell’applicazione al caso più complesso dei dipinti che troveremo nel seguito della ricerca. Utilizzare un valore che tenesse conto della forma del dipinto, come ad esempio il rapporto tra i lati evocato dal modello della membrana elastica descritto da Accardo e Torre nel loro contributo in questo volume, avrebbe potuto essere un’alternativa interessante. La cosa ha però dato dei risultati molto meno convincenti: probabilmente il modello della membrana elastica può essere applicato solo per deflessioni molto più piccole di quelle che è sembrato utile provocare nel dipinto per valutare gli effetti della pressione imposta, forse perché il modello matematico rappresenta un comportamento molto più semplice di quello del dipinto reale. Nei grafici 10 ed 11, dunque, il tracciato della RPI del dipinto è ottenuto inserendo il fattore di normalizzazione geometrica che permette di confrontare dipinto e modelli come se avessero le stesse dimensioni. Il dipinto è dunque leggermente più resistente alla deformazione, probabilmente perché irrigidito dai vari fenomeni concomitanti che hanno luogo con l’invecchiamento, e che gli strati preparatori e pittorici dei modellireplica non hanno conosciuto. Le ampie variazioni di UR dovute alla sperimentazione hanno evidenziato una leggera insufficienza del tensionamento ad umidità elevata, per cui si è deciso di aumentare la forza al valore di 2 N/cm all’UR normale. Tale valore (aumentato del 15%) è sembrato adatto, e si è deciso di eleggerlo a nuova “proposta di giusta tensione” per quel dipinto. Le prove sono state ripetute con UR al 55% e si è deciso di aumentare anche la pressione imposta per ottenere la deformazione, arrivando ad un massimo di 10 N (dunque il doppio del valore precedente). L’aumento della pressione imposta non ha avuto nessuna conseguenza sul dipinto. Inoltre il tracciato prosegue senza deviazioni, il che ci conferma il fatto che siamo ancora in zona di risposta elastica, ed il comportamento del dipinto sembra meglio descritto da questo tracciato più ampio. La deformabilità di dipinto e modelli non cambia molto nonostante l’aumento di tensione, e questo è probabilmente dovuto all’aumento di UR da 46 a 55%: se la deformabilità è ridotta dal tensionamento, è anche aumentata dall’umidificazione. 80

L’affidabilità dei modelli realizzati è ancora confermata dalla buona corrispondenza dei loro comportamenti con quelli del dipinto, nonostante la breve stagionatura, ed in effetti la sovrapponibilità del comportamento del dipinto normalizzato a quello dei modelli con la tensione di 2 N/cm diventa notevole.

freccia di inflessione (mm)

grafico 10 RPI S. Nicola e modelli, normalizzato: 1,7 N/cm; UR 46%

20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 0

1

2 3 pressione imposta (N)

dipinto corr. geom.

preparazione

5 tutti gli strati

grafico 11 RPI S. Nicola e modelli, normalizzato: 2 N/cm; UR 55%

20 freccia di inflessione (mm)

sola tela

4

18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 0

1 sola tela

2

3

4 5 6 Pressione imposta (N)

tela preparata

tutti gli strati

7

8

9

10

dipinto corr. geom.

