Il codice ritrovato - El codigo encontrado

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Descripción

Ferdy Hermes Barbon

IL CODICE RITROVATO Segni e marche ad Arequipa e Cusco

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Ferdy Hermes Barbon

IL CODICE RITROVATO Segni e marche ad Arequipa e Cusco

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©Ferdy Hermes Barbon È vietata la riproduzione anche parziale in qualunque modo e luogo. ISBN 978-88-97784-34-0 WEB: www.ferdyhermesbarbon.eu EMAIL: [email protected] In copertina: Particolare - Portale principale della chiesa della Compania di Arequipa

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A Rita

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Alcuni segni sugli scalini del portale laterale nella chiesa della Compania di Arequipa

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INDICE



Pag.

Presentazione

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Premessa

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La glittografia

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Il Perù

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Cusco

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I siti

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La marca del mercante

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Arequipa

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I siti

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I segni misteriosi

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Conclusioni

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Figure

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UN PONTE INEDITO TRA VECCHIO CONTINENTE E MONDO NUOVO Esistono linguaggi segreti che si rivelano agli studiosi appassionati, attenti, pazienti. Gente che sa accumulare con rigore un patrimonio di conoscenze le quali vengono organizzate (e rese fruibili ad altri) in cataloghi e database, un tassello dopo l’altro. Lavoro duro perché serve essere attenti al particolare minuto e apparentemente insignificante e poi, di colpo e all’improvviso, bisogna lasciarsi cogliere dallo stupore di una novità assoluta, piccola o grande che sia. Il lavoro certosino, oscuro e sistematico accanto all’illuminazione repentina. Una idea, una ipotesi, una formulazione nuova di un problema antico, la consultazione di un archivio, l’accostamento di due o più dati apparentemente lontani tra loro, perfino il caso o la fortuna: la verità scorre da mille rivoli e diventa fiume grosso e potente. Ritratto perfetto, ad esempio, per chi si occupa di glittografia, che è l’arte antichissima di incidere le pietre. Dalle pietre più o meno preziose all’umilissimo blocco destinato ad essere assemblato con mille altri in un muro o in una costruzione più complessa. A volte da un segno piccolo si può intuire una realtà grande, un mondo intero. Ferdy Hermes Barbon (un informatico da sempre affascinato dalla semantica e, più in generale, dai sistemi di segni) è il prototipo geniale di questo tipo di studioso. Barbon ha accumulato una incredibile quantità di dati, cercando con pazienza, valorizzando il minimo, intuendo e spesso formulando in modo compiuto il massimo. Indagare, intuire, collegare: questo potrebbe essere il suo motto, come 6

ho appreso dalla sua contagiosa parola in lunghi anni di solida e crescente amicizia. In questo studio che si accinge a dare alle stampe, Barbon ci spalanca, da un angolo di visuale inedito (quello glittografico, appunto) una porta su quel luogo enigmatico che è il Perù. Indagando sulle marche incise, soprattutto di Cusco e Arequipa, egli cerca di discernere i rapporti tra Vecchio Continente e Mondo Nuovo: ciò che appartiene alla cultura della conquista; ciò che è proprio della cultura indigena; ciò che, in termini di sintesi e di sincretismo culturale, appartiene alla fusione delle due culture. Lavoro, come si comprende, impegnativo e complesso. Anche perché nulla si può mai dire definitivamente acquisito. C’è sempre lo spazio per una nuova formulazione, per un ampliamento dell’indagine, per un diverso collegamento e accostamento dei dati. Ciò che sorprende e ammalia è proprio questa apertura perenne. Un po’ come andare alla ricerca del Sacro Graal: il senso profondo dell’avventura spirituale materiale, la rivelazione, la scoperta continua risiedono proprio nel cercare stesso, mai e in alcun modo, nel trovare (che, della ricerca, segnerebbe la morte). Barbon (ormai, in materia, una autorità riconosciuta a livello internazionale) apre una porta, invita altri a cercare e ad approfondire con lui. Ci dispiega un mondo dilatato e immenso, ma poco noto, di scambi tecnologici, materiali e spirituali. Poco noto perché da sempre in ombra e magari ignorato (se non osteggiato) dalla storiografia ufficiale. Uomini, luoghi, conoscenze, scambi. L’elemento che più coinvolge in tutto ciò, è infatti la capacità di studiosi attenti e rigorosi come Barbon di scrivere una sorta di controstoria. Controstoria, si badi bene, non antistoria. Perché tutto serve a 7

dare completezza al quadro infinito della presenza e dei modi di essere degli umani sul loro pianeta. Di importante vi è questo inedito ponte lanciato sopra l’oceano tra Vecchio e Nuovo Mondo: zone d’ombra si chiarificano, nuove ipotesi di lavoro vanno delineandosi. A Barbon, studioso colto, appassionato, entusiasta, si può rivolgere un solo augurio: “Abbi felice viaggio, felici scoperte, felici intuizioni”. GIAN DOMENICO MAZZOCATO Presidente dell’Ateneo di Treviso Treviso, dicembre 2013

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PREMESSA

Il Perù, con i suoi luoghi variegati e affascinanti, è stato terra di conquiste; ancora oggi nei diversi luoghi, oltre ai paesaggi incantevoli, si possono scorgere molte tracce della cultura precolombiana e della successiva dominazione spagnola. In questa relazione saranno presentati i risultati di uno studio di glittografia locale avvenuto nel febbraio del 2012, inerenti al rinvenimento e alla classificazione di parecchie migliaia di marche di tagliapietre (cioè gli scalpellini), presenti nelle costruzioni peruviane. Lo scopo di questa investigazione è di cercare e di recuperare tracce di partecipazione attiva nell’edificazione di alcune città coloniali presenti nel Sud del paese. La ricerca si è concentrata nelle province di Cusco e Arequipa, città appartenenti alle Ande orientali. La quantità delle marche scoperte e il poco tempo a disposizione non ci hanno permesso di catalogare con precisione tutti i segni presenti. Pensiamo, tuttavia, che sussistano i presupposti per eseguire, in futuro, altre campagne di ricerche e di catalogazione. Le numerose marche sono state individuate all’esterno e all’interno dei vari edifici come le chiese, i monasteri, i palazzi, le case private. Questi singolari segni, che hanno superato i deterioramenti del tempo e delle intemperie, sono più che mai testimoni e custodi di un passato ricco d’interventi, di manifestazioni e di esperienze operative.

LA GLITTOGRAFIA

L’abitudine di incidere le pietre è antichissima: la glittografia é lo studio e la descrizione delle pietre incise. Analizzando la tipologia dei diversi segni incisi sulle costruzioni civili e religiose che risalgono a periodi remoti, è possibile riallacciarsi alle abitudini, alle usanze, ai riti e ai rapporti sociali. Questi 9

segni e graffiti, presenti nei territori oggetto di conquiste, ci possono aiutare a comprendere quali furono i rapporti sociali tra gli stessi abitanti del luogo, prima, e, in seguito, tra i nativi e i conquistatori. Nel contesto religioso, evidenziano alcune manifestazioni collegate al culto e a inequivocabili forme di sincretismo, spesso tollerate dalle autorità clericali, nella complessiva strategia di evangelizzazione e inculturazione. Un esempio celebre si trova in una lettera che Gregorio Magno scrisse all’abate Mellito (pur riferendosi ad una situazione diversa, l’evangelizzazione dell’Anglia): “...ditegli ciò che ho deciso dopo lunga meditazione a proposito degli Angli e cioè che i templi pagani di quel popolo non devono essere assolutamente distrutti, ma che devono essere distrutti soltanto gli idoli che vi si trovano. Benedite l’acqua, aspergetela su quei templi, costruite altari e riponetevi reliquie. Se i templi sono ben costruiti, è infatti necessario che siano trasformati da luoghi di culto dei demoni, in luoghi di devozione al vero Dio, affinché, quando la popolazione vedrà che i suoi templi non sono distrutti, deporrà l’errore dal proprio cuore e accorrerà per conoscere e adorare il vero Dio nei luoghi che le sono più familiari. E poiché sono soliti sacrificare ai demoni molti buoi, si deve cambiare qualche aspetto di questa loro rito, per cui nella ricorrenza della consacrazione della chiesa o del giorno della nascita dei santi martiri, le cui reliquie vi sono riposte, costruiscano delle capanne con rami frondosi attorno alle chiese ricavate dai templi pagani e celebrino la festività con devoti banchetti. Non devono immolare animali al diavolo. Li uccidano invece in lode a Dio per nutrirsene e ringrazino Lui, donatore di tutte le cose, per essere stati saziati, affinché, nel momento in cui vengono ad essi riservati alcuni piaceri materiali, essi siano più disponibili verso la gioia interiore. Non c’è infatti dubbio che è impossibile strappare dalle loro dure menti tutti, giacché non 10

può portarsi in alto a balzi colui che si sforza di salire gradualmente in un luogo elevato”1. Nei tempi antichi l’insegnamento d’arti e mestieri era patrimonio di categorie di lavoratori dedite allo sviluppo dell’architettura sacra e simbolica. I segni più remoti conosciuti in relazione con l’attività di tagliatore di pietra sono stati ritrovati in Egitto e risalgono a circa 2.200 anni prima di Cristo. Nella Bibbia si accenna ai tagliapietra quando si parla della costruzione del tempio2. Facciamo un salto temporale nel medioevo. In quel periodo le genti erano animate da una gran­ de fede religiosa, alimentata dalle crociate e dai pellegrinaggi, fede che indubbiamente ebbe un’influenza notevole nella costru­zione di nuovi luoghi di culto come cattedrali, chiese e santuari. I mo­naci, eredi di antiche cono­scenze, da tempo lavoravano all’e­dificazione delle loro chiese e ab­bazie, sempre più numerose, in totale anonimato e sen­za l’aiuto di ma­novalanze estra­nee. Tale situazione, unita alla necessità d’impiegare il proprio tempo in preghiere e meditazioni, li portarono ad assumere dei fratres conversi (o barbati)3 per aiutarli nella costruzione dei loro edifici. Con il passare del tempo i conversi divennero sem­pre più numerosi e cominciarono a lasciare le logge monastiche per formarne di laiche. Di tale transizione si può trovare traccia in documenti quali la Regola della Log­gia, del 22 ottobre 13974, oppure nel Regolamento dell’Ordine di York , che risale al 1370 e al 1409. Tra le logge laiche possia­mo citare quelle della Germania: la Suprema Loggia di Strasburgo, la Loggia di Magdeburgo, la Loggia della Bauhutte, la Loggia Principale di Dresda. Nel Canton Ticino troviamo i Magistri 1 Gregoius Papa I, Registrum epistolarum, XI, 56, ed. Paul Ewald - Ludwig M. Hartmann, Berolini, Berlino, 1899. 2 I Re, 5. 29. 3 TERRYL N. KINDER, I Cisterciensi, Ed. Jaca Book, Milano, 1998, p. 48. 4 FRANZ RZIHA, études sur les marques de tailleurs de pierre, Guy Trédaniel éditeur, La Nef de Salomon, Paris- Dieulefit, 1993, p. 15.

