La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

July 4, 2017 | Autor: Carlotta Castellani | Categoría: Modernism (Art History), Gestalt Theory, Hans Richter
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Ricerche di Storia dell’arte n.113/2014 Serie “Arti visive” Sfogliare il modernismo. Progresso e utopia nelle riviste d’arte degli anni Venti e Trenta, a cura di Alessandro Nigro

Rivista quadrimestrale edita da Carocci editore S.p.A., Roma I fascicoli dedicati alla storia dell’arte (Serie: Arti visive) si alternano ad un fascicolo dedicato ai temi della conservazione e del restauro (Serie: Conservazione e Restauro) Direttore responsabile: Antonio Pinelli Serie Arti visive Direttore: Antonio Pinelli Comitato di redazione: Silvia Bordini, Silvia Carandini, Luciana Cassanelli, Michela di Macco, Maria Letizia Gualandi, Maria Grazia Messina, Jolanda Nigro Covre, Orietta Rossi Serie Conservazione e restauro Direttore: Elisabetta Pallottino Comitato di redazione: Francesco Paolo Fiore, Francesca Geremia, Francesco Giovanetti, Pier Nicola Pagliara, Antonio Pugliano, Francesca Romana Stabile, Michele Zampilli Progetto grafico: Ulderico Iorillo Abbonamento annuale 2014: Italia € 67,00; Europa € 85,00; Paesi extra-europei € 97,00. Prezzo di un fascicolo: Italia n. singolo € 30,00; n. doppio € 58,00; Europa n. singolo € 37,00; n. doppio € 65,00; Paesi extra-europei n. singolo € 41,00; n. doppio € 71,00. Fascicoli arretrati: Italia n. singolo € 40,00; n. doppio € 65,00; Europa n. singolo € 47,00; n. doppio € 68,00; Paesi extra-europei n. singolo € 48,00; n. doppio € 79,00. Gli abbonamenti si possono sottoscrivere mediante versamento sul ccp 77228005 intestato a Carocci editore S.p.A., corso Vittorio Emanuele II, 229, 00186 Roma, o inviando un assegno bancario non trasferibile intestato a Carocci editore S.p.A., o tramite bonifico bancario sul c/c 000001409096 del Monte dei Paschi di Siena, filiale di Roma cod. 8710, Via Sicilia 203/A, 00187 Roma, IBAN IT92C0103003301000001409096 - SWIFT BIC: PASCITM1Z70. La sottoscrizione può essere effettuata anche collegandosi a www.carocci.it con pagamento mediante carta di credito. Carocci editore S.p.A., Ufficio riviste corso Vittorio Emanuele II, 229, 00186 Roma, tel. 06 42818417 (orario: 9-13 da lunedì a venerdì) e-mail: [email protected] Le informazioni sulla rivista, gli indici dei fascicoli pubblicati e i pdf degli articoli sono disponibii nella sezione Riviste su www.carocci.it Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 142 / 6-06-2014 (già 17484 / 19-12-1978) Finito di stampare nel mese di novembre 2014 dalla tipografia Eurolit, Roma ISSN 0392-7202 ISBN 978-88-430-7253-8

In copertina: El Lisickij, bozzetto per la copertina di «Broom», vol. II, n. 3 (giugno 1922).

Ricerche di storia dell’arte

113

Sfogliare il modernismo.

Progresso e utopia nelle riviste d’arte degli anni Venti e Trenta

alessandro nigro Editoriale

5

eva francioli La rivista come opera costruttivista. Il caso «Vešč’/Objet/Gegenstand»

7

carlotta castellani La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

16

serena trinchero L’eclettismo modernista e il tema della macchina nella rivista internazionale «Broom»

27

eva francioli «7 Arts», ovvero dell’originalità del costruttivismo belga

37

luisa giacobbe L’instabile equilibrio del modernismo inglese: il caso della rivista «Axis» (1935-1937)

46

giulia bucci Utopie moderniste nell’Inghilterra degli anni Trenta: da Unit One a Circle

56

r'VPSJUFNB paola elena boccalatte La cancellata in ferro perpulcra et decens della cappella del Palazzo Pubblico di Siena

67

francesco giovanelli L’Effusio sanguinis di San Niccolò a Prato e altre novità su Giovanni Battista Paggi

79

maria saveria ruga Il manoscritto ritrovato: Michele Cammarano e la «fucina» di Andrea Cefaly

87

r4VNNBSJFT

95

Carlotta Castellani

La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

L'influenza del pensiero vitalistico nel periodico di orientamento costruttivista di Hans Richter

