La \"Oncena parte\" e analisi de \"El arte nuevo de hacer comedias en este tiempo\" di Lope de Vega
Descripción
LA «ONCENA PARTE» E ANALISI DE «EL ARTE NUEVO DE HACER COMEDIAS EN ESTE TIEMPO» DI LOPE DE VEGA. Alberto Moretti (Università degli Studi di Milano)
Resumen En este breve ensayo me propongo analizar el método de publicación más relevante de las piezas teatrales durante el Siglo de Oro, es decir, la parte. Después de haberme fijado en la oncena parte de las comedias publicadas por Lope de Vega Carpio, me centraré en un breve análisis del Arte nuevo de hacer comedias en este tiempo (1609) destacando los rasgos que se notan en sus comedias. Palabras clave: parte, oncena parte, Lope de Vega, Arte nuevo de hacer comedias en este tiempo.
Riassunto In questo breve saggio propongo una rapida analisi del metodo di pubblicazione delle opere teatrali più diffuso durante il Siglo de Oro, ovvero la parte. Dopo aver presentato l’undicesima parte delle commedie pubblicate da Lope de Vega Carpio, analizzerò brevemente El arte nuevo de hacer comedias en este tiempo (1609) evidenziandone le caratteristiche che si notano nelle sue commedie. Parole chiave: parte, undicesima parte, Lope de Vega, Arte nuevo de hacer comedias en este tiempo.
1.1 La questione della pubblicazione delle partes Una volta ottenuta la licenza di stampa da parte della censura ecclesiastica, il tipografo aveva infatti due possibilità: pubblicare una parte,ovvero un volume contenente dodici opere di uno o vari autori o pubblicare una suelta,un’opera individuale spesso non datata e priva di indicazioni riguardo al luogo di stampa.
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Dal momento che Lope de Vega compose innumerevoli commedie,1 nel prologo dell’undicesima parte afferma infatti che sono “ochocientas”,2 sorse un problema di attribuzione delle opere. Il fatto che circolassero varie commedie a suo nome provocò nell’autore un grande malessere tanto che decise quindi di raggrupparle in queste partes, metodo che rappresentava una vera e propria salvezza del testo, come fa notare Marco Presotto nel suo studio.3 Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che in un primo momento la questione della pubblicazione delle sue opere lascia Lope totalmente indifferente ed è solamente quando si accorge che la situazione è oramai fuori controllo e che circolano copioni diversi rispetto all’originale, che l’autore decide di intervenire legalmente. La sentenza del processo, però, non fu quella auspicata poiché la legge stabiliva che una volta venduto il copione al capocomico, l’autore perdeva automaticamente qualsivoglia diritto sull’opera e di conseguenza il nuovo proprietario era libero di apportare tutte le cancellature o aggiunte del caso, con il rischio di trasformare completamente l’opera. L’esperienza insegna a Lope a curare le sue commedie cosicché dalla parte IX il drammaturgo controlla in maniera più accurata le sue edizioni. Questa attività di controllo cessa però il 6 Marzo 1625 quando, come sottolinea Presotto, la Junta de Reformación4 richiede al consiglio di Castiglia di bloccare la concessione di licenze per stampare libri di commedia e simili. Nonostante ciò, sappiamo per certo che la Novena, la Décima e l’Oncena parte sono gli unici tre volumi che recano nel frontespizio la frase “sacadas de sus originales”,5 cosa che sottolinea che i testi erano quindi conformi alla volontà di Lope.