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Ticinesi; a Venezia la Scola di Tagiapiera, una delle più antiche della città, che inizialmente si trovava presso l’ospedale di San Giovanni Evangelista e in seguito, nel XVI secolo, fu trasferita all’interno di un fabbricato atti­guo alla chiesa di Sant’Apollinare, sul quale tutt’ora si può osserva­re un bassorilievo rappresentante i quattro santi coronati e la scritta “MDCLII scola di tagiapiera” (fig. 1). Erano logge laiche anche quelle dei Maestri Comacini5, gruppi organizzati di artigiani nella regione dei laghi lombardi. Questa denominazione appare per la prima volta già nel secolo VII dopo Cristo; si muovevano in tutto il continente per costruire chiese, cattedrali e viaggiavano in diversi paesi fino a giungere negli stati del nord est europeo. I tagliatori di pietra, fin dall’antichità, usavano marcare i propri lavori; nell’ordinanza di Torgau del 14626 troviamo ben sette articoli inerenti alle marche (Art. 25, 26, 27, 30 31, 72, 94). Altri riferimenti si possono trovare anche in un altro documento, la Regola di Bâle, del 1563 (Art. 59)7. Come specificato in questi te­sti, le marche dei tagliatori di pietra corrispondevano a segni d’apparte­nenza all’ordine. Conferite nel cor­so di cerimonie solenni, veniva­no scelte dai maestri; non potevano, inoltre, su­bire modifiche, né essere cedute a terzi, ma dovevano essere preservate come segni onorifici. Analizzando le marche incise nel corso degli anni, possiamo vedere la loro evoluzione, influenzata dai rituali e dagli aspetti religiosi, simbolici e operativi delle corporazioni, e dai periodi di transizione tra i vari stili di costruzione. Non tutti i criteri sono stati chiaramente definiti ed accettati da parte dei ricercatori; sono state proposte infatti, in questo ultimo secolo, molte classificazioni. 5 Maestri Comacini: appare per la prima volta nel celebre Editto del re longobardo Rotari 22 nov. 43 (G.Gentile). 6 FRANZ RZIHA, études sur ..., cit., p. 33. 7 FRANZ RZIHA, études sur ..., cit., p. 34.

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Osservando i segni attentamente e cercando di comprendere il linguaggio della pietra, ci accorgiamo che sono carichi di importanti significati e di un profondo simbolismo da tempo dimenticato. Una delle poche testimonianze scritte a noi pervenute dalla mano dello scalpellino, è la sua marca tracciata nella pietra. In passato, sono stati affrontati gli argomenti riferiti ai tagliatori di pietra8 e per questa ragione, in questa occasione, verranno ripresi solo sommariamente. La presenza delle marche può essere studiata sotto differenti aspetti: - in relazione agli stati o regioni geografiche; - in relazione ad opere di fortificazione; - in relazione ad edifici di culto religioso; - in relazione all’edificatore dell’opera; - in relazione al carattere dell’og­g etto artistico; - in relazione a certe opere parti­colari. Le diversità di carattere geometrico delle marche dei tagliatori di pietra, denotano il passaggio da un’epoca artistica ad un’altra. Greci:

Gotico Flamboyant:

Pompei:

Tardo Gotico:

Romano:

Rinascimento:

8  FERDY HERMES BARBON, I tagliatori di pietra e le loro marche in“Atti e memorie dell’Ateneo di Treviso“, anno 2006-2007 n°24, Grafiche Antiga Cornuda (IT), 2008, pp. 225-235.

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Romanico:

Barocco:

Periodo di transizione tra Romanico e Gotico:

Grazie all’ardua ricerca e all’impegno di studiosi come Rziha, Van Belle ed altri si è cercato di classificare questi segni9. In questa presentazione, mi limiterò a due categorie di segni: i segni di utilità e i segni d’identità. - I segni di utilità: questi tipi di segni servivano a rendere più agevole il posizionamento delle pietre. In questa categoria possiamo distinguere i segni di localizzazione, i segni di posizionamento ed altri ancora. Essi erano formati da lettere, cifre romane o arabe, da figure geometriche come triangoli, rettangoli, curve, linee spezzate e da frecce; - i segni d’identità: queste marche potevano invece servire in vista del pagamento o del reclamo per il lavoro eseguito o indicavano un qualche collegamento di quel luogo con il legittimo proprietario della marca. Veniva apposta anche su alcuni documenti e, nel caso specifico, sulla merce trasportata. In alcuni casi, inoltre, la marca era conferita al futuro proprietario dalla confraternita nel corso di cerimonie solenni. La presenza di segni d’identità sui conci può essere spiegata in funzione di forme di pagamento presenti sul cantiere oppure per fini rappresentativi dell’ideatore dell’opera. Il segno da tagliapietre era quasi sempre inciso con attrezzi appositi e spesso eseguito con molta cura e sicurezza. È probabile che molti di questi segni di proprietà fossero inscritti in matrici di base9. Possiamo riscontrarli in molte costruzioni del periodo medievale e appartengono a vari contesti storici e di

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differenti culture. Li troviamo, ad esempio, in Spagna, a Cordoba, chiamati marche di canteros musulmani, presenti sulle colonne della moschea-cattedrale detta La Mezquita (fig. 2). In Italia, in Val Venosta, sul portale della chiesa parrocchiale di Silandro si possono osservare varie marche incise (fig. 3); appartengono a maestri scalpellini del XVI secolo. In Germania, ne troviamo nella cattedrale di Ulm; in Francia, nella cattedrale di Strasburgo (fig. 4); a Venezia nella chiesa di san Zaccaria (fig. 5). Così in Belgio, nella Svizzera, e nel resto dell’Europa. I tagliapietre, come i massoni e i marangoni, erano riuniti in corporazioni e soggetti a regole interne. Le regole, gli statuti e i capitolari, raccolti in manuali, erano custoditi all’interno della Scuola. A Venezia, per esempio, questi libri, venivano chiamati Mariegole10. L’esemplare conservato nella Scuola era ornato splendidamente ed era posto sotto la custodia del capo della consorteria. La Mariegola era una forma d’impegno e di osservanza tra persone che esercitavano lo stesso mestiere e avevano un ruolo ben definito nella società. Il capitolare risolveva contese, conservava le liste periodiche dei gastaldi e dei consociati. Era perciò un documento consultabile nel tempo e al bisogno. La Mariegola veniva inoltre mostrata in processione durante le più importanti cerimonie religiose ed era conservata in una cassa apposita assieme ad altri documenti importanti. Nella città di Venezia con il termine Scuola si intende sia un’antica istituzione di carattere associativo-corporativo, sia l’edificio che ne costituisce la sede. Ciascuna Scuola nell’esercizio delle sue funzioni emanava ed aveva la necessità di ricevere documenti che rego9 FRANZ RZIHA, études sur les marques de tailleurs de pierre, Guy Trédaniel éditeur, La Nef de Salomon, Paris - Dieulefit, 1993, pp. 3-54. 10 FERDY HERMES BARBON, La Mariegola dei Tagiapiera a Venezia, in “Atti e Memorie dell’Ateneo di Treviso” anno 2008-2009 n° 26, Grafiche Antiga, Cornuda (IT), 2010, pp. 143-165.

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lavano la vita della comunità stessa; così veniva creato un archivio e nominato uno scrivano. La Scuola regolava inoltre la propria attività attraverso statuti o capitolari. In merito alla presenza di marche sulle costruzioni del Perù, e in particolar modo nelle Ande orientali, la documentazione è rarissima. Tuttavia sono state trovate informazioni interessanti in alcune indagini precedenti11. Inoltre, avendo potuto esaminare diversi articoli su ricerche a livello universitario, relativi ad incisioni rupestri, abbiamo constatato che gli studiosi avevano esaminato dei segni, a noi molto familiari, classificati però come graffiti o segni a sfondo religioso, giacché alcuni comprendevano croci o altri simboli collegati alla religione cristiana. Queste marche potevano, con molta probabilità, appartenere in un primo momento ai costruttori approdati al seguito del conquistatore spagnolo e dei vari ordini religiosi. Un’attenta lettura di fonti storiche e di documenti dell’epoca ci informa sull’ampia partecipazione all’edificazione delle città coloniali. Qual era la composizione delle maestranze che hanno partecipato a queste notevolissime opere architettoniche? Erano architetti, maestri, tagliapietre, muratori, tutta gente di provenienza europea. Si tratta di spagnoli, italiani, francesi, etc., giunti in questi luoghi dopo la conquista, assistiti da una moltitudine di nativi americani e di yanacona e mingas ed infine aiutati da andini, meticci, neri, per i lavori più semplici come il trasporto di calce e di pietre12.

11 MARTIN GUTIÉRREZ VINUALES, RODRIGO GUTIÉRREZ VINUALES, Marcas de canteros en Chumbivilcas (Peru), in Actes du Colloque International de Glyptographie de Saragosse, C.I.R.G., Braine le Château, 1983, pp. 609-615; GRACIELA MARIA VINUALES, Marcas de canteros en el Segundo claustro de Santo Domingo del Cusco (Perù), in Actes du Colloque International de Glyptographie de Saragosse, C.I.R.G., Braine le Château, 1983, pp. 617-625. 12 GAUVIN ALEXANDER BAILEY, The Andean Hybrid Baroque, University of Notre Dame, Notre Dame, Indiana, 2010, pp. 61-63.

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Nel caso della città di Arequipa, per le costruzioni è stato adottato un sistema che coinvolgeva un’ampia rete di prelievo e di sfruttamento della manodopera di migranti nativi americani, un lavoro che si estendeva dalla costa al Colca, alle Valli di Cothuasi e agli altipiani di Caylloma, Collao, Potosi, all’Alto Perù meridionale, usufruendo di un sistema lavorativo a rotazione conosciuto come mita13. Molti di questi artigiani sono stati ridistribuiti in apposite reducciones e reinsediati in località periferiche come Cayma e Yanahuara. I maestri europei, in molti casi, avevano l’ordine d’insegnare l’arte e le tecniche costruttive ai nativi. Questi ultimi, nel tempo, diverranno a loro volta operai sempre più specializzati, poi esperti maestri e, addirittura, famosi architetti. Ora intendiamo presentare i risultati dei nostri interventi effettuati nelle città di Cusco, Arequipa e rispettivi hinterland. Questo primo lavoro non pretende di essere completo. Consiste in un quadro preliminare e sintetico in cui molti particolari dovranno essere approfonditi in futuro. Allo stato attuale degli studi mancano validi criteri per fornire delle risposte esaustive e definitive.