1. Copertina di «G», n. 1, luglio 1923.

1. UNA RIVISTA AL SERVIZIO DEL PROGRESSO

Con la sottoscrizione a Düsseldorf del manifesto della Internationale Fraktion der Konstruktivisten (1922)1, Hans Richter, insieme a Theo van Doesburg ed El Lisickij, dichiara la necessità di divulgare una rinnovata idea di arte intesa come strumento di progresso collettivo: «Oggi ci troviamo a metà strada tra una società che non ha bisogno di noi e un’altra che non esiste ancora […]. L’arte, come la scienza e la tecnica, è un metodo di organizzazione della vita intera. […] è espressione generale e reale dell’energia creativa che organizza il progresso dell’umanità2». Al fine di porre questi ideali al servizio di un effettivo rinnovamento della società, un anno più tardi Richter fonda a Berlino la rivista «G. Material zur elementaren Gestaltung» (figg. 1, 2)3, rifacendosi all’esempio di «Vešč’/Objet/Gegenstand», prima rivista costruttivista in senso internazionale creata da El Lisickij nel 1922. Tali periodici sono concepiti come laboratori interdisciplinari, dove raccogliere le proposte per un’arte al servizio del «progresso dell’umanità», mostrando quel che si desidera raggiungere attraverso progetti, schizzi e modelli4. Grazie all’ausilio della grafica, della fotografia e del fotomontaggio, all’interno di «G» è possi16

La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

bile presentare progetti avveniristici o ancora in fase di realizzazione, mentre il layout delle singole pagine permette di collegare ogni articolo agli altri, sviluppando una fitta rete di rimandi visivi all’insegna di un unico progetto comune, che è quello della creazione di una nuova società. Il linguaggio astratto ed elementare condiviso da artisti e architetti che partecipano alla rivista è stato ricondotto al cosiddetto costruttivismo internazionale, seppur il riferimento a tale corrente, oggi messo in discussione dagli studi più recenti5, non permetta di afferrare appieno le reali ambizioni sottese alla fondazione del periodico e di conseguenza non chiarisca la ricca varietà di contributi ivi presenti. Nel primo numero è riportata una citazione da Karl Marx che allude all’orientamento politico della rivista: «L’arte non deve spiegare la vita ma cambiarla». Questo ideale è ampiamente condiviso dall’avanguardia berlinese più vicina al pensiero socialista, convinta della nuova responsabilità assunta dagli artisti chiamati a rendere visibili le caratteristiche dell’auspicata società futura. «G» diviene dunque una piattaforma aperta a tutti coloro che, pur non identificandosi in alcuna ideologia politica, in parte condividono gli ideali del costruttivismo sovietico e, al tempo stesso, portano avanti un’estetica del costruire di stampo modernista, attenta alla natura dei materiali di costruzione secondo un criterio di Gestaltung. Più che rappresentare un nuovo orientamento artistico, «G» tenta quindi di rendere manifeste le reali esigenze dell’uomo ‘nuovo’ attraverso la pubblicazione di contributi che propongono soluzioni innovative nei settori più d’avanguardia della creazione umana. Secondo Hans Richter e Werner Gräff6, autori dell’editoriale del primo numero, è solo considerando tali ambiti come parti integranti di un sistema organico e strutturato secondo principi elementari, che è possibile creare «nuova vita e abbondanza»7. L’arte, per collegarsi alla vita, non deve essere espressione soggettiva; al contrario, i nuovi artisti devono «agire collettivamente»8 e, in ogni lavoro, dev’essere implicito il rapporto con i prodotti degli altri ambiti del fare umano. Inoltre, dalla considerazione che la macchina sia simbolo di disciplina collettiva e prosperità, si auspica che lo sviluppo sociale derivi anche dalla meccanizzazione industriale (fig. 3). Nella speranza di sollecitare gli artisti a riconsiderare la loro funzione sociale, Wer-

2. Copertina di «G», n. 4, marzo 1926.

ner Gräff afferma nel primo numero: «Ecco il nuovo ingegnere! Egli non trasforma ma crea dal niente; non migliora ma risponde a ogni esigenza in maniera assolutamente elementare. Tra pochi anni la nuova generazione di ingegneri, educata all’elementarismo, risponderà a ogni esigenza della vita che si possa ragionevolmente poggiare sulla tecnica meccanica»9. La concezione di arte che viene proposta sembra quindi in linea con i principi del nascente modernismo che trova nelle contemporanee dichiarazioni di Walter Gropius una precisa formulazione10. Tuttavia i sei numeri di «G» (1923-1926), che escono con cadenza irregolare, non si presentano come pubblicazioni omogenee: cambiano il layout, i nomi dei redattori e persino il titolo della rivista; gradualmente gli articoli perdono il loro iniziale carattere programmatico per dare spazio a una crescente varietà di contributi11. Come annunciato dal titolo, la raccolta di tale vasto repertorio ha come scopo principale il continuo confronto tra le varie discipline finalizzato allo sviluppo di una Gestaltung elementare. 17

