Cino Zucchi: tra classicismo e romanticismo / Between classicism and romanticism: Cino Zucchi\'s projects and works compared

July 24, 2017 | Autor: Francesco Moschini | Categoría: Modern Architecture, Classicism in Architecture, Romanticism In Architecture, Cino Zucchi
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Cino Zucchi: tra classicismo e romanticismo

Between classicism and romanticism:

Cino Zucchi's projects and works compared

Francesco Moschini

La ricerca architettonica contempora­ nea, in particolare quella che vede impe­ gnate le generazioni più giovani, si muo­ ve nell'ambito di una doppia polarità, oscillando tra la rimeditazione delle esperienze delle avanguardie storiche e lo storicismo tipico delle correnti ecletti­ che. Non si tratta tuttavia di quella che potremmo definire una nuova accade­ mia, impegnata a ridefinire le regole, so­ lamente formali, della composizione, ma invece di quello che potremmo rico­ noscere come un tentativo di riscrittura, a partire dalle "fonti", di un linguaggio che si afferma per il proprio elevato gra­ do di complessità, in quanto interpreta il reale come coesistenza di figure etero­ genee in uno spazio sincronico. Innanzi­ tutto al progetto si pone il problema del­ le forme e dei modi in cui l'opera si col­ loca nel contesto, la cui eterogeneità e la cui non linearità non rientrano negli schemi classici della rappresentazione. In tal senso due opposti atteggiamenti. hanno caratterizzato ed influenzato il dibattito, degli ultimi vent'anni circa, quello che potremmo definire di "resi­ stenza" e quello che chiamerei di "im­ mersione", e che comunque si esprime attraverso un maggiore coinvolgimento. Il primo, riconducibile alle sperimenta­ zioni teorico-pratiche che vanno da Al­ do Rossi a Giorgio Grassi, con il loro ri­ gorismo ascetico al di là della solo appa­ rente schematicità didattica, tende ad una rifondazione del linguaggio sulla base di archetipi geometrico-simbolici che escludono qualunque ipotesi di omogeneizzazione del progetto nella cit­ tà contemporanea, ponendosi al di fuori di qualunque programmatica continuità spazio-temporale. Varchitettura si rap­ presenta nella effettualità dell'opera, in quanto oggetto autonomo rispetto al contesto urbano e caratterizzato per una sua teorematica chiarezza, che ne ricon­ duce la poetica alla convenzionalità di un codice linguistico in quanto presup­ posto della comunicazione. La seconda linea di ricerca, che potrebbe essere em­ blematicamente rappresentata dall'ope­ ra complessiva di Franco Purini, elabora lo scontro tra sistemi che non sono solo 6

geometrici, ma anche storicamente fon­ dati, irriducibili fra loro: l'attenzione si sposta dunque sulla crisi dei topoi tradi­ zionali di spazio e tempo, per cui la stes­ sa autonomia dell'oggetto architettoni­ co viene ad essere interpretata come un ulteriore momento di crisi dialettica. Le rarefatte e cerebrali costruzioni di A. Rossi e G. Grassi trovano una loro corri­ spondenza proprio nelle violente se non proprio espressionistiche rappresenta­ zioni dello scontro tra corpo e ragione di F. Purini, dove il primo, l'aspetto tetto­ nico della disciplina, sembra trascendere l'immanenza cartesiana della seconda, la regola compositiva. I più giovani architetti si sono formati all'interno di questo dibattito, spesso conflittuale, che ha riproposto la centra­ lità del tema della rappresentazione, non in quanto pura esercitazione grafica, ma in quanto capacità di interpretare e cor­ rispondere al reale, contemporaneamen­ te evidenziandone la crisi, come il venire meno dell'ideologia del progetto. All'in­ terno di questo dibattito gli oltre dieci anni di lavoro di Cino Zucchi sono una sorta di cartina di tornasole, nel loro oscillare tra dubbi e certezze, fino a tro­ vare, in un altro straordinario maestro