IL PERÙ

Non è nostro intento ricostruire gli eventi storici che hanno caratterizzato le regioni che descriverò. Lasciamo questo compito agli storici di professione. Come sappiamo,  il Perù è uno stato dell’America meridionale, confina a nord con  l’Ecuador  e  la Colombia, a est con  il Brasile  e  la Bolivia, a sud con il  Cile, a ovest con l’oceano Pacifico; la sua estensione è di 1.285.220  chilometri quadrati, con circa 30 milioni di abitanti, capitale  Lima. Le lingue ufficia13 GAUVIN ALEXANDER BAILEY, The Andean…,cit., pp. 45-47.

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li sono lo  spagnolo, il  quechua  e l’aymara. I primi reperti della presenza umana in Perù datano a 32.000 anni fa. Si succedettero molte civiltà, fino ad arrivare nel XIII secolo all’impero Inca o Tahuantinsuyo, che aveva come capitale la città di Cusco. Questa civiltà, probabilmente la più importante della regione andina, ebbe la sua massima espansione attorno al XVI secolo. Chi non conosce o non ha sentito parlare di Machu Picchu? Poi arrivò il conquistador, la colonizzazione spagnola. L’impero degli Inca ebbe termine il 16 novembre 1532 con la cattura di Atahualpa, il quale, nonostante avesse pagato un esorbitante riscatto, venne impiccato il 29 agosto 1533. Gli spagnoli stabilirono la capitale del Perù a Lima. A Cusco, i conquistatori con a capo Pizarro, nel 1534, distrussero tutti i palazzi e i templi Inca, lasciando solo le fondazioni e costruendoci sopra le loro chiese cristiane, i palazzi e le case. La città fu ristrutturata e ridistribuita con i nuovi criteri urbanistici secondo le regole dettate dai conquistatori.

CUSCO

CAPITALE DELL’ANTICO IMPERO INCA Cusco,  Qusqu in lingua quechua, è una città situata nelle Ande orientali del Perù a 3399  metri sul livello del mare. Nel 1983 fu dichiarata  patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Fu la capitale dell’impero Inca, il quale era suddiviso in quattro Suyo o regioni associati ad Hannan ed Hurin, due suddivisioni sociali della città: il Chinchaysuyo e l’Antisuyo collegati con Hannan (Cusco Alta), il Contisuyo ed il Collasuyo collegati con Hurin (Cusco Bassa). Sembra che la conformazione originale della città di Cusco sia opera di Pachacutec Inca Yupanqui, nono imperatore Inca. La mappa della Cusco antica ha la sagoma di un puma e ancora oggi

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s’intravedono i suoi contorni. Dal tempio del Coricancha (Santo Domingo), nel centro della città di Cusco, partivano 41 linee immaginarie chiamate Ceques su cui erano disposti 328 luoghi sacri tra cui pietre, fontane, case. Per diversi motivi tali luoghi erano di grande rilievo nella storia e nella mitologia Inca. Erano detti Huacas ed erano gestiti da un particolare gruppo sociale. Vi veniva praticato un rituale calendariale. Infine, alcuni Huacas erano osservatori orientati in direzione di precisi punti sull’orizzonte, e gli Inca registravano il sorgere e il tramontare del sole e delle stelle14. Nella mitologia Inca, lo spazio verticale era suddiviso in tre parti: - Hanan Pacha, il mondo di sopra, dove risiedevano gli dei più importanti; - Uku Pacha, il mondo di sotto, il regno dei morti che si trovava sotto la superficie terrestre; - Kay Pacha, il mondo di qua, dove gli esseri umani trascor revano la loro vita. Un’ulteriore suddivisione dello spazio verticale era connessa all’elemento maschile e all’elemento femminile. Questi brevi riferimenti alla cosmologia Inca, hanno lo scopo di indurre il lettore a riflettere per comprendere il significato di certe marche rintracciate in questi siti e per interpretare il linguaggio dell’immagine collegato ad essi. Ovviamente queste poche righe non possono essere esaurienti, ma su questa materia esiste una discreta bibliografia. In questa celebre città è stata catalogata una grande moltitudine di marche, ripartite tra le varie chiese, monasteri, conventi del centro storico e della periferia, oltre a diversi segni presenti in alcuni luoghi pubblici e privati. Sono stati rilevati segni e graffiti vari; in seguito è stata eseguita la catalogazio14 R. TOM ZUIDEMA, The Inca Calendar, the Ceque system and their representation in Exsul Immeritus, http://amsacta.unibo.it/2350/7/Cap2.pdf, pp. 77-104.

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ne e la quantificazione degli stessi, quando lo permettevano lo stato di conservazione dei segni, l’accessibilità dei luoghi e la disponibilità del tempo a nostra disposizione; in effetti, presso il convento della Merced non abbiamo potuto eseguire tutti i rilievi per mancanza di tempo. Dunque ho scelto di inserire una sigla “XX” che, nella nostra banca dati, indica una quantità sconosciuta, e potrà essere aggiornata in futuro (fig. 6). Infine è stato eseguito un primo accostamento tra le varie marche e si son potute trarre delle conclusioni finali. Per l’incisione delle marche sono state adoperate le tecniche più svariate, dall’uso di una punta o strumento di fortuna, all’utilizzo di strumenti appropriati. La grande mole di lavoro ed il poco tempo a disposizione non hanno permesso di approfondire ulteriormente la ricerca sul posto ed in particolar modo negli archivi storici. Saranno necessarie ulteriori ricerche e conferme per proseguire. Nel corso dello studio sono stati osservati 17 edifici, religiosi e laici. Le marche sono state individuate principalmente all’esterno degli edifici, poche all’interno. Come in altre parti del mondo, anche in questo territorio, su molti edifici di culto è presente un tipo d’iconografia legata intimamente alle funzioni proprie di questo luogo particolare; è una forma di linguaggio anagogico che avvisa e informa il credente, già prima che oltrepassi la soglia, confine tra mondo profano e mondo sacro, impiegando un linguaggio d’immagini. Lo si intravede nell’ornamento rinascimentale delle facciate delle chiese, dei capitelli, delle colonne. Sono presenti indistintamente sia motivi cristiani di provenienza greco-latina sia rappresentazioni pagane e antichi simboli andini. Questi elementi furono e sono tuttora accettati sia dal popolo che dalla classe erudita. Superata la fase di estirpazione dell’idolatria, l’utilizzo del Barocco, viene influenzato

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dalla compartecipazione degli artisti indios e degli artefici cristiani, in una specie di reinterpretazione iconografica; è stato principalmente il prodotto di squadre itineranti di architetti, maestri, scalpellini e muratori, indios nativi. Rappresentava una forma di evangelizzazione, voluta e consapevole. La comprensione di questa forma di sincretismo, assai coeso, si è persa nel corso dei secoli anche per una mancanza di riferimenti testuali. Su questi edifici, si può notare uno stile d’intaglio molto particolare chiamato Estilo mestizo: una varietà di piante, fiori, animali, santi, sole, luna, stelle, pianeti, personaggi fantastici, raffigurazioni che hanno molte corrispondenze con culture di tipo preispanico. Cusco, costruita interamente in pietra, era il cuore dell’antico e potente impero Inca. Dopo la conquista, i poderosi macigni Inca, perfettamente tagliati e riuniti senza l’uso del cemento, hanno lasciato lo spazio alle costruzioni europee. Si vede ancora oggi, nelle poche tracce rimaste, il notevole contrasto tra le tecniche costruttive utilizzate dagli europei e quelle indigene. La possibilità di attingere ad una grande quantità di pietre disponibili sia nelle cave locali, sia in seguito alla distruzione dei palazzi, e la grande esperienza dei tagliapietre Inca, maestri nelle loro tecniche costruttive, hanno permesso l’edificazione della nuova città coloniale di Cusco. Questa stupenda città, poi, fu distrutta più volte, non dall’uomo ma da terribili terremoti, e sistematicamente ricostruita con grande determinazione e maestria. Uno dei peggiori sismi locali fu il grande terremoto del 1650. Diego di Mendoza, un francescano, asserisce che solo la chiesa di Santa Clara, San Giovanni de Dios e la nuova cattedrale furono risparmiate dal violento sisma. La città che oggi vediamo è stata in gran parte ricostruita nella seconda meta del XVII secolo15. La 15 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture and Sculpture in Peru, Harvard

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pietra locale è di colore marrone, uniforme. È una roccia effusiva andina denominata andesite (eruzione tra 900 e 1100 gradi centigradi). I minerali presenti nella roccia sono principalmente plagioclasio, pirosseni e orneblenda. Si possono trovare anche biotite, quarzo e  magnetite.

I SITI

Iniziamo con la costruzione più imponente della città, la basilica cattedrale di Cusco. Stupendo monumento religioso di architettura Vireinal, è il più sontuoso dell’America ispanica, eretta nel 1538 dal primo vescovo fra’ Vincente Valverde, dell’ordine dei padri di Santo Domingo. Era dedicata alla Nuestra Senora della Assunsion. Nel Galpon Sagrado di Sunturhuasi fu eretta la primitiva chiesa, attualmente Iglesia Matriz del Triunfo, dove si collocò la croce della conquista e si celebrò la prima messa il 15 novembre 1533. Troviamo ad est il Camino del Collao, attuale Calle del Triunfo, nell’altro lato, ad ovest, la casa di Quishuar-cancha, confinante con il palazzo di Huiracocha, e di fronte la piazza di Huacai-pata, attuale Plaza de Armas16. Passiamo ora alla chiesa del Triunfo dedicata alla Vergine dell’Assunzione che venne totalmente distrutta dal terremoto del 1650. La ricostruzione partì nel 1729. Il termine dei lavori risale a tre anni dopo, al 1732. È opera del vescovo fra’ Bernardo de Serrada17. Sul muro esterno che fiancheggia la calle del Triunfo e sulla facciata della chiesa è stata rilevata tutta una serie di marche Univ. Press, Cambridge, 1949, p. 46. 16 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia de los monumentos coloniales del Cuzco..., in: Revista Universitaria, Ano XLVI n° 113, 2do Semestre de 1957, Cusco (PE), pp. 106-108. 17 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia…, cit., pp. 362365.