La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

chio modo di fare arte e la realtà oggettiva di interessi umani vitali creano le condizioni per una nuova Gestaltung. […] L’esigenza fondamentale della Gestaltung elementare è l’economia. Puro rapporto di forza e materiale. Ciò presuppone mezzi elementari, pieno dominio dei mezzi. Ordine elementare, regolarità. […] Non ci rivolgiamo neanche agli amanti dell’arte ma in generale alle persone che amano l’elementarità, nell’arte come in tutti i rapporti della vita. Da tali individui possiamo aspettarci che si comprenda la nostra volontà di risolvere il problema dell’arte da un punto di vista non estetico bensì culturale in generale. […] Abbiamo bisogno […] di un ordine interiore del nostro essere»15. Elementarità, economia dei mezzi, ordine interiore: questi principi di organizzazione sembrano accomunare il modo di procedere in architettura, in arte, nell’ingegneria meccanica e nell’industria, ma si possono riscontrare anche all’interno dell’universo organico. In questo senso – come sottolinea Lutz Robbers16 – quasi tutti i membri del gruppo «G» riconoscono nel principio della Gestaltung il minimo comun denominatore tra vita in senso organico, arte e macchina; di conseguenza essa diviene per molti un principio necessario a cui attenersi per creare una nuova cultura materiale, che abbia come fondamento una strutturazione sintetica, unitaria ed integrata degli elementi in ogni nuova configurazione. Il

2. GESTALTUNG, TRA FUNZIONALISMO E LEBENSPHILOSOPHIE

Ma che cosa s’intende esattamente con il termine Gestaltung? La scelta del vocabolo come slogan della rivista può essere certo considerata conseguenza della fortuna del termine agli inizi del Novecento12, quando, come sottolineato da Mertins e Jennings, ha indicato «dare una forma, formare, plasmare, produrre, creare, costruire, modellare, organizzare», in quanto «Gestaltung si riferisce sia alla forma creata sia al processo di formazione»13. Quel che rende questo termine così popolare è il fatto che esso implica l’abbandono di un pensiero analitico e riduzionistico a favore di una visione fluida e dinamica della creazione (umana quanto cosmica), interpretata non come qualcosa di statico ma in continuo divenire e, di conseguenza, una rivalutazione del processo di creazione rispetto al prodotto finito. Nel 1922, Theo van Doesburg, nel testo Der Wille zum Stil, si riferisce a una nuova Gestaltung come principio da applicare alla vita, all’arte e alla tecnica (Neugestaltung von Leben, Kunst und Technik)14; l’anno seguente, nell’editoriale di «G», Hans Richter e Werner Gräff utilizzano questo termine per chiarire gli obiettivi della rivista: «Il contrasto tra la nuova Gestaltung (in arte) e l’arte del passato è di principio. […] La nausea nei confronti del vec3. Veduta dell’industria MAN, Gustavsburg, «G», n. 1, luglio 1923.

18

La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie 4. Mies van der Rohe, Bauen, «G», n. 2, settembre 1923.

fatto che questo termine sia parimenti utilizzato «in biologia (morfologia), nel design industriale quanto in arte, suggerisce non solo alcuni aspetti in comune e scambievoli tra queste discipline ma soprattutto un programma per superare l’opposizione tra meccanismo e organismo»17. Nei primi anni Venti la frattura tra natura e tecnica era percepita in Germania come un grave difetto della nascente Kultur, al quale intellettuali, filosofi e artisti cercavano di porre rimedio. In questo senso non deve sorprendere se, in una rivista espressamente dedicata alla Gestaltung, compaiono articoli che, esulando da ogni funzionalismo tecnicistico, abbracciano teorie vitalistiche. Per comprendere il trait d’union tra queste differenti prospettive è importante ricordare la persistenza di una Lebensphilosophie di retaggio romantico in molti artisti afferenti al costruttivismo. Lo studioso Oliver A.I. Botar ha individuato, proprio a partire dal 1923 (anno di fondazione della rivista «G»), il consolidarsi di alcune idee vitalistiche che, a suo avviso, avrebbero dato origine a una vera e propria corrente definita «costruttivismo biocentrico»18. Il termine biocentrismo, già usato da filosofi della natura quali Ludwig Klages e Raoul Francé19, racchiuderebbe un grande insieme di concetti, teorie, credo e pratiche che «mettono in primo piano la convinzione della nostra inseparabilità dalla natura e che hanno avuto la loro origine nella filosofia della natura romantica, nel biologismo e nel neolamarckismo»20. Secondo Botar, molti tra i collaboratori e autori della rivista «G» avrebbero condiviso queste