81

Due dipinti foderati e l’ampliamento del protocollo di ricerca. Ottobre 2001. Rassicurati sul fatto che il metodo sperimentale permette di ottenere informazioni rilevanti sul comportamento dei dipinti, si è deciso di continuare la fase esplorativa allargando la casistica anche a due dipinti foderati, e di fare prove multiple sullo stesso dipinto con diversi valori di tensione. I dipinti foderati sono il S. Francesco ed il Fra’ Ludovico, due dipinti di ambito viterbese su cui si trovano maggiori informazioni nell’Appendice 1, foderati dal Laboratorio con la stessa ricetta di colla di pasta ma a vent’anni di distanza. Il primo è stato foderato pochi mesi prima dell’inizio dello studio con pattina singola, l’altro ha una foderatura a doppia patta che risale al 1982. Sono stati scelti per ottenere informazioni sul comportamento di un dipinto foderato da confrontare con quello del S. Nicola, ma anche per altri due motivi: • si tratta di foderature diverse per invecchiamento e numero di tele; • Fra’ Ludovico è un dipinto rappresentativo di un ampio gruppo di dipinti foderati nel 1982 dal Laboratorio, tutti con la stessa tecnica, omogenei per tipologia, periodo, dimensioni, tecniche esecutive e data di foderatura, e si progetta di attingere a quel gruppo per una fase successiva della sperimentazione. S. Francesco e Fra’ Ludovico sono stati sottoposti alla stessa variazione di UR con estremi a 30 e 90%, per misurarne le variazioni dimensionali e di tensione, partendo dalla tensione di 2 N/cm impostata al 55% di UR. All’UR 87%, i dipinti foderati si rilassano e la tensione scende del 1314% (Fra’ Ludovico a 1,74 e S. Francesco a 1,72 N/cm), dimostrando in questo un comportamento molto simile a quello del S. Nicola non foderato, che aveva avuto un calo di tensione del 14,6%. Questo era certamente prevedibile in base ai risultati ottenuti da G. Hedley33 con il campione di dipinto foderato a colla di pasta fornitogli dal Courtauld Institute, dopo 24 h di permanenza a UR superiore al 90%. La variazione dimensionale e di tensione non è direttamente confrontabile con quella del S. Nicola, che aveva una tensione iniziale di 1,7 N/cm nella prova analoga, ma il comportamento resta sostanzialmente confermato. La misura della RPI (Grafico n. 12) del S. Francesco ad UR variabili ha dato ancora dei risultati in linea con quelli del S. Nicola, visto che il dipinto si irrigidisce in ambiente secco e diventa più deformabile in ambiente umido: la freccia di deformazione passa da 8 a 10 mm nel valore massimo corrispondente alla pressione di 10 N.

33

82

[6].

Un aspetto interessante è che tra UR 55 ed UR 87% si abbia una differenza di RPI così contenuta. Questo sembra proprio dover essere interpretato come un effetto positivo del sistema elastico, che contiene l’aumento della deformabilità dovuta al rilassamento del dipinto foderato. Infatti il tensionamento diminuisce da 2 a 1,74 N/cm, ma RPI si attesta su valori simili a quelli che aveva ad UR 55%. Inoltre, se il dipinto non fosse stato montato con un sistema elastico, il grande aumento dimensionale avrebbe causato un rilassamento non sostenuto, dunque una deformabilità molto maggiore. grafico 12 S. Francesco con tre valori di UR

freccia di inflessione (mm)

12 10 8 6 4 2 0 0

2 UR55%, 2N

4 6 Pressione imposta (N) UR33%, 2N

8

10

UR87%; 1,7N

Prima misurazione del tensionamento per via indiretta: alcune interessanti informazioni inattese. Novembre 2001. Con il Fra’ Ludovico si è proceduto in modo diverso, cercando di ottenere una misura per via indiretta della tensione di montaggio alla quale ci è pervenuto. Si tratta infatti di un dipinto musealizzato da molti anni di cui si conosce bene la storia conservativa successiva all’intervento di foderatura del 1982. La tensione di montaggio è quella residua dopo venti anni, visto che non è mai stato necessario intervenire per correggerla. L’idea era dunque quella di cercare di ricostruire il valore del tensionamento con cui il dipinto ci è pervenuto, stabilendo una relazione tra forza di tensionamento e RPI. All’UR 55% (grafico n. 13), si è misurata RPI per il dipinto così come era musealizzato, ovvero senza modificare in alcun modo tensionamento e montaggio sul telaio, applicando il Pressometro al dipinto montato con la chiodatura del 1982. 83