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(figg. 7-12). Non è stato possibile censire la totalità dei segni. Questi rilievi possono comunque dare l’idea della ricchezza delle marche. L’incisione della marca è stata eseguita con l’ausilio di strumenti da scalpellino. Non ci è dato comprendere, per il momento, se la presenza di queste marche evidenzi la partecipazione all’edificazione da parte di diverse persone o squadre o se non si tratti di marche eseguite durante la lavorazione nel luogo di prelievo originale o di estrazione. Tutti i segni rivelano lo stesso stile. Le marche sono state riscontrate nei blocchi semplici oltre che su pietre che hanno una lavorazione più raffinata, come quelle usate per le finestre e i portali. Notiamo, sopra i portali laterali ciechi, la presenza di quattro piccole croci disposte nei lati degli architravi dei portali stessi (fig. 13). Un attento esame rivela che sono state eseguite con una tecnica d’incisione diversa e poste in luoghi significativi. Tali caratteristiche ci permettono una considerazione: questi segni potrebbero essere legati ad un contesto religioso ed essere segni di consacrazione o di protezione, piuttosto che segni di carattere costruttivo. La Cattedrale di Cusco: nel 1559 iniziarono i primi lavori con l’architetto Juan Miguel Veramendi, nel posto del Quishurcancha, il palazzo dell’Inca Huiracocha. La prima pietra fu posta l’anno seguente, 1560. L’edificazione, iniziata da Juan Correa, proseguì fino al 1564 e fu interrotta per mancanza di fondi. Poi nel 1584 subentrò il maestro costruttore Francisco Beccera, architetto spagnolo. Intervennero nella costruzione architetti, maestri d’opera, muratori, tagliapietre, indios, meticci e spagnoli. Successivamente, assunsero la direzione dei lavori l’architetto Miguel Gutierrez Sencio ed altri. La cattedrale fu inaugurata nel 1654. Il materiale da costruzione è la pietra originaria delle zone vicine e sono stati riutilizzati

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anche blocchi di granito rosso dalla fortezza conosciuta come il Sacsayhuaman. All’esterno della cattedrale, sulla facciata, non sono state riscontrate marche; ne abbiamo rilevate solo all’interno dell’edificio, sul pavimento, di fronte al coro della cattedrale, nella navata centrale e di fronte ad una cappella laterale. Molte marche sono simili a quelle riscontrate sull’esterno della chiesa del Triunfo (fig. 14). A sinistra della cattedrale troviamo la chiesa della Sagrada Familia, chiamata anche la chiesa di Gesù e Maria. Iniziata nel 1723, venne consacrata nel 173518. Le marche individuate si distribuiscono sulla facciata della chiesa (figg. 15-16). Una certa quantità è stata rilevata sul piazzale antistante alla stessa. Anche in questo luogo troviamo le stesse marche rilevate all’interno della cattedrale e all’esterno della chiesa del Triunfo. Ci troviamo ora nella Plaza de Armas; ai tempi degli Incas era chiamata Awqaypata cioè piazza del guerriero. La piazza è stata la spettatrice di molti episodi legati alla storia della città, come il proclama di Francisco Pizarro relativo alla conquista di Cusco; inoltre, nella piazza fu compiuta l’esecuzione di Tupac Amaru dopo la sua cattura successiva al suo tentativo di restaurare l’impero Inca, dopo la conquista spagnola e la perdita della capitale Cusco. Nel lato sud-est della Plaza de Armas, sul Portal de Confituria, riscontriamo delle marche, rilevate solo su questo portale (figg. 17-19). Da notare che alcune marche sono identiche a quelle trovate su diverse chiese di Cusco. Questa distribuzione presuppone che gli artigiani o le squadre, che hanno partecipato attivamente all’edificazione delle chiese locali, siano i medesimi artefici delle costruzioni dei palazzi civili e dei numerosi 389.

18 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia..., cit., pp. 388-

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portici attorno alla piazza. Molte di queste costruzioni sono scomparse in seguito a varie calamità naturali, con conseguenti ricostruzioni e ristrutturazioni. È ugualmente proponibile un’ulteriore ipotesi imperniata sull’impiego di materiale da costruzione, prelevato da altri edifici andati distrutti. Ci spostiamo ora sul lato sud-est della Plaza de Armas e ci troviamo di fronte alla chiesa della Compania; alla destra, la cappella di San Ignazio di Loyola che appartiene alla Società de Artesanos; un contratto in data 1652 ci dà il nome dell’architetto, Francisco Dominguez de Chavez y Arelano19. A lato troviamo l’università fondata nel XVII secolo, inaugurata nel 1623, distrutta dal terremoto del 1650, in seguito ricostruita, e inaugurata nel 166820. Anche in questi luoghi è presente tutta una serie di marche: alcune si possono osservare sulle facciate e sulle colonne. In molti casi sono state incise nel centro del blocco lavorato (figg. 20-24). Finalmente giungiamo nel convento della Merced (fig. 25). Secondo fra’ Victor M. Barriga, i religiosi dell’ordine della Merced furono i primi ad arrivare in Perù all’inizio della conquista spagnola. L’edificazione della Merced fu iniziata nel 1535 o nel 1536 da fra’Sebastian di Castaneda e Trujillo21. Il convento merita certamente ulteriori ricerche. In primo luogo in questo convento abbiamo riscontrato un’infinità e una grande varietà di marche e di graffiti. In secondo luogo la storia della ricostruzione della Merced è più completa di quella degli altri monasteri e chiese gra19 GEORGE KUBLER, CUZCO La reconstruction de la ville et la restauration de ses monuments in: Musées et monuments III, Unesco, Paris, 1952, p. 29. 20 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia…, cit., p. 307. 21 HORACIO VILLANUEVA URTEAGA, La Iglesia y Convento de la Merced del Cuzco, in: La Orden de la Merced en el Peru Estudios, Instituto Historico de la Orden de la Merced, Roma, 1997, pp. 153-154.

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zie a una serie di documenti d’epoca conservati negli archivi storici del paese, oltre a varie cronache particolareggiate che coprono la seconda metà del XVII secolo. Una di queste cronache è conservata nella libreria del monastero. Miranda Valcàrel y Peralta, l’autore, la chiamò Crònica de esta provincia del Cuzco 1650-1707; afferma, nella prefazione, che il suo intento è quello di scrivere solo del periodo di poco più di 50 anni, durante i quali ha indossato l’abito di mercedario22. Molte notizie e documenti sul convento e sulla chiesa della Merced di Cusco si possono ricavare da una serie di studi, raccolti in un’opera molto importante, La Orden della Merced en el Peru23. Queste informazioni ci sono state molto utili per comprendere le fasi costruttive di questo straordinario edificio e per riassumerle concisamente. La prima struttura della chiesa, con i due chiostri conventuali, risale al XVI secolo. La costruzione della chiesa culmina intorno all’anno 1580, in cui fu eretto il primitivo altare maggiore. Il chiostro, però, alla fine di quel secolo, non era stato ancora costruito se non in parte, come si evince dal contratto firmato nel 1600 dal capomastro Juan Pontones. Il secondo chiostro fu, nel 1636, opera di don Miguel Gutiérrez Sencio che contratta i servizi di Martin Gonzales de Lagos; il giorno dopo si accorda con i maestri tagliapietre Juan Muñoz e Miguel Mejìa. Gli edifici della chiesa e dei chiostri mercedari sono stati poco danneggiati dal terremoto del 1650. Tuttavia il deterioramento delle abitazioni del convento furono tali che i religiosi si videro costretti a spostarsi, finché durò la ricostruzione, nella casa che avevano ereditato dai loro benefattori Diego de Vargas e Carbajal e doña Usenda Loaiza. Nel 1651 la ricostruzione fu affida22 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture…, cit., p. 53. 23 LA ORDEN DE LA MERCED EN EL PERU Estudios, Instituto Historico de la Orden de la Merced, Roma, 1997.

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ta al religioso Juan de Riquelme, che incaricò del lavoro il maestro Miguel Mejìa per la riedificazione della chiesa, con l’obbligo di insegnare agli indios e ai neri l’arte di tagliapietre. Lo stesso padre Riquelme assunse l’architetto Martin de Torres, che in seguito lasciò il lavoro per motivi sconosciuti. Il primo marzo 1655 l’opera fu rilevata dall’architetto Sebastian Martinez, principale artefice dell’opera mercedaria, che diresse gran parte della ricostruzione del primo chiostro. Nel 1663 troviamo Gregorio Quispe, maestro intagliatore, nella costruzione dello stesso chiostro; poi, l’anno seguente, intervennero i maestri tagliapietre Pedro Alvaro e Andrés Quispe. I lavori sarebbero stati conclusi nel 167624. Alla costruzione della chiesa presero parte muratori, tagliapietre e carpentieri indigeni come Juan e Diego Huaman, Francisco Poma Capi, Esteban Quispe Frias, gli indios dei villaggi di Paruro, Colcha, Accha, Libitaca, Cucuchiray, che furono utilizzati come operai, i Yanaconas del convento, uomini e donne, nel trasporto di materiale da costruzione da Chinchaypucyo, Pisac, Calca, Paucartambo, Quiquijana e loro architetti e maestri. Dopo i danneggiamenti causati dal terremoto del 1650, i lavori furono eseguiti con l’aiuto economico dei vescovi Don Pedro de Ortega e il sotomayor Manuel de Mollinedo e Angul, grazie anche alla collaborazione degli architetti Sebastian Martinez e Francisco Dominguez Chàvez de Arellano25. Come ho fatto notare, nel convento della Merced ci siamo trovati di fronte ad un’amplissima presenza di marche incise sulle varie parti degli edifici. Sin dal primo chiostro, nella maggior parte, le pietre sono segnate. Troviamo le marche attorno e sopra la fontana centrale; altri segni sono presenti sui 179. 219.

24 HORACIO VILLANUEVA URTEAGA, La Iglesia y convento…, cit., pp. 17825 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia…, cit., pp. 211-

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lastricati che compongono i viali interni, sulle colonne, sui muri degli edifici. Abbiamo cercato di rilevarne il maggior numero possibile; però, per un rilievo totale e preciso, sarebbero indispensabili molte giornate di lavoro. Sono state riscontrate molte marche di stile diverso. Nel chiostro principale e sulla fontana rileviamo dei segni alquanto semplici. Man mano che si prosegue verso il secondo chiostro si può notare una continua evoluzione nello stile e nella precisione delle marche, fino ad arrivare all’uso di monogrammi (figg. 26-33). C’è stato quindi un progresso nel tempo trascorso dall’inizio alla fine della ricostruzione del convento e della chiesa. È questo un elemento di cui è necessario sempre tener conto nello studio della glittografia (e la cautela è ovviamente d’obbligo). Osserviamo, per esempio, sui muretti delle scale che conducono ai piani superiori, file di marche che si alternano tra di loro (figg. 35-36). Nel chiostro, in prossimità delle colonne, abbiamo riscontrato l’esistenza di segni di stile preispanico (fig. 34): conclusione ricollegabile a quella verrà fatta successivamente per la presenza di segni sugli scalini del portale laterale della chiesa della Compania di Arequipa. Nel grafico (fig. 37) possiamo osservare le marche rilevate nel primo chiostro del convento. Il complesso monumentale della chiesa e del convento di Santo Domingo de Guzmán si trova nella piazza omonima, tra le strade Ahuacpinta, (di origine Inca) e la Avenida Sol26. La prima costruzione risale al 1535 nel luogo del santuario Inca del Coricancha, il tempio del sole, e terminata nel 1633. Il terremoto del 31 marzo 1650 distrusse completamente sia la chiesa sia il convento. La ricostruzione iniziò nel 1680 e terminò per opera dei seguenti architetti e maestri: Martin Gonzales de los Lagos, Sebastian Martinez e Pedro de Mesa; parte del 26 OSCAR CHARA ZERECEDA, VIVIANA CAPARÓ GIL, Iglesias del Cusco Historia y Architectura, Julio Galdo Bellota ed., Cusco, 2004, p. 90.