idee, in particolare Ludwig Mies van der Rohe, El Lisickij, Raoul Hausmann, Kurt Schwitters, Hans Arp e Hans Prinzhorn. Al contrario, personaggi come Theo van Doesburg o Werner Gräff sembrano convinti che privilegiare la natura costituisca ormai un’attitudine inadeguata alle nuove esigenze dell’uomo e considerano invece la tecnica come fonte di una nuova spiritualità: «la macchina è il fenomeno di disciplina spirituale par excellence»21. Alla luce di queste considerazioni, la presenza in «G» di numerosi articoli relativi a industria e tecnica può essere letta non solo nei termini di uno slancio tecnocentrico, ma anche come l’esito di una duplice tensione rivolta sia allo sviluppo di nuove corrispondenze tra i prodotti umani (arte e tecnica) e il regno organico, sia a un’analogia tra arte e macchina con finalità spirituali22. Entrambe le tendenze sono la dimostrazione di un’unica urgenza comune, ovvero la ricerca di una sintesi da cui possa nascere una nuova cultura basata sull’applicazione della Gestaltung, che superi le difficoltà dimostrate dalla fisica meccanica ad abbracciare gli ambiti della biologia e della psicologia. Fondando la ricostruzione materiale della società su questo principio di validità assoluta, reiterabile nei vari settori della creazione, l’arte entra in un rapporto di analogia con il sistema della creazione universale, permettendo in tal modo di prefigurare sia ‘materialmente’ la società del futuro, che ‘spiritualmente’ una rinnovata unità tra uomo e mondo. In questo senso, gli articoli e le dichiarazioni presenti nel periodico sanciscono l’inclusione 19

La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

5. Friedrich Kiesler, Die Stadt in der Luft, «G», n. 4, marzo 1926. 6. Max Buchartz, Lunapark, «G», n. 3, giugno 1924.

attraverso un linguaggio universale, risponda alle contingenti esigenze dell’uomo. Di conseguenza, l’approccio multidisciplinare della rivista è da intendersi non nel senso di un atteggiamento eclettico, quanto piuttosto di una dichiarata ambizione universalistica. Richter sceglie quindi di alternare articoli in cui sono presentati i nuovi principi di riferimento per le varie discipline. Mies van der Rohe e Ludwig Hilberseimer sono chiamati a trattare della nuova architettura (fig. 4); El Lisickij, Friedrich Kiesler e Max Buchartz si occupano delle nuove possibilità di organizzazione dello spazio in rapporto all’uomo

della «trinità profana di razionalismo, materialismo e utilitarismo»23 all’interno di un più ampio orizzonte filosofico di stampo vitalistico e di matrice neokantiana. Nel terzo numero di «G», pubblicato nel 1924, Richter, direttore della rivista, cerca di chiarire la sua idea integrata di cultura e umanità: «l’uomo si muove solo come un’unità indivisibile di funzioni/proprietà, se questa unità si muove, tutte le parti si muovono. […] La cultura non è una richiesta speciale fatta all’arte o alla scienza ma […] il problema dell’esistenza nel suo insieme»24. L’arte, dunque, può contribuire a fondare una nuova cultura materiale qualora, 20

La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

(figg. 5, 6); Werner Gräff analizza i risultati più interessanti nell’ambito dell’ingegneria meccanica; Tristan Tzara presenta i più recenti sviluppi nel campo della fotografia e Raoul Hausmann in quello della moda (fig. 7), Hans Arp pubblica le sue poesie; mentre Richter riserva a se stesso l’ambito del cinema cui applica la propria idea di Gestaltung. 3. IL RITMO COME FONDAMENTO DI UN LINGUAGGIO UNIVERSALE

Affinché la Gestaltung sia più facilmente individuabile come minimo comun denominatore dei vari contributi del periodico, la grafica dei primi due numeri, ad opera di El Lisickij, è concepita in modo da sottolineare visivamente l’esistenza di un unico linguaggio elementare applicato alle varie discipline (fig. 8). Richter è infatti convinto della validità di un linguaggio universale (Universelle Sprache), alla cui formulazione si dedica dalla fine degli anni Dieci insieme allo svedese Viking Eggeling25. I due artisti sviluppano un