1.2 La strutturazione della “Oncena parte”. Pubblicata nel Maggio del 1618, il lavoro di scrittura dell’undicesima parte è contemporaneo a quello della Décima dal momento che Lope, nella lettera a don Luis Fernández de Córdoba, riporta quanto segue: 1
Lope de Vega è stato un poeta e drammaturgo spagnolo. Fu definito da Cevantes monstruo de naturaleza data la sua velocità nel produrre opere. Il suo corpus conta più di 300 commedie. 2 Lope de Vega, comedias parte XI,Madrid, Ediciones Gredos, 2012, p.44 3 Anna Pavesi e Marco Presotto, Il teatro barocco e Lope de Vega, Milano, edizioni unicopli 1997, p.42 4 Junta de reformación: creata da Filippo IV nel 1621, si occupava di libri che potevano essere pericolosi per i giovani a causa del contenuto considerato immorale 5 Ibidem, p.1
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-en otra impresión quieren poner otro tomo, porque salgan aprisa, y solicitan criados de vuestra Exelencia los libreros.6
Pertanto, poco dopo la pubblicazione della decima parte si mette in circolazione l’undicesima e le dodici commedie furono disponibili nella casa di Alonso Pérez,7 il libraio, sito nella calle de Santiago. Come è già stato accennato in precedenza, la oncena parte non è altro che la continuazione di un lavoro iniziato con la Novena, il cui scopo è proteggere le commedie dal mercato editoriale che vedeva pubblicate versioni ben lontane dai testi originali. Per cui, oltre che per chiarire il fatto delle false attribuzioni, lo scopo di Lope era principalmente quello di rivendicare la sua opinione e come segnalano Laura Fernández y Gonzalo Pontón, “levantar una plataforma periódica desde la cual afirmar su personalidad literaria”,8 vale a dire imporsi
ancor di più nel panorama spagnolo seicentesco, cosa che gli riuscì senza dubbio notevolmente. Dal punto di vista strutturale questo volume presenta, nei preliminari, gli elementi tipici di tutte le commedie: l’approvazione, la tassa, la dedica e il prologo. Lope aggiunge inoltre l’approvazione della Corona di Aragona autorizzata dal vescovato di Barcellona l’8 Settembre 1618. Per quanto riguarda il primo punto, ovvero l’approvazione, risalente al 4 Febbraio 1618, Gutierre de Cetina sottolinea che l’opera è assolutamente priva di qualunque elemento che si opponga alla fede e alle buone maniere e che merita dunque la licenza di pubblicazione come viene riportato nel seguente passo: Madrid,1618(A) APROBACIÓN DEL SEÑOR DOCTOR GUTIERRE DE CETINA Por mandado de los señores del Consejo Real he hecho ver estas doce comedias –que es la Oncena parte- compuestas por Lope de Vega Carpio, y no tienen cosa contra la fe y buenas costumbres, y merece se le dé la licencia que pide. Dada en Madrid a 4 de febrero de 1618.9 DOCTOR GUTIERRE DE CETINA.10
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Cartas, ed.Nicolás Marín, num.90, p.212, 213 e num. 202. Alonso Pérez: discendente da una famiglia di ebrei convertiti era editore di Lope de Vega. Va segnalato che il figlio, Juan Pérez de Montalbán, divenne discepolo prediletto e amico di Lope, tanto che l’autore gli dedicò La francesilla, commedia pubblicata nel 1620 all’interno della Parte XIII. Fu proprio Juan Pérez de Montalbán che scrisse la prima biografia di Lope de Vega, la fama póstuma, data alle stampe nel 1636. 8 ibidem, p.1 9 Ibidem,p.1 10 Gutierre de Cetina: vicario generale di Madrid e responsabile di numerose approvazioni. 7
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Segue poi il Privilegio del re grazie al quale Lope ha il permesso di stampare e vendere per dieci anni il libro:
SUMA DEL PRIVILEGIO Este libro, intitulado Oncena parte de las comedias de Lope de Vega Carpio, tiene privilegio del Rey nuestro señor para poderle imprimir y vender por tiempo de diez años, y no otra persona sin su licencia, so las penas en el dicho privilegio contenidas. Su data en el Pardo, a veinte y cuatro días del mes de febrero de 1618 años. Despachada por Juan de Jerez,11 escribano de cámara.12
Successivamente la terza componente dei preliminari è costituita dalla tassa ed in questo caso è lo stesso Juan de Jerez, lo scrivano del re, a informare il lettore del prezzo, ovvero quattro maravedís13 come si evince dal seguente testo:
TASA Yo, Juan de Jerez, escribano de cámera del Rey nuestro señor, de los que residen su consejo, doy f eque, habiéndose presentado antes los señores del dicho Consejo un libro intitulado la Oncena parte de comedias de Lope de Vega, que con licencia de los dichos señores fue impreso, le tasaron a cuatro maravedís el pliego en papel, y a este precio y no a más mandaron se venda, y que esta fe de tasa se ponga al principio de cada un libro que ansí se imprimiere.Y para que de ello conste, di esta fe en la villa de Madrid a diez días del mes de mayo de mil y seiscientos y diez y ocho años. Tiene setenta y cinco pliegos y medio.14
I preliminari terminano con il prologo dedicato ai lettori nel quale Lope afferma di non essere sorpreso del fatto che vi siano molte persone che assistono svariate volte alla rappresentazione delle sue commedie con il fine di imparare a memoria alcuni versi per poi plagiare le sue opere. L’autore ipotizza che i fattori che spingono il pubblico a fare tutto ciò siano la povertà e la necessità di mangiare. Afferma poi, come è possibile notare nel frammento qui sotto riportato, che questi due bisogni hanno addirittura insegnato a parlare ai pappagalli.