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coro è opera del maestro architetto Francisco Dominguez de Arellano. Wethey, in riferimento al chiostro inferiore di Santo Domingo, ci narra: Il chiostro ospita in parte templi Inca: il tempio del sole, della luna e delle stelle. Queste strutture sono state incorporate nella parte coloniale e sopravvissero a dispetto di fanatismo cristiano e terremoti27. Nel chiostro principale del convento abbiamo riscontrato delle marche incise sul lastrico pavimentale di due corridoi laterali (fig. 38). Il primo (lato A), dove abbiamo riscontrato la maggior parte delle marche, è posizionato a sud-ovest del chiostro centrale; il secondo (lato B), è posizionato a sud-est del chiostro (figg. 40-42). In quest’ultimo lato, la concentrazione delle marche è maggiore verso il congiungimento dei due corridoi. In questa costruzione sono stati riscontrati solo due tipi di marche: e , e ciò fa supporre che abbiano collaborato all’opera due scalpellini o due squadre differenti (fig. 39). San Pedro: nel 1556 si cominciò a costruire un ospedale per gli indios della città di Cusco: il Real Hospital del Espirito Santo de los Naturales; la parrocchia fu costituita nel 1572. Nel 1650 il terremoto distrusse l’ospedale e la chiesa. La famiglia Mollinedo si assunse l’onere di costruire l’edificio attuale. L’architetto fu lo scultore indiano Juan Tomas Tuyru Tupac, che realizzò anche il pulpito della chiesa. La prima pietra fu posta nel 1688. Secondo una tradizione, le pietre provengono dalla fortezza di Picchu nel nord-ovest di Cusco28. Sul portale principale della chiesa troviamo delle marche di pellegrini o a carattere religioso (fig. 43); a destra del portale principale, sulle pietre, nella facciata, è stata individuata tutta una serie di marche lasciate dagli scalpellini. I mezzi a disposizione non ci hanno permesso d’individuare la totalità 27 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture…, cit., p. 51. 28 GEORGE KUBLER, CUZCO La reconstruction…, Unesco, cit., p. 18.

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dei segni, specialmente nella parte superiore della facciata (fig. 44). I dati riferiti a questo rilievo sono esposti nel grafico riassuntivo (fig. 45). Il convento di Santa Clara appartiene alle Clarisse, ramo femminile dell’ordine francescano. Il convento francescano, fondato nel 1560, è considerato da Wethey come quello che possiede la chiesa più vecchia di Cusco. I lavori cominciarono nel 1599. Una prima chiesa crollò e la costruzione riprese nel 1603 per concludersi nel 1622. L’attuale torre fu edificata nella seconda metà del XVII secolo. La chiesa sopravvisse al terremoto del 1650 senza altri danni, a parte il crollo di uno dei campanili. Un angolo del chiostro franò, danneggiando il piano superiore di uno dei lati29. Sulla facciata nord-ovest del campanile è stata notata una serie di marche, probabilmente risalenti al periodo successivo al terremoto del 1650. Si può notare una certa continuità tra i vari tipi di marche, ma anche in questo caso, la rilevazione non è conclusa. (figg. 46-47) La Chiesa di San Francisco: molte notizie le abbiamo dal francescano Diego de Mendoza che viveva nel monastero di Cusco a metà del XVII secolo. Il luogo di edificazione della attuale chiesa è il terzo, individuato nel 1549. Nel 1645 la chiesa, del XVI secolo, era in cattive condizioni e i monaci vollero ricostruirla. I lavori iniziarono nel 1650 e si conclusero nel 1652. La costruzione è in pietra di colore marrone delle Ande e coperta con massicce volte a cupola in mattoni30. Anche in questa chiesa sono presenti delle marche, ma non abbiamo potuto fare un’analisi accurata all’interno e all’esterno della chiesa; sono state trovate solo alcune marche presenti nell’atrio del portale laterale della chiesa (figg. 48-51). 29 GEORGE KUBLER, CUZCO La reconstruction…, Unesco, cit., p. 20. 30 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture…, cit., p. 48.

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Wethey, nella sua opera31, si accorge di una singolarità nell’orientamento della chiesa e scrive così: “San Francisco è orientata, curiosamente, in modo diverso da come sono orientate tutte le altre chiese di Cusco, con il santuario rivolto a nord ovest”. In relazione a questo caso, l’ipotesi che può essere avanzata è che il luogo sacro sia stato orientato seguendo il tramonto del sole in coincidenza della data della morte del santo. Questa particolarità dell’orientamento di certi templi francescani fu da me osservata in vari luoghi europei; la specificità è stata inoltre studiata dal professor Giuliano Romano, uno dei principali artefici della diffusione dell’archeoastronomia in Italia e nel mondo32. Ovviamente, questa ipotesi può essere confermata solo dopo aver eseguito delle precise misurazioni in sito. Per l’allineamento dei luoghi sacri esistevano vari metodi: - l’ orientamento casuale o vincolato all’assetto urbanistico; - l’orientamento rispetto ai fenomeni cosmici, principalmente al ciclo lunare o solare. Per esempio, la direzione dell’asse in corrispondenza al sorgere o tramontare del sole il giorno del santo patrono o della dedica del tempio; - l’orientamento dell’asse il giorno dell’inizio dell’opera; - l’orientamento dell’asse utilizzando il criterio del Sol Aequinoctialis con il metodo del “cerchio indiano”, un procedimento molto antico e semplice che utilizza un’asta verticale chiamata gnomone; il piede rappresenta il centro di uno o più cerchi di raggi diversi tracciati precedentemente. L’estremità dell’ombra che interseca il cerchio al sorgere e al tramontare del sole fornisce due punti per ottenere la linea est ovest chiamata equinoziale33. 31 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture…, cit. 32 GIULIANO ROMANO, Archeoastronomia italiana, Ed. CLEUP, Padova, pp. 50-52. 33 GIULIANO ROMANO, Archeoastronomia italiana, cit., pp. 37-49.

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Queste tecniche erano conosciute in periodi precolombiani; presso il sito archeologico di Pisac a Machu Picchu, si può ancora oggi osservare l’Intihuatana, uno gnomone solare interamente scolpito nella roccia. Non si hanno molte notizie sulle varie fasi costruttive del palazzo municipale di Cusco, Cabildo del Cuzco. La prima costruzione risale al XVI secolo. Ha una tipologia di casa di clausura con due ingressi, portale nella facciata principale, archi al primo livello e doppi al secondo livello. Secondo Ramon Gutierrez, nel 1935, in una ristrutturazione, sono stati utilizzati archi provenienti dal convento agostiniano. Anche in questo palazzo sono state rilevate delle marche, in particolare sugli archi al primo livello. Non abbiamo avuto la possibilità di eseguire ricerche nel secondo livello e all’interno del palazzo (figg. 52-57). Il monastero e la chiesa delle suore carmelitane scalze dedicata a Santa Teresa di Gesù furono fondate nell’anno 1661. La costruzione iniziò nel 1673 e terminò nel 1676 secondo la testimonianza del vescovo Mollinedo. In quello stesso anno fu inaugurata34. Sono state individuate alcune marche nella chiesa e sulle alzate degli scalini che portano al presbiterio della chiesa, in particolare la lettera “A”. Nel monastero adiacente alla chiesa, all’ingresso, sono stati individuati dei segni, presenti sulle alzate frontali degli scalini d’entrata (fig. 58). È doveroso soffermarsi su queste rappresentazioni. Ad una prima analisi, non corrispondono all’immagine dei segni fino ad ora trovati e presenti nelle varie costruzioni in Cusco (figg. 59-61). In questo specifico caso abbiamo delle difficoltà a riconoscere queste marche come appartenenti ai costrut34 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture…, cit., pp. 47-48.

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tori delle opere. Questa tipologia ci riconduce inoltre ad altri segni trovati sul portale laterale della chiesa della Compania ad Arequipa e nel convento della Merced. La forma ed il linguaggio visivo non sono conformi ai criteri utilizzati per le marche di proprietà dei tagliapietre del medioevo e del periodo rinascimentale. A nostro avviso si tratta di un linguaggio diverso, un linguaggio di origini preincaiche con un significato particolare legato al contesto locale. Potrebbe trattarsi di segni di tipo precolombiano, lasciati da maestranze native sudamericane sfruttate in sistemi d’impiego di manodopera identificati come mitas, oppure da maestranze sul modello Yanaconas: lavoratori immigrati, una categoria di persone che hanno fornito assistenza personale o specializzata per l’elite Inca o locale. Ad ogni modo anche qui è d’obbligo la cautela e si richiede un’analisi più approfondita. La chiesa di San Blas si trova nell’antico quartiere Inca del Totocachi; la sua costruzione fu iniziata nel 1559 come parrocchia per i nativi. L’edificio subì pochi danni durante il terremoto del 1650; dopo il sisma del 1950 fu modificata la facciata della chiesa35. Anche in questo luogo sono state riscontrate delle marche di tagliapietre, una lettera “A”, la stessa marca trovata nella chiesa di Santa Teresa e nello stesso luogo, sugli scalini che portano al presbiterio della chiesa stessa. Una ipotesi plausibile è che si tratti della marca di un artigiano, addetto alla costruzione di questo tipo di scalini in pietra. Altre due marche, tra cui una simile alla prima, sono state rilevate sugli scalini che portano alla torre campanaria (fig. 62). A est del centro storico, a circa un chilometro e mezzo, troviamo la chiesa e il convento della Recoleta di San Antonio de Padua. In origine era chiamata  la reccoleccion de San Fran35 OSCAR CHARA ZERECEDA, VIVIANA CAPARÓ GIL, Iglesias…, cit., p. 108.

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cisco de Asis. Fu fondata nel 1599 nel luogo chiamato Munaysenka. La chiesa, la torre e il convento furono edificati in pietre e mattoni (fig. 63). Hanno partecipato alla costruzione il maestro carpentiere Diego Rodrigues e Ambrosio Bustamante. Un documento ci informa di un contratto tra il convento e Nicolas Huallpa, indios nativo di Oropesa e Don Juan Tomas. Il contratto riguarda il lavoro e la fornitura di 360 pietre di sillar, al di fuori della base, degli archi, delle cornici, delle imposte e saranno fornite nel convento della Recoleta dei religiosi scalzi, con lo scopo di costruire la torre. Gli saranno pagati in ragione di 3 reales et mezzo per ogni fila di sillar, e per la base, cornici, imposte ed archi si pagherà secondo convenuto. Il lavoro sarà ultimato entro 5 mesi a partire dalla data – Cusco, 3 febbraio 168836. Di questa chiesa, sulla torre campanaria, abbiamo rilevato una moltitudine di segni incisi sulle pietre (figg. 67-69). Notiamo, in particolari le due marche e che sono le stesse riscontrate nei due corridoi di Santo Domingo (fig. 64); le date delle rispettive edificazioni sono molto vicine (Santo Domingo 1680). Le marche sono precise ed eseguite con attrezzi appropriati (fig. 65). Su questa torre, osserviamo che le marche si alternano tra di loro, come abbiamo constatato sulle scale dei chiostri del convento della Merced; quest’alternanza ci porta a riflettere sulla probabilità di uno scambio di persone durante la costruzione. Però la lettura di certi documenti ci fa supporre che molte pietre fossero già lavorate nel luogo di estrazione37. Sul campanile si riscontrano anche altri tipi di segni: sono marche diverse da quelle incise sulla parte inferiore della torre, e ciò induce a pensare che possa trattarsi di uomini o di squadre diverse. Al centro del campanile si leggono delle lettere: V.L.I. e J.G (fig. 66). 36 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia…, cit., p. 334. 37 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia…, cit., p. 211.