7. Raoul Hausmann, Hüte bei Jlko, «G», n. 4, marzo 1926.

8. El Lisickij, layout della prima e quarta pagina, «G», n. 1, luglio 1923.

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La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

vocabolario di forme astratte, elementari e dinamiche, una lingua-forma «fondata su di un ‘alfabeto’ che trae origine dal principio elementare della visione: la polarità»26 (fig. 9). La legge dialettica di polarità e contrasto27 è considerata come un «principio generale di vita»28, presente anche in natura e fondante la Gestaltung creativa o «schöpferische Gestaltung» dell’uomo. Il linguaggio che ne scaturisce è necessario perché «costituisce un metodo d’indagine oggettivo», una «lingua della psiche […] la cui comprensione da parte degli uomini non ha ostacoli»29. Richter perfeziona questo linguaggio nei suoi primi film astratti, Rhythmus 21 e Rhythmus 2330, al fine di indagare il funzionamento della percezione visiva. Da tali cortometraggi e dalle pagine esplicative ad essi dedicate pubblicate su «G»31 (fig. 10), si evince che per l’artista ogni impressione percettiva non scaturisce da un’aggregazione “cumulativa” di elementi indipendenti l’uno dall’altro, ma al contrario da formazioni percettive in movimento, che si dispiegano all’interno del campo visivo attraverso relazioni ritmiche. Il ritmo, inteso come esperienza intuitiva universale, pre-sintattica e pre-narrativa, rimanda, secondo Richter, al cosiddetto ritmo universale ed è quindi l’anello di congiunzione tra le possibilità di percezione individuali e le funzioni cosmiche universali32: «ritmo è interiorità. Ritmo è la forza della natura. Ritmo è ciò che dà forma e anima idee incomunicabili, attraverso di esso siamo legati alle forze elementari della natura»33. Sostenuto da un idealismo di matrice

9. Hans Richter, Demonstration der universellen Sprache, Hans Richter Estate.

neokantiana e da convinzioni vitalistiche, Richter è quindi persuaso che «natura e spirito non [siano] opposti. L’uno completa se stesso nell’altro. La legge si trova al di sopra di esse»34. 10. Hans Richter, Die schlecht trainierte Seele, in «G», n. 3, giugno 1924.

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La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

I film di Richter suscitano presto grande interesse tra intellettuali e artisti e sono oggetto di numerosi articoli ad opera dei futuri collaboratori di «G». Nel 1921 Theo van Doesburg ne recensisce i primi studi preparatori, frutto della collaborazione Richter-Eggeling35, associandone i risultati al Neoplasticismo36; nello stesso anno, l’architetto Ludwig Hilberseimer definisce il linguaggio astratto dei due artisti come «magico-elementare» per il suo fondamento prelinguistico, ritmico e originario: è «un linguaggio che risuona in forma elementare dall’inizio della nostra esistenza, all’interno del cui ritmo noi abitiamo continuamente»37. È quindi in virtù di queste ricerche che Richter stabilisce una comunione d’intenti con gli artisti che inviterà a partecipare alla rivista.

4. GESTALTUNG O GESTALT? UN’IPOTESI DI LETTURA

Il concetto di ritmo permette d’introdurre una riflessione sulle possibili affinità tra le idee di Richter e le coeve indagini sulla percezione visiva condotte dai membri della scuola di Berlino della Gestalt, intenti a fondare un nuovo sistema psicologico in grado di rendere giustizia agli aspetti olistici dell’esperienza percettiva38. Ricordiamo che Richter nel 1926 scrive: «Il ritmo di un’opera equivale alla sua immagine come un tutto. Il ritmo è ciò che trasmette le idee, quel che passa attraverso ogni cosa: il suo significato = il principio dal quale ogni singola opera deriva il suo significato. Il ritmo non è una sequenza definita e regolare di tempo e spazio; è l’unità che tiene insieme tutte le parti in un intero»39. Seguendo una regola interna di contrasto e analogia tra gli elementi astratti che compaiono sullo schermo40 – traduzione in immagini del principio dialettico di polarità – Richter crea nei suoi film un ritmo visivo che permette la formazione di unità all’interno del campo percettivo globale: «al fine di vedere l’insieme delle differenze come parti di un tutto»41 (fig. 11). Questa stessa problematica è affrontata dalla scuola della Gestalt, che giunge a individuare alcune leggi in grado di dimostrare il funzionamento di tale unificazione percettiva (leggi della contiguità, della somiglianza, della forma chiusa, della buona continuazione e della pregnanza). Infatti anche la psicologia della forma è alla ricerca di una causa ultima del processo universale, una causa reale che abbracci ad un tempo la natura inorganica e il regno bio-psicologico. Non sorprende che all’origine della teoria della Gestalt e delle sue leggi vi sia stato uno studio dei processi ritmici, quali si presentano in musica e nel linguaggio, analogo a quanto indagato da Richter e Eggeling42; un ulteriore elemento di affinità è rappresentato dal fatto che il tachiscopio, anticipazione del cinematografo, sia stato uno strumento molto utilizzato negli esperimenti di questa scuola per studiare la struttura della percezione43. Nell’aprile del 1924 Max Wertheimer, tra i massimi esponenti della Gestalt, sottolinea quanto la nuova teoria sia innanzitutto una risposta a un «problema dei nostri tempi»44; in effetti, la questione relativa al rapporto esistente tra l’intero e le sue parti può essere indubbiamente considerata come un filo conduttore che unisce più settori di indagine nella Berlino degli anni Venti. L’insistenza ripetuta, negli articoli della rivista «G», sull’organizzazione interna degli elementi in ogni nuova configurazione