come Vittorio Gregotti, con il suo paca­ to realismo di costante e ferma adesione ai temi senza fughe incontrollabili, l'at­ tenta sintesi di queste posizioni estreme. Cino Zucchi si laurea con Serena Maf­ fioletti sotto la guida di Emilio Battisti, altro "sotterraneo" maestro nel suo sa­ per mediare la debordante visionarietà romana con la più puntuale rigorosità milanese, nell979, con una tesi sulla pe­ riferia milanese. All'edilizia minuta e di­ sordinata di quest'area ai margini della metropoli, egli contrappone, in una sin­ tesi di quelli che erano allora i temi do­ minanti, la didattica delle facoltà di ar­ chitettura italiane, un sistema fortemen­ te caratterizzato, organizzato sulla scala degli Hofe viennesi e delle Siedlungen berlinesi, una cui lontana e macroscopi­ ca realizzazione può considerarsi forse come suggestione più recente il quartiere di Rozzo! Melara, e tuttavia stempera la rigidità del complesso; si pensi anche al dibattito in quegli anni suscitato dal S. Rocco a Monza di A. Rossi, nel sistema di gallerie che ritagliano la corte e nella fitta trama di esili pilastri che sostengo­ no la residenza. Un progetto in sostan­ za, che', come era proprio di quegli anni, tentava di dare forma architettonica a quello che era sentito innanzitutto come un impegno sociale. Vesperienza univer­ sitaria mette fine ad una riflessione for­ se eccessivamente condizionata da in­ tenti didascalici così come da una didat­ tica eccessivamente concentrata sulla ri­ lettura delle esperienze del razionalismo europeo. Immediatamente si delinea un percorso che tenta di coniugare la verità ideologica delle posizioni internaziona­ liste del movimento moderno con l'esi­ genza di una architettura rappresentati­ va di istanze maggiormente legate al contesto, capace di ritrovare, anche nella retorica dei materiali, una espressione contestuale. Il progetto di parcheggio, guardiola ed edificio per uffici a Caso­ rezzo (con Roberto Giussani, 1981-SS) rappresenta un primo approccio al pro­ blema della ricerca di una architettura capace di essere espressiva, anche attra­ verso l'utilizzazione di elementi di arre­ do urbano, come i "portali" che segna­

UN PROGETIO PER LA PERIFERIA MILANESE. 1979/ PROJECT FOR THE MILAN SUBURBS, 1979 (Tesi di Laurea al Politecnico di Milano con S. Maffioletti, relatori E. Battisti e N. Voceri)

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PARTECIPAZIONE ALLA MOSTRA " L'ARCHITECTURE EST UN JEU MAGNIFIQUE", PARIGI, CENTRE GEORGES POMPIOOU, 1985

PARTICIPATION IN THE EXH/8/T/ON " L'ARCHITECTURE EST UN JEU MAGNIFIOUE", PARIS, CENTRE GEORGES POMPIOOU. 1985

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Riadattamento di una casa a Portofino, 1982 / Renovation ot a house in Portofino, 1982

Riadattamento di una casa a Milano, 1981 l Renovation ol a house in Milan, 1981

lano e distinguono gli accessi ai par­ cheggi, o mediante la ricerca di una con­ taminazione tra diversi elementi forma­ li, arco ribassato, capriata, quadrato ro­ vesciato, e figurativi, ondulit di rame, mattoni in cemento, pilastri in cemento armato, portati a scontrarsi ed a con­ traddirsi all'interno di un'unica figura, come nella guardiola. Tuttavia occorre precisare che viene a mancare proprio quel rapporto tra significato e signifi­ cante, caratteristico del pensiero classi­ co: il significante trascende il significa­ to; in altri termini l'immagine tende a separarsi dall'oggetto. In ciò si può rico­ noscere un atteggiamento caratteristico del progetto contemporaneo, che solo in parte può farsi risalire alla reazione con­ tro le ricerche di continuità tra forma e funzione del movimento moderno, in realtà credo rifletta Io spostarsi su di un piano più immediatamente linguistico.