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Sempre ad est del centro storico di Cusco, a circa cinque chilometri, troviamo la chiesa di San Sebastian. La piazza di San Sebastian fu lo scenario della battaglia della Salinas per la presa di Cusco. Dopo il terremoto del 1650, il tempio fu ricostruito con l’aiuto del vescovo Don Manuel de Mollinedo e Angul che ha largamente contribuito per la costruzione della facciata. Siendo Manuel de Sahuaraura era il maestro d’opera. La chiesa di San Sebastian è un’opera che esprime chiaramente la prima fusione tra l’arte indio e quella spagnola. Hanno partecipato alla costruzione della torre dell’Epistola Don Francisco de Sayri Tupas, Don Francisco Tutta, Don A. Quispe Sucso, Don Pablo Amau, Don F. Quispe Curo, Don Juan Roca, Don Nicolás Canchari nell’anno166438. La facciata di questa chiesa, con una ricchezza ornamentale inconfondibile, è di un marcato barocco rococò con sei colonne corinzie, tre su ogni lato della porta d’ingresso; i fusti sono decorati copiosamente con foglie d’acanto e fiori, cuori e angeli o cherubini. Anche in questo sito, sul basamento della facciata della chiesa e sul muro di recinzione abbiamo rilevato una serie di marche da tagliapietre (figg. 70-73).

LA MARCA DEL MERCANTE

Prima d’intraprendere questo viaggio, ci siamo documentati su passate ricerche condotte nei vari siti delle Ande orientali, con lo scopo di rintracciare la presenza di segni incisi sulle pietre e di trovare marche appartenenti a tagliapietre locali. Abbiamo acquisito informazioni su numerose indagini indirizzate verso incisioni di stampo coloniale e rupestri preispaniche. Siamo stati attirati da un segno inciso rappresentato in una rivista di architettura coloniale indigena del 226.

38 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia…, cit., pp. 225-

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dipartimento di Cusco39. Questa marca è riconosciuta come simbolo della croce cristiana. Per la sua forma caratteristica, poteva possedere delle singolarità interessanti e una qualche familiarità con certe marche presenti in Europa (fig. 74). In effetti, intervenuti sul posto, dopo un accurato esame, abbiamo potuto riscontrare che questo segno risponde perfettamente alla tipica marca di casa di un mercante, verosimilmente un commerciante europeo operante a Cusco. È composta da un segno identificatore di tipo religioso rappresentato dalla croce di Lorena a coda di rondine. Ha alla base due lettere. Tali lettere, in molti casi simili, rappresentavano le iniziali del nome e cognome del mercante (fig. 75). Serbiamo nei nostri archivi numerose marche molto simili a questo esemplare e abbiamo riscontrato delle analogie nel nostro database, uno strumento di fondamentale importanza implementato da ricerche assidue e impegnative portate avanti in tutti questi anni40. Ci ripromettiamo di eseguire specifiche e meticolose ricerche nei molti documenti della mercatura presenti nei vari archivi europei. Questa marca potrebbe rappresentare uno dei molti tasselli fondamentali per la comprensione dei flussi mercantili intrapresi successivamente alla scoperta del Nuovo Mondo. Sarebbe, inoltre, auspicabile una ricerca di toponomastica coloniale per comprendere se quel luogo, dove è collocata la marca (calle Educandas, angolo calle Granada), fosse riservato ad insediamenti mercantili, a seguito della riorganizzazione della città compiuta nel XVI secolo dagli spagnoli.

39 DE SOLAR M., CÉSAR Y HOSTNIG, RAINER, Litograbados indigenas en la arquitectura colonial del Departamento del Cusco, Perù, parr.8.2.3, tab. 5De, 2006 http://www.rupestreweb.info/litograbados2.html. 40 FERDY HERMES BARBON, I segni dei mercanti a Venezia nel Fondaco dei Tedeschi, Antiga Edizioni, Cornuda (IT), 2005.

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AREQUIPA

LA CITTà BIANCA Arequipa, la seconda città del Perù per grandezza, è situata ad un’altitudine di 2.300 metri sul livello del mare, si trova ai piedi di catene montuose innevate, tra le quali a nord-est, il grande vulcano Misti (5.822 metri) che sale con un andamento puro e maestoso, il Chachani a nord (6.075 metri), e il Pichu Pichu (5.664 metri) a sud-est. Le case storiche, i portali ecclesiastici e domestici sono riccamente scolpiti in uno stile esotico chiamato mestizo. La pietra da costruzione è bianca, liscia, intagliata. È chiamata sillar. Il sillar è una pietra vulcanica biancastra di cui sono fatti molti edifici coloniali della città. La città di Arequipa, fondata nel 1540, ha conservato pochissimo del suo patrimonio. Ha subito le conseguenze di più terremoti. I peggiori sono stati nel 1582, nel 1600, nel 1687, nel 1715, nel 1784 e nel 186841. Il grande incendio del 1844 ha distrutto la magnifica cattedrale del XVII secolo, e quindi la città è in gran parte un prodotto della seconda metà del XIX secolo. La Plaza de Armas appartiene a quel periodo.

I SITI

Sull’angolo sud-est della Plaza de Armas troviamo la chiesa dei Gesuiti, ordine religioso fondato nel 1540, la Compania de Jesùs. Soffermiamoci su questo edificio: il complesso, indubbiamente, costituisce la massima espressione dell’arte meticcia in Arequipa. Ha una struttura a croce latina, le sue facciate ci offrono una sorprendente decorazione con diversi temi. La forma architettonica è spagnola ma le decorazioni sono frutto della bravura dei nativi. Quest’arte è carica di un sincretismo evidente, un linguaggio criptico oramai di41 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture..., cit., p.140.

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menticato, formato da santi, angeli, figure umane, putti, mostri, rappresentazioni pagane non appartenenti al linguaggio simbolico cristiano. Vediamo rappresentati elementi floreali, alcuni appartenenti in particolar modo all’altopiano andino: la vite, la papaya, il mais; spesso appare il ccantu o cantuta (cantua buxifolia), il giglio sacro dell’indio. Un linguaggio che ha molti elementi legati alla religione cristiana, fusa con le origini precolombiane. Un argomento di studio interessantissimo. La prima chiesa fu progettata da Gaspar Baez nel 1573; poi avvenne il crollo dovuto al terremoto del 1582. I padri gesuiti in realtà si stabilirono in Arequipa dal 1578, dopo cinque anni di negoziati. La chiesa attuale risale al XVII secolo. Nel 1654 Simon de Barientos s’impegna a costruire il portale laterale, le due volte della navata, due cappelle, il recinto intorno alla chiesa e una scala che conduce dall’antisacrestia al tetto42. Poi i lavori proseguono con il completamento della facciata del portale principale (1698-99). Solo la torre fu rovinata durante i vari terremoti, la sua costruzione è moderna e risale al 1919. Lo storico dell’arte americano, Harold Wethey, afferma che non una traccia del XVI secolo lì rimane e altre magre notizie ci dicono poco sugli edifici stessi43. A lato della chiesa ci sono due chiostri. La loro costruzione è stata avviata nel 1677 sotto la direzione di Lorenzo di Pantigoso. Hanno partecipato nativi, indios, schiavi neri, spagnoli. Una parte delle forniture della pietra sembra provenire dalle cave di Chilina. Dopo l’espulsione dei Gesuiti nel 1767, l’amministrazione della proprietà passò ai preti dell’oratorio di San Filippo Neri. Salendo sulla terrazza dei chiostri, troviamo un muretto di separazione degli stessi; ispezionando 42 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture…, cit., p.141. 43 HAROLD E. WETHEY, Colonial Architecture…, cit., p.140.

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la costruzione rileviamo una serie di marche incise (figg. 7678). Ad una prima analisi si riscontra che è stato adottato un procedimento d’incisione molto semplice, senza quelle caratteristiche proprie delle marche di scalpellini europei dello stesso periodo: tratti non rettilinei e poco curati; strumenti di fortuna adoperati per l’incisione senza l’utilizzo dello scalpello. La misura media delle marche è ampiamente superiore alla misura delle marche europee. Probabilmente, in quei periodi iniziali sussisteva una scarsa comprensione del significato della marca e per questo può essere plausibile la teoria che quest’opera sia stata eseguita da indios, da neri, ma non da scalpellini spagnoli (figg. 80-81). Spostiamoci sul bordo interno della terrazza del primo chiostro; sopra il piano del contorno troviamo una serie di marche (fig. 79); in questo caso specifico la tecnica d’incisione e le dimensioni sono più conformi a quelle europee e ciò porta a dedurre che qui le condizioni fossero completamente differenti: una squadra operativa diversa da quella che ha operato sul muro di divisione. Questo possiamo al momento dedurre da una prima analisi sul luogo. L’ipotesi potrà essere confortata da una ricerca storica in archivi locali. Sulle colonne del chiostro non sono state riscontrate ulteriori marche da tagliapietre. Al centro di questo primo chiostro, quello maggiore, possiamo ammirare una stupenda fontana. Sopra il bordo della stessa c’è una marca incisa (figg. 82-83): la tecnica d’incisione è elaborata e precisa. Pertanto si può desumere che questa marca sia appartenuta ad un operaio specializzato o al maestro che ha realizzato la fontana. Nel grafico (fig. 84) sono raggruppate le varie marche rilevate sul bordo del chiostro e nella fontana centrale. Ora raggiungiamo il portale laterale della chiesa della Compania (fig. 85), opera di Simon de Barientos. Nel timpano della porta è raffigurato l’apostolo Santiago (Giacomo), il 39

Matamoros; attorno alla testa un motivo a forma di conchiglia; il santo cavalca un destriero che schiaccia gli infedeli e brandisce una spada con la lama fiammeggiante che richiama il fulmine. Per la popolazione locale, Santiago era identificato con Inti Illapa, il dio del tuono e del fulmine. Nella base del timpano troviamo due sirene alate e, tutt’attorno, foglie, fiori e frutti esotici (ad esempio melograni). Nella parte inferiore, il portone è affiancato da quattro colonne sistemate a due a due e tra queste il simbolo dei gesuiti (il nomen sacrum IHS, con la lettera H sormontata da una croce e i tre chiodi della Passione) collocato sopra un’acquasantiera. La parte inferiore di ogni colonna è occupata da un motivo a zigzag. Anche in questo portale, oltre alla presenza di un preciso sincretismo, identifichiamo l’esistenza di un certo linguaggio dicotomico, cioè basato su dualismi contrapposti44.