A quel punto il dipinto è stato montato sul suo nuovo telaio elastico a scorrimento perimetrale e la RPI è stata misurata, sempre con UR 55%, per una serie di valori di tensione misurati attraverso l’allungamento delle molle. Lo scopo di questo esperimento era quello di verificare la possibilità di sovrapporre l’andamento di RPI con la chiodatura dell’82 ad una delle curve ottenute con il tensionamento elastico misurato: questo ci avrebbe dato una valutazione della forza residua. Purtroppo la forza residua si è rivelata troppo bassa e quindi non misurabile con questo metodo, infatti la RPI corrispondente ha un andamento molto lontano da quello delle curve ottenute con un sia pur bassissimo tensionamento elastico. L’esperimento non ha quindi dato il risultato sperato, né era più possibile correggere il tiro battendo le biette perché le condizioni erano cambiate. Un’attenta osservazione di questo grafico ci permette però di capire alcune cose interessanti. Vediamo che, a giudicare dalla regolarità con cui si susseguono le curve relative a forze di tensionamento crescente, si può sperare di riuscire ad ottenere l’informazione cercata ripetendo l’esperimento su un altro dipinto la cui tensione iniziale sia più elevata. La curva relativa al comportamento del dipinto con il montaggio dell’82 ben descrive quello che succede ad un dipinto molto rilassato, su telaio fisso. Innanzitutto la fase iniziale non proporzionale è molto più accentuata rispetto alle curve ottenute con tensionamento elastico, fino alla pressione imposta di 3 N; questo significa che fino a 3 N la spinta del Pressometro ha avuto l’effetto di portare il dipinto in tensione, come abbiamo già visto per il S. Nicola ad elevata UR. Dunque la parte di curva successiva alla pressione di 3 N può essere usata per un ragionamento di tipo comparativo (che facciamo a partire dal Grafico 14). Nel grafico n. 14, in cui è ingrandito il dettaglio significativo, si vede che la pendenza è leggermente diversa da quella dei tratti corrispondenti delle altre curve, tutte sostanzialmente parallele tra loro, ed il coefficiente angolare della linea di tendenza passa dallo 0,57 del gruppo a tensione elastica allo 0,85 di quella del dipinto chiodato sul bordo del telaio a biette. Questo significa che il dipinto si deforma di più all’aumento della pressione imposta, se è montato su telaio fisso. Ora, il fatto è che ci si aspetterebbe che il dipinto montato su un telaio elastico (che lo lascia libero di muoversi) abbia una maggiore inflessione. Ci si aspetterebbe infatti che il telaio fisso trattenga la tela impedendone il movimento, almeno finché la forza non ecceda la resistenza del dipinto stesso. Invece il tracciato relativo al telaio fisso ha una pendenza inequivocabilmente maggiore, come testimoniato dal coefficiente angolare più alto, e questo significa che il dipinto montato su telaio fisso si deforma di più per ogni aumento della pressione puntiforme al centro. Questo comportamento del tutto inatteso (ma ampiamente confermato dalle sperimentazioni successive) non può che essere dovuto al fatto 84

grafico 13 RPI in funzione del tensionamento ad UR 55%, fra' Ludovico

16 freccia di inflessione (mm)

14 12 10 8 6 4 2 0 0

2

4

6

8

10

pressione imposta (N) t. 0,5N/cm t. 2,5N/cm

t. 1N/cm t. 3N/cm

t. 1,5N/cm chiodatura 1982

t. 2N/cm

grafico 14 Dettaglio di RPI in funzione del tensionamento ad UR 55%, fra' Ludovico coeff. ang. 0,85

freccia inflessione (mm)

15 13 11 9 7

coeff. ang. 0,57

5 3 3

4 t. 0,5N/cm t. 2,5N/cm

5

6 7 pressione imposta (N) t. 1N/cm t. 3N/cm

8

t. 1,5N/cm chiodatura 1982

9

10

t. 2N/cm

che la libertà di scorrere lungo il bordi permette al dipinto una migliore ridistribuzione delle tensioni, e quindi il punto di applicazione della forza si sposta un po’ meno. Cioè il dipinto si deforma meno nel punto dove avviene la sollecitazione, perché il sistema elastico gli permette di reagire meglio, utilizzando tutta la superficie. Se ancora servissero prove dell’efficacia conservativa del sistema inventato da Roberto Carità, questo ci dice come anche in questo caso le concentrazioni di forze più pericolose vengano limitate. 85

Il grafico ci dimostra per altri versi l’utilità del tensionamento elastico, sensibilmente migliore di quello fisso anche agli estremi inferiori della scala di tensioni: anche una tensione bassissima come 0,5 N/cm accompagna il movimento del dipinto, mentre l’assenza di un controllo elastico abbandona il dipinto a se stesso non appena la tensione scende al di sotto di una certa soglia. I tre dipinti a confronto. grafico 15 RPI dei tre dipinti con dimensioni normalizzate, tensione 2N/cm, UR 55%

freccia di inflessione (mm)