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Si è evidente il venir meno dell'afferma­ zione per cui la forma segue la funzione ciò nasce piuttosto da intenti formali; si pensi ad alcune tautologiche traduzioni del linguaggio verbale in architettura operate da R. Venturi, in una ricerca, non saprei se soltanto e realmente ironi­ ca, di comunicazione, che proprio nella tautologia esprime l'esigenza di enun­ ciare verità evidenti, immediatamente manifeste. È tuttavia l'edificio per uffici che forse meglio si presta ad un tentati­ vo di ridefinizione dell'immagine del luogo del lavoro, associandola a quella della fabbrica. È infatti nell'impostazio­ ne dichiaratamente basilicale della sua area centrale, culminante nel sistema di illuminazione dall'alto, realizzato attra­ verso due file parallele di finestre conti­ nue e un lucernario centrale, che si inne­ sta quel processo di rivisitazione delle forme storiche, a prescindere dalla con­

tinuità tipologica, che, anzi, in un certo senso sembra liberare la forma dal tipo. Lo spazio interno si proietta nel volume esterno, una scatola parallelepipedea, mediante il sistema delle aperture, fino ad interrompere la continuità volumetri­ ca nelle finestre d'angolo. La pressoché totale indifferenza nei confronti dell'e­ dificio preesistente, progettato negli .an­ ni '60 da Luigi Caccia Dominioni e col­ legata al nuovo con una passerella ae­ rea, assume in questo contesto un carat­ tere programmatico, essendo funzionale alla ricerca di una immagine che ha for­ se i suoi referenti nella Neue Sachlich­ keit. Anche il concorso per /'Opéra de la Basti/le a Parigi (con E. Battisti, P. Ca­ stiglioni, P. Esposito, M.G. Folli, C. Malnati, G. Parodi, L. Piantanida, R. Ravegnani, F. Rusconi Clerici e M. Za­ velani Rossi, 1983) diviene l'occasione per una contaminazione di elementi for­

ALLESTIMENTO DELLA MOSTRA " LA RICOSTRUZIONE DELLA CITIÀ- BERLINO, IBA 1987" ALLA TRIENNALE DI MILANO, 1985 ARRANGEMENT OF THE EXHIBITION "THE AECONSTRUCTION OF THE CITY - BERLINO, /BA 1987" FOR THE MILAN TRIENNAL, 1985 (con C . Bevilacqua)

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mali, simbolicamente connotati, che trovano una propria soluzione di conti­ nuità nell'omogeneità dei materiali e nell'accentuata linearità del prospetto che fa da elemento di riequilibrio all'ec­ cezionalità della sala sferica, forse espli­ cito omaggio a quell'illuminismo fran­ cese al quale si ricollega il filo rosso del­ le ricerche della "Tendenza". Ma forse più che altrove, l'ambiguità che a stento éiissimulata caratterizza la ricerca di Ci­ no Zucchi, perennemente oscillante tra classicismo e romanticismo, si rivela nel concorso per la Rocca di Noale (con R. Giussani, 1985), nel racchiudere i resti della rocca in quello che potrebbe defi­ nirsi un rudere progettato, cui si con­ trappone una Siedlung residenziale la cui eccessiva orizzontalità sembra indi­ care una ideale figura del limite proprio come sul tema della chiusura sembra im­ postato con il suo rigore bloccato e rag­ gelato il progetto per la Lego di quegli stessi anni. Calato nel moderno il neoclassicismo, che caratterizza gran parte delle ricerche del razionalismo italiano, diviene ro­ mantica rievocazione di orda, riproposi­ zione cioè di modelli capaci di riproget­ tare complessivamente la città. :Vimpie­ go costante, ai limiti di una violenza for­ temente impositiva, di una maglia strut­ turale omogenea, resa ancora più astrat­ ta, quasi nel tentativo di riproporne l'a­ spetto essenzialmente grafico, dall'esili­ tà dei pi1astri assume, nei diversi contesti in cui viene impiegata, un carat­ tere apodittico, fondandosi sull'eviden­ za del proprio ragionamento e quindi, ma solo nel contesto urbano, sulla su­ perfluità di ogni ricerca che sia anèhe estetica. Il classicismo dunque come strumento attraverso il quale negare l'e­ nigma estetico. Nessun invisibile vuole infatti mostrarsi nel ritmo matematico delle composizioni di Cino Zucchi, dove tutto aspira ad una assoluta chiarezza ne/linguaggio, nella sua interdisciplina­ rietà. Tuttavia se da un lato l'evidenza, in sé autosufficiente del comporre sce­ glie la strada di una riduzione degli ele­ menti lessicali al limite dell'astrazione, su di un altro piano la tensione si scarica nell'uso di elementi simbolici, benché di un simbolismo ancora tutto inscritto nel linguaggio. È il luogo ambiguo in cui si muove la ricerca contemporanea, oscil­ lando tra l'essere e l'ente. :Varchitettura si afferma nella sua concreta relatività, la sua specifica determinazione è intra­ mondana. Lo stesso tema della rappre­ sentazione assume la propria relatività rispetto a parametri di luogo, anche solo all'interno del linguaggio disciplinare. Il problema è dunque quello del rapporto tra la ricerca di una verità assoluta del linguaggio e il suo declinarsi relativo. Ora ritengo che la ricerca di Cino Zuc­ chi si muova tutta all'interno di questo bipolarismo, che aspira a porre l'oggetto architettonico come autonomo, rispetto 12