11. Hans Richter, Die schlecht trainierte Seele, in «G», n. 3, giugno 1924.

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La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie

12. El Lisickij, layout della seconda e terza pagina, «G», n. 1, luglio 1923.

(Gestaltung) è in linea con queste premesse e persino il layout dei primi numeri può essere inteso come un’applicazione di tali principi (fig. 12): le opere presentate sono contraddistinte da strutture con specifiche qualità configurazionali, tali da garantire che le singole parti siano determinate dalla forma globale e non viceversa. In un articolo pubblicato nel dicembre 1923 sulle pagine del «Sozialistische Monatshefte», la rivista mensile berlinese alla quale alcuni membri di «G» avevano collaborato saltuariamente, Georg Chaym sintetizza per sommi capi i fondamenti della nuova teoria45, teoria che secondo l’autore ha chiarito per la prima volta l’affinità esistente tra le leggi del mondo organico, la strutturazione della percezione e l’universo fisico. Tuttavia, pur affrontando problematiche simili, i risultati della psicologia gestaltica sono in ultima analisi lontani dalle affermazioni di Hans Richter e del gruppo «G». Questi ultimi, infatti, avvalendosi del pensiero vitalistico, giungono a considerare il comportamento ordinato del mondo organico, e del cosmo, come espressione

di una forza spirituale superiore, spesso definita come ‘forza vitale’. In virtù dell’esistenza di tale forza vitale, il gruppo «G» può credere a un’idea di progresso del tutto modernista, che tuttavia lascia trasparire la struttura metafisica del mondo, in modo da collegare il regno della macchina e il mondo organico, senza negare il dualismo di Geist e Natur46. In conclusione, come ha sottolineato Detlef Mertins, la rivista «G» è un interessante documento della transizione da un’idea di progresso universale inteso come «paradigma meccanicistico della prima età moderna» verso un’immagine più strutturata che andrà gradualmente definendosi come «paradigma bionico»47.

Carlotta Castellani Università di Firenze, Bonn e Parigi IV La Sorbona 24

La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie to sul problema della forma e su di una volontà unitaria di Gestaltung che da «analitica deve divenire sintetica» per sostituirsi definitivamente al contemporaneo caos individualistico (Der stilbildende Wert industrieller Bauformen, 1914). Per approfondimenti, cfr. D. Mertins, Introduction, in W. C. Behrendt, The Victory of the New Building Style, Los Angeles, 2000, pp. 36-50. Negli anni Venti il termine sarà utilizzato a più riprese da alcuni tra i principali rappresentanti del modernismo come Adolf Behne, Walter Curt Behrendt, Theo van Doesburg, Siegfried Giedion, Ludwig Hilberseimer, Ernő Kállai, László Moholy-Nagy, Piet Mondrian e Mies van der Rohe. 13. D. Mertins e M. W. Jennings, Introduction – The G. Group and the European Avant-Garde, in G: An Avant-Garde Journal, cit., p. 5. 14. T. van Doesburg, Der Wille zum Stil (Neugestaltung von Leben, Kunst und Technik), in «De Stijl», 1922, 2-3, pp. 23-41. Lo stesso artista si era riferito a una Weltgestaltung già nel 1921, cfr. Id., Manifest III: Zur neuen Weltgestaltung, in «De Stijl», 1921, 8, pp. 124-125. 15. H. Richter, W. Gräff, in «G», 1923, 1, p. 1. 16. L. Robbers, Modern Architecture in the Age of Cinema, cit., pp. 148-152. 17. D. Mertins, M. W. Jennings, Introduction, cit., p. 5. 18. Cfr. O.A.I. Botar, Prolegomena to the Study of Biomorphic Modernism: Biocentrism, Laszlo Moholy-Nagy’s New Vision’ and Erno Kállai’s Bioromantik, tesi di dottorato, University of Toronto, 1998, pp. 395-493; Id., I. Wünsche, Biocentrism and Modernism, Farnham, 2011, pp. 15-46. 19. Nel 1920, il filosofo della natura Raoul Francé pubblica il saggio Die Pflanze als Erfinder, in cui sostiene che ogni applicazione della tecnologia abbia i suoi fondamenti nel funzionamento del mondo organico. Il successo del libro tra artisti e intellettuali fu tale da favorirne la ripubblicazione in forma di estratto, nel gennaio del 1923, sulle pagine della rivista d’arte più letta a Berlino, «Das Kunstblatt». Mies van der Rohe, El Lisickij, Raoul Hausmann e Hans Prinzhorn possedevano una copia del libro. Per il vitalismo secondo Hausmann, cfr. C. Castellani, La rivista «G.», cit., pp. 334-336. 20. O. A. I. Botar, Prolegomena to the Study, cit., p. 207. 21. T. van Doesburg, Der Wille zum Stil, cit., p. 33. 22. Per approfondimenti, cfr. D. Mertins, Architecture, Worldviews and Word Image, in G: An Avant-Garde Journal of Art, Architecture, Design and Film, cit., pp. 71-96. 23. E. Kállai, Kunst und Wirklichkeit, in «Sozialistische Monatshefte», 1931, 10, p. 998. 24. H. Richter, G, in «G», 1924, 3, p. 12. 25. Se oggi il risultato di queste ricerche – il pamphlet Universelle Sprache (1920) – è andato perduto, le idee ivi contenute possono essere ricostruite attraverso l’analisi di due documenti ad esso collegati: H. Richter, Prinzipielles zur Bewegungskunst, in «De Stijl», 1921, 7, pp. 109-112; Id., Demonstration of the Universal Language, in Hans Richter Activism, Modernism and the Avant-garde, a cura di S. C. Foster, Cambridge (MA), 1998, pp. 184-239. È interessante ricordare l’amicizia tra Hans Richter e il compositore Ferruccio Busoni come possibile stimolo sia per la realizzazione della universelle Sprache, sia per le rifles-