I SEGNI MISTERIOSI

Alla base del portale, sulle alzate degli scalini, troviamo tutta una serie di segni incisi (figg. 86-95). Da un’accurata analisi si può ragionevolmente dedurre che questa tipologia di incisioni non appartenga a quella dei tagliapietre europei, anche se riscontriamo che sono stati incisi con l’ausilio di attrezzi appropriati. Siamo persuasi della rilevanza di questi ideogrammi scolpiti nella pietra, perché molto diversi e lontani dai segni o marche dei costruttori che solitamente troviamo. La singolarità di questo messaggio inciso sta nella sua completezza che ci dà la sensazione che in esso ci sia un filo logico. Al centro dell’alzata si identifica una hominis forma che ha tutte le caratteristiche per essere il punto di riferimento del messaggio (fig. 88), mentre ai lati ci sembra di cogliere un linguaggio di tipo dicotomico. Osservati attentamente, 44 FERDY HERMES BARBON, I libri di pietra, in “Atti e Memorie dell’Ateneo di Treviso”, anno 2007-2008 n° 24, Grafiche Antiga, Cornuda (IT), 2010, pp. 131-142.

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alcuni ideogrammi mostrano sequenze graduali, ascendenti, discendenti e ripetitive; a nostro avviso, potrebbe essere una chiave di lettura collegata alla pars hostilis e pars familiaris del luogo sacro, oppure connessa al significato della sinistra e della destra riferite all’hominis forma centrale. Questi segni, probabilmente, ci possono condurre a significati legati al periodo precolombiano. Non sembrano materiali da riporto provenienti da altri siti, anche perché le rappresentazioni sono state distribuite in modo logico e omogeneo in tutta la lunghezza degli scalini. Riteniamo che questa importante scoperta, come altre in altri luoghi, possa aiutarci a comprendere meglio il rapporto che sussisteva tra persone appartenenti a culture e religioni diverse. Non abbiamo attualmente conoscenze sufficienti per formulare un giudizio debitamente fondato; i simboli evidenziati ci portano a pensare che verosimilmente possano essere riconducibili ad un linguaggio simbolico legato all’ingresso del tempio. In merito a questo singolare ritrovamento, alla celebre studiosa ed esperta di civiltà precolombiane, professoressa Laura Laurencich Minelli, è stato chiesto di eseguire un’analisi e relativa interpretazione di queste particolari incisioni45. Da quanto è stato possibile comprendere, la costruzione della chiesa è stata eseguita da squadre di nativi impiegati attivamente nell’opera come in precedenza è stato accennato. Sarebbe interessante risalire, attraverso i documenti d’archivio, agli artigiani che hanno partecipato alla prima costruzione del portale e identificare almeno il motivo dell’opera e l’etnia di chi ha lavorato. Attualmente questa ipotesi non è assistita da una sufficiente base storico-scientifica. Speriamo di potere sviluppare questi temi in altri contesti. Ci riferiamo in par45 LAURA LAURENCICH MINELLI, antropologa ed archeologa, titolare della cattedra di storia e civiltà precolombiane dell’America/civiltà indigene dell’America presso L’università di Bologna (1973-2005).

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ticolare agli studi che stiamo conducendo da molti anni per comprendere il simbolismo legato all’iconologia e la funzione dell’immagine nei luoghi sacri e profani. Ci muoviamo ora verso nord-est, affiancando la Plaza de Armas per giungere di fronte alla cattedrale di Arequipa. Il contratto per la costruzione fu firmato da maestro Toribio de Alcatraz nel settembre del 1544. Sulla facciata principale della cattedrale abbiamo trovato qualche raro segno che può essere classificato come marca di proprietà (fig. 96). Anche in questa circostanza, come nel caso del muretto di separazione dei chiostri della Compania, le marche sono molto grandi, eseguite il più delle volte con strumenti di fortuna; il tratto non è regolare, i colpi d’intaglio sono insicuri. Il periodo delle due costruzioni è, a grandi linee, corrispondente: in effetti, la costruzione dei chiostri della Compania è iniziata nel 1677 e nel 1621 ad Andrés de Espinoza è stata assegnata la costruzione del duomo; la fine dei lavori avvenne nell’anno 1656. Nel nuovo edificio, ricostruito dopo il rovinoso incendio del 1844, saranno state riutilizzate delle pietre del XVII secolo. In merito alla posizione delle marche in rapporto agli edifici, ovviamente, non possiamo essere certi della corrispondenza con l’ubicazione originaria, visto che la maggior parte di questi palazzi ha subito l’effetto devastante di numerosi terremoti, di eruzioni vulcaniche e di incendi. Non abbiamo elementi sufficienti per sapere quali siano stati, nei tempi passati, i criteri adoperati per la ricostruzione degli edifici. Ora ci spostiamo verso la chiesa di San Francisco. La chiesa del terz’ordine francescano, eretta nel 1569 seguendo i piani originali di Gaspar Baez, nei secoli subì svariati danni; pure qui abbiamo trovato alcuni segni incisi sulle pietre (fig. 97). Anche in questo caso le marche sono di dimensioni molto grandi, eseguite il più delle volte con strumenti di fortuna e 42

il taglio è irregolare. Quindi vale anche qui lo stesso ragionamento che abbiamo fatto a proposito della Cattedrale di Arequipa. In tabella 1 troviamo un riassunto delle marche rilevate nei siti sopra descritti.

CONCLUSIONI

Anche nelle Ande, nelle lontane terre del Nuovo Mondo, troviamo delle marche di scalpellini europei che hanno portato le tecniche costruttive e le loro abitudini in questi luoghi. Quando gli spagnoli arrivarono in Perù, ed in modo particolare a Cusco, si accorsero dopo un certo tempo, della grande esperienza e abilità degli Inca nella lavorazione della pietra. Nell’epoca coloniale, nei documenti di reclutamento, nelle prime opere, si trovano nomi di maestri, di lavoratori spagnoli e di nativi impiegati a eseguire tutti i tipi di lavori, anche semplici e umili. Progredendo nel tempo, i nativi incominciano ad avere anche ruoli di maestri e architetti fino ad eguagliare e, a volte, anche a superare gli stessi europei. Durante la ricostruzione della città dopo il terremoto del 1650, una copiosa parte della manodopera operativa è in mano a nativi, meticci e indios. Senza entrare nei dettagli, bisogna affermare che l’architettura locale è particolarmente interessante; è certamente derivata dalla scuola europea, ma poi si fonde armoniosamente con l’arte propria dei nativi. Nel linguaggio anagogico, il linguaggio dell’immagine che da tempo ci appassiona46, nonostante le non poche difficoltà di comprensione dei significati simbolici dei nativi, abbiamo potuto notare la presenza di una forma, molto forte ma tollerante, di sincretismo religioso, che si manifesta anche 46 FERDY HERMES BARBON, I libri di pietra, in “Atti e Memorie dell’Ateneo di Treviso” anno 2007-2008 n° 25, Grafiche Antiga , Cornuda (IT), 2010, pp. 131-142.

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nell’utilizzo di segni appartenenti a culture precedenti. Una dimostrazione palese è la chiesa della Compania ad Arequipa. Certamente, la tolleranza era obbligatoria e perfino inevitabile dato che i nativi dovevano, in armonia, partecipare al lavoro tutti i giorni. Si può ragionevolmente affermare che la presenza di simbologie precolombiane nei luoghi sacri alla religione cristiana, potrebbe essere dovuta all’ignoranza di chi era addetto al controllo, oppure alla tolleranza delle autorità ecclesiastiche, con lo scopo di integrazione dei vecchi culti e credenze con la nuova religione. In questi luoghi molto particolari, segni di fede e di tradizioni Inca sono ancora oggi presenti nella vita di tutti i giorni; ne abbiamo avute conferme dirette. Per quanto concerne le marche, come esposto nei paragrafi precedenti relativi alla chiesa della Compania di Arequipa, abbiamo notato che durante i primi periodi della colonizzazione è stata utilizzata una forma di rappresentazione non sempre conforme ai criteri europei, per poi giungere ad una riproduzione sempre più precisa e significativa, arrivando infine a individuare dei monogrammi e nomi completi. Si è cercato di capire quali fossero i veri artefici di queste marche di proprietà. Qualche traccia si è delineata, ma a tutt’oggi non abbiamo ancora delle risposte precise. Siamo giunti alla conclusione che la marca potesse essere il legame tra l’architetto e il lavoratore. Infatti i contratti di lavoro erano stipulati direttamente con il maestro o l’architetto che doveva garantire personalmente la buona riuscita dell’opera. Il convento richiedeva il rispetto per l’incarico e per la costanza nello svolgimento dello stesso, ma spesso la qualità delle singole fasi operative non era contemplata nel contratto. Il controllo delle fasi era competenza dell’architetto o maestro che doveva rispondere in toto e in solido in merito alla qualità dell’opera. La marca poteva essere il si44

stema di controllo per il maestro vis-à-vis del lavoratore. In secondo luogo, come è stato detto a proposito del convento della Merced, in certe costruzioni, per esempio nelle scale che conducono ai piani superiori, le marche sono disposte in file di pietre e, in molti casi, rileviamo una continuità della marca per poi lasciare il posto ad una nuova fila di pietre simili, con un’altra marca. Si riscontra la presenza delle stesse marche anche lungo le pareti laterali. In definitiva si può ragionevolmente concludere che uno scalpellino, assemblatore o squadra, impiegati in una costruzione per un certo periodo di tempo, lasci il suo posto ad un collega che deve continuare l’opera stessa. Per contro, una seconda ipotesi può essere presa in considerazione. Analizzando il materiale d’archivio (figg. 35-36), sembra che ci sia una diversa conformazione della pietra (una posteriore analisi, che però dovrebbe essere necessariamente supportata da un ulteriore esame sul posto). L’osservazione ci porta a supporre una diversa provenienza della pietra o una rifinitura dovuta ad un diverso scalpellino. A supporto di quest’ultima versione, alcuni documenti ci informano che molte pietre erano già sagomate nel luogo di estrazione e potevano essere benissimo segnate in questo sito per il futuro impiego nel luogo destinato47. Ad esempio riportiamo il seguente contratto: “Don Pedro Jimenez de Toro, proprietario di branco si accorda con il convento della Nostra Signora della Mercede in suo nome con il Padre Comendador fra’ Juan de Riquelme, per portare con 40 muli dalla cava di Maras tutte le pietre lavorate, degli archi, pietre tagliate e pietre brute, fino al sito del convento, dove si ricostruisce la chiesa - Cusco 11 ottobre 1654”48. Questa prima ricerca ci ha permesso di dimostrare che anche 47 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia…, cit., p. 247. 48 JESUS M. CORVARRUBIAS POZO, Apuntes para la historia…, cit., p. 211.