all'edificio di L. Caccia Dominioni così come rispetto alla rocca di Noale, ma anche alla periferia milanese o al conte­ sto urbano parigino. Eppure proprio at­ traverso questa istanza di autonomia si disegna il luogo, polemico, dello scon­ tro. Luogo del conflitto è la metropoli, la sua impossibile armonia, che, proprio in termini compositivi, appare come una alterità rispetto a quell'altra dimen­ sione dell'abitare rappresentata dalla "casa". Se infatti la città è luogo del di­ sordine, dell'eterogeneità, nel quale gli stessi elementi ordinati ripropongono un panorama dominato dalla varietas, la casa diviene il luogo dell'armonia rea­ lizzata, il luogo in cui è possibile ricon­ durre ogni devianza ad una norma, co­ me nel riadattamento di una casa a Mi­ lano (1981-84) e soprattutto nella casa di Portofino (1982) dove la stessa invarian­ za viene ricondotta alla norma. La rit­ mica scansione dello spazio nell'allesti­ mento della mostra La ricostruzione della città alla XVII Thiennale di Milano rende omogenei i diversi elementi espo­ sitivi. Qui, in particolare, tutti gli appa­ rati espositivi sono equivalenti, così co­ me le stesse presenze artistiche, l'Euclide di Luciano Fabro, la leggenda di Dino­ crate di Giulio Paolini, gli Archeologi di Giorgio De Chirico perdono, nella con­ tinuità dell'allestimento la loro poten­ ziale carica provocatoria. Tuttavia la li­ nearità di questa impostazione teorica si mette in crisi già a partire dal prototipo di libreria del 1985, e dall'eccesso di re­ ferenti simbolici di cui viene caricata, lo specchio, la scala, il basamento, il mo­ dulo. Il concorso nazionale di idee per il teatro A. Galli e piazza Malatesta a Ri­ mini (con C. Raimondo, G. Ravegnani, R. Ravegnani, G. Cristini e G. Giuliani, 1985) diviene l'occasione per rimettere in discussione temi già affrontati in altri progetti, in particolare in quello per 1'0­ péra de la Bastille, e per tentare la ridefi­ nizione di una dialettica storicistica ca­ pace di mediare la preesistenza storica con le istanze del proprio linguaggio ra­ zionalista, attraverso l'emergenza di un setto abitato, che ospita i corpi scala, in­ trodotto quale elemento di mediazione. Il progetto tenta cioè di uscire, cosi come avviene nel progetto per Botticino con il suo tentativo di dare ordine secon­ do una logica memore del "linearismo" di Lio Galfetti alla pura poetica dell'e­ lenco di ricordo tardo-antico, dalla pu­ rezza cristallina delle proprie regole per contestualizzarsi, forse alla luce di una successiva riflessione sulla lezione gre­ gottiana, che rielabora i presupposti del linguaggio moderno per praticare una strada attenta ai temi della modificazio­ ne, per concepire, anche alla scala terri­ toriale, un progetto essenzialmente ur­ bano. D'altra parte tra il 1977 ed il 1979, Cino Zucchi lavorava proprio presso Io Studio Gregotti allo sviluppo del pro­ getto per il dipartimento di Chimica e