25 20 15 10 5 0 0

2

4 6 Pressione imposta (N) S. Nicola

S. Francesco

8

10

fra' Ludovico

Al valore di UR 55%, si è misurata la Reazione alla Pressione Imposta dei tre dipinti. Nel grafico n. 15 la freccia di deformazione è stata normalizzata, come già fatto per il confronto del S. Nicola con i modelli al Grafico n. 3, in modo da mettere i dipinti in scala e renderli confrontabili. La prima cosa evidenziata da questo grafico di confronto è che l’aggiunta di tele di foderatura e di adesivi irrigidisce sensibilmente il dipinto: il S. Nicola è molto più deformabile del S. Francesco, che a sua volta lo è più del Fra’ Ludovico. Si evidenziano anche: • un ginocchio di assestamento all’inizio della curva del S. Nicola, molto meno evidente nelle altre due, dovuto all’ormai ben noto effetto di accumulo di tensione nel dipinto meno rigido; • una leggera differenza di pendenza tra le tre curve, che testimonia della maggiore deformabilità del S. Nicola rispetto agli altri due dipinti, conseguente alla diminuzione della quantità di materia costitutiva. 86

Una ulteriore analisi dei dati può essere fatta aggiungendo un fattore di correzione della freccia di deformazione sulla base del peso (Grafico n. 16) per unità di superficie (grammi al m2) e dello spessore (Grafico n. 17) del dipinto (mm): entrambi i fattori riducono le differenze tra i tracciati. Il fattore peso sembrerebbe dunque più rappresentativo della situazione reale rispetto allo spessore, perché i dati si compattano di più. Questo è probabilmente dovuto al fatto che con la tecnica della colla di pasta la struttura del dipinto foderato conserva molti spazi vuoti che alleggeriscono il sandwich nel calcolo del peso volumetrico. Il peso dell’unità di superficie è invece più rappresentativo della quantità di colla presente, perché non prende in considerazione l’entità di tali vuoti. Questa considerazione attende di essere verificata su una base statistica più ampia, ma se confermata potrà costituire una base interessante per la costituzione di una banca dati che permetta di confrontare i dipinti in modo da arrivare alla definizione di parametri per la scelta del livello di tensione.

grafico 16 Confronto delle RPI normalizzate per dimensione e per il peso al mq

freccia di inflessione (mm)

25 20 15 10 5 0 0

2

4 6 Pressione imposta (N) S. Nicola

S. Francesco

8

10

fra' Ludovico

87

grafico 17 Confronto delle RPI normalizzate per dimensione e per spessore del dipinto

freccia di inflessione (mm)

25 20 15 10 5 0 0

2

4

6

8

10

pressione imposta (N) S. Nicola

S. Francesco

fra' Ludovico

Conclusioni e prospettive Sono stati costruiti sei nuovi sistemi di tensionamento elastico, completamente descritti nei dati caratterizzanti. Questi hanno sollevato inderogabilmente la necessità di indagare il comportamento meccanico di un dipinto su tela per stabilire con un minimo di riferimenti oggettivi quale forza impiegare per il tensionamento. A questo scopo si è scelto il caso più semplice: un dipinto in prima tela, di medie dimensioni ed ampiamente rappresentativo di una tipologia significativa di dipinti su tela. Il suo comportamento è stato indagato con l’aiuto di modelli stratigrafici realizzati in base alle analisi dei materiali costitutivi del dipinto stesso, caratterizzandone quindi il comportamento reologico anche a livelli profondi. La necessità di valutare oggettivamente il tensionamento ha spinto alla realizzazione del primo Pressometro, apparecchio che permette applicare al dipinto una pressione nota e misurare la deformazione che ne consegue. Questo valore, definito RPI, ha permesso di disegnare dei grafici che rappresentano la deformabilità del dipinto in funzione di più variabili, ed in particolare l’UR e la tensione applicata sul perimetro. La prima ha permesso di dare una valutazione oggettiva dell’influenza di UR sulla rigidità del dipinto, la seconda ha permesso di cominciare ad indagare sul rapporto esistente tra tensione e rigidità nel sistema dipinto/telaio elastico. Parallelamente sono stati studiati (in modo esplorativo) altri due dipinti, foderati rispettivamente con una e due tele a colla di pasta. Il confronto dei dati relativi alla RPI dei tre dipinti ha permesso di mettere a punto una ipotesi di metodo di caratterizzazione più generale, che prenda in 88