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Lo scrivano Juan de Jerez, abituale nel redigere libri dell’epoca, curò anche il privilegio e la tassa della decima parte. 12 ibidem, p.1 13 Il maravedís è stata una moneta usata in Spagna per diversi secoli. Il nome viene da marabotino, una moneta araba d'oro emessa dai Mori in al-Andalus 14 Ibidem, p.1
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[…] la necesidad del comer enseñó a hablar los papagayos, voltear las monas,bailar las mujeres y volar los hombres. En este siglo he visto vivir muchos de fingir cabellos, de teñir barbas, de hacer pantorrillas, de rizar aladares con moldes, de traducir libros de italiano, de concertar cuchadillas, de dar a conocer mujeres, de fingirse bravos, de estudiar flores y de socorrer necesidades. Y así no me espantode que haya hombres que se vengan a mi teatro y oigan una comedia setenta veces, y aprendiendo veinte versos de cada acto , se vayan a su casa y por los mismos pasos la escriban de los suyos y la vendan con el título y nombre de su autor, siendo toda disparates y ignorancias, quedando con el que tienen de felicísimas memorias y los dineros quel es vale este embeleco tan digno de reprehensión y castigo público.15
1.3 Le dodici commedie costituenti la “Oncena Parte”. Nei paragrafi precedenti è già stato menzionato che le opere contenute nell’undicesima parte sono in numero totale dodici; i preliminari offrono, oltre agli elementi già analizzati previamente anche i titoli di queste commedie: TÍTULOS DE LAS COMEDIAS16 El perro del hortelano, fol.I El acero de Madrid, fol.28 Las dos estrellas trocadas y ramilletes de madrid, fol.5Ib Obras son amores, fol.74b Servir a señor discreto, fol.98 El príncipe perfecto, fol.I22b El amigo hasta la muerte, fol.I75b La locura por la honra,fol.I75b El mayordomo de la duquesa de Amalfi, fol.200 El arenal de Sevilla, fol.225 La fortuna merecida, fol.245 La tragedia del rey don Sebastían y bautismo del príncipe de Marruecos, fol.27I17
Prima di spiegare il motivo che spinge Lope a riunire queste dodici commedie in un unico volume, è necessario ricordare che la nona, la decima e l’undicesima parte sono strettamente correlate tra loro. Pertanto, se le commedie della nona parte sono accumunate dal fatto che la protagonista primaria è la donna, come segnala Presotto,18 e le commedie della decima parte trattano principalmente la celebrazione della monarchia spagnola con un avviso al riguardo dell’abuso di potere da parte 15
Ibidem, p.1 Le commedie tercera y duodécima (los ramilletes de Madrid y El bautismo del príncipe de Marruecos) riportano solo qui un doppio titolo. 17 Ibidem, p.1 18 Lope de Vega, Comedias de Lope de Vega. Parte IX, Edición crítica. Dirección de M. P., Lleida, Milenio, 2007 16
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dei re, come approfondito da Valdés e Morrás,19 è logico pensare che anche nell’undicesima parte ci sia un leitmotiv. A tal proposito Laura Fernández y Gonzalo Pontón sottolineano che un aspetto non trascurabile è senza dubbio il fatto che le opere contenute nell’undicesima parte sono tutte commedie il cui tema primario è quello dell’amore. Non bisogna però dimenticare che appartengono a generi diversi; mentre il perro del hortelano e obras son amores rispecchiano i dettami della commedia palatina,20 la locura por la honra è da considerarsi una tragicomedia.21 Altro elemento che accumuna le dodici commedie è la varietà che quest’ultime presentano: momenti felici alternati da altri tragici e viceversa. Questo particolare aspetto, derivante da “arte nuevo de hacer comedias en este tiempo”,22sarà però trattato nel paragrafo successivo. Per quanto concerne l’organizzazione interna delle commedie sembra che quest’ultima sia casuale e che non segua quindi ne un ordine