Meccanica dell'Università della Cala­ bria, al progetto di massima per il com­ plesso scolastico a Gedda ed al concorso per la sede dell'IRFIS a Palermo, pro­ getti questi che non possono non aver lasciato traccia nel successivo, persona­ le, lavoro sul progetto. Così il progetto di concorso per la ricostruzione di Piaz­ za Fontana (con Francesca Cadeo) ri­ mette in gioco tutti gli elementi del mo­ saico progettuale, la storia, la memoria, la forma in un'area urbana che si sottrae a qualunque ridefinizione morfologica. Il progetto vuole raccogliere «tutte que­ ste immagini e sensi (che) si sovrappon­ gono» (dalla relazione), ma la sua ur­ genza di mediare, ordinare, ricucire-"ge­ nera nell'edificio di progetto una geo­ metria non ortogonale che assume di volta in volta vari significati» conclusi nel «dilemma tra il modello storico della piazza chiusa arroccata intorno al Duo­ mo a protezione del nucleo antico, e l'i­ potesi neoclassica di una piazza che rac­ coglie le direttrici territoriali a formare un vestibolo monumentale del centro» (dalla relazione). Il progetto non inten­ de risolvere il dilemma, piuttosto lo de­ nuncia introducendo nell'area un ele­ mento autonomamente orientato, che si pone come un sistema fortemente com­ patto non solo planimetricamente, ma anche attraverso i laconici prospetti che affacciano sulla piazza. Quindi nessuna risoluzione e ricomposizione spaziale delle parti eterogenee appare possibile, il progetto esaspera infatti tutte le disso­ nanze, come lo stesso decentramento, sottolineato, della fontana del Piermari­ ni. Ma il significato di questa ostenta­ zione delle difficoltà è da ricercarsi in un più generale atteggiamento discipli­ nare che legge la città come entità im­ mutabile, immodificabile, e rispetto alla quale unica possibilità appare l'inter­ vento polemico, critico. Nello stesso tempo la città si pone come improgetta­ bile (impensabile). Se essa è infatti lo spazio costruito dallo stratificarsi e dal coesistere, nello spazio e nel tempo, di elementi diversi fra loro, il progetto ope­ ra non più all'interno di uno spazio fisi­ co, nel quale è possibile selezionare i materiali, e quindi costruire (e inevita­ bilmente distruggere), ma in uno spazio che è essenzialmente mentale. È pertan­ to comprensibile il ricorso della discipli­ na ad apparati letterari, e particolar­ mente retorici. Alla laconicità di questo progetto corrisponde infatti la ricerca estetica, solo apparentemente giustifica­ ta dalle tecnologie impiegate, del proget­ to di uno spaccio dipendenti e magazzi­ no filati di un'industria a Casorezzo (con R. Giussani, 1984-87) dove le "co­ lonnine" con la loro memoria da ar­ cheologia industriale che media la poe­ sia del realismo con le tentazioni verna­ colari ripropongono insieme un'istanza di ordine architettonico ed una necessità estetica: le ragioni della bellezza si giu­

PROTOTIPO DI LIBRERIA, 1985 l PROTOTYPE OF A BOOKCASE, 1985

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PARCHEGGIO E GUARDIOLA A CASOREZZO, 1981 -1983/ PARKING ANO GUARD·HOUSE IN CASOREZZO, 1981-1983 {con R.