considerazione il fattore peso per unità di superficie dipinta, che andrà verificata con un maggior numero di dipinti. Questi primi dati hanno permesso di orientare la scelta su un valore di tensione pari a 2 N/cm per il dipinto di riferimento (dopo l’iniziale valore di 1,7 N/cm), valore che si è poi creduto di poter tranquillamente estendere anche ad altri dipinti, visto che era in grado di conferirgli un buon comportamento ed essendo sostanzialmente indipendente dalle dimensioni del dipinto. Alcuni dei vantaggi dell’uso di un sistema di tensionamento elastico a scorrimento perimetrale rispetto ad uno fisso o ad espansione angolare hanno trovato riscontro nelle informazioni ottenute con la sperimentazione. In particolare la migliore ridistribuzione delle forze di deformazione agenti sul dipinto e l’azione di sostegno attivo anche a valori bassissimi di tensione. Il fatto di aver ottenuto dati sicuramente significativi con il protocollo così definito, invita ad estendere la ricerca a dipinti diversi e con strumenti di misura più raffinati, per studiare la relazione cercata tra tensione ed RPI, con strumenti più precisi per acquisire una serie di dati che inizino ad avere un significato statistico. Sembra poi molto utile cercare di capire il comportamento del dipinto senza il telaio elastico. La progressione sufficientemente scandita delle curve di RPI relative a tensioni gradualmente crescenti permette di programmare un nuovo protocollo di ricerca in cui si tenti di ricostruire per via indiretta la forza di tensionamento di un dipinto montato su telaio fisso. Questo permetterebbe di ragionare sul valore di tensione cui normalmente sono tesi i dipinti musealizzati, e fornirebbe un dato che concorrerebbe utilmente alla definizione del giusto livello di tensione. L’uso di parametri matematici di conversione sulla base delle dimensioni, dello spessore e del peso dei dipinti sembra aprire una strada promettente, anche perché lo scopo principale resta naturalmente quello di arrivare alla definizione della giusta tensione per un dipinto su un telaio elastico, un lavoro per il quale è sempre più chiaro che sarà necessaria l’acquisizione di una grande mole di dati su una ampia casistica di dipinti. BIBLIOGRAFIA 1. Accardo, G.; Bennici, A.; Torre, M./Tensionamento controllato della tela. Sistema elastico di tensionamento. In: Il S. Girolamo del Caravaggio, dal furto al restauro. ICR Roma, 1991 pp. 31-44. 2. Amadesi, S.; Gori, Franco; Grella, R.; Guattari, G./Studio di deformazioni di supporti di dipinti con metodi interferometrici , Roma: CNR. Centro di studio cause di deperimento e metodi di conservazione delle opere d'arte, 1971. 3. Carità, R./ Il restauro dei dipinti caravaggeschi della cattedrale di Malta. Bollettino dell’Istituto Centrale per il Restauro, n. 29, 1957 4. Ciappi, O.; Ciatti, M./La conservazione dei dipinti su tela: esperienze ed 89

innovazioni per dipinti di grandi dimensioni. OPD restauro, n. 8, 1996. 5. Bracco, P.; Ciappi, O./ “The beheading of the Baptist” by Caravaggio. The artist’s techniques, its state of conservation, its restoration. In The return of Caravaggio’s “The beheading of the Baptist” to Malta, National Museum f Fine Arts, Valletta june 1999. 6. Hedley, G. /Relative Humidity and the stress/strain response of canvas paintings: uniaxial measurements of naturally aged samples. Studies in Conservation n.33 1988 p. 145. 7. Iaccarino, A. / Dipinti su tela, una proposta per conservare i telai originali. Materiali e Strutture, anno VI, numero 2 1996 pp. 85-93. 8. Laroche, J.; Saccarello, M. V./ La foderatura dei dipinti: due tradizioni a confronto. Kermes, anno IX, n. 25 1996 pp. 11-24. 9. Young, Christina R.T.; Hibberd, Roger D./ A comparison of the physical properties of 19th century canvas linings with acid aged samples. ICOM CC 1996 p. 353-360.

Ringrazio Carlo Serino per l’attenta lettura critica. 90

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