di tipo cronologico, ne tantomeno uno strutturale. Inoltre la critica non è nemmeno del tutto certa che sia stato Lope a decidere l’ordine di apparizione delle dodici commedie. Ciò che però è certo e che è importante ricordare, è che quest’undicesima parte si apre con la commedia el perro del hortelano, definita dalla critica come una delle migliori commedie amorose dell’autore, e si chiude con el bautismo del princípe de Marruecos nella quale si celebra la conversione al cristianesimo del protagonista, durante il regno di Filippo II. Con quanto detto si vuole sottolineare che si inizia quindi con il tema amoroso e si termina con una commedia più importante se si considera il punto di vista storico che la caratterizza. Tuttavia non è da escludere il fatto che l’organizzazione interna potrebbe essere stata pensata dallo stesso libraio, ovvero Alonso Pérez. Infatti, come fanno notare Laura Fernández y Gonzalo Pontón, porre una dopo l’altra El acero de Madrid e los
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Ibidem, p.1 La commedia palatina o palaciega è caratterizzata da: ambientazione in una corte straniera con riferimenti storici e geografici vaghi, personaggi altolocati, schermaglie amorose e poetiche, occultamento di identità e sentimenti amorosi incrociati. 21 La tragicommedia è un'opera drammatica che fonde il tragico e il comico, come indica la parola stessa. Un antecedente è individuabile nel teatro greco: Alcesti e Ione di Euripide. 22 El arte nuevo de hacer comedias en este tiempo è un trattato in versi che Lope de Vega lesse davanti alla Academia de Madrid nel 1609 20
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ramilletes de Madrid commedie che come si evince dal titolo sono ubicate nella stessa città, sembra proprio essere una mossa da libraio.
1.4 El arte nuevo de hacer comedias en este tiempo Come anticipato nel paragrafo precedente, questa sezione è dedicata all’ “arte nuevo de hacer comedias en este tiempo”,23 opera nella quale Lope presenta la sua concezione di fare teatro. Il testo, che si pubblica nella collezione Rimas dell’autore nel 1609,24 si presenta come una lettera diretta all’accademia di Madrid. Tralasciando i dettagli puramente stilistici ed editoriali, si tratteranno invece più accuratamente gli elementi che concernono il cambiamento che l’autore apporta alla commedia, dato che il trattatello in questione si presenta come una sorta di manifesto della sua nuova poetica teatrale. L’analisi di quest’opera è dunque molto importante per comprendere a fondo l’impostazione delle commedie lopiane e i caratteri generali che esse presentano. Come evidenzia Maria Grazia Profeti nella sua introduzione al testo,25 i punti fondamentali di questo trattatello non sono molti ma sono davvero rilevanti; difatti hanno cambiato il panorama letterario spagnolo e hanno anche avuto dei risvolti a livello europeo influenzando altre letterature. La studiosa afferma che Lope ha creato una diegesi divisa in tre atti, in polimetria, nella quale si nota la presenza di tecniche sceniche come il canto, la musica e la danza ove i precetti classici e i due grandi cardini della produzione teatrale, ovvero Plauto e Terenzio, vengono meno: […] y cuando he de escribir una comedia ecierro los preceptos con seis llaves; saco a Plauto y Terencio de mi estudio, para que no me den voces(que suele dar gritos la verdad en libros mudos)26
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Ivi. A. Martín, Arte nuevo de hacer comedia en este tiempo, Madrid Edición Rimas, 1609 25 Lope de Vega, Arte nuevo de hacer comedia en este tiempo, a cura di Maria Grazia Profeti, Napoli, Edizione Liguori, p.13 26 Ibidem, p.6 24