NOTE

1. Ove non altrimenti specificato, le traduzioni sono dell’autrice. T. van Doesburg, El Lisickij, H. Richter, Erklärung der Internationalen Fraktion der Konstruktivisten des ersten internationalen Kongresses der fortschrittlichen Künstler, in «De Stijl», 1922, 4, pp. 59-64. 2. Ibidem, p. 63. 3. L’idea di creare la rivista, suggerita a Richter da Theo van Doesburg nel 1921, per questioni finanziarie si concretizza soltanto nel 1923. Cfr. H. Richter, Köpfe und Hinterköpfe, Zürich, 1967, p. 67. 4. Cfr. T. van Doesburg, El Lisickij, H. Richter, Erklärung der Internationalen Fraktion, cit., p. 63. 5. Cfr. G: An Avant-Garde Journal of Art, Architecture, Design and Film, a cura di D. Mertins e M. W. Jennings, Los Angeles, 2010; L. Robbers, Modern Architecture in the Age of Cinema. Mies van der Rohe and the Moving Image, tesi di dottorato, Princeton University, 2012. 6. Per approfondimenti, cfr. G. Breuer, Bestimmte Gedanken liegen in der Luft. Gräff und die Zeitschrift G, in Werner Gräff 1901-1978. Der Künstleringenieur, a cura di G. Breuer, Berlin, 2010, pp. 137-156. 7. H. Richter, W. Gräff, in «G», 1923, 1, p. 1. Della rivista esiste la seguente ristampa: G. Material zur elementaren Gestaltung, a cura di M. von Hofacker, München, 1986. 8. H. Richter, W. Gräff, in «G», 1923, 1, p. 1. 9. W. Gräff, Es kommt der neue Ingenieur, ivi, p. 4. 10. Con il manifesto Idee und Aufbau des Staatlichen Bauhauses (1923) Walter Gropius inaugura la nuova stagione della Bauhaus e sancisce il passaggio dalla fase espressionista a quella denominata elementarista. 11. Per una descrizione sintetica dei contenuti dei singoli numeri della rivista, cfr. C. Castellani, La rivista «G.» nella temperie culturale della Berlino degli anni Venti, in «Annali, Dipartimento di storia delle arti e dello spettacolo», 2010, 11, pp. 328-344; D. Pisani, G, in Architettura del Novecento, vol. I, Teorie, scuole, eventi, a cura di M. Biraghi e A. Farlenga, Torino, 2012, pp. 381-385; S. Bury, Not to adorn life but to organize it, in The Oxford Critical and Cultural History of Modernist Magazines, vol. III, Europe 1880-1940, a cura di P. Brooker, S. Bru, A. Thacker, C. Weikop, Oxford, 2013, pp. 855-867. 12. Secondo Detlef Mertins, il termine Gestaltung deve molto alle teorie di Konrad Fiedler (1876), il quale aveva postulato l’esistenza di una forma universale alla base della visione. Nel primo Novecento il termine è ripreso in relazione al dibattito sulla nuova architettura e sul ruolo della tecnica, diventando una parola chiave per conciliare categorie opposte come arte e tecnica, natura e industria o processo e forma. In questo senso l’architetto Hermann Muthesius, nel 1913, parla di una stessa tendenza alla Gestaltung riscontrabile in artisti, architetti, sarti, macchinisti e ingegneri (Das Formproblem im Ingenieurbau, 1913), mentre lo storico dell’arte August Schmarsow avvia una teoria architettonica basata sul concetto di Raumgestaltung (Raumgestaltung als Wesen der architektonischen Schöpfung, 1914). Anche Walter Gropius utilizza il termine nel fare appello a un rinnovamento della cultura fonda-