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nelle lontane terre del Nuovo Mondo è stata adoperata una tecnica di comunicazione operativa comune a quelle utilizzate dalle confraternite nel periodo medievale in Europa; questa indagine potrà essere seguita da altri interventi sui luoghi. Ora, disponiamo di un archivio iniziale con una moltitudine di dati relativi a posizioni, tipologie e collegamenti tra i vari siti, assistiti da una grande quantità di fotografie digitali. Il tutto gestito dal nostro database, che sarà disponibile presso il Centro Internazionale di Ricerche Glittografiche. Questo archivio potrà essere continuamente implementato e sarà fruibile anche da parte delle autorità o gruppi di ricerca (fig. 6). Desidero infine ringraziare Padre Saúl Peredo Meza dell’ordine della Merced di Lima, a Madre Laureana del convento di Santa Teresa, ad Alfredo Hinojosa Gálvez e ai custodi del convento della Merced. Infine, un ringraziamento particolare al professore Giuliano Romano, recentemente scomparso, che mi è sempre stato, con i suoi consigli e le sue intuizioni, maestro e guida.

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FIGURE

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Fig. 1 - Targa sita a fianco della chiesa “San Aponal” di Venezia (Italia)

Fig. 2 - Marche nella “Mezquita” di Cordoba (Spagna)

48

Fig. 3 - Marca nella chiesa parocchiale di Silandro (Italia)

Fig. 4 - Marca nella Cattedrale di Strasburgo (Francia)

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Fig. 5 - Marca nella chiesa di San Zaccaria di Venezia (Italia)

Fig. 6 - Banca dati delle marche rilevate nelle Ande Orientali

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Fig. 7 - Particolari delle marche presenti all’esterno della chiesa del Triunfo

Fig. 8 - Particolari delle marche presenti all’esterno della chiesa del Triunfo

Fig. 9 - Particolari - marche presenti sulla facciata della chiesa del Triunfo

Fig. 10 - Particolari - marche presenti sulla facciata della chiesa del Triunfo

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Fig. 11 - Marche rilevate sul muro esterno della chiesa del Triunfo

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Fig. 12 - Marche rilevate sulla facciata della chiesa del Triunfo

Fig. 13 - Particolare delle croci sui portali laterali della chiesa del Triunfo

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Fig. 14 - Pianta della Cattedrale di Cusco con il rilievo delle marche

Fig. 15 - Paricolare - marca presente sulla chiesa di Gesù e Maria

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Fig. 16 - Particolare - marche presenti sulla chiesa di Gesù e Maria

Fig. 17 - Particolare - marca presente sul portico della Plaza de Armas

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Fig. 18 - Particolare - marca presente sul portico della Plaza de Armas

Fig. 19 - Particolare - marca presente sul portico della Plaza de Armas

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Fig. 20 - Marche presenti sulla facciata dell’Università a Cusco

Fig. 21 - Particolare di figura 20

Fig. 22 - Particolare di figura 20

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Fig. 23 - Altre marche sulla facciata dell’Università a Cusco

Fig. 24 - Particolare - marche sulla facciata dell’Università a Cusco

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Fig. 25 - Portale del convento della Merced a Cusco

Fig. 26 - Marca sulla fontana nel chiostro principale della Merced

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Fig. 27 - Marche sul piazzale del chiostro principale della Merced

Fig. 28 - Altre marche sul piazzale del chiostro principale della Merced

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Fig. 29 - Altre marche sul piazzale del chiostro principale della Merced

Fig. 30 - Gli scalini del convento della Merced - marche rilevate sul muro

61

Fig. 31 - Gli scalini del convento della Merced - marche rilevate sul muro

Fig. 32 - Marche sulle colonne nel convento della Merced

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Fig. 33 - Particolare - monogramma inciso su colonna in Merced - Cusco

Fig. 34 - Segno presente nel chiostro del convento della Merced

63

Fig. 35 - Marche sui muretti delle scale in Merced - Cusco

Fig. 36 - Marche sui muretti delle scale in Merced - Cusco

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Fig. 37 - Rilievo delle marche sul piazzale del primo chiostro della Merced

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Fig. 38 - Pianta del convento di Santo Domingo - Cusco

Fig. 39 - Marca presente nel convento di Santo Domingo

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Fig. 40 - Rilievi delle marche nel corridoio A di Santo Domingo (A1 e A2)

67

Fig. 41 - Marche nel corridoio A3

68

Fig. 42 - Rilievi delle marche nel corridoio B di Santo Domingo (B1 e B2)

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Fig. 43 - Segno di pellegrino sul portale della chiesa di San Pedro - Cusco

Fig. 44 - Particolare - Marca sul portale della chiesa di San Pedro - Cusco

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Fig. 45 - Rilievi sulla facciata della chiesa di San Pedro - Cusco

71

Fig. 46 - Rilievi sulla facciata della chiesa di Santa Clara - Cusco

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Fig. 47 - Marca presente sul campanile di Santa Clara

Fig. 48-51 - Marche nel portale laterale di San Francisco

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Fig.52-55 - Marche presenti nel palazzo municipale di Cusco

Fig. 56 - Marche rilevate nel lato sinistro del palazzo municipale di Cusco

Fig. 57 - Marche rilevate nel lato destro del palazzo municipale di Cusco

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Fig. 58 - Scalini del monastero di Santa Teresa a Cusco

Fig. 59 - Segno singolare sui scalini del monastero di Santa Teresa a Cusco

75

Fig. 60 - Segno singolare sui scalini del monastero di Santa Teresa a Cusco

Fig. 61 - Particolari dei segni singolari rintracciati sui scalini del monastero di Santa Teresa a Cusco

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Fig. 62 - Pianta della chiesa di San Blas a Cusco

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Fig. 63 - La torre campanaria della Recoleta - Cusco

78

Fig. 64 - Marca sulla torre campanaria della Recoleta - Cusco

Fig. 65 - Particolare di marca nella torre campanaria della Recoleta - Cusco

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Fig. 66 - Monogrammi V.L.I. e J.C. sulla torre campanaria della Recoleta

80

Fig. 67 - Rilievi sulla torre campanaria della Recoleta

81

Fig. 68 - Rilievi sulla torre campanaria della Recoleta

82

V.L.I J.G. Fig. 69 - Marche e monogrammi sulla torre campanaria della Recoleta

Fig. 70 - Particolare di marca sulla chiesa di San Sebastian Cusco

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Fig. 71 - Rilievi sulla prima parte del muretto della chiesa di San Sebastian

Fig. 72 - Rilievi - seconda parte del muretto della chiesa di San Sebastian

Fig. 73 - Marche su torre campanaria sinistra della chiesa di San Sebastian

84

Fig. 74 - Marca all’angolo di calle Educandas e calle Granada a Cusco

Fig. 75 - La marca del mercante

85

Fig. 76 - Muretto di separazione dei chiostri della Compania

Fig. 77 - Marca incisa sul muretto della Compania

86

Fig. 78 - Marca incisa sul muretto della Compania

Fig. 79 - Marca incisa sul bordo interno del chiostro della Compania

87

Fig. 80 - Rilievo delle marche sul muretto della Compania - prima parte

Fig. 81 - Rilievo delle marche sul muretto della Compania - seconda parte

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Fig. 82 - Fontana al centro del chiostro della Compania - Arequipa

Fig. 83 - Marca presente sulla fontana del chiostro della Compania

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Fig. 84 - Marche rilevate sul chiostro principale della Compania - Arequipa

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Fig. 85 - Posizione dei segni nel portale laterale della chiesa della Compania

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Fig. 86 - Particolare dei segni sui scalini del portale laterale - La Compania

Fig. 87 - Particolare dei segni sui scalini del portale laterale - La Compania

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Fig. 88 - Particolare dei segni sui scalini del portale laterale - La Compania

Fig. 89 - Particolare dei segni sui scalini del portale laterale - La Compania

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Fig. 90 - Particolare dei segni sui scalini del portale laterale - La Compania

Fig. 91 - Particolare dei segni sui scalini del portale laterale - La Compania

94

Fig. 92 - Particolare dei segni sui scalini del portale laterale - La Compania

Fig. 93 - Particolare dei segni sui scalini del portale laterale - La Compania

95

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Fig. 94 - Vista ingrandita degli scalini - nelle alzate sono incisi i segni particolari - Portale laterale della chiesa della Compania - Arequipa

Fig. 95 - Vista ingrandita dei rilievi effettuati sulle alzate degli scalini - Portale laterale della chiesa della Compania - Arequipa

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Fig. 96 - Marca sulla facciata della Cattedrale di Arequipa

Fig. 97 - Marca sulla facciata della chiesa di San Francisco - Arequipa

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La marca

La Compania

San Francisco

La cattedrale

1

4

9 6 1 2 1 1 3 1 29 15 1

2 1 Tab. 1 - Rilievo delle marche sulle chiese di Arequipa

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Finito di stampare da Grafiche Antiga spa, Crocetta del Montello TV nel mese di dicembre 2013

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Chi erano i Tagliapietre, che conoscenze possedevano, quali erano i loro costumi e le loro tradizioni? La pietra racchiude indicazioni, regole e segreti, rivelati da segni che del modo di pensare e di vivere dei Tagliapietre sono lo specchio. I marchi che scorrono davanti ai nostri occhi, rischiano di rimanere senza alcun significato razionale. E invece rappresentano l’essenza di una conoscenza purtroppo sconosciuta all’uomo del nostro tempo. IL CODICE RITROVATO cerca di fare chiarezza tra segni e marchi ancora oggi presenti in molti siti delle Ande orientali, traccia di vicende sconosciute, contemporanee e successive alla conquista spagnola. L’autore, grazie ad uno studio scrupoloso, accurata documentazione tecnica e riferimenti storici, ci illustra i rapporti tra maestri europei e lavoratori inca, a loro volta divenuti grandi mastri ed architetti. Un sincretismo architettonico e religioso, frutto del contatto e della fusione tra iconografia cristiana e cultura andina. Ferdy Hermes Barbon è nato a Charleroi (Belgio) e vive a Treviso. Studioso di glittografia e simbolismo medievale, esegue ricerche su marche e segni presenti su costruzioni sacre e profane in Italia e all’estero come i segni nei luoghi sacri della Val Venosta (I tagliatori di pietra nel Nord dell’Italia, CIRG, 2011), I marchi nella città di Venezia (I segni dei mercanti a Venezia nel Fondaco dei Tedeschi, Antiga,2005) e (I segni presenti sul basamento della chiesa di San Zaccaria, CIRG, 2002), il simbolismo (I libri di pietra, Ateneo di Treviso, 2009). Collabora con il C.I.R.G. (Centre International de Recherches Glyptographiques che ha sede in Belgio), con varie associazioni internazionali e con riviste specialistiche. È socio dell’Ateneo di Treviso.

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