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L’autore stesso afferma che il suo modo di scrivere deve essere funzionale al gusto del pubblico che, pagando, non vuole essere deluso, ma bensì dilettato. I versi che seguono sono una sorta di giustificazione dell’autore che contrappone i precetti delle antiche arti poetiche, vale a dire il giusto, come suggerisce la Profeti, al volere del pubblico, ovvero il gusto. Il fatto di far esprimere i propri personaggi in maniera volgare e ridicola è spiegato nella citazione sottostante con la quale Lope dimostra di essere il primo autore a preoccuparsi apertamente dei desideri del pubblico : […]y escribo por el arte que inventaron los que el vulgar aplauso pretendieron, porque, como las paga el vulgo, es justo hablarle en necio para darle gusto.27
Non va però dimenticato che l’autore legge quest’opera di fronte agli accademici di Madrid e per questo motivo non mancano uno stile elevato e un’ostentazione del proprio sapere che si traduce nel testo con una citazione ai classici come Orazio, Omero, Dante Alighieri, Aristofane… […]Aristóteles pinta en su Poética puesto que escuramente su principio la contienda de Atenas, y Megara sobre cuál de ellos fue inventor primero los megarenses dicen que Epicarmo, aunque Atenas quisiera que Magnetes, Elio Donato dice que tuvieron principio en los antiguos sacrificios, da por autor de la tragedia Tespis, siguiendo a Horacio que lo mismo afirma, como de las comedias a Aristófanes, Homero a imitación de la Comedia la Odiséa compuso, mas la Ilíada de la tragedia fue famoso ejemplo, a cuya imitación llamé epopeya a mi Jerusalén y añadí trágica y así a su Infierno, Purgatorio y Cielo, del célebre poeta Dante Alígero llaman comedia todos comúnemente, y el Maneti en su prólogo lo siente.28
27 28
Ibidem, p.6 Ibidem, p.6
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Dopo questa breve giustificazione Lope, a partire dal verso 157, parla del soggetto delle commedie sottolineando che non deve per forza essere un re. In questi versi si scusa anche nei confronti delle norme, dimostrando di avere sempre ben presente il fatto che l’opera è letta di fronte all’accademia di Madrid. Per questa ragione non può imporre le sue decisioni in maniera categorica, bensì deve cercare di trovare un equilibro tra i dettami antichi e le nuove idee da lui proposte : […]Elíjase el sujeto y no se mire, (perdonen los preceptos) si es de reyes aunque por esto entiendo que el prudente Felipe, rey de España y señor nuestro, en viendo un rey, en ella[s] se enfadaba, o fuese el ver que al arte contradice, o que la autoridad real no debe andar fingida entre la humilde plebe.29
Finalmente si giunge al punto focale di tutta l’opera, individuabile dal verso 175, nel quale l’autore sostiene che le sue opere, esattamente come la vita, devono essere un misto fra tragedia e commedia, più precisamente tra Seneca e Terenzio.30 Per questo motivo nella stessa opera possono apparire re e contadini, diversamente da quanto accadeva nei secoli precedenti quando la tragedia era unicamente composta da personaggi nobili o comunque appartenenti a status sociali privilegiati e la commedia da personaggi facenti capo a classi sociali più basse. Dimostra poi di conoscere Aristotele constatando che il soggetto deve avere una sola azione, anche se eventuali azioni secondarie sono ammesse a patto che quest’ultime non siano causa di noia per il pubblico e che si integrino con l’azione principale. […] Lo trágico y lo cómico mezclado, y Terencio con Séneca, aunque sea como otro Minotauro de Pasife harán grave una parte, otra ridícula, que aquesta variedad deleita mucho. Buen ejemplo nos da naturaleza, que por tal variedad tiene belleza. Adviértase que sólo este sujeto tenga una acción, mirando que la fábula 29
Ibidem, p.6 Seneca: grande e noto autore di tragedie. Terenzio: autore di commedie, attivo a Roma dal 166 a.C. al 160 a.C.