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EDIFICIO PER UFFICI A CASOREZZO, 1982-84 l OFFICE BUILDING IN CASOREZZO, 1982-84 (con R. ·Giussan i)

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stificano in tal modo con emblemi tec­ nologici. Già lo spaccio dipendenti Bassetti a Milano (con R. Giussani, 1984-88) in­ troduceva valenze estetiche pur nella so­ bria adesione alla verità dei materiali, secondo la lezione di G. Valle sempre presente in Zucchi, nella rigida stereo­ metria dell'ingresso del fabbricato. «Vi­ cona della fabbrica - o meglio di uno suo frammento in città - è quindi esibi­ ta nell'artificio retorico dell'espressione costruttiva» (dalla relazione). Un'e­ spressione costruttiva che riflette sull'u­ niverso estetico della macchina, il rap­ porto fabbrica-città, pur così radicato in un contesto quale quello milanese, si trasforma in ''memoria'' cristallizzata nei materiali, nell'ostentazione delle modalità costruttive della struttura, nel suo stesso cromatismo. Tuttavia non so­ lo la fabbrica è ridotta ad icona, ma lo stesso "mercato", come luogo metropo­ litano dello scambio, nella totale astra­ zione della merce, sostituita dai soli marchi di fabbrica, pare espresso come figura. Il gregottiano tema dell'architet­ tura come modificazione appare qui ri­ solto attraverso ammiccamenti che sem­ brano alludere piuttosto alla marginali­ Là della disciplina, nella ricerca di sintesi non violente all'interno delle quali indi­ viduare possibili punti di equilibrio tra istanze di rappresentazione, da un lato, e ragioni del costruire, dall'altro. Nessu­ na figura emergente dunque, semmai la monumentalità del silenzio che non si abbandona ai luoghi gratificanti di una storia ridotta a repertorio formale, ma persegue una strada posta in continuità etica, prima ancora che estetica, con le ricerche delle avanguardie storiche. Così laddove è possibile ritrovare un riferi­ mento a tipologie storiche, esso viene ri­ dotto all'essenzialità di una citazione che tende a semplificarne la complessi­ tà. In questo senso la storia della disci­ plina appare ancora concepita sulla base di una progressione storicamente logica, che ordina l'evolversi della forma e dei tipi di una successione cronologica. Se alcune tendenze della ricerca contempo­ ranea, ponendo sé fuori della storia, si radicano sempre più in essa, per Cino Zucchi sembra accadere esattamente il contrario, il suo volersi nella storia lo pone "fuori" da essa. Ma tutto ciò ri­ porta il dibattito nel suo luogo centrale, la città, e in questo senso anche gli alle­ stimenti di Cino Zucchi sono metafore metropolitane che ritagliano gli spazi di­ segnando luoghi equivalenti. !:allesti­ mento della Triennale milanese potrebbe pertanto porsi come luogo ideale deljla­ neur. Il problema della progettazione potrebbe porsi come tentativo di chiari­ re, ed in parte reinventare, lo spazio del­ l'architettura nella città. In questo senso il ruolo di mediazione svolto da E. Bat­ tisti nel suo ddurre a chiarezza semplifi­ cata ogni ambigua complessità tra le pur