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La rivista «G» tra modernismo e Lebensphilosophie ling nell’evoluzione artistica di Hans Richter è dichiarato a più riprese da quest’ultimo. Cfr., ad esempio: Id., in «G», 1924, 3, p. 44. 36. T. van Doesburg, Abstracte Filmbeelding, in «De Stijl», 1921, 5, pp. 71-75. 37. L. Hilberseimer, Bewegungskunst, in «Sozialistische Monatshefte», 1921, 9, pp. 467-468. 38. Proprio negli anni della pubblicazione di «G» trova ampia risonanza a Berlino attraverso la fondazione della rivista «Psychologische Forschung» (1921) e l’elezione di Wolfgang Köhler come direttore dell’Istituto di Psicologia di Berlino (1922). Per approfondimenti, cfr. M.G. Ash, Gestalt Psychology in German Culture, 18901967, Cambridge (MA), 1995, pp. 203-218. 39. H. Richter, Rhythm, cit., p. 21. 40. Cfr. R.B. Elder, Harmony + Dissent, cit., p. 134. 41. H. Richter, Die schlecht trainierte Seele, cit., p. 45. 42. Cfr. K. Koffka Experimental-Untersuchungen zur Lehre vom Rhythmus, in «Zeitschrift für Psychologie», 1908, 52, pp. 1-109. Si segnala in particolare il paragrafo Die Bedeutung des Optischen für den Rhythmus (pp. 9097) dedicato alle affinità tra ritmo acustico e ritmo ottico. 43. M. Wertheimer, Experimentelle Studien über das Sehen von Bewegung, ivi, 1912, 61. 44. Id., Vortrag vor der Kant-Gesellschaft (Berlino, 17 dicembre 1924), in «Philosophische Zeitschrift für Forschung und Aussprache», 1925, 1, pp. 39-60. 45. G. Chaym, Gestaltproblem, in «Sozialistische Monatshefte», 1923, 9, pp. 632-636. 46. Un’ulteriore differenza riguarda la netta opposizione individuata dai membri della scuola della Gestalt tra il funzionamento della macchina e il mondo organico. Per approfondimenti, cfr. W. Köhler, Evoluzione e compiti della teoria della forma, Roma, 2008, pp. 83-98. 47. D. Mertins, Architecture, Worldview and World Image in G, cit., p. 72.

sioni di Richter relativamente all’idea di ritmo; per approfondimenti, cfr. R.B. Elder, Harmony + Dissent, Film and Avant-garde Art Movements in the Early Twentieth Century, Waterloo, 2008, p. 197. 26. Id., Prinzipielles zur Bewegungskunst, cit., p. 110. 27. Il concetto di polarità è ripreso da Richter dai filosofi della natura del XIX secolo. Per approfondimenti, cfr. M. Cowan, Bewegungskunst, in Rhythmus 21, Schlüsselfilm der Moderne, a cura di C. Bareither, K. Beals, M. Cowan, P. Dobryden, K. Fest, K. Müller-Richter, B. Nemec, Würzburg, 2013, p. 66. 28. H. Richter, Prinzipielles zur Bewegungskunst, cit., p. 110. 29. Ibidem, p. 111. 30. Per approfondimenti sui primi film astratti, cfr. Rhythmus 21, Schlüsselfilm der Moderne, a cura di C. Bareither et al., cit.; P.-A. Michaud, Toward the Fourth Dimension: Rhythmus 21 and the Genesis of Filmic Abstraction, in Hans Richter Encounters a cura di T. O. Benson, Munich-London-New York, 2013, pp. 51-61. 31. Si veda in particolare H. Richter, Die schlecht trainierte Seele, in «G», 1924, 3, p. 44-47. 32. Come scrive Giulia Ceriani: «il ritmo è da un lato il semplice riconoscimento di un’armonia esterna a noi in quanto soggetti percipienti […]; dall’altro è invece una struttura complessa che interessa tutto il nostro sistema di ordine e equilibrio. La dialettica tra continuo e discontinuo, sulla quale si fonda la meccanica ritmica, è universale». G. Ceriani, Il senso del ritmo, pregnanza e regolazione di un dispositivo fondamentale, Roma, 2003, p. 7. 33. H. Richter, Rhythm, in «Little Review. Quarterly Journal of Art and Letters», 1926, 2, p. 21. 34. Id., Demonstration of the Universal Language, cit., p. 209. 35. Nonostante le ricerche dei due artisti divergano a partire dal 1922, il ruolo fondamentale di Viking Egge-

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