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de ninguna manera sea episódica, quiero decir inserta de otras cosas, que del primero intento se desvíen, ni que de ella se pueda quitar miembro que del contexto no derriba el todo.31
Una volta terminata la descrizione della commedia si passa all’analisi strutturale di quest’ultima; secondo l’autore l’opera deve essere scritta in prosa e divisa in tre atti. Il primo atto sarà consacrato alla presentazione dei personaggi, nel secondo si noterà lo sviluppo dell’argomento e nell’ultimo il finale. Prosegue poi dando la definizione del buon drammaturgo, ovvero colui in grado di occultare il finale dell’opera fino alla conclusione dello spettacolo perché appare chiaro che se il pubblico scopre, prima del termine effettivo della commedia, come questa si conclude, si potrebbe tediare decidendo di abbandonare il teatro come esposto nel frammento citato: […]Dividido en dos partes el asunto, ponga la conexión desde el principio hasta que va ya declinando el paso; pero la solución no la permita hasta que llegue a la postrera escena; porque en sabiendo el vulgo el fin que tiene, vuelve el rostro a la puerta y las espaldas al que esperó tres horas cara a cara; que no hay más que saber que en lo que para.32
Gli ultimi versi dell’ “Arte nuevo de hacer comedia en este tiempo”33 vedono come argomento principale il linguaggio che va utilizzato nelle commedie. Lope, ignorando totalmente il linguaggio aulico tipico della tragedia, afferma che quello delle sue commedie sarà semplice proprio come la natura, eccezion fatta per un caso specifico: quando un personaggio deve imbrogliarne un altro è ammessa una maniera di esprimersi più ambigua, volta a lasciare il dubbio nel pubblico il quale si diverte se nella commedia sono presenti equivoci, maschere, scambi di identità, sentimenti amorosi che si incrociano… Il drammaturgo continua sottoponendo
al lettore la questione del rispetto del
decorum. È fondamentale che i personaggi si esprimano secondo la situazione nella 31 32 33
Ibidem, p. 6 Ibidem, p. 6 Ibidem, p. 6
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quale si trovano: un linguaggio complicato è, come già detto previamente, ammesso in situazioni particolari ma l’autore preferisce di gran lunga un idioma più semplice e in particolar modo che fosse comprensibile anche alle classi sociali più basse. […]Comience pues y con lenguaje casto; no gaste pensamientos ni conceptos en las cosas domésticas, que sólo ha de imitar de dos o tres la plática; mas cuando la persona que introduce persüade, aconseja, o disüade, allí ha de haber sentencias y conceptos, porque se imita la verdad sin duda, pues habla un hombre en diferente estilo del que tiene vulgar cuando aconseja, persüade o aparta alguna cosa.34
Inoltre, prima di concludere l’opera Lope ricorda al lettore che i messaggi satirici non devono essere espliciti poiché una commedia che reca infamia non sarà apprezzata dal pubblico. L’opera termina con una riflessione molto importante nella quale l’autore ci lascia intendere che sarebbe meglio seguire i precetti aristotelici e i dettami classici ma aggiunge che molto probabilmente, se lui li avesse seguiti, le sue opere non avrebbero avuto il medesimo successo.
[…] Sustento en fin lo que escribí, y conozco que aunque fueran mejor de otra manera, no tuvieran el gusto que han tenido porque a veces lo que es contra lo justo por la misma razón deleita el gusto.35
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Ibidem, p. 6 Ibidem, p. 6
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