opposte ricerche complementari di A. costituiscono, a partire proprio dai loro Rossi e F. Purini appare fondamentale limiti spaziali e temporali( ... ) una verità anche per comprendere l'opera di Cino in quanto possibilità di trasformazione Zucchi. Ci troviamo infatti di fronte a tutta interna a quelle condizioni» (V. due opposte tensioni, da un lato la sem­ Gregotti). !:assenza di fondamento del plificazione e la riduzione, non solo de­ progetto contemporaneo ne traccia le li­ gli elementi linguistici, ma anche delle nee di ricerca e nello stesso tempo quasi stesse regole compositive, nei ritmi co­ ·costringe ad una sorta di serrato con­ stanti, nel ricorso ad una scansione me­ fronto con l'opera dei maestri, nel tenta­ trica monotona tesa a ribadire la regola, tivo di ritrovare una necessità, che non attribuendogli quasi valore di legge, dal­ sia solo funzionale, dell'architettura nel­ l'altro invece l'urgenza di connotare la città ed inoltre che sia anche capace di esteticamente l'oggetto architettonico, ricomporre quella frattura tra l'abitare anche quelli più improbabili secondo nella casa e l'abitare nella città, espressa una poetica di verità e bellezza già speri­ con drammatica chiarezza nei progetti mentata da due troppo poco conosciuti dei più giovani architetti. È infatti ·la maestri come E. Consolacio e M.C. Be­ quasi assoluta estraneità tra questi due trix. Ma la stessa esibizione dei due ter­ luoghi del progetto a porsi quasi come mini della questione, posti quali espres­ una sorta di indice, di misura· del disagio sioni autonome, e nemmeno convergen­ con cui i1 progetto metropolitano opera, ti, narra la crisi del progetto urbano, che si esprime nelle due lingue parlate. nell'esibizione di quella che si manifesta Cosi al racconto dell'intérieur, che si af­ quale impossibile sintesi tra codici di­ ferma nella pressoché totale libertà della versi, tra le ragioni della misura e le propria narrazione, si contrappone emozioni della bellezza. La ricerca di quello conflittuale del progetto urbano: una figurazione puramente estetizzante, progetto del:iole, nel momento in cui la che è del tutto assente sia dall'opera di sua propositività si risolve in una inter­ A. Rossi che da quella di F. Purini na­ rogazione. Il percorso di Cino Zucchi ci sembra scendo, classicamente e necessariamen­ te, dalle relazioni e dai rapporti che nel in definitiva tratteggiare una sorta di iti­ progetto instaurano i materiali fra loro e nerario da una architettura laconica, in l'architettura con il contesto, diviene, in particolare nelle sue prime opere, ad Cino Zucchi, momento autonomo, se­ una architettura dialogica, soprattutto gue il progetto, quasi a volerne stempe­ nello spaccio e magazzino a Casorezzo, rare la rigidità nella romantica ostenta­ teso cioè a costruire l'architettura come zione non più delle regole compositive figura retorica a partire dalla rivisitazio­ bensì di quelle costruttive, come bene ne del movimento moderno filtrato at­ sembra evidenziare il progetto Cash & traverso le migliori esperienze del dopo­ Carry a Urago d'Oglio, forse tra i più guerra italiano. Il nocciolo della ricerca apparentati ai progetti industriali dei già è innanzitutto nel tentativo di legittima­ citati maestri svizzeri E. Consolacio e zione estetica che egli sperimenta al di M.C. Betrix una volta svincolati dalla fuori della composizione, in quanto va­ bloccata cristallinità imposta da B. lore assoluto, autonomo rispetto al pro­ cesso compositivo cosl come rispetto al Reichlin. Alla pluralità dei linguaggi metropoli­ momento narrativo. Ora io ritengo che tani si contrappone una sorta di nuovo attualmente il riferimento alla compo­ manierismo impegnato in una puntuale nente estetica sia invocato al fine di ma­ verifica degli strumenti a disposizione, a scherare un vuoto, in particolare il veni­ partire dalle complicate e contradditto­ re meno di una concezione ideologica rie posizioni nel campo delle discipline dell'architettura, quale caratterizzava dell'architettura (V. Gregotti). Ma il l'opera delle avanguardie storiche, fon­ problema, a mio avviso, fondamentale è dandola tuttavia sulla necessità cartesia­ legato all'autonomia dell'oggetto archi­ na di essere manifestazione espressiva tettonico che non partecipa più di un di­ della verità tettonica dell'architettura. segno urbano complessivo, ma si trova, Ed è proprio sul terreno dell'estetica che di volta in volta, a fare i conti con la affiorano tutte le ambiguità e le difficol­ maggiore complessità del contesto in cui tà di una disciplina che scopre la propria si inserisce, in termini di linguaggio, ma mancanza di fondamento e si ritrova ad soprattutto di memorie, di storie, di va­ agire nel luogo contemporaneamente lori, etc., rispetto ai quali sviluppa ed della massima apertura e della massima elabora le proprie contraddittorietà. «Di chiusura al molteplice. Ma la ricerca qui le ben note discussioni sulla condi­ estetica, l'attualità del bello, ha una sua zione o meno di crisi del progetto mo­ più profonda ragione che è del tutto derno, in quanto progetto di progresso e estranea alla disciplina, ragione che la di liberazione attraverso la ragione, e il pone in armonia con altre espressioni conseguente esprimersi puramente inter­ del pensiero contemporaneo, in quanto pretativo di queste stesse idee. Esse sem­ ricerca di piacere e fuga dal dolore. Ed in quanto entrambi, piacere e dolore, bra~o piuttosto poter trovare (...) terre­ no di fondazione dal confronto di ipote­ elementi di disturbo in una costruzione si ideali e metodologiche ricavate da intellettuale, indicano la crisi di ogni si­ condizioni circoscritte e SI?ecifiche, che stema razionale. Anche perché il bello 19

CONCORSO PER L'OP~RA DE LA BASTILLE A PARIGI, 1983 l COMPETITION FOR THE OPÉRA DE LA BASTILLE IN PARIS, 1983 (con E. Battisti, P. Casugltoni, P. Esposito, M.G. Folli, C. Mainati, G. Parodi, L. Piantamda, R. Ravegnan1, F. Rusooni Clericl, M. Zavelani Ross~

non ha ragioni, il piacere, così come il dolore, non rientrano in nessun ordina­ mento delle cose e degli eventi. Non solo all'inafferrabilità ed all'incomunicabili­ tà del bello si accompagna, in modo al­ trettanto inquietante, il suo essere legato all'istante. Forse è ancora utile interro­ garsi sulle ragioni di un rinnovato inte­ resse nei confronti di una idea che non aveva trovato spazio all'interno delle vi­ sioni ideologiche del mondo e che ripro­ pone il carattere enigmantico delle cose. In tal senso la ricerca di Cino Zucchi è particolarmente interessante poiché la sua formazione non è avvenuta nell'am­ bito delle problematiche del postmoder­

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no, ma nell'aura del movimento moder­ no, cosicché le sue ultime opere si pon­ gono quali momenti di conflitto tra ra­ gione ed enigma, mentre la stessa urgen­ za di giustificare l'estetica in termini. co­ struttivi ne sottolinea insieme la necessi­ tà ed il disagio. Per questi aspetti il dibattito appare ancora significativamente aperto, mà in questo luogo la ricerca di Cino Zucchi si configura in modo del tutto autonomo, luogo di mediazione tra classicismo e romanticismo, da un lato ricerca di va­ lori assoluti, dall'altro il tentativo di ri­ trovare la strada della conoscenza, chia­ rire l'enigma, senza verità, delle cose.

Ma tutto ciò è ancora riconducibile al­ l'estrema attualità di una ricerca ancora impegnata a riformulare la forma e la logica del linguaggio dell'architettura, in modo tale che esso sia capace di inte­ ragire nel contesto in cui il manufatto, senza qualità, si colloca modificando la percezione e l'esperienza dei luoghi. Dal moto astrattamente figurativo delle ar­ chitetture di A. Rossi, attraverso il ri­ controllo di un'ossessione cartesiana propria di E. Battisti, l'architettura tor­ na, in queste opere, a porsi quale mo­ mento di rappresentazione dialettica di istanze diverse, dall'affermazione di va­ lore alla necessità del bello.

CONCORSO NAZIONALE DI IDEE PER IL TEATRO A. GALLI E PIAZZA MALATESTA A RIMINI, 1985

NATIONAL COMPETITION FOR IDEAS FOR THE A GALLI THEATRE ANO PIAZZA MALATESTA IN RIMINI, 1985

(con C. Raimondo. G. Ravegnani, R. Ravegnani; consulenti G. Cristini e G. Giuliani, 1985)

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SPACCIO DIPENDENTI E MAGAZZINO FILATI DI UN'INDUSTRIA TESSILE A CASOREZZO, 1984·87 FACTORY SHOP ANO STORE OF A TEXTILE INDUSTRY IN CASOREZZO, 1984·87 (con A. Giussani, collaboratrice L. Giovanessi)

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